forever and always

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    Corvonero
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    I think when it’s all over, it just comes back in flashes, you know? It’s like a kaleidoscope of memories. It just all comes back. But he never does.
    I think part of me knew the second I saw him that this would happen. It’s not really anything he said or anything he did, it was the feeling that came along with it. And the crazy thing is I don’t know if I’m ever gonna feel that way again. But I don’t know if I should.
    I knew his world moved too fast and burned too bright.
    But I just thought... how can the devil be pulling you toward someone who looks so much like an angel when he smiles at you?
    Maybe he knew that when he saw me.
    I guess I just lost my balance.
    I think that the worst part of it all wasn’t losing him.
    It was losing me.


    1 gennaio 2022
    ore 2.57


    L'aveva guardato da lontano per tutta la serata. E si era sentita anche piuttosto ridicola, Alena, coi suoi occhioni sempre sgranati in quella direzione, ma non era riuscita a farne a meno. Si chiamava Eren, aveva scoperto.
    Ad un certo punto, qualche ora dopo la mezzanotte, passati i botti di Capodanno e l'euforia iniziale, un piccolo gruppetto di ragazzi si era riunito sul terrazzino gelido del locale, per fumare. Alena a stento sapeva come si accendesse una sigaretta, ma li aveva seguiti comunque, perché quello era il suo primo Capodanno senza genitori, le sue conoscenze a quella festa erano ben poche e le piaceva sentirsi parte di un gruppo. E così si era fatta prestare anche lei una sigaretta da Shirley, e ora la agitava con fare incerto, lasciando che si consumasse da sé. Solo ogni tanto la avvicinava alle labbra fingendo di aspirare, e ad un certo punto, quando lo fece per davvero, rischiò quasi di soffocarsi. Lui le stava seduto di fronte, appoggiato con pericolosa nonchalance alla ringhiera del piccolo balconcino. Aveva addosso un'affascinante spensieratezza, ed era in grado di guidare gli umori del piccolo branco di persone con la sua risata contagiosa. Di tanto in tanto, Alena aveva come la sensazione che anche lui ricmabiasse i suoi sguardi, sebbene con più spavalderia. Fu poco più tardi che Kate si avvicinò a lui, superando la Corvonero a grandi falcate: « Eren, hai mica un accendino? » Eren. Alena registrò con cura quel nome nella propria mente, proiettandosi già sotto le coperte, qualche ora più tardi, a digitare quelle quattro lettere sullo schermo del proprio telefono, alla ricerca di qualunque traccia di lui sui social media. Degli sguardi languidi alle sue fotografie su Wiztagram, questo era il massimo che una ragazzina come lei avrebbe potuto concedersi con uno come Eren. Restò a guardarlo in silenzio, sognante, mentre si dilettava a raccontare una storia divertente ai propri amici, e poi rise insieme al resto del gruppo, mentre la sigaretta le si consumava lentamente tra le dita.

    ore 3.45

    « Ops, scusami! » Ovviamente l'aveva fatto apposta. L'ora successiva
    l'aveva trascorsa ad arrovellarsi per cercare un qualche tipo di approccio. La risposta le era piombata addosso quasi all'improvviso quando, distratta da una coppia che dava il meglio di sé sulla pista da ballo, se ne stava in silenzio accanto all'angolo delle bevande. Guardava i due ragazzi baciarsi teneramente e cominciava a pensare, Alena, che forse il suo turno per avere qualcosa del genere non sarebbe mai arrivato. A dire il vero, era ormai troppo tardi. Aveva quindici anni e non aveva ancora baciato nessuno, ed era così evidente. Era certa che i ragazzi potessero decifrare quel tratto della sua vita semplicemente guardandola camminare, o parlare. Come una lettera scarlatta impressa sulla fronte, Alena si vergognava tremendamente della propria esperienza in amore, ma non sapeva come porvi rimedio.
    E poi l'aveva visto. Eren si era avvicinato al tavolo delle bevande senza che lei se ne accorgesse, probabilmente per servirsi per l'ennesima volta quella serata. Aveva bevuto tanto quella sera, era una delle tante cose che Alena aveva notato di lui. Senza pensarci, si era fiondata in contemporanea al ragazzo sulla montagna di bicchieri, fingendo (palesemente) di non averlo visto. Si ritrasse immediatamente, regalandogli un sorriso timido. « Prego, fai pure prima tu. » Lo guardò versarsi un bicchiere di Incendiario, prima di allungarsi per prendere il proprio bicchiere - a questo punto doveva bere per forza - e riempirlo con della Coca-Cola. Quanto sei noiosa.
    « Mi chiamo Alena » gli urlò, oltre la musica assordante che riempiva il locale, ma il suo sforzò non fu sufficiente. Il ragazzo la guardò corrucciato, facendole segno di non avere udito una parola. Ritentò, ma per quanto tentasse la sua vocina non era in grado di sovrastare quella musica spaccatimpani. Pur tuttavia, decise di non lasciar perdere. Voleva che lui sapesse il suo nome. Gli si avvicinò di più, allora, facendogli cenno di abbassarsi un poco per venirle incontro. Nonostante ciò dovette comunque sollevarsi sulle punte e aggrapparsi con una mano alla spalla di lui, così da non cadere, e solo allora fu in grado di avvicinarsi al suo orecchio. « Volevo solo presentarmi » ripeté, con tono deciso. Il ritrovarsi a quella distanza tanto irrisoria da lui, dopo averlo osservato in disparte per tutta la nottata, le provocò una strana reazione. Inspiegabilmente, sentì il cuore picchiarle più forte nel petto, mentre veniva inondata dal profumo inebriante della colonia di lui. « Mi chiamo Alena. Alena Gauthier. » Da quella distanza, era in grado di apprezzare la sua perfetta pelle diafana. « Mi ricordo di te dalla festa di Veronica. » E proprio in quell'istante, con quelle parole, e con quella stupida decisione di avvicinarsi, e lasciarsi tentare da quegli occhi magnetici, Alena aveva appena firmato la propria rovina.
     
