You melt my ice

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    «Allora?», un sorriso divertito si dipinge sulle labbra di Domiziana. Gli occhi azzurro ghiaccio brillano d'intesa. «Com'è finita con Charlotte? Che ti ha detto la sera del banchetto? Non ne abbiamo parlato più.», domanda, sinceramente curiosa. A tratti persino gelosa della considerazione che Max ha rivolto alla principessa - ma non vuol fargliene una colpa, Domiziana. Il giornalismo nel mondo della moda è sempre stato il sogno della Serpeverde, e lei non ha assolutamente intenzione di ostacolarlo. Se per raggiungerlo bisogna venerare Charlotte Windsor, bene, lo faranno entrambe. Il fine giustifica i mezzi. Abbandona il cappotto di velluto - è ormai Ottobre inoltrato, la temperatura è passata da frizzante a gelata - su una poltroncina nell'ingresso del loft di Max. Prepara due bicchieri d'acqua in cucina - beve il proprio sino alla fine. Scioglie i capelli dalla coda di cavallo e inizia a lavare via il trucco, creando due grossi aloni nerastri sulle palpebre inferiori, frutto dei residui della spessa linea di eye-liner e delle innumerevoli passate di mascara sulle ciglia.
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    «Max?», domanda poi, accorgendosi di non esser stata seguita. Sarà di là - riflette, e una volta conclusa l'opera si avvia a cercarla, il cuore che accelera i battiti precipitosamente. Ne scorge la figura di fronte alla finestra. Sospiro di sollievo. «Max, cosa st...», nota i suoi occhi prossimi alle lacrime. La percepisce vuota. E' estremamente pallida, come se avesse appena subito un calo di pressione. «MAX!», urla, concitata. Si avvicina a lei, pronta a sorreggerla qualora svenisse o altro. Max! Max! Sono qui!, cerca di abbassare ogni tipo di difesa mentale, con l'obiettivo di concederne a Max l'accesso per rassicurarla. Sono qui. Guardami. Max. Sono qui. Le prende le spalle con le mani. La costringe a sollevare il mento alla stessa altezza del proprio. Adesso si stanno guardando. «Max. E' tutto ok. Ci sono io. Ci sono io. Sono con te, ripete lo stesso discorso all'infinito, quasi come se cambiando forma possa assumere un significato nuovo, diverso. «Siediti.», la accompagna al divanetto vicino alla finestra, lo stesso al quale lega ricordi tanto oscuri quanto incantevoli. «Non hai bevuto niente.», le porge il bicchiere d'acqua che ha riempito poc'anzi, assumendo un'espressione perentoria a significare che non accetterà che non lo beva. Deve introdurlo tutto, fino alla fine. Quella stronza di Charlotte. Chissà cosa ha combinato. Chissà che enorme cazzata avrà sparato durante il corso. Giuro che se ce l'ha con Max è la fine. Inizia a ipotizzare cosa possa aver spinto Max a ridursi in quello stato. L'unica opzione che le viene in mente è quella di Charlotte, o forse potrebbe esserci lo zampino del teatro greco messo in scena da Maeve, Mia - e mettiamoci pure Savannah, a questo punto. «E' per le Mean? Per la storia di Maeve e Mia? - C'entra anche Derek, per caso? -», il tono di voce si fa via via più concitato: «- mi dicevi che ti ha chiesto di parlare.», aggiunge. Infine, fissa Max negli occhi. «Sai che puoi dirmi tutto, vero?», domanda, addolcendo lo sguardo e sfiorandole il mento con le dita. Le rivolge la più tenera delle carezze - per quanto possa essere così considerato il contatto umano con la regina del ghiaccio. Ghiaccio che comunque, al cospetto di Max, si è sempre e solo sciolto.


