Good girls revolt

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    4 luglio, 12:30
    Non era nelle sue intenzioni fermarsi di fronte a quella casa nello specifico. Ormai sapeva si trattasse di quella di Rudy; d'altronde, a Inverness dopo un po' di tempo impari a memorizzare le case della maggior parte degli abitanti. Non sono pochi, e nemmeno poco sparsi, ma nonostante ciò il legame che li tiene insieme, sembra rendere tutto più facile. Sai di chi sono quelle case, fiuti il loro odore, te ne accorgi di quale personalità la abitano. Quella di fronte alla quale Mia si era fermata, aveva visto nel tempo una trasformazione quasi miracolosa. Non certo grazie al proprietario, che sembrava essere perennemente uscito da un film tragicomico. Si percepiva piuttosto un tocco femminile - non che un maschio non sarebbe stato in grado di appendere tende alle finestre e curare qualche fiore nel giardino. Nope, è questo maschio nello specifico a non esserne capace. Fermarsi di fronte al cancello che la separava dal porticato, fu quasi istintivo. Forse lui può parlarci. Sono migliori amici. Forse tra basic si capiscono di più. Che Mia avesse un tarlo fisso in quel periodo, era abbastanza evidente. Scendere a patti col mutismo selettivo di Raiden era diventato a dir poco impossibile. Non riusciva ad accettare l'idea che facesse di tutto pur di tenerla fuori - perché nonostante dicesse il contrario, nella sua mente, Raiden stava tenendo fuori lei. Un po' egocentrici lo siamo tutti, e di certo, Mia, non può non cadere vittima alla tentazione di pensare che tutto ruoti attorno a lei. E in fondo, perché non dovrebbe? Non è certo la prima volta che il giapponese ha tentato di fare di tutto pur di tenerla al di fuori dei suoi affari. A ciò si era aggiunto quanto aveva origliato la notte prima, il misterioso arrivo della cugina giunta dalla Cina e la sua inesistenza su qualunque social possibile e immaginabile. Dal suo contorto punto di vista, non essere sui social equivale necessariamente all'avere qualcosa di sbagliato. E Mia sapeva che qualcosa non quadrava; non era certa di cosa fosse, ma una vocina nella sua mente continuava a intimarla nel non demordere. A forza di scavare qualcosa sarebbe uscito fuori; ciò che non sapeva, è che sarebbe stato completamente differente da ciò che si aspettava. E a quel punto forse sarebbe stato meglio non indagare in primo luogo.
    Bussò alla porta un paio di volte, prima di lasciar perdere e scuotere la testa. Forse in fondo è meglio così. Non so quanto senso ha trascinare altra gente in questo casino. Ne dovrà affrontare già a sufficienza di suo. D'altronde, che la vita di Rudy non fosse prettamente sistemata era abbastanza evidente, e il suo umore non faceva altro che renderlo evidente di continuo. Girò quindi i tacchi e decise di percorrere a ritroso il vialetto che la divideva dalla strada principale. Avrebbe continuato il suo tragitto verso l'entrata principale della città senza ulteriori soste. Non aveva ancora ottenuto risposta ai suoi quesiti, e forse aggiungere altra carne al fuoco non era proprio necessario in quel preciso istante. Tuttavia, proprio quando era sul punto di mettere piedi fuori dal giardinetto di fronte alla casa, la porta si aprì all'improvviso. Sulla soglia una figura minuta dai capelli biondo mele. Uno sguardo che Mia riconobbe all'istante, non appena si voltò. Cazzo, avevo dimenticato che vivevano insieme. Incontrare Ella non faceva parte dei suoi piani, ma nonostante ciò, per quanto volesse dirsi di fretta, non resistette all'idea di alzare comunque la mano a mo di saluto stringendosi nelle spalle. Si sentiva ancora in colpa per il modo in cui l'aveva trattata la sera del diploma. A mente fredda si era resa conto di aver scaricato la sua rabbia sulla persona sbagliata. Non si può fare di tutta l'erba un fascio. « Stavo cercando Rudy. Immagino abbia da fare visto che non è raggiungibile da nessuna parte. » Avanzò un passo in direzione del porticato, posando un solo piede sul primo gradino. « Sta bene vero? A parte le solite cose.. » Tipo i massacri, i piani di estinzione dei lycan, le logge, attacchi incrociati.. si a parte tutte queste cose, ovviamente.
