Our safe place

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    Sei del mattino in punto. Non un orario insolito per Domiziana Dragomir, che di dormire a lungo non ha mai avuto voglia. Lasciatasi il fantasma dei M.A.G.O. alle spalle, non è trascorso un giorno senza che si tenesse in attività, scattante come una mina pronta ad esplodere. Rilassarsi, d'altronde, non è una modalità che le sia particolarmente a genio. E' per questo che districa i capelli biondi in una coda di cavallo, indossa una tuta svavillante sui toni del rosa e lascia un biglietto sul tavolo della cucina del loft di Max. Chiude la porta il più piano possibile, quasi una gatta che fugge nella notte - per quanto, in realtà, non stia fuggendo proprio da nulla. E' piuttosto, per Domiziana, un periodo in cui va incontro agli eventi: un periodo di scelta, di crescita personale. Un periodo, altresì, di seccature e delusioni - leggasi il comportamento poco chiaro di Maeve nei due mesi appena trascorsi. Per Nana le strade della vita non ammettono deviazioni o sfumature: ha sempre un quadro preciso della situazione, una posizione definita e coerente. Quando questa si sposa con quella della cerchia più stretta, l'amicizia non potrebbe essere più florida; quando, invece, il contrasto di idee ed opinioni si fa abissale, Domiziana non ha difficoltà a tagliare i ponti - uno strappo netto e significativo per limitare i danni. Un po' com'è stato dopo la stoccata di Alice Watson. Se le viene arrecato un torto - o meglio, ciò che Domiziana considera come torto -, la Serpeverde non perde tempo a ripagarlo con la moneta più salata mai vista alla Gringott del mondo magico. «Seriamente?», inarca le sopracciglia in un'espressione sorpresa e volutamente insubordinata. «Vengo qui da tre mesi, pensavo aveste ormai memorizzato i miei tratti anatomici.», commenta, acida come poche personalità tra i figli di Salazar. Alla fine, non senza borbottare, la lasciano passare. Sorride falsa, Domiziana, recandosi in una saletta dove conserva zaino ed altri effetti personali. Imposta il cellulare in modalità silenziosa, dunque si dirige verso il nucleo vitale del Centro di Addestramento. Lì dove sa di trovarla. «Bobbie.», la saluta, un tono di voce non esageratamente alto e, al contempo, caldo. E' quanto di più si avvicini, per Domiziana, al significato di pace. Nessuna delle due è di molte parole - e questo, a dirla tutta, sta bene ad entrambe. Il loro carattere impostato sull'azione non deve, in presenza dell'altra, necessariamente piegarsi alle conversazioni futili di ogni giorno - quelle che vanno portate avanti solo per quieto vivere tra persone che si conoscono appena. Anche perché, appunto, non è il loro caso. «Per me possiamo iniziare.», dice soltanto, portando le mani ai fianchi, in attesa che Barbara le indichi la strada. Lascia sempre che sia lei ad andare per prima, pur avendo ormai imparato il percorso a menadito. Un corridoio stretto, una svolta a destra ed un'ampia porta di mogano in fondo. L'intero tragitto è accompagnato da un vociare indistinto, in lontananza - probabilmente altra gente che si allena, come la Dragomir. «Ho riflettuto molto.», interviene infine, impadronendosi di una fascia elastica per fare riscaldamento - un capo legato alla spalliera a muro, un capo stretto in mano con forza. «Sul college. Penso che il tirocinio mi abbia aiutata a scegliere definitivamente.», tra un respiro e l'altro, Domiziana si allunga sulla punta dei piedi, stirando i polpacci e, infine, roteando le caviglie. «Avevi ragione. Mi è piaciuto.», si riferisce, ovviamente, al tutoraggio svolto dalla Morgenstern. Nonostante l'intollerabile presenza di Bart Crouch, Nana è riuscita a rendersi conto di star commettendo un errore di valutazione. Da sempre votata al cammino della Magisprudenza - forse più per il tenore della branca che per altro -, la Dragomir non si era mai soffermata a considerare l'opzione DCAO, forse perché troppo selettiva su una materia in particolare. Ma l'obiettivo del percorso universitario è specializzarsi in qualcosa, appunto.
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    E Domiziana Dragomir, dall'alto del proprio ego, ha intenzione di brillare. Ha intenzione di definirsi, non di lasciare più opzioni aperte sperando che una sia quella giusta. Ha intenzione di prendere una scelta e di farla diventare la propria scelta, cucita addosso appositamente su di lei. «Ho già compilato il modulo d'iscrizione.», aggiunge, interrompendo giusto un attimo lo stretching per captare le espressioni di Barbara. Ha modo di credere, Domiziana, che nell'ultimo periodo la Herondale sia impegnata in qualcosa che, tuttavia, non le torna. Un giorno, addirittura, era così indaffarata che le ha chiesto di spostare l'allenamento. Per una ragazza sospettosa come Domiziana, non esiste occasione che non sia buona per indagare ulteriormente. Se per qualche ragione stai male o soffri, voglio saperlo - si ripete, risoluta nello sguardo quanto nella voce. Prima, però, prepara il terreno. «Sai, Beatrice ha rinunciato agli studi. Sto ancora attendendo un nuovo tutor.», a tal proposito, magari ne sai più di me. La conosci meglio. «Mi è dispiaciuto.», aggiunge, riprendendo a tirare la fascia elastica con movimenti lenti e saldi. «Certo, non commenterò la disorganizzazione di Bauldry in merito - avrebbe dovuto designare un sostituto in tempo. Ma forse posso sorvolare.», per il semplice fatto che nella vita ho deciso che è meglio cavarsela da sola. E' qui che la conversazione prende un'altra piega, infine. Lì dove Nana voleva portarla sin da subito. «In fondo anche questo è una sorta di tutoraggio.», azzarda, rivolgendo a Bobbie uno sguardo intenso. «Se c'è modo, per te, di continuare a seguirmi..»
