Same Soul

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    "Si dice che il dolore serva a renderci più forti, a farci apprezzare ciò che di positivo ci sia nella vita; o che, addirittura, il dolore stesso abbia qualcosa di bello, se non di poetico associato alla paura." Chiunque avesse formulato un pensiero del genere, mai come in quella serata, apparve folle agli occhi della giovane Cousland. Non c'era nulla di poetico, nel dolore. Niente di vagamente utile da imparare, dalla paura. Senza che Maeve lo volesse, l'immagine dell'uomo che l'aveva appena devastata, le apparve ancora nella mente. Coi capelli umidi di pioggia che le incorniciavano il viso, prese un respiro profondo, allontanando per l'ennesima volta quello sguardo freddo e glaciale dai propri ricordi. Dopo aver lasciato Stornoway insieme a Caél, la Corvonero aveva dovuto ripetere un'infinità di volte al fratello che stesse bene, prima che il biondo la lasciasse tornare finalmente a quella che reputava a tutti gli effetti casa sua. Pur nelle condizioni in cui si trovava, turbata emotivamente quanto distrutta sul piano fisico, non avrebbe tollerato d'essere trattata con paternalismo neanche da lui. Diretta verso la sua villetta, Maeve stava percorrendo a piedi l'ultimo pezzo di strada, quando delle prime goccioline di pioggia avevano iniziato a caderle lungo il collo. Non se ne accorse nemmeno, in un primo momento, troppo occupata com'era a tirarsi fuori da quella condizione d'apatia nella quale era ripiombata. « Non sono tenuto a raccontarti i miei accordi con gli esponenti del Progetto Minerva. Ma è bene che tu abbia ben in mente un concetto: un Cousland fa sempre il suo Dovere. E tu non sarai da meno. Tu continuerai a comportarti in modo ineccepibile. Tu parteciperai a tutti i progetti indetti dal Preside Bauldry. Tu brillerai con gli insegnanti di Magisprudenza. Tu continuerai ad interessarti di politica e a mostrarti contenta di questo nuovo panorama culturale e delle opportunità che offre. Tu sorriderai ai giornalisti e ti dichiarerai entusiasta di far parte di questa realtà. E adesso rinfreschiamoci la memoria. E constatiamo quanto il dolore, Maeve, non abbia efficacia su di te.» Le parole intimidatorie di Coriolanus continuavano a rimbalzarle nella mente, come delle palline impazzite capaci di farle peggiorare l'emicrania. La testa le martellava ancora, ma fece del suo meglio per non badare al dolore, che continuava a ripresentarsi in maniera del tutto casuale mentre attraversava la via di casa. Era una strada tranquilla, con le grandi abitazioni buie e silenziose, seminascoste dai giardini e gli alberi che facevano apparire quel quartiere come uno dei migliori del villaggio. All'ora di cena, il fruscio delle ultime foglie al vento e il ticchettio dei tacchi della ragazza, erano gli unici suoni che presero a riecheggiare nel freddo serale. Il fresco che prese a baciarle la pelle umida, l'aiutò quantomeno ad ignorare per un po' il dolore, costringendola a sfregarsi le mani gelate fra di loro nel tentativo di scaldarsi, almeno finché non arrivò nei pressi del villino familiare. Entrare in linea visiva col solo cancelletto, i ciuffetti d'erba del giardino frontale che ormai conosceva a memoria, e la porta d'ingresso verso la quale si diresse a passo più accelerato, le permise finalmente di rasserenarsi un minimo. Si rese conto di quanto stesse effettivamente sussultando e rabbrividendo, quando andò alla ricerca delle chiavi nella borsa, e queste le caddero sul marciapiede. Mentre si inginocchiava per raccoglierle, notò il modo in cui le mani le tremassero ancora - non di certo per il solo freddo. Si rabbuiò ancor di più, riprendendosi con la forza il controllo sul proprio stato d'animo. Questo è un atteggiamento davvero stupido, Maevey. Riprenditi, dannazione. Quel Vecchio pazzo non avrà mai il potere di distruggerti. Nonostante Maeve fosse pienamente consapevole d'essere uscita vittoriosa da casa dei Cousland, era troppo provata per l'insieme di avvenimenti, per accantonare subito la faccenda e gioire della tanto agognata libertà che si era conquistata senza ammettere repliche. Pur avendo sempre mascherato dietro l'atteggiamento freddo e