Parasite

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    Scegliere il posto in cui incontrarsi con Max non era stato poi tanto semplice. In altri tempi, le avrebbe chiesto di vedersi nei sotterranei, lì dove la radio a cui entrambi partecipavano aveva sede; ma ormai nessuno dei due ne faceva più parte, e anche solo informarsi sugli orari in cui avrebbero potuto trovare libera la sala di registrazione poteva far sollevare più di una domanda. Invitarla a casa propria era forse la cosa più ovvia, ma non escludeva il rischio di un incontro-scontro con Maeve - cosa che Derek voleva assolutamente evitare per non creare disagi e lasciare alle due il modo di risolvere tra loro le proprie faccende. A quel punto il campo si era ristretto di default: escludendo tutti i luoghi affollati e quelli più appartati ma decisamente loschi, le scelte a disposizione nel raggio del campus erano ben poche. Così, quando le aveva mandato un gufo per chiederle di incontrarsi, le aveva dato appuntamento sotto il monumento dei caduti nel parco della liberazione, forte del fatto che i primi freddi avrebbero dissuaso la maggior parte degli studenti dal farsi una passeggiata all'aria aperta. E poi il parco era grande: si faceva presto a vedere se qualcuno fosse abbastanza vicino da origliare. E non si può mai essere troppo cauti, specialmente su certi argomenti, e a maggior ragione in seguito alle nuove regole istituite da Bauldry col benestare del Ministero della Magia. In maniera totalmente fredda e distaccata, Derek quelle regole le capiva: erano una risposta logica alle mosse politiche di Inverness. Però con gli altri abbiamo optato per una linea diversa, e dunque queste regole, allo stato attuale, ci sono di intralcio. Perché se la situazione fosse stata diversa, il giovane Hamilton sarebbe probabilmente stato il primo a sostenerle. Ma la situazione, diversa non lo era.
    Si strinse nel trench, portandosi le mani alle labbra per soffiarvi sopra un po' di aria calda prima di sfregarle tra loro e ripetere. La gioia degli spazi aperti in Scozia: a volte, persino nei primissimi giorni d'autunno, il vento sapeva penetrare sotto le ossa anche a dispetto della sua flebile apparenza. Bastava che ti fermassi un attimo e potevi sentirlo, l'insinuarsi di quel freddo sotto gli abiti. E lì, seduto sotto un monumento costruito in onore di quei compagni che una volta avevano condiviso i corridoi con lui, il freddo sembrava quanto mai crudele. Abbassò lo sguardo sui propri piedi, strisciando la suola di una scarpa sul terreno fino a creare un piccolo ma deciso solco. Quanti giovani cadaveri erano seppelliti sotto quel suolo? Ce n'era qualcuno anche lì, qualche metro più in basso rispetto alle sue scarpe laccate? Forse. O forse stava qualche metro più in là. Per un istante, il pensiero lo costrinse a chiudere gli occhi, mentre alla sua memoria tornavano i flash di quei cadaveri ammassati l'uno sull'altro, degli studenti più grandi che si chiedevano cosa farne, e del profondo senso di impotenza che ti invadeva nel chiederti se saresti stato il prossimo.. o forse l'ultimo. Lui lì dentro non sarebbe mai sopravvissuto da solo; erano stati i compagni più grandi del Clavis a tenerlo in vita, anche a costo di atti poco condivisibili. Sopravvivere, per uno come Derek, aveva sempre significato qualcosa di più astratto: qualcosa che gli era stato insegnato dai suoi genitori e dalla società che lo aveva nutrito. Nel lockdown, però, aveva sperimentato cosa significasse davvero, sopravvivere. Hai bisogno degli altri, per farlo. La gente vive in società per questo: perché da soli siamo deboli - siamo prede. In numero, invece, siamo predatori. Ciò che ci ha portato a capirlo è l'adattamento. L'uomo domina sul mondo non perché sia l'animale più intelligente o più forte, ma perché è quello che sa adattarsi meglio. Come i parassiti. Per quanto giovane, questo il Serpeverde lo aveva capito: che la sopravvivenza degli uomini e delle società che costruivano era strettamente legata a una logica che li vedeva come reciprocamente parassitari.
