Bonnie e Clyde

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    « Police, com'è che il tuo ragazzo non ha ancora il bicchiere tra le mani? » Vanja, uno dei suoi miglior amici nonché suo partener di ballo scocca la lingua contro il palato, piuttosto insoddisfatto dal fatto che Arthur, al suo fianco, non stia ancora bevendo. « E' da quando siamo arrivati che mi ricorda che non berrà perché è reperibile. » La mora scocca un'occhiata al suo ragazzo, un sorriso sarcastico accompagna lo sguardo ceruleo, lo stesso che negli ultimi mesi gli ha rivolto non poche volte. Le cose, dopo il 1 Marzo, non sono state decisamente semplici. Dai primi tempi in cui, pur di non dargli motivo di poter dire di nuovo di essere un'immatura, andandosene di casa, ha tenuto il punto dormendo nella stanza degli ospiti, girovagando per casa il più possibile per infastidirlo con il suo silenzio - proprio per dimostrarle la sua encomiabile maturità - , le cose sono sembrate appianarsi quando una sera, durante la visione di un film, uno ad un capo del divano e l'altra all'opposto, Karma ha visto bene di tirargli addosso un cuscino per poi scoppiare a ridere insieme della sorpresa che l'ha colto. Un'infantile offerta di pace, la sua, che con il senno di poi si è solo rivelata essere un piccolo cerotto sopra una ferita ben più grande e profonda. E' proprio a quello squarcio che pensa ora, giocando a far scorrere sul labbro il bicchiere di carta riciclata, mentre Vanja in sottofondo cerca ancora di convincere Arthur. Si guarda intorno, gli occhi che si soffermano in vari punti del salone di casa di Tasha, piuttosto gremito di persone. Chi più chi meno, all'interno di quella casa, fa parte del mondo dello spettacolo. Ci sono ballerini della sua compagnia, attori che studiano al college, cantanti in erba, artisti vari ed eventuali. Ci sono sicuramente anche altri invitati, come l'auror che hanno incrociato con la sua ragazza appena dieci minuti prima, ma perlopiù sembra essere il mondo di Karma quello. E non il suo. Si chiede se questa sia l'ennesima evidenza che i loro mondi si siano totalmente scollati tanto da non riuscire più a coincidere in alcun modo. A volte le sembra quasi che sia finito il collante, quello che va al di là della pura e magnetica chimica che l'ha sempre richiamati, l'uno all'altra, come i poli opposti di un magnete. Siamo sempre stati questi noi. Ma forse è proprio questo il problema alla fine dei giochi? C'è una parte di lei che si sente ora in colpa per averlo costretto ad uscire per andare ad una aperifesta del genere, da bicchieri di carta riciclata, musica a palla, fumo un po' ovunque. Pensavo ci potesse far bene divertirci di nuovo insieme. Un broncio si profila lungo le labbra, per fortuna nascoste dal recipiente. « Police, butta giù quella birra che te lo devo riempire di nuovo. » Vanja non demorde, con un ghigno che sa di malefico rivolto ad Arthur. « Ve lo devo. Non sento obiezioni, oh no signori. Tasha, amore, usa il potere da padrona di casa per obbligare questo tripudio di ormoni e muscoli a bere qualcosa. » Una ragazza dai grandi occhi si volta verso di loro e ridacchia, avvicinandosi a loro con una bottiglia di tequila. Le sopracciglia che sciabolano. « Credo che tu non possa più tirarti indietro. » Si morde il labbro inferiore mentre gli occhi scuri di Arthur incontrano i propri. « Sarebbe tremendamente scortese da parte tua. » Lo incalza prima di scolarsi tutta la birra rimasta, con gli applausi dei presenti a farle da sottofondo. Porge poi il bicchiere alla biondina aspettando che glielo riempia. « Prima le dame. » Ridacchia fissando Arthur con eloquenza. « Giù, giù, giù. » Comincia così la discesa della loro serata, che sfocia in breve in continue ricariche del bicchiere, specialmente quello di Karma, mentre il sole al di là degli ampi finestroni comincia a scendere e Tasha richiama l'attenzione di un gruppetto per giocare ad "Obbligo o verità?" « E che fai? Non ci giochiamo anche noi? Non possiamo proprio sottrarci. » Si stringe al braccio di Arthur, decisamente allegra, mentre lo trascina al tavolino. E lì ha inizio una gara forsennata di - perlopiù - obblighi che fanno scoppiare a ridere la mora ogni due per tre, dai classici baci improbabili, ad un trasferello dalla forma fallica in fronte a Mark che Vanya ha giurato durerà almeno fino alla sera successiva. Quando qualcuno tira fuori una scacciamosche da usare come una simil frusta e delle manette con il pelo viola da usare per qualche obbligo, ne è certa, le punte dei suoi capelli sono diventate rosse come era paonazza la sua faccia per il troppo ridere all'idea di Arthur costretti ad usarli. C'è un momento in cui lo fissa, mentre ride, con quella piccola rughetta che si va formando all'angolo sinistro delle labbra, e sente nuovamente che tutto andrà bene. Cosa può andare storto se si amano così tanto? Ce la faremo, ce l'abbiamo sempre fatta, siamo destinati a questo. Sente il bisogno di carezzargli la guancia con il dorso della mano, dalla fronte al mento, socchiudendo gli occhi per assaporare meglio quel momento. « Karma, obbligo o verità? » Tasha la fissa e la Paciock sorride sapendo che sta per ribaltare l'ordine cosmico delle cose. « Verità. » Lei, donna dall'obbligo perenne in questo gioco. Ma si sente super confidente, sicura di sé mentre aspetta che la bionda scelga la domanda da farle. « Pensi che ci sia qualcosa che non hai mai detto ad Arthur? » Il quesito viene accolto con un sonoro "Woo" decisamente ubriaco dal resto della ciurma al quale Karma risponde alzando la mano, sventolandola sopra la testa. « Ehi, ehi, ehi, non c'è niente da wooare perché la risposta è piuttosto monotona, amici miei. » Si volta allora verso il moro, fissandolo in quegli occhi che mamma mia, dov'è la stanza più vicina? « No, sa tutto. »

    [02 Marzo 2021] Sono passate da poco le cinque e il cellulare le vibra, il sonno l'abbandona subito, forse perché il suo subconscio già sa. Scivola via mentre lo aspetta seduta in mezzo al letto, con Peter che si è addormentato sul divano. "Non ti muovere da lì." Chissà dove caspita dovrei andare a quest'ora. Si stringe nella maglia con la quale è solita dormire e si stropiccia gli occhi non appena lo vede entrare in camera. Gli sorride, uno di quei sorrisi ancora assonnati, per nulla agitata dal fatto che sicuramente, da un momento all'altro, le dirà le peggio cose. Ma no, lo guarda e sorride con tranquillità. « Ma buongiorno raggio di sole! » Lo saluta così, allungando le mani verso di lui come a fargli segno che lo sta aspettando proprio lì, tra le sue braccia. Ma lui non accenna ad avvicinarsi e così le fa ricadere sulle lenzuola. « Cosa c'è di così importante da scomodarti a dirmi "Non ti muovere da lì"? » Prosegue, inghiottendo uno sbadiglio con la mano davanti alla bocca. « E' morto qualcuno? » Sghignazza, con la faccia impunita di chi sa di aver torto marcio dentro di sé, ma di dover tenere comunque una certa parvenza di dignità. Magari mi vuole dire altro, perché devo rovinare tutto così? Mica sono matta. Ma poi succede l'inevitabile. « Ma vaffanculo che è sto casino mentre si dorme? » Sbuca fuori Cassius da sotto il divanetto a piedi del letto, con il suo fare baldanzoso. « Oh io ioi, qui qualcuno è incazzatino. » Continua, con fare strafottente mentre gli occhi di Karma si sgranano, diventando sempre più scuri. « E te credo, te l'ha già detto? » La mora scende dal letto di corsa, cercando di prendere l'animale che continua a sfuggirle. « Non so che cosa stia dicendo. » Guarda frettolosamente Arthur mentre continua la caccia. Animale del diavolo. « T'hanno già licenziato per il suo casino? » Si rivolge nuovamente all'auror, l'essere di satana mentre Karma decide di fermarsi, conscia di essersi messa in ridicolo abbastanza. Oh vabbè, okay, vaffanculo. Rialza lo sguardo e lo fissa in quello di Arthur. Improvvisamente si fa fiera mentre è pronta alla battaglia per quel microscopico segretuccio che gli avrebbe tenuto nascosto.

