Devil’s Trill

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    the devil inside;

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    Un tavolo circolare accoglie la presenza di un gruppo ben fornito di persone dall'aspetto famigliare. L'inusuale aspetto lindo delle quattro mura diroccate del Tokyo fanno sentire Mia leggermente fuori posto. Un pesce fuor d'acqua, che di quel ristornate amava proprio la sciatta casualità con cui gli inesperti camerieri - probabilmente poco più che suoi coetanei - svolgevano ogni giorno il servizio. È il Tokyo, ma è come se non lo fosse; quelli sono i suoi amici, ma non lo sono affatto. E lei, Mia, è se stessa, ma non si sente affatto a proprio agio in quegli inediti panni. Il vestito di raso color panna le si appiccica alla pelle quando Raiden le accarezza morbidamente la schiena; l'aria afosa la porta a sventolarsi davanti al viso uno dei pregiati menu finemente decorati da complicatissimi ghirigori dorati. Per una volta sembra felice di mangiare nel piccolo ristornate di Hogsmeade, soprattutto quando, il cameriere con al seguito una lunga fila di cloche scintillanti, scoperchia dinanzi ai suoi occhi quello che lui stesso definisce la zuppa di Miso perfetta. « È una rivendicazione un po' pretenziosa. » Stiamo comunque parlando del Tokyo. Ma la conversazione passa comunque oltre tra disquisizioni sul governo di Norwena Zabini e le nuove imposte sul mercato di questo e quell'altro. Lei, Raiden, Jeff, Delilah e tutti gli altri. Persino Gabriela parla con vivido interesse delle ripercussioni sul mercato dovuto al lancio della telecomunicazione del mondo magico. Il che? Mia si sente come se fosse letteralmente piombata nel bel mezzo di una puntata di una sitcom degli anni '80. Una versione decisamente più inclusiva e seriosa, ma pur sempre una sitcom dal sapore vintage. Tutte quelle persone ben vestite, intente a scambiarsi sui grandi temi che affliggono il mondo magico, non hanno niente a che vedere con i suoi amici che si gettano in conversazioni qualunquiste, tempestate a intervalli regolari da battute vagamente offensive e commenti di cattivo gusto. Mia stacca la testa; all'interno di quel filone non ha nulla da dire. Non si sente come se non dovesse essere lì, né percepisce l'estremo ribaltamento di prospettiva delle solite scene gustate al Tokyo. Sente solo di non avere niente da dire, a differenza di Raiden che, non sembra aver voglia di chiudere la bocca anche solo per un istante. Parla ancora e ancora, lanciandosi in ipotesi che le suonano come aramaico antico. È come se sentisse uno speciale della radio. Ultima ora. L'ennesima inculata ha preso d'assalto un gruppo minoritario che si stava solo facendo i cazzi suoi. Il Ministero dei Parrucconi dichiara che volevano solo metterla in culo a qualcun altro. Così; perché non avevano nient'altro da fare. Restate con noi per il lavaggio del cervello completo. Linea al nostro inviato Scimunito. Poi qualcosa cambia. Alcuni musicisti si preparano ad accompagnare la cena degli altolocati commensali. E poi le prime note di una famigliare melodia melanconica si liberano nell'aria. Mia sgrana gli occhi. « Tutto bene? » Annuisce, seppur sembri piuttosto scossa. « No.. cioè si. È che.. » Corruga la fronte mentre giocherella distrattamente col cibo presente nel piatto di fronte a sé. Un altro sguardo alle persone che la circondano prima di iniziare a osservarne le crepe. Sono tutti così ben vestiti. Le ragazze indossano costosi gioielli e i ragazzi hanno un portamento estremamente signorile. Anche lei è addobbata a dovere. All'anello di fidanzamento si affianca un braccialetto tempestato da vistosi diamanti. L'immagine di lei, riflessa nella coppa argentata da cui ha precedentemente bevuto, ha un aspetto decisamente troppo rifinito. Indossa un rossetto scuro e unghie smaltate alla perfezione. Il cinturino dei sandali dal tacco vertiginoso sembra stringersi attorno alle caviglie fino a interromperne il flusso sanguino. « ..