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    Aveva perso il conto dei bicchieri che si era scollato. La serata di capodanno era per il giovane Eren Ackerman, una specie di momento topico in cui mischiarsi in mezzo a quei ragazzi senza sentirsi minimamente di troppo. Lo cercavano perché sapevano che fosse l'uomo giusto per ottenere qualche psicotropo giunto da lontano. Hai qualcosa di orientale? Chiedeva qualcuno con un filo di malizia nel tono della voce, senza rendersi conto di quanto potesse risultare offensivo assumere che la droga dovesse necessariamente giungere dall'Asia. Che poi, a dirla tutta, Eren non era neanche lontanamente thailandese, né somigliava a uno. Per quella gente tuttavia, un giapponese, un coreano, un cinese o un thailandese dovevano essere a loro avviso uguali. Un po' come dire che un inglese e un greco sono uguali sputati. Non importava. Prima ancora della mezzanotte aveva fatto così tanti soldi da potercisi fare tranquillamente una trapunta di verdoni per nascondersi dall'onta della vergogna. I suoi compagni compravano, e lui si arricchiva, tirando fuori - man mano che la serata si scaldava -, materia prima sempre di sempre più pessima qualità. Non c'erano però solo clienti. Anche un lupo solitario ha bisogno di amici. Pochi ma buoni - della peggior specie, come lui. Era entrato in un gruppo di ricconi mezzi ripuliti. Gente il cui papino si era approfittato della situazione politica per salire sul carro del vincitore. Si riconoscevano dalla loro mancanza di tatto, dalla poca raffinatezza e soprattutto dai pensieri rozzi che facevano e che non riuscivano neanche a nascondere. Facevano apprezzamenti sul fondoschiena delle ragazze ridendo fragorosamente e fumavano come turchi. Tutte cose che faceva anche Eren, forse anche più di loro, ma con moderazione. Bisogna sapersi nascondere nella folla per non fare la figura del maiale. E infatti, Harry Robinson gli sta giusto sciorinando i benefici di certe pratiche sessuali. Eren, dal canto suo, aspira dalla sua sigaretta portandosi il bicchiere di whiskey alle labbra per poi offrire il suo accendino a una ragazza che squadra dalla testa ai piedi. Harry fa altrettanto, prima di scambiarsi col giapponese un'occhiata di intesa. Restano lì a parlare del più e del meno con quella che scopre si chiami Kate - un nome che dimenticherà prima ancora di tornare a fare rifornimento di alcol. « Vi trovo qui o rientrate? » Non riceve una risposta, ma a dirla tutta, non è neanche molto interessato a quali siano i piani degli amici o di Kate. Ormai un po' traballante e su di giri, Eren vuole soltanto bersi ancora qualche bicchiere, trovare una bella ragazza e tornarsene a casa, dove concluderà la serata in bellezza. [...] Ha passato la scorsa mezz'ora a vincere qualche mano a poker a un tavolo allestito alla bell'e meglio. « Con questi ci porto tua madre a cena. Sei proprio una pippa! Meglio lasciar perdere. A scommesse fai proprio schifo. » Disse quindi radunando il gruzzoletto vinto, prima di dare qualche leggera pacca sulla guancia di uno degli amici stretti attorno al tavolo. L'anno iniziava nella migliore delle maniere. Con qualche soldo extra non pianificato e anche un cospicuo incremento delle vendite, a Eren mancava solo la giusta compagnia che potesse scaldargli il letto. Quanto meno per la sera. Decise quindi che tornare a bere, prima di attaccare bottone con qualcuna, era quanto mai di dovere. « Ops, scusami! » Sentitosi urtare la spalla, Eren non poté fare a meno di girarsi; nella musica assordante, l'odore acre del sudore e il costante chiacchiariccio, a malapena riuscì a sentire la ragazza. Tuttavia, stirò comunque un sorriso, squadrandola dalla testa ai piedi senza vergogna alcuna. « Prego, fai pure prima tu. » Il moro non se lo fece ripetere. Si versò un bicchiere di liquore, scegliendo tra le bottiglie quella che più gli era congeniale. Ne sentì l'odore, prima di versarselo, per poi tornare con lo sguardo sulla moretta. In circostanze differenti, forse la sua mente annebbiata avrebbe capito che si trattava di poco più che una ragazzina. In quel momento, tuttavia, se