Il bacio della morte

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    La mastodontica Inverness sfila sotto gli occhi verdi di Lilac Scamander. E' un giorno di sole intenso. Le costruzioni che, prima, osservava con riverenza, adesso, al contrario, sembrano accoglierla come una vecchia amica, creando un gioco di ombre al suo passaggio. Cammina spedita verso la stazione delle Passaporte, il solito giubotto di pelle addosso e un sorriso di circostanza per i conoscenti che incontra lungo la strada. C'è sua madre ad attenderla, al di fuori del perimetro della Città Santa. La abbraccia subito - non si vedevano da giorni. Lily è andata a trovare i genitori, quando le è stato possibile, ma gran parte del tempo l'ha trascorsa nella dimora provvisoria ad Inverness, al riparo da sguardi indiscreti. La compagnia, per fortuna, non le è mancata: la forza d'animo di Sam e Dean le ha dato il coraggio di ritrovare la propria, nei limiti del possibile. E poi... Poi è cambiato tutto. Ha iniziato a far parte di qualcosa. Non come semplice pedina in balia del vento e di dove la corrente tira forte: è parte attiva di un tutto. «Vogliamo andare?», la voce soave di Luna Lovegood la riscalda all'istante. Lily non risponde: semplicemente, si fa più vicina a lei e, tirando un sospiro, stringe tra le dita un fermacarte usurato. Con un familiare strattone e un senso di voragine allo stomaco, si ritrova in un territorio a lei sconosciuto, ma che di certo non incute speranza o qualsivoglia forma di felicità. Al contrario, è come se ogni briciola di vitalità racchiusa al proprio interno stesse lentamente scivolando via, svuotandola del desiderio persino di aprir bocca per commentare la situazione. Svuotandola d'ogni desiderio. La sensazione di nulla viene rimpiazzata da quella di gelo, accompagnato da un brivido rapido che risale dalle caviglie sino alla radice dei capelli. «Non li guardare, sussurra Luna, stringendole forte la mano sinistra. Dissennatori. Volano in tondo alla vetta delle tre costruzioni di Azkaban, consapevoli della loro presenza. Consapevoli della fiamma di vita rappresentata dalle due donne e, al contempo, quasi in attesa di strapparla via in un soffio. Il bacio della morte. Chiude gli occhi, la Serpeverde, avvicinandosi con estrema difficoltà all'ingresso della famigerata prigione - percepisce una sorta di pressione intensa che cerca di allontanarla da lì, eventualità che le rende parecchio complicato muovere anche solo un passo avanti. «Non li guardo, risponde a sua madre, gli occhi fissi sul varco che le consentirà l'accesso autorizzato alla prigione. Si arresta di fronte a due guardie che la perquisiscono - è lì che il battito cardiaco inizia a montare veloce. Le guance assumono una sfumatura leggermente più rossa, le mani si stringono a pugno in attesa. Alla fine, sia lei che Luna possono avanzare. «Ti aspetto qui.», le dice la madre, curvando le labbra in un sorriso d'incoraggiamento e prendendo posto in un angolo della sala d'ingresso tetra. Lily avanza, seguendo a debita distanza un'altra guardia che le mostra il cammino. Cerca di registrare quel percorso - non si sa mai -, ma si perde alla terza svolta a sinistra, subito seguita da una svolta a destra. E' un labirinto - si trova a riflettere, rassegnata all'idea che, da quella struttura, non si esce se non con un miracolo. Come quello compiuto da Sirius Black anni addietro, in pratica. «Dieci minuti.», viene colta alla sprovvista dalla voce metallica dell'uomo che le sta davanti. Due giri di chiave e si profila una porta più piccola. Altri due giri ed è dentro. James non è ancora lì. E' da sola in una stanza fredda - anzi, gelida - che le restituisce la stessa sensazione di qualche minuto prima, all'immagine della flotta di Dissennatori intenta a perlustrare i confini della prigione. Dieci minuti. Sono davvero pochi, dieci minuti, ma dovrà farseli bastare. Solo per oggi - continua a ripetersi, come un mantra. Sussulta quando sente girare la chiave - stavolta dall'altro lato della stanza, quello che non le è concesso varcare. Quello da cui è separata e che neanche riuscirebbe a vedere, non fosse per il vetro trasparente - e incredibilmente spesso - di una finestra sulla parete divisoria. Alla fine James siede di fronte a lei. Estremamente vicino ma impossibile da sfiorare. Si impone di non cedere, la Scamander: dunque continua ad osservarlo, in attesa che vengano lasciati soli. Tuttavia, le guardie non accennano a muovere un passo oltre il perimetro dell'abitacolo. Vorrei tanto incenerirle. O alternativamente essere una Legilimens. Anzi: essere due Legilimens e conversare indisturbati.
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    Ma Lilac non lo è. E fino a prova contraria neanche James. Allora si limita a guardarlo e ad imprimersi nella testa la sua fisionomia: persino gli abiti anonimi che indossa, di un colore fastidioso alla vista. Non riesce a parlare, almeno non subito. Risolve il tutto con un sorriso a metà, gli occhi lucidi - stavolta non per la paura e il terrore di non farcela, come prima, bensì per l'emozione di esserci. Vorrebbe urlarglielo: ci sono, sono qui!, ma è sicura che il messaggio sia passato chiaro e forte, persino attraverso il cemento della parete e il vetro della finestra. «Hai...», lo osserva meglio, le pupille che diventano due fessure per metterlo a fuoco. Nota qualcosa di familiare, e allora sorride. Purtroppo non a causa di una folla di fumatori circostante, pronta a chiedergli un autografo: probabilmente solo per lo sporco della cella. Ma Lily sorride lo stesso. «.. Della cenere tra i capelli.», si avvicina sino a sfiorare il vetro con le dita. «Abbiamo solo dieci minuti.», lo ribadisce, pur immaginando James ne sia perfettamente consapevole. Quanto avrà atteso le visite dei Potter, e quanto difficile sarà stato vederli andare via..! - le si stringe il cuore a quel pensiero, così come all'idea di dover voltare le spalle di lì a breve. Solo per oggi - si dà forza, aggrappandosi alla speranza di poter, in qualche modo, cambiare le carte in tavola. «Mi sei mancato.», un concetto abbastanza scontato, ma che sente il bisogno di rendere evidente e sottolineare. «Non credo ad una sola parola di ciò di cui ti accusano.», anche questo è un concetto scontato, ma non si azzarda a pronunciarlo ad alta voce per evitare che le guardie la sentano. E' per questo che lo sussurra, piegando la testa di lato per essere completamente nascosta alla vista della figura alle spalle di James. «Fa un freddo incredibile qui dentro.», aggiunge poi, come a voler intavolare un discorso di circostanza. «Ci vorrebbe un fuoco.», commenta, sfregando le mani sulle ginocchia quasi cercando di produrre calore. «Sì. Un fuoco... Com'è che si dice? Fuoco cammina con me, la frase in codice, quella che le è stata tramandata e che la conforta nei momenti bui. Quella che sente sua, nel profondo. Hai capito bene, James. Fuoco cammina con me. Lo fissa intensamente, facendogli intendere che, sì, non è un discorso di circostanza come potrebbe - per fortuna! - sembrare agli altri presenti. E' tutto vero. E tu non sei mai stato solo.