    Edited by amor‚ I’m a reckless - 24/11/2021, 20:11
     
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    «Allora? Com'è finita con Charlotte? Che ti ha detto la sera del banchetto? Non ne abbiamo parlato più.» Charlotte, chi è Charlotte? Non la capisce, è come se in quel momento Domiziana stesse parlando in un'altra lingua che Max non conosce minimamente tanto si sente fuori dal mondo in quel momento. Come un'automa, è riuscita a raggiungerla per tornare verso casa dopo aver incontrato Derek e non sa nemmeno come faccia ancora a reggersi in piedi senza crollare malamente a terra non appena varcata la porta d'ingresso del loft. Domiziana si muove nella casa com'è ormai abituata a fare ogni qualvolta rientrano la sera. La sente aprire il rubinetto dell'acqua mentre lei rimane ferma in mezzo al salone con ancora addosso sia la borsa che il cappotto. Abbassa lo sguardo verso le punte delle scarpe e in un attimo si ricorda di averci quasi vomitato sopra appena giusto..quanto? Mezz'ora? Un'ora prima? Capisce di essersi nuovamente estraniata dal mondo reale tanto da non sapere minimamente quanto tempo sia passato. O che ora siano. Un'improvvisa e nuova ondata di nausea le risale l'esofago e si ritrova a portarsi in avanti, di fretta verso la grande finestra che dà sulla piccola Hogsmeade che si appresta a prepararsi alla notte, con le lucine che si accendono un po' ovunque, nascenti come funghi e il fumo dei camini che volteggia verso il cielo. Comincia a sentire freddo. No. Fa caldo e quindi si spoglia, lasciando cadere a terra borsa, sciarpa e cappotto, ma poi sente nuovamente freddo. Sente distintamente una goccia di sudore percorrerle la schiena da parte a parte mentre crede di stare per vomitare nuovamente. Così si gira, di colpo, pronta a correre in bagno ma la gira improvvisamente la testa e allora è costretta a doversi reggere al divano per non crollare a terra. «MAX!» Scuote la testa, come a voler dissimulare il fatto che ci sia qualcosa che non vada. Tutto okay, lo vorrebbe dire ma la morsa d'ansia, che l'ha presa completamente, sta cercando di trascinarla giù, nella voragine oscura dei suoi pensieri spaventosi. Ha davanti agli occhi chiari flash continui, di quei giorni. Solo e soltanto flash, tra una dose di eroina e l'altra, tra una sniffata di coca e l'altra, tra una crisi d'astinenza e l'altra. Sente le mani di Domiziana intorno a sé e spalanca gli occhi, terrorizzati e velati da lacrime di cui si accorge soltanto ora. Il Platano Picchiatore che corre impazzito dietro di lei. Max! Max! Sono qui! Il bagno dei Prefetti che si allaga, lentamente, chiudendola dentro a doppia mandata. Sono qui. Guardami. Max. Sono qui. Lei che si perde nei Sotterranei, inseguita dal Minotauro. I pensieri di Nana si fondono al turbinio di paura che Max ha in testa, la stessa che si stringe tra le mani prima che la bionda la costringa a guardarla. «Max. E' tutto ok. Ci sono io. Ci sono io. Sono con te Sbarra gli occhi e scuote la testa. «Siediti.» Si lascia guidare da lei mentre tenta disperatamente di rallentare il proprio battito cardiaco, ormai talmente tamburellante da sentirselo in gola, nelle orecchie, ovunque. Smettila.
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    «Non hai bevuto niente.» Non voglio bere. Eppure lo prende, il bicchiere e prova a portarselo alla bocca per farle piacere ma la mano trema e l'acqua le bagna i collant. « Dopo. » Gracchia allora. Lo agguanta anche con entrambe le mani e le incastra entrambe tra le ginocchia, per non vederle tremare ancora. «E' per le Mean? Per la storia di Maeve e Mia? - C'entra anche Derek, per caso? Mi dicevi che ti ha chiesto di parlare. Sai che puoi dirmi tutto, vero?» Io non sto bene, lo sai, ho un problema, proprio qui, dentro la testa. C'è una parte di sé, una grande parte, che vorrebbe semplicemente ignorare tutto ciò che le ha detto Derek, fingere che sia soltanto uno dei suoi attacchi. Forse ci sono ricaduta. Forse ho dimenticato di prendere lo stabilizzatore dell'umore stamattina. Sì. Anzi no, ho dimenticato l'antipsicotico ieri sera. Che stupida che