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    Sollevò il capo quando sentì dei passi sostenuti farsi vicini, stendendo un sorriso di saluto in direzione di Max prima di alzarsi in piedi. « Ehy! Come va? Ti stai trovando bene con le prime lezioni? » Una domanda circostanziale piuttosto ovvia, dato che le aveva chiesto di vedersi proprio dopo la fine delle lezioni della giornata, così da poter parlare in tranquillità senza dover correre coi tempi stretti da una parte all'altra del campus. Le fece quindi cenno col capo in direzione del selciato, affondando le mani nelle tasche del trench. « Ti va di farci un giro? A stare fermi si sente più freddo. » E non è proprio un discorso da fare mentre si battono i denti. Impostando un passo tranquillo, cominciò quindi a farle strada, rimanendo al suo fianco in quella passeggiata senza meta alcuna. Dopo qualche istante di silenzio, tirò un sospiro, umettandosi le labbra prima di prendere a parlare, stando attento a tener basso il tono di voce. « Non voglio farti perdere tempo.. o pensare che sia qui per fare da ambasciatore tra te e Maeve. O te e Savannah. » Glielo aveva già detto al banchetto: non era quella la sua intenzione, né tanto meno vedeva come lui tra tutti potesse aiutare in quel senso. In linea generale aveva capito quale fosse stato il punto di rottura tra le due parti, ma essendo coinvolto solo in maniera marginale poteva fare ben poco. « Voglio però puntualizzare una cosa: l'idea di aggiungere Mia al vostro gruppo è venuta da me. » lo disse senza troppo sentimento o pesantezza, lanciando semplicemente uno sguardo alla mora per studiarne la reazione. D'altronde, non vedeva perché avrebbe dovuto nascondere un simile dettaglio: le proprie motivazioni le aveva avute, e di certo non aveva obbligato nessuno a seguire quel suo consiglio. Ciò che aveva fatto era piuttosto banale, in realtà: dare uno spunto, lasciando poi la decisione di coglierlo e l'eventuale esecuzione di esso in mano alle altre due coinvolte - Maeve e Mia, quindi. « Se vorrai sapere i dettagli della questione, chiedimeli pure e te li darò. Ma il punto è un altro. » E dilungarmi troppo sui battibecchi con la Wallace mi interessa davvero poco a meno che non serva per dar contesto. « Ci ha detto che voleva essere messa in contatto col resto del gruppo. La conclusione che traggo da tutta questa situazione, è che in quella chat non abbia mai scritto o che non vi abbia contattate in seguito al nostro incontro. » Si strinse nelle spalle. Scelte. « Fatto sta che aveva proposto di allenarci. E noi abbiamo accettato. » Pausa. « Ma la cosa non è mai partita, e per un po' ho pensato pure che volesse solo farci un brutto scherzo. Però i conti non tornavano. » Si arrestò per qualche istante, estraendo dalla tasca il pacchetto di sigarette e mettendosene una in bilico tra le labbra, offrendo poi a Max di favorire. Una volta accesa, sbuffò una piccola nuvola di fumo, riprendendo poi a camminare. « Torno indietro al rave del trentuno Agosto scorso. È lì che è iniziata... » Con quella premessa, Derek proseguì a raccontarle più o meno per filo e per segno tutto ciò che ricordava di quella sera, senza risparmiare dettagli sui nomi dei presenti e su ciò che avevano fatto, quanto meno nei limiti di ciò che riusciva a riprendere dalla propria memoria. L'unico elemento che decise di omettere, fu il morso che il proprio doppio gli aveva lasciato. « Non eravamo in tanti. Quindi per un po' è stato naturale credere che qualcuno ci avesse rifilato una qualche pozione, giocandoci un brutto tiro. Non avevamo nemmeno contatti con Inverness. Insomma: non succedeva nulla, nessuno ci aveva più detto nulla, e quindi siamo andati avanti con le nostre vite. Poi è arrivato Marzo, e Mia ci ha cercati dicendoci quelle cose dopo averci praticamente evitati per mesi. » Si voltò a guardarla. « La situazione è cambiata - sue testuali parole. » Sospirò, scalciando un sassolino sul selciato mentre prendeva un altro tiro dalla sigaretta. « Quanto e come non lo so. So solo ciò che dicono sui giornali. Ciò che Inverness e i loro hanno fatto. » E nulla mi può garantire