{CHAPTER TWELVE 2.0} A New Beginning

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    «Otis, ma perché stai facendo un volantino per i ribelli?» Il ragazzo sbuffò sonoramente. «Come perché? Perché devono dare spiegazioni per quanto accaduto e riordinare la situazione, mettere a posto le cose. Me l'ha chiesto Tris in persona, te l'ho detto già. Dài, su, qui ho qualche pennarello però alcuni si sono scaricati...» «Questa che fai è tipo una specie di... propaganda Indietreggiò impercettibilmente, al sentire quelle parole, la fronte che si contrasse per un millisecondo, prima di tornare distesa. «Ma che dici, non sai di che parli. Propaganda a cosa, poi» rispose di getto, prima che Emi gli rivolgesse una smorfia inorridito. Come se stesse uccidendo qualcuno, come se le avesse uccise lui, tutte quelle persone. «Aspe', ti spiego, secondo me non ci stiamo capendo. Non è che io sia dalla parte dei ribelli, ma il minimo è che tutti sappiano di doversi radunare per ascoltare cosa hanno da dire... Mi sembra banale che la gente vorrà partecipare, e io farò in modo che chi voglia possa farlo... Cosa c'è di male in questo?» Perché aveva l'esigenza di spiegarsi tanto? Forse per lo stesso motivo per cui aveva, d'istinto, omesso di raccontare all'amico della proposta che Beatrice gli aveva avanzato a nome dei Ribelli, per il giornale. Forse, da qualche parte, Otis sapeva già come sarebbero andate le cose, se l'avesse fatto. Almeno per una volta, sembrava riuscire a prevederlo. «Mi sembra un po' di cattivo gusto.» «Sei snervante. Hai sentito quello che ti ho detto?» aveva sentenziato in risposta.
    Otis era già avviato verso l'uscita dell'infermeria, con i volantini che era riuscito a scrivere tenuti sotto al braccio, quando le parole “aspettami Asa, ti seguo!” erano giunte alle sue orecchie. Non aveva registrato, in un primo momento, la risposta di Émile. Gli ci volle qualche secondo, quindi, prima di voltarsi, e aggrottare la fronte, confuso e ancor di più incredulo. «Segui quello là? Ma seriamente?» mormorò, senza veramente porre la domanda, rimanendo immobile, guardandoli andare via insieme, i suoi volantini ancora incastrati sotto il braccio.

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    Suo malgrado, quando Carrie e sua madre sarebbero entrate in infermeria, Otis sarebbe già arrivato al Parco della Liberazione. Dopo aver girovagato per il Castello per diffondere la notizia dell'assemblea, si era fermato per dare una mano ovunque ci fosse bisogno, ora aiutando con la conta degli studenti, ora prendendo nota di tutte le aule e strutture che avevano subito danni maggiori. Niente, però, era messo male quanto la tenuta e il campo da Quidditch. La verità era che stava cercando di non pensare, perché pensare significava dover decidere da che parte stare, e forse in qualche modo dover dare ragione a Emi, e nel farlo voltare le spalle non solo ai suoi vicini di casa, ma a sua madre, a suo fratello; e ugualmente temeva di dovergli dare torto, e che cosa sarebbe successo, allora? «Parco della Liberazione, ore 20, i Ribelli terranno un'assemblea» sentiva dire alla sua voce assente, distratta, atona. «Quindi tu sei con loro? Lo sapevi?» «No!» era scattato contro un Serpeverde del terzo anno, accelerando il passo per superarlo nei corridoi. Si vergognava? Seduto sul prato del Parco, ad osservare passivamente il viavai di persone che coraggiosamente si mostravano entusiaste di trovarsi lì, quasi vittoriose, Otis si sentì vagamente disgustato, e questo sentore di nausea si tramutò in autentici conati di vomito nell'adocchiare Émile arrivare al seguito di quel pagliaccio di Asa King. Schivo, evitava il suo sguardo, per la seconda volta quel giorno. Che comportamento era, quello? Cosa mai poteva saperne, Emi, delle motivazioni alla base di quello che era successo? Come poteva pensare di poterlo giudicare, per questo? Quell'intera rivoluzione li aveva toccati tutti in prima persona, ma nessuno era interessato tanto quanto la popolazione lycan dagli eventi di quel giorno – gente come sua madre, suo fratello, la sua intera famiglia. Come poteva reagire così? Scattò in piedi, le mani portate alla bocca a trattenersi finché non trovò un cespuglio dove vomitò quel poco che il suo stomaco era riuscito a reggere fino a quel momento. E per fortuna aveva rimesso tutto in quel momento, prima ancora di dover assistere alle invettive senza senso di Asa King, e prima che tutti gli altri reagissero di conseguenza. Eppure, non riuscì a trovare conforto neanche nelle parole di quella che a quanto pareva sarebbe stata la sua fazione. Persino Beatrice aveva omesso informazioni importanti e necessarie affinché gli studenti potessero seguirli, capire perché tutto ciò fosse successo – studenti come lui. Perché la ragione, il contesto, lui la comprendeva più o meno bene. Ma un'azione così violenta, un'ennesima chiamata alle armi, un'ennesima infermeria stracolma, ulteriori macerie, e teste contate, e altro sangue... Perché agire così? Ma d'altronde, si domandò, gli occhi cerulei spenti e distanti che osservavano i fuochi d'artificio, i goblin in visibilio, questo suo discorso sembrava insinuare che il fine possa giustificare i mezzi. Era quello il tipo di persona che era diventato? Ci credeva davvero? Camminò assorto verso il tendone, fissandosi la punta delle scarpe, le mani affondate nelle tasche dei pantaloni e la sensazione che i Ribelli, quel giorno, avessero occupato anche il suo corpo.
    «Fatelo smettere, basta». Stavolta fu immediatamente capace di riconoscere la voce tremante di Nessie, nella sua testa. E fu anche abile nell'individuarla – sarebbe stato difficile non farlo, visibilmente sconvolta, cercando di calmarsi sorseggiando dell'acqua. Le si avvicinò immediatamente, posandole delicatamente una mano sulla spalla. «Fallo smettere!» Otis sembrò mantenere perfettamente la calma, e la guardò a lungo, cercando di infonderle un po' di quella tranquillità. Sapeva come gestire un attacco di panico, perché sapeva cosa funzionava con i suoi. «Guarda me, Ness, guarda me» fece pacato e serio. «Il... i-il rumore, l'arancione, il rosso... è nella mia testa. Non lo sopporto più! Ti prego, fallo smettere. Tiralo fuori!» Annuì, pur non avendo idea di che cosa stesse dicendo l'amica. «Andiamo via da qui, va bene? Allontaniamoci» provò, lasciando scorrere la mano dalla sua spalla fino al palmo di quella di Nessie, cingendolo con le dita. «Hai bisogno di aria» tentò ancora, e la condusse all'esterno, continuando a voltarsi di tanto in tanto per assicurarsi che la ragazza lo seguisse, e respirasse a dovere. La fece sedere su una panchina, individuata una zona sufficientemente deserta, all'esterno del parco. Si accovacciò di fronte a lei, reggendosi sulla punta dei piedi, continuando a tenerle le mani, e cercandone lo sguardo. «Respira profondamente. Respiro con te, ok? Inspira» fece, eseguendo l'esercizio con lei. «Trattieni... Uno, due, tre, quattro, cinque, sei... Espira». E continuò così per un po', finché non percepì che l'amica avesse recuperato un po' di ossigeno. «La vuoi un'ape frizzola? Pensaci bene perché è l'ultima» disse, rovistandosi nelle tasche dei pantaloni. «È un toccasana quando ho gli attacchi di panico, tu non hai idea». Gliene lasciò una in grembo, prima di tirarsi su, e mettersi a sedere più comodamente accanto a lei. Sospirò, poi, profondamente. «E così hai preso a randellate un Auror con il tuo violino. Com'è ridotto? Il violino, intendo» Spostò lo sguardo su di lei, incerto dell'appropriatezza di quel sarcasmo. «Forse non vuoi parlarne. Forse parlarne però è proprio quello che ti – ci serve.» Si strinse nelle spalle, lasciando dondolare le gambe.

    Interagito con Emi e Nessie
    Citato Asa, Carrie, mamma Pervy, Tris
     
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    Si era preso la giornata libera e fortunatamente non aveva lezioni programmate per quel giorno. Aveva parlato già con il suo manager tanto da prendere appuntamento con alcuni ragazzi che gli sembravano davvero dei giovani prospetti per l’ambiente musicale. Nella sua testa oltre al nuovo incarico di professore c’era da mandare avanti l’impresa della sua casa discografica creata da non appena un anno e già sotto i riflettori per essere di sua proprietà. Fortunatamente sapeva di avere orecchio e le selezioni già avviate per quel giorno avevano già sfoltito una serie di pretendenti che, nonostante la loro bravura, non riuscivano ad allietare l’orecchio del serpeverde. Verso metà giornata però il suo cellulare inizia a squillare con insistenza, lo mise in silenzioso e continuò con la selezione e la scelta di futuri candidati per la sua nuova etichetta.
    Lo schermo del telefono continuava ad illuminarsi per le mille chiamate che stava ricevendo da diverse ore. Aveva detto di non voler essere disturbato. Van non può essere, al castello non funziona. Aveva pensato subito alla sorellina che non era a conoscenza della sua assenza per quel giorno in quel di Hogwarts. Prende il cellulare ed osserva il numero: è suo padre. « Se non rispondo ci sarà un moti- » « Ethan mannaggia a te dove cazzo sei? Tua sorella è in pericolo! » Rimane un secondo interdetto da quelle parole che escono dall’altra parte del telefono. La voce di suo padre era parecchio alterata, spezzata dalla paura e dalla rabbia che riusciva a percepire Ethan dall’altra parte: « Che dici in pericolo? Non dire cazzate. » « Quali cazzate e cazzate Ethan, ma che ti stai drogando? E’ successo un casino ad Hogwarts. La scuola è stata attaccata, gli auror sono sotto attacco ed un incendio divampa per tutta la tenu- » « No qua te lo dico, sei tu che hai preso qualche pillola di troppo. » Reputava parecchio difficile che all’improvviso gli auror subissero un attacco, ma poi da chi? Non è che se non riesci a sentire Nirvana per qualche ora ti devi preoccupare Avrebbe voluto dirglielo, ma la discussione continuò per diversi minuti abbondanti. Andrew, il manager di Ethan, nel vedere che la discussione non finiva più iniziò a scorrere nel suo cellulare le notizie in merito al mondo magico; Eth che in quel momento alzò lo sguardo verso il suo manager, ed amico, lo vide impallidire all’improvviso, di pronta risposta il manager gli allungò il proprio telefono con la notizia bella spiattellata sul primo sito che aveva trovato, suo padre stavolta aveva ragione e non era dettata da un ansia genitoriale nel sentire l’assenza della figlia; d’altronde nemmeno con lui si era comportato così quando era più piccolo, ma sentiva il profondo legame che aveva con Nirvana rispetto a lui: « Vedrò di fare qualcosa. » Non diede nemmeno il tempo di rispondere al padre, chiuse la telefonata e continuando ad osservare Andrew le parole che disse successivamente uscirono istintive dalla sua bocca: « Devo andare, mi dispiace che la cosa stava andando bene. Dii al ragazzo che ci rivedremo presto, siamo interessati. » E senza proferire altro abbandono la sala mixer vedendo con la coda dell’occhio Andrew dirigersi verso il ragazzo per riferirgli le sue parole. Abbandonò lo studio al centro di Londra.
    Si avviò verso Diagon Alley per cercare notizie più fresche; aveva sentore da diverso tempo che le cose all’interno del castello e nei pressi di Hogsmeade sarebbero sfociate un po’ in caciara con la presenza di tutti quegli auror; non gli piaceva affatto la piega e le regole imposte dal preside Bauldry, ma rimaneva comunque riconoscente a quell’uomo per il lavoro che gli aveva offerto, nonostante le idee politiche di Ethan non corressero di pari passo con quelle del progetto Minerva, a differenza di suo padre e la sua compagna che si sentivano profondamente legati all’attuale governo magico.
    « E quindi che cavolo sta succedendo? » Incrociò Alex, una sua vecchia conoscenza seduta all’interno del paiolo magico; « Praticamente gli auror hanno subito un mega attacco a sorpresa. Ad Hogsmeade è impazzita una protesta ed è successo di tutto. » La ragazza seduta al tavolo sembrava visibilmente divertita da quello che stava succedendo, ma d’altronde non poteva aspettarsi molto da una come lei; anticonformista e sempre controcorrente nel voler esprimere le proprie opinioni, se non le andavi bene con quello che lei pensava possibilmente finiva a prenderti in giro definendoti un bigotto ed uno schiavo del governo, ma lo aveva sempre fatto con tutti i governi passati in precedenza; una con le idee chiare insomma.
    « Sì, so già cosa è successo. Voglio solo sapere se sono arrivate altre notizie dal castello. Devo andare lì, devo vedere come sta mia sorella. » E nel sentire quelle parole del Bennett, la ragazza Alex gli sbuffò a ridere in faccia: « Come pensi che stia? Hogwarts un posto sicuro come semp- » La interruppe sbattendo il palmo della mano sul tavolo; iniziava ad alterarsi più del dovuto: « Sì Alex, forse quando smetterai con quella merda capirai davvero cosa è sicuro e cosa no. » Dare per scontato che Hogwarts fosse un posto sicuro era più una balla da dire a se stessi che altro, lui ne era uscito prima del previsto, ma quello che successe dopo che aveva finito gli studi erano fatti che definire allo stato attuale posto sicuro il castello ed i pressi di Hogsmeade era davvero vivere in un mondo a se con le bende sopra gli occhi.
    Quella discussione lo aveva alterato abbastanza tanto da alzarsi dal tavolo ed abbandonare anche il paiolo magico; Come sempre devo pensare io a tutto. Quello non smuove il culo da casa, però basta che si preoccupa per sua figlia, ma chi ci pensa a lei di più io o lui? Aveva sempre da ridire su suo padre, lo avrebbe sempre avuto nonostante grazie a Nirvana fosse iniziato un processo di redenzione e riappacificazione tra di loro. Girò l’angolo in un vicolo di Diagon Alley finendo dentro quella piccola zona oscura del luogo chiamata Nocturn Alley. Appena si ritrovò in un vicolo buio si smaterializzò con l’intento di arrivare nei pressi di Hogsmeade.
    Il tragitto di smaterializzazione fu troppo lungo tanto da lasciarlo parecchio destabilizzato. Si appoggia ad un muro nel vicolo dove si trovava; alzando lo sguardo dopo essersi ripreso notò che le strade della cittadina magica nei pressi del castello erano finite nel caos più totale. Ma che cazzo è successo? Quindi quello che le notizie avevano riportato era veritiero, ma finché non avrebbe visto con i suoi occhi il serpeverde non avrebbe mai creduto a cose del genere; forse solo in parte.
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    « Ehi, cosa ci fai qui? » Un uomo non molto più grande di lui si avvicina ad Ethan: « Mi sono appena materializzato, sto cercando mia sorella. » L’uomo scruta per un po’ la figura del serpeverde tanto da arrivare a riconoscerlo subito: « Se non è ferita o peggio si stanno riunendo tutti al parco. » L’uomo fece gesto ad Ethan di allargare braccia e gambe, inizia a perquisirlo. Gli occhi di Ethan si posano sulla spilla che l’uomo ha al petto. Morta non sarà, ha la pelle dura quella testona. Quindi questa spilla definisce l’autorità del luogo? Non dice nulla di tutto quello, ma lo pensa solamente. La conferma alla domanda che si era posto arriva quando la persona che aveva controllato cosa aveva con sé gli riferì: « Una volta al parco verrai nuovamente perquisito e poi domanda a qualcuno con la spilla dove potrebbe essere tua sorella. » Perché sicuramente sanno chi è Nirvana, certo. « Grazie. » Accenna un sorriso e si dirige verso il parco seguendo le indicazioni dell’uomo.
    Lì venne perquisito di nuovo, stessa procedura di prima, stavolta però decise di dire quanto meno le sue generalità per far capire che non aveva altre intenzioni se non vedere sua sorella: « Ethan Bennett, insegno al college. Sono qui per avere notizie di mia sorella, sapere come sta. » Non proferirono parola, la cosa destò parecchia preoccupazione nel serpeverde tanto da oltrepassare i controlli ed entrare. Si guarda intorno non vedendo la figura della sorella minore: Dove cazzo sei? Non poteva nemmeno scriverle notando subito che la linea all’interno del perimetro di Hogsmeade era ancora fuori uso.
    « Vabbè, chiederemo alla nonna di accendere un cero per lui. » Sente la voce di una ragazza davanti a lei, è in compagnia di un’altra persona ed entrambe hanno la spilla al petto. Un cero? Perché sarà mica una esecuzione pubblica? Il dubbio si instillò nel sentire le parole di quel ragazzo colme di rabbia nei confronti di chi, possibilmente, aveva architettato tutto quello che era successo lì. Terroristi? Ma da quando? « Chiedo scusa ragazze.» Si rivolge alla ragazza bionda e alla mora vicino a lei: « Non volevo disturbare; sto cercando mia sorella per caso sapete dove posso trovarla? O se è in infermeria… Qualche news, si chiama Nirvana Bennett. » Tentar non nuoce, se non dovessero sapere nulla continuerò a cercare.


