{CHAPTER ELEVEN 2.0} Winds of Spring {MINISTERO}

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    uruqcek
    Non ebbe bisogno di usare alcun incantesimo, si parò solamente davanti alla mora con la bacchetta pronta. Bacchetta che venne puntata prima verso uno sconosciuto che cercò di farlo calmare. Nel sentire quelle parole, il ragazzo abbassò effettivamente la sua arma . Suo padre aveva usato la cinghia per farglielo imparare ma la diplomazia era il modo migliore per sopravvivere alle autorità. «Se questo servirà a convincervi che ero solo nel posto sbagliato al momento sbagliato verrò senza opporre resistenza» Ed effettivamente era pronto a seguirlo ed essere interrogato, visto che lui non centrava nulla con il gruppo che si era diretto verso gli ascensori dorati. Pensandoci meglio, mentre ancora aveva la bacchetta puntata nei confronti degli auror, aveva riconosciuto la ragazza che gli aveva parlato da qualche foto vista sul giornale. Un volto a cui ancora non riusciva a dare un nome però. Si stava girando per controllare che la ragazza alle sue spalle stesse bene ma la vide crollare a terra priva di sensi a qualche metro da loro, davanti a lei un ragazzo «EHI! LASCIALA STARE» disse mentre correva in direzione dei due ed estraeva la bacchetta «Incarceramus » Avrebbe provato a castare.
    Se il suo incantesimo fosse andato a buon fine lo sconosciuto si sarebbe ritrovato avvolto da pesanti catene che gli impedivano ogni movimento e l'americano avrebbe potuto raggiungere la giovane per assicurarsi che non avesse ferite -usando l'essenza di dittamo nel caso in cui ce ne fosse stato bisogno- per poi aspettare che qualcuno venisse a prelevare lo sconosciuto e la mora così che le fossero date le cure necessarie.
    Se il suo incantesimo non fosse andato come sperava, avrebbe comunque continuato a correre fino ai due sperando che il ragazzo scappasse e che la giovane stesse bene. Anche in quel caso avrebbe medicato eventuali ferite dovute alla caduta ed avrebbe aspettato i soccorsi.
    Solo in un secondo momento avrebbe raggiunto coloro che stavano raggiungendo le uscite ed una volta fuori dal ministero avrebbe provato a raggiungere l'abitazione di Betty sperando di trovarla incolume e al sicuro.
     
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    Slytherin pride

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    the void of metamorphoses

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    Nella pioggia di incantesimi in cui Mun tentò di difendersi e contrattaccare il più possibile, le parole di Albus la lasciarono interdetta. Fidarmi in che senso? Lo avrebbe scoperto sin troppo presto. Prima che potesse anche solo realizzare quello che stava succedendo. « ALBUS! » L'urlo disperato saettò nella stanza mentre tentava di schiantare gli Auror più prossimi alla sua dolce metà, prima di sentirsi trascinare da qualcuno direttamente verso il velo. « SIETE IMPAZZITI! LASCIAMI ANDARE - » Protestò tra le lacrime prima di vedersi trascinare oltre il velo in una stanza speculare a quella della battaglia. Ammutolì sul colpo mentre cadeva sul terreno freddo sgranando gli occhi. Freddo, grigio e un silenzio innaturale. Lo sguardo corse automaticamente a ricercare Albus mentre gli correva incontro. Avrebbe voluto dirgli che lo odiava, che non era stato affatto giusto con lei. E invece lo abbracciò. « Stai.. bene? » Prese a guardarsi intorno, mentre riponeva la bacchetta nella borsa che si passò a mo di tracolla. Una risata macabra in lontananza, seguita da tanti mormorii la portarono a trasalire. « Dobbiamo attraversare tutto il Ministero? » Una domanda scandalizzata che fece a bassa voce, osservando gli altri con un'espressione oltraggiata. Certo che dobbiamo. A meno che non vogliamo uscire in mezzo all'atrio e farci arrestare. « Muoviamoci. Sanno già che siamo qui. » Una sensazione che le diede i brividi. « Infatti » « Sappiamo » « Aspettavamo » « Giochiamo » Mun deglutì sospirando profondamente prima di iniziare a muoversi lungo lo stesso percorso che ben conosceva verso gli ascensori. Se tutto era come nella loro realtà, c'era una sola via verso l'esterno. Lungo i corridoio dell'ultimo piano, a Mun parve di vedere più volte uno stesso riflesso lungo diverse superficie. Un'ombra nera. La sensazione che fosse seguita sempre in agguato. Giunta di fronte all'ascensore, le dita di Mun esitarono voltandosi verso gli altri. « Pronti? » Si aspettò di tutto una volta aperte le porte. Eppure, lì non c'era assolutamente nulla. Una prima differenza rispetto alla realtà che conoscevano l'avrebbero trovata una volta riapertesi le porte dell'ascensore. Lì, lungo il corridoio che verso l'atrio, da una parte e dall'altra li attendevano tante statue. Statue di persone. Persone dal sorriso inquietante. Un verso innaturale - spaventosamente divertito - provenne da una delle statue più lontane. Immobili, eppure così innaturalmente vive. « Fateci uscire! » Un sussurro acuto mentre tentava di reprimere un pianto disperato scaturito dalla paura.

