Molto onore ci darai

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    « Non ci posso credere. » Goro Yamazaki continua a ripetere le stesse quattro parole da quando Akito gli ha fatto un rapporto completo su quanto accaduto ad Hogwarts. Scuote la testa, seduto sulla poltrona mentre Mali è intenta insieme al signor Roy, nella stanza di fianco, a buttare giù idee per il progetto della nuova maison "che finalmente riunirà la famiglia sotto lo stesso tetto". Ogni volta che Fujiko ci pensa sbianca fino ad arrivare ad un tono pallido tanto quanto quello che ha assunto nel momento in cui ha saputo dell'attacco direttamente dalla bocca di Akito. Per quanto sia profondamente preoccupata, cerca di non darlo a vedere mentre continua a scribacchiare una lettera per Hiroshi. Lo sente, lo sa per certo che, pur ritrovandosi magari in mezzo alla mischia, è ancora vivo. Ma figurati se ci si è ritrovato poi. Se c'è davvero Inverness dietro tutto questo, Raiden sapeva. E di conseguenza anche Hiroshi. E' allora un senso più tranquillo quello che si sente invaderla, certa di avere ragione. « C'è perlomeno un lato positivo in tutto ciò. » Lo sguardo giallastro della mora scivola di colpo in quello del padre, deglutendo non appena vede quella particolare espressione sul suo volto. La conosce bene. E' il saper di aver vinto, nonostante tutto. « Cosa intendi padre? » « Finalmente puoi lasciare gli studi per i quali non eri minimamente tagliata e potrai dedicarti a coltivare il tuo destino, prendendo il posto che ti attende nella famiglia Moon. » Certo, devo smettere di studiare quello che non va bene a te per fare la moglie. Come no, contaci, proprio. La prima cosa che sente Fuji è una penna che cade nella stanza accanto, ticchettando contro il pavimento in due ribalzi prima di fermarsi. Si immagina sua madre trattenere il respiro, chiedendo al signor Roy di non fare caso a lei. Dal suo canto, la mora sbatte le ciglia intontita, con il padre che la fissa con aria di sfida. "Prova a contraddirmi, dai, dopo tutto quello che ci hai fatto passare", il messaggio che Fujiko recepisce e dal quale non riesce a sfuggire. « Questo discorso sarebbe valso se avessi seguito l'ordine di iscrivermi a Magisprudenza? » Si sente allora chiedere. L'uomo sorride, una di quelle smorfie fredde e calcolate che fanno tanto domandare alla giovane dove sia finito quel padre che ha sempre ammirato e amato, al pari di un superuomo, per il quale era disposta a tutto, persino a mettere da parte se stessa. « Immagino non lo sapremo mai data l'attitudine all'insubordinazione che hai dimostrato in passato. » La ragazza percepisce l'ultima parola come una specie di minaccia e solo allora si accorge di star raccattando le proprie cose, inconsciamente. « Al di là di ciò che tu possa pensare ora di me, io non voglio altro che saperti al sicuro e con un futuro certo e ben più che brillante. » La mediocrità non fa parte di noi, già. « Tutte le mie cose sono allo studentato. » E' lapidaria nella sua risposta mentre salta in piedi ed è pronta ad uscire dalla sala, per capire come gestire quella situazione. « Non credo ti manchi il modo per ricomprartele. Le andrei a prendere quando e se si sarà capito che Hogwarts è stato messo in sicurezza. » Fuji allora inclina la testa di lato, chiedendosi quali siano i reali pensieri di Goro in tutto ciò. Si domanda se, dietro a quella facciata di profonda stima e fiducia nel Progetto Minerva, visti i rapporti che intercorrono tra i Moon e il governo, suo padre provi altro. In fondo lui in Giappone era cominciato ad essere un personaggio scomodo per la vecchia amministrazione, tanto da essere stato avvelenato da un suo stesso dipendente, sotto lauta ricompensa. E Inverness ha aiutato a deporlo quel governo che ha provato ad ucciderlo. Quindi cos'è che provi davvero? Ad vista più attenta, Goro Yamazaki non appare altro che un vecchio stanco, debilitato da una malattia neurologica per cui non c'è cura, che gli sta bloccando gli arti a poco a poco, intrappolando la sua mente in un corpo sempre più di pietra. Forse davvero allora pensi al mio benessere sapendo che un giorno non potrai più pensarci. Fuji tentenna davanti al padre, cercando di scollegarsi dal suo sguardo ma poi respira a fondo. « Farò quello che è giusto. » Secondo i tuoi principi o i miei..questo è da vedere.