sono. E quando rialza lo sguardo dalle proprie mani è quella bugia che è pronta a raccontarle, quella che a lei conviene, che le rende il tutto più accettabile perché parlarne vuol dire renderlo reale, tangibile. Dannatamente vero, cazzo. « Derek l'ho visto.. -» quando? «- qualche ora fa. » Approssima con la voce rotta dal fiatone. « Voleva parlarmi del rave di un anno e mezzo fa. Te lo ricordi? » Domanda stupidamente, come se volesse davvero una risposta che conosce già. La cosa forse più assurda è l'apatia che ha negli occhi nel ripensare a quel rave, l'inizio di tutto. Il nostro inizio, non di quella merda. Cazzo, è tutto rovinato. Anche il ricordo, ora, le appare distorto, deformato e imbruttito dal tassello che vi ha aggiunto Derek. « Non credo sarei in grado di edulcorare la cosa nemmeno in condizioni più stabili di queste, quindi perdonami. » Apre così i rubinetti, buttandole addosso tutte le informazioni che ricorda del racconto di Derek. Lui, Maeve, c'era anche Mia e qualcun altro sicuramente, sono stati attaccati, era la Loggia, stavano per morire, per questo Mia è stata messa nel gruppo, voleva aiutarci allenandoci. E' sconnesso il suo resoconto, ha momenti in cui deve riprendere fiato e ha la voce rotta dalla paura. « Lo sa anche Savannah. E mi ha resa partecipe di tutto Derek, che ironia. » Conclude così, questa volta decisamente più risoluta. Nei suoi occhi c'è la palese freddezza che si rispecchia in quella di Nana, indurita dalla consapevolezza che due delle sue migliori amiche hanno preferito rimanere in silenzio. Una stabilendo di fare il Dio della situazione con Mia, decidendo deliberatamente lei per tutto il gruppo. Che poi, dopo Mia, quante cazzo di occasioni hai avuto per spiegarti? Per spiegarci qualcosa? L'altra decidendo deliberatamente di non dire loro niente. Ora capisco la comunella con Maeve. Ma cazzo, parliamo di una questione di vita e di morte e non dite niente. Nessuna delle due. Ma nonostante il sentirsi terribilmente ferita dal comportamento di entrambe, i loro nomi nella sua testa non durano nemmeno un battito di ciglia mentre appoggia a terra il bicchiere e si volta completamente verso Domiziana. Gli occhi che si riempiono nuovamente di lacrime mentre storce le labbra, consapevole di essere sempre stata lei la parte più vulnerabile della coppia. Sono così dannatamente debole. « Io non so nemmeno come sono sopravvissuta a quella roba. » Non me lo ricordo, letteralmente. Di certo non è così stupida da pensare che non sia stato se non per merito degli altri. « Non ero in me quasi tutto il tempo, a volte ringrazio il cielo perché non ho alcun ricordo vero, solido. Ma il pensiero di doverci avere a che fare ora..lucidamente...pensavo di non volertelo raccontare perché non ne voglio nemmeno sentir parlare. » Sto messa così male. Scuote la testa mentre le lacrime cominciano a scorrere copiosamente sul suo volto sempre più pallido. Ed è proprio in quel momento che ha un'epifania: non hai mai parlato veramente con nessuno delle Logge. Al suo terapista ha raccontato del Lockdown, è vero, delle sue crisi, della sua smania per un'altra dose che le facesse dimenticare ciò che aveva intorno..ma di quel ciò, letteralmente, non ha mai parlato. Nemmeno menzionato. Come se il solo pronunciarlo potesse rievocarlo lì, reale di fronte ai propri occhi. E ora, per colpa di questa conversazione, è tutto decisamente troppo per me. « Non ce la posso fare, so che non posso farlo. » Si morde le labbra per non dire le parole che per lei sono la loro naturale evoluzione. Se devo affrontare di nuovo questa cosa, veramente, preferisco ammazzarmi ora. « Io..io.. » prende a scuotere la testa, alzando le mani, agitandole come se non riuscisse a cogliere proprio quella parola di cui ha bisogno per continuare. « Io non sono te. » Tu l'hai affrontata una volta, mi avrai salvato non so quante volte lì dentro. Hai fatto il lavoro sporco per entrambe e io dovrei ricambiare ora. Dovrei esserci al 100% per te ma sono solo una fottuta egoista e codarda, non c'è niente da fare. « Lo so che dovrei dirti che lo faremo insieme, io e te contro il mondo, ma questa volta è diverso. Mi conosco, conosco i miei limiti, so che non posso superarli. » E' fisicamente impossibile. Si stringe nelle spalle mentre si sente sprofondare, perché Domiziana odia la debolezza. E io non sono nient'altro che questo. E quindi ha la voce strozzata dal dolore che la pervade in ogni fibra del corpo. « Io ho paura. »


     