è che quello è Il Trillo del Diavolo. Ne ho preparato una versione per il saggio di danza di qualche anno fa. » Più di qualche anno fa, a dire il vero. « Lo so. » Rimase abbastanza perplessa, e infatti scoppiò a ridere con leggerezza. « Ah si certo.. tu sai proprio tutto. » Il giovane Yagami dal canto suo le dà un buffetto sulla spalla prima di stamparle un bacio sulla tempia, spostandosi infine a sussurrarle poche parole all'orecchio. « Ma no sciocchina.. io c'ero. Ricordi? » Sciocchina? Non le piace il modo accondiscendente in cui Raiden la tratta. Si sente come una bambina stupida che si è appena scordata un dettaglio fondamentale. Di colpo si allontana appena. « No che non c'eri. Avevo dieci anni. » S'impunta con convinzione, come se contraddire quel dato di fatto che pare naturale per tutti i presenti fosse una questione di vita e di morte. « Invece si. Forse hai dimenticato. Succede. Non sarebbe la prima volta. » « Raiden ma che cazzo stai dicendo? » A quel punto è spazientita, così tanto che neanche si accorge del fatto che i musicisti stanno via via velocizzando il ritmo della melodia, le persone attorno a lei si muovono a scatti e parlano letteralmente al contrario. « Amore, stai tranquilla. Ne parliamo un'altra volta, dai. » « No che non ne parliamo un'altra volta. Ne parliamo adesso. Guarda che non è affatto divertente. » Raiden sospira e scuote la testa. « Mia.. » Un vento gelido soffia tra le fronde del giardino estivo del Tokyo, eppure fa caldo. Caldo e freddo, contemporaneamente. Non sa neanche come sia possibile. Raiden dal canto suo le appare pacato come suo solito, nonostante sia evidente che stia assumendo quel tipico atteggiamento di quando è sul punto di perdere la pazienza. « Forse dovresti ricordare. » « Cosa.. » Sgrana gli occhi al mora, mentre lo osserva con impazienza e una dose si palese instabilità. Raiden le sussurra qualcosa all'orecchio, ma di colpo Mia viene completamente distratta dall'atmosfera che li circonda. È cambiato tutto. Il tavolo è deserto. Le pietanze appaiono come.. rancide e il caldo la porta a sudare. Il duetto non suona più, né vi sono camerieri vistosi in circolazione. Solo un ristorante vuoto, silenzioso. Inquietante. Fa paura. Fa davvero tanta paura. La solitudine. L'assenza di suono. L'assenza di parole. Solo allora inizia a capire, e colta in pieno dalla consapevolezza che quella non è la sua realtà, scuote la testa e si allontana, costringendosi a non guardarsi alle spalle. C'è qualcosa lì. Si avvicina. La sente.

    Ha lo stomaco sottosopra quando apre gli occhi. Si sente come se avesse passato le ultime ore in un obitorio in cui la temperatura sfiora i quaranta gradi. Si lascia tentare da un pensiero sbilenco: pensa se il Lockdown capitava d'estate. E se faceva caldo? Scuote appena la testa mentre ricerca una posizione più composta. Si è addormentata sul libro di diritto, mentre cercava di studiare le prime nozioni spiegate durante la prima settimana del corso. Nel mentre, oltre le ampie vetrate della biblioteca, le tenebre hanno ormai inghiottito la tenuta del castello. Ancora una volta ha combinato troppo poco. « Ahia! » Mentre si massaggia il collo leggermente indolenzito, la voce di lei rimbomba tra le imponenti librerie di quercia. « Ahi! Che male.. » Convinta di essere ormai l'unica persona rimasta in libreria, controlla velocemente l'orologio e alza gli occhi al cielo. È quasi l'ora di cena. Fortunatamente sa già che Raiden resterà a lavorare fino a tardi. Così, consapevole del fatto che a casa non c'è nulla, gli propone un piano alternativo. Prende velocemente un pezzo di pergamena, vi scrive poche righe, per poi piegarlo a mo di aeroplano e spedirlo dall'altra parte del castello, nel campus, là dove si trova l'ufficio del giovane professor Yagami. Per un istante proporgli di andare a mangiare al Tokyo le viene quasi naturale. Poi si corregge. L'Hound Dog è decisamente meglio. Per un attimo resta a pensarci su, per poi sgranare gli occhi e scuotere la testa. Osserva la traiettoria dell'aeroplanino che svolazza oltre l'entrata della biblioteca prima di sbuffare iniziando a rimettere apposto le proprie cose.