che tutto ciò non sia un piano per prendere più potere. Sarebbe davvero così assurdo e impensabile? « Però.. se c'è anche solo una remota possibilità che le Logge stiano davvero tornando, io non voglio prenderla sottogamba. » Si fermò, voltandosi questa volta totalmente in direzione di Max per guardarla bene in viso in modo da comunica con più efficacia le parole successive. « Sarò onesto, Max. Io non credo che questa volta ci sarà qualcuno disposto a proteggerci. Quindi dobbiamo farlo da soli. E non è semplice quando nessuno si fida di noi, né da un lato né dall'altro. » Siamo soli, attualmente. E la gente sola, muore. « Chi ha proposto di addestrarci - e intendo chi sta dietro a Mia - sa bene che noi abbiamo bisogno di loro, ma non il contrario. E questo ci indebolisce ulteriormente. » Fece una pausa, prendendo un tiro veloce di nicotina e sbuffandolo via, lasciando che la nuvoletta si disfacesse velocemente nel vento. « Farai le tue considerazioni e se vorrai ne parlerai anche con chi ritieni di fiducia, ma se devo dare la mia: in questo momento la cosa più saggia sarebbe rimanere compatti.. e farci addestrare. »


     
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    La proposta di parlare di Derek le è risultata oltremodo sospetta, salvo poi essere accompagnata dal dichiarato intento di non fare l'ambasciatore per conto di Maeve. Beh, allora già si può ragionare meglio così. Il pallino fisso di quella chiacchierata l'ha accompagnata nelle svariate occasioni in cui l'ansia opprimente l'ha fatta cadere in quei minuti di blackout mentale durante i momenti più impensabili delle sue giornate. Perché Max è una di quelle persone a cui non le si può semplicemente dire "Ti devo parlare di una cosa. Però non ora" perché la sua mente si fa enormi film mentali, pensieri astratti che le complicano l'esistenza e la riempie, inevitabilmente, di ansia. Cazzo, dimmela ora, che ti costa? Perché mi devi mandare in pappa il cervello così? E più quel pallino ha fatto capolino tra i suoi pensieri, più lei ha sentito il bisogno di stilare una lista del perché dovrebbe voler parlare proprio con lei. Le sembra di essere tornata a quasi due anni prima, quando c'era l'angoscia generale di dover parlare quanto prima con Savannah di quella scopata di una notte. Ma ormai quella è andata. Ora rimangono soltanto la questione Maeve, ma dice che non è lei il fulcro. Allora vuole fare il portabandiera di Saw? Probabile. In fondo era presente anche lui quando le si è avvicinata al banchetto e non ha di certo fatto nulla per non renderlo partecipe del suo saluto dalle tinte sarcastiche. Ma per quanto speri che non si metta a fare da inutile paciere, sa altrettanto bene che Derek non è effettivamente una persona che si intromette in maniera tanto netta. Non è il suo stile e di certo nessuna delle due sarà andata a lamentarsi da lui, strappandosi i capelli e piangendo a dirotto per la situazione. No, deve essere qualcos'altro. Pensa, pensa talmente tanto che le sembra di sentire il rumore stridente dell'affaticamento del suo cervello, in evidente sovraccarico. E' forse per questo che, prima di giungere al luogo dell'incontro scelto dal moro, ha fatto una capatina da Starbucks per prendersi un tè. Perché nella sua testa, un tè deteinato è quello che serve per calmare i nervi. E per scaldarsi un minimo, senti che freschetto, porca troia. Più cammina, più beve, tanto che arriva al limitare della statua centrale del parco che il contenitore è ormai quasi vuoto. Me la farò addosso, è sicuro. Saluta Derek con un'alzata di sopracciglia e un sorriso che, colto da un perfetto sconosciuto, potrebbe sembrare decisamente asettico, a tratti perfido. « Ehy! Come va? Ti stai trovando bene con le prime lezioni? » Per un istante, si incanta nel fissare il monumento alle sue spalle e rabbrividisce per i ricordi che si porta dietro. Non è un caso se, solitamente, fa di tutto pur di non dover passare proprio nel parco. « Bene sì. Ho scoperto di non saper scrivere, avrò vita lunga nel giornalismo. » Alza le spalle in maniera palesemente scherzosa. In fondo, per quanto mai avrebbe creduto di