distaccato, l'insofferenza per essere stata cresciuta con indifferenza e quasi esclusivamente come un progetto familiare, quella serata le aveva dato la dimostrazione definitiva di quanto poco valesse - sul piano affettivo - agli occhi dei suoi genitori. L'aveva sempre saputo, in fondo, ma avere quell'ultima conferma le aveva dato la spinta decisiva affinché mettesse un punto definitivo a quella storia. Sopportare la Maledizione Cruciatus, era stato il prezzo da pagare. Non erano intervenuti, nessuno dei due si era smosso dalla propria posizione, neanche quando Coriolanus l'aveva punita in quella maniera orribile ed aveva lasciato intendere d'aver utilizzato quei castighi violenti sin da quando era una bambina. Non avevano fatto nulla, schierandosi perfino a favore del patriarca. Da quel momento in poi, i suoi "rapporti" con i suoi familiari si sarebbero mantenuti sulla sola apparenza durante gli eventi mondani che avrebbero richiesto la sua presenza; avrebbe partecipato ad aste e beneficienze, qualsiasi mostra dell'alta società, soltanto per non intaccare la sua di reputazione. Non avrebbe creato nessuno scandalo, non adesso, né mai; alla luce del sole i Cousland avrebbero continuato ad apparire alla stessa maniera di sempre. Ma per quanto la riguardava, non c'era più nulla - e mai c'era stato - a legarla affettivamente a loro. Avrebbe usato e sfruttato quel cognome, l'influenza e la posizione dei familiari, soltanto per arrivare dove voleva... Perché alla fine, nonostante tutto, Coriolanus qualcosa di utile le aveva davvero insegnato in tutti quegli anni: le regole dell'opportunismo, ciò che era essenziale per sopravvivere, sfruttando lo sfruttabile per i propri interessi. Se non fossi troppo borioso per ammetterlo, saresti perfino orgoglioso della persona che mi hai fatto diventare. La rossa si ritrovò a varcare la soglia del villino un attimo prima che lo scrosciare lì fuori si facesse più intenso, sentendo sin da subito quel macigno che si portava dietro da Stornoway alleggerirsi drasticamente. Soffermandosi nell'ingresso soltanto il tempo necessario per sfilarsi il cappotto e le scarpe - le manie d'ordine sue e dell'Hamilton, combaciavano fin troppo - andò proprio alla ricerca del moro, l'attimo successivo. Addentrandosi nel corridoio principale, con una calma che non rispecchiava minimamente il suo stato, seguì la luce accesa al pianterreno per trovarlo con facilità. « Derek? » lo chiamò piano, sicura fosse in casa a studiare, indirizzandosi verso il soggiorno dove lo intravide immerso nei libri di Diritto. Alla vista del giovane tutto concentrato nello studio, per la prima volta in quella giornata, riuscì davvero a provare un senso di quiete pervaderla. La pesantezza che sentiva sul petto, si dissolse ancor di più, insieme al gelo che pareva averla bloccata nelle emozioni. Non disse nulla, né stette lì a spiegargli perché fosse tornata presto da quella cena imposta da Coriolanus della quale gli aveva parlato. La Corvonero non riusciva ancora a comprendere a pieno, come funzionasse quel loro legame legilimantico, e se lui potesse aver percepito qualcosa anche a distanza... Probabilmente il suo pallore sarebbe stato fin troppo esplicativo, un po' come il suo essere silenziosa - così poco da lei - e gli occhi velati da qualcosa di inafferrabile come il dolore, che per quanto si sforzasse di mascherare traspariva anche dall'espressione del viso, dal modo in cui si muoveva e dai gesti che seguirono il suo arrivo. Lasciò ricadere la borsa su una poltrona e subito raggiunse Derek sul divano, gattonando al suo fianco per afferrargli con delicatezza il volto fra le mani. Lo salutava sempre in quella maniera, ma quella sera dalle azioni della ragazza traspariva ancor di più la necessità di sentirlo vicino. Ricercò con dolcezza una serie di baci, dei tocchi leggeri con le labbra, capaci di farle provare nuovamente quella sensazione di calore che solo lui sapeva trasmetterle. Si perse con sempre maggiore trasporto nella familiarità di quel contatto, il sapore della sua bocca e la sua lingua, finché restò senza fiato. Sistemandosi poi su di lui, si sedette di lato sulle sue gambe per non gravare troppo col suo peso, passandogli le braccia