Through the wire

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  1. expecto patronum.
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    « Ero ad Hogsmeade quando è successo. Stavo passeggiando... Poi è iniziato quel corteo. Sono stata un po' spintonata - mi è caduto il frullato per terra... L'avevo preso per colazione... » Quelle parole sono come un sottofondo, un brusio, come la musica di sottofondo al centro commerciale. Era parzialmente informata sugli ultimi fatti accaduti fuori da quelle quattro mura dove ora si crogiolava, particolarmente leggera, sollevata, come non si sentiva da tempo. Forse erano gli antidepressivi che aveva ricominciato a prendere, forse era semplicemente l’aver trovato una piccola pausa, una parentesi, da tutto il resto, come desiderava da tempo. Sapeva ciò che era successo al corteo, al Ministero e persino ad Hogwarts. Si, certo, si era spaventata, questo era stato inevitabile. Eppure lì dentro aveva come l’impressione di sentirsi al sicuro. Forse era un pensiero egoistico e a tratti il senso di colpa tornava a farsi sentire, stropicciandole le viscere. Sapeva che Lympy era stata ferita e c’erano voluti tre infermieri per impedirle di scappare via. Si era tranquillizzata, almeno un po’, solo quando i suoi genitori le avevano accertato che era in via di guarigione. «Di che scelte parli?» Trattenne silenziosamente un piccolo sorriso che di divertito non aveva niente. Più che altro che avrebbe saputo di rassegnazione. Da dove cominciare? Come poteva sintetizzare in poche parole tutti quegli anni di alti e bassi? Sarebbe stato come chiederle di riassumere qualcosa grande come il cielo. Non si sintetizza il cielo, lo si prova e basta. Lo si sente, lo si vive. Si ridusse a stringersi nelle spalle minute, arricciando appena le labbra, lo sguardo sempre fisso sulle maniche di quel golf di cui, ormai, aveva imparato ogni intreccio. «Mai sentito il proverbio “Chi fa da sé fa per tre?”» Pausa. «Bhè, non sempre è vero.» Fu solo a quel punto che lo guardò accennando un piccolo sorriso. Era stata così presuntuosa da convincersi di saperne di più della sua terapeuta, convinta che stava bene, che non aveva più bisogno di medicine o di sciocche sedute. «Immagino che tutto questo» -fece un cenno verso Simon e gli altri- «voglia dire che è arrivato il momento di scendere dal piedistallo e accettare l’aiuto di qualcuno.» Perché stava dicendo quelle cose a Caél Cousland? Forse perché si sentiva in colpa per come lo aveva trattato l’ultima volta che si erano visti, tra le montagne italiane. Ninfadora Weasley non era una giornalista in vendita e sapeva quanto fosse poco professionale schierarsi dalla parte di qualcuno. Eppure c’era modo e modo per dire le cose e lei aveva usato quello sbagliato: quello poco professionale, dettato dalla sua fragilità piuttosto che dalla ragione. Non stava cercando di fare ammenda, né di farsi trovare più simpatica. Forse era solo un bizzarro modo per mostrare che lei non era come si era mostrata. Era caparbia, incredibilmente testarda, ma non meschina. «Vuoi la mia opinione a riguardo? Credo nella seconda.» Trattenne rumorosamente una risata, così chiassosa da costringersi ad alzare lo sguardo per convincersi di non aver attirato l’attenzione degli altri. L’unico che aveva lanciato un’occhiata verso di loro era Simon. «Direi che hai tutte le carte in regola per comprendere tu stessa se sia stata una stupidaggine o meno, dopo questa lucida disamina. Ed anche le azioni direttamente consequenziali.» Avrebbe voluto dirgli che la stava sopravvalutando, ma rimase in silenzio. Non era ancora pronta ad aprirsi in quel modo. Avrebbe potuto usare altre parole senza la necessità di mostrarsi troppo, ma non ebbe il tempo di rifletterci abbastanza perché Simon aveva attirato la loro attenzione, chiamando Caél in causa. «Signor Cousland, è il suo turno. Vuole condividere qualcosa con noi?» Lo sguardo della Weasley si sofferma su Simon che sta guardando nella loro direzione. Si sente come se fosse stata scoperta a fare qualcosa di male, sensazione che raramente Ninfadora aveva provato essendo una perfezionista. Simon però non sembrava arrabbiato, tutt’altro. Sorrideva, alternando lo sguardo tra lei e Caél. Perché diamine stava sorridendo in quel modo? Cosa c’era da sorridere in tutta quella storia? Le sembrava di essere sull’orlo di un baratro e che Simon le dicesse che andava tutto bene per convincerla a non buttarsi giù. Era questo che faceva? Assecondarli? Dory pensò che fosse piuttosto irritante. Spostò lo sguardo su Caél solo nel momento in cui lui cominciò a parlare, sorpresa nello scoprirlo partecipe alla proposta di Simon di condividere qualcosa con il resto del gruppo. «Credo che Carole abbia sintetizzato alla perfezione. Tuttavia... Suppongo che il motivo per cui siamo qui riuniti sia parlare di come ci si è sentiti a riguardo.» "Come ci siamo sentiti a riguardo". Quindi era questo il motivo per cui il giovane Cousland si trovava lì: era rimasto coinvolto in una delle rivolte di qualche giorno prima. Riabbassò lo sguardo, continuando ad ascoltare le parole del biondo seduto accanto a lei. «Ero chiaramente