     
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    « Potter, hai una visita. » Erano poche le guardie che lo chiamavano per nome. Per molti non era altro che un numero. Col tempo James aveva imparato a convivere anche con quella condizione. Coccolato da Ginevra Potter e osannato dai fratelli più piccoli, una sfilza di tifosi che urlavano estasiati il suo nome e una scia di ragazze al seguito, James Sirius Potter tutto si sarebbe aspettato che diventasse il numero 932239. Formalmente non era un prigioniero a tutti gli effetti, ma in fondo al cuore, James aveva ormai capito all'antifona: sarebbe marcito lì, tra urla di disperazione e menti tormentate, finché egli stesso non ne sarebbe diventata una. Aveva retto bene fino a quel momento, ma l'atmosfera deplorevole della prigione stava ormai influendo di molto sul suo umore, e dopo più di un mese aveva iniziato a pensare che quella sarebbe stata l'unica dimensione che avrebbe mai visto. Un filo di luce che proveniva dalla piccola finestrella che si affacciava sul freddo Mare del Nord oscurato spesso e volentieri dal ravvicinato sopraggiungere dei dissennatori. Il bacio della morte non era più una pratica usata nel mondo magico, se non per alto tredimento, ma nonostante ciò, quelle creature da qualche parte andavano comunque contenute; dacché si ha memoria, la loro natura è difficile da distruggere. Al massimo la si può contenere, o scacciare. Non si avvicinavano quasi mai troppo alla prigione, eppure la loro presenza e perenne aura maligna era facilmente percettibile anche a distanza. Faceva tanto freddo ad Azkaban, e per quanto le condizioni di vista non fossero così tragiche come ci si potrebbe aspettare, le coperte che venivano loro fornite erano comunque troppo poche; l'acqua nelle non era abbastanza cada, e il cibo era sempre leggermente rancido, o insapido, oppure troppo salato. Le ore in cortile erano l'unica distrazione, ma il braccio della morte di quelli accusati di crimini simili a quello che presumibilmente avrebbe compiuto James, era più restrittivo. Una sola ora d'aria ogni tre giorni a turnazione, così che i prigionieri siano meno e più facili da controllare dalle guardie. Una risata sommersa provenne dalla cella accanto. Il suo vicino era un tipo non particolarmente loquace, ma spesso condividevano abbastanza da renderli probabilmente la compagnia più piacevole che avessero avuto da quando si trovavano lì - non che abbiamo mai avuto scelta. E alla fine ci si aggrappa a tutto, anche a persone che normalmente non ci piacerebbero. E di certo, in un altro ambito, Thomas Montgomery, se anche gli fosse piaciuto come persona, non lo avrebbe di certo frequentato. Persone troppo diverse, giri troppo diversi, universi troppo diversi, anche se, a detta del giovane, a lui, il suo mondo non piaceva più di tanto. « Ancora Potter? Inizio a pensare che hai un trattamento di riguardo. » Ci scherzavano sopra a quelle cose. Nessuno aveva diritto a più di un certo numero di visite al mese. « Ricordati che le arance si condividono. » Annuisce James come un'espressione che tenta di stirare un sorriso amaro, seppur gli risulti ormai difficile farlo. Non vuole perdersi tra quelle mura; ogni giorno si costringe a pensare a cose positive. Rievoca i suoi ricordi felici, pensa ai suoi nipoti che giocano nel giardino di casa e ricorda i momenti in cui invece a giocare erano lui e i suoi fratelli. Gli mancano molto; le paturnie di Albus, i caldi sorrisi di Olympia e le paranoie di Siri. Gli manca un po' tutto, persino quelle dannate scatolette di tonno comprate in un negozio squattrinato fuori da Diagon Alley che ha mangiato per mesi prima di essere selezionato per giocare coi Falcons. E gli mancano i Falcons; i suoi ragazzi. Che fine avranno fatto? Sua madre ha evitato l'argomento e James non ha avuto il coraggio di insistere. E' probabile che questa cosa abbia rovinato la stagione. Non sentiva di colpevolizzarsi. Non ho fatto nulla; l'unica ragione per cui sono qui è perché sono chiaramente una pedina di qualche gioco malato. Forse stanno cercando di colpire papà. O forse Albus. Forse entrambi. Attraversa i corridoi che lo separano dall'area dei visitatori contando i propri passi. Ha imparato quella strada a memoria già dalla seconda volta in cui è stato accompagnato a vedere il suo avvocato. Svolta lungo il percorso quasi sovrappensiero, mentre lo sguardo corre veloce verso le finestre più ampie per poter intravvedere un fazzoletto di mondo più ampio rispetto a quello che vedrebbe normalmente dalla sua piccola finestrella in alto. Alla fine sgrana gli occhi; intravede una chioma di capelli biondi. La riconoscerebbe tra mille; non ha bisogno di guardarla troppo a lungo. E infatti non lo fa, tenendo lo sguardo ben piantato sulle proprie scarpe mentre si siede di fronte a lei. Incrocia le dita delle mani sopra l'appoggia metallico e soffia profondamente. Si vergogna, James; non certo di non essere nella sua migliore forma - non è certo un appuntamento romantico quello - bensì perché sa di risultare così dannatamente vulnerabile. Ha l'aspetto di uno che non dorme bene da settimane; è più sciupato, e la sua pelle ha assunto un grigiume intrinseco dovuto forse alla mancanza di aria fresca. « Dieci minuti. » Una prassi che ormai conosce alla perfezione. Si morde infatti il labbro inferiore stringendo i denti. « Non cambiano mai. » Commenta sfrontatamente, scuotendo la testa. Si sente come se fosse in apnea, costretto a vedere chiunque a spizzichi e bocconi. E' quella la parte peggiore; sentire che oltre a essere privato della sua libertà, è privato dalla libertà di venire a contatto col calore umano. E se ne sta lì, James, a capo chino, in attesa che la guardia dia loro un minimo di privacy che non sarà mai abbastanza. James non vede Lily dal giorno del suo arresto.
