I’m probably 98 percent happy and 2 percent worried.

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    Forse per casualità, forse per sfortuna, il cielo sopra Hogsmeade si era riempito di nuvoloni neri e minacciosi nel breve lasso di tempo che Nessie aveva impiegato a tornare a casa dall'Irlanda. Il vento, seppur fastidioso, non era freddo ma nell'aria si respirava un'intenso sentore di umidità, segno inevitabile che, di lì a poco, grossi goccioloni di pioggia si sarebbero riversati sulla cittadina. Stretta in un cappotto di lana, con il piccolo Hamlet stretto tra le braccia, la Serpeverde si era fermata davanti al portone di casa, lì dove aveva dato appuntamento ad Otis per una passeggiata che, a giudicare dal maltempo, sarebbe stata decisamente breve. « Otis! » Lo chiamò, appena avvistò la chioma corvina del Tassorosso, saltellando appena sul posto e salutandolo con la mano. Il suo sorriso si spense immediatamente, però, quando fu in grado di mettere a fuoco l'espressione tirata del giovane Branwell, sul cui viso spiccava ancora qualche segno della rissa della nottata antecedente. Istintivamente, allungò una mano per sfiorargli la guancia, bloccandosi all'improvviso con i polpastrelli freddi a pochi millimetri dalla zona tumefatta. « Ti fa male? » Non riuscì a nascondere una certa apprensione mentre gli occhi nocciola scrutavano il volto dell'amico. Certo che ti fa male, guarda che livido! Sospirò silenziosamente e scosse il capo, mentre una minuscola ruga d'espressione spuntava tra le sopracciglia corrugate. A dispetto di un leggero strato di trucco quasi impercettibile, sembrava stanca, un'impressione corroborata dagli occhi leggermente arrossati. « Mi dispiace per ieri sera. Non so bene cosa è successo, però... doveva essere una bella serata. Una serata divertente. Avevamo decorato la sala apposta e Ronnie aveva avuto l'idea del Secret Santa e del vischio. Era perfetto, per il Natale. » Strinse le labbra fino a farle impallidire, lo sguardo fisso su un punto indefinito all'altezza del secondo bottone del giubbotto di Otis. Era una festa di Natale. Avrebbe dovuto essere una serata allegra, senza preoccupazioni o brutti pensieri. L'avevamo organizzata apposta per questo, invece si è rivelata esattamente l'opposto. Improvvisamente resasi conto di essere rimasta in silenzio qualche istante di troppo, batté rapidamente le lunghe ciglia, sollevando lo sguardo fino a rivolgere a Otis un timido sorriso. « Però non è grave, vero? Voglio dire, se lo fosse saresti al San Mungo o confinato a letto, no? » Il suo sguardo si fece nuovamente apprensivo, quasi indagatorio. Al contempo, Nessie iniziò a giocherellare nervosamente con una ciocca di capelli, come se qualcosa, in quella situazione, la mettesse incredibilmente a disagio. « Tua mamma si è arrabbiata? Spero che non ti abbia messo in punizione, ma se serve posso testimoniare che non è stata colpa tua. Sono sicura che tua madre mi crederebbe, e poi tu eri con noi quando hanno iniziato a picchiarsi. Anche Raiden è testimone. » Annuì ripetutamente con il capo, vagamente assorta. Oltre ad assicurarsi delle sue condizioni, avrebbe voluto chiedere a Otis anche di Emile ma, dopo la nottata precedente e l'improvvisa distanza instauratasi negli ultimi mesi, a causa dello stupidissimo scherzo di Emi, era combattuta tra la preoccupazione per il suo migliore amico e una buona dose di orgoglio. Sicuramente sta bene anche lui, altrimenti Otis mi avrebbe già detto qualcosa per messaggio. Nulla può scalfire la testa dura di Emi, nemmeno uno Schiantesimo. Eppure, nonostante continuasse a ripetersi quelle parole, il ricordo del volto coperto di sangue del giovane Carrow continuava a riaffiorare insistentemente tra i suoi pensieri. Lo aveva sognato per tutta la notte, rigirandosi nel letto incessantemente e svegliandosi di soprassalto nel bel mezzo di incubi confusi. E se stesse male davvero non avrebbe perso tempo a pubblicare foto idiote su witzagram. Improvvisamente infastidita, prese Otis a braccetto più bruscamente del necessario. Ben gli sta, così impara a comportarsi da villano. Parole che non pensava davvero ma che, in quel momento, le fecero provare uno strano senso di superiorità nei confronti di Emile. « Facciamo una passeggiata! » Annunciò, decisa, ignorando il cielo terso ed avanzando per qulche metro. Si bloccò di colpo, scrutando l'amico. « Puoi passeggiare, sì? Oppure è meglio se andiamo a prendere qualcosa da bere in un cafè? » Forse una bella tisana calda ti farebbe bene.