spaventato, come tutti.» Non riusciva a credere che Caél si stesse aprendo così facilmente con qualcuno. Non lo conosceva così profondamente da poter prevedere un suo comportamento -anzi, diciamo che Cousland aveva il potere di essere piuttosto imprevedibile-, ma per quel poco che lo conosceva, non avrebbe mai detto che avrebbe parlato così facilmente. Oppure.. Lo stava prendendo in giro? Gli stava dando quel dramma di cui avevano parlato poco prima? «Non capivo come mai un corteo fosse degenerato a tal punto. Non sapevo da chi guardarmi le spalle, verso chi alzare la bacchetta...» Doveva essere stato terribile. Ebbe la sensazione di provarle lei stessa quelle emozioni, essendo Ninfadora una creatura particolarmente empatica. Era naturale, si disse. Lei stessa aveva provato quelle cose anni addietro. « Io ti ho vista. » «Prego?» Dory alzò lo sguardo, battendo le palpebre, come se fosse appena uscita da uno stato di trance, guardandosi intorno per capire da dove provenisse la voce. Stavano tutti guardando una ragazza. «Sarah, cara, è ancora il turno del signor Cousland, facciamolo finir-» « Me ne fotto del signor Cousland. » Prima che potesse pensare altro, lo sguardo della giovane parve trafiggerla da parte a parte. « Tu. Weasley. Ero al Ministero, quel giorno. Seguivo la pratica con la dottoressa Rejikiavich. E c'eri anche tu al Ministero. Ti ho vista. Eri con sua sorella. » Si volta verso Caél, confusa. Con sua sorella? Cosa.. Che follia era mai quella? Lei non si trovava affatto al Ministero. «No.. Io non..» provò a dire qualcosa ma Sarah la interruppe. « Cosa avete combinato? Io lo so che c'entri qualcosa, Weasley. Non sarebbe neanche la prima volta che uno di voi combina porcate. » BOOM. Fu come un’esplosione, una denotazione nelle orecchie di Ninfadora. ” Non sarebbe neanche la prima volta che uno di voi combina porcate”... Ok, ragazzina, adesso stiamo esagerando. «IO NON ERO AL MINISTERO.» Si accorse di aver gridato, ringhiando in direzione della ragazza che aveva allargato gli occhi, probabilmente non aspettandosi una reazione del genere da Ninfadora. «Si può sapere chi diamine sei per sputare sentenze in questo modo sulla mia famiglia?» la sua voce era ancora piuttosto alta, ma non gridava più. Resta concentrata, Dory. «Eri tu, ne sono sicur...» «Bhè, è evidente che tu ti stia sbagliando, no?» Non era una domanda. La giovane la stava ancora guardando severamente. Nonostante le repliche di Ninfadora, sembrava ferma nella sua idea. Perché le stava dicendo quelle cose? Lei era alla Gazzetta quel giorno.. Non aveva impegni al ministero. Veronica, si. Lei c’era andata. Aveva quel processo sulle bacchette contraffatte.. Veronica, non lei. Impossibile che le avesse scambiate. La sua collega era tutto ciò che di più lontano ci fosse da Dory: capelli color miele e occhi verdi, portava sempre i tacchi nonostante fosse già alta abbastanza. «Non mi sto sbagliando. Tu eri lì.» La voce di Sarah era come un ringhio che le saliva su per il petto. Perché? Perché la stava accusando di cose che non erano accadute, cose in cui non c’entrava niente? «Ti ripeto che io non c’ero.» aveva alzato di nuovo la voce. Si era sporta in avanti, conficcando quasi le unghie nei braccioli del divanetto.
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    «Bhè, allora sei una grande bugiarda, Weasley.» Fu in quel momento che Dory scattò in piedi e Simon fece lo stesso, come se temesse che la bruna potesse saltare addosso alla ragazza. Invece rimase lì, in piedi, troneggiando sulla figura dell’altra rimasta seduta che però non si mosse di un millimetro. «Sarah. Ti chiami Sarah, vero?» Quella sorrise malamente. «Si, e allora.» «’fanculo Sarah.» Uscì a gran passi dalla stanza dopo verle sputato addosso quell’insulto, senza guardarsi indietro. Si chiuse la porta alle spalle e si diresse verso la fine del corridoio, in cerca di un posto in cui avrebbe potuto prendere un po’ di aria. Aveva bisogno di respirare. Il cuore le batteva all’impazzata, dandole la sensazione che sarebbe potuto saltare fuori da un momento all’altro. Cosa le era preso? Non era da lei comportarsi in quel modo. Lei non diceva parolacce. Lei era diplomatica, lei analizzava la situazione prima di agire.. Eppure.. Perché si sentiva così bene? Aprì una porta premendo le mani sulla maniglia antipanico, ritrovandosi sulla scala antincendio. Perché non era chiusa? La risposta arrivò in un attimo: un infermiere, forse un tirocinante, stava fumando in un angolo. La guardò prima terrorizzato, poi cercò di rientrare nel ruolo. «Signorina, non può stare qui..» Ninfadora non si mosse di un centimetro. «Oh, si che ci posso stare. E sai perché? Perché se mi obblighi a rientrare dirò ai tuoi superiori che stai fumando in una scala antincendio.» Ironico. Lui spalancò gli occhi, senza sapere cosa dire. «Non mi butterò di sotto, tranquillo. Ho solo bisogno di una boccata d’aria. E ora via di qui.» Quello lanciò il mozzicone oltre il parapetto di metallo per poi rientrare lanciando continue occhiate alla Weasley. Non appena fu sola, Dory chiuse gli occhi inspirando a fondo. Aria.


     
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