iscriversi a quella facoltà - o ancora più in generale, al college - si sta trovando bene. E' decisamente tutto nelle sue corde, più di quanto avrebbe mai creduto ed è, proprio per questo, una sorpresa continua, ogni giorno. Mi sto conoscendo. E' strano pensarlo, se rapportato il tutto ad un semplice corso universitario. « No, vabbè, in realtà tutto procede sorprendentemente bene. Forse dovevo dar retta prima a chi diceva che l'università è diversa, che ti fa prendere a bene proprio perché studi solo quello che ti piace. » Inarca le sopracciglia con fare eloquente, allungandosi appena verso il cestino più vicino per buttare il cartone ormai vuoto. « Invece come vanno gli studi del futuro della politica magica inglese? » Lo punzecchia, rilassandosi un po', è vero, ma senza dimenticarsi che lui deve parlarle. E parla su, poi ci facciamo anche le treccine parlandoci cuore a cuore. Però dopo. Capisce che si sta effettivamente muovendo verso il fulcro dell'incontro quando le propone di fare due passi e lei annuisce frettolosamente, con sollievo nello spostarsi da sotto quel monumento a cui non rivolge più nemmeno uno sguardo. « Non voglio farti perdere tempo.. o pensare che sia qui per fare da ambasciatore tra te e Maeve. O te e Savannah. » Un sorriso sbarazzino fa capolino sulle sue labbra, a camuffare la sfumatura di imbarazzo che prova nel sentire quella puntualizzazione. « Sembra proprio che io sia una persona a cui piaccia molto litigare. » Commenta gonfiando appena le guance nel lanciargli un'occhiata di traverso. « Voglio però puntualizzare una cosa: l'idea di aggiungere Mia al vostro gruppo è venuta da me. » E quindi? Un'espressione, poco colpita da quella precisazione, compare sul suo volto dal colorito sempre più pallido, con l'abbronzatura ormai persa. « E con ciò? Immagino che pure a Maeve sia stato impartito il caro vecchio insegnamento di pensare con la propria testa. Sai quella storia del "Se gli altri ti dicono di buttarti dentro un pozzo, tu che fai? Ti butti?" » Arriccia le labbra in una smorfia. « Solitamente è un discorso che si affronta in tenera età. » Pausa. « Oltretutto non è stata nemmeno l'idea il problema, ma le modalità piuttosto ombrose d'attuazione. » E ora sorride, un chiaro segnale che, per lei, è decisamente conclusa quella parentesi. Arringa poco convincente, Hamilton. Hai fatto bene a scartare Magisprudenza. « [..] Fatto sta che aveva proposto di allenarci. E noi abbiamo accettato. » Allenamento. Torna quella parola, già sentita nel discorso che le ha fatto Mia a Portland. Allenamento off records. Una proposta fatta sulla base della fiducia. Max, se questo fosse possibile, è più confusa di prima. Non riesce a rimettere insieme i pezzi frammentati che i due le hanno posto di fronte agli occhi. « Ma la cosa non è mai partita, e per un po' ho pensato pure che volesse solo farci un brutto scherzo. Però i conti non tornavano. » Accetta la sigaretta più per zittire l'ansia e la confusione che per altro. « Derek, perdonami, ma non ci sto capendo un cazzo. Allenarsi per cosa esattamente? » « Torno indietro al rave del trentuno Agosto scorso. È lì che è iniziata... » E mentre lui parla, Max ha come l'impressione che tutto avrebbe dovuto fare tranne fargli quella domanda. Perché più le parole "Loggia", "demogorgoni", "lycan e sin eater" si susseguono nel suo racconto, più il senso d'oppressione, provato fino a quel momento all'altezza del petto, si espande, dandole l'impressione di respirare a fatica. Tenta in tutti i modi di non darlo a vedere, mentre fuma e cerca quasi di non ascoltarlo. Perché non vuole sentire, no, vuole solo coprire le orecchie, urlare per sovrastare la sua voce e scappare via. No, non è vero. E' uno scherzo, non ancora, no. Fuma e si concentra sul respiro per abbassare il battito sempre più galoppante ad ogni "Loggia Nera" che il moro infila nel discorso. Perché è stato uno dei periodi più bui della vita di Max, non solo per il contesto, ma anche per come l'ha vissuto, nella completa assenza iniziale, nella foga di tirarsi la qualunque, di annebbiarsi con le scorte che aveva ma che, lentamente, erano andate