    Interagito con Sol e Lola
     
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    Non avesse avuto con sé la Passaporta, è abbastanza certo che si sarebbe spezzato in mille pezzi tanto sentiva il corpo pesante e talmente privo di forze da farlo muovere quasi per inerzia. E da quando ha messo piede in infermeria, crollando su una brandina in corridoio, fino a tardo pomeriggio ha un enorme blackout, riempito dal sonno ristoratore che l'ha rinvigorito. Per questo motivo scopre sommariamente ciò che è successo al Castello con ore e ore di ritardo, viene a conoscenza della riunione al Parco della Liberazione e si ritrova Lily e Rudy come compagni di branda, insieme a fin troppe altre persone. Il fatto che per la maggiore siano dei ragazzi, della sua età o poco più piccoli, lo porta a provare un certo senso di disagio, misto al senso di nausea che si porta dietro dalla fresca avventura nella Loggia, tanto da sentire l'urgenza di uscire quanto prima da quel posto. « Non scappo, vado solo a procacciarti un po' di cibo per la fame chimica che ti prende sempre di notte. » Lancia un occhiolino alla cugina, stringendole appena la mano. « Poi dovrò anche beccarmi i rimproveri di mezza famiglia, anche quelli destinati a te. Tranquilla che ti chiederò il conto non appena rimettiamo piede a casa. Lavori tutti a tuo carico per un mese. Come minimo. » Accenna una risata che stona subito, sia alle sue orecchie sia nell'ambiente in cui si trovano, così si zittisce subito. « Vecchia roccia, dai andiamo! » Si rivolge a Rudy, evitando di dargli la sua solita manata sulla spalla, un po' perché la cera dell'amico non è delle migliori, un po' perché la sua - a detta del suo riflesso sulla vetrina dietro il letto di Lily - non è da meno. « E quindi l'aconito è? Voto da 1 a 10 per il trip? » Gli dice non appena svoltano il primo angolo in direzione delle scale. « Anche dicessi 10, scusami ma non puoi davvero niente con un vero viaggio all'Inferno. Cioè proprio gioco, partita, incontro. » Per quanto provi a parlare di ciò che è successo ad entrambi, tentando di esorcizzarlo con il suo solito sarcasmo, una scarica di brividi gli percorrono la schiena al ricordo del freddo gelante provato quella stessa mattina. [..] « Eh no, neanche qua va bene, c'è mio zio a ore quattro. » Stringe il braccio del ragazzo per costringerlo ad invertire rotta, per l'ennesima volta dopo aver evitato l'agguato di sua zia. « Qui invece direi alla grandissima. » Si ritrovano di fronte al tavolo di leccornie appena sfornate dalle cucine di Hogwarts. « Ammetto che, dopo che mi sono diplomato, ogni tanto me lo sono sognato questo pollo. » Alza un cosciotto verso Rudy prima di ficcarselo nel piatto, effettivamente ricolmo tanto da portarlo a prenderne un altro per fargli fare la stessa fine. Della nausea sembra non esserci più traccia. « Cerchiamo Tris..» comincia a dire prima di ritrovarsi a fissare un tendone, con gente che folleggia, che urla, che balla e fa baldoria sparando fuochi d'artificio. Un malloppo gli si forma in gola mentre scuote la testa, riconoscendo i fautori di quello strambo e antitetico scoppio di gioia. « Ora capisco tutto eh. Pure io mi sfonderei volentieri prima di andare a letto considerando che fino a qualche ora fa ero certo di morire..ma che cazzo hanno fatto questi qua? Arrivano a battaglia finita, spengono il fuocherello e poi festeggiano come se la vittoria fosse avvenuta per merito loro. » Storce il naso, accantonando subito l'idea di andare lì a dirgliene quattro come un vecchietto qualunque che batte la scopa ripetutamente contro il soffitto per far abbassare la musica agli inquilini del piano superiore. « Ma guarda chi c'è. » Individua Margaret seduta poco distante. « Ma che carina, non dovevi tenermi il posto. Grazie! » E senza troppe cerimonie le si siede di fianco facendo cenno a Rudy di fare lo stesso sul prato. Non potendo più aspettare, si butta sul pollo senza ritegno e smangiucchia per qualche secondo prima di percepire il silenzio disagiante intorno a sé. Certo che se non intrattengo io qua.. « Rudy, Margaret, vi devo davvero presentare? Immagino vi conosciate già biblicamente con quella roba vostra..» Muove la mano verso la propria tempia. « Io e Margaret abbiamo avuto il piacere di conoscerci meglio proprio questa mattina, sai? » Sarcasticamente aggiunge. « Certo, il nostro idillio ha ceduto un attimo quando.. » qualcosa lo frena dal rivelare all'amico altro sul come siano andate veramente le cose al Ministero. Incontra lo sguardo di Margaret e alla fine le sorride, scrollando la testa. «..quando ha rifiutato di offrirmi una birra questa sera. Una tale tirchia questa Reid. » Riprende a mangiare con disinvoltura e continua a farlo mentre Tris prende parola e comincia ad esporre la nuova situazione. « We e le nostre spille dove stanno? » Sussurra al moro con fare cospiratorio. « Uno sta in infermeria per qualche ora e vieni subito dimenticato. » Scarica un po' la tensione con un mezzo sorriso, mentre cerca di alienarsi dal baccano che arriva dalla tenda del circo. « Okay, ora vado a bucargli il pallone. Ma che si fa così? Mezzo che non si sentiva Tris parlare per colpa dei botti. » L'altalena delle sue lunatiche emozioni oscilla verso il puro fastidio e si alza in piedi, senza voler sentire una sola parola dagli altri, prendendo a dirigersi di gran carriera verso il tendone. Questo prima che la sua precaria attenzione si focalizzi su altro. Nello specifico su Artemis e proprio quella sua amica di cui fa fatica a ricordare il nome. E' effettivamente felice di saperla viva e vegeta, mentre sta parlando concitatamente con alcuni Ribelli e seppur si voglia effettivamente tenere alla larga da quei ricordi, la curiosità lo porta a muoversi proprio verso di loro. « Signori, che succede qui? » Si introduce così, fissando Misty con sguardo interrogativo. « Scamander tranquillo, ci pensiamo noi. » Eh te credo che ci volete pensare voi. « Sono certo che farete il vostro meglio ma essendo mie..amiche, potrei sapere cosa sta succedendo? » Rincalza Anthony Pierce portandosi entrambe le mani dietro la
    schiena mentre un sorrisetto convinto compare sulle sue labbra. « La signorina è in stato confusionale, ha bisogno di un consulto. » « Io non sono confusa, ma proprio per niente. Voglio solo ricongiungermi con la mia famiglia, mi stanno aspettando. Ci stanno aspettando. » "Ci". C'entra anche la tua famiglia? Lo sguardo di Sam è ancora fisso sull'amica e sembra chiederle se c'entri qualcosa quello strano discorso che gli ha fatto appena qualche mese prima. Di certo la presenza della rossa al suo fianco è sospetta per lui. « Ah capisco. » Dice posando solo allora lo sguardo sulla rossa, un'espressione apatica sul volto pallido. Volta allora appena le spalle per poter parlare quanto più privatamente possibile con Anthony. « La situazione è grave. Per quel poco che so, è rimasta orfana da bambina ed è stata parcheggiata in orfanatrofio fino alla maggior età. Potrebbe essere stata veramente confusa se pensa che i suoi genitori la stiano aspettando. O potrebbe avere un crollo nervoso conseguente all'essersi ritrovata in mezzo all'attacco. Ha bisogno comunque di essere visitata quanto prima, in infermeria chiedi di Thompson. » La linea delle labbra si fa dura nello sparare la prima cazzata che gli passa per la testa. Che poi potrebbe pure essere vero, che ne so io. Anthony annuisce e nel voltarsi nuovamente verso le due, Sam non aspetta altro prima di tirare via Misty per un braccio, allontanandosi così da quello che sarebbe capitato alla rossa. Solo allora si accorge di quanto l'intera conversazione possa essere stata registrata dalla bionda, ponendolo ora sotto una nuova luce ai suoi occhi. Ribelle. « Non so per quanto la tratterranno in infermeria. Due ore, se sei abbastanza fortunata. Vedi di non farti trovare in giro dopo. » Le lancia un'occhiata sghemba mentre si incammina per tornare da Rudy e Margaret, allontanandosi dalle urla di un ragazzino impazzito. « Se vuoi rimanere veramente qui..sai già dove andare? » Le domanda poi con le sopracciglia leggermente incurvate verso l'alto. « Io ho casa qui. E' altamente probabile che in questi giorni sarà strapiena di gente, una mezza comune, ma niente a che vedere con la bolgia di casa tua. Promesso. » Poco tatto? « Scherzavo. » Si blocca. « Non sull'invito. » Scrolla la testa con un accenno di sorriso. « Hai già mangiato? »

    Interagito con Lily, Rudy, Margaret e Misty.
    Menzionata Tris e il circo che è arrivato in città.