     
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    28/12/21

    Otis adorava Hogsmeade. Cresciuto a Inverness, nelle Highlands, una località classicamente piuttosto impervia e descrivibile generalmente come rigida, il Tassorosso non aveva mai visto un posto tanto accogliente e caldo. Ogni visita guidata al villaggio che aveva organizzato la scuola era stata per lui un'ulteriore opportunità di scoperta. Adesso, a 17 anni, era ormai completamente naturale passeggiare tra le stradine acciottolate. Si muoveva tra un negozio e l'altro senza pensarci su troppo, come facevano i maghi che aveva osservato le prime volte camminare con disinvoltura, senza prestare troppa attenzione all'architettura, alle forme assurde delle facciate dei negozi addossati l'uno all'altro, agli odori provenienti dalle locande a tutte le ore del giorno e della notte, al fumo bianco che si alzava verso il cielo da ogni caminetto come zucchero filato. Le mani affondate nelle tasche, lanciò un'occhiata rapida al cielo, mentre una folata di vento un po' più freddo lo costringeva a un brivido improvviso. Avrebbe piovuto, molto probabilmente.
    Era grato a Nessie per quell'incontro, se non altro perché da quando era tornato non aveva ancora avuto la possibilità di farsi una passeggiata per Hogsmeade com'era ormai ritualistico fare con Emi al primo pomeriggio sgombro di particolari impegni scolastici. Poi si era verificato quel minuscolo inconveniente per cui, a un giorno dalla fine della quarantena imposta dalla mononucleosi, si era ritrovato coinvolto in una rissa che non si capiva come non l'avesse conciato molto, molto peggio di così. Cercava di non pensarci. Ma non pensare significava fluttuare. Non sapeva farlo, non gli era mai capitato prima, di non pensare. Ma stranamente sembrava riuscirgli molto bene, quella volta. A dirla tutta, poi, c'era anche un altro motivo che l'aveva spinto a desiderare quell'incontro.
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    «Otis!» Fortuna che Nessie fosse dotata di una voce squillante. Posò lo sguardo distratto sull'amica, e ci mise qualche secondo prima di ricambiare il suo sorriso brillante. Nelle tasche, le sue dita sondavano la sagoma del pacchetto, improvvisato all'ultimo momento e tenuto incartato da un nastrino annodato alla bell'e meglio. «Nessie!!!! Hamlet!!!!!» fece una volta arrivato più vicino, il fiato che si condensava il nuvolette passeggere. All'improvviso, sembrava entusiasta. «Ma non cresce, questo maiale? Rimane sempre minuscolo???» Si incurvò appena, per avvicinarsi all'animaletto. «Per quanto singolare, non farà mai senso come Marv. Ancora mi chiedo come si possa pensare di tenere un Purvincolo come animale domestico» sospirò, prima di stringere Nessie in un abbraccio veloce. «Ti fa male?» Cosa? Fu il primo pensiero distratto, prima che le dita dell'amica si avvicinassero al taglio che aveva sullo zigomo, senza toccarlo. «Ah, uhm, nah...» Si strinse nelle spalle, affondando istintivamente il viso nella spessa sciarpa gialla e nera. «Ma tu, piuttosto...» Accennò, dopo averla scrutata meglio in viso. Sembrava non dormire da giorni. Ora che ce l'aveva davanti, e riascoltava la sua voce, i pochi dubbi che gli erano rimasti sui pensieri che aveva avvertito la sera della festa cominciavano a svanire. «Stai bene?» «Mi dispiace per ieri sera. Non so bene cosa è successo, però... doveva essere una bella serata. Una serata