esaurendosi, portandola ad un paio di episodi violenti di astinenza nei momenti meno indicati. Smettila, ti prego Derek, smettila. « Non eravamo in tanti. Quindi per un po' è stato naturale credere che qualcuno ci avesse rifilato una qualche pozione, giocandoci un brutto tiro. Non avevamo nemmeno contatti con Inverness. Insomma: non succedeva nulla, nessuno ci aveva più detto nulla, e quindi siamo andati avanti con le nostre vite. Poi è arrivato Marzo, e Mia ci ha cercati dicendoci quelle cose dopo averci praticamente evitati per mesi. La situazione è cambiata - sue testuali parole. Quanto e come non lo so. So solo ciò che dicono sui giornali. Ciò che Inverness e i loro hanno fatto. » Non si è nemmeno accorta di essersi fermata, lo fa soltanto quando Derek si volta a guardarla e lei è lì, con la sigaretta in bocca, gli occhi spalancati e le mani affondate nelle tasche del cappotto rosso. Fai qualcosa, dì qualcosa, non fare la stupida. Lui continua a parlare e lei sembra ascoltarlo, ma in verità capta una parola ogni tanto. Proteggerci. Da soli. Bisogno. Indebolirci. Fiducia. Compatti. Addestrarci. Alla fine, succede tutto in un attimo, prima una poderosa vampata di caldo la coglie sprovvista, poi un senso di nausea sempre più forte la schiaffeggia in pieno volto e, prima di capirci qualcosa, ha sputato via la sigaretta, si è piegata in avanti, con le mani a stringersi le ginocchia, per ricacciare fuori anche l'anima. Sente il sudore freddo scenderle lungo la schiena e imperlarle la fronte mentre la testa si alleggerisce sempre di più, man mano che si
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    riprende, e torna ad essere vagamente lucida. « Scusa, io.. » non sa nemmeno come proseguire, imbarazzata a morte mentre tira fuori la bacchetta dalla borsa per pulire a terra e successivamente un fazzoletto per la bocca. Gli dà le spalle mentre sente il bisogno di poggiarsi contro la corteccia dell'albero più vicino, sentendo le gambe improvvisamente deboli. Passano istanti di silenzio tombale, in cui Max si guarda la punta tartan dei suoi stivali, trovandoli estremamente interessanti, tanto che vorrebbe intavolarci sopra una discussione con Derek, sulla nuova tendenza per il plaid di quell'autunno/inverno. Parlerebbe volentieri di qualsiasi altra cosa, persino di sua madre piuttosto di ciò di cui l'ha resa partecipe. Almeno però, sei l'unico che l'ha fatto. « Sai, pensavo che il comportamento con Mia fosse stato solo da stronza -» rialza lo sguardo verso di lui e fissa gli occhi blu in quelli di lui «- ma alla luce di ciò, non è stato altro che da cretini patentati. » Scuote la testa, ripetutamente. « Non avete detto un cazzo all'inizio, okay, potevate pensare che fosse uno scherzo -» ma comunque perché non parlarne con le sue cazzo di migliori amiche? Mi sono preoccupata per giorni per come cazzo stava «- ma poi, una persona viene, ne sa evidentemente più di voi e voi che fate, da geni veri? La prendete per il culo. Perché, cito testualmente, Maeve ci ha detto di "stare al gioco". » Si mordicchia il labbro inferiore, cominciando a sentire i primi brividi di freddo, con il livello di adrenalina che prende a scendere. « Che gran gioco del cazzo vista l'importanza del topic primario, se si dovesse verificare. Ah ah, che ridere, mi sto davvero sganasciando. » Si stringe nel cappotto guardando altrove. « Però ti sei ricordato di me, almeno tu. Da Marzo sono passati sei mesi e mezzo, ma ehi, meglio tardi che mai no? Grazie, davvero. » Stira un sorriso sarcastico, di pura circostanza, prima di tornare alla sua solita faccia neutra. « Chi altri lo sa? » Se ne esce poi, ad occhi serrati, mentre una vocina in testa continua una continua atta a convincerla che non sta succedendo davvero. Che in realtà è tutto uno scherzo e non c'è alcuna Loggia pronta a riaprirsi. Anche Mia si sbaglia, le cose non sono minimamente cambiate. « ..Savannah? » La voce si incrina nell'incertezza che le provoca fargli quella domanda, con la paura di avere la risposta che non vorrebbe avere. Perché vorrebbe dire che pure a lei non è fregato un cazzo di avvertire me e Nana.