    L'ultimo vero ricordo che ha di lei la ritrae terrorizzata e disperata. Si stavano divertendo; era una bella serata quella del Golden Match e ricorda specificamente James che a un certo punto della serata, nonostante si divertisse e la festa fosse effettivamente di suo gradimento, si era semplicemente sentito di passare del tempo solo ed esclusivamente con lei. Gli mancava il suo odore, le loro risate, le loro battute a volte senza senso; gli mancava prenderla bonariamente in giro e starsene a letto a sonnecchiare assieme a lei fino a tardi. Gli mancava stringerle delicatamente le dita e affondare il viso nell'incavo del suo collo e tra i suoi capelli. Tutte cose semplici, che ora non poteva più fare, e che in fine lo tentarono a sollevare lo sguardo per ricercare l'immagine di lei. Il suo è un sorriso di incoraggiamento, che quasi lo porta a distogliere lo sguardo. Si vergogna, a modo suo James, e sente che non è mai stato così vulnerabile e fuori fase in tutta la sua vita. Sono stato catturato, ricercato; sono scappato per diverso tempo. Ho fatto tante volte di testa mia trovando spesso e volentieri in situazioni all'estremo. Ma così nei guai, non lo sono mai stato. E questa volta un po' lo sento che potrebbe essere la mia fine. Qui mi sto consumando. Sono inutile. Mi sento prosciugato. « Hai... della cenere tra i capelli. » Quel commento ammorbidisce i tratti del volto di lui. La voce di Lily è una dolce melodia che incalza nelle pieghe della sua memoria. E allora annuisce e si morde il labbro inferiore, mentre si passa le dita tra i capelli. « Abbiamo avuto appuntamenti migliori io e te eh? » Giocherella distrattamente con le dita, osservando di tanto in tanto lo sporco sotto le unghie, stringendosi nelle spalle. Ma il momento specifico in cui sente di chiudere gli occhi come se un dolore lacerante lo avesse colpito improvvisamente e quando la bionda passa le dita sul vetro che li divide. Deglutisce il moro e si costringe a farsi scivolare di dosso la frustrazione che prova. « Mi sei mancato. » Ed eccola, la seconda fitta al cuore. Si costringe e farsi coraggio James. Si porge in avanti, sorridendole, per poi annuire. « Te l'avevo detto che prima o poi avresti sentito la mia mancanza. » Ci prova, ad essere il solito sbruffone di sempre, seppur di farlo non ha poi molta voglia. Il suo impegno primario durante quelle visite è d'altronde mostrarsi il più possibilmente in sé, sereno per quanto possibile. Ad ogni visita, James si costringe di stare bene, di scavare nella sua indole per mostrare a chiunque che sta bene. Non osa d'altronde neanche immaginare com'è sapere di avere un caro rinchiuso in quel posto. E qualunque cosa immagini, alla fine la realtà è peggio. Sei in gabbia. In tutto e per tutto. « Non credo ad una sola parola di ciò di cui ti accusano. » Annuisce, e allunga appena le dita a sfiorare il vetro all'altezza di quelle di lei. « Lily.. ehi.. guardami.. sta' tranquilla ok? » Si inumidisce le labbra e sorride. « Andrà tutto bene. Io sono apposto. » Gli sembra doveroso dirglielo. « Raccontami di te, piuttosto. » Raccontami qualcosa di bello. Della vita là fuori. « Fa un freddo incredibile qui dentro. Ci vorrebbe un fuoco. Sì. Un fuoco... Com'è che si dice? Fuoco cammina con me. » E lì di colpo il giovane Potter sgrana gli occhi come colpito nel profondo. Chiunque sia stato parte della società messa in piedi da Byron Cooper conosceva quel motto. Non poteva essere un caso, specie perché, sa specificamente che Lily non è stata un membro della Resistenza. Si stanno riunendo? Sta ricominciando? Per un istante si sente schifosamente imponente, con le mani letteralmente legate. Di scatto assottiglia lo sguardo inumidendosi le labbra per osservarla con cautela. Sa che non sono da soli e che nonostante alle guardie non importi nulla di cosa prigionieri e visitatori dicano, quelli sono argomenti davvero delicati. « Lils.. » Comincia allora deglutendo, prima di gettare un veloce sguardo alle proprie spalle. « ..se hai freddo, devi coprirti prima di tutto le spalle, lo sai vero? » Un barlume di speranza sembra nascere nel suo cuore. Seppur sia consapevole del fatto che non potrà partecipare e non può conoscere nulla dei dettagli, una parte di sé sembra di colpo ravvivata dall'idea che qualcosa là fuori, da qualche parte si sta smuovendo. « Mi raccomando, sei gracilina. E' un attimo che ti ammali.. » Che cazzata questo parlare in codice. Tuttavia, gli sembra che il messaggio è abbastanza chiaro. Stai attenta. Guardati le spalle e massima cautela. Sono cose non da nulla queste. Sa che la giovane Scamander è sveglia e che saprà cavarsela, ma nonostante ciò, oltre ad essere una strega brillante, Lily è la ragazza a cui James sente di mettere le mani attorno alle spalle e tenersi stretta, sussurrarle all'orecchio che andrà tutto bene. « Lo diceva un sacco spesso anche un mio amico, sai? Questa cosa.. » Non lo ripete, James, il motto dei ribelli. « E' qui da qualche parte. L'ho visto qualche volta durante le ore di aria. » Capisci di chi sto parlando, vero? Lui è al corrente? Dovrei provare