     
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    Svegliarsi presto di mattina, per Bobbie, è routine. E' una persona mattiniera, ingrana quasi subito - anche se è impossibile parlarle e soprattutto essere ascoltati e ottenere una sua risposta prima che abbia preso almeno un caffè -. Se n'è accorta crescendo: il mattino ha molte più energie rispetto alla sera, ha più voglia di fare, disfare, incazzarsi soprattutto. Ma anche allenarsi. Non c'è niente di meglio del Centro semivuoto, perché ci sono poche anime pazze come la sua, pronte a rompersi la schiena alle sei e dieci del mattino. Poi in piena estate è tutto rallentato, ancora peggio dopo il 4 Luglio. Ha fatto un rapido bilancio delle ultime due settimane, tirando fuori i nomi di tre persone che, normalmente, si allenavano lì tutti i giorni ma che non si stanno più facendo vedere da quelle parti, senza aver fatto sapere niente oltretutto. Coincidenze? Barbara Herondale ci ha sempre creduto poco alle coincidenze, malpensante - o concreta? - per natura. Si è annotata i nomi, per pura curiosità scientifica, lasciando che il beneficio del dubbio, vista la stagione, le accarezzasse la mente. Anche perché, a ben vedere, alla mora interessano davvero poco dei profitti che quel posto potrebbero fruttarle e che due o tre signorini della società magica - due dei quali Auror - si lascino influenzare dalle questioni politiche per scegliere la palestra a loro più conferme, ben venga, poco le importa. Vivi e lascia vivere, no? Fin quando non mi vieni a pestare la coda perché poi sono cazzi tuoi. La filosofia che l'ha portata a capitanare una squadra d'assalto il 4 luglio, per smantellare un'intera torretta di spie. Che non sanno nemmeno fare bene il loro lavoro, a quanto pare, visto il non aver saputo minimamente prevedere il nostro arrivo. L'idea di mettere su qualcosa, di totalmente suo, senza dover rendere conto a nessuno, cercando di addestrare una generazione ben preparata di spie torna a farle compagnia nel momento in cui si stringe i capelli in una coda di cavallo bella tirata. Si guarda allo specchio e, così come nei giorni passati, sa di potercela fare. Sa che le manca quel sapore adrenalinico in bocca, quello che l'accompagnava ogni volta che metteva il naso fuori casa, pronta a partire per una nuova missione, quello che preannunciava il non sapere se, a fine giornata, sarebbe tornata a dormire tra le proprie lenzuola, quello che le ricordava che avrebbe anche potuto perderla quell'ulteriore partita. E allora sì che era dannatamente bello provarci con ogni mezzo possibile a sua disposizione, per smentire quel sapore metallico. Devo scrivere a Marian. Si annota mentalmente, mentre prende a far scrocchiare il collo, le dita che corrono al top che le lascia scoperto l'addome piatto, sistemandone una bretella. Avverte allora i passi della piccola Dragomir incedere nella stanzetta, ancor prima che lei effettivamente apra bocca. « Nana! » Risponde al suo saluto con fare naturale, lanciandole un'occhiata accompagnata da un piccolo sorriso. E questa è l'unica interazione che le due hanno per i due minuti successivi. Bobbie continua a fare stretching per la loro quotidiana corsa mattutina mentre l'osserva, di tanto in tanto, dal riflesso che ne dà l'ampio specchio. Si sta facendo crescere i capelli, registra naturalmente, come se la stesse guardando ora, dopo mesi di lontananza. Le piace notarne i particolari, quei dettagli che ne delineano la crescita, nel tempo. E non c'è niente di nostalgico, per quanto l'abbia effettivamente vista maturare, negli anni che ha passato al fianco di Rocket. Storce appena il labbro nel pensare al padre di Domiziana, una delle persone che ha sempre avuto la certezza di conoscere come le proprie tasche ma così stranamente cambiato e allontanato nell'ultimo periodo. Si costringe a non pensare come stia, con la chiara constatazione del fatto che, in fondo, non le può fregare di meno. Questo si dice. «Per me possiamo iniziare.» La voce piena di Domiziana arriva a salvarla dai suoi pensieri e si ritrova ad annuire, meccanicamente. Si avvia verso l'esterno, lì dove c'è ormai il sentiero battuto più e più volte durante i loro allenamenti. Dovrei farci fare proprio una pista agonistica, si ripromette ogni volta. Di certo sarebbe tornata utile alla bionda, per la carriera nell'atletica che, da quando aveva preso a seguirla, aveva detto di vedere nel suo futuro. Ma non credo sia ancora così. E infatti alla fine ripiega su un'altra sala, meno popolata della sala pesi, l'unica altra al momento con qualche anima al suo interno oltre loro. «Sul college. Penso che il tirocinio mi abbia aiutata a scegliere definitivamente. Avevi ragione. Mi è piaciuto.» Un sorriso sincero si profila sulle sue labbra. Una parte di lei era certa che il camminare insieme a Beatrice l'avrebbe convinta a pendere verso il mondo della Difesa contro le Arti Oscure. Il sorriso si trasforma quasi in una risata quando capisce quanto sia stranamente buffa la situazione. Domiziana entra, Beatrice invece esce. Si allunga in avanti, le braccia tese e le gambe divaricate mentre continua a sciogliere i propri muscoli. Anche se tutto questo riscaldamento non credo servirà oggi. «Ho già compilato il modulo d'iscrizione.» Inclina la testa di lato per poterne incontrare gli occhi accesi da una luce che non molto spesso ha visto nei suoi occhi. « Quindi hai anche scritto l'elaborato. » Le domanda, effettivamente curiosa di quella svolta di cui non sapeva nulla. Non che le dispiaccia non essere stata interpellata o presa in considerazione per un eventuale aiuto, ne è comunque sorpresa considerata la franchezza e la limpidità che le ha sempre rivolto la biondina. « Argomento? » Sciabola le sopracciglia con fare elusivo, prima di fare un affondo sulla gamba destra, rimanendo in equilibrio a mezza punta per qualche secondo. «Sai, Beatrice ha rinunciato agli studi. Sto ancora attendendo un nuovo tutor. Mi è dispiaciuto.» Annuisce una volta soltanto, immaginando bene che lei voglia sapere di più, magari indagare a fondo sulle motivazioni che l'ha portata a fare quella scelta.