     
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    Tutto evolve troppo velocemente perché Tony riesca a comprendere cosa stia davvero accadendo. Quando un plotone di Auror inizia a correre alla rinfusa per i corridoi del castello, la Grifondoro storce il naso e si chiede: ma proprio oggi che Kyle doveva fornirmi la granella di Velenottero per la nuova Pozione Rilassante? - quando, però, la confusione diventa un vero e proprio combattimento in piena regola, non ci pensa due volte a trovare un rifugio sicuro, dietro uno degli arazzi al quarto piano, dove il fratello maggiore le ha insegnato ci fosse un ripostiglio nascosto ad occhiate indiscrete. E infatti è lì che rimane, il cuore a mille, in procinto di rompersi di nuovo, come quella volta sulla pista di pattinaggio. Il suo pensiero vola ai fratelli, a Zelda, a Jessie, a Weed, a Tux. Non è mai stata religiosa, Tonya Trambley, ma in quel caso specifico si aggrappa alla speranza che Morgana e i suoi compari, per una volta, vogliano graziare le sue conoscenze e regalarle una gioia. E nulla, aspetta. Aspetta finché il rumore della battaglia non diventa un chiacchiericcio di sottofondo, aspetta finché le voci di un Ardemonio nella tenuta non si tramutano in quelle di un cessato pericolo. In quelle di una cena al Parco della Liberazione. «Scusa, ma che cazzo dici?», è con un tono aggressivo che blocca una studentessa Serpeverde del sesto anno, che va diffondendo la notizia. «Ma chi cazzo è che organizza una cena?», ed è lì che le vengono fornite alcune notizie in merito. Il Preside è fuggito dal suo Ufficio, un gruppo di lycan è riuscito a... Conquistare il castello. «Che Bauldry fosse un coglione che se la fa sotto alla prima difficoltà, voglio dire, lo sapevamo. Non è storia nuova. Ma questi che -», un attimino, Trambley, frena. Si rende conto che sta per dare dei pazzi a gruppo di lycan che ha appena stabilito la propria egemonia sul territorio di Hogsmeade e Hogwarts. Diciamo che potrebbero anche sbranarmi visto che pare gli giri così oggi. Devo stare attenta a come parlo. «Boh, okay. Cibo gratis.», la butta lì, virando vertiginosamente la rotta del proprio discorso. Non si sa mai, magari Barbara Denver è una stronza vipera che fa la spia. Mai dire troppo delle proprie opinioni. Si dirige al banchetto o qualunque cosa sia con una flemma mezza sconvolta - ad ogni modo, nessuno le fa domande precise sul perché di quegli occhi stralunati o dell'atteggiamento aggressivo e pronto alla rissa (a scopo puramente difensivo, chiaro) che mostra in certe battute poco gentili e in certe espressioni ancora più palesi. Arriva al Parco e ascolta attentamente il discorso di Beatrice Morgenstern. Subito, a ruota, quello di Asa King. Cazzo, non ce la fa più. Non che Tony lo biasimi - lei stessa non sta capendo più un cazzo delle dinamiche della situazione -, solo che, a rigor di logica, Asa non è certo la prima persona che andrebbe a salvare da un casino bello e buono. Quindi boh, se vuole farsi sbranare dai lycan, che lo faccia pure. L'unica roba che la fa un attimo tentennare è il riferimento alle Logge. Boh, si sarà ubriacato di primo mattino. Che vuol dire che i lycan vogliono proteggerci dalle Logge? Non l'hanno già fatto tempo fa? Sta male... «Zey! Cazzo, sei qua.», individua la chioma biondo platino della sua migliore amica. «Ha appena sclerato di brutto. Nel senso, pure io sono allibita per sta roba, ma fare così nella tana del lupo - letteralmente -», io col sarcasmo dovrei darmi una calmata comunque, «- non è che sia un'ottima strategia.», si ravvia i capelli e assume l'ennesima espressione di disappunto della giornata. «Stai bene? Dov'eri? Aspè -», si ferma un attimo, «- c'è Zip. Ti raggiungo subito, magari ha notizie di Emby.», e corre all'assalto del fratello maggiore. «Ember?», neanche gli chiede se stia bene: non vuole e non può pensare ad una risposta contraria. «Io okay. Mi sono nascosta dietro l'arazzo del quarto piano. Il solito. Tu?», domanda infine, breve e concisa. Con lo sguardo passa in rassegna i presenti. C'è Scamander che confabula con delle persone. Ronnie che scappa via. La inseguirebbe, Tony, sia per assicurarsi stia bene, sia per chiederle di Jessie, ma viene preceduta. C'è Mia. Ha una spilla argentata anche lei. Andrebbe a parlarle per chiederle qualcosa di più, per districare dubbi, persino per chiederle se Ronnie sta bene, dato che è corsa via. Ma anche la Wallace se ne va. No regà, non potete dirmi che rimane solo King tra le mie conoscenze. «OH!», un aeroplanino di carta magico le va a sbattere in testa. «Ma che cazzo è.», lo apre e ne legge il contenuto. Resta. Paciock. Tony rotea gli occhi. Lo consegna a Zip. «Il tuo amico in stato confusionale deve aver sbagliato Trambley. Ti manda messaggi subliminali, comunque.», resta. Perché mai Peter Paciock dovrebbe comunicare a suo fratello di restare entro i confini di Hogwarts? Pure lui è coinvolto in questo macello di prima categoria? «Zippo, cioè - ma lui sa qualcosa? E se sapeva qualcosa, perché non t'ha detto niente? Ma s'è rincretinito di botto?Anzi, non di botto, lo sapevamo già, era questione di tempo. Però voglio dire..», le basi di un'amicizia: sai qualcosa di importante, lo comunichi subito alla gente cui tieni. No? - banalmente, il mondo per Tonya Trambley gira così. «Senti. Tu cerchi Ember. Io parlo con la sorella di Peter. La senior, là.», indica Karma Paciock. Le si avvicina di soppiatto.
    «Ohi. Karma. Tuo fratello, sai dov'è? Volevo parlargli perché -», boh, pare ben informato. «- oh. Griffith.», ma chiaro. Griffith Morgenstern. La persona più indicata con cui fare due chiacchiere adesso. In più, ha dei trascorsi con Zelda. Pare sia un tipo ok. Pare. Vediamo. «Rettifico.», si rivolge a Karma facendo spallucce. Cioè, con Peter se la vede Zip. Qua abbiamo una fonte di informazioni diretta, quindi va sfruttata. Subito dopo, passa al Morgenstern: «Scusa Griffith, non per cosa. Ma dato che King ha sclerato male due secondi fa vorrei.. Cioè. Hogwarts è sotto la giurisdizione di Inverness. Okay.. Banalmente, da una che di politica ne capisce mezza sega e se ne interessa ancor meno - chiamami stronza, cogliona, stupida: a me frega solo di arrivare viva a fine giornata. E' già tanto così.», non voglio fare la vittima della situa, credimi. Non me ne fotte un cazzo di come mi vedi. Non ho idea delle tue esperienze di vita, ma le mie non sono particolarmente divertenti. Quindi quando dico che è già tanto arrivare viva a fine giornata, beh, per me lo è davvero. «Parlandoci chiaro. In che modo verrà riorganizzata la scuola? E soprattutto...», cioè, io lo capisco che Minerva vi ha discriminati pubblicamente - fuori dal mondo lo sono, ma non così tanto, eh - però arrivare ad occupare un castello costruito tre miliardi di secoli fa... Diciamo che l'ipotesi di "riorganizzare semplicemente la scuola" non regge molto. Dietro dev'esserci qualcosa di più grande, per forza. «Noi qua che ruolo abbiamo?», pedine? Sì, ma di che gioco? Spettatori inermi? Chi vuole partecipare partecipa, chi non vuole, se ne va? Che discorso è? La scuola non è di tutti? Non capisco. Ci siamo cresciuti tutti, qua... Va bene, noi Trambley siamo arrivati dopo, ma questo non significa nulla.

    Interagito con Zelda, Zip, Karma, Griffith
    Citati Ember, Tux, Weed, Asa, Sam, Ronnie, Jessie, Mia




    Edited by tony star(k) - 11/4/2022, 16:04
     
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    « Dove ti eri cacciata? Ti ho cercata per ore! » , finalmente può lasciarsi andare, Cami. Può respirare. E lo fa, con tutta l'aria che ha in corpo. E' al sicuro. Ava è con lei. «Nei bagni vicino ad un'aula studio. Tranquilla... E'...», tutto okay? No, in realtà non lo è. Hanno appena rischiato di restarci secche entrambe. «Non mi è successo niente. Ho aiutato alcuni ragazzi feriti... Tutto qui. Tu, invece? Tu dov'eri? Anch'io ti ho cercata, ma... ma...», non ti ho trovata... Beh, questo già lo sai. Non sai quanto mi fosse crollato il mondo addosso all'idea di averti persa, però. O meglio, lo sai. Io so, tu sai. Il nostro rapporto è sempre stato così. Fiducia cieca reciproca. E' allora che Camila la prende in disparte ed inizia ad esporle i propri dubbi in merito al contesto in cui si trovano. Perché che ci siano, i famosi dubbi, è indiscusso. Non è così semplice prendere una scelta su due piedi, soprattutto di quel calibro. « Non lo so, cosa accadrà dopo Hogwarts. Ma, a dire la verità, forse è troppo presto per fare previsioni di questo tipo.» , probabilmente. Ma meglio prevenire che curare. Questo è stato il primo insegnamento che ho ricevuto a Medimagia, ma si applica perfettamente alla vita reale. In fondo, quando si viene coinvolti in una situazione di questo tipo, abbandonarvisi senza aver prima razionalmente valutato cosa si stia facendo, sarebbe da folli. Soprattutto per due gemelle che portano cucita addosso un'identità fittizia, un'identità che loro non appartiene. « Ci crederesti, in qualcuno che ti dice "grazie, ma no grazie" per tornare quando si rende conto che dall'altra parte non gli piace poi così tanto? » «No.», cosa crederesti, Cami? «Penserei sia un opportunista.», ma brava, Cami, ogni tanto ragioni. Tira un sospiro, corruga la fronte in un'espressione spaesata, poi torna a focalizzare il viso di Ava. L'unico punto fermo in un Parco della Liberazione che, quasi, inizia a ruotare... Sto per avere un mancamento? - si domanda. In effetti, ha un po' di nausea. Soprattutto quando un ragazzo inizia ad urlare a pieni polmoni tutto il proprio disprezzo per Inverness, i lycan e l'attacco appena verificatosi al castello. Feriti. Morti. « Perché hanno vietato i duelli? Perché i cellulari sono il male? E la radio? Perché hanno chiuso il club di Corpo a Corpo? » «S-solo... Quelli non regolamentati... Io - io... Lo so che per te era importante.», il club corpo a corpo, chiaramente... « Ci volevano non violenti o inoffensivi, Cami? » , riflette, la dolce Davis. E' solo una piccola Tassorosso che trascorre il cento per cento del proprio tempo tra lo studio e il lavoretto part time che ha trovato in un negozio di Articoli Sportivi per il Quidditch. Non ha mai riflettuto davvero sul contesto storico in cui si trova - forse, troppo presa e coinvolta nella propria situazione familiare. Nel... Reggere il gioco. Finché dura. E in effetti, sì, forse il progetto Minerva preferisce avere a che fare con studenti inoffensivi che non con ragazzi ben addestrati all'arte del combattimento. Su questo dà ragione alla sorella. « Forse non posso dirti cosa sta succedendo perché nemmeno io lo so, però so che si plasma sempre la creta malleabile e non quella che già si è indurita. Io non me la sentirei di tornare, se voltassi le spalle a Tris adesso. » , piega la testa di lato, Camila. Ava le ricorda un nome possente, che risuona nel cielo ormai indaco della sera. Beatrice. Lei ed Ava sono diventate amiche poco dopo il loro arrivo in Inghilterra. Ed Ava, per quanto il fuoco sia indubbiamente l'elemento che più la caratterizza, non è una stupida. Se ha riposto fiducia in Tris, Camila dubita che l'abbia fatto inconsapevolmente, o senza alcun tipo di valutazione dietro. « Se proprio decidessimo di andarcene... non ce lo impedirebbero. Ma farlo ora non ci darebbe gli strumenti per capire davvero da che parte stare, se ancora non ci fosse chiaro. »
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    «L-lo so.»
    , si ferma un attimo. Respira. Chiude la mente. Trattiene le lacrime - non di paura, quanto più di pressione. Lacrime relative alla necessità di fare una scelta adesso, e di fare quella giusta. Non soltanto per la propria sopravvivenza... In fondo, Cami, non è mai stata una persona egoista. A lei importa di fare la scelta giusta davvero. Quella eticamente giusta. Di sostenere ciò in cui crede. Non con le armi, con la forza bruta o chissà che altro - quello non è mai stato il suo forte. Ma di sostenerle... Con le proprie possibilità. Con la voce, con il cuore. In fondo, ognuno, nel proprio piccolo, fa quello che può. «... Ancora in Infermeria. Lympy...», una voce già nota le arriva alle spalle. Non sta parlando con lei, ma li riconosce subito. Lilac Scamander, Samuel Scamander ed altre persone. Subito nel viso di Cami si dipinge l'ennesima espressione smarrita. Olympia! Dory! Oddio... «A-avy... Olympia... E' in Infermeria - Dory! Dory, l'hai vista? Era al campus? D-dobbiamo contattarla, sapere come sta...», respira, Cami. Respira. «Quello è... il fratello di Lympy. Potremmo... Parlare con lui, chiedergli... Qualche notizia su Lympy, su... Dory..» « Qualche problema, qui? », una ragazza con una spilla argento sul petto la tiene per il braccio destro. Cami si gira. Vorrebbe parlare ma non le esce di bocca alcun suono. « Stai tremando. », valuta rapidamente. Non che ci volesse un genio, a capirlo. Un calo di pressione. Per forza. Sicuro. Ho già il formicolio alle gambe... «V-vorrei... Sedermi. Avy... Sto bene. T-tu.. Scusami... Sai... Olympia Potter? Nin...fadora W-weasley?» « E' stata colpita da una fiammata di Ardemonio evocata da un Auror nella tenuta. Sulla Weasley non so nulla. », stringe le labbra, la ragazza. Poi, ritenendo che Ava abbia sotto controllo la situazione, se ne va. «U-un... Auror... Ha evocato l'A... l'A-Ardemonio... Qui...», chiaramente, prima d'ora Camila non poteva conoscere l'artefice della maledizione. Avrebbe potuto essere un lycan, quanto un ribelle, quanto chiunque. Il fatto che sia stato un Auror... Non si è fatto alcuno scrupolo. Ha preferito che bruciasse tutto piuttosto che arrendersi all'idea di perdere la... La battaglia. Non... Non ha fatto distinzione alcuna tra alleati... Nemici... Ha... Ha... Ha provato a ucciderci tutti... Il fatto che sia stato un Auror, la figura istituzionale che, in via teorica, avrebbe dovuto proteggere la comunità magica da qualsivoglia minaccia... Il fatto che sia stato un Auror cambia tutto. Il fatto che Olympia sia in Infermeria cambia tutto. Il fatto che non si sappia nulla di Dory, si aggiunge al resto delle ansie di Camila.