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    « Che noiosi che siete! » Scoppiano tutti a ridere mentre Karma riprende la palla al balzo, intimando il gruppo a fare silenzio. « No, fermi, aspettate! » Gli occhi che si spostano in quelli del Weasley mentre ridacchia nella sua lucidità sempre più offuscata. Gli punta contro il petto il dito indice. « E invece tu, Arthur, mi hai mai tenuto nascosto qualcosa? » Alza un sopracciglio, a mo' di sfida mentre nel basso ventre avverte come un senso di paura. Come se ne avesse per un'eventuale sua risposta affermativa. « Su, tanto lo sappiamo tutti che avresti scelto verità. » Continua, con un sorriso leggermente nervoso, attendendo la sua risposta mentre continua a punzecchiarlo con il dito. « No vabbè ragà, sta a succede un casino al nord! » Un ragazzo dai capelli rossi si immette nel gruppo sbattendo contro Tasha. Lo sguardo di tutti, Karma compresa, si sposta su di lui. « Inverness sta bruciando tutto. » Eh? « Oddio ma è davvero l'estate dei roghi quest'anno. Ma che sta succedendo al mondo? » Una ragazza mugugna poco distante, crollando a terra, ubriaca com'è, richiamando il riso di alcuni intorno a lei. « Avevo detto niente cellulari qui dentro. Questo lo prendo io. » Tasha è categorica nel ritirare il telefono al ragazzo, prima di incitare tutti a continuare come se nulla fosse successo. « E' ubriaco come tutti, dai ragazzi! » La festa riprende mentre Karma cerca di mettere a fuoco la situazione, non una missione troppo facile visto l'alcol in circolo. Si volta a guardare Arthur e nota quella luce negli occhi. Quella che precede le parole "Perdonami ma devo andare!" e allora lei, che è fuori controllo già di normale figuriamoci ora, agisce. Allunga una mano sopra il tavolo, agguanta le manette magiche e ne mette una a lui. E una a se stessa. Poi sorride, tronfia, nell'incontrare la pece dei suoi occhi e quel suo sguardo torvo che le fa percepire ancora una volta le farfalle nello stomaco. « Oh ma guarda tu il destino! » Commenta alzando la propria mano sinistra che fa alzare di conseguenza la destra di lui, le labbra che si arricciano in una smorfia. « Così mi puoi tenere d'occhio, no? Potrei fare qualcosa d'avventato, che ti faccia finire nei casini. Di nuovo. Sia mai. » E tu non puoi scappare a lavoro. Stallo alla messicana. Come la mettiamo ora?
     
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    «Ci diamo un bacio prima di farci male»

    Non c'è giorno che Arthur trascorra senza la consapevolezza di aver fatto la cosa giusta e, al contempo, il tormento per averla perseguita, con l'obiettivo di salvaguardare ciò che al mondo ha di più caro. Non c'è giorno che non ripercorra mentalmente quella specifica conversazione: Tris che gli comunica di tenere d'occhio Karma, Arthur che blocca sul nascere ogni possibile tentativo di coinvolgerla. Non è per nulla difficile ipotizzare di chi sia la colpa, scorrendo i volti della nuova Ribellione tra le immagini immortalate nei propri ricordi. Fondamentalmente, soltanto Lilac, a parte lui stesso, avrebbe potuto farlo. E com'è logico dedurre, Arthur ha scelto di non testarla - per una ragione ben precisa, tra l'altro. La stessa ragione che farebbe andare Karma su tutte le furie: nonostante ciò, è l'unico pensiero che il Corvonero è in grado di formulare. Perché non riesce a figurarsi uno scenario in cui lei debba guardarsi le spalle da eventuali nemici, in cui lei debba stringere la bacchetta tra le dita ad ogni rumore particolare - in attesa di un possibile scontro -, in cui lei debba prepararsi alla battaglia. Non è una questione di competenza o meno: non conosce gente tenace e abile come Karma. Sarebbe una recluta perfetta - ed è forse questo il ragionamento adottato dalla Scamander. Ed è esattamente questo il ragionamento per cui Arthur non può optare, mosso dal sentimento che lo lega a Karma. Non è mai stato un ragazzo emotivo, Arthur Weasley: ogni sua azione è realizzata sulla base di un calcolo ben orchestrato dietro. Ogni passo è diretto lungo un percorso pre-impostato da tempo. Ogni parola è posata e guidata dalla logica. E' solo con Karma che riesce a non pensare. A farsi guidare dalle emozioni. Ad essere impulsivo. Ad essere se stesso. Nello stesso istante in cui Tris ha chiesto ai Ribelli di estendere le fila del gruppo, Arthur ha capito che non avrebbe potuto fare il suo nome. Ha capito di doverla e volerla proteggere, benché sia in grado di farlo da sola, alla perfezione. Ha capito di non poterla esporre ad un ulteriore rischio, nonostante questo volesse dire affrontarlo da solo. Preferisce perdere se stesso piuttosto che lei. «Ti chiedo di tenerla fuori.», e l'ha espresso con un'intensità tale, con una necessità tale da non dare adito a fraintendimenti [...] « E' da quando siamo arrivati che mi ricorda che non berrà perché è reperibile. », la voce cristallina di Karma lo riporta al presente. Già, reperibile. Reperibile presso un Dipartimento al quale non crede più. Un Dipartimento marcio dall'inizio alla fine: da quando perseguitava Inverness, portando addirittura ad una quota significativa di dimissioni per protesta, sino a quando ha iniziato a perseguitare la sua stessa famiglia. Reperibile per la finzione che è costretto a portare avanti lì dentro, giorno dopo giorno, ripetendosi che lo sta facendo per cercare di carpire più informazioni possibili sulle eventuali mosse all'interno del Ministero. Forse aveva ragione Karma. Forse il Quartier Generale doveva esplodere come uno di quei fuochi d'artificio. Fissa le goccioline che scorrono sul vetro della bottiglia di birra. « Credo che tu non possa più tirarti indietro. Sarebbe tremendamente scortese da parte tua. », non risponde all'affermazione di Karma. Semplicemente, stira un mezzo sorriso e agguanta la bottiglia, ignorando la presenza del boccale immacolato lì di fianco. La porta alle labbra e beve, beve finché non raggiunge il fondo. Tasha e il gruppo continuano ad acclamarlo per il colpo di scena in cui si è appena esibito. Anche Karma sembra rilassarsi un po'. O forse sta solo fingendo di farlo: forse è più sorpresa che altro. Non ci si aspetta una reazione del genere da una persona tanto ligia al dovere, da un Auror che ha sottolineato, giusto cinque minuti fa, di essere reperibile. L'eventuale confronto in merito viene tuttavia ritardato, dietro l'insistenza di Tasha a giocare ad obbligo o verità. « E che fai? Non ci giochiamo anche noi? Non possiamo proprio sottrarci. », Arthur le sorride, piegando poi la testa all'altezza del suo collo per sussurrare: «Squadra che vince non si cambia.», e su questo ci crede davvero. E' l'unica certezza che ha. E' per salvare la squadra che ha scelto di chiudere ogni porta. E' per salvare la squadra che ha chiesto a Tris di non andare oltre, di non insistere. E' per salvare la squadra che adesso è lì, in un mondo che non gli appartiene, circondato da ballerini, gente dello spettacolo. Ed è anche incredibilmente colpito da quanto quel posto, proprio quello, possa apparirgli l'unico possibile dove trovarsi. Solo perché c'è lei. « Karma, obbligo o verità? » « Verità. » « Pensi che ci sia qualcosa che non hai mai detto ad Arthur? », certo che il mondo ce la rende proprio difficile. Conosce - o quanto meno, pensa di conoscere la risposta che la Grifondoro pronuncerà. Tuttavia prevede - l'ironia della sorte è davvero subdola - che la stessa domanda possa essergli rigirata. « No, sa tutto. », incassa il colpo, Arthur Weasley. Sapeva che sarebbe arrivato il fatidico momento della verità, ma