     
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    Quando Max gettò via la sigaretta e si piegò in avanti, gli occhi di Derek si sgranarono improvvisamente, fissandola con un misto di preoccupazione e stordimento. Doveva farsi avanti per aiutarla? Era meglio rimanersene a distanza di sicurezza e non toglierle aria? Non lo sapeva. In quelle situazioni, il giovane Hamilton non sapeva mai cosa fosse più indicato fare. Tuttavia decise di optare per la seconda opzione, semplicemente perché non ne sapeva abbastanza, e nel caso in cui Max fosse nel pieno di un attacco di panico sarebbe risultato decisamente controproducente starle troppo addosso. « Max.. tutto a posto? Vuoi che andiamo a sederci? Ci sta una panchina qui vicino. » Azzardò incerto, facendo un passo avanti nella sua direzione senza tuttavia permettersi di toccarla. « Scusa, io.. » Scosse il capo, sebbene lei non lo stesse guardando, come a suggerirle che non aveva nulla di cui scusarsi. Derek e Max, un po' come chiunque altro, avevano cercato di dimenticare. Ciò che gli era successo qualche anno prima, durante un periodo della loro vita così sensibile e indifeso, non era qualcosa che si potesse facilmente cancellare. Spesso e volentieri, dietro i sorrisi loro e dei loro coetanei, era quasi evidente quell'apatia - quel voler a tutti i costi chiudere in un angolo della propria mente il dolore, la paura e il trauma che ancora portavano addosso. Cicatrici invisibili che mai sarebbero guarite. Non si mostravano ad occhio nudo, ma c'erano - erano lì, sempre presenti, sempre in agguato. Per la maggior parte del tempo ti dimenticavi persino di averle, e poi all'improvviso veniva rievocate da un suono, da un'ombra sul muro, da un posto vuoto in classe, da una frase non terminata. La loro generazione viveva in un perenne sospeso, in una realtà falsata che ostentava normalità in maniera ossessiva e patologica. Erano tornati indietro a ciò che erano stati un tempo, impuntandosi ad essere sempre gli stessi quando era chiaro che non lo fossero più. Il vero problema, almeno per Derek, era l'ignoranza di chi lui fosse adesso, e di quale fosse il suo posto all'interno di un mondo che gli sfuggiva come fumo tra le dita ogni giorno di più. Chi fosse, lui non aveva mai avuto il tempo o gli strumenti per scoprirlo; aveva solo saputo chi dovesse essere, e lo aveva dato per buono, adeguandosi a ricalcare quell'immagine che gli era stata fornita. Ma ora che quell'immagine non serviva più a nulla? Ora che non aveva più alcun significato? Evitava di pensarci, in primis perché mettersi di fronte a quel vuoto gli creava nel petto la più attanagliante forma di paura. « Sai, pensavo che il comportamento con Mia fosse stato solo da stronza - ma alla luce di ciò, non è stato altro che da cretini patentati. » Affondò le mani nelle tasche, alzando lo sguardo al cielo e tirando un profondo sospiro prima di scuotere stancamente il capo. « Non avete detto un cazzo all'inizio, okay, potevate pensare che fosse uno scherzo - ma poi, una persona viene, ne sa evidentemente più di voi e voi che fate, da geni veri? La prendete per il culo. Perché, cito testualmente, Maeve ci ha detto di "stare al gioco". Che gran gioco del cazzo vista l'importanza del topic primario, se si dovesse verificare. Ah ah, che ridere, mi sto davvero sganasciando. » Era evidente che fosse infastidito da quelle parole, in primo luogo perché Max parlava dalla posizione di chi si era ritrovato di fronte a tutta quella faccenda una volta dipanata. Ed è facile. È estremamente facile dire "potevate fare di meglio" quando si guarda da bordo campo. Un po' come quei tipi che vanno alle partite di Quidditch e sembra che siano tutti quanti allenatori professionisti.