     
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    Comincia a sentire freddo, con la fronte che si imperla di sudore e le gambe che improvvisamente gli appaiono due blocchi di marmo. No cazzo, non ora, pensa preoccupato mentre si casta preventivamente un incanto rinvigorente sperando nel suo effetto. E ogni mossa che fa, dal momento in cui si aprono le porte dell'ascensore in poi, le fa avvertendosi notevolmente rallentato. Come se si muovesse in slow motion. E allora cerca di muoversi con le spalle sempre coperte dal muro, castando incanti a destra e manca, tentando di proteggersi e allo stesso tempo stringendo i denti per non arrendersi alla stanchezza provata. Se esisti veramente, non farmi morire, ti prego Dio. Un ultimo pensiero lucido mentre il cuore va a duemila all'idea di non sapere se riuscirà veramente da dietro il Velo. Ed è notando lo sguardo spaesato di Amunet che si muove verso la nube grigiastra, stringendole il braccio per trascinarsela dietro in quell'atto disperato. Stringe gli occhi per qualche istante, mentre riprende fiato in quel silenzio tombale. Strano. « Al, sei ancora dei nostri? » Tutto bene? Sente la domanda di Amunet in lontananza, attutita mentre si rialza e un capogiro lo porta ad allungare la mano verso la spalla di Margaret per non cadere a terra. « In fondo mi devi un favore » le scocca un'occhiata a cui gli risulta difficile dare la solita sfumatura divertita. Si trascina così lungo il Ministero, avvertendo una fitta di ansia pura all'altezza dello stomaco quando si ritrovano nuovamente nell'Atrio. Uguale sì ma completamente differente. Popolato da anime all'apparenza statiche, che sghignazzano al loro passaggio. Ci permetteranno di andarcene senza fare nulla? Ne dubita, Sam, mentre ripone la bacchetta nella tasca posteriore dei jeans. « Guarda guarda chi è tornato a trovarmi. Ti mancavo così tanto? » Gli arriva dalle spalle innescando un brivido di freddo che gli attraversa la spina dorsale. Il ragazzo si volta di scatto, riconoscendo alla perfezione quella voce che ha già conosciuto in passato. Gli occhi verdognoli non scorgono nulla. E' nella mia testa, si nutre di questo, è nella mia testa. Continua a dirsi, cercando di convincersene. « Oh no, non sono nella tua testa, sono proprio qui. » Una figura si muove davanti a sé. Non più statua immobile ma specchio di sé. La mano corre alla tasca, tastandola concitatamente mentre indietreggia andando a sbattere contro qualcuno. Si volta, è un altro doppio che ridacchia, che si muove verso il se stesso vivente. « Non c'è. » Non ha un'arma, non ha niente per combattere se non il panico. « Correte! Cazzo, correte! »