non credeva fosse un evento così vicino nel tempo. Se l'era immaginata diversa, la situazione. Si sarebbe trovato di fronte al fuoco acceso del camino del loro salotto, ormai al sicuro dal pericolo. Ormai sventate le trame del Ministero. Ormai scarcerato James, ormai sconfitta la Loggia. Porta le mani alla fronte, rendendosi improvvisamente conto di quanto sia assurda la sua pretesa. Non finirà mai. E' colto da un'emozione di sconforto, Arthur Weasley, e i presenti l'avranno di certo notato. Trova qualcosa da dire. «Le rivelazioni di Karma mi hanno dato alla testa, scusate. O forse è stata la birra.», ridacchia, a sdrammatizzare la scena. D'altro canto era almeno mezzo litro, e l'ho bevuta senza prendere fiato. Lancia un'occhiata a Karma, implorandola di non insinuare il coltello nella piaga. Ma lei lo fa. « E invece tu, Arthur, mi hai mai tenuto nascosto qualcosa? », ho fatto ciò che era necessario. Non se ne pente, il Corvonero. Non potrebbe, neanche volendo. Ha sempre agito per proteggerla. Inizialmente dal Ministero: perché coinvolgerla nella Ribellione - un movimento dichiaratamente illegale - col rischio che finisca rinchiusa dietro le sbarre? Perché portarla con sé in delle missioni che potrebbero segnare la propria fine - e, di rimando, anche quella di Karma? Adesso, però, la percezione di Arthur comincia lentamente a modificarsi. Dovevo consentirle di allenarsi. Si ridesta dal disagio che quei pensieri gli creano. Devo. Non "dovevo". Devo. Sono ancora in tempo. Posso allenarla io. Perché il Ministero, per quanto marcio dentro, per quanto si ostini a mettere i bastoni tra le ruote, incarcerando chi non dovrebbe, non è il loro unico problema. Anzi, a dirla tutta non è neanche il problema principale. « No vabbè ragà, sta a succede un casino al nord! Inverness sta bruciando tutto. » « Oddio ma è davvero l'estate dei roghi quest'anno. Ma che sta succedendo al mondo? », Arthur stringe le dita di Karma. Devo andare. Percepisce i muscoli dei polpacci che guizzano. Il battito del cuore si fa accelerato. La mano sinistra è avvolta alla bacchetta. La mano destra... Karma agisce più veloce di lui. Si trova legato a lei. Si trova senza via d'uscita. « Così mi puoi tenere d'occhio, no? Potrei fare qualcosa d'avventato, che ti faccia finire nei casini. Di nuovo. Sia mai. », gli occhi di fuoco di lei si scontrano con quelli altrettanto ardenti di lui. Vorrebbe urlare, Arthur, ma sa che ogni azione sconsiderata verrebbe percepita come prova del fatto che stia tramando qualcosa. «Non è divertente, Karma. Devo andare e, mi pare chiaro, non puoi seguirmi. Non puoi venire con me.», lo dice con un tono sufficientemente calmo. «Non è solo questione di lavoro. E' questione di pericolo, perché dovrei esporti anche a questo pericolo, Karma? «Perché dovrei portarti con me, piuttosto che tenerti al sicuro qui, con i tuoi amici?», non riesce a mentenersi neutrale, questa volta. E' la domanda che lo tormenta da secoli. E la risposta a questa domanda, di conseguenza, è la chiave di tutto. «Liberami.», implora. Perché deve essere liberato, così da poter dare il proprio contributo: non ci sono alternative. Ma Karma non accenna un solo, singolo movimento. Non un colpo di bacchetta - laddove è unicamente la sua a poterlo "scarcerare". Un po' come quando si stringe un Voto Infrangibile: il principio delle manette magiche, benché elemento di gioco, è abbastanza simile. Solo il mago che le ha chiuse, con un semplice contro-incantesimo, può aprirle. La fregatura è che le manette riconoscono il nucleo della bacchetta che le ha incantate, motivo per cui la magia di Arthur non funzionerebbe - a meno di doverle rompere con la forza, dato che si tratta pur sempre di plastica rinforzata. «Andiamocene.», decide, di punto in bianco. Non ha bisogno di sfiorarla, dato che sono già legati l'uno all'altra. Si smaterializza e la trascina via. Il disagio percepito a causa dello sbalzo spaziale si affievolisce man mano che riprende fiato. Si trovano a casa, adesso, al sicuro - grazie alle protezioni castate sulla porta, sulle mura, praticamente ovunque.
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    «Volevi una risposta alla domanda di prima, Karma?», riprende il discorso quasi senza volerlo. Quasi con l'obiettivo di farsi del male. La costringe ad avvicinarsi alla dispensa - dato che sono ammanettati - e tira fuori un'altra birra. «Non ti ho detto tutto. E' così. Questa è la verità.», la guarda negli occhi e vorrebbe accoltellarsi per il dolore che le proprie rivelazioni potrebbero causare. Dolore sia per lei che per lui, ad ogni modo. Il dolore di vederla delusa. «Vuoi sapere perché l'ho fatto?», ti sto offrendo la verità anche qui. Qui ed ora. Niente più segreti, niente più bugie. Non attende la risposta di Karma. «Per proteggerti. Ti ricorda qualcosa?», in fondo non siamo poi tanto dissimili, noi due. «Sai, penso di poterti capire davvero, adesso. Quando hai mentito sulla nostra relazione per nascondermi la tua malattia.», fa una breve pausa. Non è più risentito per il passato. Hanno chiarito. Conosce le motivazioni di Karma. Le comprende. Adesso più che mai. «Non volevi che io soffrissi la tua perdita. Preferivi che ti odiassi, perché la rabbia sarebbe stata più tollerabile dell'eventuale dolore. E' per questo che mi hai mentito.», è stato un gesto nobile. Un gesto da vera Grifondoro. Sorride, Arthur. Un sorriso che non ha altra spiegazione, se non quella più chiara e lampante del mondo: l'amore. «Sta succedendo una cosa simile ad allora, Karma.», noi che mentiamo a vicenda, per proteggerci. «Solo che io non sono ancora pronto a raccontartela.», perché mi ostino a credere che potremmo riuscire a vincere la battaglia senza, per forza, doverti coinvolgere. Senza averti come soldato. «Non sono ancora pronto.», lo ribadisce, perché l'immagine di Karma che si allena nel gruppo dei Ribelli è intollerabile. Come può, al contempo, essere un incubo e la via più sicura per salvezza? Perché è vero che includerla vorrebbe dire soffrire ad ogni suo graffio, ad ogni sua caduta, ad ogni sua ferita. Ma è anche vero che non allenarsi la porta ad essere impreparata nel caso in cui il pericolo dovesse presentarsi. Ed io posso davvero evitare che si presenti? «Ho bisogno che tu mi creda. Lo stesso bisogno che avevi tu due anni fa.», la osserva con intensità. Con tutto l'amore di cui è capace. «Ho bisogno che tu sappia che farei qualsiasi cosa per proteggerti.», lascia perdere la birra che aveva stappato - non ne assaggia neanche un sorso. Si avvicina a lei, piuttosto: va a sfiorarle la fronte con un dito. Porta dunque il capo contro il suo. «Puoi fidarti di me? Nonostante tutto?», perché io continuo a non volerti fare correre dei rischi inutili. Ma ho anche bisogno di saperti preparata, se dovesse accadere il peggio. Se dovessi trovarti sola. Sei molto più forte di chiunque altro conosca, ma non sei addestrata.
    Ed è vero che Karma è forte. Molto più forte persino di lui. Si sente schiacciato di fronte a quella forza, tanto che si inginocchia - costringendo, di rimando, anche lei a farlo. Adesso siedono entrambi sul pavimento del loro salotto. E sono di fronte a quel famoso camino. Era così che l'avevo immaginato.
    E' allora che viene colto da una nuova consapevolezza.
    «Mi vuoi sposare?», le parole viaggiano una dietro l'altra, senza che Arthur riesca a fermarle. Senza averle premeditate. Senza un anello a suggellare la sua proposta. Senza programmi: ecco come agisce il maestro della razionalità al cospetto dell'amore della sua vita.