ad avvicinarlo? Dovrei parlarci? Dammi un qualche segnale. Voglio capire se c'è una ragione specifica per cui mi stai dicendo queste cose. « Dici che dovrei ricordargliela questa cosa? Secondo me potremmo rammentare i bei vecchi tempi. » Andiamo Lils, dammi qualcosa. Mi sento fottutamente inutile qua dentro. Si sentiva come un lupo affamato, James. E quindi indaga ulteriormente. « Ti ricordi quelle volte che andavamo a trovare Lily e Jay a casa di mio fratello? Pure là, soprattutto al piano seminterrato faceva un sacco freddo. Sai se hanno sistemato il caminetto nel mentre? Hanno ripreso ad accenderlo il fuoco? Almeno per i bambini.. e per quando ci va gente tipo Olympia che mamma mia si lamenta di tutto! Pure Ted si lamentava ad un certo punto, pensa! Sembra vivano nel paleolitico. » La butta lì sul ridere, ma gli sembra abbastanza chiaro dove vuole andare a parare. Olympia non si lamenta mai di nulla. E' la persona più amorevole che io conosca. A casa di Albus non fa freddo. Io amo casa di Albus. Mi manca; mi mancano i bambini. Il sorriso di Jay, le braccine di Lily che si stringono attorno al mio collo. Cazzo, mi mancano persino i momenti diabetici di Albus e Mun. Mi manca camminare in giro per Inverness e chiedermi perché non ci sono rimasto a vivere. Si sta bene, a Inverness. E' tutto così tranquillo. « Quanto è precipitata la situazione dopo il Golden Match? Ti stanno dando filo da torcere? I miei ne parlano poco.. il tempo è sempre troppo poco. » Ma io vorrei sapere. Vorrei sapere come state là fuori. Ne ho bisogno.



     
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    « Non cambiano mai. », la frase di James rompe il ghiaccio tra loro - rappresentato, forse, dal vetro che li separa, impedendo ogni forma di contatto. Le labbra di Lily si schiudono in un timido sorriso. Vorrebbe dirgli tante cose, ma davvero non sa da dove iniziare. Il primo impulso che sente, però, è questo: «Neanche tu.», può sembrare banale, forse addirittura una bugia. Di certo James non è in forma smagliante - quanto meno non come l'essere il capitano di una famosa squadra di Quidditch richiederebbe - ma non è a questo che Lily si riferisce. E' più il suo modo di fare, il suo modo di essere. Quello è sempre lo stesso: persino l'accezione divertita che ha dato alla sua frase - non cambiano mai - ne è la testimonianza. E' allora che la Scamander inizia a sentirsi un po' più comoda, un po' più a proprio agio in una situazione che, di confortevole, non ha fondamentalmente nulla. « Abbiamo avuto appuntamenti migliori io e te eh? », vorrebbe ridere, ma la reazione che James le provoca è, invece, un miscuglio di felicità e nostalgia. Come se il loro passato, benché temporalmente vicino, fosse anni luce distante. Come se fosse qualcosa di impalpabile, inarrivabile, una meravigliosa fiaba con epilogo tragico. Ma io non voglio che la mia storia sia scritta così. Eccolo: è un accenno del carattere testardo e orgoglioso che, ogni tanto - a volte persino in modo invasivo -, prende il sopravvento nel cuore dell'ambiziosa Serpeverde. Alla fine risponde con un cenno del capo, concludendo che, a rigor di logica, la cattura di James batte l'atmosfera tetra del rave e l'esito del party Peverell almeno mille volte a zero. Anche se, in realtà, è stata la loro prosecuzione naturale. Nel senso che il rave era solo un'avvisaglia, purtroppo non colta a dovere dalla maggior parte delle persone. La festa del gruppo Peverell, invece, la sintesi dell'operato del progetto Minerva: marcio. Lily, al solo ricordo, vive una sottospecie di senso di colpa, quasi una febbre oscillante che a tratti sale e a tratti scende, dandole l'illusione di trovarsi al sicuro quando, in realtà, è sempre più nei casini, ogni giorno che passa. Il senso di colpa di chi, forse, avrebbe potuto fare di più, spendersi di più. Agire e non rimandare al domani, credendo che, passo passo, sarebbero stati tutti più forti e uniti. Invece ci stavamo sparpagliando e basta. E lei ha contribuito per prima, ad esempio nascondendo a Karma le proprie impressioni ed emozioni sulla faccenda. Anzi, direttamente sulla questione Logge. Adesso, però, le carte in tavola stanno cambiando. «Ne avrei giusto un paio da citare.», a partire dal primo appuntamento, sulla spiaggia di Portland, passando poi per la visita in Scozia, dove hanno cercato di stringere amicizie particolari - vale a dire coi draghi dell'allevamento di un amico di famiglia. « Te l'avevo detto che prima o poi avresti sentito la mia mancanza. », lo guarda negli occhi scuri, Lily, leggendovi spavalderia ma anche il buon cuore che, da quando lo conosce, ha imparato a captare. C'è sempre stato, solo nascosto dal carattere forte e sicuro che la stampa e il mondo intero vedono in superficie. Che James mostra in superficie. «Quanto sei scemo..», lo dice sottovoce, tra una risata soffocata e l'altra. Ma non lo nega - evento più unico che raro. Non è mai stata una persona troppo incline a legarsi a qualcuno, Lilac Scamander: solitamente nelle relazioni va a finire che si fa un passo falso in grado di rovinare tutto, a