attorno al collo. Lo abbracciò con un'intensità pari alla sofferenza che ancora provava, nascondendosi col viso nel suo incavo del collo contro il quale prese a strofinare il naso, inspirando il suo profumo. Per un momento scomparve tutto e l'enorme muro dietro il quale si era barricata prese a sgretolarsi. Derek sapeva di casa. « Puoi abbracciarmi e stringermi, per favore? Soltanto per un po'. » Fu l'unico sussurro che riuscì a pronunciare, con un leggero suono roco per via delle troppe urla lanciate contro il suo volere; dopodiché ricalò in un silenzio quasi religioso, tentando di cancellare tutte le immagini appena vissute per concentrarsi solo ed esclusivamente sul Serpeverde. Gli fece scorrere le dita lungo il collo, tra i capelli ricci, riuscendo a regolarizzare il respiro entrando in sincronia con quello di lui e provando finalmente un piccolo accenno di pace nella calda stretta del giovane. Si abbandonò alla sensazione intima di fondersi nel suo abbraccio, lasciandosi calmare da quel contatto. Le ci volle un po', per decidersi di far capire a Derek cosa fosse accaduto. In quei primi mesi di stretta convivenza, Maeve aveva compreso molte cose su come far funzionare una coppia nonostante i bisticci sulle sciocchezze - quelli in realtà, la divertivano pure troppo, considerato il modo buffo in cui riuscivano a risolverli e riderne dopo. Ciò che aveva capito sui momenti brutti invece, era che andavano condivisi esattamente come quelli più belli. Per loro, che vantavano anche dell'empatia nata con la legilimanzia, era un concetto ancora più profondo. Oltre ciò, si trattava anche e soprattutto di fiducia, motivo per il quale riuscì ad abbassare del tutto le proprie difese mentali, chiedendo tacitamente al moro di fare lo stesso. « Fermati quando vuoi, okay? » Non sei obbligato a vedere e sentire nulla che tu non voglia. Spostando leggermente il viso e portando indietro la testa, per guardare il moro negli occhi, sollevò il mento e strofinò piano il naso contro quello di lui mentre gli consentiva di entrare ancora una volta nella propria coscienza. Non gli avrebbe mai trasmesso il dolore che aveva provato mentre era vittima della Maledizione, ma se Derek avesse voluto gli avrebbe dato una rapida visione d'insieme del proprio stato d'animo e di ciò che era accaduto... A partire da ciò che Coriolanus avesse cercato di imporle ancora, trattandola come uno strumento privo di volontà sin dall'infanzia, fino al tentativo di voler trovare un modo per controllare la loro storia, pretendendo un contratto legale; dalla punizione violenta scaturita con il Cruciatus, per il suo essersi opposta col solito atteggiamento perentorio, finendo sull'immagine di come fosse riuscita a liberarsi dalla costrizione dell'uomo facendolo cedere soltanto con le parole. Nell'ottica di Maeve, il vecchio despota sapeva d'aver perso quella guerra sin dal principio; la sua, si era trattata soltanto di una dimostrazione malsana di potere per tentare di riprendersi un accenno di obbedienza dalla ragazza. Fallendo. È questo quello che l'ha fatto infuriare di più... prendere la piena consapevolezza di dover sottostare alle mie decisioni, d'essere sempre stato preso in giro da una ragazzina, perché sono sempre stata io ad avere il pieno controllo, facendogli credere il contrario. Non poteva farmi uscire da quella casa, senza una punizione esemplare per averlo battuto al suo stesso gioco. La vittoria non dovrebbe avere un sapore così dolceamaro, però. Non servirono parole per rendere Derek partecipe di quel suo ennesimo frammento di vita, né provò in alcun modo a giustificarsi. In Derek, Maeve non aveva soltanto riconosciuto un'anima affine e solitaria come la sua sin dalla loro prima interazione; Lui era l'unico in grado di capirla e sentirla, l'unico che sapesse ed avesse sperimentato sulla propria pelle cosa significava essere figli di famiglie come le loro. Entrambi sapevano cosa fosse quel tipo di dolore, entrambi erano cresciuti in quella società fatta di ipocrisia, marcia e corrotta dalla ricchezza. Certo, probabilmente Hamilton Senior non era mai arrivato a punizioni di quel tipo così violente e drastiche, ma anche le sole imposizioni verbali, gli obblighi