     
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    «Non è divertente, Karma. Devo andare e, mi pare chiaro, non puoi seguirmi. Non puoi venire con me.» Io in realtà la trovo divertentissima come cosa invece. Lo sguardo che gli lancia lo rende abbastanza palese, su di giri com'è grazie all'alcool che ha in circolo. Farebbe anche un piccolo balletto della vittoria, l'unica cosa che la ferma è l'occhiata truce di lui e il sapere che già ha reso palese il suo essere ancora così dannatamente infantile nell'istante preciso in cui l'ha incatenato a sé. Perché io non sono nient'altro che questo: immatura e inaffidabile. Ho aiutato mio fratello a mettere a soqquadro il posto dove lavori, facendo saltare in aria dei fuochi d'artificio. Come dei bambini. Sarò sempre anche questo per te? E' da mesi che si domanda, la mora, quanto sia cambiata la percezione di lui nei suoi confronti. Le loro vite sono andate avanti, hanno deciso loro di farlo, di passare oltre quel loro punto di stallo dal quale, Karma ne era certa, non si sarebbero mai più rialzati. Eppure l'hanno fatto, ignorandosi per un po', poi urlandosi contro e di nuovo tornando ognuno nel proprio silenzio, riprendendo ad allungarsi l'uno verso l'altra e viceversa tramite piccoli gesti, insignificanti agli occhi di molti ma importanti e utili per loro. «Non è solo questione di lavoro. E' questione di pericolo Aggrotta le sopracciglia, sentendo immediatamente il bisogno di fermare i pensieri e fissarsi su di lui. Cosa non semplice perché lo vede anche leggermente sfocato. Mannaggia a me che ho bevuto un po' troppo. « Pericolo? Non sai nemmeno cos'è successo di preciso, di cosa stai parlando? » Prende a dire, con la mano libera portata alla fronte, quasi a volersela tenere ferma. E' tutta colpa tua, ho bevuto troppo perché così non avrei pensato a quanto, pur non succedendo davvero niente, siamo nella merda. E lo sono, secondo il suo punto di vista, perché sono fermi, statici da mesi. Non succede niente ed è proprio quell'ordinaria routine, figlia di una litigata mai davvero risolta e sanata, che la fa dubitare che stia succedendo altro. Ci stiamo trascinando lentamente alla deriva senza fare nulla? «Perché dovrei portarti con me, piuttosto che tenerti al sicuro qui, con i tuoi amici?» Lo fissa disorientata, mentre la mano ricade lungo il suo fianco, inerme. E' confusa da quel suo improvviso farsi terribilmente serio. Lo è sempre quando si tratta di questioni lavorative, ma ora è di più. E' come se una coltre di serietà le sia stata lanciata sopra la testa. « Perché se è questione di pericolo, anche tu lo saresti. E se lo sei, vorrei essere lì con te, a guardarti le spalle. » Per quanto posso. Si rende conto di non aver certo la sua preparazione, lei in fondo non è altro che una ballerina, aspirante magingegnera aereospaziale. Però dovesse verificarsi una simile situazione, lei vorrebbe essere lì con lui, ad aiutarlo ma anche a proteggerlo, con le unghie e con i denti. E se questo non bastasse, vorrebbe essere lì per abbandonare la terra avendo i suoi occhi davanti ai propri, come ultima immagine da conservare gelosamente. «Liberami.» Scuote automaticamente la testa in tutta risposta. Ora più che mai sa che non lo farà. Se prima era un gioco, stupido e infantile, ora è convinta di non farlo. « No, ora tu mi dici che sta succedendo e io ci penso se è il caso di liberarti veramente. » Perentoria, per quanto crede di esserlo almeno nella sua mente, mentre prova a portare la mano incatenata al fianco e, non riuscendoci, visto il dover costringere lui ad allungare il braccio a sua volta, lo fa con l'altra, alzando il mento poi, per assumere la posizione del supereroe a metà. Quella che è solita fare ogni qualvolta deve fare qualcosa che la spaventa a tal punto da sentirsi congelata sul posto. «Andiamocene.» « Aspetta i cell-» Riesce a reagire giusto qualche secondo prima di scomparire di fronte a tutti. Riatterrano in casa loro, con Karma costretta a stringere gli occhi per qualche istante, giusto il tempo di riprendersi dallo sbalzo. « Non abbiamo salutato. » E' da assoluti maleducati. « E abbiamo lasciato i cellulari. Come farai ora? Il pericolo non ti può chiamare, non senti l'ansia da Superman che non trova una cabina telefonica libera nella quale trasformarsi? » Non lo sta prendendo in giro, figuriamoci, lo punzecchia però volutamente, nel vano tentativo di capire che cosa stia succedendo. Che ci sta succedendo? «Volevi una risposta alla domanda di prima, Karma?» Non ne sono tanto sicura al momento. « Tanto che mi hai strattonata con così tanta delicatezza fin qua, potevi prenderne una anche per me. » Alza gli occhi al cielo, mettendosi in punta di piedi per arrivare alla dispensa, ripiegando dopo qualche secondo su un bicchiere di acqua. «Non ti ho detto tutto. E' così. Questa è la verità.» Non riesce a rimanere impassibile come vorrebbe. Perché Karma, quando viene presa in contropiede, ferita, glielo si legge in faccia. Le iridi si dilatano e diventano scure, la bocca si schiude per la sorpresa e i lineamenti si ammorbidiscono, quasi a volerla dipingere per la bambina che è, presa alla sprovvista, quella che ci rimane male, quella che si fa scalfire. Per questo rifugge il suo sguardo all'istante, di colpo terribilmente lucida, come ad aver appena preso una sberla in pieno viso. Si morde il dentro del labbro inferiore, mentre si allunga nuovamente verso la dispensa e tira fuori una bottiglia di scotch, di quelli invecchiati da millemila anni. Uno dei regali di Percy Weasley che è rimasto lì a maturare per le occasioni speciali. « Credo proprio che mi servirà più questo. » Borbotta tra sé e sé. «Vuoi sapere perché l'ho fatto?» Sinceramente non voglio più sentirti parlare. Pensa seppur quell'idea entri in palese contraddizione con la sua pura essenza che la vuole sempre estremamente curiosa, alla costante ricerca di modi per sfinire il suo interlocutore affinché parli. Non apre bocca comunque, intenta com'è a stappare la bottiglia con l'uso della mano libera, con il pensiero fisso che, se dovesse anche soltanto dirle qualcosa, "Eh ma che fai? Non puoi sprecare bottiglia delle occasioni speciali!", le salterà al collo seduta stante. Si versa un bicchiere e comincia a sorseggiarlo, cercando di non fare versi che lascino intuire quanto le faccia schifo il sapore dello scotch. Ecco perché non l'ho mai assaggiato prima. «Per proteggerti. Ti ricorda qualcosa?» Rimane interdetta, il sedere poggiato contro il tavolo della cucina, gli occhi rivolti altrove. «Sai, penso di poterti capire davvero, adesso. Quando hai mentito sulla nostra relazione per nascondermi la tua malattia. Non volevi che io soffrissi la tua perdita. Preferivi che ti odiassi, perché la rabbia sarebbe stata più tollerabile dell'eventuale dolore. E' per questo che mi hai mentito.» E' questa la nostra fine? Aggrotta le sopracciglia, lasciando andare il bicchiere contro il tavolo per poter portare lo sguardo su Arthur. « Cosa c'entra? Perché ritiri fuori ora questo discorso? » Lo fissa, la stilla della paura a serpeggiarle negli occhi. Prova persino fatica nel sorreggere lo sguardo color tenebra di lui. «Sta succedendo una cosa simile ad allora, Karma. Solo che io non sono ancora pronto a raccontartela. Non sono ancora pronto.» Deglutisce, facendo un passo indietro, costretta a rimanere vicino a lui dalle manette. « Cosa non sei pronto a dirmi? Sei malato? » Le trema la voce nel fargli l'ultima la domanda, se ne accorge mentre tenta di richiudere le labbra, anch'esse tremolanti. Allora vi porta sopra le dita, come a chiedergli di fermarsi. « E' questo? Sei malato Arthur? » Lo incalza nuovamente con le iridi che si schiariscono e si scuriscono senza più alcun controllo. «Ho bisogno che tu mi creda. Lo stesso bisogno che avevi tu due anni fa.» Scuote la testa, irritata nel ritrovarsi impotente e ignorante allo stesso tempo. Perché non può fare niente per obbligarlo a parlare e anche se trovasse un modo, non riuscirebbe a tirargli fuori niente, testardo del cazzo com'è. «Ho bisogno che tu sappia che farei qualsiasi cosa per proteggerti. Puoi fidarti di me? Nonostante tutto?» Continua a scuotere la testa, fronte contro fronte come si ritrova con lui. « Mi stai spaventando, non capisco che cosa stia succedendo. » Sembra quasi un