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    Si perde nei suoi stessi pensieri, Mia, mentre tenta ancora di destarsi dallo strano sogno che ha appena fatto. Sono una serie di rumori improvvisi provenienti da un angolo remoto della biblioteca a portarla ad aizzare le orecchie. « Ehi! C'è qualcuno? » La sua voce rimbomba ancora una volta tra i corridoi vuoti senza ricevere alcuna risposta. Di scatto rabbrividisce. Una leggera corrente d'aria gelida colpisce la sua nuca. Si renderà conto solo in seguito che una delle finestre più in alto è rimasta aperta. « Oh! Chi c'è? » Ancora nessuna risposta. Impugna quindi la bacchetta e afferrata la tracolla si muove con passi lenti e leggeri verso la fonte di quello che piano piano diventa un vero e proprio bacano fatto di urla e fruscio di pagine. Provenie da un'area in fondo alla biblioteca. Un luogo altro che Mia non ha mai avuto l'occasione di vedere con i suoi occhi. Il Reparto Proibito. Analogamente al resto della biblioteca, quell'ala profuma di libri antichi e polvere. La temperatura è leggermente più bassa all'ambiente da cui proviene. Con la bacchetta sollevata di fronte al volto, procede cautamente, consapevole del fatto che i molesti rumori si sono interrotti. Conta i corridoi, si guarda a destra e a sinistra e poi procede. Finché alla sua destra quasi va a sbattere contro una figura dall'aspetto sobrio che per poco non le fa prendere un colpo. Sgrana gli occhi e fa un improvviso scatto all'indietro sollevando ulteriormente la bacchetta, prima di accorgersi che lei, quel giovane lo conosce. « MA SEI FUORI DI TESTA? » Alza la voce più del dovuto, forse perché ha bisogno di liberare l'improvvisa tensione accumulata tutta d'un fiato. Certo che è Eliphas? Chi mi aspettavo! A quel punto, non lo sapeva neanche lei. Forse si era lasciata scuotere un po' troppo dalla paranoia. « Certo che potevi rispondere! Ho chiesto venti volte se c'era qualcuno. » Scuote la testa con fare esasperato, nonostante l'evidente sollievo che sta provando nel rendersi conto che si tratta di un volto amico. Di scatto raggiunge la bottiglietta d'acqua nella tracolla e si scolla il restante del contenuto mentre lo osserva con fare ancora contrariato. Prende un altro lungo sospiro e quando sente di essersi calmata, prende finalmente a guardarsi intorno. Accidenti! Sono veramente nel Reparto Poribito. Che figata. « Stavo andando via e ho sentito.. cose. Cioè non proprio andando via. Dovrei andare a cena tra un'ora circa.. però insomma hai capito, stavo perdendo un po' di tempo. » Fa una leggera pausa tempo cui sospira. « Non che ne abbia perso poco oggi. Ho appoggiato la testa sul libro un secondo. La prossima cosa che so è che se ne sono già andati tutti. Boh è proprio una cosa da me, accidenti! Un secondo e sto già indietro! È proprio come il pisolino pomeridiano. Chiudi gli occhi per due minuti e poi bam - coma farmacologico per quattro ore di fila. » Scocca la lingua contro il palato e dà una veloce occhiata all'ambiente che circonda il giovane bibliotecario. Infine stira un sorriso improvviso stringendosi nelle spalle. « Va.. tutto bene? » A giudicare dalle urla di prima direi proprio di no. « Cristo santo cos'erano quelle urla? Sembrava.. » Un girone infernale. Ma forse è meglio non scherzarci troppo sopra di questi tempi. « ..un rave. » Già. Di scatto abbassa lo sguardo e incrocia le braccia al petto. « Ma tipo.. hai da fare? Mezzo che vorrei chiederti una cosa. Ok forse due.. » Si inumidisce le labbra passandosi una mano tra i capelli. « .. un paio. Va beh non importa. È ancora valida quella offerta di aiuto? In generale dico.. anche al di là di quella cosa.. tu-sai-quale. » Quella delle regole ecco. « Insomma.. vorrei chiederti delle cose vista la tua.. cultura su certa roba.. vale mezzo anche per quello? Oppure offri consulenze solo ai piani alti? »


     
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