e le continue pressioni alle quali lo sottoponeva, potevano creare traumi e mancanze tanto profonde come quelli della ragazza. In un certo senso, erano rotti entrambi. Ma anche senza quella loro infanzia così simile, anche senza la connessione mentale ed emotiva nata in maniera naturale ed imprevista, Derek era comunque l'unico col quale lei voleva sfogarsi. L'unico in tutto. Non aveva scelto di legarsi così al moro perché ci fosse una ragione - in quel caso, il suo si sarebbe trattato di un sentimento "condizionato" ed un Amore vincolato a una serie di motivazioni... No, non c'era ragione o giustificazione per quel sentimento che invece era incondizionato. Ciò che provava per lui, aveva una vita propria, intoccabile ed incontrollabile. Non era soggetto a nessuna evidenza o intromissione esterna. Era un tipo di amore basato su nient'altro che se stesso. Confessarglielo ad alta voce, era chiaramente difficoltoso per una come lei, anche se farlo scorrazzare liberamente nella propria coscienza era già di per sé un modo ancora più intimo per fargli percepire tutto ciò che provava. Grazie a quell'affinità, Maeve era sicura che Lui non l'avrebbe giudicata, come avrebbe fatto chiunque altro. Non per delle colpe che non aveva, non per delle azioni che rispecchiavano un membro della sua famiglia, ma non di certo lei. Mi si può attribuire ogni aggettivo dispregiativo, ma non sono cattiva... Non userei mai Maledizioni su nessuno, non farei mai soffrire qualcuno per il solo gusto di compiacermene e dimostrare la mia superiorità. Non voglio il potere per quello, non è per quello...
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    « Non voglio più tornare in quel posto, Derek. Quella non è mai stata casa mia. » Questa lo è. Continuando a rimanere raggomitolata contro di lui, scosse piano il viso, rendendo ancora più saldo quell'abbraccio al quale si tenne aggrappata con tutte le forze che le rimanevano... Come se l'unica cosa di cui avesse bisogno nella vita, fosse restare ancorata a lui e farsi scaldare dal suo respiro e dal suo corpo. Esausta, la rossa poggiò una guancia contro il petto del moro, scrutandolo dal basso attraverso le ciglia, con l'ombra di un primo piccolissimo sorriso triste sulle labbra. « Lo vedi che ho sempre ragione? Se non fossi così ostinato e prendessimo un cucciolo, non ti distrarrei continuamente dallo studio, e potrebbe coccolarmi mentre tu ti concentri in santa... » Stuzzicarlo e scherzare con Derek, era una delle cose che più la divertiva. Sdrammatizzare, era da sempre il mezzo utilizzato da Maeve per superare le continue pressioni ed oppressioni. Reprimere, anziché manifestare il dolore. Era abituata così, essendo stata sempre sola, sin da bambina; l'unico sistema per non sopperire a quel peso, era stato esercitare il forte autocontrollo che aveva su di sé, autoconvincendosi a non provare nulla e concentrandosi sulla sua forza interiore. Stavolta però, sentiva troppo male d'ogni entità per fingere di poterci passare su con quei giochetti. Non riuscì neanche a termine la frase: la voce le si bloccò nella gola, impedendole di continuare a parlare, mentre la soffocante sensazione di panico e disagio tornò a farla sussultare appena. Soppresse un primo singhiozzo, quando sentì una lacrima solitaria sfuggire al suo controllo e correrle lungo la guancia. Scrollò lentamente la testa e si asciugò il viso con un movimento rapido del dorso della mano. Andiamo, Maevey. Sei più forte di così, piangere di nuovo non servirà a un bel niente. I drammi e le sceneggiate da vittima non le sarebbero mai appartenute, neanche in contesti così duri. Lei era quella razionale e rigorosa, quella con un piano ed una strategia logica sempre pronti. Eppure le bastò incrociare gli occhi scuri dell'Hamilton, sollevando nuovamente lo sguardo verso di lui, perché avvenisse l'esplosione fino a quel momento trattenuta. Si rese conto di non poter fermare l'avanzata delle lacrime, non di nuovo. Aveva represso troppo, fra i problemi con la Loggia Nera e la loro situazione con Inverness, gli incubi legati al suo doppelgänger, l'apprensione che sentiva per Derek... e infine ci si era aggiunta quell'ennesima tortura di Coriolanus. Se con