piagnucolio sussurrato a mezza bocca mentre si sente gli occhi gonfiarsi di lacrime per la frustrazione. Si stacca allora, cercando con gli occhi la bacchetta che deve aver appoggiato da qualche parte, vuole liberarsi da quelle manette, dall'ennesima stronzata stupida che ha fatto, ma lui si inginocchia e la costringe a seguirlo, riversandosi a terra. « Che sta succedendo? Perché mi stai facendo questo? » Quelle parole le scatenano un déjà-vu. "Ti chiedo solo di fidarti di me. Ti sembrerà una follia, ma le cose stanno così. Saprai tutto." Le manca il respiro nello scoprire che la sua vita sta andando a rotoli davanti ai suoi occhi, prima la sua miglior amica, ora il suo ragazzo. « Io...io mi fido. Non dovresti nemmeno chiedermelo, cretino che non sei altro. » Dice poi, fissando le mani tenute legate. « Mi sono fidata sempre nonostante tutto. » Mi sono fidata di te anche quando non stavamo nemmeno più insieme, ho creduto in te anche quando nemmeno tu lo facevi. Storce le labbra in una smorfia, mentre torna a fissarlo e dopo qualche istante semplicemente sbuffa. « E' solo che.. » Non sa come proseguire, non si riesce a capire, forse è anche un po' colpa dell'alcol, si giustifica il suo essere strana così. « Non puoi dirmi una cosa del genere e chiedermi di..» Non sa nuovamente come proseguire ma ci pensa lui a riempire il vuoto. «Mi vuoi sposare?» Immobile, lo fissa negli occhi, nessuna parvenza d'emozione a sfiorarle il viso. Questo perché crede semplicemente che stia
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    scherzando. Sta prendendo tempo. Pensa. Dai, non può davvero passare dal dirmi che non può parlarmi di chissà cosa e subito dopo chiedermi di sposarlo. « Non sei serio. » Deglutisce allora, quando l'intensità dello sguardo di lui le fa capire che, al contrario, è terribilmente serio. Quando mai non lo è. « No, veramente, non puoi esserlo. » Si ritrova a sentirsi terribilmente sconcertata. Così come non avrebbe mai creduto di essere quando sarebbe arrivato quel momento. Perché l'ha sognato, per anni, come una sciocca ragazzina che faceva il calcolo dell'affinità sui fogli di scuola, che già affiancava il proprio nome al cognome di lui per sentire come suonava. Karma Weasley è sempre suonato così dannatamente bene. Così dannatamente giusto. Ma in quel momento è sgomenta, così come non dovrebbe essere. E' tutto sbagliato. « Perché? » Gli chiede poi, scuotendo la mano legata per avere la sua attenzione. « Perché vuoi sposarmi? » Domanda secca mentre gli occhi tornano ad essere chiari, naturalmente calmi. Una calma apparente. « Perché vuoi sposarmi se poi mi tieni all'oscuro di cose? » Scrolla la testa, un sorriso che di amaro ha persino il sapore compare sulle labbra piene. « Non mi sembra il migliore dei presupposti. » Fa per alzarsi, dimenticandosi delle manette che la vorrebbero piegata nuovamente a terra. Ma lei tira forte, costringendo lui, questa volta, a seguirla. Perché Karma quando ha la testa piena di pensieri deve camminare, talmente tanto da poter far solchi a terra. E così fa, in uno strambo quanto divertente spettacolino all'esterno, con lui costretto a starle dietro. Fintanto che non ha una rivelazione e si blocca, la mano libera che, dalla fronte, sbatte concitata contro il fianco. « Oddio. » Dice una volta. « Oddio, oddio, oddio. » Gira sui tacchi per ritrovarselo vis a vis. « "E' una questione di pericolo". Vuoi sposarmi per farmi avvalere della facoltà di..dai, come si chiama » scrolla l'altra mano, alla ricerca del nome esatto. « Di astensione dei prossimi congiunti? » E' palesemente in allarme ma cerca di rimanere concentrata sul presente per quanto i voli pindarici che la sua testa vorrebbero farle fare siano effettivamente altissimi. « Cazzo, che hai combinato? In che grado di pericolo ci troviamo? »
     
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    « Pericolo? Non sai nemmeno cos'è successo di preciso, di cosa stai parlando? Perché se è questione di pericolo, anche tu lo saresti. E se lo sei, vorrei essere lì con te, a guardarti le spalle.», Arthur non riesce a reprimere un moto di disagio. Corruga la fronte, si volta dal lato opposto. Guardare Karma negli occhi fa male: non può sostenere l'azzurro intenso di quelle iridi con la consapevolezza di mentire a spada tratta, o meglio, di omettere parte della verità. Le preclude di sapere, quando possibilmente questo potrebbe renderla in grado di attrezzarsi per difendersi. Continua a ripetersi che la allenerà lui, passandole tutte le conoscenze ed informazioni di cui avrà bisogno, ma non ha intenzione - non può, non potrebbe mai - di coinvolgerla in un'organizzazione pericolosa quanto quella dei Ribelli. «Proprio perché non so -», in parte, «- di cosa si tratta, ho bisogno di andare. Per scoprirlo.», e non posso permettermi che sia tu a guardare le mie spalle. Non posso rischiare tanto. Eppure Karma non cede, continua a pretendere di essere messa al corrente, per filo e per segno, dei presunti segreti che Arthur le tiene nascosti, del motivo del repentino cambio di programma, del perché l'abbia catapultata fuori dall'abitazione della sua amica per smaterializzarsi sull'uscio della porta della loro dimora londinese. Perché, perché, perché. Troppi perché. Infiniti perché. La curiosità di Karma ha sempre affascinato Arthur, ma adesso diventa un problema enorme da gestire. Si porta una mano ai capelli, il Corvonero, ascoltando distrattamente qualcosa circa "cellulari dimenticati da qualche parte" e il non aver salutato prima di andarsene. Se ne faranno una ragione. Da bravo lupo solitario, Arthur non se ne preoccupa affatto. L'unico suo pensiero, al momento, è come informare Karma senza informarla davvero. Come giustificare la propria scelta di tenerla all'oscuro della Ribellione senza nasconderglielo del tutto. Non è mai stato bravo a parlare a metà, pur essendo abile a rigirare frittate con le parole: a scapito del carattere calcolatore, ad Arthur non sono mai piaciute le bugie. Ha enormemente sofferto per quella raccontatagli da Karma, per l'appunto - anche se ora riesce a comprenderla meglio. Ora i due innamorati sventurati sono sulla stessa barca - peccato che remino in direzioni diametralmente opposte. « Cosa c'entra? Perché ritiri fuori ora questo discorso? », è così che la Grifondoro risponde, dopo aver ascoltato le parole di Arthur. Non ti ho detto tutto, e l'ho fatto per proteggerti. E' un concetto che fila perfettamente. «Perché ti ho volontariamente nascosto qualcosa. In parte perché ho le mani legate -», d'altro canto non possiamo cantare ai quattro venti della ripartenza dei Ribelli, «- in parte perché l'ho scelto io. C'è stata la possibilità -», di coinvolgerti. E' stata la tua amica a chiederlo. Tris ha rimesso parte della decisione a me, «- di informarti a riguardo. Ma non ho voluto. E spero che un giorno mi perdonerai per averlo fatto. Che capirai perché ho dovuto. E' come quella volta. Come quando hai dovuto nascondermi la tua malattia, convinta che fosse l'unica scelta possibile. L'hai percorsa perché hai cercato di proteggermi. Ed io sto facendo la stessa cosa adesso.», si interrompe soltanto perché gli viene posta una domanda accorata, da parte della giovane, circa il proprio stato di salute: « Cosa non sei pronto a dirmi? Sei malato? - E' questo? Sei malato Arthur? », scuote la testa, certo di poterla rassicurare - almeno su questo punto. « Che sta succedendo? Perché mi stai facendo questo? Io...io mi fido. Non dovresti nemmeno chiedermelo, cretino che non sei altro. », perché sei al contempo una delle armi migliori che i Ribelli potrebbero avere e l'unica che non posso concedere di sfruttare. Perché se avessimo dei figli, tu non li vorresti a combattere per la Ribellione - e per quella stessa "forma di amore" io non posso, né voglio, vederti sul campo di battaglia. Perché se fosse a parti inverse, cercheresti di proteggermi - l'hai già fatto in passato. Perché ti amo. Perché non posso perderti. Preferirei morire, piuttosto che avere le spalle coperte da te e rischiare che sia tu stessa a volgerle al nemico, col rischio che le trafigga. «So che non è facile da accettare. So perfettamente sia l'affermazione più pericolosa di tutte, quella che hai in mano. Perché ti sto dicendo che non ti rivelerò qualcosa, e questo ti farà