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    Fortuna vuole che, per quanto siano fedeli gli uomini di suo padre, alcuni di essi riservano anche lei quella stessa lealtà e la medesima discrezione. E' proprio grazie ad un suo collaboratore, dopo qualche sfarfallamento di ciglia e un paio di attenzioni ad hoc, che riesce a sapere gli spostamenti della famiglia Moon e in particolare i movimenti di Seojoon. Perché è vero, fino a quel momento non se l'è mai calcolato più di tanto, accantonandolo come un argomento da rimandare il più possibile, in un cassetto remoto della propria mente, che solitamente si apre giusto quando sono costretti a presidiare alle inutili serate organizzate dalle loro rispettive famiglie. "Per abituarci ad essere un tutt'uno". Ma ora..ora che sa che è tornato praticamente in pianta stabile ad Hogsmeade, questo cambia tutto. Perché potrebbe usare la cosa a suo vantaggio, così da non avere il fiato di Goro sul collo nel caso dovesse accettare di aiutarla e capire nel frattempo come gestire quel piccolo, minuscolo particolare che la vorrebbe legata ad Inverness. Ed è proprio con questo spirito, pieno e convinto di poter riportare a casa il punto, che si smaterializza ad Hogsmeade, lasciandosi perquisire da una ragazza che le sembra di aver già visto da qualche parte. Anche lei sembra pensare la stessa cosa tanto che la mora riconosce l'intenzione di parlarle negli occhi e fa di tutto per svincolarsi quanto prima, fingendo una certa fretta. Passa prima allo studentato, per un veloce pit stop che la porta ad indossare un giacca e pantalone abbinato a delle scarpe meno sportive, prima di avviarsi per le stradine di Hogsmeade. Cammina veloce, lanciandosi qualche occhiata oltre le spalle un paio di volte prima di focalizzarsi sull'indirizzo che le è stato dato. Ci arriva in pochi minuti e guardando la facciata, Fuji rimane stupita dalla sobrietà del complesso. Ha da sempre affiancato la personalità del ragazzo al lusso delle case in cui è stata invitata soprattutto nel corso degli ultimi mesi e quell'improvviso cambio di marcia, quell'apparenza tanto normale riesce a stonare con l'idea che ha di lui abbastanza da stranirla. Quindi anche lui sa essere una persona qualunque? Una qualità, quella, che Fujiko ha imparato essere estremamente importante per lei, l'abilità di passare inosservati, di mescolarsi alla folla per muoversi attraverso come uno spettro. Ed è proprio con la sua famigerata furtività che si muove intorno allo stabilimento alla ricerca di un accesso da sfruttare per entrare nell'appartamento. Perché di suonare non ne ha alcuna intenzione. Quella finestra può fare al caso mio. Saggia l'atmosfera con la bacchetta per trovare eventuali protezioni applicate sulla casa e dopo aver provato un paio di contro incantesimi, insieme ad un Alohomora sul chiavistello della finestra, ha l'illuminazione. Alcuni incanti protettivi non hanno effetto con gli animali e puntando su questo, una volta nascosta all'interno di un cespuglio, si lascia scuotere il corpo dalla magia prima di trasformarsi in un gatto siamese. Si arrampica così sulla grondaia e comincia a lavorare con le zampette davanti per far salire il vetro fin quando non riesce a sgusciarsi sotto per entrare. Si guarda intorno, annusando l'aria alla ricerca di qualche odore particolare. Passa in rassegna tutte le stanze - ah, lo sapevo, design degli interni ricercato - fin quando non capisce di essere effettivamente sola in casa. Arriva in cucina e solo allora si ritrasforma. Aspetta qualche istante, congelata sul posto, prima di stringersi nelle spalle e cominciare a muoversi. Se suona qualche allarme, vorrà dire che tornerà prima. Cosa che non guasterebbe di certo. Individuati comunque una bottiglia di vino e un calice, sedendosi sulla penisola della cucina aspetta così l'arrivo di Seojoon. E' quando sente il rumore di una porta aprirsi che si innervosisce appena, cambiando posizione con le gambe. « Ciao tesoro, sono in cucina. » Alza la voce per farsi sentire e solo quando lo intravede muoversi lungo il corridoio, grazie al riflesso di una vetrina, aggiunge « Bentornato! Com'è andata a lavoro? » Tono sarcastico mentre alza il calice verso di lui con un sorriso tirato, perfettamente a suo agio nel trovarsi lì, dopo aver compiuto effettivamente un'effrazione. Mi dirai effettivamente qualcosa? « Mentre ti aspettavo mi sono portata avanti. Per la cena credo sia meglio prendere qualcosa d'asporto.. -» ci pensa un po' su, aggrottando le sopracciglia «- anche se non so come si siano riorganizzati qua. » Come funziona ora? Gli occhi gialli si soffermano in quelli di lui qualche secondo prima di muovere la bacchetta per riempire un altro calice di vino. « Se però devo darti prova delle mie abilità culinarie, è meglio che abbiano messo un buon guaritore specializzato in avvelenamenti in infermeria. » Che poi effettivamente sappia cucinare e anche discretamente, grazie soprattutto al suo ultimo anno d'indipendenza in America, è un altro paio di maniche. Assume un'espressione strana, quasi buffa che vorrebbe suggerirgli un "Mi dispiace così tanto deludere i tuoi sogni sulla moglie perfetta". « Sei tornato qui per i tuoi affari con il Toyland? » Chiede poi con l'espressione più angelica che riesce a partorire. E' una situazione quanto mai strana quella. Lei e Seojoon non hanno mai avuto chissà quale rapporto, oltre quelle serate piene di ovvietà e frasi di circostanza. Di certo non hanno mai avuto una gran confidenza, probabilmente più per colpa propria che per quella del ragazzo. Di certo è innegabile per lei che sia molto più facile con suo fratello, uno di quei suoi pochi amici contabili sulle dita di una mano. Però ora che ha innegabilmente bisogno di lui, cerca effettivamente di essere una persona quantomeno piacevole con la quale stare. « Gli anziani cosa dicono? » Un sopracciglio svetta verso l'alto mentre prende a far oscillare la gamba a mezz'aria, accavallata elegantemente sopra l'altra. « Vista la posizione della famiglia, non credevo ti sarebbe stato permesso di ritornare qui. Non dopo quanto è successo. » Gonfia le guance prima di prendere un altro sorso di vino. Insomma Seojoon, quanto vale la tua voce nel coro della tua famiglia? « Cosa sta succedendo davvero? » Ripunta gli occhi su di lui e continua a sorreggerne lo sguardo in silenzio. Mi aiuteresti a capire?