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    « Però ti sei ricordato di me, almeno tu. Da Marzo sono passati sei mesi e mezzo, ma ehi, meglio tardi che mai no? Grazie, davvero. Chi altri lo sa? ..Savannah? » Scosse il capo con veemenza, ignorando inizialmente quella domanda sotto l'ondata di frustrazione che sentiva in seguito a tutto ciò che Max aveva detto prima di rivolgergliela. « Non c'eri, Max. Col senno del poi siamo tutti bravi a dire cosa fosse o non fosse opportuno fare. Ma non c'eri. Che dovevamo pensare? Che dovevamo fare? È sbucata fuori dal nulla dopo mesi, venendo a infastidirci di proposito e a prenderci per il culo senza alcuna ragione. » E su questo, Derek era fermissimo. Da quando si conoscevano, non aveva dato alcun motivo a Mia Wallace per trattarlo con condiscendenza. Le interessava personalmente di lei? No, ma dubitava fortemente che a lei invece interessasse di lui. Si erano sempre trattati in maniera civile e gentile, e poi di colpo la concasata aveva scelto di cambiare rotta e sparare giudizi tirando il sasso e nascondendo la mano. « Onestamente, Max.. che cazzo le abbiamo mai fatto? Eri con noi alla radio. Eri con noi anche a Capodanno. Nessuno le ha mai rotto le palle. Mi fa anche un po' ridere che venga a recriminarci falsità, quando è chiaro come la luce del sole che abbia preso al balzo una situazione di emergenza per il gusto infantile di trattarci a minchia - ripeto, senza motivo! Perché, eh, Max? Lo vuoi sapere? Te lo dico io. Perché eravamo semplicemente i target migliori per sfogare le sue insicurezze. E il senso di tutto questo teatrino inizia e finisce con il suo ego. » Diede voce a quei pensieri con tono stizzito, senza trattenersi dal dire esattamente cosa pensava e cosa sapeva per certo essere vero. Era oggettivo che lo fosse. Quali altri motivi aveva Mia per riservargli quel trattamento? Sapeva di essergli necessaria e quindi sfruttava quella consapevolezza fino all'ultima goccia, sfogando frustrazioni che a ben vedere non avevano nulla a che fare con loro nello specifico. « Quindi fammi almeno questo piacere. Dimmi pure che siamo stati due coglioni a prendere il rischio sottogamba, ma non mi far passare Mia Wallace come se fosse Martin Luther King, perché una che arriva, ti tratta di merda dal nulla e poi ti fa capire in maniera molto sottile che o abbozzi o ti lascia morire non è proprio nella posizione di essere eretta a martire. » Si frugò le tasche con nervosismo, estraendo nuovamente il pacchetto di sigarette per prenderne un'altra e infilarsela tra le labbra, accendendola con un colpo di bacchetta. Rimase per qualche istante in silenzio, la fronte aggrottata a rimuginare su quelle cose che si era portato dentro abbastanza a lungo e che ora le aveva praticamente rigurgitato addosso. Poi le scoccò un'occhiata, indicandola con le dita che tenevano in bilico la sigaretta. « Siamo onesti almeno tra di noi. La merda che siamo disposti a mangiarci la accettiamo solo perché adesso sappiamo di non poterne fare a meno. Ma non ci credo neanche per un secondo che al posto mio, senza il senno del poi, avresti mostrato l'altra guancia. » Nessuno che non sia intrinsecamente uno zerbino lo avrebbe fatto. Prese un tiro nervoso di sigaretta, passandosi le mani tra i folti ricci prima di scuotere il capo. « Comunque.. per ora lo sanno soltanto Savannah e il fratello di Maeve. Non so se ne abbiano parlato con altri nel frattempo, ma credo abbiano capito quanta cautela richieda la situazione. » Insomma, non era proprio una situazione che poteva essere gridata ai quattro venti. Innanzitutto perché con le nuove regole avrebbero potuto creare seri danni, e poi perché se pure la gente gli avesse creduto, si sarebbe scatenato il panico collettivo. Prese quindi un lungo sospiro, puntando lo sguardo in quello di Max con più calma e serietà, mentre le rivolgeva un cenno del mento per interrogarla. « Tu cosa suggerisci di fare? »




     
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2 replies since 2/11/2021, 02:14   82 views
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