prescindere dall'autore della mossa - e lei, proprio per evitarlo, prende le distanze quando il carico di emozioni diventa ingestibile. Non è stato, tuttavia, il caso di James. Il fatto che adesso lui sia ad Azkaban senza una reale colpa, il fatto che adesso lui sia distante da lei, la manda proprio in quella crisi che pensava di non essere in grado di gestire. « Lily.. ehi.. guardami.. sta' tranquilla ok? Andrà tutto bene. Io sono apposto. », è difficile credergli, appurato il modo in cui lo trattano. Il modo in cui trattano i prigionieri. Ma la Serpeverde deve crederlo: è una questione di sopravvivenza. « Raccontami di te, piuttosto. », vuole distrarsi. E chi potrebbe biasimarlo? Il tempo, fuori da Azkaban, scorre rapido e impetuoso. Le sue giornate, invece, saranno tragicamente uguali l'una all'altra, in una ripetizione infinita da far ammattire. «Anch'io sto bene. Sono un po' ferma, ma..», no, cazzo. Questo non volevo dirlo. Non fare accenni sul Quidditch è difficile, esageratamente difficile. Ma Lily non può e non vuole causare altro dolore a James. «Ma sto bene. Sto bene.», lo dice due volte, per apparire risoluta. «Nonostante il freddo. Perché è vero, fa freddo e bisogna coprirsi.», per quanto ne sappiamo, il pericolo è dietro l'angolo. Potrebbe persino verificarsi un tradimento da parte di qualcuno - basterebbe una soffiata al governo per smantellare l'enorme sforzo fatto. Eppure, la Scamander non può far altro che fidarsi del gruppo nato dietro innumerevoli sacrifici, della Ribellione risorta dalle ceneri come una fenice. « Lo diceva un sacco spesso anche un mio amico, sai? Questa cosa.. E' qui da qualche parte. L'ho visto qualche volta durante le ore di aria. », le dita di Lily, ancora sul vetro, si chiudono a pugno, di fronte alla portata dell'informazione che James le fornisce. Credevo foste in isolamento. Invece, forse, c'è la possibilità che James e Byron possano collaborare. Benché privati d'ogni tipo d'arma, la speranza di Lily si accresce. « Dici che dovrei ricordargliela questa cosa? Secondo me potremmo rammentare i bei vecchi tempi. » «Fa sempre piacere un tuffo nel passato. Dà nuovi spunti per il presente..», tu e Byron dovete aiutarci dall'interno. Fornirci qualche informazione, anche la più banale... «Avete condiviso tante cose, insieme, vero? Magari è tempo di ricominciare. I legami forti non si spezzano mai.. Ogni volta che ci si vede, poi, è come se non fosse trascorso neanche un attimo.», un sorriso, impercettibile ma sicuro, si dipinge sulle labbra di Lily. Quello che ha detto, seppur criptico, lo pensa davvero. Porta i capelli biondi di lato, ascoltando con attenzione le parole di James:
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    « Ti ricordi quelle volte che andavamo a trovare Lily e Jay a casa di mio fratello? Pure là, soprattutto al piano seminterrato faceva un sacco freddo. Sai se hanno sistemato il caminetto nel mentre? Hanno ripreso ad accenderlo il fuoco? Almeno per i bambini.. e per quando ci va gente tipo Olympia che mamma mia si lamenta di tutto! Pure Ted si lamentava ad un certo punto, pensa! Sembra vivano nel paleolitico. » «Mi sono trasferita.», lo dice così, di botto, sapendo che potrebbe disorientarlo. Ma in realtà lo fa per portare la conversazione ad un punto ben preciso. «Sam e Dean sono venuti con me. Hogsmeade è troppo caotica, in questo periodo..», c'è fermento ovunque, James. La gente inizia a parlare. Inizia a capire, forse... «Volevamo stare vicini ad Albus e Mun. Ai nostri... amici.», anche quella è un'informazione che apparentemente non dice nulla, ma che al contrario è carica di sottintesi. Albus e Mun non sono citati a caso, e non lo è neanche la parola amici: la residenza dei futuri sposi è Inverness, Beatrice l'amica che rappresenta la suddetta comunità. «Ci sentiamo più sicuri insieme. Siamo.. più forti, credo.», non posso aggiungere altro, James, il tatuaggio me lo impedisce. Ma so che capisci. Io lo so. Ed è nella luce dello sguardo di lui che, come immaginato, riconosce la fiamma della comprensione. Sì, James. E' davvero così. Non eri solo prima e non sei solo adesso. Nessuno di noi lo sarà più. «Hanno ripreso ad accenderlo, il fuoco. Olympia e Ted li hanno aiutati.», non sto affermando né negando nulla, giusto? Sto solo rispondendo alle domande di James. Forse è per questo che non mi si è legata ancora la lingua, nonostante l'incanto. «Immagino che anche altri abbiano capito che ad Aprile il clima è invernale, alla faccia della primavera inoltrata...», anche questa frase è molto vaga. Ma ha un significato: non siamo soli. Ci stiamo riunendo. «Cinque minuti.», la guardia di prima, totalmente dimenticata da Lily, interrompe la conversazione tra i due, annunciando che il tempo sta per scadere. Deglutisce, la Serpeverde: fosse per lei, ormai superato l'impatto col gelo della prigione, si pianterebbe lì per la giornata intera. «Quando tutto questo sarà finito..», fa un bel respiro, Lily, sforzandosi di non riflettere su quanto sarebbe bello, «- dovresti venire anche tu. A farci compagnia. Ad accendere il fuoco.», a Inverness.