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    «Certo, non commenterò la disorganizzazione di Bauldry in merito - avrebbe dovuto designare un sostituto in tempo. Ma forse posso sorvolare.» Le sue parole le provocano un sorriso sarcastico che ne arriccia i lineamenti mentre si rimette in piedi, ormai perfettamente pronta. « Se hai già inoltrato la richiesta, immagino che il preside abbia pensato che tu non ne avessi più bisogno. » Commenta allora. « In fondo il tutoraggio si concludeva con la vostra scelta, no? Poi manca appena un mese all'inizio del college, sarebbe stato inutile. Forse era anche una lusinga nei tuoi confronti, non gli vuoi dare il beneficio del dubbio? » Constata stringendosi nelle spalle con fare palesemente ironico. «In fondo anche questo è una sorta di tutoraggio. Se c'è modo, per te, di continuare a seguirmi..» La tona elusiva nella voce di lei entra in contraddizione con lo sguardo vispo che le lancia, tanto da portarla ad inclinare la testa verso destra, come a volerla osservare meglio. Mi stai chiedendo se ti posso allenare sotto un altro punto di vista? « Cosa mi vuoi chiedere davvero, Nana? » Le domanda con un sorrisetto sardonico ad illuminarle il volto mentre le rotelle del suo cervello prendono a ruotare velocemente. « Perché hai scelto proprio DCAO? » Le chiede poi di slancio. « Sei sempre stata per la Magisprudenza, ti vedevi già tra i banchi del Wizengamot. Cos'è cambiato? Non avevi mai espresso un fascino particolare per le Arti Oscure. » Continua fissandola negli occhi. « Per la difesa contro di esse. » Si corregge immediatamente, con un angolo delle labbra che si piega appena verso l'alto. « E' una strada in salita, difficile, a volte talmente tanto da aver stremato grandi maghi prima di te. E tu credi di potercela fare davvero? » Continua ad incalzarla accorgendosi solo in quel momento di aver deciso inconsciamente di allenarla diversamente quel giorno. Così come lei vuole dopotutto. « E' un percorso che ti metterà a dura prova, presentandoti il conto delle tue stesse paure, spesso e volentieri. » Ti verrà richiesto di affrontarle. Di vincerle. Di far splendere la luce bianca contro l'oscurità. E' in quel momento che, senza aggiungere altro, si avvia verso l'angolo opposto della stanza, lì dove sembrano essere riposte cose senza senso. Dà un leggero calcio ad un baule e questo prende a tremare con uno stridolio che accompagna il tutto dall'interno. In fondo è la Sala Combattimento questa. « Bacchetta alla mano. » La intima poi con un sorriso provocatorio. Poi con la propria fa saltare i lucchetti che tengono ben chiuso la cassa che, ricadendo a terra, producono rumori secchi di metallo mentre il coperchio si rovescia all'indietro, sbattendo contro la parete. Seguimi, scopriti e permettimi di vederti. Non avere paura del mio giudizio. « Ti chiederanno di affrontare la tua paura più grande. TI chiederanno di superarla altrimenti sei fuori. » Continua mentre il molliccio nel baule prende a formarsi lentamente, fuoriuscendone. Sai affrontare le parti peggiori di te stessa, Nana?

     
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    « Quindi hai anche scritto l'elaborato. Argomento? », un sorriso colpevole si profila sulle labbra pallide di Domiziana. Punta gli occhi color del ghiaccio in quelli di Bobbie, estremamente fiera dell'elaborato spedito ai responsabili di cattedra. «Sistemi difensivi non verbali contro l'Imperius.», curva la testa di lato, stendendo il braccio destro al di sopra per allungare il fianco. «Si tratta solo di concetti teorici, vanno applicati.», mi ha sempre affascinato la sfera delle Maledizioni Senza Perdono. In particolar modo l'Imperius. Non tollero chi impedisce agli altri di pensare con la propria testa. Non sopporterei di essere dominata in quel senso. « Se hai già inoltrato la richiesta, immagino che il preside abbia pensato che tu non ne avessi più bisogno. », le rivolge uno sguardo incuriosito. Lascia dunque che Bobbie completi il discorso: « In fondo il tutoraggio si concludeva con la vostra scelta, no? Poi manca appena un mese all'inizio del college, sarebbe stato inutile. Forse era anche una lusinga nei tuoi confronti, non gli vuoi dare il beneficio del dubbio? », in effetti questa visione delle cose non le dispiace. Presupporrebbe una predilezione particolare da parte di Bauldry nei propri confronti: sei così sveglia che non hai bisogno di una guida. Non è la prima volta che le capiti di esser individuata come ragazza particolarmente perspicace, e di certo non si può dire che rifiuti quando qualcuno glielo ripete di nuovo. Domiziana Dragomir si nutre di tali lusinghe, quasi fossero ossigeno per i polmoni. Tuttavia, ha imparato a proprie spese che la razionalità sia un requisito fondamentale per non andare incontro a cocenti delusioni, motivo per cui soppesa attentamente le parole di Bobbie: so di essere in gamba, ma non sono altrettanto certa delle capacità intuitive di Bauldry. D'altro canto non mi ha riconfermata Caposcuola, e da parte sua è stato un grave errore. «Può darsi. Comunque mi sembra abbastanza sconclusionato come soggetto. Porta avanti infiniti progetti insieme e non ne conclude neanche uno, fa delle scelte discutibili, non so, a volte mi sembra letteralmente posseduto dallo Spirito dell'Incoerenza. Tengo troppo alla mia formazione personale per sorvolare su questi aspetti.. Ma niente, non voglio annoiarti.», scrolla le spalle, ritenendo che lasciar cadere il discorso sia la scelta migliore. Bobbie ha situazioni più importanti di cui occuparsi - o almeno lo crede, Nana: non la vede da tanto tempo. E questo può voler dire soltanto una cosa, dato il legame stretto che hanno sempre avuto: per non esserci aggiornate prima, deve necessariamente essere successo qualcosa. Magari c'entra papà e non vuole darmi preoccupazioni a riguardo. « Cosa mi vuoi chiedere davvero, Nana? », si aspettava quella domanda, da parte di Bobbie. In fondo ha sollevato lei stessa la questione tutoraggio in "altri termini". Esattamente quello che ti ho chiesto. Voglio imparare da te. Voglio essere come te. L'ho sempre voluto. Ti ho sempre ammirata. Sei uno dei miei punti fermi. « Perché hai scelto proprio DCAO? Sei sempre stata per la Magisprudenza, ti vedevi già tra i banchi del Wizengamot. Cos'è cambiato? Non avevi mai espresso un fascino particolare per le Arti Oscure. Per la difesa contro di esse. », si tira su in piedi, Domiziana, iniziando la successiva mossa di stretching: alza il braccio verso l'alto, lo piega all'altezza del gomito mentre, con quello opposto, va a tirare il gomito stesso per allungare il muscolo tricipite.