     
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    Margaret era pronta, si era allenata tutti i santi giorni per quel momento, quando con la magia, quando scagliando incantesimi nelle simulazioni al Polis. L’unica cosa di cui si doveva preoccupare era avere i riflessi pronti, tanto che, prima di scendere dall’ascensore, saltellò qualche volta su sé stessa, così da riattivare le gambe ed essere pronta alla battaglia. “Pronti?” Chiese retoricamente Maggie alla squadra, prima che potessero mettere piede nella sala ed iniziare le “danze”. Quindi, stringendo bene la bacchetta, Margaret, avrebbe cominciato ad avanzare verso il velo della morte lanciando degli schiantesimi e dei protego, così che potesse evitare di finire svenuta per terra ed essere catturata. Poi, raccogliendo tutta la fiducia che aveva nel proprio branco e nella loro missione, Maggie non esitò neanche un attimo a saltare aldilà del velo, dove li aspettava il posto più oscuro del mondo, al quale sinceramente non avrebbe mai voluto fare ritorno.
    “Forza Scamander, ce la puoi fare, non essere una mammoletta, guarda Albus, lui sì che si può lamentare…”
    Scherzò Maggie per spezzare la tensione mentre riprendeva fiato, lasciando che il compagno si appoggiasse a lei per qualche minuto. Poi, osservando Albus e la sua brutta ferita al polpaccio, la lycan gli si avvicinò per aiutarlo a camminare.
    “Riesci ad appoggiarti?” Chiese Maggie, prendendolo sotto la spalla, in modo che ci si potesse appoggiare, per poi cominciare a camminare verso gli ascensori insieme al resto dei compagni. “Ti do una mano, andiamo…”
    Maggie, sinceramente, ormai si aspettava di tutto, tanto che cercò di restare il più calma possibile, quando si sentì pedinata da una figura di cui però riusciva solo a vedere l’ombra sulle pareti. Respira, Maggie, respira. “Lo senti anche te…o solo io?” Chiese la strega rivolgendosi ad Albus, mentre con la mano libera andava a prendere uno dei pugnali legati alla vita. Non aveva specificato bene il soggetto della frase, ma sinceramente..ce n’era bisogno? Questo posto mette i brividi.
    Arrivati nel corridoio, poco prima dell’atrio, Maggie strinse d’impulso il fianco di Albus con più forza, terrorizzata dalle facce inquietanti delle statue che si ritrovarono davanti. “Non mi piace per niente.”. Però, la situazione divenne ancora più scioccante quando Samuel perse completamente il controllo. “SAM. OH! Che ti prende?!” Maggie cercò di scuoterlo, non sapendo di essere la prossima candidata ai giochetti di mente delle statue. Prendi due, paghi uno?
    “Maggie…Maggie…perché mi hai lasciato qui?” Una voce familiare richiamò l’attenzione della lycan alle sue spalle, tanto da farla girare di scatto, come se avesse appena visto un fantasma.. ed in effetti nessuno le avrebbe potuto dare torto. “Perché non sei venuta a salvarmi, Maggie? Ti stavo aspettando.”
    Tutti i sensi di colpa che era riuscita a sotterrare, riemersero come dei maledetti zombie dalla terra. “Ma, io…non capisco? Tu?”. Di fronte a lei una delle statue prese le sembianze del fratello di Mia, nonché il suo fidanzato prima dell’avvento della Loggia Nera e la sua tragica morte in uno degli scontri. Vedendolo, quasi le mancò l’aria ed una lacrima le scorse sul viso. “Aiuto.”