male. Ci farà male.», porta lo sguardo verso il basso, verso il pavimento tirato a lucido come al solito. «Chiamami come vuoi. Egoista.», rincara la dose, alzando leggermente il tono di voce: «Stronzo. Bugiardo. Chiamami come vuoi.», il suo monologo arriva al culmine, prima di constatare e ribadire, ancora una volta, il proprio punto di vista. Potrà essere condivisibile o meno, ma riguarda il proprio sentire, le proprie emozioni, il proprio amore. Quando c'è in gioco l'amore, le persone tentano in ogni modo di preservarlo. Ed Arthur, senz'ombra di dubbio, sta facendo questo. «Chiamami come vuoi. Ma non dubitare di noi. Ho preso una scelta pensando a me, pensando a te, pensando a noi. Mi odierai per questo, ma non mi pentirò mai di averlo fatto. Di aver agito così.», di dover portare sulle spalle tutto da solo, di fare il doppio gioco con gli Auror e di attirare, consapevolmente, le antipatie di Inverness su di me. Di non averti informata di nulla per evitarti lo scontro, i duelli, il pericolo, il rischio: sarai ugualmente pronta. So di poterlo fare, di poterti allenare, di averne la capacità. So che possiamo farcela, che possiamo superare tutto questo. E' per la sua ferma convinzione, per la consapevolezza di amarla profondamente, per l'impulso di essere uniti che le chiede di sposarlo. « Non sei serio. No, veramente, non puoi esserlo. », in parte si aspettava quella reazione. Cerca di dissuaderla, facendo su e giù con la testa. Mostrandole la serietà della propria dichiarazione. «Non potrei esserlo più di così.», conferma. La vede lì, di fronte a sé, legata a lui dalle manette. Deve reprimere l'impulso di prenderla sul momento, di scostarle l'orlo della gonna e sentirsi avvolto dal suo calore. Di gustarne il sapore. E' un momento troppo importante per loro - e per quanto la sua pelle lo incanti, il suo profumo lo inebri e i suoi occhi lo catturino, deve rimanere concentrato, Arthur Weasley. « Perché vuoi sposarmi se poi mi tieni all'oscuro di cose? Non mi sembra il migliore dei presupposti. », viene ridestato dalle sue domande incalzanti, nonché costretto a camminare in giro per la casa, in attesa che lei macini chilometri su chilometri per concentrarsi. « Oddio, oddio, oddio. "E' una questione di pericolo". Vuoi sposarmi per farmi avvalere della facoltà di..dai, come si chiama - Di astensione dei prossimi congiunti? », rimane un attimo interdetto, Arthur. Anzi, a dir la verità si trova a dover trattenere le risate. Vorrebbe baciarla per avergli fatto vivere quel momento di tranquillità, eppure ha il sesto senso che non sia il caso. Perché la vede preoccupata, sul serio. «Non ho commesso alcuna forma di reato, se è quello che ti stai chiedendo. Non.. Non ti chiameranno a testimoniare. Da nessuna parte.», stende un mezzo sorriso, a conferma di quanto ha appena enunciato. E' adesso che viene il bello. Perché Karma porta avanti delle insicurezze in merito alla loro relazione - chi non lo farebbe, dopo esser stato informato che il proprio partner ha dei segreti che non è pronto a rivelare? - e chiede il motivo della proposta. Per Arthur, non potrebbe essere più semplice.
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    «Voglio sposarti perché ti amo. Lo sai. Non voglio perder tempo. Non so perché ho atteso finora. Davvero -», avremmo dovuto sposarci subito, «- non lo so.», intreccia le dita a quelle di lei, nella mano ammanettata alla sua. «Perché non scherzo quando dico che c'è un pericolo. Non so in che modo si manifesterà -», d'altro canto è vero: non sappiamo nulla a riguardo. Solo che c'è, «- non so cosa dovremo affrontare. So solo che non potrei attendere un attimo di più. Che voglio stare con te per il resto dei miei giorni. Che voglio sposarti al più presto possibile, perché potremmo..», non averne più occasione. Potrei morire. Potresti morire. Potremmo morire. «..Trovarci ad affrontare delle situazioni pericolose, come dicevo. Potrebbe essere difficile uscirne. Non voglio il rimpianto di non averti sposata prima.», si corregge subito dopo, perché in realtà non è così che vuole metterla. «Non fraintendermi, Karma. Non ti voglio sposare solo per non avere il rimpianto di non averlo fatto prima.», continua, per poi aggiungere: «Lo faccio perché so che è il momento. Perché ci siamo sempre amati, ma adesso ho capito che c'è qualcosa di ancora più profondo tra noi.», è quel senso di appartenenza. Quel senso di protezione. Quella consapevolezza che ci lanceremmo in mezzo alle fiamme pur di salvare l'altro. Ecco, questa è la forma di amore che va oltre la passione, che va oltre tutto. Oltre la morte, oltre la vita. Questo è l'amore che provo per te. «Ci..», si trova quasi impacciato a dirlo. Teme che anche questo possa essere frainteso. «apparteniamo.»
     
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    «[..] C'è stata la possibilità di informarti a riguardo. Ma non ho voluto. E spero che un giorno mi perdonerai per averlo fatto. Che capirai perché ho dovuto. E' come quella volta. Come quando hai dovuto nascondermi la tua malattia, convinta che fosse l'unica scelta possibile. L'hai percorsa perché hai cercato di proteggermi. Ed io sto facendo la stessa cosa adesso.» I lineamenti della mora si induriscono immediatamente nell'udire quelle parole e lo sguardo si tinge di striature rosse, chiaro segno che sta ribollendo dentro. Se potesse, la vampata di fuoco le uscirebbe dalla testa, facendola diventare il perfetto cosplay di Rabbia di Inside Out. « Oh certo, è tanto comodo ritirare fuori ora quello che ho fatto io per giustificarti. » Sbotta, con una risata che sa di sarcasmo. « Tanto comodo quanto sia proprio tu a giudicare che ciò che mi stai tenendo nascosto per il mio "bene" non può non virgolettare la parola, quasi a mo' di sfottò per l'assurdità di quella situazione «- è di pari livello a ciò che ho fatto io. Un po' tanto comodo, già. » Comodo quanto il fatto che ora mi capisci, no? Fino ad oggi magari non ti è andata nemmeno giù come ho gestito la cosa, magari ero solo una bambinetta immatura però non più. Ora, perché tu devi tenermi all'oscuro di qualcosa, ora sì che mi capisci. Per una come Karma, il non sapere è un qualcosa di inimmaginabile perché la fa sentire spaesata, impotente, inutile. E lei non si crogiola nei lunghi silenzi che già dicono molto, no, lei semplicemente deve dire, parlare, fare qualsiasi cosa, anche la più sbagliata come l'aggrapparsi alle parole, mettendosi a sindacare puntigliosamente su quanto lui non possa ergersi a giudice, non possa decidere anche per lei solo perché si sente giustificato grazie a ciò che lei ha fatto in passato. Solo perché io sono stata una testa di cazzo, ora tu mi punisci. «So che non è facile da accettare. So perfettamente sia l'affermazione più pericolosa di tutte, quella che hai in mano. Perché ti sto dicendo che non ti rivelerò qualcosa, e questo ti farà male. Ci farà male. Chiamami come vuoi. [..] Ho preso una scelta pensando a me, pensando a te, pensando a noi. Mi odierai per questo, ma non mi pentirò mai di averlo fatto. Di aver agito così. » Karma è semplicemente allibita, è palese nel suo non riuscire a calmarsi, con gli occhi grandi sgranati, come un cerbiatto che attraversa la strada e si ritrova i fari di una macchina puntati contro. Solo che qua la botta l'ho presa già, bella e buona. Perché il dolore lo sente, forte e chiaro. Lo sente spandersi dal centro del suo petto, serpeggiandole dentro. Le fa persino male guardarlo negli occhi tanto che è costretta a guardare altrove. Non capisce, sul momento, se le fa più male la sensazione di non aver minimamente controllo o quella che la fa sentire non solo ferita ma tradita da Arthur. Perché si fida, ci sono poche altre persone a questo mondo di cui si fida, ma lei non è pronta a ciò che lui le sta chiedendo di fare. Non sono così matura e ora te ne accorgerai. Ma non fa quello che Karma si aspetta, la sorprende con quanto di più lontano da loro in quel momento può immaginare. Cioè, mi dici una roba del genere e poi mi chiedi di sposarti? Che senso ha? Nessuno, non ha alcun senso per lei tutto ciò, tanto che per un attimo pensa di essere finita in quel programma babbano dove il malcapitato finisce in una candid camera e allora ricerca con gli occhi le telecamere nascoste in casa. Un tentativo che si vanifica