    Interagito con Ava
    Citati Asa, Sam, Olympia, Dory, Albus


     
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    « E' così gentile da darmi le generalità del ragazzo, i contatti dei suoi famigliari, il suo grado di parentela? » Zelda è visibilmente nel panico mentre sposta lo sguardo freneticamente verso la porta dietro la quale sono scomparsi i feriti che ha accompagnato direttamente dal campus. « Tuesday Mortimer, diciannove anni. Sua sorella Sunday è con lui. E aspetti un attimo..» Tira fuori il cellulare e cerca di ritrovare il numero di Weed, unico ponte che ha per arrivare ai suoi genitori, ma le tremano le mani e l'aggeggio le cade per due volte prima di riuscire ad essere utile all'infermiera. « P-poi per gli altri..» « Tranquilla, siamo già riusciti a contattare i coniugi Baker e per quanto riguarda il signor Cousland ci ha già pensato sua zia. Lei invece è? » Ah già, la signora dai capelli rossi. Registra l'informazione per dimenticarsene due secondi dopo tanto è frastornata e spaventata. « Sa se il signor Mortimer prende abitualmente medicine? » Scrolla la testa con convinzione prima di bloccarsi. Se si facesse di nuovo? Io non lo so, glielo dovrei dire? E se poi faccio un casino? Però se poi non dico niente e magari gli succede qualcosa per l'omissione? « ..non lo so, forse qualcosa per la gamba offesa. Non saprei, forse è meglio fare un controllo prima. » La signora le sorride, scuotendo appena il capo mentre spunta qualche casella nella sua lista. « Quando posso vederlo? Starà bene vero? » Le pizzicano gli occhi e allora stringe le mani lungo i fianchi, conficcandosi le unghie nei vestiti. « Non so dirglielo con esattezza ma sicuramente non appena i dottori avranno un quadro più completo comunicheranno tutto alla famiglia. » E' allora che torna a fissarla con gli occhi sgranati, come un cerbiatto in mezzo alla strada. Io non sono di famiglia. Come farò a sapere qualcosa? La mora sembra leggerle nella mente perché allunga semplicemente un foglietto e una penna verso di lei. « Non appena so qualcosa potrei provare a scriverle. » La donna la guarda con una certa insistenza. Zelda la guarda stremata ma allo stesso tempo grata, tira su con il naso, gli occhi velati mentre prende a scrivere il proprio numero. L'inchiostro dell'ultima cifra si spande sul foglio non appena incontra l'acqua salata di una lacrima. « E' un 2. » Glielo indica per accertarsi che abbia capito e le riconsegna tutto. « Ora vada a casa e si riposi. » Annuisce, rimanendo sul posto qualche altro istante. « Allora aspetto un suo messaggio. » Una volta fuori girovaga per un po', cercando di mettersi in contatto con la madre prima di decidersi a provare a tornare allo studentato. Le sembra quasi di essere in uno di quei film babbani di guerra, deve oltrepassare dei controlli, con gente che la guarda, che la perquisisce. Gente che nemmeno vede concentrata com'è nel riempirsi gli occhi dello spettacolo di macerie che ha di fronte, lì dove solo qualche ora prima vi erano corpi esanime un po' dappertutto. Meccanicamente rientra nella sua stanza ed è solo quando comincia a spogliarsi che prende coscienza, lentamente, di ciò che ha appena vissuto. E' successo davvero. Il sangue di Caél e Daphne le macchiano ancora i vestiti, alcuni rimasugli rossastri sono presenti anche sulle mani, seppur abbia cercato di scartavetrarsele nei bagni del San Mungo. Un improvviso senso di vuoto all'altezza dello stomaco minaccia di farla vomitare. Stringe forte gli occhi, dopo aver buttato tutto in un sacchetto che probabilmente butterà nella spazzatura, si lancia sotto la doccia e finalmente si lascia andare, l'acqua corrente si mischia con le sue lacrime. Scivola verso il piatto di marmo, si rannicchia e rimane così, chissà per quanto tempo, con Kuzko che miagola fuori dalla porta.
    [..] Viene attirata fuori dalla camera dai rumori lontani. Cammina per qualche minuto in silenzio, cominciando a distinguere pian piano quei suoni come chiacchiere, canti, schiamazzi sempre più goliardici. Chi cazzo è che ha voglia di fare festa quando sono morte decine di persone proprio qui, neanche un giorno fa? Quando arriva al Parco è con sguardo attonito che si fissa intorno, bloccata a terra come una statua di sale. Deglutisce un paio di volte quasi a voler ricordare a se stessa che ancora sa farlo, che sta ancora respirando, che ciò che vede è tutto vero e non frutto della sua fantasia. C'è Asa che urla, lo individua in mezzo alle tante teste, ne fissa il placcaggio mentre lo sguardo si fa via via sempre più inorridito. « E' così che volete difenderci dalle Logge? Trucidando innocenti? » Le Logge. Che c'entrano ora le Logge? Zelda non brilla per intelligenza, questo lo sa bene anche lei, e solitamente prima di parlare non arriva a contare nemmeno a due. E questa è una di quelle volte, quelle in cui sta per correre in avanti, per urlare le prime cose che le passano per la mente, specialmente addosso a Griffith che prende a fare il filosofo della situazione. «Zey! Cazzo, sei qua.» Viene bloccata da Tony alla quale rivolge uno sguardo pieno di tristezza e risentimento non appena parla del discorso di Asa. Perché se in via totalmente razionale il pensiero della bionda non fa una piega, dall'altra non c'è nulla di razionale negli occhi ambrati di Zelda. Come può esserci qualcosa di lucido quando ho avuto addosso il sangue di altri per mezza giornata? « Dov'ero? Ero al.. » «- c'è Zip. Ti raggiungo subito, magari ha notizie di Emby.» E allora vaffanculo. Vaffanculo a tutti. Si sente incredibilmente sola, come se tutto il dolore che ha dentro non si riflettesse in alcun modo nell'ambiente che ha intorno. Per questo,
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    sente il bisogno di aprire la bocca e parlare, di dire la sua e così fa un passo avanti e un altro ancora. « Neanche una parola per quelli che si sono ritrovati inconsapevolmente in mezzo alla battaglia e ora affollano il San Mungo e l'infermeria? » Parte con un tono di voce basso, stranamente controllato quanto non lo sono assolutamente le sue mani che tremano lungo i fianchi. Una voce che sale dal basso, che risulta quasi essere anonima se presa in mezzo al chiacchiericcio generale. Ma poi il tono si alza. « E di tutti quei poveri stronzi che sono morti ad appena una strada di distanza? » Indica alle sue spalle mentre fissa Griffith in maniera particolare. « C'è stata una cazzo di esplosione e la battaglia è stata devastante. E' crollato tutto. C'erano morti ovunque porca troia. Ad appena una strada di distanza. E non una cazzo di parola per loro. No, però abbiamo i fuochi d'artificio di quelli là e chi fa bisboccia come se non fosse successo niente. » Ha il fiato corto ormai, gli occhi gonfi e il cuore che va a duemila. « Meglio non essere selettivi, vero Griff? Meglio non dire niente per dare magari un minimo di vantaggio a chi oggi qua non ci voleva crepare, non dare una cazzo di scelta a nessuno e chi si è visto si è visto. Sono morti a decine e non gli è stata data nemmeno la possibilità di scegliere di essere lì, di poter salutare i propri cari sapendo che sarebbero potuti morire. Consapevolmente, per loro decisione. Sono morti da soli, spaventati, alcuni senza capire davvero che sarebbe stato il loro ultimo giorno. Come dei poveri stronzi, con persone che magari li ha visti uscire di casa per andare a lezione, senza sapere che non sarebbero mai più tornati. Morti in una strada del campus con l'unica colpa di essersi ritrovati in mezzo. E' giusto così? E' meglio così? » Che cazzo c'entravano loro nel grande disegno? E' terribilmente sfiduciata, la bionda, nel prendere atto di avere ora un'estrema paura di coloro che un tempo erano stati per lei dei salvatori. Io ho sempre avuto fiducia in voi ma ora..ora come posso difendervi quando avete negato alla gente di poter scegliere di non essere presente? Di poter vedere l'alba di domani? E' ormai vicina ad Asa e gli energumeni che lo tengono bloccato. Ne ha visibilmente paura ma sorregge comunque lo sguardo di uno dei due. « Che cazzo c'entrano le Logge? » Fissa il moro con terrore. « Asa, che cazzo volevi dire? Che c'entrano ora le dannate Logge? »

    Interagito con Tony, Griffith e Asa (ma anche un po' quelli che ha intorno, insomma il tono di voce era abbastanza alto)
    Menzionati Tux, Sunday, Weed, Daffy e Cay.

     
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    Una volta riabbracciati i suoi fratelli – o, meglio, stretta tra Theseus e Zach, entrambi ben più alti di lei, ormai – il peso nel petto di June si era alleggerito; constatare che stessero bene, sani e salvi a dispetto di qualche livido ed escoriazione, aveva dissipato parte dell’angoscia di cui era caduta preda nel momento in cui Ted le aveva rivelato quanto stava accadendo al Castello. Ma quella prima sensazione di sollievo, era stata di breve durata: non appena rientrata al cottage di Hogsmeade, aveva trovato una lettera dal San Mungo ad aspettarla, con la notizia che Daphne era stata ricoverata in condizioni piuttosto critiche. Il pomeriggio era volato, trascorso per lo più ad assicurarsi che il resto della sua famiglia stesse bene, lasciandole addosso una sensazione di confusione e stordimento. Nemmeno la doccia aveva aiutato e, quel poco di impalpabile calma guadagnata, era stata spezzata dal volantino che Zach le aveva messo sotto il naso, appoggiandolo sul tavolo della cucina. L’espressione di June si era chiaramente rabbuiata, le sopracciglia increspate. « Li stava distribuendo Otis Branwell. L’amico di Emi, presente? » June annuì silenziosamente. Dopo aver ritrovato i fratelli, l’aveva informata di aver intravisto Emile, privo di sensi, mentre veniva portato in infermeria e che una delle volontarie li aveva rassicurati che non si trattava di niente di grave. « Junie? Ci andiamo? » Zach l’aveva riscossa, riportandola bruscamente alla realtà. Gli occhi chiari della Grifondoro si erano sofferti su quelli altrettanto cristallini del più piccolo dei Rosier, prima di posarsi sul volantino. Una cena, al Parco della Liberazione. Piuttosto ironico. Aveva scosso il capo, passandosi una mano tra i capelli ancora umidi. « No. Io ci vado, voi due restate qui. » Sollevò una mano, per zittire le proteste sul nascere. « Tu sei ancora minorenne » Esordì, indicando Zacharias. « e tu, come fratello maggiore, avrai l’ingrato compito di assicurarti che entrambi restiate in casa, sani e salvi. » Forse era stata la sua espressione, forse gli occhi lucidi venati di profonda inquietudine o il modo in cui si era rivolta ad entrambi, per un istante spaventosamente simile alla serietà paterna, ma nessuna obiezione era stata sollevata nella piccola cucina di Forset Lane Street.