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    «Mi ero sbagliata sulla Magisprudenza. Ho analizzato attentamente la possibilità di intraprenderla come strada: alla fine ho capito che come campo - perdona il termine schietto - mi annoia. Preferisco qualcosa di più selettivo in cui potermi specializzare. Qualcosa di cui poter studiare ogni aspetto, letteralmente. Per le Arti Oscure, la loro difesa -», utilizza la stessa perifrasi di Bobbie, ponendo tuttavia l'accento sul primo termine: non si può pensare di sapersi difendere senza prima conoscere a menadito il presunto nemico, «- è così. Mi sento stimolata, sia ad approfondire le nozioni che già ho - in fondo è la prosecuzione della materia che abbiamo già appreso ad Hogwarts, una delle più importanti a dirla tutta -, sia a ricercarne di nuove. Magari potrei intraprendere un dottorato alla fine del college.», si interrompe giusto un attimo per ascoltare la reazione in risposta di Bobbie: « E' una strada in salita, difficile, a volte talmente tanto da aver stremato grandi maghi prima di te. E tu credi di potercela fare davvero? E' un percorso che ti metterà a dura prova, presentandoti il conto delle tue stesse paure, spesso e volentieri. », si prende qualche attimo prima di rispondere a sua volta. I capelli biondo platino le sfiorano le spalle, tirati su in una coda di cavallo perfettamente in ordine. «Mi reputo abbastanza forte.», non invincibile: soltanto forte. So di esserlo. Ho dovuto esserlo, per arrivare fin qui. «Questo non significa che non abbia paura.», commenta, prima di aggiungere: «Ho sempre avuto paura, da quando sono nata, di non essere abbastanza, di non soddisfare le aspettative.», ho avuto paura che gli altri ritenessero la mia ricchezza esagerata come ingiustizia. Che mi remassero contro perché sono una privilegiata. Che non accettassero che venissi dal fango per sguazzare nell'oro. Ho lavorato il doppio per dar prova di valere qualcosa indipendentemente dal mio conto alla Gringott. Ma adesso è diverso. Ho perso molte battaglie, ma ho vinto la mia guerra. «L'unica cosa di cui non ho paura, è affrontare la paura stessa. Per quello sono pronta.», porta la bacchetta alla mano, così come le viene intimato da Bobbie. La sonda in quel verde - così particolare - dei suoi occhi intensi. Ne osserva i movimenti, in attesa della prossima mossa. Ma non si tratta di un duello. Se ne rende conto quando dal baule presente nella stanza inizia a prender forma il proprio Molliccio. Socchiude gli occhi, Domiziana. E' il momento della verità. Sa già cosa vedrà quando li riaprirà: è un soggetto che cambia continuamente forma, puntandomi il dito contro, accusandomi di ciò che sono diventata. Sono i volti di tutti coloro che mi hanno sempre odiata, e che sempre continueranno ad odiarmi. Eppure, quando lo sguardo azzurro della Dragomir si posa sulla scena di fronte a sé, è completamente diversa dalle aspettative. Max. La sta osservando, apatica. Ha la pelle incredibilmente bianca. Quasi diafana. Sanguina dal naso. Sorride, prima di accasciarsi a terra, inziando a fare su e giù col petto. Il sangue sgorga dalla bocca, lasciando Domiziana letteralmente impietrita. «MAX!», urla, e nell'esatto istante in cui le si avvicina, il suo volto muta in quello di Rocket. Ha i bulbi oculari completamente bianchi, i capelli iniziano a cadere lentamente. E' gelido. Non parla: sanguina e basta. Domiziana soffoca un urlo di disperazione. Il volto muta ancora: adesso è Bobbie. Tossisce in continuazione, il battito cardiaco si dirada sino a fermarsi. Domiziana urla ancora. «RIDDIKULUS!»

    «Io sono Domiziana. Tu sei?», ha dodici anni, i capelli tinti di biondo per la prima volta, il solito sguardo vispo dipinto sul volto. Scruta quella presenza con la diffidenza che la contraddistingue. Non le piace praticamente nessuna delle persone che girano intorno a suo padre: perché Lei dovrebbe essere diversa? Incrocia le braccia al petto, Domiziana, in attesa di spiegazioni. In attesa di una risposta. La pretende: "chi sei? Perché invadi i miei spazi? Cosa vuoi dalla vita mia e di papà? Noi siamo in due. Stiamo bene così. Io non ho bisogno di nessuno. Men che meno di te. Vattene. Vattene subito. Lo fanno tutti. Voglio che lo faccia anche tu. Adesso. Non ho bisogno di nessuno." «Papà, ce ne andiamo?», domanda, timidamente. Percepisce un fastidioso pizzicore alle guance, gli occhi sono già velati di lacrime. "Non ti voglio. Ne sono certa: esistono solo i soldi per te. I soldi di papà. Tu vuoi i suoi soldi! Tu non ci ami! Vattene via!" «Voglio andare a casa. Andiamocene.»