comunque subito. «Non potrei esserlo più di così.» Come puoi esserlo davvero? E più ragiona più si preoccupa e passa dal pensare che lui sia gravemente malato all'essere in guai davvero seri. «Non ho commesso alcuna forma di reato, se è quello che ti stai chiedendo. Non.. Non ti chiameranno a testimoniare. Da nessuna parte.» Si accorge di sospirare, grata che anche su quel fronte sia tutto okay. Ed è solo allora che si rende conto di aver pensato tanto, probabilmente a tutto tranne che al fulcro della faccenda. L'oggetto. Il cosa Arthur ha deciso di tenerle nascosto. E si accorge di non riuscire a formulare alcuna ipotesi, non che sia plausibile perlomeno. Si sente allora atterrita, più confusa che mai mentre lo fissa con le labbra arricciate in una smorfia laterale. Si sente talmente incerta da dovergli chiedere perché vuole sposarla, ora, così, all'improvviso. Io non posso. Non a queste condizioni. «Voglio sposarti perché ti amo. Lo sai. Non voglio perder tempo. Non so perché ho atteso finora. Davvero non lo so.» Non crede di aver mai voluto sentire altre parole uscire dalla sua bocca. In quel momento le sono vitali, sono come balsamo per l'incredulità che prova, le carezzano il cuore in maniera quasi inaspettata. «Perché non scherzo quando dico che c'è un pericolo. Non so in che modo si manifesterà, non so cosa dovremo affrontare. So solo che non potrei attendere un attimo di più. Che voglio stare con te per il resto dei miei giorni. Che voglio sposarti al più presto possibile, perché potremmo..Trovarci ad affrontare delle situazioni pericolose, come dicevo. Potrebbe essere difficile uscirne. Non voglio il rimpianto di non averti sposata prima. Lo faccio perché so che è il momento. Perché ci siamo sempre amati, ma adesso ho capito che c'è qualcosa di ancora più profondo tra noi. Ci apparteniamo.» Non si accorge nemmeno qual è il momento preciso, qual è la parola che rompe gli argini e fa sì che le lacrime cadano lente e calde lungo le guance, senza che lei le pulisca via. Non si accorge nemmeno che, d'istinto, ha avuto il bisogno di stringergli forte le mani, come a volerlo sentire veramente, per accertarsi che fosse tutto reale. Perché ciò che lui le dice la spaventa, forse non riesce nemmeno a rendersi conto bene di ciò che le viene davvero raccontato, eppure la spaventa per la grandezza di ciò che testimonia e si rivela essere estremamente vero anche nel suo cuore. Lei, in fondo, si è sempre immaginata come sua, fantasticando di poterlo amare, un giorno, così come nei suoi sogni di ragazzini già faceva. E la proposta, cielo, l'aveva architettata così bene nella sua testa tanto da averla trascritta in uno dei suoi tanti diari segreti per far sì che rimasse lì, intrappolata tra le maglie di quel foglio di carta, congelata nel tempo. Lì dove sarebbe stata perfetta anche se non si fosse avverata nel futuro. Ma ora eccola lì la sua proposta, che non ha niente a che fare con quella che, una bella sera di Novembre, Peter aveva deciso di leggere a tutti i commensali salendo su una seggiola - dalla quale, una Karma rossa come un peperone dopo aver capito che cosa stesse leggendo, l'aveva fatto cadere sfilandogliela da sotto i piedi, procurando al fratello una bellissima cicatrice da vero macho in faccia. Deglutisce con forza quando si rende conto di dover dire qualcosa. Non è di certo da lei non avere parole, non avere niente sulla punta della lingua che le sembri giusto e appropriato al momento. Di una cosa però si accorge subito: c'è stato un cambio nel suo cuore, una coperta è stata lanciata sopra le fiamme, l'incendio è ormai spento. E il cuore ora batte ancora veloce, è vero ma questa volta perché è in tumulto. Alla fine gli lascia andare le mani e si avvia verso la borsa, lì dove recupera la bacchetta e scioglie così l'incanto delle manette. Rotea il polso per scioglierlo dall'intorpidimento e poi fissa Arthur, a qualche passo di distanza da lei. « Io ti amo. » Prende a dirgli mentre finalmente lo raggiunge, le mani che gli risalgono le braccia prima di stringerlo a sé in un abbraccio, con il viso che si infila nell'incavo del suo collo. « Ti amo così tanto da non riuscire a trovare le parole per quantificartelo davvero. » Sospira contro la sua pelle, lasciando che il naso vi sfreghi contro prima di depositarvi un bacio. Si stacca poi, giusto quel tanto che la porta a fissarlo. « Sono cambiate tante cose da quando scrivevo di te nei miei diari, ma questo mai. » Ormai non si vergogna più a parlare della se stessa tredicenne così infatuata del principino Weasley che, come nelle migliori tragedie adolescenziali, non se la filava di striscio. « Oddio, diciamo che è decisamente maturato, questo sì. » Si corregge poi con un sorriso che va, via via, illuminando il resto del viso arrivando infine agli occhi. « Sì. » Sussurra poi, facendo fatica a udirsi. « Voglio sposarti e passare il resto della vita che mi rimane con te. » Prosegue fissandolo per poi fare su e giù con la testa. « Sei sempre stato tu e nessun altro e per quanto ciò che mi hai detto, che non puoi dirmi, mi spaventi a morte, mi spaventa di più il lasciar vincere la mia paura. » Perché l'aveva già fatta vincere una volta, con Lily. La paura di non capirci niente, di non sapere, di non avere il pieno controllo di sé. Ha fatto vincere l'orgoglio di non volersi far vedere nell'atto di leccarsi le ferite profonde inferte
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    da una persona che aveva il pieno potere su di lei perché l'amava terribilmente. Ora, come non mai, le è evidente. Devo rimediare. « Siamo qui e non ci serve nient'altro. » Attualizza i tempi verbali della scritta fatta sul ponte di Brooklyn, quel lontano 25 Dicembre. Si avventa sulle sue labbra senza preavviso, famelica, mentre le dita prendono a slacciargli la camicia con altrettanta impazienza. « Mi sposeresti anche ora? » Sussurra tra un bacio e l'altro, con il fiato spezzato dalle risate. « Perché io scenderei anche adesso in strada, alla ricerca del municipio più vicino, ancora aperto. » Inarca le sopracciglia, divertita, mentre si slaccia il top che lascia cadere a terra. « Sia mai che il pericolo ci colga proprio ora. » Continua, aspettando qualche istante prima di roteare gli occhi verso il soffitto. « Ho accettato di lavorare sul resto - compito non semplice per me, lo sai - ma devi almeno concedermi il poterci scherzare sopra. » Sbuffa fuori una risata con fare complice prima di riprenderlo a baciare. « Lo farei, veramente, però non credo sia giusto togliermi tutto il divertimento di sentirti tutto impacciato nel dirlo a tutti. » Lo prende in giro, bonariamente, mentre passa le braccia sopra le sue spalle. « E godermi la faccia di tua nonna. Chissà, magari mi darà anche il suo vestito da sposa. » Scoppia a ridere nell'immaginarsi con un vestito di decadi passate. Magari, con un'aggiusta qua e là. Ma tanto non ci sarebbe mai il problema, figurati se farebbe mai una mossa del genere. Scuote la testa per poi spingerlo verso il divano. « Però, anche se voglio togliermi queste piccole e innocenti soddisfazioni, non voglio una cosa in grande. » Continua sedendoglisi per un istante di fianco, fermandone qualsiasi mossa che possa spingersi oltre. Non ancora. « Una cosa privata, che ci rappresenti entrambi. » E so che tu non vorresti una flotta di gente ed è giusto così, un qualcosa di intimo, che ci appartenga nello stesso modo in cui io sono tua e tu sei mio. « Arthur.. » si ferma dal baciarlo per guardarlo ora con una dolcezza disarmante, che trapela dal suo sguardo. « Non vedo l'ora di cominciare questo nuovo capitolo della nostra vita. » L'eccitazione le brilla negli occhi così come le fa vibrare la voce. E c'è anche tanto non detto in quelle parole sussurrate mentre le dita gli carezzano il volto. Perché in quelle parole ammette tutto, anche la fiducia che ha in lui, che rimette al suo giudizio, per il nostro bene, gliel'ha detto lui stesso. Mi fido a tal punto di te che metto da parte tutte le mie paure. Ti amo a tal punto non posso fare altro che questo. « Però sei cosciente del fatto che avremo il nostro primo ballo, con tanto di prove e prove nei giorni precedenti, vero? » E scoppia a ridere mentre si trascina sopra le sue gambe per baciare quello che, ora può dirlo davvero, sarà il suo futuro marito.