     
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    « Anch'io sto bene. Sono un po' ferma, ma. Ma sto bene. Sto bene. Nonostante il freddo. Perché è vero, fa freddo e bisogna coprirsi. » Abbassò lo sguardo, James, chiedendosi per un istante se il segreto per rendere più vera quella manifestazione di benessere fosse ripeterlo più volte. DI certo per lui era funziona. Continuava a dirlo James; a se stesso e a chiunque venisse a trovarlo. a volte lo diceva persino al suo vicino di cella. Ah, quel Thomas Montgomery era di certo un tipo. Non ci si annoiava nella sua compagnia. Probabilmente altrove si sarebbero ignorati e non avrebbero trovato un solo motivo per scambiarsi anche lontanamente, eppure in quello spazio altro, sembravano aver messo da parte le loro differenze trovando un territorio comune su cui tenersi compagnia. A volte scherzavano persino sopra le cose che là fuori li avrebbero messi l'uno contro l'altro; la ribellione, la contrapposizione coi filogovernativi, la casta e l'anticasta. Parlavano di tutto, e tutto sembrava essere sollevato da qualunque traccia di giudizio, come se tra quelle mura asfissianti tutto fosse lecito e tutto potesse passare ingiudicato. « Anche io sto bene. Stiamo bene. » Il tono affabile è accompagno da un leggero sorriso, mentre annuisce tra se e se con un leggero senso di nausea alla bocca dello stomaco. Ormai è diventato automatico dirlo; sto bene - se lo dici abbastanza spesso alla fine ci credi. Anche qui dentro alla fine riesci a stare bene. Ti rassegni. E forse questa era la cosa peggiore per James: il fatto che si stesse rassegnando. Non ho fatto niente, ma inizio a pensare che non farà alcuna differenza. Tanto vale iniziare a vivere nell'accetazione. Nonostante una parte di sé facesse fatica a non ribellarsi a quella condizione, dopo qualche settimana nella stessa cella, una volta spostato in uno spazio che aveva tutta l'aria di essere una sistemazione più definitiva, aveva semplicemente iniziato a lasciarsi andare, forse per istinto di conservazione, forse perché non voleva spezzarsi completamente là dentro. Ma rassegnarsi non era pur sempre una forma di rottura rispetto al passato? « Fa sempre piacere un tuffo nel passato. Dà nuovi spunti per il presente.. Avete condiviso tante cose, insieme, vero? Magari è tempo di ricominciare. I legami forti non si spezzano mai.. Ogni volta che ci si vede, poi, è come se non fosse trascorso neanche un attimo. » Annuì, James, assottigliando appena lo sguardo. Lily stava cercando di dirgli qualcosa che non poteva capire fino in fondo. Byron sa qualcosa? Devo parlarci? Non era certo potesse essere possibile. Voleva sperarci, ma se anche la sua presenza tra quelle mura si basava su fatti non dissimili da quelli che aveva portato lui là, era abbastanza certo che avvicinarlo non sarebbe così facile come sembrava. D'altronde ricordava di averlo visto una volta o due durante le ore d'aria; si trovava tuttavia in un cortile adiacente, diviso da alte recinzioni sorvegliate da diverse guardie. Era un modo piuttosto semplice e intelligente per separare i prigionieri. Permetteva loro di socializzare, ma mai con persone del loro stesso blocco di celle, o per quel che valeva da quel che poteva immaginare neanche di blocchi adiacenti. A rotazione si era infatti ritrovato a condividere le ore d'aria con maestri della truffa e spacciatori, ma mai aveva condiviso lo stesso cortile per esempio con Thomas, che pure era il suo vicino. Le rotazioni erano estremamente intricate, e per quanto avesse tentato di annotarsi mentalmente il modo in cui funzionassero, ogni volta l'algoritmo sembrava cambiare. « Ho bisogno del tuo aiuto. » Asserì di scatto osservandola con attenzione, studiando le sue reazioni per capire se stesse afferrando il concetto. D'altronde, parlare in codice in quella maniera non era affatto facile. « Qualcuno deve chiamarlo. Io so di lui.. » Della sua presenza qui. « ..lui però non credo sappia. Ed io non ho molti.. cellulari a disposizione di questi tempi. » Rise appena scuotendo la testa. Gettò per un istante lo sguardo alle proprie spalle. La guardia era parecchio indietro alle loro spalle. Se avesse sussurrato forse l'avrebbe fatta franca. O forse Byron sa ed io so rischiando a buffo. Forse semplicemente eludere i turni delle ore d'aria non è così semplice. Allora forse serve altro. E infatti assottigliò lo sguardo pensandoci su. « Dovrò andare in infermeria. Dopodomani è il mio turno. Devo chiedere delle pillole per dormire. A volte è difficile chiudere occhio qui dentro. » Sollevò un sopracciglio e la osservò con aria eloquente. Capisci cosa intendo? Se Byron avesse trovato un modo per andare in infermeria nello stesso momento, forse sarebbero stati in grado di parlare o quanto meno di iniziare a tenersi d'occhio. Non sarebbe stato difficile d'altronde ritrovarlo. L'infermeria era aperta per poco più di un'ora al giorno. « Se me le prescrivono, dopo potrò andare allo spaccio. » Informazioni che sperava potessero aiutare Lily a organizzare qualcosa. Non sapeva esattamente a cosa potesse essere utile, ma era certo che l'abilità di Byron di comunicare con l'esterno avrebbe potuto quanto meno dargli qualche informazione in più circa le cose che stavano accadendo al di fuori di quelle mura clautrofobile. « Mi sono trasferita. Sam e Dean sono venuti con me. Hogsmeade è troppo caotica, in questo periodo.. Volevamo stare vicini ad Albus e Mun. Ai nostri... amici. Ci sentiamo più sicuri insieme. Siamo.. più forti, credo. » Restò piuttosto sorpreso da quelle informazioni. L'ultima volta che la