    Scoccò la lingua contro il palato per poi ricercare lo sguardo di lei. « E tu? Stai bene? Eri in città durante.. l'attacco dell'altra sera? » Che due Rag'nak fossero penetrati nella Città Santa era ormai storia risaputa. Non si parlava d'altro in città - oltre al massacro dei lycan giapponesi e i diversi funerali che si erano tenuti negli ultimi giorni. Non tutti però ne avevano avuto un'esperienza diretta dell'accaduto. La stessa Mia non lo ha visto di persona. Quando lei e Raiden avevano fatto ritorno a Inverness, i portali di evocazione erano stati da tempo chiusi, e i fautori dell'accaduto se l'erano data alle gambe. Una cosa ormai era certa; Inverness non era più il posto sicuro di una volta. Se simili creature potevano essere evocate tra le mura della roccaforte più antica del Credo, allora la consacrazione di quel suolo era venuta meno. L'idea che un ipotetico nuovo Upsidedown potesse inghiottire quei territori la terrorizzava. Questo posto era la nostra arca, il posto sicuro in cui rifugiarci a prescindere da tutto il resto. Di scatto sospira e si inumidisce le labbra abbassando lo sguardo. « Senti non voglio rubarti troppo tempo, però ci tenevo a chiederti scusa per come mi sono comportata quella sera.. » Annuisce tra se e se passandosi le dita tra le ciocche bluastre. « Ero arrabbiata con la tua amica e me la sono presa con te. » Continuava a non capire come due personalità così differenti potessero mescolarsi. « Però alcune cose non le ritiro; la tua amica si deve dare una calmata. L'unico motivo per cui questo casino è successo è perché avevo offerto a lei e al suo ragazzo il mio aiuto per allenarsi. » Muove appena le braccia in maniera scomposta prima di allargare le braccia. « Non dico che sono stata la persona più amichevole sulla faccia della terra, ma aggiungermi su quel vostro gruppo semplicemente per umiliarmi è stato comunque da pezzi di merda. È chiaro che io non piaccio a loro e loro non piacciono a me, e allora tutto il resto è solo un mezzuccio per fare i superiori. » A me la gente che fa la superiore sul nulla sta proprio sul cazzo. « Va beh, comunque, tu non c'entravi nulla. Mi dispiace di essermela presa con te.. e di averti rovinato la serata. »



     
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    Con la mano destra occupata a grattare dietro alle orecchie di Reggie, sdraiato per terra quasi come fosse la sua ombra, Ella è costretta a manovrare con le dita della sinistra per voltare la pagina del piccolo paperback. Una volta che finalmente riesce nell’ardua missione, schiarisce la voce, distratta dal tintinnio del campanellino che ha legato al collare di Achilles. Chissà che fa — è tentata di sollevarsi per cercarlo con lo sguardo, ma è sicura che stia semplicemente trotterellando verso la ciotola dell’acqua. «Dov’eravamo? Oh, inizia il secondo capitolo della seconda parte», annuncia al rottweiler con fare cospiratore, «Non è possibile fare un paragone tra un ponte come si concepisce nell’occidente civile e le impalcature utilitarie che i soldati giapponesi avevano preso l’abitudine di allestire sul continente asiatico». Non ricorda bene dove ha scovato l’informazione, ma ricorda di aver imparato, probabilmente da qualche rivista, che leggere ad alta voce aiuta la concentrazione. Ed in realtà, in qualche modo, Ella è convinta che anche il cane sia interessato quanto lei a Pierre Boulle — in ogni caso, finché Ella non stacca la mano dal suo collo Reggie è lì, immobile, gli occhi socchiusi ma le orecchie alzate per monitorare la situazione. «Non è neppur possibile un paragone tra i procediment-», non fa in tempo ad arrivare al punto, Ella, che dei rumori sordi provenienti dalla porta d’ingresso allarmano prima Achilles, che incomincia a trotterellare affannosamente verso l’intruso, e poi Reggie, che invece si rizza in piedi ed abbaia un paio di volte a mo’ di avviso. Anche Ella lo imita, quindi, sollevandosi dal divano e posando il libro sul tavolino da caffè, assicurandosi di avervi infilato il segnalibro prima di chiuderlo.