     
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    La scenetta dell'interrogatorio perse subito interesse per la rossa, non appena Coriolanus venne raggiunto da un Ministeriale e batté in ritirata senza neanche darle una spiegazione. Perfino in una situazione d'allerta generale, non gli risparmiò un'occhiata torva per quella mancanza di considerazione. Con assoluta apatia poi, tornò a lanciare uno sguardo verso Cygnus e Dory che ne aveva approfittato per sgattaiolare chissà dove. Cosa pretendevo da una Weasley? Voltandosi, lasciò perdere la questione e riprese a mescolarsi fra qualche Ministeriale rimasto per apprendere altre info. Non la stupì, capire che si stesse diramando la notizia di un attentato ad Hogwarts ed Hogsmeade, dopo quello che aveva letto dalla mente dell'Auror. Non stette neanche a farsi ulteriori domande, mentre sempre più nervosa aspettò che la lasciassero uscire di lì. È chiaro come il sole, che se parlano di terroristi è per mantenere una facciata pubblica. È Inverness. Dopo il colpo di stato in Giappone, la presa di territorio e le restrizioni alla comunità lycan, è già tanto che non abbiano assaltato direttamente il Ministero. Cos'era questo tentativo qui e la sceneggiata patetica della finta Tris, però? Stringendo fra le dita la moneta legata col Proteus che teneva in tasca, all'improvviso l'agitazione che provava per i suoi pochi affetti venne sostituita da un brivido anomalo. Fu come sentire una mano invisibile e gelida sfiorarle la pelle; qualcosa la lambì nel profondo, insieme ad un sussurro indefinito. Sussultò, per il freddo e lo strano presentimento che le fece accapponare la pelle. La conosceva, quella sensazione. L'aveva già provata; l'ultima volta al rave, quando tutto era finito in malora e l'Upside Down se l'era quasi presa insieme a Derek ed altri poveracci. È solo suggestione. Non è la Loggia Nera, Maevey. Non quando sono da sola. Chiuse la mente a qualsiasi intromissione, nonostante percepì un eco lontano di una voce femminile conosciuta, provò a bloccare ogni contatto e traccia della Legilimanzia. Stringendo più forte la moneta si poggiò ad una colonna, in disparte, respirando profondamente mentre aspettava che liberassero le uscite. Soltanto allora, una volta allontanatasi da occhi indiscreti, avrebbe finalmente lasciato emergere il timore che aveva represso sin dall'inizio di quella storia. Tirò fuori la moneta e, stringendola più forte, avvertì finalmente i tre a cui aveva regalato e legato i doppioni. Il metallo prese a bruciare sul palmo: "Attacco ad Hogwarts e il Ministero. È successo qualcosa di strano. Ci vediamo dagli H. Dobbiamo capire che fare. M."