divertente. Avevamo decorato la sala apposta e Ronnie aveva avuto l'idea del Secret Santa e del vischio. Era perfetto, per il Natale.» Lo sguardo di Otis vagò per la strada, posandosi distrattamente su una strega poco distante da loro, intenta a negoziare con un venditore ambulante. «Infatti penso che sia stato più brutto per voi, visto quanto duramente avrete organizzato la serata, che non per me o per Emi. Cioè, non fraintendermi, non è stato uno spasso passare la nottata all'ospedale...», ridacchiò «– Però non è grave, vero? Voglio dire, se lo fosse saresti al San Mungo confinato a letto, no?» «No, non è grave, per niente» Era forse deluso? «Emi era messo peggio di me, mi sa. Ma stiamo bene.» Nessie non aveva ancora risposto alla sua domanda, però. «Tua mamma si è arrabbiata? «Eh... Diciamo che non era proprio una Pasqua...» «Spero che non ti abbia messo in punizione, ma se serve posso testimoniare che non è stata colpa tua. Sono sicura che tua madre mi crederebbe, e poi tu eri con noi quando hanno iniziato a picchiarsi. Anche Raiden è testimone Era stata quella, forse, la parte più difficile. Come ragazzo, Otis rigettava quella mascolinità tossica che ti imporrebbe di apparire come un duro, qualunque cosa significhi. Non gli interessava sembrare un perdente, perché quelli erano semplici stereotipi. Ma venire sgridato dalla mamma, a 17 anni, dopo una rissa, era quanto di più sfigato esistesse. Fantasticava, segretamente, di poter vivere in un universo parallelo in cui non ci fossero mamme con cui dover affrontare quel tipo di discorsi, a cui dover spiegare le proprie necessità, con cui dover negoziare la propria libertà. Lo trovava troppo difficile e faticoso. «Non ho davvero molto da raccontare, mi rendo conto che riesca a rendere noiosa persino una rissa...» ridacchiò, scuotendo la testa. «Però tu non hai ancora risposto alla mia domanda», scandì poi, piano, incontrando il suo sguardo. «Facciamo una passeggiata! Puoi passeggiare, sì? Oppure è meglio se andiamo a prendere qualcosa da bere in un cafè?» Era avanzata già di qualche passo rispetto a lui, ma Otis era rimasto piantato lì dov'era, con le mani ancora tenute calde dal tessuto del cappotto, gli occhi cerulei ingrigiti dal cielo scuro. Sembrava insolitamente serio, così. «Io non mi muovo se non mi rispondi e mi dici come stai.» Scrollò le spalle, rimanendo severo solo per qualche secondo prima di incurvare la bocca in un sorrisetto. «Puoi scegliere tu se dirmelo camminando o seduti, purché mi rispondi. Perché mi sa che io e te abbiamo un po' di cose in sospeso.» Infine le si avvicinò, con passo studiatamente lento, tracciando lo spazio tra loro con grosse falcate teatrali. «Mentre ci pensi, però...» Estrasse finalmente il pacchetto dalla tasca, tenendolo verso di lei con il braccio esteso. «... Tieni. Un pensiero dal Paese dei Ciliegi!» Fece poi, mimando un inchino. «È una bambola Kokeshi. Sono di buon auspicio, in Giappone. Questa però è incantata.» Non era bravo, con i regali, perché la maggior parte delle volte finiva con il comprare cose che avrebbe voluto lui – come il Koto che aveva regalato a quell'ingrato di Émile. «Oltre a scacciare i nargilli, a volte ti parla. Non so quando. Mi sa che decide lei quando farlo. Comunque non dice molto, in genere. Forse un aforisma. Ah, sì, ecco, ti dà tipo dei consigli. In base alle difficoltà che stai vivendo, se gliene parli lei ti risponde. Solo se le va, però. Carina, no?»