    […] Attraversando il parco, si guardò attorno alla ricerca di un volto ben specifico. Mun. La intravide poco distante e, dopo aver sorpassato alcuni studenti che si erano riuniti a gruppetti, le sfiorò delicatamente la spalla per attirare la sua attenzione. Si irrigidì, nel vederla sobbalzare. « Scusa, non volevo spaventarti. » Accennò ad un debole sorriso, che non si estese agli occhi chiari. « Volevo essere sicura che stessi bene… che steste bene. » Si corresse, rivolgendo un cenno del capo in direzione di Albus. Nel pomeriggio, aveva scambiato qualche rapido messaggio con Mun, per accertarsi delle sue condizioni. « Hai visto Emi? So che lo hanno ricoverato in infermeria, ma non è nulla di grave. Anche i miei fratelli stanno bene. » Allungò una mano a stringere delicatamente quella della cugina, sfiorandole il dorso con le dita. È un miracolo che ne siamo usciti tutti illesi – almeno fisicamente. Vi erano altre cose che avrebbe voluto dirle, ma avrebbero avuto modo di parlarne in un altro momento, più riposate e, auspicabilmente, con il cuore meno pesante. « Spero valga lo stesso per voi. » Aggiunse, spostando lo sguardo sul giovane Potter. Seppur fosse sincera, non domandò altro. Anche se era consapevole di quanto potesse essere illogico ed a tratti infantile ed egoista, in quel momento desiderava evitare la maggior parte delle sue amicizie. Sempre che io possa ancora considerarle tali. Ciò che era accaduto l’aveva scossa nel profondo e, al di sotto di una sensazione di estenuante stanchezza, June avvertiva una rabbia latente, scaturita da quello che, ai suoi occhi, non era diverso da un vero e proprio tradimento. « […] Lasciate quindi che vi chiarisca che qui, con noi, siete liberi di decidere da che parte stare. Se siete con noi, potete restare. Altrimenti, siete liberi di andarvene - ma dovete farlo entro stanotte. Chiunque dovesse prendersi più tempo per decidere, verrà obliviato prima di lasciare il villaggio. Per adesso, per questioni di sicurezza, se andate via, non potrete tornare. » Affondò le mani nelle tasche della giacca di jeans mentre Tris parlava, l’espressione seria e le labbra strette. In pratica, posso scegliere se restare qui e tenere sott’occhio i miei fratelli o obbligarli a tornare in Francia previa cancellazione della memoria. E, ad ogni modo, non potrò andare a trovare Daffy al San Mungo. Sospirò silenziosamente, tentando di sedare quella prima scintilla di frustrazione. Per comprendendo razionalmente quelle condizioni, ciò non le rendeva meno detestabili, in particolare all’alba di una presa di potere che, volenti o nolenti, avrebbe avuto conseguenze sulla vita di ognuno dei presenti. Attese che la Morgenstern terminasse di parlare, prima di rivolgere un ultimo pallido sorriso in direzione di Mun. « Ci sono un paio di cose di cui devo occuparmi e poi tornerò a casa. Se hai bisogno di me, mi trovi lì. » La abbracciò e, nel ritrarsi, piantò le iridi chiare in quelle speculari della cugina. Per qualsiasi cosa. « Scusatemi. » Li salutò entrambi e si fece largo tra i presenti, completamente disinteressata alla cena che era stata loro offerta. Raggiunse Tris ed i suoi compagni pochi istanti dopo che lo stesso ragazzo che aveva aggredito Emi al Secret Santa era stata bloccato da alcuni presenti. Fissò la scena per qualche istante, scuotendo piano il capo tra sé e sé. Già diverse persone erano intervenute e, in quel momento, si sentiva in preda ad emozioni contrastanti; troppe, per intromettersi in dispute altrui. « Morgentsern » Tentò di richiamare la sua attenzione, fermandosi a qualche passo di distanza. « posso parlarti un attimo? Non ci vorrà molto. » Ricevuto il suo assenso, si allontanò di qualche passo, in modo che potessero conversare privatamente. « In realtà si tratta di più di una questione, ma una di queste è piuttosto delicata e non impellente. » Si sforzò di rivolgerle un vago sorriso, stanca. « Al momento ci sono sicuramente cose più urgenti, ma se prossimamente dovessi avere un momento libero, ti prego di farmelo sapere. Ho deciso di rimanere, un gufo può trovarmi ad Hogsmeade. Te ne sarei davvero grata. » Esitò per un istante, cercando le parole per proseguire. « Il che, in realtà, mi riporta ad una seconda richiesta. » Se così si può dire. « Dal momento che Hogsmeade è anchel a mia casa, sono più che disponibile ad aiutare dove ve ne è bisogno. Voglio aiutare e credo che una sorta di normalità gioverebbe a tutti. » Dopo gli ultimi mesi, abbiamo tutti bisogno di prendere un po’ di respiro. « L’unico problema è che al momento sono senza una bacchetta. Mi è caduta vicino al campo da Quidditch e dubito che sia ancora intatta. Se per caso dovesse essere rinvenuta, sarei felice di riaverla. In caso contrario, appena possibile vorrei recarmi a Diagon Alley per sostituirla. » Si inumidì le labbra, scuotendo appena il capo. « Non fraintendermi, comprendo le tue ragioni per limitare i movimenti ad Hogsmeade ed Hogwarts. Ma ho delle persone da proteggere e di cui occuparmi e, in generale, senza magia posso fare ben poco per rendermi utile. » I danni del Castello e del villaggio non possono certo essere riparati alla babbana. « Immagino anche di non essere l’unica in questa situazione. Se fosse possibile recarsi a Diagon Alley o avere modo di acquistare una nuova bacchetta in qualche modo, seguirò le istruzioni che mi vengono impartite da chiunque ne sia incaricato. » Era certa che Tris avesse molte cose a cui pensare e di cui occuparsi, decisamente ben più importanti delle sue richieste ma, nonostante ciò, si era sentita in dovere di esprimersi senza troppi fronzoli. Seppur non fossero amiche, grazie alle occasioni trascorse insieme si era fatta l’idea che Beatrice fosse una persona diretta. « Nel mentre… se c’è qualche compito che può essere svolto senza magia o incantesimi, tienimi presente. » Si strinse leggermente nelle spalle. Se non altro, darmi da fare mi aiuterà a non pensare.


    Interagito con Mun e Albus, Tris.
    Citato: Daffy, Emi, Otis, Asa e indirettamente tutti gli amiki e compagnetti che hanno ✨ tradito la fiducia✨
     
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    Aveva scelto un posto più ritirato dalla folla, Ophelia. Seduta di fronte ad un falò più solitario, distante dal resto della congrega che era andata a formarsi dopo la conquista del Castello ed il villaggio, stava ripulendo le proprie armi e riponendo i vari armamenti in totale isolamento. La maggior parte dei ragazzi era radunata intorno ai fuochi, mentre alcuni si occupavano degli approvvigionamenti ed i feriti. Lei, terminata la battaglia, non aveva abbassato la guardia finché non avevano avuto la certezza che ogni traccia di opposizione fosse stata sedata. O se non altro, per quanto riguardava i vari Ministeriali ed Auror sopravvissuti, che se l'erano data a gambe quando la situazione era diventata evidente perfino ad un cieco: i Ribelli avevano trionfato. Una battaglia, si trattava soltanto di una battaglia in vista della prossima. Ma è già qualcosa. Non stette lì ad arrovellarsi sul prezzo che avevano dovuto pagare, per uscirne vittoriosi dall'occupazione. C'erano state vittime, da entrambe le parti. Aveva contribuito in prima persona, ad aggiungere al numero dei caduti alcuni Auror ed avversari. Che fosse giusto o sbagliato, poco contava ai fini della guerra e le ribellioni, dove alla fine non c'erano né reali vincitori né vinti. Siamo soltanto sopravvissuti. « Quindi? Torni o resti? » Sollevò lo sguardo dal proprio zaino, ormai pronto, fissando gli occhi sulla proiezione di Elke. « Non ho intenzione di ristabilirmi qui, ma Beatrice ha bisogno di tutto il supporto possibile al momento. Non posso lasciarla adesso. » Le rispose tramite il contatto lycan, senza perdersi in troppi giri di parole sulla sua decisione. Sul volto sempre serioso della donna, balenò un accenno di sorriso, mentre la bruna si strinse nelle spalle e si infilava dietro l’orecchio una ciocca di capelli sfuggita alla coda. Se non l'avesse conosciuta bene, avrebbe quasi potuto pensare che Elke al momento fosse orgogliosa della decisione che la Wallace aveva preso. Aveva continuato a scappare, in quegli ultimi anni, per poi fare ritorno in quel luogo dove i problemi avevano la tendenza a concentrarsi: Inverness. Non mentiva, Ophelia: non voleva restare, e non fosse stata vincolata dalla cieca fiducia nei confronti di Tris, avrebbe già girato i tacchi per ristabilirsi nella sua Roccaforte in Germania. Ma ora c'è anche Mia. Dovrei lasciare anche lei qui, di nuovo, con la minaccia delle Logge? Aveva tuttavia già intravisto alcune facce familiari, fra i vari superstiti che avevano preso ad aggregarsi nel Parco. Troppi volti e trascorsi, che le ricordavano un passato neanche troppo lontano. Uno fra questi... Peter Paciock. Quando aveva alzato la testa dal falò ed aveva riconosciuto il suo ex migliore amico, era sfuggita al suo sguardo e la sua presenza, ancor prima che il ragazzo potesse accorgersi della sua ricomparsa. Era sparita senza dirgli nulla, più di tre anni prima; dopo l'ennesima discussione nella quale non si era sentita capita e supportata, dopo tutte le morti che l'avevano segnata nel profondo, non aveva più nulla da dirsi col giovane Paciock. Il bagliore delle fiamme che si rifletteva nei suoi occhi mentre lo osservava in lontananza però, la fece apparire più giovane e nostalgica di quanto fosse mai stata in quegli ultimi anni. Sotto il macigno di collera che le opprimeva costantemente il petto, la bruna avvertì un fremito di affetto… Che ci fosse ancora l'Ophelia di un tempo, sepolta lì da qualche parte? L'Ophie capace di trasformare di colpo un’espressione seria in una risata per le cazzate distintive di Piti? L'Ophie che, nonostante la parte da cacciatrice così determinante in lei, riusciva ad essere anche altro? Un'amica, una compagna, una ragazza a volte superficiale... No. Quell'Ophelia è morta. Quell'Ophelia l'hanno uccisa prima durante il Lockdown, e la seconda volta col genocidio in Giappone causato da quei maiali che mi hanno portato via Kai. « Come sono gli animi lì? » Distogliendo lo sguardo dal gruppo di gente, ed i fuochi d'artificio che la portarono ad incupirsi ancor di più, ritornò a parlare con Elke mentre Tris prendeva a fare il suo discorso pubblico. -Octavia-Blake-octavia-blake-40559797-280-175 Dopo ore passate a sgomitare per arrivare al fulcro delle difese di Hogwarts, anziché fermarsi per riprendersi dalle energie perdute, era già lì pronta a sedare le masse e far valere la sua posizione con imparzialità. Era quella, la differenza fra un vero leader ed una semplice combattente come Ophelia: i secondi, terminata la battaglia, si rintanavano a leccarsi le ferite e tirare le somme delle perdite; un leader, che fosse tale, non aveva tempo per ammorbarsi in piagnistei. Un comandante come Tris si portava dietro gli strascichi della lotta ed il peso del comando ovunque andasse, senza fermarsi. Sorrise, per le parole dell'alfa che ascoltò restando seduta dall’altra parte del falò, attizzando il fuoco con un legnetto. Il sorriso le si spense sulle labbra quando alcune voci iniziarono a levarsi più alte di altre. Nell’accampamento regnava ancora una certa tensione, ma non si aspettava che qualche ragazzino avesse il coraggio di scagliarsi contro di loro. In particolare due giovani, un ragazzo ed un ragazza, cominciarono a mostrare più malcontento rispetto ad altri non appena Ophelia si alzò per provare a riportare l'ordine con le buone. « TU SEI PAZZA, FOTTUTAMENTE PAZZA! » Affiancò due degli altri che provarono a placare il giovane, al quale sbarrò il passaggio prim'ancora che potesse proseguire l'avanzata verso Beatrice. « Ci diamo una calmata? » esordì, prendendolo per la collottola per spingerlo indietro, gettandosi un’occhiata alle spalle per cercare supporto da altri lì attorno in possesso delle spille. « [...] C'è stata una cazzo di esplosione e la battaglia è stata devastante. E' crollato tutto. C'erano morti ovunque porca troia. Ad appena una strada di distanza. E non una cazzo di parola per loro. No, però abbiamo i fuochi d'artificio di quelli là e chi fa bisboccia come se non fosse successo niente. » Furono in ogni caso le parole della ragazza bionda (Zelda) che si unì al coro di accuse, a farla scattare sull'attenti. Per tutto il giorno, Ophelia aveva tentato di contenere la rabbia e qualsiasi reazione istintiva, mettendo da parte la sua indole per la buona riuscita della missione. Le frasi colme d'ipocrisia di quella biondina tuttavia, scalfirono la maschera di buon senso che aveva indossato fino a quel momento... lasciando trapelare qualcosa di molto simile a furore ed arroganza, con una singola occhiata di traverso che le lanciò. « Bionda. Te lo ricordi, cosa stavi facendo il 29 Giugno scorso? » Le domandò lapidaria, compiendo un passo in sua direzione e piazzandosi ad un palmo dal suo viso. Non le interessava davvero ottenere una risposta, tant'è che proseguì subito non dandole tempo di reagire. « Perché mentre tu probabilmente pensavi a quale vestitino indossare per i vostri eventi estivi del cazzo, noi abbiamo visto morire duecentotrentanove persone. Duecentotrentanove, fra cui bambini, madri e uomini innocenti. A loro è stata data una scelta? Pensi che abbiano avuto tempo, per salutare i propri cari, mentre venivano trucidati dal governo? Erano da soli anche loro, spaventati, senza capire quale fosse il loro crimine se non quello di esistere. Qualcuno ha speso una parola per loro? Dov'era la tua, la vostra indignazione per le vittime, quando erano i nostri a MORIRE COME DEI CANI? » Mentre parlava con un tono sempre più inferocito, fu pervasa da una nuova ondata di rabbia al pensiero di ciò che era accaduto sotto gli occhi di ogni lycan; della vera e propria carneficina che si era svolta in Giappone, dove non avevano seriamente avuto modo di difendersi o scegliere, né intervenire prima che il massacro fosse compiuto. Strinse i pugni contro i fianchi, la collera crescente dentro di lei. Era a un passo da una delle sue esplosioni di rabbia. Le sarebbe bastato poco, per abbandonarsi ad essa. Doveva soltanto spegnere il cervello e lasciarsi andare a quel mondo silenzioso, dove l'istinto avrebbe preso la meglio sul senso morale. Ma non poteva farli apparire ancor di più come delle bestie votate alle violenza, dopo le critiche di quei due mocciosi. Soltanto quel pensiero, riuscì a placare seppur minimamente il suo stato d'animo. « O forse ci sono morti di serie A e serie B? Chi se ne importa, di quei poveri stronzi lycan, specie se sono dall'altra parte del continente. Sono dei selvaggi, a loro piace la violenza. Ma guai a toccare i vostri, di culi protetti! Urliamo allo scandalo, perché in guerra ci sono state delle vittime evitabili, dietro casa. Svegliati, raggio di sole, e guardati attorno: niente è giusto, in questo mondo. » Voi siete le stesse persone che dichiarano di pretendere rispetto per i morti civili, ma che preferirebbero saper morire cento ignoti bambini lycan piuttosto che il proprio nonno di cento anni; meglio dieci ribelli imprigionati e torturati, seppur innocenti, piuttosto che il proprio pusher di quartiere che vi smercia pillole per la concentrazione. « Beatrice è stata chiara: se non vi sta bene, sapete come andarvene. Nessuno vi obbliga a restare od accettare le condizioni. » Il petto le si alzava e abbassava vistosamente per via della rabbia crescente e per il risentimento verso quelle stesse persone che, spinte dall'ipocrisia, avrebbero poi fatto ritorno per salvarsi dalle Logge. Prese fiato con una smorfia, come se stesse inspirando un muro di vento acido alimentato dalla tempesta della sua stessa rabbia. « Io, al posto tuo, risparmierei le energie per il vero nemico. » sibilò infine, riuscendo a tenere a freno il turbine di collera, seppur sentisse l'ira arderla dentro, bruciando nelle vene. « Mi unisco alle ronde, ne ho fin sopra i capelli di queste cazzate. » E, allontanandosi con una spallata per farsi spazio in quel gruppetto fin troppo rumoroso, si diresse senza voltarsi verso il sentiero che l'avrebbe portata giù al villaggio. Lì avrebbe potuto rendersi utile, anziché restare ad ascoltare discorsi retorici di pace ed arcobaleni del tutto privi di senso.