     
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    Quella piccola vittoria ebbe breve durata; come le porte dell'ascensore si spalancarono, gli incantesimi vennero lanciati da ambo i fronti, sfrecciando nell'aria e, di tanto in tanto, abbattendosi contro i muri e le volte del corridoio. « AH! PINCHE PENDEJO. » Evitando uno Stupeficium con un agile movimento laterale, castando un Òculus effòdo in direzione dell'avversario, tentando di aiutare i compagni ad aprire la strada. « Svelti! » Li incitò a seguire Albus oltre il Velo. « Flòrikus. » Lanciò l'incantesimo dietro si sé, per guadagnare tempo, attraversandolo per ultima. All'interno della stanza - o meglio, del suo doppione - il silenzio era quasi assordante, soprattutto se paragonato al rumore dello scontro. « Tutti interi? » Il suo sussurro sembrò rimbombare nel lungo corridoio, seguito da una risatina lontana ed inquietante. Lola si irrigidì, un brivido che le percorse la schiena, facendole venire la pelle d'oca. Ogni centimetro del suo corpo, le urlava di allontanarsi, di fuggire. Dobbiamo uscire di qui. Subito. Prese ad avanzare, guardinga, preda di una crescente sensazione d'angoscia, ogni volta che il suo sguardo si posava su una delle statue. Erano immobili, eppure i loro volti, senza lineamenti, sembravano vibrare. « Bugiarda. » Si bloccò sul posto, riconoscendo la voce. Mamma? « Non solo bugiarda, peggio. Malata. Corrotta. Uno scherzo della natura. » Il volto della statua parve mutare nelle sembianze di suo fratello Gabe e, al contempo, rimanere priva di lineamenti. Non è vero, è solo un inganno. Un trucco. « Invece é vero. Credi davvero di riuscire a mentirci? Di riuscire a nascondere quello che fai, quello che sei? » La statua rise, con una risata sprezzante, nella voce di Darius. « Eres repugnante. » Il cuore di Lola prese a battere all'impazzata, mentre altre voci dei suoi familiari si aggiungevano a quella, pronunciando ad alta voce le sue paure come una vera e propria sentenza. Le vide avvicinarsi, da una distanza imprecisata, lontana eppure vicinissima, prima che l'urlo di Scamander la riscuotesse quel tanto che bastava per guardarsi attorno. Margaret stava piangendo, impietrita. L'afferrò per il braccio, tirandola bruscamente in direzione dell'uscita. « Non è reale, Maggie! Dobbiamo andarcene di qui. Ora! » La strattonò nella direzione opposta, il più velocemente possibile lontano dalle statue, qualunque cosa fossero, alle spalle dei compagni. « Ditemi che sapete come uscire da questo posto! » Urlò, stringendo il pugnale nella mano sinistra. Che idea del cazzo. Che grandissima idea del cazzo. Nella corsa, affondò la mano nella tasca, stringendo le dita attorno alla boccetta di pozione esplodente. Non sapeva se avrebbe funzionato, ma valeva la pena tentare. « Verso l'ascensore! » Gridò, prima di lanciarsela alle spalle, sperando di fermare quegli esseri - o, per lo meno, rallentarli.
     
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    Era una fortuna il fatto che Albus conoscesse un po' troppo bene quel posto? Forse. O forse no. Ma di certo questo gli dava una consapevolezza ben definita: non avevano tempo. Si appoggiò a Maggie, trattenendo un gemito di dolore quando si trovò a dover necessariamente stendere il muscolo del polpaccio per proseguire. « Ce la faccio. Non importa. Dobbiamo solo tirare dritto. » Nessuna deviazione. Nessuna distrazione. Più facile a dirsi che a farsi dato ciò che trovarono nell'atrio. Non sapeva cosa gli altri stessero vedendo o sentendo, ma era chiaro che qualcosa di diverso si manifestasse a ciascuno di loro. « Papà! Papà sono al buio. Ho paura. » Non vide Jay. Solo la sua voce gli rimbombava nelle orecchie, come se fosse ovunque e al contempo da nessuna parte. Strinse i denti, cercando di resistere la tentazione suicida di cercare qualcuno che sapeva non fosse suo figlio. Non importava quanto piangesse, quanto si lamentasse, quanto chiamasse disperatamente il suo nome. Non doveva ascoltarlo. « Non dategli ascolto. Non sono reali. Vogliono solo farci rimanere qui. » cercò di spronare i compagni, specialmente Sam. « Allungate il passo. » Perché sicuramente c'è di peggio in arrivo. Strinse la mano di Mun, seguendo il proprio stesso consiglio mentre tentava con ogni forza di ignorare quelle voci, concentrando il suo sguardo sull'uscita del Ministero. Per un po' sembrò andare tutto bene. Le voci rimasero quello: voci. Insistenti, ma pur sempre immateriali. Resistere non era semplice, ma la paura che gli gelava il sangue nelle vene, oltre alla consapevolezza dei trucchi di quel luogo furono le cose che lo spronarono in avanti. Il problema arrivò una volta fuori. « Qui dovrebbe andar bene. » disse, svoltato un vicolo dalla strada deserta. « Sam..? » Si inginocchiò faticosamente a terra, posizionando il palmo sul cemento e appoggiando una mano sulla spalla del compagno. È tempo. Ma non appena le mani di entrambi toccarono il terreno, un ringhio basso dall'entrata del vicolo segnò l'arrivo di un branco di demogorgoni. « Mun, svelta! Prendi il mio pugnale. Copriteci! » L'urgenza nel suo tono di voce era evidente. Sapeva che fin quando i due sin eater avessero messo in pratica la loro magia, quegli animali non avrebbero smesso di arrivare. « Sam, abbiamo poco tempo. » Chiuse gli occhi, concentrandosi, cadendo pesante come un sasso nell'ormai noto mare nero.