    «Achilles!», ferma sull’uscio con la mano sulla maniglia rimprovera il cucciolo, impegnato in un concerto di abbai e guaiti, gli occhi fissi su qualcuno che riesce a scorgere dai vetri che circondano la porta. Conscia che non possa trattarsi di Rudy, che avrebbe semplicemente utilizzato il suo mazzo di chiavi, Ella apre la porta. Non ricevono spesso visite — quasi mai, a dire il vero —, ed è quindi con un sorriso gentile che Ella si affaccia allo stipite, aspettandosi di trovarsi faccia a faccia con un vicino o un amico del fratello. All’inizio è confusa, quando nell’immediato non trova nessuno — le basta alzare appena lo sguardo, però, verso il giardinetto di fronte al cottage, per notare una figura minuta che le dà le spalle, incamminata sul vialetto verso la strada. «Mia!», esclama, visibilmente sorpresa, agitando la mano nella sua direzione. Avanza oltre alla soglia, richiudendosi la porta alle spalle — dietro di lei, uno per lato, dai vetri si potevano scorgere entrambi i cani. Scende i primi gradini, fermandosi a metà della piccola scalinata, come a non voler invadere lo spazio dell’altra. « Stavo cercando Rudy. Immagino abbia da fare visto che non è raggiungibile da nessuna parte. », annuisce, stringendosi nelle spalle, «È uscito un paio d’ore fa». « Sta bene vero? A parte le solite cose.. », A parte le solite cose. Sospira, ed il sorriso sparisce mentre annuisce appena, «È… Rudy», distoglie lo sguardo, scrutando per qualche secondo il vicinato alle spalle di Mia, per poi tornare in basso a guardare la ragazza, «In ogni caso non mi parla», alza le spalle, di nuovo, per un momento sconfitta. « E tu? Stai bene? Eri in città durante.. l'attacco dell'altra sera? », annuisce alla prima domanda, per scuotere la testa con veemenza, portandosi istintivamente una mano sul petto, «No, ero via in campeggio», ammette, «Sono tornata solo da un paio di giorni fa». Per fortuna. Sarei probabilmente morta di paura.
    « Senti non voglio rubarti troppo tempo, però ci tenevo a chiederti scusa per come mi sono comportata quella sera.. », spalanca gli occhi, Ella, onestamente sorpresa che Mia vada a parare proprio di sua spontanea volontà — è più che abituata, in fondo, ad essere bistrattata senza ricevere scuse, come anche Harvey ha saputo farle notare proprio quella sera. « Ero arrabbiata con la tua amica e me la sono presa con te. », annuisce, stendendo un sorriso caldo, comprendendo appieno il suo punto di vista. Certo, a lei non è mai capitato, ma è solo perché è
    terrorizzata da ciò che potrebbe succedere se effettivamente, una buona volta, si arrabbiasse, o alzasse la voce — o semplicemente se desse voce alle lamentele che a volte le fanno capolino nel cervello. «L’avevo intuito, davvero, non ti preoccupare», e per lei potrebbe finire lì, ancora stupita dal gesto di Mia, ma la ragazza ha altri piani. « Però alcune cose non le ritiro; la tua amica si deve dare una calmata. L'unico motivo per cui questo casino è successo è perché avevo offerto a lei e al suo ragazzo il mio aiuto per allenarsi. Non dico che sono stata la persona più amichevole sulla faccia della terra, ma aggiungermi su quel vostro gruppo semplicemente per umiliarmi è stato comunque da pezzi di merda. È chiaro che io non piaccio a loro e loro non piacciono a me, e allora tutto il resto è solo un mezzuccio per fare i superiori. », segue il discorso con attenzione, annuendo convinta verso la fine. Scosta i capelli dietro alle orecchie. È stata nelle scarpe di Mia così tante volte, e sa perfettamente come si sente. Non ha mai avuto il coraggio di agire sul malessere sedimentato in fondo allo stomaco, ma Mia sì, anche se è stata proprio Ella il bersaglio. Ma le sta bene così. Non è stata più cattiva di altri.