    «RIDDIKULUS!», riesce a prevalere sulle proprie emozioni, Domiziana, ricordandosi che la scena appena vissuta non è reale. E' un Molliccio. E' solo un Molliccio. L'hai già affrontato ad Hogwarts. «Stavolta era diverso», commenta soltanto. Non si dilunga in spiegazioni precise del perché e per come abbia visto ciò che ha visto. Semplicemente, si volta verso Bobbie e le pone una domanda secca: «Il tuo è mai cambiato?», in realtà avrebbe potuto anche solo attendere, dato che il Molliccio sta iniziando a scalpitare per assumere le sembianze di ciò che la Herondale teme. Lascia che Bobbie risponda alle proprie paure, con un Riddikulus che pone fine a quella fase dell'allenamento - o del tutoraggio, dipende dai punti di vista. «Sai, quand'ero piccola ti odiavo. O meglio, ti ho odiata per almeno un anno, o forse due.», ridacchia, Domiziana, quasi sconvolta dal proprio essere infantile. Avevi solo quattro anni, Dragomir, è inutile colpevolizzarsi. «Prima di capire quanto sei speciale per me.», è forse la prima volta che comunica a qualcuno quel sentimento, Domiziana. A parte Rocky e Max, non si spende in buone parole per nessuno. Non apre il suo cuore a nessuno. «Insieme?», le chiede, in attesa del fischio che dà il via al loro scatto. Correre insieme a Bobbie le è sempre piaciuto. Adesso più che mai.


    Edited by amor‚ I’m a reckless - 16/1/2022, 11:10
     
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    «Mi reputo abbastanza forte.» E gliela legge decisamente in faccia, quella consapevolezza di sé. Lei stessa la conosce e gliel'ha sempre riconosciuta, fin dal loro primo incontro dove l'aveva guardata con i suoi occhioni verdastri, decidendo che no, non le stava decisamente simpatica. E ai tempi, di certo, il sentimento era stato reciproco. «Questo non significa che non abbia paura. Ho sempre avuto paura, da quando sono nata, di non essere abbastanza, di non soddisfare le aspettative.» Non può non ascoltarla che in silenzio, con l'attenzione completamente proiettata sulle sue parole, riuscendo a capirne perfettamente il significato intrinseco. In fondo non siamo mai state troppo diverse. La paura di essere mancanti è uno dei nostri comun denominatori. «L'unica cosa di cui non ho paura, è affrontare la paura stessa. Per quello sono pronta.» Estremamente saggio. Commenta mentalmente prima che il molliccio scivoli fuori, cominciando a modellarsi sulla paura della bionda. Per qualche istante, l'istinto primario della Herondale è quello di guardare altrove, sentendo improvvisamente di essere in un territorio privato, talmente intimo da sentirsi un'intrusa. E così fa all'inizio, le braccia rigide contro i fianchi mentre gli occhi si perdono sulla parete opposta, quella che deve decisamente riverniciare di un colore differente. «MAX!» La voce strozzata della Dragomir attira i suoi occhi a soffermarsi sul volto della miglior amica di lei, accasciata a terra in una pozza di sangue. Un battito di ciglia dopo c'è Rocket al suo posto. Deglutisce, si costringe a farlo per provare a se stessa che ci riesce ancora mentre fissa quell'amore che non è mai stato morire tra le braccia della figlia. E' finto, è tutto finto. E sta per distogliere lo sguardo, ricordando a se stessa che non è nient'altro che magia quando diventa lei la moribonda sulle gambe della bionda. E alla fine, esanime, si accascia a terra. «RIDDIKULUS!» Per un attimo, di fronte ai suoi occhi, compare il ricordo della prima volta che ha conosciuto Domiziana, con gli stessi occhi gelidi pronti a fissarla dall'alto in basso, diffidente, freddata da anni di cattiverie e pregiudizi, corazzata da ingiustizie e prese in giro. Se quel giorno, quando la stessa Bobbie le aveva rifilato uno sguardo distante e freddo in tutta risposta, le avessero detto che in futuro sarebbero diventate tanto importanti l'una per l'altra, tanto da comparire addirittura tra le paure di Domiziana, non ci avrebbe di certo creduto. Non quando l'essere un lupo solitario era per lei di primaria importanza. L'amore è debolezza, in fondo gliel'hanno sempre inculcato all'Accademia. «Stavolta era diverso» Dalla spiegazione data dalla bionda poc'anzi, la mora è quasi certa di sapere sotto quali spoglie si trasformasse il suo Molliccio in passato. Così semplicemente la fissa, con un sorriso pieno, incapace di nasconderle quanto il vedersi proiettata nelle sue paure, in un modo tanto macabro, la renda stranamente ma piacevolmente felice. Hai paura di perdermi, al pari della tua ragazza e tuo padre..è una cosa così grande. Gli occhi, d'altronde, concludono perfettamente da soli quanto le vuole dire. Farò ciò che mi è umanamente possibile per far sì che la tua paura sia infondata più a lungo fattibile. «Il tuo è mai cambiato?» Fa mente locale, la Herondale, per quanto sappia perfettamente già la risposta. In Accademia, il suo Molliccio prendeva la forma del viso di sua madre, deforme e violaceo per l'asfissia. Poi, anni dopo, aveva preso il volto di Joaquin e di tutto il dolore a cui l'aveva esposta. L'ultima volta che aveva deciso di sottoporsi a quel test, era diventato lei stessa, con gli occhi fissi e perentori, così giudicanti, così terribili. La paura della propria natura, così tanto viscerale in Bobbie d'accompagnarla dalla sua più tenera età. Chissà se è ancora lo stesso, ad anni di distanza. Allora annuisce, sciogliendo l'abbraccio con il quale si stringe il petto. « La paura è in continua mutazione, di pari passo con la propria essenza. » Spiega piuttosto spicciolamente avvicinandosi a lei di qualche passo. « Per questo, il Molliccio può assumere varie forme nella vita così come il Patronus può cambiare