     
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    « Ma non cresce, questo maiale? Rimane sempre minuscolo??? » La sorpresa nella voce di Otis le strappò una risatina, mentre Nessie scuoteva la testa, lasciando dondolare i lunghi capelli scuri. « No, è un maialino nano! Restano sempre piccoli, praticamente hanno la stessa stazza di un gatto. Adorabile, vero? » Domandò, senza realmente aver bisogno di una risposta affermativa per corroborare quella sua opinione del tutto singolare e assolutamente oggettiva, mentre accarezzava delicatamente il nasino di Hamelt. « Per quanto singolare, non farà mai senso come Marv. Ancora mi chiedo come si possa pensare di tenere un Purvincolo come animale domestico. » Come, prego? Otis si sarebbe beccato una risposta piuttosto risentita, accompagnata da un'espressione scettica e dall'immancabile svettare delle sopracciglia, se solo nell'alzare lo sguardo su di lui, pronta a elencare i migliaia di motivi per cui Hamlet era millemila volte meglio di Marv, le iridi nocciola non si fossero posate sul taglio che spiccava sullo zigomo del Tassorosso. Si scordò immediatamente della sua piccata protesta, improvvisamente preoccupata. « Ah, uhm, nah... » L'espressione suk viso della Serpverde si adombrò leggermente, poco convinta da quella risposta vaga. Nonostante si comportasse come nulla fosse, il taglio le faceva piuttosto impressione e, vista la posizione, doveva essere piuttosto doloroso. Forse è meno peggio di quello che sembra. Oppure sopporta in silenzio e basta, tipo orgoglio maschile e quelle cose lì. « Infatti penso che sia stato più brutto per voi, visto quanto duramente avrete organizzato la serata, che non per me o per Emi. Cioè, non fraintendermi, non è stato uno spasso passare la nottata all'ospedale... [...] Ma stiamo bene. » Fu una fortuna che l'attenzione di Otis si fosse spostata su un punto imprecisato alle sue spalle perché, nel sentire nominare il nome del suo migliore amico, l'espressione di Nessie vacillo; i lineamenti dolci si tesero, d'un tratto alterati da un susseguirsi di emozioni che non riuscì a controllare: ansia, paura e - infine - un profondo sollievo. Lentamente, prese un respiro profondo, accorgendosi solo in quell'istante di aver trattenuto il fiato. « Meno male. » Mormorò, allentando la presa attorno al manico della borsa, nel tentativo di scrollarsi di ricomporsi. « Quindi quello con cui King stava litigando era davvero Emi. Mi sembrava fosse lui, ma non ne ero sicura. Non sapevo nemmeno che fosse tornato in Inghilterra per le feste. » O almeno, non prima che decidesse di infilare la lingua in gola a mezza festa. Sebbene il suo tono di voce fosse impregnato di una nota di sorpresa, sul finire della frase non riuscì a nascondere una sfumatura di amarezza. Durò solo un battito di ciglia e, nel giro di pochi secondi, aveva ripreso a tartassare Otis di domande, seppur meno allegra e cinguettante del solito. Era una tecnica che utilizzava spesso, quando voleva evitare argomenti scomodi o scacciare pensieri che la turbavano. Aveva iniziato a farlo per caso, spinta a chiacchierare del più e del meno quando era nervosa o agitata, fino a quando, crescendo, si era resa conto che quel suo modo di fare riusciva a distrarre le persone e a permetterle di dirottare l'attenzione verso questioni più leggere ed impersonali. « Non ho davvero molto da raccontare, mi rendo conto che riesca a rendere noiosa persino una rissa... » Nessie scosse il capo, sventolando la mania a destra nell'aria per scacciare quell'argomento. « Se vuoi la mia opinione, non c'è proprio niente di avvincente nelle risse. » Ribatté, stringendosi nelle spalle e sovrastando le voce di Otis. « Fare a botte in quel modo è una cosa da villani e maleducati. Onestamente non me lo aspettavo proprio. Cioè, so che King a volte è una testa calda, però non pensavo a questi livelli; ed Emi combina solo guai. Anzi, a volte sembra persino che gli piaccia. » Non mi stupirei se l'avesse fatto apposta. Lasciò cadere l'argomento, trattenendo a stento