     
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    Non è reale, non c'è niente di vero. Continua a ripeterselo mentre stringe i denti portando i muscoli ad allungarsi al massimo per correre ancora più forte verso l'uscita. E mentre lancia un'occhiata alle spalle, incrociando lo sguardo soddisfatto di se stesso nel vederlo così spaventato, si ritrova a portare entrambe le mani sopra le orecchie, come a volersi schermare completamente dalle voci dei suoi fantasmi passati che lo deridono, che lo scherniscono, che giocano con le sue parole. Cristo santo sono così dannatamente stanco si ritrova a pensare con il fiatone che non lo fa parlare e una mano appoggiata ad un muro all'esterno del Ministero mentre sta piegato in avanti per cercare di quietarsi almeno un po'. Non ha comunque tempo di farlo, sono agli sgoccioli, devono necessariamente uscire da lì e allora si inginocchia di fronte ad Albus ricercando nello sguardo di lui la forza che dovranno condividere in quel momento. La mano sinistra si allunga sulla spalla di lui, la destra tocca il terreno e dalla bocca dell'Inferno prendono a gorgogliare latrati di morte. Ora o mai più. « Guadagnate tempo » una supplica che rivolge alle compagna di avventura prima di chiudere gli occhi sgranati per perdersi nell'oscurità che velocemente lo avvolge richiedendone la totale attenzione. Cade nell'oblio nero, urla ma non sa se lo sta facendo veramente, quello che sa è che la stanchezza si fa sempre più pressante e sono solo la testardaggine e l'adrenalina in circolo a tenerlo ancora in piedi. Spinge e spinge ancora per sfondare la barriera tra la Loggia e la realtà mentre avverte sulla lingua il sapore metallico della melma che non vede l'ora di strabordare. Qualcosa di congelato si stringe intorno alla sua spalla, l'aria si fa putrida, non sa più quale sia la realtà oltre la sensazione opprimente di sentirsi annegare, di sentire ogni cellula del corpo sbriciolarsi, lentamente. Cosa ci accadrebbe se rimanessimo bloccati qui? Un pensiero lucido che si distingue dagli altri. No, non voglio morire, non devo perdermi in questo buio. Scuote allora la testa, concentrandosi sul suo battito cardiaco, tentando di sgombrare la mente completamente. Sente il terreno scricchiolare sotto le sue dita e vede la luce attraverso le crepe. « Ci siamo quasi. » Urla con le dita che si fanno più salde sulla spalla di Albus. Possiamo farcela, dobbiamo soltanto resistere.


     
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    Atrio - L'Incarceramus di Cygnus prende in pieno Percy. Il fatto non passa inosservato e allerta i Ministeriali e i pochi Auror rimasti nell'Atrio ad aiutare. Per questo motivo, insieme ad alcuni sospetti ribelli, Cygnus viene preso in custodia e portato al QGA dove resterà detenuto per l'intero giorno e interrogato con Veritaserum. Alla fine della giornata, lui e gli altri verranno rilasciati ma verranno di conseguenza schedati nei registri Ministeriali e le loro bacchette messe sotto traccia (lui non viene messo al corrente di ciò).

    Loggia - Mentre la battaglia contro i demogorgoni imperversa, l'azione congiunta di Albus e Sam riesce ad aprire un portale interdimensionale grazie al quale l'intero gruppo riesce a mettersi in salvo, ritrovandosi in un'anonima viuzza della Londra Babbana. I quattro Ribelli hanno con sé quattro passaporte sotto forma di pietre lunari che li porteranno al punto di raccolta ad Hogsmeade.


    La quest è da considerarsi conclusa

     
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