a seconda delle nostre esperienze. » Si ritrova a dire mentre pensa al proprio che, da passero, per qualche mese, aveva deciso di prendere le sembianze di un grande orso argentato. Si volta verso il baule non appena avverte con la coda dell'occhio il movimento del Molliccio. Quello che sembra avere una certa titubanza nel trovare la sua forma di fronte alla Herondale. Continua a volteggiare, in cerchi grigiastri e neri, concentrici, che si susseguono come impazziti. La mora lo fissa decisamente stupefatta, con un sopracciglio teso a sottolinearne la sorpresa. E mentre osserva quel fluttuare caotico le sembra di intravedere un volto familiare ergersi tra le tenebre. Ne riesce a percepire quasi la voce, pronta a flettersi stridula nell'ennesima recriminazione. "Non hai salvato Stefan", ancora e ancora. Sbatte le ciglia e quella sensazione scompare mentre il Molliccio finalmente assume un aspetto inconsueto. E' un bambino quello che la fissa con i suoi occhioni neri. Un neonato dai grandi occhi neri che comincia a piangere, inconsolabile. Per qualche secondo Bobbie rimane immobile, ghiacciata da un semplice inerme bambino. Si fissano, lui con gli occhi gonfi di lacrime, lei che non capisce per quale motivo dovrebbe averne paura. Non posso avere figli. Si continua a ripetere, riconoscendo che forse è proprio quello il fondo del suo turbamento. E' improvvisamente atterrita da quella consapevolezza e nell'istante in cui si ricorda di non essere sola nella stanza, lancia un'occhiata a Domiziana e sente le guance farsi rosse. « Riddikulus! » Urla con convinzione, cercando di sovrastare le urla del bambino, urla che velocemente diventano la sirena di un'ambulanza prima di cessare di botto, nel momento esatto in cui il neonato si trasforma in un bambolotto dalle guance rosse. Con un'alzata di bacchetta, fa fluttuare la creatura fino al suo baule, lasciandocelo cadere dentro prima di chiuderlo a doppia mandata. Tira un sospiro di sollievo, quasi impercettibile, abbassando e rilassando le spalle. «Sai, quand'ero piccola ti odiavo. O meglio, ti ho odiata per almeno un anno, o forse due.» La voce di Nana, reale e riconoscibile, la porta a girarsi verso di lei con un sorrisetto compiaciuto. « Veramente? Non l'avrei mai detto dal tuo fare così aperto e socievole. Delilah era terrorizzata da te, aveva paura anche di cucinare per l'ansia di incontrare i tuoi occhi gelidi e schifati dal suo stufato. » Ridacchia ripensando all'orrore che attraversava gli occhi della sorella ogni qualvolta si avvicinava l'ora di pranzo e di cena. « Io dal canto mio ho proposto più volte di dirti di cucinare da sola se non ti andava bene niente. Nessuno mi ha dato retta però, che peccato, sarebbe stato divertente. » Si stringe nelle spalle, tronfia, senza aggiungere che ai tempi stava spesso fuori casa proprio per non dover stare a combattere con l'atteggiamento di quella che, all'inizio, era soltanto la figlia di Rocket. «Prima di capire quanto sei speciale per me.» Le labbra si piegano in un sorriso benevolo, decisamente caldo, così inusuale per una come Barbara Herondale. Non le si avvicina per abbracciarla. Noi non siamo questo, eppure le lancia un'occhiata complice mentre si stringe ancora una volta la coda da cavallo. « Chi l'avrebbe mai immaginato un simile epilogo. » Una constatazione ricca di sottintesi mentre si porta pollice e indice alla bocca per dare inizio alla loro corsa. « Di certo è più prevedibile il finale di questa corsa. » Le indirizza sulla scia di una risata mentre è già scattata in avanti, introducendosi nel bosco alle spalle del Centro, sfruttando tutta la forza ferina che c'è in lei per staccare la bionda e spronarla a dare il massimo.

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    [...] « Forse devo smetterla di allenarti. » Bobbie riprende fiato, lo stesso che diventa una nuvola di fumo condensato e aleggiante di fronte ai loro visi arrossati dal freddo mattutino di un giorno di autunno inoltrato. Sono da poco passate le sette e loro hanno già fatto quattro giri della pista, ben attente ad evitare il ghiaccio che quella stessa notte si è andato formando su tutta Hogsmeade. « Cominci ad arrivarmi troppe volte. » Le lancia un'occhiata eloquente. No, non ti ho fatto vincere nemmeno una volta, puoi starne pur certa, dopotutto non sarebbe di certo nel suo stile il facilitarle la vita, fermamente convinta che la tempra ottenuta grazie all'Accademia, con perenni sacrifici e sfiancanti allenamenti, sia uno degli insegnamenti più validi di cui potrà mai renderla partecipe. Fa un po' di stretching post corsa, allungandosi in avanti per agguantare la punta del piede destro, tendendolo fin quando non sente tirare il muscolo dietro. « Allora che ne dici di Polis? Sentivo che era arrivato il momento di dare a questo posto un nome tutto suo. » Inclina il volto di lato per poterla guardare, a testa in giù. Rivendicava la sua identità, la sua indipendenza.