quell'ultima frecciatina. A dispetto della sua Casata, Nessie non era mai stata una persona rancorosa o vendicativa. Di tanto in tanto si abbandonava a qualche capriccio, talvolta poteva risultare un po' saccente o pretenziosa, ma si trattava sempre di malumori momentanei e di breve durata, durante i quali bastava poco per farle spuntare il sorriso. Tuttavia, per quanto riguardava il suo rapporto con Emile, la situazione era un po' più complicata. Grazie all'amicizia tra le rispettive famiglie, Emi era stato una costante nella sua vita sin da quando Nessie aveva memoria. Erano cresciuti insieme e, nella visione romantica ed ingenua che caratterizzava Nessie, la presenza del giovane Carrow nella sua esistenza era qualcosa di tanto scontato quanto immutabile. Il trasferimento di Emile in Francia aveva originato le prime, invisibili, crepe nelle fondamenta di quella certezza. Aveva pianto per giorni quando aveva saputo che avevano deciso di iscriverlo a Beauxbatons, arrivando persino a supplicare suo zio Barry di mettere una buona parola con i signori Carrow. Trascorrere l'ultimo anno ad Hogwarts senza Emi era stato strano e, di lì a poco, la sua già limitata capacità di gestire il cambiamento - soprattutto quando negativo ed emotivamente stancante - era stata ulteriormente messa a dura prova dalla decisione di Maddie di proseguire gli studi universitari all'estero. Nel giro di pochi mesi, la giovane D'Arcy si era dovuta separare dalle due persone che, oltre alla sua famiglia, avevano occupato un posto di rilievo nel suo piccolo universo privato; e, se da un lato si era ripetuta che la distanza era solamente geografica, non era riuscita a fare a meno di sentirsi un po' abbandonata, messa da parte come un souvenir impolverato nella nuova realtà francese di Emi. Da diverso tempo ormai aveva la netta sensazione che il loro rapporto fosse cambiato, mutato in qualcosa che non riusciva a definire. «Io non mi muovo se non mi rispondi e mi dici come stai.» Nessie si fermò, pochi passi avanti rispetto ad Otis, e si voltò nella sua direzione, sorpresa dalla serietà nel tono di voce del Tassorosso. Batté rapidamente le palpebre, confusa. « Io? » Domandò, indicandosi con il dito indice della mano destra. Io sto bene. Aveva quelle parole sulla punta della lingua, pronte a sgusciare fuori, accompagnate dal più dolce dei sorrisi. Era sul punto di dirlo e riproporre per l'ennesima volta il medesimo teatrino, quando Otis le si avvicinò, costringendola ad alzare il viso all'insù per guardarlo in faccia. Ma è diventato ancora più alto nel giro di una notte oppure sono io che non me ne ero ancora accorta? «... Tieni. Un pensiero dal Paese dei Ciliegi!» Abbassò lo sguardo sul pacchetto che Otis le stava porgendo, attonita. « Mi hai portato un regalo? » Domandò, meravigliata, afferrando delicatamente il pacchetto con entrambe le mani. Lo scartò delicatamente e con attenzione, attenta perfino a non rovinare la carta in cui era avvolto, rivelando una bambola di legno dipinta a mano, tipica della tradizione giapponese. Sfiorò con le dita l'abito della bambola mentre ascoltava la spiegazione di Otis e si aprì in un sorriso. Annuì, entusiasta, sollevando gli occhi nocciola ad incontrare quelli di lui. « E' bellissima, Otis. Mi piace tantissimo! » Gli si avvicinò per stringerlo in un abbraccio, sollevandosi sulla punta dei piedi per stampargli un bacetto sulla guancia. Sì, è decisamente più alto. « Grazie! » Sorrise ancora, sincera. « Spero che le piaccia la musica perché la mettero' in camera. Così può farmi da pubblico esclusivo. Credi che apprezzerebbe la musica classica? » Rise, sollevandola per mostrargliela. « Dovremmo trovarle un nome. Tu che sei stato in Giappone, hai qualche suggerimento? Un nome giapponese mi sarebbe perfetto, non credi?» Si rivolse anche alla bambola, scherzosa. « へそで茶を沸かす - Fare il tè sull'ombelico. » Nessie sgranò gli occhi, esaltata. « Per Morgana, ha parlato! » Sbottò, con una risata. « Ha parlato davvero, Otis! » Che cosa carinissima! « Anche se