gente aveva iniziato a trasferirsi a Inverness le cose stavano iniziando a mettersi male. Che le agitazioni clandestine fossero partite già dopo l'arresto di Byron era evidente agli occhi di chi, quella società sotterranea dei ribelli la conosceva almeno un po'. Non pensava tuttavia che andasse oltre un malcontento generale. D'altronde, nessuno sano di mente avrebbe seriamente pensato di reiterare movimenti come quelli che erano nati circa quattro anni prima. La Restaurazione doveva essere la premessa di un nuovo mondo. Dovevamo iniziare a vivere, ma vivere per davvero. E per un secondo, James venne addirittura colto dal panico. Gli pesò pensare che in parte quegli sconvolgimenti potessero avvenire per colpa sua. In fondo preferiva catalogare quell'arresto come un chiaro errore del Ministero, forse una congiura dei Malfoy o di qualche altra famiglia particolarmente avversa al successo dei Potter. D'altronde attorno alla sua famiglia giravano più interessi che mai; col gruppo Peverell attivo - una società il cui nome volente o nolente sarebbe ricaduto sulle spalle di tutti e non solo del suo legittimo proprietario - tutti i Potter erano bersagli facili. Albus aveva d'altronde pestato tante code, e lo status quo doveva essere tutto fuorché felice di ciò. « Hanno ripreso ad accenderlo, il fuoco. Olympia e Ted li hanno aiutati. Immagino che anche altri abbiano capito che ad Aprile il clima è invernale, alla faccia della primavera inoltrata.. » Anche sua sorella e il suo migliore amico. E se ci sta Ted ci sta tanta altra gene. D'altronde Ted e James erano tra quelli che maggiormente erano rimasti in contatti con determinate persone - gli ex ribelli. Si erano fatti diverse bevute insieme nel corso degli anni, ascoltando le loro rimostranze circa la mancanza di lungimiranza dei nuovi governi. Tutavia, doveva ammettere James che fino a quel momento aveva preso tutto quanto con leggerezza. In fondo, era un po' come prendersi una birra con un veterano. « Lily.. » Disse di scatto pronto a chiederle nuovamente di stare attenta. Non poteva immaginare cosa ci fosse sotto a quei piccoli indizi che gli stava lasciando, ma qualunque cosa fosse, non era acqua alle rose. « Cinque minuti. » Serrò la mascella sospirando profondamente. C'erano troppe cose che avrebbe voluto chiederle in maniera più diretta, ma a quel punto immaginava che doveva solo accontentarsi di quel poco che aveva ottenuto. « Come non detto. » Commentò amaramente prima di ritirarsi scuotendo la testa mentre incollava la schiena contro la scomoda sedia. « Quando tutto questo sarà finito.. dovresti venire anche tu. A farci compagnia. Ad accendere il fuoco.»
    Lo sguardo di James si addolcì di colpo, passando lo sguardo sulle pareti grigie attorno a lui. Si sentiva costretto, letteralmente in una gabbia da cui era certo non fosse così semplice uscire. Se ci hanno messo così tanto impegno per mettermi qui dentro, uscire non sarà così facile. E infatti, nonostante il suo team di avvocati facesse tutto il possibile, era evidente che l'accusa contraccambiava con altrettanta aggressività. Seguì quindi le linee gentili del volto di Lily inumidendosi le labbra. Era così bella, Lily, la sua Lily. A tratti gli sembrava di conoscerla da una vita; gli sembrava che avrebbe potuto conoscerla con per tutta la vita senza mai stancarsi della sua compagnia, dei suoi sorrisi, delle sue risposte sarcastiche. Ridevano tanto, James e Lily, e stavano bene. Non c'era cosa in cui non fungessero, nonostante fossero per certi versi così diversi. « Lils, ascoltami.. » Si morse il labbro inferiore colto da un'improvvisa frustrazione, James. « Ti prego ascoltami.. » Continuò scuotendo la testa mentre sollevava il mente tentando di rivolgerle uno sguardo rassicurante. « ..io non credo che avverrà molto presto. » Ed eccola ancora la rassegnazione. Ecco il muto cenno di accettazione della sua condizione. « Spero finisca.. in questo momento non c'è nulla che vorrei di più nella vita. » Vorrei abbracciarti, darti tanti piccoli baci. Mi manca il tuo profumo, l'odore della tua pelle. Gli mancavano così tante cose a James, ma Lily era una delle persone di cui maggiormente sentiva la mancanza. « Però dobbiamo prepararci anche al peggio.. capisci? » Non voleva certo affrontare quel discorso, ma James non era un egoista e non voleva certo che Lily lo reputasse tale. « Se le cose dovessero protrarsi, io non voglio che tu stia lì ad aspettare.. » Lo vorrei. Mi farebbe sentire meglio. Però mi farebbe sentire anche uno schifo. Non possiamo essere in due in gabbia. « ..ad aspettare me. » Abbassò lo sguardo a quel punto chiudendo gli occhi mentre un sospiro profondo perforava i suoi polmoni. « Boccino.. » Sussurrò di scatto congiungendo le mani di fronte a sé con una pattina leggermente lucida negli occhi color carbone. « ..devi promettermi che se le cose dovessero continuare così, mi darai retta e andrai avanti. » Pausa. Egoisticamente vorrei che non accadesse, però io non riesco a essere più egoista con te. « Non è questo il momento di parlarne, però devi pensare anche a questo. E devi stare attenta.. là fuori. Promettimelo. » « Due minuti. » E lì, l'emergenza negli occhi del giovane Potter si accese ulteriormente. « Promettimelo Lily! » Ribadì ancora una volta con più decisione, sentendo il bisogno di strapparle quella piccola promessa. Probabilmente ne avrebbero parlato ancora, ma James aveva bisogno di prepararla anche al peggio. Perché finché sono qui, io quel fuoco non riuscirò mai ad accenderlo. E non so se arriverà il giorno in cui potrò camminare ancora da uomo libero.