    « Va beh, comunque, tu non c'entravi nulla. Mi dispiace di essermela presa con te.. e di averti rovinato la serata », «Ma no, non mi hai rovinato la serata», si affretta a correggerla, con occhi insistenti. Sposta il peso, verso sinistra, appoggiandosi con il palmo alla ringhiera, «Ascolta… ti va di entrare?», domanda, quasi timidamente, «Ho fatto il tè freddo». Perché proprio il tè freddo è sempre un elemento decisivo, no, Ella?
    Le fa strada oltre alla porta d’ingresso, e si ritrovano entrambe circondate — o assalite — dai più pelosi di casa Black. «Sono buoni!», esclama, a mo’ di difesa, «Un po’ agitati», un po’.
    Dopo essere finalmente riuscita a calmare i cani — soprattutto il più piccolo, che tanto piccolo ormai non è — può voltarsi verso Mia, facendole cenno di seguirla fino alla sala da pranzo adiacente alla cucina, «Accomodati, come se fossi a casa tua. Lo vuoi il tè?», ma si è già spostata verso la cucina, lasciando la porta aperta, a tirar fuori la brocca con il ghiaccio ormai sciolto dal frigorifero. La posa sul bancone, tira fuori un vassoio, due bicchieri alti e le cannucce, e riporta il tutto verso il tavolo con un sorriso beato — proprio perché ama prendersi cura degli altri, anche se nessuno le ha chiesto nulla. «Ascolta…», commenta, ancora in piedi per versare il contenuto della brocca nei bicchieri, «Ci siamo conosciute nel momento sbagliato, è tutto ciò che volevo dire prima di fuori», ammette, porgendole il bicchiere per poi sedersi a tavola. «Grazie per esserti scusata, comunque», continua, accennando ad un piccolo sorriso, mentre distoglie lo sguardo, impegnata a sorseggiare dalla cannuccia, «È stato un bel gesto», aggiunge, alzando alla fine gli occhi verso quelli della ragazza. «Io non avevo capito che stava succedendo, e… ammetto di essere ingenua», Nessuna novità, quando ti è stato ripetuto per tutta la vita. Eppure forse è solo un meccanismo di difesa, il volersi tenere all’oscuro dai segreti del mondo — il rintanarsi con il naso in un libro aspettando che la vita scivoli addosso senza lasciare più segni o cicatrici invisibili. «Ero stata anche distratta gli ultimi giorni di scuola, quindi pensavo… pensavo semplicemente avessi conosciuto una delle ragazze», improvvisamente il tono si abbassa, ed Ella si tira le ciocche dei capelli che le coprono le spalle dietro alle orecchie, visibilmente a disagio. «E che ti avessero messo nel gruppo, e poi ti eri diplomata e ti volevo fare i complimenti… ma comunque. È tutto passato», afferma, annuendo con decisione, «Tu come stai? Eri in città l’altra sera?».
     
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    « Ma no, non mi hai rovinato la serata. Ascolta… ti va di entrare? Ho fatto il tè freddo » La naturale gentilezza che Elladora Black le aveva mostrato sin da quando aveva aperto la porta di casa propria, la metteva se possibile ancora di più a disagio. Treat them with kindness and you'll win. Sua nonna lo diceva sempre. Non c'era atteggiamento più spiazzante rispetto a una dose di sincera gentilezza dal punto di vista della giovane Yagami. La mora, che di gentilezza ne riceveva davvero poca, complice anche e soprattutto il suo carattere decisamente scontroso, venne colta completamente impreparata, tant'è che quando la giovane aprì ulteriormente la porta di casa propria per invitarla a entrare, Mia indugiò per qualche istante, mordendosi il labbro inferiore. Era una persona di sani principi, l'americana, seppur potesse risultare decisamente manesca, e di fronte a quell'invito, non avrebbe potuto dire di no, nemmeno se si fosse sforzata. Aveva tante cose per la testa, è una caccia all'uomo - alla donna, nello specifico - ancora in corso. Ma tutto poteva aspettare. Forse prendersi un momento, specie in vista della fiaccolata che si sarebbe tenuta quella sera, prendersi un momento non era un'idea così maligna. Si schiarì quindi la voce e sospirò, osservando per un