anche lo era, sembrò trovare quel dettaglio irrilevante, o addirittura allietante. Il fascino del pericolo, del proibito. Di ciò che non si può e non si deve fare. D'altronde, era una festa, e se lei era lì, evidentemente era abbastanza grande per poter fare qualunque cosa volesse. « Ti sei scordata il rum. » Le disse quindi con uno sguardo sornione, allungandosi appena sul tavolo mentre le indicava il proprio bicchiere colmo quasi fino all'orlo di cola. Lo strappò dalla presa di lei con delicatezza, sfiorandole appena le nocche nel tentativo di appropriarsene, per poi portarselo alla labbra, bevendo qualche sorso, il tutto senza perderla di vista neanche per un istante. Quando trovò che il quantitativo di bibita era sufficiente, abbondò con il rum, porgendoglielo con apparente cavalleria, facendo un leggero inchino al suo cospetto. Il volto di lei non gli era nuovo. Nel tentativo di scrutare le tante facce che lo avevano circondato nel corso della serata, Eren aveva visto quegli occhioni da cerbiatta più e più volte. Non aveva fatto nulla per avvicinarsi, pur trovandola estremamente carina; dal suo punto di vista, se una ragazza non aveva sufficiente coraggio da avvicinarsi per parlare, forse non si sentiva sufficientemente a suo agio per farlo. E poi, in fondo, il parco giochi di Hogsmeade era quasi sempre abbastanza fornito da non portare i più audaci a buttarsi sulle timide. In cuor suo, poi, Eren non vedeva di buon occhio le ragazze timide. Le trovava insicure e pronte a istaurare dei rapporti incontro ai quali Eren non aveva propria voglia di andare. Le timide insomma, sono una rogna.
    ucyigQ5
    « Mi chiamo Alena. Volevo solo presentarmi. » Avvicinatosi sufficientemente per sentire il discorso, lo recepì solo a metà, annuendo. Percepì un dolce profumo. Alena profumava di buono, un qualcosa di squisitamente giovane e dolce, simile a quei bagnoschiuma dalle fragranze estremamente forti che tanto piacciono in adolescenza, quando farsi notare è uno statement che passa attraverso tutti i sensi. « Mi chiamo Alena. Alena Gauthier. Mi ricordo di te dalla festa di Veronica. » Il giovane Ackerman annuì cercando si sovrastare la musica. « Hai un nome molto bello, Elena. » Venne investito proprio allora dall'arrivo di un gruppo che si avventò sul tavolo dei rinfreschi, urtandolo appena, al punto da annullare completamente le distanze tra i due. Per non andarle addosso, il moro posò delicatamente una mano dietro la schiena di lei, continuando a fissarla intensamente, senza interrompere il contatto visivo neanche per un istante. In circostanze differenti, ci avrebbe pensato, si sarebbe resto conto del fatto che quella che aveva di fronte era niente più che una ragazzina. Forse troppo timida, troppo acerba per capire che quel approccio, durante una serata di quel genere, poteva portare solo ed esclusivamente a un esito e uno soltanto. Di scatto i polpastrelli di lui solleticarono appena la mascella di lei. « E un buon profumo. Mi chiedo.. » Mi chiedo che sapore hai. Nel dire le ultime parole, il volto di lui si avvicinò ulteriormente, finché non incollò le labbra a quelle di lei. La mano sulla sua schiena scese con lentezza lungo la spinta dorsale mentre si spingeva a schiudere le labbra della mora per approfondire quel contatto. La mano stretta appena sulla mascella, scorre fino a intrecciare le dita tra i suoi morbidi capelli. La bacia come se volesse lasciarla senza aria, come se lui stesso fosse completamente disinteressato a chi potrebbe guardarli. In apnea, lascia aderire leggermene il proprio busto contro quello di lei mentre attimo dopo attimo, il bacio si intensifica ulteriormente. Si stacca solo dopo un po', mordicchiandole appena il labbro inferiore, per poi tornare a osservarla con uno sguardo decisamente più famelico. « Vuoi andare da qualche altra parte? » Le chiede quindi, avvicinando le labbra all'orecchio di lei posandovi un leggero bacio. « Possiamo parlare. » Pausa. « Oppure possiamo non parlare. » Se Eren Ackerman ha evitato la galera in Giappone, non altrettanto certo è se riuscirà o meno a evitarla in Inghilterra.