« In questi giorni mi dovrebbe arrivare anche l'insegna. » Prosegue con un tono di voce palesemente vivace. « Ho pensato che sarebbe stato estremamente stuzzicante chiamare così questa baracca dopo la presa di posizione che Bauldry ha avuto nei nostri confronti. » Ci state mettendo al bando? Ottimo. Ghigna senza accorgersene. « Una piccola comunità autosufficiente, autonoma e indipendente proprio sotto al suo naso. Ci vuole di ben peggio di bloccare la collaborazione con il college e chiedermi di censirmi al registro delle bestie per farmi chiudere i battenti. » E' evidentemente euforica nel rivendicare quella piccola, l'ennesima che fa verso lo Stato Magico Inglese, rappresaglia. E' in piena modalità menefreghista, seppur siano evidenti pure a lei le ingenti perdite dovute all'abbandono dei locali da parte di più di metà dell'attuale corpo Auror. Però è la prima volta che Barbara Herondale sogna, non perdendosi minimamente d'animo. Non ha di certo bisogno di quel posto, ricca com'è di famiglia potrebbe benissimo andare avanti per anni senza dover fare minimamente nulla eppure vuole che quel posto continui a vivere, con tutta se stessa. Perché quella che ha di fronte è un'opportunità che non intende minimamente buttare via nel processo di rimettere a posto la sua stessa vita. Un percorso piuttosto difficoltoso, a capo di cui non pensava di venire dall'alto del suo animo perlopiù disfattista, fin dal principio quando si tratta di certe cose. « Come stanno andando le lezioni pratiche al castello? » Una domanda mirata a capire come quei parrucconi pensano di eguagliare il servizio che effettivamente gli ambienti del Centro offrivano ai ragazzi del corso Auror e di DCAO. Di certo il simulatore magico così fatto se lo scordano pure tra cent'anni. E' piuttosto convinta delle proprie abilità quando si parla del reparto tecnologico/logistico, per questo non riesce nemmeno ad immaginare uno scenario in cui qualcuno possa effettivamente arrivare ai suoi livelli. Anche se la famosa Stanza delle Necessità vorrei vederla seriamente. « Che poi, a proposito di cambiamenti, tu ora come stai messa? » Si rialza, lanciando quella domanda piuttosto evasiva nella sua direzione. E' a conoscenza delle novità lavorative di Rocky e immaginarsi che Domiziana stia in quella casa enorme da sola - o con Dolores, il che è pure peggio a suo avviso - non la fa sentire tranquilla. Decide comunque di non fare appositamente alcun accenno a suo padre. « Cioè non so com'è la situazione con Max, ma se avessi bisogno di un posto dove tornare, di tanto in tanto.. -» un'ulteriore nuvoletta si forma di fronte alla sua bocca mentre prende una pausa «- casa mia è casa tua. » Lo era fin da quando lo ignoravo persino io. Butta là quella proposta come se fosse fatta per puro caso, priva delle aspettative che invece si è costruita nei giorni precedenti, nei momenti in cui ci ragionava sopra. « Non essendo residente, non credo avresti alcun problema con tutta quella storia dei visti studenteschi.. » La fissa qualche istante mentre si accorge che sì, vorrebbe davvero che Domiziana passasse qualche giorno a settimana a casa Herondale. Vuole saperla al sicuro e vorrebbe essere lei a provvedere a tutto. Come una madre. Il pensiero la fa quasi strozzare mentre deglutisce. « Boh sì, insomma, è giusto un'idea così.. » si appresta ad aggiungere prima di notare le chiazze color porpora che si vanno espandendo sulle guance della bionda. « Forse è meglio se rientriamo prima che debba rendere conto di una tua prematura morte per ipotermia. » Sorride sarcastica nel suo modo di fare evasivo targato Barbara Herondale.


    Edited by anesthæsia¸ - 9/12/2021, 07:53
     
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    « La paura è in continua mutazione, di pari passo con la propria essenza. », è questa la frase che le spacca il cervello a metà, nell'esatto istante in cui Max le rivela che il passato non è più poi tanto passato. La paura muta in continuazione, con la propria essenza, e questo Domiziana lo percepisce forte e chiaro. E' un vivido terrore che si accompagna ad un'incosciente attrazione. Ha paura della morte, dei mostri, del nero, del male. Eppure non è lei stessa un male, un cancro per la società che la circonda, cui riserva soltanto parole velenose, odio e disprezzo? E' come se avesse inglobato tutto il dolore accumulato nel corso degli anni, per poi restituirlo agli altri con gli interessi. Abbracciare la Loggia Nera non sarebbe come abbracciare la propria essenza, in fondo? Qualcosa che annichilisce per lo sgomento, ma che al contempo non è altro che la naturale prosecuzione di se stessi? Destino. Forse è quello il destino della Dragomir? Lasciarsi andare ad una natura che la attrae, cui sarebbe oltremodo semplice miscelarsi? Sarebbe come tornare alle radici. Sono quelle, le sue radici? E' nata così, nel male? Oppure ha macchiato lei stessa la propria anima, la propria esistenza, da sola - con le proprie mani? Forse è cambiato di nuovo il mio Molliccio. Adesso sarà semplicemente la mia immagine. La persona che vedo ogni giorno allo specchio. La persona con cui combatte ogni giorno - la vera paura e la vera essenza, insieme. Sono io. Non posso che essere io. Tira i capelli nella solita coda precisa e sistemata. Sta per recarsi al centro di addestramento di Barbara, rinfrescato d'un nuovo nome. « Io non sono te. », anche quelle parole la perseguitano, rimbombandole nella testa mentre si smaterializza ad Hogsmeade. Si sdoppiano nell'aria, si inframmezzano ai pensieri del presente, si insinuano tra pelle e muscoli. Tatuaggi. Come quello che si avvolge sulle dita - un serpente, verde-argento. La loro casata. Anche il nostro destino? - E' risaputo Serpeverde sia al confine tra semplice ambizione e distruttiva ossessione per il potere. Siamo - sono io a confermare la regola? - si domanda, subito cancellando Max dall'equazione. Perché su una cosa ha ragione, la Picquery. Io non sono te. « Forse devo smetterla di allenarti. Cominci ad arrivarmi troppe volte. », stira un sorriso stanco, poiché affaticato al termine della corsa. «Dici che riusciresti a divertirti abbastanza lo stesso?», domanda la Dragomir, in uno sfoggio di sicurezza. Emula Bobbie nelle posizioni di stretching, allungando le dita delle mani sino ad avvolgere la punta delle scarpe. Sente i muscoli