istante la via di fronte alla casa dei Black, quasi come se cercasse ancora una vita di fugga. Avrebbe davvero voluto trovarla; le avrebbe fatto comodo sfuggire a quell'evidente disagio che sembrava provare. « Uhm.. ok.. non posso restare troppo, però.. perché no. » Farfugliò prima di seguirla, sorridendo con decisamente più brio alla vista degli amici di compagnia di Ella. Mia era più una tipa da gatti, e allo stato attuale viveva con bei due della loro specie, ma nonostante ciò doveva ammettere che era una ragazza di campagna che trovava una certa affinità con qualunque creatura. Non a caso, accarezzare la testa del cagnolone più prossimo, la fece ridacchiare appena. « Ciao bello! » E infatti, per qualche istante si piegò sulle ginocchia, lasciando letteralmente assalire dai due abitanti a quattro zampe della casa. « Ecco due bestioline che non si formalizzano sull'odore dei felini. » Si strinse nelle spalle, seguendo la bionda all'interno degli ambienti della casa, non riuscendo a fare a meno di guardarsi attorno con una punta di curiosità. La curiosità dell'americana ebbe il sopravvento, e capire in quale tipo di ambiente vivesse Rudy, fu naturale. Nonostante non conoscesse il giovane Black sufficientemente, Mia era di natura una ficcanaso; non poté quindi fare a meno di provare a cogliere gli elementi peculiari che potevano contraddistinguere la famiglia Black all'interno del branco. Ogni famiglia ha le sue peculiarità, la propria storia, un vissuto che va al di là di loro - gli ultimi arrivati all'interno di quella lunga tradizione che attraversava diversi secoli. I Black sono antichi.. notò con un certo stupore, osservando le travi a vista della casa, prima di seguire la giovane Elladora in quella che doveva essere la sala da pranzo. « Accomodati, come se fossi a casa tua. Lo vuoi il tè? » Annuì, passandosi una mano tra i capelli blu cobalto, prima di abbandonare la tracolla a terra e prendere posto osservando i cani con un sorriso intenerito. « E' carina casa vostra.. » Commentò alzando leggermente la voce per farsi sentire dalla bionda, che era già sparita oltre la porta. Aveva bisogno di riempire i silenzi, per paura di risultare più a disagio di quanto non lo fosse già. E quando infine torna, Mia la osserva mentre serve il té, attirando a sé il bicchiere che le viene offerto, ringraziando con un cenno del capo. « Ascolta… Ci siamo conosciute nel momento sbagliato, è tutto ciò che volevo dire prima di fuori. Grazie per esserti scusata, comunque. È stato un bel gesto. Io non avevo capito che stava succedendo, e… ammetto di essere ingenua » Mi stai ringraziando per averti chiesto scusa? Ma tu che mondo alieno vieni? Domande quelle che la portarono a corrugare appena la fronte. « Era il minimo.. cioè io non sono così solitamente. Non nel senso che non prendo la gente di petto, anzi. Però non me la prendo con le persone senza motivo. Non voglio giustificarmi.. sono stata comunque una grandissima stronza. » Quello è un comportamento che invece sembra deliziare particolarmente diverse delle persone che frequenti. Che Mia avesse una considerazione quasi nulla di quelle persone era abbastanza; non lo negata, né tentava di nasconderlo. La gente si sta sul cazzo. E quindi? E' questo un motivo per seguire la strada della vendetta tramite l'umiliazione? No. E Mia, che a una certa dose di giustizia sociale ed equità ci teneva non poco, non poteva accettarlo. Se non riesco a difendere me stessa, come posso pretendere di chiedere a qualcuno altro che smetta di leccare il culo a quelle stronze? « Ero stata anche distratta gli ultimi giorni di scuola, quindi pensavo… pensavo semplicemente avessi conosciuto una delle ragazze. E che ti avessero messo nel gruppo, e poi ti eri diplomata e ti volevo fare i complimenti… ma comunque. È tutto passato » No. Non è andata così. Ma a dirla tutta, non sente neanche il bisogno di ribadire quanto già esposto precedentemente.