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    Non capisce, Domiziana. Cosa le ha detto? Cosa ha fatto? - è convinta sia colpa di Derek. Non può che essere così. L'ha distrutta. La vede soffrire sotto ai propri occhi ed è impotente, Domiziana. Non può assolutamente far nulla. L'unica cosa che riesce a pensare è che vorrebbe avvolgere le dita al collo di Hamilton, stringerlo con quanta più forza sia in grado di esercitare, e fargli pagare qualunque pena meriti. Perché è assolutamente certa la meriti. L'hai distrutta. L'hai distrutta, cazzo. Ti rovino. Ti rovino, Hamilton, ci muoio piuttosto, ma ti rovino. Con le mie mani. Ha gli occhi di fuoco, Domiziana. Sta già per prendere la bacchetta, sta già per recarsi alla porta del loft così da smaterializzarsi all'inseguimento di Derek, mossa da un unico punto fisso, assillante: cosa cazzo le hai detto? - quando... « Voleva parlarmi del rave di un anno e mezzo fa. Te lo ricordi? », si blocca, Domiziana. Come potrebbe scordarlo? Avrebbe voluto uccidere un'altra persona in quella situazione - il minore dei Paciock -, ma tutto sommato ne conserva un bel ricordo. Un meraviglioso ricordo. E' stato l'inizio della nostra storia. Frastagliato, certo - estremamente frastagliato -, ma pur sempre un inizio. Indelebile come il tatuaggio che ora hanno entrambe sulla pelle. « Non credo sarei in grado di edulcorare la cosa nemmeno in condizioni più stabili di queste, quindi perdonami. » «Cosa? Cosa c'è da edulcorare?», sbotta Nana, impaziente. Le dita si conficcano nel palmo della mano, all'unisono con quelle di Max che cozzano tra le ginocchia. Sta tremando. «Cosa..», è un attimo, e subito dopo viene a conoscenza di tutto. Spalanca gli occhi. Non riesce a crederlo. Non riesce ad immaginarlo. Nella sua testa, non è una cosa materialmente possibile. Credeva fosse un ricordo lontano, Domiziana. Adesso le viene sbattuto in faccia come la più banale delle verità. «Savannah sapeva.. cosa?», in che senso "Savannah sapeva"? - si interroga, letteralmente sconvolta. Chi altro sapeva... Come... Cosa... - è visibilmente confusa, Domiziana. Si porta la mano alla fronte, ravvia i capelli. E' senza parole. Come potrebbe averne? E soprattutto: come potrebbe averne di fronte alla palpabile sofferenza di Max? E' dilaniante. E' come se il cuore le stesse scoppiando. Preferirebbe soffrire lei, sì - sarebbe più semplice. Sarebbe più semplice stendersi sul pavimento lei stessa, piangere, provare dolore. Preferirebbe bruciare. Ma non riesce a guardare questo spettacolo, quasi non riesce a respirare. Non Max. « Non ce la posso fare, so che non posso farlo. », è questa la frase che distrugge Domiziana. No. Questo no. « Io non sono te. », vorrebbe ringhiare. Urlarle che non è vero. Anzi, che è vero. E' verissimo. Perché tu sei meglio di me. Non lo fa, tuttavia: colpirla in un momento del genere non le pare il caso. A mente lucida. Non adesso. Adesso devono pensare a come agire, e devono letteralmente farlo in fretta. Abbiamo perso sin troppo tempo, si rende conto con amarezza. Ci hanno fatto perdere tempo. Loro. Sono state loro. - realizza con rabbia, con tutto l'odio che è in grado di provare. «Non te lo permetterò, Max.», risponde, dura nello sguardo, e al contempo terribilmente vulnerabile. Sai benissimo che non lo farò. Lascia che la Serpeverde la legga a fondo, in quella fusione di emozioni che ormai è la loro principale modalità di comunicazione. «Non possiamo arrenderci.», lo dice a voce alta, così da convincersene lei stessa. «Non abbiamo alternativa, Max. Ho paura quanto te, cazzo. Ho una paura folle.», e sai benissimo anche questo. Ora che la legge dentro, Max ha persino contezza della fonte della paura di Domiziana. E' una paura