     
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    if I looked like the other prom queens
    I know that you loved before.
    Tried so hard to be everything that you liked
    just for you to say you're not the compliment type
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    Forse avrebbe dovuto saper cogliere i segnali. Avrebbe dovuto capire, Alena, da quegli sguardi intensi, dal tocco delicato dei polpastrelli sulla mandibola, che avrebbe dovuto scappare a gambe legate. Che quel ragazzo sarebbe stato in grado di devastarla completamente, nel modo più dolce di tutti. Ma quella sera, sotto quelle luci, ogni carezza era fuoco, ogni gesto una nuova eccitante scoperta, ed Alena era troppo ipnotizzata dai propri sogni ad occhi aperti per poter fare i conti con la realtà dei fatti. Cominciò come tutte le più belle tragedie: con un bacio. E la parte più bella, e forse anche più disgraziata, fu che Alena non ebbe nemmeno il tempo di agognare un contatto di quel tipo: Eren le diede tutto subito, allo stesso modo di quei genitori irresponsabili che concedono ai figli un'intera vaschetta di gelato per cena, senza pensare alle conseguenze. Perché tu alle conseguenze non ci hai pensato, Eren? Perché lo sanno tutti che del dolce i bambini non ne hanno mai abbastanza, e quella sera, in quel piccolo locale che odorava di sudore, Alena non sarebbe stata in grado di capire che, alla fine di quella scorpacciata, sarebbe stata punita con un gran mal di pancia.
    Le labbra di Eren erano morbide, il suo tocco delicato e gentile. E nell'esatto momento in cui i loro visi si sfiorarono, Alena ebbe la sensazione che perfino le particelle dell'aria che la circondavano avessero cambiato consistenza, come se anche quelle si fossero fatte più leggere. Percepì la sua mano alla base della schiena e, di riflesso, si strinse di più a lui, alla ricerca di un contatto più profondo. La giovane Corvonero non sapeva nemmeno ciò che significasse, e le mancò quasi il respiro quando avvertì il suo sapore, lo sentì giocare con i suoi capelli.
    Quando si staccò per guardarlo negli occhi, le girava la testa. Lui da quell'angolazione le parve cento volte più bello di prima. « Vuoi andare da qualche altra parte? » « Sì, ti prego. » Gli sorrise, e non ebbe nemmeno la forza di fargli completare la frase. Prima che cambi idea, portami via da qua. Andiamo dove vuoi tu. « Possiamo parlare. Oppure possiamo non parlare. » Una mano a coprire la genuina risata che le fuoriuscì dalle labbra, Alena ebbe la sensazione di essere cresciuta in un paio di secondi: o questa era l'impressione che voleva dare, e per quanto il significato di quelle parole la terrorizzasse, sentì che una risata sarebbe stata la risposta corretta e più apprezzata dal suo interlocutore. Così si allungò sulle punte, facendo leva con le mani sulla spalla di lui, per raggiungere l'altezza del suo orecchio e dirgli, con una sicurezza campata in aria, queste parole: « Io preferirei non parlare. » Una bugia bella e buona, perché in quel momento avrebbe potuto mettere in piedi un discorso di ore pronto per lui. Ma anche stavolta, quella gli parve la risposta più corretta da dare. E già che c'era, mentre stava sulle punte, gli lasciò un candido bacino sul collo, in un improvviso moto di coraggio. Fortuna che, con quelle luci, era impossibile notare la sua pelle diventata color peperone.