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    « Dubito che io e le tue amiche ci faremo mai le treccine insieme. » Stira un sorriso cordiale, prima di stringersi nelle spalle e chiudere là il discorso. Non ha molta voglia di parlare di quelle ragazze, specie in quel particolare momento della sua esistenza. Dopo aver assistito al massacro di più di duecento persone e dopo aver visto entrare creature oscure nell'unico posto in cui non sarebbero mai dovute entrare, le mie priorità sono decisamente cambiate. Credo di poter convivere col fatto che Derek Hamilton e Maeve Cousland non vedevano l'ora di tapparmi la bocca. Non posso assicurare che la prossima volta che li vedrò andrà tutto bene, ma a dirla tutta, allo stato attuale, rispetto a tutto il resto, la loro esistenza e i loro dispettucci mi sembrano solo patetici. E mi piacerebbe davvero avere il tempo di stare dietro a queste cose, ma non posso. E infatti, Ella sembrò quasi intercettare i suoi pensieri in merito. « Tu come stai? Eri in città l’altra sera? » Scosse la testa. « No. Ero.. fuori. » Nella luna di miele più fallimentare mai organizzata. « Però questo non mi ha impedito di assistere.. a ciò che è successo qui e.. » Fece una leggera pausa abbassando lo sguardo. « ..e in Giappone. » L'aveva segnata profondamente. Non riusciva a passare sopra a quanto accaduto. Continuava a vivere e rivivere quei momenti quasi come se venissero reiterati costantemente. « Ne avrai sentito parlare, immagino. » Seppure Ella non fosse una lycan, in città d'altronde non si parlava d'altro. « Vorrei dire che i giornali hanno aggiunto qualche dettaglio utile ma.. » E lì solleva le sopracciglia in un moto di esasperazione decidendo di annegare la sua frustrazione con qualche sorso di tè freddo. « ..fuori da queste mura stanno tutti facendo finta di niente. » Dovrebbe andare così? Posso seriamente rassegnarmi dopo che la mia gente ha fatto così tanto per queste persone? Li hanno ammazzati, a sangue freddo; li hanno spogliati della loro dignità. Hanno sterminato un'intera cultura. L'angoscia che provava poteva descriverla solo in parte. Era un misto di frustrazione e dolore che non avrebbe saputo descrivere a parole. Non ci sono parole per descrivere determinate emozioni, e anche se ci fossero, Mia non sarebbe la persona più adatta a trovarle. Per un po' rimase in silenzio, pensierosa. La muta tristezza sgorgava dalle iridi scure della giovane Serpeverde senza che potesse fare nulla per poterla fermare. Poi, fu il muso di uno dei cani a risvegliarla alla realtà. La osservava col muso posato sulla sua coscia, obbligandola a sorridere. Scosse quindi la testa e sospirò, tornando a osservare Ella. Non aveva voglia di tornare a parlare di quanto accaduto a Hogwarts, però di qualcosa poteva sì parlarle. « Quindi è ufficiale? Hai stabilito la tua residenza qui? » Una domanda apparentemente venuta giù dal nulla, ma che in realtà mirava in una direzione molto specifica. « Hai mai provato ad andare all'Alveare? » Che quello fosse il centro addestramenti di Inverness ormai era risaputo. Una costruzione reticolare, con molti spazi all'aperto in cui i cacciatori si allenavano di continuo e dove soprattutto i più giovani veniva addestrati affinché un giorno diventassero a loro volta soldati del Credo. « Dovresti provarci. Sai.. specie dopo l'altra sera credo sia tempo che ciascuno di noi sia in grado di proteggersi. » Si strinse nelle spalle. « Prima che tutto questo accadesse - intendo l'attacco.. e tutto il resto - mi ero presa l'impegno di iniziare a organizzare qualcosa anche a Hogwarts e, con l'aiuto di qualcuno di più grande al college. Sai.. per prepararci. » La osservò con eloquenza. « Per ogni evenienza. È chiaro che in questo nostro mondo non è mai finita. » Non avremmo mai un attimo di pace. A questo ormai mi sto abituando. « In realtà, ti sembrerà assurdo, ma anche tutto questo casino con le tue amiche è partito un po' da quello. Ma non importa.. mi organizzerò diversamente. » C'est la vie. « Però.. se ti senti qualche volta in vena di imparare qualcosa - non quelle robe fasulle del club di atletica leggera o del club di combattimento - .. insomma se anche conosci qualcun altro che potrebbe essere interessato.. ecco sì, potrei dare una mano. »




     
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