    Interagito con Asa e Zelda.
    Menzionati Tris, Mia, Peter, Griffith e qualcuno lì attorno al gruppetto.
     
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    L'istinto di estrarre la bacchetta e colpire ognuna di quelle facce derisorie è forte, ma cerca di resistere, Asa. Wow, quindi è così che reagite a chi cerca di vendicare la morte di decine di innocenti: ridendo. Buono a sapersi. Respira a fondo, mentre tutta quell'indifferenza, o peggio: quello scherno, non fanno altro che innervosirlo ancora di più. E sareste voi, i grandi salvatori? Voi che ridete dinnanzi a vite sprecate? « E dopo averci illuminato sull'avvenuta occupazione di Hogwarts, quale sarebbe il risultato atteso? Genuina curiosità. » Risponde, prima di scrollarsi, mormorando un « E mollami, coglione! » verso chi lo sta ancora tenendo. Cosa mi trattenete a fare, quando sapete di averla già vinta. Mutanti del cazzo. « Mi parli tu di indignazione selettiva quando avete occupato un castello per..Cosa, esattamente? No, ti prego, vi prego - Lancia un'occhiata in direzione di Beatrice - Illuminatemi sul perchè. Non mi sembra di averlo sentito, dal tuo discorso. O forse ero troppo distratto dall'eccesso di democrazia di quest'ultimo, perdonatemi: errore mio. » Come è, a quanto pare, errore mio non battervi le mani per aver sgozzato gente a cazzo. A quanto pare ho sbagliato tutto nella vita. Respira a fondo, a quel punto, ed è intenzionato a girare i tacchi ed andar via, perchè lui a farsi dare del pazzo da chi pazzo lo è davvero, non ne ha granchè voglia. Nè tanto meno metterci la faccia da solo dinnanzi ad un branco di ragazzini cagasotto che si stanno solo limitando ad ignorare quanto accaduto ai loro stessi compagni. Sapete che c'è? Fottetevi. Fottetevi tutti. Ma l'intervento di una voce familiare, tuttavia, lo induce a bloccarsi. Zelda Kane è lì: a quanto pare, unico baluardo sano di capoccia in mezzo ad un mare di idioti. Vederla lì, a qualche metro di distanza, stranamente d'accordo con lui, lo rende.. Felice? Non è solo. Per una volta in quella sua vita del cazzo, Asa non è solo contro tutti. E allora resta lì, immobile ad ascoltare parole verso le quali è solo approvazione ciò che prova, mentre analizza con attenzione i volti di ognuno di loro, pronto, semmai dovessero fare un passo falso verso la bionda, a scagliarvisi contro. « Che cazzo c'entrano le Logge? » E' a lui che si rivolge, alla fine. Wow, qualcuno a cui frega un cazzo dei fottuti demoni allora esiste, a questo mondo. « Asa, che cazzo volevi dire? Che c'entrano ora le dannate Logge? » « C'entrano che tutta quella merda è di nuovo qui, tra noi. » Asserisce, senza censure, a voce alta. Perchè ad indorare la pillola, Asa non è mai stato bravo. « C'entrano anche che presto saremo di nuovo fottuti ed i nostri salvatori non stanno facendo un cazzo, se non combattere guerre inutili, e tenerci all'oscuro di tutto. Come a quanto pare - Allude con un cenno del capo alle macerie di Hogwarts - sono tanto bravi a fare. » Fa per aggiungere dell'altro, quando è una nuova figura, a parlare (Ophelia). Non la conosce, Asa, ma sa già di non volerla conoscere. [..] Ottimo, un'altra despota fuori di testa. « Wow, quindi per vendicare chi è morto dall'altro capo del mondo, trucidiamo poveri stronzi che non c'entrano un cazzo qui? Scusa, effettivamente ha senso - Fa spallucce - moretta » E bionda ci chiami tua madre perchè non sei nessuno. Avete rotto il cazzo. « Andiamo, Zelda, è inutile restare. Siamo utili solo per prenderci per il culo. Non li vedi? Ridono. Ridono perchè stiamo osando rivendicare gente innocente morta. Non so te, ma io di stare a sentire le loro cazzate per un minuto in più, non ho voglia » Scuote la testa, lanciando un'occhiata verso chi, ancora, tenta di trattenerlo. « Giuro che se non mi levate le mani di dosso entro tipo subito vi crucio quelle facce di cazzo che avete »
    Interagito con Griff, Tris, Zelda, Ophelia, e un po' chiunque, vivibi
     
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    « Arthurrrr! », il tenero figurino di Cedric Paciock gli corre incontro come se non lo vedesse da secoli. E' la prima volta che il Corvonero sorride nell'arco di quella incredibile mezza giornata, scandita da una pericolosa manovra al Ministero finalizzata a rappresentare un diversivo. Il diversivo principale, fondamentalmente. Quanti più Auror fossero riusciti a tenere in scacco lì, tanto maggiori sarebbero state le probabilità di riuscita dell'occupazione dell'Ufficio del Preside. E tanto minori, parallelamente, le nostre probabilità di sopravvivenza. Ma su questo non si era concentrato, Arthur, ben consapevole che fosse l'unico modo per avere anche una sola speranza di ottenere quanto il gruppo di Ribelli e lycan si era prefissato. Attraverso il Velo resta sospeso in una dimensione d'oscurità e terrore, dalla quale neanche ricorda come i sin eater siano riusciti a tirare fuori lui e gli altri. Se ci pensa, gli sembra impossibile. E adesso, adesso che la luce del giorno batte di nuovo sulla sua pelle, si sente finalmente a casa. In quella casa che per anni ha ospitato lui e tutti i suoi cari. In una casa in parte distrutta, ma che freme per ricrescere dalle fondamenta. « Che epica entrata! Così adatta ad un tale eroe di guerra. », non fosse, chiaramente, per la lingua pungente della futura moglie. Già è tanto se non mi ha lanciato l'anello di fidanzamento in testa - cosa che, invero, Arthur si sarebbe aspettato. Meglio così. Non ha tutti i torti, Karma Paciock, a volerlo picchiare o, perché no, mutilare gravemente. In fondo, Arthur è venuto meno ad uno dei principi basilari di quello che dovrebbe - anzi, potrebbe: la proposta, dopo quanto accaduto, va indiscutibilmente rinnovata - essere un matrimonio sano. «Scenica al punto giusto?», domanda, tono su tono, sarcasmo per sarcasmo. Accenna un sorriso colpevole. Ma altrettanto sicuro. Sicuro di aver agito al meglio delle proprie possibilità, seguendo il cuore e non la ragione. Tutto con l'unico e solo obiettivo di ridurre il rischio che si facesse del male. Tempo fa Lilac Scamander ci ha provato, a coinvolgere Karma, indirizzandola verso il gruppo di Ribelli di cui entrambi fanno parte, attraverso una prova costruita ad hoc. Per fortuna di Arthur, il giudizio di Tris non è stato accondiscendente sin da subito. Gli è stato richiesto di tenerla sotto controllo e così ha fatto, il giovane Corvonero. Ad ogni modo, garantire l'ingresso di Karma nei Ribelli non è mai stato nei suoi interessi. Troppo pericoloso, a sua detta. Si è interrogato a lungo su come poterla rendere partecipe al punto giusto - al punto di sapersi difendere, se si fosse presentata l'occasione - senza per questo inserirla nel vertice d'attacco, e dunque senza iscriverla a pieno titolo nel gruppo che, come dichiarato da Tris nel Gennaio di quell'anno, avrebbe avanzato sino alla presa di Hogwarts e Hogsmeade. Alla fine ha trovato un compromesso: dirglielo. Dirle chiaramente che la stava tenendo all'oscuro di qualcosa di estremamente grosso. Senza specificare cosa - non avrebbe potuto per via del tatuaggio, né tanto meno, a prescindere, avrebbe voluto. Allenarla a fronteggiare quel qualcosa. E aspettare il corso naturale degli eventi. Di una sola cosa si pente, Arthur. Della consapevolezza che la stessa Karma avrebbe sentito il bisogno di proteggerlo, a parti inverse. Che avrebbe voluto combattere per farlo. E per questo non potrò mai farmi perdonare abbastanza. E' lo stesso motivo per cui ci siamo lasciati tempo fa. Verità non dette. Bugie a fin di bene. «Ahi.», commenta, a labbra strette, quando le dita di Karma si approfondano troppo in una certa ferita che sta maneggiando. Con non troppa delicatezza, a dirla tutta. Lei inarca le sopracciglia. Lui, se possibile, le aggrotta all'estremo. «Devo dire che sei un vero talento, in Medimagia.», ahi. Battutaccia. Ma questa è la loro routine, Karma vi è perfettamente abituata. Così come lui stesso alla sfilza di battutine feroci e pungenti rivolte alla propria persona. Lo ritengo un modo di dichiarazione reciproca di amore eterno... alternativo. «Ma sorvoliamo. Faremo tardi alla cena. Mi..», tipo che mi fai da stampella? No perché nella corsa attraverso la Loggia Nera al Ministero mi sono mezzo-slogato una caviglia. Karma lo precede, senza bisogno che lui dica niente. E' a quel punto che le sussurra all'orecchio: «Magnifica.», e niente, alla fine riescono ad arrivare in tempo. Un religioso silenzio fa da sfondo al discorso di Tris, discorso che immediatamente viene commentato dalla futura moglie auto-proclamatasi semplice coinquilina: « E sentiamo cosa aveva pensato la tua mente geniale dei giorni a seguire? Perché immagino tu rimarrai qui, sbaglio? », non c'è bisogno di rispondere. E' una domanda retorica. « Certo che rimarrai qui. E tutta la nostra roba è a Londra, così come Cassius. E come minimo ci avranno messo qualcuno appostato davanti casa. E noi non possiamo uscire di qui, considerando che la tua copertura è andata a farsi benedire e dovrei chiedere ai miei di trovare un modo per andare a salvare quel povero stronzo. Senza mettersi nei casini. Ma cos'è che potrebbe andare meglio di così? Ma non lo so mica. » «Posso rispondere o hai già fatto previsioni fino all'anno prossimo?», perché va bene tutto, va bene l'incazzatura - la comprende appieno -, ma Arthur Weasley non è affatto uno sprovveduto. «Cassius è con MJ. E' andata a prenderlo stamattina, alle otto in punto. Le ho chiesto di fare da coso-sitter.», perché non esiste definizione migliore al mondo se non quella di "coso urlante bestemmie". «Sono entrambi alla Tana.», gli sfugge una risatina al pensiero di MJ alle prese con Cassius, ed è assolutamente certo la provocherà anche in Karma, visto che... Beh, alla Tana c'è la nonna. E si troverà sotto lo stesso tetto della bestiola spara-parolacce. « Non credo di essere mai arrivata ad un livello simile di incazzatura in vita mia. Mai. Neanche con due fratelli scemi come i miei. », piega la testa di lato, Arthur. Su quello non si sente di metter bocca. Può capirlo. «Colpevole.», risponde e basta, con un tono né divertito, né serio. Un tono neutrale. Un po' da bandiera bianca che richiede la pace. «Ma credo tu possa capire e -», la frena, sfiorandole il braccio, perché la vede già partire letteralmente per la quinta, «- immedesimarti in ciò che ho fatto.», va bene tutto, amore: partner nella vita come nella cattiva sorte. Ma fino ad un certo punto. Se posso risparmiarti un rischio enorme quanto le ceneri in cui si è ridotto il Campo da Quidditch, stai pur certa che lo farò. « Ora credi che possa darmi disponibile ad aiutare o anche questo vuoi deciderlo tu, dato che sembri essere tanto in vena? » «Vai.», risponde secco. Adesso che, in parte, le intenzioni di Inverness e... Beh, dei Ribelli, sono svelate, non ha nulla in contrario affinché lei aiuti. Il rischio che voleva evitarle era quello della partecipazione in prima linea all'attacco orchestrato da loro stessi - ed anche quello di essere uno dei bersagli dell'eventuale risposta del progetto Minerva, chiaramente inferocito ai loro danni, ora più che mai. Karma non sarà di certo il target principale - come invece potrebbero esserlo lui, Tris sopra tutti, o anche la stessa amica di Karma, Lilac. Sarà comunque un target, possibile, ma non il bersaglio da eliminare per vincere la guerra. Questo, a detta di Arthur, è già comunque un successo. Ha fatto il meglio che potesse per proteggerla. E per le sue azioni non si scuserà mai. La vita di Karma, per lui, viene prima della propria. « Torno subito, dai un'occhiata a Cedric. » « Sì ma io non avevo bisogno dell'occhiata.. », Arthur fa spallucce, Cedric arrossisce. Entrambi mettono qualcosa sotto i denti - ne hanno davvero bisogno. « Comunque. Oh. Ooooh. », Arthur si volta in direzione di quell'oh. La prima cosa che vede è un ragazzo che prova ad assaltare Tris. La seconda, è Karma. Ovviamente in mezzo. Il tentativo di rivolta del ragazzo viene sedato subito, e questo strappa ad Arthur un sospiro di sollievo.
    DefiantSleepyElephantbeetle-size_restricted
    Neanche si riserva di commentare con Cedric l'assurdità delle parole pronunciate da tale King: ritiene che il piccolo Paciock abbia abbastanza sale in zucca per poter discriminare torto e ragione. Sarebbe tornato al banchetto, se la situazione non si fosse scaldata ulteriormente. «Hai ragione, ragazzo. Meglio non far niente, meglio lasciarci decimare come dei poveri stronzi nel corso del tempo, calando la testa a chi ha permesso tutto questo. Ah, ma quando serve, cara Inverness, mi raccomando: apri le tue porte. Aprile indistintamente come hai già fatto in passato, perché tutti ci meritiamo la salvezza. E il sacrificio dei lycan è dovuto, dalle parole di Arthur trasuda sarcasmo in goccia. Si rivolge ai due lycan che trattengono King: «Dite che davvero vale la pena?», inarca le sopracciglia, come a sottintendere: al posto vostro, neanche mi preoccuperei. «Per chi ha intenzione di rendersi utile -», cerca dunque di attirare l'attenzione all'interno del gruppo, per delle attività ben più impellenti, «- abbiamo bisogno di una squadra di costruttori sul lato ovest del castello. Chiunque se la cavi in Incantesimi è ben accetto. Dobbiamo almeno richiudere la breccia formata.», o passeremo una notte molto difficile. A Marzo non è certo estate. Si rivolge dunque a Karma, di certo una candidata idonea a quel lavoro. «Andiamo?», si lascia sfuggire uno sguardo d'intesa.