     
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    « Oh certo, è tanto comodo ritirare fuori ora quello che ho fatto io per giustificarti. », rimane immobile, Arthur Weasley. Aveva previsto uno scambio del genere, e infatti è arrivato. Sarà difficile farsi perdonare questo. Ma al contempo, il Corvonero percepisce di non avere avuto altra scelta. Né, tanto meno, di averla voluta. Sta agendo nell'unico modo che gli riesce congeniale: proteggendo Karma da rischi inutili e, al contempo, promettendosi mentalmente che la allenerà lui stesso. Perché bendarle gli occhi e basta sarebbe controproducente - paradossalmente aumenterebbe il rischio che si faccia del male, trovandosi impreparata di fronte alla minaccia delle Logge che riprendono a calpestare il territorio inglese. Tuttavia, includerla nel progetto dei Ribelli vorrebbe dire metterla di fronte a ulteriori sacrifici e responsabilità. E questo, Arthur, semplicemente non vuole che accada a lei. Dal proprio egoistico punto di vista, è qualcosa che può evitare senza, per questo, farle perdere l'opportunità di imparare a difendersi. Quando, subito dopo, le propone di sposarlo - un colpo di scena del tutto inatteso, persino da se stesso - è con enorme forza di volontà che deve trattenere le lacrime, al cospetto di quelle di Karma. Avvicina la mano al suo viso. In questo movimento, costringe anche la Grifondoro a sollevarla, poiché ammanettate insieme. La scena gli fa sfuggire un sorriso. Sono così loro, in quel momento drammatico, romantico e divertente insieme, che non esiste al mondo vignetta più esaustiva a descriverli. Pochi istanti dopo, il magico intreccio viene sciolto. Le parole di Karma arrivano melliflue al petto di Arthur. « Io ti amo. Ti amo così tanto da non riuscire a trovare le parole per quantificartelo davvero. », rilassa i muscoli del volto, il Corvonero. La sua espressione muta rapidamente da corrucciata - che, in fondo, è quella che ha sempre - a serena. Sente di aver fatto la mossa giusta. Sente di non essersi controllato, per una volta, di aver agito seguendo le emozioni e nient'altro. Di non essersi lasciato imprigionare dai ragionamenti calcolati che una mente come la sua impone ad ogni contesto e situazione, ma di averli invece piegati ai dettami dell'unica forza in grado di sovrastarlo completamente. Quella dell'amore che prova per la futura moglie. « Sì. Voglio sposarti e passare il resto della vita che mi rimane con te. », se fino ad un istante fa non poteva neanche immaginare una svolta del genere, data la mezza litigata appena affrontata, ecco che adesso il preludio di un incubo si trasforma nella realizzazione di un sogno. Ha detto di sì. E' una promessa. « Sei sempre stato tu e nessun altro e per quanto ciò che mi hai detto, che non puoi dirmi, mi spaventi a morte, mi spaventa di più il lasciar vincere la mia paura. », la guarda fisso negli occhi, Arthur. La capisce. Può capirla. Può intuire perfettamente a cosa si stia riferendo, benché lei non gliene abbia fatto parola - o almeno, non una descrizione completa. Il tentativo di reclutamento di Lilac. Non ha il tempo di riflettere oltre, perché Karma si lancia sulle sue labbra e lui non pensa ad altro che a schiuderle, per aprirsi ad un nuovo intreccio con lei. La camicia è ormai un ricordo lontano sul pavimento del loro salotto arredato in stile moderno. « Mi sposeresti anche ora? Perché io scenderei anche adesso in strada, alla ricerca del municipio più vicino, ancora aperto. », lo sguardo di Arthur si posa voglioso sul seno di Karma. Lascia che si avvicini, le dita che iniziano a sganciare le fibbie dell'ultimo ostacolo. Finalmente è sua. Poggia le labbra al centro del suo petto, leccandola pericolosamente in prossimità del capezzolo. «Qui. E ora.», in realtà le avrebbe risposto di no - non le toglierebbe mai il privilegio di architettare tutto esattamente come lo desidera. Sposarla adesso farebbe venir meno le fantasticherie di una vita e, questo, Arthur non lo permetterebbe. Tuttavia, nel gioco stimolante che si attingono a fare, il Corvonero ha la precisa voglia di farla sentire desiderata nella stessa misura in cui effettivamente la desidera. Vuole farle comprendere quanto i loro corpi non possano stare distanti, quanto le movenze di lei lo streghino del tutto.
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    « Lo farei, veramente, però non credo sia giusto togliermi il divertimento di sentirti tutto impacciato nel dirlo a tutti. », per l'appunto - conferma Arthur, indirizzandole un'occhiata perentoria. « E godermi la faccia di tua nonna. Chissà, magari mi darà anche il suo vestito da sposa. », una risata si profila sulle labbra di Arthur Weasley, fino all'istante prima impegnate in una zona particolare. «Sono sicuro ne abbia la precisa intenzione, ma -», solleva un sopracciglio, portandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio. In quel gesto semplice, senza malizia, vi è anche la promessa che nonna Molly non farà alcun problema. Nonna Molly si adeguerà. Nonna Molly, con un po' di lavoro dietro, si innamorerà perdutamente di Karma - allo stesso modo di Arthur. «- che ne pensi se torniamo a noi, nel dirlo, la sua mano si sofferma all'altezza dell'inguine della Paciock, dopo aver percorso lentamente il profilo delle sue cosce... Prima di venire bloccato da lei. Arthur percepisce di non poter attendere molto, ma si costringe a farlo, pur non nascondendo uno sbuffo. Ti voglio. Qui ed ora, avevamo detto - glielo ricorda con gli occhi, uno sguardo infuocato che si fonde a quello di Karma. « Però, anche se voglio togliermi queste piccole e innocenti soddisfazioni, non voglio una cosa in grande. Una cosa privata, che ci rappresenti entrambi.», ed è in quel preciso istante che Arthur ha l'illuminazione. Dobbiamo sposarci in Francia. E' il loro simbolo, lo è sempre stato. Per di più, Arthur la conosce a menadito: ha vissuto lì per frequentare il corso di miglioramento finalizzato a raggiungere il titolo di Auror. Come se non bastasse, sa di poter contare sull'aiuto dei Delacour, che proprio in Francia l'hanno ospitato per anni. Sarebbe una cerimonia intima. E ci rappresenterebbe in pieno. Certo, i Weasley e i Paciock dovrebbero affrontare un viaggio vero e proprio, ma nulla che una Passaporta non possa risolvere. Zia Fleur ci aiuterà. « Arthur.. Non vedo l'ora di cominciare questo nuovo capitolo della nostra vita. », è incatenato dalle sue parole. E' incatenato dalla forma delle sue labbra, le più dolci e belle che possano esistere. E' anche incatenato dal suo sguardo pieno d'amore. «E' l'unica cosa che desidero.», lo afferma senza ulteriori giri. La verità nuda e cruda, servita senza fronzoli. « Però sei cosciente del fatto che avremo il nostro primo ballo, con tanto di prove e prove nei giorni precedenti, vero? », sospira, rivolgendole uno sguardo indagatore ed un sorriso sarcastico. Mi sembra giusto - riflette, per quanto sia letteralmente negato nel mondo del ballo e della danza. «Tanto quanto sei cosciente anche tu che, adesso, non si scappa.», e la indirizza lì, sulle proprie gambe. Si baciano. I battiti del cuore accelerano, scandendo il tempo che li separa da lì a... All'estate. Dev'essere d'estate.
     
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5 replies since 31/8/2021, 20:31   179 views
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