someone to stay

Ottobre 2018

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    «E quindi?», domandò, senza esitazione. Il riflesso di Lawrence gli scoccò un sorriso divertito, «Stai veramente andando in paranoia?». Sospirò, sollevando gli occhi verso il soffitto — esasperato, ma segretamente soddisfatto. «Law», lo richiamò, ticchettando con le dita sul bracciolo in legno dell’ottomana. Suo fratello sapeva essere un demonio, dietro all’aria da cherubino. Si sistemò il colletto della camicia allo specchio, palesemente creando un’aria di tensione e mistero per torturarlo. E solo quando finalmente Narciso si reputò soddisfatto della sua apparenza, si voltò a fronteggiarlo scivolando verso il bordo del baldacchino. «Sono contenti, Paris», sentenziò Lawrence, gli occhi ridenti nonostante tentasse di apparire serio, «Vagamente preoccupati… ma da quando è una novità?». Rise, Paris, le sopracciglia che svettarono in quella che pareva un’ammissione di colpa. Non erano mai stati figli facili, nessuno dei due. Proni più allo scandalo ed alla sregolatezza che alle regole — la chiave dell’equilibrio stava nel non essere beccati, e questo l’avevano imparato negli anni a proprie spese. Nonostante tutto, però, Clarence ed Evangeline Hamilton restavano piantati con i piedi per terra a difendere la loro prole a porte aperte. Paris e Lawrence erano entrambi consapevoli di essere cresciuti nella bambagia, e di averne a lungo approfittato.
    «Ma soddisfatti che tu abbia deciso di invitarla a cena», Lawrence s’accasciò sul letto, la testa sorretta dalla mano che spariva tra i riccioli biondi. Almeno quello.
    E Paris, in fondo, voleva dimostrare ad entrambi quanto le loro preoccupazioni fossero ridicole. Era il momento di crescere. L’aveva capito durante il lockdown, ma soprattutto quando avevano attraversato quel varco verso la salvezza. Era il momento di crescere. A piccoli passi, a piccole dosi. Trovarsi una ragazza e smetterla di fare il dongiovanni, come l’avrebbe apostrofato sua madre. Certo, lei l’avrebbe voluto già pronto ed avviato verso l’altare, ma una cena sembrava un buon compromesso. Soprattutto, in quanto Betty avrebbe superato i gradini del porticato accompagnata dalla consapevolezza collettiva, ma soprattutto di Evangeline e Paris, di essere l’unica a farlo in quel ruolo.
    Era il momento giusto, una finestra di respiro dopo la distruzione. La scuola di Hogwarts era stata recentemente riconquistata e resa agibile. In qualche modo, tutto il dolore sembrava lentamente scivolare verso il dimenticatoio, la quotidianità che lottava per imporsi sulle loro menti perse nel passato. Paris, quantomeno, poteva dire di essere uscito dal castello con il braccio attorno alle spalle di suo fratello — perché gliel’avevano imposto a soli tre anni, nonostante Paris fosse sicuro che si sarebbe comunque manifestato in maniera spontanea: prenditi cura di tuo fratello. E l’aveva fatto. Si era preso cura di suo fratello, di quel fratello che l’aveva fatto dannare più di una volta e che quasi c’era rimasto secco, ma ora era lì. In carne ed ossa, con l’audacia di prenderlo in giro come un bambino. Lawrence pareva uscito dalle tenebre intatto, la sua aurea dorata nemmeno scalfita — Paris non era sicuro di come avesse fatto, o se fosse semplicemente uno straordinario bugiardo.
    «Scendiamo?», suo fratello s’alzò di scatto, apparentemente annoiato dal silenzio in cui entrambi attendevano un movimento dal piano di sotto. Paris annuì, sospirando, e con un movimento fluido si sollevò dalla poltrona, andando a posare le mani sulle spalle di suo fratello.
    E così si avviarono verso il piano di sotto, dove ancora un viavai di elfi domestici scorrazzavano per completare l’allestimento della tavola. Senza parlare ed in fila indiana, concentrati nel loro lavoro sotto all’occhio vigile dell’elfo preferito di sua madre, che parlottava con lei probabilmente sul menù della cena. Il pianterreno brulicava dei tintinnii delle posate che venivano srotolate, i fiori sistemati ad arte, i preferiti della signora Hamilton, che Clarence aveva fatto comprare apposta per l’occasione. Ma il silenzio cadde quando l’elfo sollevò le grandi orecchie con apprensione, voltato verso le grandi finestre della sala da pranzo, «È arrivata!», strillò, e allora tutti i suoi compagni in una manciata di secondi se ne tornarono al piano di sotto, pronti a servire la cena. «Grazie, Rodby», Evangeline sorrise, Paris la notò con la coda dell’occhio mentre già aveva una mano sulla maniglia della porta. Non badò a Lawrence, intento a parlottare con suo padre sicuramente del suo scatto felino, e con una risata s’infilò oltre alla soglia per attraversare il lungo viale che separava la villa dal grande cancello in ferro battuto, che lentamente si stava aprendo per consentirgli il passaggio. Camminò verso Betty con il sorriso stampato sulle labbra, allungandosi per prenderle la mano e costringerla in una giravolta, «Incantevole», una sola parola, mirata però con cura come suo solito, «Sono tutti molto contenti di conoscerti».
     