    Interagito con Karma, Asa e in generale al gruppetto lì intorno
    Citata Tris

     
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    Non può nascondere la testa tra le gambe come vorrebbe. Deve resistere. Deve farlo per Jim, l'undicenne con gli occhi gonfi di lacrime. Deve farlo per Katie, la Tassorosso che, come lei, ama vestirsi color corallo. E soprattutto deve farlo per Pervinca. Ha lo sguardo smarrito. Cerca Otis, cerca Carrie. Cerca i suoi figli. Le porte della mente delle due insegnanti sono aperte: non solo per monitorare la situazione e il decorso dell'attacco, ma anche in attesa di individuare i due ragazzi attraverso gli occhi di altri lycan. «Lo supereremo. Supereremo tutto questo.», le sussurra con la voce spezzata. «Professoressa.. Ma cosa sta succedendo?», la voce ingenua di Annie, preoccupata e affranta, vale più di mille pugnalate al centro del petto. Cosa dovrebbe risponderle, Virginia? Che là fuori sta succedendo un vero e proprio incubo? Che non è altro che il ripetersi di una storia già vista - solo che questa volta l'hanno scatenata loro? Improvvisamente, non sa più nulla, la secondogenita della famiglia Lindstorm. Non fa altro che ripetersi che supereranno tutto, ma sulla base di cosa lo dice? Ogni volta che cerca di capire davvero le azioni dei lycan, le decisioni di Beatrice e quella storia delle Logge il suo cervello scoppia di fitte lancinanti. Diventa tutto bianco. O nero. E' come se non avesse piena consapevolezza di mezzo anno intero della propria vita - e in effetti, non ricorda neanche bene cosa sia successo. Si continua a ripetere sia un effetto del trauma - del presunto trauma che i propri genitori le hanno rivelato avesse vissuto - ma, se di fatto non ha neanche idea di quale sia stato il trauma, come potrebbe pretendere di capire? « P-p-professoressa io v-voglio andare a c-casa dai miei genitori...», Patrick Moore letteralmente implora di essere rilasciato. Ginny gli accarezza i riccioli rossi. «Andrai a casa, Patrick, se lo vorrai. Sta per finire... Sta per finire.», deglutisce con forza. Non può assolutamente permettersi di mostrare segni di cedimento. Non con gli studenti. Non quando deve rappresentare la loro roccia. [...] E' ancora sconvolta quando mette piede al Parco della Liberazione. Possibilmente l'avrebbe evitato. Ma si rende conto, anche qui, che non può e non deve farlo. Adesso è il momento di rimettere in piedi tutto. Adesso è il momento di ricostruire dopo il dilagare della distruzione. E' il momento più tragico dopo una guerra, ma è anche un momento di speranza. Speranza di riuscire a riprendere le fila di tutto, di riuscire a riportare la serenità lì dove era tutto una catastrofe. E' con questo spirito che vorrebbe approcciarsi alla nuova giurisdizione di Hogwarts e Hogsmeade. Eppure le urla continuano, le battaglie non sono che all'inizio, il contrasto è tutt'altro che finito. Osserva con il cuore in subbuglio la piccola rivolta di Asa King, subito seguita a ruota da una serie meccanica di reazioni. Chi cerca di bloccarlo, chi si aggiunge al suo coro, chi risponde tono su tono. Lei, Virginia, indietreggia e basta. Non è d'accordo col discorso di nessuno. Né di King, né di Ophelia, né di Weasley. Ed è per questo che non si intromette nella bolgia - sanno già tutti quanto lei abbia disapprovato la scelta di combattere per occupare il territorio scolastico. Indipendentemente dalla ferocia con cui i lycan hanno sostenuto che le proprie convinzioni non si fanno valere con gli arcobaleni e gli orsacchiotti rosa, lei rimane comunque dell'idea che spargere sangue - qualunque cazzo di sangue - non possa e non debba essere la soluzione. Ma è la sua gente e, in lei, è radicato anche lo spirito di supporto. E' per questo che ha trovato un compromesso: partecipare per difendere. Senza combattere. Lei e Pervinca hanno tenuto al sicuro i più piccoli. E questo è quanto.
    «Lex, si lascia sfuggire un sospiro di sollievo quando finalmente individua la sua migliore amica. La abbraccia e ne valuta subito le condizioni: non sembra ferita - o comunque, non lo è gravemente. Adesso Ginny può permettersi di riposare. Di abbandonarsi. Di lasciarsi andare. C'è Lexie e lei non ha più bisogno di mostrarsi risoluta, sicura e salda. C'è Lexie e avrà forza necessaria per entrambe. «Sto bene. Neanche un graffio. Tranquilla.», commenta rapidamente. «Tu dov'eri? Stai bene? Stai..», non aggiunge altro, in realtà, perché non sa più cosa chiederle. Non sa cosa Lexie sappia, invero. Dopo il tentativo di allenamento, andato in fumo, l'argomento Inverness tra loro non è più stato toccato. E non ha idea di che tipo di contatti abbia avuto con Adam. Di certo la Cooper sa molto più rispetto a studenti completamente ignari di tutto, però non si può dire abbia preso attivamente parte al piano. Nel senso che, indiscutibilmente, ne è stata fuori. Da questo punto di vista, Ginny si sente in colpa. Forse avrei dovuto fare di più. Avvertirla, tenerla al sicuro... Ma in ogni caso, che la situazione stesse rapidamente precipitando, di questo Lexie era a conoscenza. Ed io non potevo obbligarla a prendere parte a qualcosa di cui non sono neanche convinta al cento per cento. «Hai per caso visto Johnny e Luxanna? Non so dove siano. E' un po'... Confusionario qui.», le domanda infine, fremendo nell'attesa di sapere dove si trovino le altre sue amicizie più strette. Fa' che stiano bene.

    Interagito con Pervinca e Lexie
    Citati Otis, Carrie, Asa, Ophelia, Adam, Johnny, Luxanna

