Ma va' a capire perché si vive se non si balla

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    « Elvis, fermo! Torna qua! »
    Sulle prime gli era parsa un'idea geniale. A volte le idee gli venivano così, dal nulla, standosene sdraiato sul proprio letto a fissare il nulla. Quel pomeriggio aveva individuato la sua fonte d'intrattenimento nel povero Elvis, il ranocchio da compagnia di Otis. Lo fissava con gli occhioni acquosi, tranquillo e indisturbato nella sua gabbietta, tanto da convincere Émile a mettere in pratica la prima stupidaggine che gli passasse per mente. Con un balzo era saltato giù dal letto e aveva aperto la gabbietta, accolto l'animale tra le mani, per poi infilarlo senza troppa pietà nella tasca della felpa.
    Aveva gongolato tra sé e sé lungo tutto il tragitto che separava il dormitorio di Tassorosso dalle scale che portavano al piano terra, verso la sala grande, con Elvis che ogni tanto gracchiava nella sua tasca. Era lo scherzo ideale: il suo compagno di stanza mai avrebbe potuto immaginare che a rapire il suo animale da compagnia era stato proprio lui. Sarebbe impazzito per un paio di giorni a cercarlo ovunque nel castello, prima che Émile gli rivelasse che in realtà era rimasto al sicuro nelle cure del guardiacaccia per qualche giorno. Nel frattempo, avrebbe avuto modo di fargli provare quella nostalgia terribile che lui era costretto a sopportare, con la distanza dal suo amato Marv. Ridacchiava di gusto, immaginandosi già lo stress che avrebbe causato al giovane Branwell, che già stava sull'orlo di una crisi significativa a causa del precoce fallimento del giornalino.
    Per un attimo rifletté se quella trovata non fosse un po' troppo, ma si strinse subito nelle spalle, dicendosi che la scomparsa temporanea di Elvis non poteva che essere una cosa buona: Otis si sarebbe così distratto da tutte le sue paranoie e da quell'idiozia del giornalino scolastico, che si ostinava a voler far funzionare senza motivo. E proprio mentre stava per raggiungere la cima delle scale, Elvis fece, inaspettatamente, quello che fanno tutte le rane: saltò. Un balzo enorme e improvviso, che lo fece atterrare sul pavimento dei sotterranei.
    Imprecando, Émile cominciò a ridiscendere di corsa le scale, ma proprio in quell'istante la rampa scelse di cambiare direzione, costringendo il giovane a scendere nel
    punto più lontano da cui si trovava il ranocchio. « Elvis!!! TORNA SUBITO! » lo rimproverò di nuovo, ma l'animale continuava a saltellare indisturbato, fino a quando non lo vide sparire... dentro l'aula di pozioni.
    Émile impallidì. Accelerò immediatamente la propria corsa, ma quando si precipitò, ansimante, dentro l'aula, di Elvis non c'era traccia. « No no no no! Cazzo! » imprecò ripetutamente, gli occhi che perlustravano concitati ogni angolo del pavimento, mentre scostava i banchi qua e là senza troppa cura. Eppure deve essere qui, per forza. L'ho visto entrare. Con un rapido colpo di bacchetta richiuse la porta della stanza alle sue spalle. Nel dubbio, nessuno di lì sarebbe uscito fino a quando Elvis non si fosse fatto nuovamente vivo. Alle pareti della stanza, degli enormi contenitori di vetro, ricolmi di liquidi e ingredienti di ogni genere, riempivano gli scaffali. Alcuni di loro erano riempiti da dita di rana o occhi di rospo, ingredienti essenziali per alcune delle pozioni che venivano preparate lì dentro. Émile sudò freddo, immaginandosi, per un istante, il povero Otis che si trovava a preparare il successivo compito di Pozioni con i pezzi del cadavere di Elvis. Che scherzo del cazzo!
    Si fermò un attimo, per prendere fiato e raccogliere le idee: solo in quell'istante notò di non essere solo, in quell'aula. « Nirvana! » esclamò, quasi contento di vedere la Bennett davanti a sé. Lui e la Corvonero non avevano molto da spartirsi, né avevano una gran confidenza: era capitato, qualche volta, di condividere progetti di gruppo di Storia della Magia o DCAO, ma niente di più. Era chiaro che i due non fossero particolarmente affini, né per carattere né per amicizie: ma in quell'istante il giovane Carrow non poteva essere più felice di vederla. « Mi serve il tuo aiuto! » disse, per quanto, più che una supplica, il suo pareva un ordine assai perentorio. « Hai visto entrare un ranocchio qui dentro? È tipo grande più o meno così... Piuttosto brutticello... Devo trovarlo immediatamente » asserì, puntando gli occhi nocciola in quelli scuri della Bennett. « Se mi dai una mano a recuperarlo, ti devo un favore enorme. »
     