onestamente non so cosa voglia dire "Fare il tè sull'ombelico". Forse è un modo di dire giapponese? » Scrutò l'amico, incuriosita da quella buffa sequela di parole. « Cosa vuol dire "Fare il tè sull'ombelico"? » Domandò, rivolta alla bambola, senza ottenere alcuna risposta. Nessie si strinse nelle spalle, fingendosi delusa nonostante gli occhi scuri brillassero allegri. « Niente, immagino che non abbia più voglia di chiacchierare. Vorrà dire che la mettero' a riposare nella borsa, magari dopo sarà più loquace. » Ridacchiò tra sé e sé, riponendo accuratamente la bambola all'interno della borsa che le pendeva dall'incavo del gomito. Si rivolse di nuovo a Otis, più allegra. « A proposito di thé ed ombelichi... Mi é venuta voglia di qualcosa di caldo. Qui dietro c'è uno dei miei posti preferiti, é una caffetteria carinissima ed è meno frequentata di quella del College. Ti va di andarci? » Lo prese a braccetto con decisione, per evitare che rimanesse indietro un'altra volta, abbandonandosi ad una risatina quando incontrò l'espressione contrariata di Otis. « Tranquillo, nel mntre rispondo anche alla tua domanda. Promesso! » Si avviarono in direzione del locale, con Hamlet che zompettava davanti a loro, attirando le occhiate curiose dei passanti. Un maialino a passeggio con tanto di guinzaglio e cappottino invernale era insolito anche tra i maghi. « Allora... da dove comincio. » Mormorò, tra sé e sé, pensierosa. « Mh, diciamo che ci sono state un sacco di novità da quando sei partito. Come prima cosa, il College. Alla fine ho scelto di iscrivermi ad Arti e Spettacolo, anche se all'inizio ero indecisa se continuare con gli studi o dedicarmi direttamente alla musica. Però dopo il tutorato ho deciso che mi sarebbe piaciuto studiare al College, Fitzwilliam è stato davvero disponibilissimo e mi ha aiutato un sacco a chiarirmi le idee - Fitz è il fratello di Alena Gauthier, hai presente? » Attese la sua risposta, prima di continuare. « Poooi io e Ronnie ci siamo trasferite assieme ad Hogsmeade. Non ti dico che fatica trovare un appartamento carino, luminoso e in buone condizioni. Fortuna che mia nonna ha un sacco di conoscene e siamo riuscite a trovarne uno con anche il terrazzo. Dopo devi assolutamente salire a vederlo, non è grandissimo e la sala e la cucina non sono separate, però è delizioso! » Sentenziò, con un certo orgoglio. « Vabbè, l'anno scorso ho frequentato un po' Noah Doyle, non so se hai presente. Mi trovavo molto bene con lui, ma eravamo entrambi impegnatissimi tra esami e attività extracurricolari quindi ho preferito chiudere le cose prima che diventasse una relazione vera e propria. Niente di che, insomma. Da quando ho iniziato il College poi ho ancora meno tempo libero, non faccio altro che correre da una lezione all'altra per il Campus, le lezioni di violino con mio nonno in Irlanda e le cene di famiglia. » D'un tratto si illuminò, sorridendo tra sé e sé. « Dopodomani c'è anche il concerto della fondazione. Quest'anno ho aiutato nell'organizzazione e suonerò come al solito, e poi.. » Esitò un istante, tradita dal lieve rossore sulle
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    guance. « suonerò da solista! Sarà la mia prima esibizione ufficiale come professionista! » Battè le mani tra loro, inspirando profondamente. « Sono così nervosa che non faccio altro che ripetere lo spartito anche quando non sto suonando. L'altro giorno lo ripetevo mentalmente persino mentre mi lavavo i denti, per poco non ho usato lo spazzolino come arco! » Ridacchiò, roteando gli occhi al cielo. « Sono contenta, ma riuscire a organizzare tutto non è affatto semplice. Delle volte mi sembra di non avere tempo per fare altro, ma è solo un periodo. Dall'anno nuovo le cose dovrebbero calmarsi un po'... almeno dopo gli esami. » Scosse il capo, rassegnata. Praticamente è una corsa ad ostacoli da qui alla fine dell'anno. « Tu, invece? Scommetto che hai un sacco di cose da raccontarmi! » Domandò, fissandolo incuriosita.
     
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