Caél era riuscita a venirne fuori senza chiederne il supporto, con Derek fu tutto diverso. Non appena sentì un sapore salato raggiungerle le labbra, Maeve non riuscì nemmeno a provare imbarazzo, tanto incominciò a sentirsi sollevata d'essere finalmente scoppiata in quel pianto liberatorio. Le lacrime presero a scenderle copiose sul viso, nonostante ciò riuscì comunque a mantenersi composta e moderata come solo lei sapeva essere, perfino in preda a dei singhiozzi silenziosi che tentò di soffocare contro il petto del moro. « Non è mai sta-ta colpa mia, Derek. Non ho mai fatto nulla di sba-gliato, per meritarmi quelle punizioni. Ma non ho mai potuto dirlo a nessuno. Non potevo rischiare che la faccenda trapelasse in maniera sbagliata, Coriolanus ha sempre avuto troppe conoscenze e contatti... Mi avrebbe distrutta. E se anche l'avessi denuncia-to e qualcuno mi avesse creduta, lo sai come funziona, la gente sa essere terrificante e mi avrebbe per sempre etichettata e collegata a quell'uomo. Non potevo permettermelo, non potevo permettergli di rovinare anche il mio futuro. » mormorò, risollevandosi all'altezza del suo viso, sbattendo le palpebre per ricacciare indietro altre lacrime che le restarono ostinatamente fra le ciglia. Era un concetto complesso, quello che tentò di spiegare al giovane con un sibilo fra i singulti. Soltanto una persona razionale come lei e con un piano ben preciso sul proprio futuro, avrebbe potuto capirne il significato, comprendendo anche uno dei motivi per cui Maeve fosse così dannatamente ostinata e decisa nel volersi prendere le più alte cariche del Ministero sin da piccola. Era una strategia, una delle tante: raggiungere un traguardo, senza fretta ma senza sosta. Quando avrò tutto quel potere, quando sarò io a poter davvero dettare le leggi e le regole, sarò intoccabile ed intaccabile perfino per Coriolanus. « Derek... » fu con quel secondo sussurro, che riuscì a riacquisire maggiore controllo e parlargli con voce più salda. « Quando riusciremo ad arrivare al Ministero, quando avremo abbastanza potere ed avrò la certezza che scagliarmi contro di lui non avrà alcuna ripercussione su di noi, quando nessuno potrà più contrastarci... potresti... aiutarmi a farlo marcire ad Azkaban? » Anche dovessero volerci anni, anche dovesse costarmi vent'anni di gavetta, io ho sempre saputo di potercela fare. Arriverò al Ministero e gli ritorcerò contro ogni cosa, sbattendogli in faccia tutti i suoi dannati insegnamenti e punendolo per tutto questo. Morirà da solo, in cella, grazie alla giustizia e non la vendetta. Ho sempre pensato di poterlo fare da sola... Ma il fatto è che non voglio più. Non farmelo fare da sola, Derek. Non ce la faccio più... Sono stanca di dover contare solo ed esclusivamente su me stessa. Qualsiasi fosse stata la risposta del ragazzo, Maeve avrebbe sciolto di poco la presa su di lui, soltanto per tornare ad accarezzargli il viso e circondarlo fra le mani. « So che abbiamo tanto da studiare, i problemi da risolvere con Inverness e tutte quelle questioni più importanti a cui badare... ma solta-nto per stasera, solo per stasera... » osservandolo con sempre maggiore lucidità, tentò di riprendersi il pieno controllo e placare del tutto le lacrime, riuscendo ad accennare un tenue sorriso. « Possiamo dimenticare tutto il resto? » Fece una pausa, prendendo un respiro profondo e sospirando, fissando ancora i suoi occhi verdi in quelli scuri di lui. « Voglio sentire solo te. Voglio solo il tuo rumore nella testa, la tua voce e nient'altro. Aiutami a cancellare il dolore, Derek. Il tuo, il mio, voglio che non esista più per nessuno dei due.» Voglio che esistano soltanto Maeve e Derek. In qualsiasi modo, andrà bene... Che sia tagliando tutto il resto fuori guardando uno di quei film che ci farà addormentare prima della fine, o mangiando quella schifosa pizza a domicilio che ti ostini ad ordinare; scappando ancora da qualche parte, con le nostre fughe; sfidandomi di nuovo a ballare sotto la pioggia, cadendo sull'erba bagnata come due idioti, o facendo l'amore per tutta la notte... Voglio sentire solo te.



    Edited by ~Zireael - 20/11/2021, 21:36
     
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