doppia. Della Loggia, certo, del male puro, dei mostri che ne verranno fuori e che le inseguiranno per cibarsi del loro sangue. Delle loro anime. Ma non è solo questo, per Domiziana. C'è l'incubo delle tentazioni della Loggia stessa a tormentarla. Sono marcia dentro, Max. Sono il male anch'io. Non sono meglio di quei mostri. Come puoi lontanamente pensare che sia meglio di te? - l'oscurità la terrorizza e al contempo esercita una forza magnetica su di lei. Ho paura di farne parte. Di fondermi alla Loggia. Di cedere. Ho paura di me. «Saremo io e te contro il mondo.», la guarda, mettendosi in ginocchio di fronte a lei. Poggia le mani sulle sue. «Di nuovo. E' così che deve andare.», fissa gli occhi azzurro ghiaccio sul tormento dell'unica persona al mondo da lei amata. Perché se sono capace di amare è grazie a te. Questo è indiscutibile. La vita di Domiziana avrebbe avuto un unico destino, altrimenti: un'unica direzione. E' stata Max a cambiarla. Solo tu mi puoi salvare. «Ma questa volta abbiamo un vantaggio, Max. Anche se ci hanno tagliate fuori, noi abbiamo un vantaggio.», allunga la mano verso il suo mento, così da fissare un contatto diretto coi suoi occhi. Guardami, Max. Noi ce la faremo. Ce la dobbiamo fare, ancora una volta. «Non saremo così sole come pensi. Forse..», non sono più sola com'ero prima. Invero, c'è qualcuno per cui vale la pena lottare. Con cui vale la pena lottare. C'è suo padre. E' distante, ma tornerà. Tornerà. Combatterà. Saremo una squadra, lo siamo sempre stati. C'è Barbara. Anche lei mi ha salvata. Come te, Max. Mi avete salvata. Da questi legami non si fugge, capisci Max? Sono più forti del sangue. Noi ci proteggeremo a vicenda. Ne verremo fuori. Non importa come. Lo faremo e basta. L'abbiamo già fatto. Continua a ripeterselo, Domiziana, poiché dirlo tante volte la aiuta a fissarlo in modo indelebile nella propria testa. «Verrai con me.», le dice soltanto, ben sapendo che comprenderà il luogo senza bisogno che lo dica a parole. Può leggerle dentro. E' l'unica che può farlo.
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    Abbiamo un vantaggio, ti dicevo. C'è stata un'avvisaglia - la Loggia ha colpito, ma non l'ha fatto duramente. Ha svelato le proprie carte. Ci ha dato il tempo di prepararci. Non sappiamo che margine ci è stato concesso, la situazione potrebbe precipitare da un momento all'altro, ma è sempre meglio rispetto a quando è scoppiato tutto all'improvviso. Si mette a sedere accanto a lei, sul divano, cingendole le spalle col braccio. Dirige il volto di Max verso il proprio. Sono fronte contro fronte. Ci alleneremo. Insieme a Bobbie - tu verrai con me, è chiaro? Siamo una squadra, Max. Quando tu cadi, io ti sorreggo. E so perfettamente valga anche al contrario. Non mi lasceresti mai in mezzo al nulla, Max. Non mi lasceresti mai in mezzo alla Morte che la Loggia promette. Reagisci. Reagiamo insieme. «Fidati.», bisbiglia, per rendere ancora più forte il concetto che le ha espresso mentalmente. «Hanno combinato un casino, Max, ma noi ne usciremo lo stesso. Hai capito?», la scuote - non nel senso letterale del termine, solo a parole. Vuole farle intendere che non importa come, non importa cosa ci vorrà: loro ce la faranno lo stesso. «Una delle armi migliori della Loggia Nera è la capacità di creare odio.», quanto lo sappiamo bene, questo.. «Di dividere. Ma noi saremo superiori. Ci hanno tagliate fuori - non lo dimenticherò mai.», la fiducia si costruisce a fatica e si frantuma nel giro di pochi istanti. Non potrò mai più vederle allo stesso modo. «Ma noi saremo superiori.», ci guarderemo sempre le spalle a vicenda, perché potrebbero pugnalarci come hanno appena fatto. Ma saremo superiori. Se avranno bisogno di aiuto, non lo negheremo. Sarebbe soltanto il gioco della Loggia. «Se ci sarà da collaborare, lo faremo. Per noi e per nessun altro. Per la nostra sopravvivenza. Faremo quel che è necessario.», ma a parte questo, per me Maeve e Savannah non sono più nessuno. Sono qualcuno che una volta conoscevo e che adesso non riconosco più.

     
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