     
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    « Anche io sto bene. Stiamo bene. », ha il sapore di una promessa, quella, per le orecchie di Lilac Scamander. Osserva il sorriso di James e vi legge la necessità di rendere reale ciò che ha appena detto. Di stare bene. E sulla base delle esperienze che la Serpeverde ha potuto sperimentare al fianco di Potter, di solito ogni sua promessa viene portata a termine - che sia la più banale serata di divertimento o la più seria scelta di vita. Se esiste una Resistenza, io di certo la conosco - riflette Lily, non riuscendo ad immaginare, come volto della suddetta, altri se non James Potter. Non gli risponde, tuttavia, ritenendo superfluo insistere sull'argomento. Non sa nulla di giurisprudenza e diritti dei carcerati, Lilac Scamander, ma può immaginare che marcire in una cella non sia l'idillio del secolo. Può soltanto sperare che James non stia esagerando, sulla serenità della propria condizione, con l'obiettivo di non farla preoccupare troppo. Io farei lo stesso - è questo ciò che tormenta Lily: la consapevolezza che avrebbe provato in ogni modo ad alleviare il dolore dei familiari, pur vedendosi costretta a mentire sulla propria salute fisica e mentale. Ed è questa, probabilmente, la strategia dello stesso James. Scuote la testa brevemente per non pensarci più, concentrandosi sulla sagoma del Grifondoro attraverso il vetro che li separa, quella spessa distanza incolmabile che senza dubbio non gioca a loro favore. « Ho bisogno del tuo aiuto. Qualcuno deve chiamarlo. Io so di lui.. lui però non credo sappia. Ed io non ho molti.. cellulari a disposizione di questi tempi. », gli occhi di Lilac si accendono, guizzando da un punto all'altro della sala alla ricerca di un eventuale segno di comprensione sul volto delle guardie. Non accade nulla. Non la strattonano via e non interrompono il contatto con James. Non ancora. Rilassa i muscoli, concentrandosi sul discorso in codice del ragazzo. «Non ti preoccupare. Ci penso io.», un sussurro flebile, affinché non venga percepito dai presenti. Quasi non si avverte neanche il movimento delle labbra della ragazza. Aggiunge poi, a scanso di eventuali equivoci. «Informerò... Lo zio Charlie. Lui saprà cosa fare.», dissimula, giocando la carta del mondo che da anni a questa parte li accomuna. Chiaramente non è lo zio di James che andrà a consultare, né tanto meno un suo familiare. Deve però farlo credere a chi li ascolta, esacerbando l'innocenza delle frasi che si stanno scambiando, rendendole di poco conto e prive di significato. Quando, invece, un ben preciso sottinteso si snoda alla luce del sole. « Dovrò andare in infermeria. Dopodomani è il mio turno. Devo chiedere delle pillole per dormire. A volte è difficile chiudere occhio qui dentro. », mi devo sbrigare. Lilac dubita che possa essere organizzato un incontro segreto in così breve tempo, però... Se qualcuno che non sia io, poiché troppo scontato, avesse modo di incontrare Byron... Se i suoi avvocati, o ancora Tris, potessero informarlo nel corso di una visita del genere... In fondo, provocare qualcuno per beccarsi un occhio nero, così da dover essere medicato, non è troppo utopico, se ci si trova ad Azkaban. E' possibile che Byron venga ricoverato in Infermeria contemporaneamente a James, se tutti fanno la propria parte. «Vacci di mattina, se i turni sono flessibili. Quanto meno entro ora di pranzo..», dobbiamo cercare di essere il più precisi possibili per consentire a Byron di trovarsi lì nello stesso frangente. Dobbiamo indicargli un lasso di tempo in cui agire. «Inoltre, James, scusa se mi intrometto, ma penso dovrebbero ricoverarti lì, almeno per mezza giornata. I farmaci possono fare allergia, dovrebbero farti attendere dopo averli assunti, per evitare.. Problemi.», probabilmente è una scusa del cazzo, ma dovrebbe essere abbastanza efficace. James Potter non ha mai assunto pillole per dormire - o se le ha assunte, può tranquillamente negarlo -, e in Infermeria non possono partire dal presupposto che sia sano come un pesce. Potrebbe essere uno stratagemma sufficiente a guadagnare altro tempo. Ed è in quell'istante che Lily si lascia andare alle speranze che finora hanno avuto voce soltanto nel proprio petto. Quando sarai fuori di qui, dovresti venire con noi. Ad Inverness. Ha quasi le lacrime agli occhi al sol rivangare gli avvenimenti dei mesi precedenti. « Lils, ascoltami.. Ti prego ascoltami.. io non credo che avverrà molto presto. », ed è in un istante, una semplice frazione di secondo, che quella flebile speranza si sgretola rovinosamente. Ti prego. Devi crederci anche tu. Ha lo sguardo perso, Lilac, come se i loro sogni di gloria, combutta, coinvolgimento di Byron ed evasione non fossero mai esistiti. « ..dobbiamo prepararci anche al peggio.. capisci? », lo capisce, non c'è dubbio. Ma non vuole capirlo. Scuote la testa rapida, mentre le labbra si curvano in un sorriso a metà tra lo sconvolgimento e la comprensione. Non farmi questo. Perché farle questo, metterla di fronte alla realtà dei fatti che già conosce... « ..devi promettermi che se le cose dovessero continuare così, mi darai retta e andrai avanti. », avverte un bruciore agli occhi, fortissimo, perentorio, ma lo ricaccia subito indietro perché non può ammettere di crollare lì, davanti a tutti, davanti a James in manette, davanti a se stessa e alla propria completa impotenza. Sarebbe quasi come arrendersi. Ed io non posso farlo. Non adesso, non senza averci almeno provato.
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    «Avevamo detto di non essere tipi da promesse, commenta così la sua richiesta, rivangando episodi passati e, con essi, il carattere costantemente indomabile dei due Cercatori. La prima cosa che hanno condiviso, appunto. Anche se, in realtà, in questo loro "non promettersi niente", hanno forse pianificato più del dovuto. « Non è questo il momento di parlarne, però devi pensare anche a questo. E devi stare attenta.. là fuori. Promettimelo. », piega la testa, Lilac Scamander, commossa di fronte a quel tentativo di proteggerla, seppur indirettamente. Abbassa lo sguardo all'altezza delle proprie dita, che continua a scrutare finché non trova il coraggio di aprir bocca. «Ti prometto che andrà tutto bene.», lo dice con un filo di voce, ma al contempo risoluta. Non c'è più quel velo di scherzo invocato in merito al discorso delle promesse e alla loro nomea di spiriti liberi. C'è soltano Lilac, e dall'altro lato del vetro c'è soltanto James. E' il momento di mostrare che anch'io so far promesse portandole a termine. Gli sorride, un sorriso dolce e ricco di significato, prima di esser portata via dalle guardie allo scoccare dell'ultimo secondo di un interminabile decimo minuto.

     
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