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    « Si può sapere cosa ti spaventa tanto di questa cena? » Betty guardò Ebby stralunata, indecisa se elencare uno per uno i motivi che avevano scatenato la sua ansia; ma al momento il dramma principale era capire che cosa indossare. « Non ho la minima idea di cosa mettermi per incontrare i genitori di Paris. » Conoscere la sua famiglia era un passo importante, soprattutto quando entrambi avevano scelto di procedere con i piedi di piombo. Betty portava ancora addosso le cicatrici del suo passato e non voleva affrettare le cose. « Il tuo intero guardaroba urla ragazza della porta accanto...potresti scegliere qualcosa ad occhi chiusi. » Eppure dopo il lockdown, dopo tutto quello che avevano passato aveva la sensazione che quei vestiti appartenessero ad una Betty che nemmeno lei conosceva. Senza pensarci troppo prese un semplice abitino color glicine, scendeva morbido lungo il corpo senza segnarla troppo; perfetto per un incontro come quello. « Ora però fammi capire perchè non siete ancora usciti allo scoperto... » Una domanda più che lecita. Lei e Paris avevano cominciato a frequentarsi dopo esser stati liberati e dopo tutto ciò che era successo la tassorosso aveva scelto di tenere per sé quella frequentazione. Aveva paura di mostrarsi felice, paura che quella felicità le venisse strappata via. «Non c'è un motivo vero e proprio...solo che con tutto quello che è successo vogliamo tenerlo per noi. Nel momento in cui usciremo allo scoperto non saremo più solo noi nella nostra piccola bolla. » Una bolla di cui era estremamente gelosa. Dopo tutto quello che era successo in quei mesi di prigionia voleva godersi quella felicità, proteggendola da qualsiasi interferenza esterna. « Direi che è arrivato il momento, ti sta presentando ai suoi genitori. » Un passo non da poco. Un passo che lei non aveva ancora fatto per il timore che sua madre rovinasse tutto. Quando aveva presentato loro Albus era stato un totale disastro e sua madre non aveva fatto mistero della sua disapprovazione. Una disapprovazione che voleva risparmiare al ragazzo. « Lo so. » Non poté fare a meno di sorridere, una cosa che le capitava spesso quando si trattava di Paris. « Penso di essere solamente spaventata, dopo tutto quello che è successo nell'ultimo anno con la prigionia e Albus. Temo che mi possa sfuggire dalle mani da un momento all'altro. » Andare avanti non era stato facile, aveva richiesto tempo, ma la presenza del ragazzo le aveva dato una spinta inaspettata. « Andrà tutto bene...a meno che non arrivi tardi alla cena di stasera; cosa che potrebbe succedere se continui a perdere tempo a rimuginare. » Scivolò velocemente nel semplice abito che aveva scelto poco prima. Si mise un filo di mascara e un leggero velo di rossetto rosa sulle labbra; un colore tenue che si sposava perfettamente con il suo incarnato. Lasciò i lunghi capelli biondi sciolti e mossi sulle spalle. « Cosa ne pensi? » Ebby le mise le mani sulle spalle e la voltò verso lo specchio, si allontanò solamente per prendere qualcosa dalla sua scrivania. Tornò alle sue spalle e lasciò scendere una collana davanti al volto per poi legarla dietro il collo. Era una catenina d'oro con il suo segno zodiacale, il toro, e la costellazione legata ad esso. « Perfetta, ora andiamo che ti accompagno...ti farò da scorta fino a casa sua. » Sorrise all'amica e prima di uscire di casa si ricordò di prendere il pacchetto che aveva preparato per quella sera. Prepararsi a mani vuote era scortese, motivo per cui aveva preparato un'infornata di biscotti alla mandorla che aveva preparato quel pomeriggio.
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    Ebby la lasciò di fronte all'imponente cancello di casa Hamilton proprio mentre suonava il campanello. Quando le inferriate si spalancarono di fronte a lei si lasciò scivolare all'interno della proprietà. Vide Paris apparire sulla soglia, diretto verso di lei e non poté fare a meno di sorridere. Quando lui le prese la mano non poté fare a meno di aggrapparsi ad essa; lasciandosi condurre in una buffa piroetta. « Incantevole » Incantevolmente nervosa. « E con i nervi a fior di pelle... » Un nervosismo che la rendeva allo stesso tempo felice. « Sono tutti molto contenti di conoscerti » Una parte di lei non poteva fare a meno di chiedersi se avesse già vissuto tutto questo con un'altra ragazza; se i suoi genitori avessero delle aspettative su di lei. Aspettative che sperava di incontrare. « Non sono gli unici. » Si strinse al braccio del ragazzo e si lasciò scortare all'interno, dove ad attenderla c'erano i suoi genitori e il fratello di cui Paris parlava sempre. Un rapporto affiatato che Betty invidiava parecchio. Tese la mano verso la madre con un sorriso. « E' un vero piacere conoscerla signora Marshall. » La madre era una donna bellissima e il sorriso con cui l'accolse la fece sentire subito a suo agio. « Ho preparato dei biscotti alle mandorle... » Allungò il pacchetto verso la madre e prima di riuscir a tirare indietro la mano venne "rapita" da quello che doveva essere a tutti gli effetti il fratello di Paris. « Io sono il fratello più bello e intelligente, meglio conosciuto come Law- » « Lawrence, ho sentito parlare molto di te. » Il ragazzo guardò con fare complice il fratello, con un sorrisetto che gli ricordò tremendamente Paris. « Mentre l'uomo affascinante alle mie spalle che cerca di farsi passare per nostro fratello è nostro padre. » Si allungò verso il capofamiglia con un sorriso. « Senza la precisazione di suo figlio avrei potuto sbagliarmi... » Strinse la mano dell'uomo e subito dopo tornò a stringere quella del suo ragazzo; lasciando che la sua stretta la calmasse.
     
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