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    Si stava avvicinando la luna piena e Nirvana si ritrovava per l’ennesima volta con neanche una scorta di pozione antilupo, che avrebbe potuto salvarla dal trasformarsi la prossima settimana. Tra l’altro il professore di pozioni era stato chiaro “Quest’anno devi provare a fartele da te” ed a Nirvana stava anche bene in realtà, perché la materia le piaceva abbastanza e sembrava portata, peccato fosse pigra e procrastinatrice, altrimenti, di sicuro, la buona volontà del professore, che sembrava volerla spronare a fare di più, sarebbe andata a buon fine.
    Quindi il problema era abbastanza evidente, o lasciava perdere e tra qualche giorno cominciava a cacciare le sue coinquiline, oppure Van doveva fiondarsi immediatamente in aula pozioni a cercare una soluzione, anche detto: guardare tra le scorte del professore ed infine, se non avesse trovato niente, provare a fare la pozione.
    In tutto questo c’era un problema che non riguardava il rubare o il farsi beccare da qualche carica scolastica, ma le serviva uno stramaledetto alibi. Che avrebbe detto alle persone che passavano di lì e che l’avrebbero vista con un calderone in mano? “Ah, no, non vi preoccupate, sto ripassando per la lezione”, chi ci avrebbe creduto? Nirvana Bennett che si impegnava…era più probabile l’esistenza di Babbo Natale.
    Quindi, mentre scendeva quei tremila gradini che la portavano ai sotterranei del castello, cominciò a pensare che forse sarebbe stato meglio portarsi dietro Nathan, così che potesse farle da palo fuori dall’aula ed avvertirla in caso di emergenza. Infatti il ragazzo era l’unico all’interno del castello di cui Nirvana si fidava abbastanza da portarlo con sé a cercare una cosa così importante come la pozione antilupo, anche se, in tutta onestà, avrebbe potuto anche chiedere ad uno della sua banda, visto che non avrebbe dovuto minimamente varcare la soglia ma solo fare da guardia. Il punto era che i nuovi membri proprio non le andavano giù ed i vecchi erano cambiati così tanto che quasi non li riconosceva. Per cui Van avrebbe fatto da sola perché di sicuro meglio soli che mal accompagnati e non voleva rischiare di dover rivelare a metà scuola la sua situazione solo perché un cazzone si stava distraendo ad inseguire delle ragazze o terrorizzare dei primini.
    Quindi, appena arrivata, Nirvana si guardò bene intorno ed entrò nell’aula, per poi chiudere dietro di sé la porta così da non attirare sguardi indesiderati. Non c’era nessuno.
    “uuuh, ok”
    La corva tirò un sospiro di sollievo, come se si fosse tolta un peso dal petto, e proseguì a camminare nella stanza con grandi falcate verso la porticina che si trovava sul muro più lontano, nella quale di solito ci trovava tutte le scorte antilupo che le servivano.
    Ma perché devo fare tutte queste cose, non sarebbe più semplice mangiare qualcuno?. Il pensiero la sfiorò, quando, aprendo lo sportellino, non trovò le boccettine necessarie a superare la settimana e che di sicuro avrebbe dovuto preparare da zero tutta da sola, a meno che non esistesse un altro lupo mannaro nel castello…di sicuro avrebbe potuto mettere un annuncio.
    Un colpo di vento aprì la porta e Nirvana sentì delle imprecazioni venire da fuori della stanza e che avrebbe ricambiato molto volentieri, visto che non voleva minimamente essere vista lì in quel momento. Quindi si buttò letteralmente a terra, mentre un ragazzo che conosceva cominciò a spostare banchi e sedie.
    UZ0y
    “Cazzo Emile, ma proprio adesso?” sussurrò la strega cercando di non farsi sentire, mentre un essere le balzava accanto, molto confuso, e la sorpassava come se nulla fosse.
    “Nirvana!”
    Oh, che gioia… la ragazza si tirò in piedi e, sbuffando, sistemò i vestiti, come se fosse appena cascata a terra o stesse cercando qualcosa. D’altronde non poteva far altro, dopo quel contatto visivo Van si doveva arrendere, anche se l’idea di comprare il mantello dell’invisibilità cominciò a prendere spazio nella sua mente.
    “Ei, ciao”
    Commentò Nirvana quasi con tono scocciato, per poi incrociare le braccia mentre ascoltava il ragazzo senza dargli troppa attenzione, fino a quando non sentì la parola magica “favore”.
    Lui avrebbe dovuto un favore a lei. La questione stava cominciando ad essere particolarmente interessante.
    “Se ti trovo il rospo strano, mi aiuterai in pozioni?”
    Prendere o lasciare. Però con lei non era mai un lasciar vero e proprio, come per dire “va bene, amici come prima”, assolutamente no. Se Emìle non avesse accettato, la probabilità che Nirvana cominciasse a correre con il ranocchio in mano, che tra l’altro riusciva a vedere nell’angolo dell’occhio, saliva al 100% e non l’avrebbe di certo lasciato andar via per niente.
    Quindi la corva si avvicinò al ragazzo e gli allungò la mano, come per suggellare un patto, che per lei era molto più significativo di un voto infrangibile.

     
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