stendersi e rilassarsi, le ultime vibrazioni dettate dalla corsa li abbandonano così che possano riposarsi. « Allora che ne dici di Polis? Ho pensato che sarebbe stato estremamente stuzzicante chiamare così questa baracca dopo la presa di posizione che Bauldry ha avuto nei nostri confronti. », beve un sorso d'acqua dalla sua borraccia, Domiziana, prima di rispondere: «Mi piace. Lo trovo azzeccato. Una città dentro la città di Bauldry. Con la differenza che in questa -», allarga le braccia per indicare il luogo in cui si trovano, «- città non vengono stilati registri per limitare gli accessi. Sembra di essere tornati al muro di Berlino nel novecento, commenta, ironizzando sulla sorte di Inverness e sui visti necessari per varcare il territorio inglese. Una mossa da sciocco. Soprattutto in un contesto storico come questo: la comunità magica necessita di protezione e lui che fa? Mette al bando l'unica àncora di salvezza. A meno che.. - riflette la Serpeverde, illuminandosi per un attimo di comprensione: a meno che lui non sappia. Può davvero essere così cieco di fronte alla realtà, il Ministero?, si domanda, ipotizzando per un attimo che nessuno ai piani alti sappia del ritorno della Loggia Nera. In fondo anche noi ne eravamo all'oscuro, almeno finché Derek non ci ha fatto la grazia divina. - visibilmente piccata, si volta in una direzione imprecisata per non mostrare a Bobbie il proprio stato d'animo. Comunque è impossibile. Coi mezzi di cui dispongono, lo reputo letteralmente impossibile. Devono per forza sapere.. E allora perché concentrarsi su una guerriglia interna quando là fuori c'è ben di peggio? « Come stanno andando le lezioni pratiche al castello? », Bobbie interrompe il flusso di pensieri. «Discretamente. Se l'obiettivo è farci imparare l'Expelliarmus - beh, discretamente.», risponde secca, forse peccando di superbia. Probabile, ma resta comunque la mia personale verità. «Devo essere sincera, Bobbie? Sto imparando di più qua dentro.», forse perché qui mi sono misurata con le mie paure. Con la paura di perderti, di perdervi, di perdere me stessa - di lasciarmi andare. «Forse Bauldry è concentrato su cose che non siano specificatamente "insegnarci i segreti della Difesa Contro le Arti Oscure". Mi chiedo dunque su cosa.», ipotizza Domiziana, sondando il terreno. Magari su come limitare ulteriormente Inverness. « Che poi, a proposito di cambiamenti, tu ora come stai messa? », si blocca un attimo, Domiziana. Ascolta il discorso di Barbara in silenzio, sentendo le guance tingersi di rosso a poco a poco. Mi sta accogliendo. Quella nuda, cruda e diretta sensazione di essere accolti, di poter essere protetti, le scalda il cuore di ghiaccio. Forse non è sola, forse non è davvero sola. Forse Max si sbaglia: non devono per forza essere loro due, sole, contro il mondo. « Forse è meglio se rientriamo prima che debba rendere conto di una tua prematura morte per ipotermia. », la prende per il polso, Domiziana, di scatto. «No.», si limita a rispondere, un'urgenza nel tono di voce che non passerà inosservata.
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    «Restiamo un altro po'.», aggiunge. Non vuole rientrare nell'edificio, non adesso. Ha bisogno di confrontarsi con Barbara. Ha bisogno di capire. Perché in gioco, a parte le loro vite, c'è anche l'essenza di Domiziana. E lei, ora come non mai, ha bisogno di capire. «Mi stai offrendo un porto sicuro solo perché papà adesso è fuori?», domanda, pur conoscendo già la risposta. No, so benissimo che il tuo desiderio di proteggermi è sincero. E infatti non è questo il punto del discorso, per Domiziana. Le dinamiche della relazione con Bobbie le sono perfettamente chiare. Ciò che non le è chiaro, è altro. «Oppure perché ci troviamo in un periodo storico particolare, domanda, pensierosa. Indossa la giacca, poiché effettivamente la temperatura si sta abbassando - e loro si trovano pur sempre al freddo e al gelo. La corsa che le ha accaldate è ormai un ricordo lontano. «So tutto. A quanto pare c'ero quando è iniziato, e non mi sono accorta - non ci siamo accorte di niente.», commenta, con distacco. Avrei voluto avere un'avvisaglia. E' trascorso un anno - un anno, cazzo. Non è possibile che nessuno ci abbia detto niente. «Sai qual è la parte peggiore di tutto questo?», chiede, con franchezza. «Aver scoperto di non esser volutamente stata resa partecipe del pericolo. Mi fidavo. Non avrei dovuto.», aggiunge, tornando con lo sguardo su Barbara. E' il momento del confronto, adesso. «Io penso tu possa capirmi.», lo dice di scatto, senza rifletterci. Non sa neanche a cosa si stia riferendo in particolare - solo, sente, percepisce sia davvero così. Siamo sempre state sulla stessa lunghezza d'onda. «Per rispondere alla tua domanda, sto messa male. Max vuole arrendersi in partenza.», dichiara, senza peli sulla lingua. «Io le ho promesso che ce la faremo anche questa volta.», non potevo che agire così. In parte ci credo. In parte ho paura - di me stessa. Di volermi arrendere anch'io, di voler cedere alla tentazione, di... Fare quello che sarebbe più semplice. Non lottare contro, bensì lottare per. «Ma io sono io. Coi miei limiti. Mi hai allenata in questi mesi, di certo so difendermi - posso anche pensare di lottare, eventualmente.», lo dice con sicurezza, poiché si conosce. «Ma sai anche tu che questo non basterà.», aggiunge, consapevole dei propri famosi limiti. «Quindi Bobbie, io - noi, effettivamente avremmo bisogno di un posto dove tornare. Dove poterci sentire al sicuro. Perché al momento non lo siamo.», noi abbiamo bisogno di te.
     
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