     
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    Non ricordava bene come fosse iniziata quella giornata. Era un giorno normale. La normalità è come guardar fuori dal finestrino dell’auto: passano delle cose, questo e quello e questo e quello, non hanno molto senso. Ore così non restano impresse. Sono un’abitudine, come lavarsi i denti. Poi fu pomeriggio. L’aria all’interno del locale era viziata e l’orologio rallentava man mano che si avvicinava l’orario della fine del suo turno. Due ragazze, sedute al bancone, parlavano di un libro che Lexie non aveva mai sentito nominare. Una -con due enormi occhiali dalla montatura stravagante- sosteneva che l’innamorato della protagonista fosse il prototipo di uomo ideale, l’altra negava con fervore poiché -diceva- una donna non aveva bisogno di un uomo per spingersi a realizzarsi nella vita. Una conversazione noiosa in una giornata noiosa. La Cooper non poteva sperare in meglio. Era pomeriggio inoltrato quando le cose cambiarono radicalmente. Fu come se qualcuno avesse fatto cadere un oggetto, infrangendo in modo irreversibile un silenzio rassicurante. Quando un ragazzo entrò ai Tre Manici di Scopa sostenendo che poco lontano da lì una manifestazione era sfociata in una rivolta, le persone all’interno del pub si erano ammutolite di colpo. Lexie era rimasta immobile, gli occhi spalancati e le labbra dischiuse in un sospiro che aveva dimenticato di fare. Aveva appena posato sul bancone un boccale di birra e le dita erano ancora incollate al vetro della bevanda ordinata dalla ragazza con le lenti degli occhiali troppo spesse. Una rivolta. Ne erano certi? Erano sicuri che si trattasse solo di quello? Di fanatici che non sanno sottostare alle regole.. Oppure era altro? Seppur avesse fatto tutto ciò che poteva per continuare normalmente la sua vita, come se nulla fosse o stesse per accadere, non era raro che la giovane Cooper sobbalzasse per qualche rumore fuori luogo o che la mano si stringesse attorno alla bacchetta nel momento in cui percepiva qualcosa di strano. Quel giorno all’Alveare si era sentita come se tutte le sue debolezze fossero venute a galla, esponendosi, dimostrandole quanto non fosse all’altezza di tutta quella situazione. Come poteva proteggere gli altri se non era in grado di proteggere neanche sé stessa? Ci aveva pensato per giorni, finché svegliandosi una mattina si era resa conto che la cosa migliore che poteva fare era comportarsi esattamente e niente poco di meno che da Alexandra Cooper. Era stata la sua soluzione per anni: perché adesso sarebbe dovuta andare diversamente? Niente più, niente meno. Fingere che non fosse successo niente. Ora però, difronte al ragazzo impaurito che teneva le spalle incollate alla porta come se volesse impedire a qualcuno -o qualcosa- di entrare, si sentì come se non avesse più tempo a disposizione. Come se avesse potuto fare di più. Dopo qualche attimo di sgomento, alcuni clienti erano corsi fuori dal locale, scaraventando via dalla porta il povero ragazzo spaventato, uscendo per strada, scappando chissà dove. Altri erano rimasti immobili al loro posto. Non seppe spiegare cosa scattò nella sua mente. Pochi minuti dopo Lexie e quelli rimasti stavano barricando l’ingresso del locale. Avevano atteso dietro il bancone, in silenzio e con le bacchette in mano. Lexie cercava di non ripensare alle parole di Adam, quelle in cui diceva che la sola magia -senza altri fattori rilevanti- sarebbe servita a poco contro la Loggia. Si dice che quando si è vicini alla morte le cose ci appaiano più chiare e che quasi riusciamo a percepire l’essenza stessa del significato della vita. C’erano tante domande, sì, ma inaspettatamente tutto sembrava molto chiaro. Forse era pronta per morire. Forse le cose si sarebbero accomodate per molte persone se lei non ci fosse stata più. Infondo cosa aveva combinato in questo mondo? Era stata semplicemente una comparsa nella vita di altre persone, senza saper essere la protagonista della sua stessa vita. La sua mano si era stretta più forte alla bacchetta nel momento in cui la porta si era spalancata e alcune persone -forse Auror- erano entrate annunciando che la rivolta era stata messa a tacere e stavano trasportando i feriti al San Mungo. La ragazza con gli occhiali dalla montatura stravagante scoppiò in lacrime e la sua amica l’abbracciò. Lexie, in piedi dietro al bancone, non riusciva a muovere un muscolo. Avrebbe voluto chiedere alla ragazza di abbracciare anche lei. Aveva bisogno di sentirsi dire che andava tutto bene. Aveva bisogno di sentirsi dire una bugia.
    [...] Quando aveva saputo degli attacchi ad Hogwarts il suo pensiero era corso subito a sua cugina Nirvana. Arrivata al Parco della Liberazione aveva passato lo sguardo su ogni singolo volto, alla ricerca di quello della ragazza. Era lucida, fin troppo. Quando si era ritrovata sola, dopo che tutti i clienti erano usciti, Lexie aveva avuto l’irrefrenabile impulso di afferrare la prima bottiglia che le fosse capitata a tiro e scolarsela tutta d’un fiato. Voleva solo che le voci nella sua testa si zittassero di colpo, facendo piombare il silenzio. Desiderava solo annullarsi, ancora una volta, cullarsi in un limbo dove spazio e tempo non sono altro che concetti astratti. Stava per cedere quando il desiderio di assicurarsi che le persone a cui teneva stessero bene ebbe la meglio su tutto il resto. Ora però voleva solo mettersi ad urlare. Più volti guardava, più non erano chi cercava. Il cuore le palpitava forte in petto. Dove erano? «Lex.» Un tuffo al cuore. Si voltò di scatto ritrovandosi davanti il viso di Ginny.
    «Oh, Ginny..» si lasciò sfuggire il suo nome, come un sospiro di sollievo, mentre l’attirava a sé, stringendola più forte che poteva. Era viva, era salva. Le pizzicavano gli occhi e sentiva il suo respiro farsi più corto. Si stacca da lei con riluttanza. Avrebbe voluto abbracciarla più a lungo. «Sto bene. Neanche un graffio. Tranquilla.» aveva commentato la giovane, notando forse come lo sguardo della Cooper aveva indugiato sul suo viso alla ricerca di qualcosa che per fortuna non c’era. Sembrava davvero star bene. Per un attimo aveva pensato che quella detta dalla principessa fosse solo una frase di cortesia con la quale stava cercando di tranquillizzarla. «Tu dov'eri? Stai bene? Stai..» Annuisce con convinzione. «Sto bene.. Ero ai Tre Manici.. Appena è scoppiata la rivolta ci siamo barricati dentro.» Avrei voluto fare di più, ma evidentemente sono solo una vigliacca. L’abbraccia ancora, come se volesse assicurarsi che lei è davvero lì. Interrompe quel contatto solo dopo alcuni lunghi secondi. «E..» si passa la lingua sulle labbra secche. «Adam è...» Sta bene? Sai qualcosa? Si rifiutò di prendere in considerazione l'opzione che gli fosse successo qualcosa. Sa difendersi.. Continuò a ripeterselo come un mantra. Si chiese se avesse dovuto percepire qualcosa. Forse era davvero più sbagliata di quanto credesse. «E’ ancora in Svezia o...» Era dall’Alveare che non si parlavano. Si schiarì la gola. «Hai per caso visto Johnny e Luxanna? Non so dove siano. E' un po'... Confusionario qui.» Scosse la testa, sospirando. «No, ma.. A dire la verità non escludo che mi siano passati accanto ed io non li abbia visti.. Sto cercando..» Ethan! Un colpo al cuore nel momento in cui vide il viso di suo cugino a pochi passi da loro in compagnia di due ragazze. Notò solo dopo che una di esse era Sol. Afferrò la mano di Virginia, trascinandosela dietro, lasciandogliela solo quando furono abbastanza vicine al cugino e lei gli avvolse le braccia intorno al collo. «Eth! Per fortuna...» .. Stai bene Lo pensò e basta, senza dirlo. Infondo, chi di loro poteva dire davvero di stare bene? «Dov’è Van


    Interagito con Ginny ed Ethan.
    Nominati Nirvana, Adam, Lola e Sol.
     
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    La giornata era stata lunga e dura. La battaglia non era che un decimo del lavoro che un'azione simile comportava - una parentesi veloce e fulminea tra un prima e un dopo. Era quello l'importante: la vita vera, ciò che accadeva al di fuori della lotta e delle rivendicazioni del caso. Quando Tris gli aveva parlato del piccolo raduno al Parco della Liberazione, Byron non aveva potuto che concordare: c'era bisogno di tempo per raccogliersi, riposare e capire. Alcune di quelle persone, specialmente le più o giovani o quelle con la tendenza naturale ad estraniarsi dal mondo circostante, non avevano idea di cosa stesse accadendo, e dargli gli strumenti necessari a prendere la propria decisione era necessario. Sapeva che non tutti sarebbero stati dalla loro, ma la cosa non lo preoccupava - quella strada, Byron l'aveva già percorsa anni prima. Sulle prime, dunque, non si curò troppo dell'alzata generale di toni. Aveva senso farlo? No, decisamente no. O almeno non fino a quando la situazione non sfuggì di mano, creando qualcosa di totalmente opposto rispetto alla funzione di quel raduno. Chiuse gli occhi per un istante, prendendo un profondo sospiro prima di alzarsi in piedi e puntarsi la bacchetta alla gola per castare un Sonorus non-verbale. « SILENZIO! » La voce dell'uomo rimbombò per tutto il parco, sovrastando persino il fragore dei fuochi d'artificio, a cui rivolse la bacchetta subito dopo, interrompendoli completamente. Non si curò del mugolio dispiaciuto degli warlock. Avete la vostra cultura, ma non è questo il momento o il modo di mostrarlo. Mosse gli occhi tra la folla nel silenzio generale, scrutando ogni viso e nessuno in particolare con un'espressione apatica in volto. « Bel modo di omaggiare i morti di cui tanto ci riempiamo la bocca. » osservò laconicamente, riavvicinando la bacchetta alla propria fola per far sì che anche i più lontani potessero sentirlo. « Questo momento doveva servire per raccogliersi: per onorare chi non c'è più, per riflettere, per fare domande - quelle vere, quelle che un senso e uno scopo ce l'hanno -, per riunirsi ai propri cari e per riposarsi dopo una giornata che ha tolto qualcosa a tutti quanti. » Ma questo non siete in grado di reggerlo, vero? È troppo, chiedervi una riflessione. « Ma noto con piacere che è diventato un ottimo modo per sfoggiare il proprio ego e darsi al dibattito sterile. » Fece una pausa, scuotendo il capo. « Con tutto il tempo che c'è stato per dibattere, mi chiedo perché scegliere proprio quello meno opportuno. Lo stesso in cui, tra l'altro, il dibattito non serve più. » Forse perché il punto stesso di un dibattito è quello di raggiungere un accordo, di esporre la propria opinione per fare qualcosa. E voi non volete fare un cazzo. Volete solo parlare perché vi piace così tanto il suono della vostra stessa voce. Si voltò verso il gruppetto che si era radunato a far caciara intorno a Tris, rivolgendosi tanto ai due ragazzini quanto ai propri compagni. « Cosa pensate di fare, esattamente? Il conteggio dei morti dalla Rivolta dei Folletti fino ai giorni nostri per vedere chi ne ha di più? Molto produttivo. » Si focalizzò quindi sui compagni, specialmente quelli che erano intervenuti in maniera più vocale nella faccenda. « Volete dare spago tutta la sera a chi palesemente non ha intenzione di ascoltarvi? Avete qualcosa da vendere? Perché dubito che il ragazzino sia intenzionato a comprare. » E allora qual è il senso di dargli addosso in mille? È solo girato di culo perché da oggi non può più far finta che il mondo sia il paese dei balocchi. Detto ciò si rivolse ai restanti presenti, lanciando uno sguardo generale al Parco. « Per chi non l'avesse ancora capito: siamo in guerra. Non da oggi e nemmeno da Giugno. Lo siamo da anni. Ed è sempre da anni che parliamo di Logge e del loro ritorno. Nessuno vi biasima per aver scelto la via più semplice: quella di vivere le vostre vite nonostante tutto. Potreste aver ignorato una realtà scomoda perché vi metteva a disagio, o perché non sapevate cosa fare a riguardo, o ancora perché semplicemente non vi sentivate abbastanza toccati da interessarvene. Potreste avere mille ragioni e non è affar mio o di nessun altro sondarle e scegliere quali siano lecite o meno. » Anche perché alcuni di voi sono troppi giovani per interpretare gli eventi. Non avete gli strumenti, ed è giusto che non ne abbiate neanche la volontà. « Se vorrete continuare a far finta di nulla, se pensate che tutto ciò non vi riguardi.. siete liberi di andare. Potete uscire di qui e tornare alle rassicurazioni che più vi aggradano. Come io non cambierò la vostra idea, nemmeno voi cambierete la mia, quindi sarebbe inutile per entrambe le parti insistere. » Fece una breve pausa. « Vi è già stato indicato a chi chiedere informazioni. Se non lo fate, è responsabilità vostra. » Passò lo sguardo su tutti i presenti, uno ad uno. « Tutto ciò che fate e non fate, ciò che dite e ciò che non dite è responsabilità vostra. Vostra e di nessun altro. » Detto questo fece un breve cenno col capo, come a sottolineare che non avesse altro da dire, togliendosi la bacchetta dalla gola per sollevarsi dall'incanto Sonorus. Si avvicinò al gruppetto intorno a Tris, rivolgendosi ai compagni che tenevano fermo il ragazzo. « Lasciatelo. » sentenziò laconicamente, passando lo sguardo da uno all'altro con sguardo serio, aspettando che i due obbedissero prima di raggiungere l'alpha. « Torno ad Inverness. Stanotte ho intenzione di lavorare, quindi se vorrai raggiungermi saprai dove trovarmi. » Detto questo si congedò dalla presenza di tutti, smaterializzandosi alla volta di Inverness, non prima di aver gettato uno sguardo alla statua per i caduti che troneggiava sul parco. Io me lo ricordo com'era questo posto qualche anno fa. Era vivo. La gente credeva in qualcosa. Adesso non crede più in nulla se non nella comodità, nel cinismo e nel personale tornaconto. Non sono le Logge il problema, perché se pure dovessero tornare come prima, troveranno solo il guscio vuoto di quella che una volta era la nostra umanità.

    Byron si è rivolto un po' a tutti e poi se ne è andato

    nota da staffer // siete liberi di continuare a postare e fare/dire ciò che più credete inerente al pg. Tuttavia (e questo discorso è rivolto a tutti quanti) siete pregati di mantenere una coerenza di fondo con ciò che è stato ruolato, con le informazioni a disposizione del personaggio, con la storyline e con quanto successo effettivamente in quest. Le role che facciamo non sono isolate, non c'è un reset di trama e personaggi dopo ciascuna, ma sono tutte legate. Anche cose come concentrare troppe interazioni sullo stesso pg possono impattare lo scorrimento fluido della role, oltre a togliere spunti che invece potrebbero essere utili e invogliare gli altri a postare. Queste norme sono state illustrate più e più volte, ma valgono per ogni circostanza. Di regolamenti ne abbiamo diversi, di storyline solo una, e sono tutte cose da leggere e rispettare, quanto meno come forma di gentilezza verso lo staff che ci spende ore su ore.





    Edited by thunderous - 19/4/2022, 04:52
     
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