    23 gennaio 2022
    ore 23.18

    « Io non ti conosco per niente. Devi raccontarmi qualcosa in più su di te. » Non era facile, con Eren. Lui è fatto così. È un po'... sfuggente. Aveva imparato a giustificarlo così, nelle settimane successive. All'inizio era stato pesante farci i conti, ma andando avanti col tempo aveva velocemente capito i propri errori: non poteva di certo soffocarlo, pretendere attenzioni continue. Eren con lei era stato un angelo dal primo istante, ma lei, pretenziosa com'era, si era lasciata prendere la mano da subito. Come quando, il primo giorno di ritorno a scuola, ci era rimasta male al saluto mancato di lui, per i corridoi, quando era palese che non l'avesse vista. O i ben cinque messaggi senza risposta che gli aveva lasciato, neanche fosse una stalker. Aveva presto capito che, se voleva passare del tempo con Eren - e la sua presenza era tutto ciò di cui lei necessitava e avrebbe mai potuto desiderare - avrebbe dovuto sottostare alle sue regole, i suoi cambi d'umore, le sue dimenticanze. Non era colpa sua. Anzi, era giusto così. In una relazione bisogna capirsi, venirsi incontro. E Alena, nel pieno della sua generosità e del suo affetto, sentiva di star facendo proprio questo, con lui.
    Anche perché, se sapeva pazientare, i momenti belli arrivavano. Come quel sabato pomeriggio in cui le aveva fatto l'occhiolino, appena fuori da Mielandia: era palese che fosse per lei, perché non c'era nessun'altra ragazza alle sue spalle, e in più Alena aveva passato ore a prepararsi per riuscire a farsi notare.
    Con buoni risultati: quella sera, forte della conquista di quell'occhiolino, Alena si era avvicinata e, grazie a un paio di battute sagaci, era riuscita a guadagnarsi un posto al tavolo dei Tre Manici in cui Eren e il suo gruppo avevano condiviso una cena tra amici. E alla fine, per una pazzesca e fortunatissima congiunzione astrale, erano rimasti da soli, loro due, a parlare sul muretto di fianco al locale. O meglio, era più Alena che conduceva la conversazione, con quelle sue osservazioni un po' bambinesche e il suo tono sempre un po' giocondo. « Tu lo soffri il solletico? Se te lo faccio in questo punto ridi? » Seduta sulle gambe di lui, e accoccolata comodamente al suo petto, non perdeva occasione per sfruttare quel contatto fisico. Specie quando qualche ragazza dell'età di Eren si ritrovava a passare lì vicino, Alena sapeva dare il meglio di sé: carezze, bacini sul collo, frasi sussurrate all'orecchio. Tutto pur di farsi notare dal mondo, e in primo luogo da lui. « Mi piacciono molto i tuoi nei. Ne hai uno qui... Uno qui... E un'altro qui. » Mentre parlava, seguiva con le dita la linea immaginaria che univa quei puntini sul collo di lui, mantenendo un tocco delicato. « Sono bellissimi. » Sei bellissimo, Eren. Come faccio a essere così fortunata? Si sentiva il cuore scoppiare. Pensò che se avesse potuto, quest'ultimo avrebbe urlato a squarciagola, dentro al suo petto, e nel farlo avrebbe decantato le lodi per Eren Ackerman. Ogni gesto, ogni parola, in quel momento di profonda gratitudine nei suoi riguardi, le sembrava inadeguato. Come poteva dimostrargli la sua assoluta devozione? All'improvviso fu colta da un'idea. Una cosa che le aveva spiegato Nessie tempo prima, anche se non era certa di essere in grado, non avendo mai avuto occasione di provare. Tentennò per qualche momento, prima di decidersi: Basta, o la va o la spacca! Alla peggio fai una figuraccia, si disse, decisa, prima di avvicinarsi di più a lui, per lasciare una lunga scia di baci sul collo di Eren. Teneva le mani sul suo petto, mentre con le dita stringeva la stoffa del suo maglione, nell'intento di celare quel leggero nervosismo che provava. Continuò a baciarlo lì, dove la pelle era più delicata, fino a fermarsi in un punto, per dischiudere le labbra e regalargli un bacio più lungo, che desiderava lasciasse un segno, almeno per un po'. « Eren, così... Così va bene? » si accertò immediatamente dopo, subito intimorita, come un bambino che porta il proprio disegno alla cattedra dell'insegnante, nella speranza che si complimenti. Quella sera, seduti su quel muretto, sotto la luce giallastra di un lampione, nel deserto di una Hogsmeade ormai quasi addormentata, Eren e Alena sembravano quasi due innamorati.
     
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