     
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    Essere d'aiuto. Non sapeva se fosse un obbligo o meno: nessuno gli aveva chiesto niente, ma non era sufficientemente sprovveduto da credere che a rendere un obbligo tale fosse la sua forma esplicita. Tutti parlavano di quello - di rendersi utili, come se da ciò dipendesse il loro intero futuro in quel luogo. E forse è così. Forse c'è davvero qualcuno che tiene conto di ciò che fanno tutti in ogni momento. Una qualche autorità dell'utile. La sola idea assumeva una sfumatura quanto mai ironica nei suoi pensieri, specialmente quando passava per le stradine del villaggio, sorpassando persone che indaffarate lo sembravano, ma che non era detto lo fossero davvero. Per molti, forse, l'alternativa era peggiore: non fare nulla, attendere, accettare il fatto che non sempre nel mondo c'è un posto col nostro nome scritto sopra. Ed era così che sotto sotto si sentiva anche Seojoon. Lui non era abituato ad entrare in una stanza in cui non ci fosse il suo segnaposto in prima fila, ma lì era evidente che a nessuno importasse di lui. Chi era se non l'ennesimo riccone? Un nome privo di identità, e dunque anche di utilità. Sulle prime aveva pensato di andare da chi di dovere e mettere su una bella scena, dichiarandosi disponibile a dare le proprie competenze per la ricostruzione del villaggio. Poi quell'idea era stata naturalmente scartata in virtù della sua poca credibilità. Prima regola: mai sottovalutare l'opponente. Mettersi a leccare culi dal giorno zero, quando fino a quel momento non si era mai interessato alla causa di Inverness, sarebbe stato quanto mai assurdo. Che motivazioni poteva mai avere per un simile cambio di cuore? Una tardiva ribellione adolescenziale? Una fantomatica notte dell'Innominato? No, sarebbe stato solo ridicolo da parte sua fingersi qualcuno che non era, per giunta millantando un cambiamento tanto repentino. Così aveva deciso di dare tempo al tempo, lasciando che le cose prendessero un corso più naturale e che gli spunti venissero a galla da soli. Almeno per il momento, nessun capoccione ribelle si era presentato a casa sua per fargli un processo alle intenzioni, dunque si sentiva relativamente tranquillo. Relativamente, appunto, perché di tranquillità non si poteva di certo parlare in un simile momento e ancor meno nel caso di Seojoon. Da quando era tornato ad Hogsmeade, trovandosi completamente isolato da tutte le proprie sicurezze, il suo disturbo ossessivo-compulsivo si era acuito moltissimo. Aveva passato quasi tutta la notte a controllare porte e finestre, fornelli, rubinetti, caldaia, garage e più o meno tutto ciò che potesse esporlo a una qualche forma di pericolo. Aveva controllata maniacalmente ogni angolo della casa, incapace di togliersi dalla testa l'intrusivo e maniacale pensiero di qualcuno nascosto chissà dove. La parte razionale di lui sapeva che tutto questo fosse solo nella propria testa, ma quella parte non era nemmeno lontanamente forte quanto l'irrazionalità del proprio disturbo. Alla fine aveva dormito poco e male, ritrovandosi a svegliarsi il giorno successivo con un bel paio di occhiaie e gli occhi gonfi. Scelse di non prendere caffè, consapevole che non lo avrebbe affatto aiutato, e si tuffò sotto il getto gelido della doccia, lasciando all'acqua fredda il compito di svegliarlo per affrontare il resto della giornata. Per il momento la sua priorità era il Toyland: capire che fine avrebbe fatto, come gestirlo, quanto gli eventi avrebbero pesato sulle sue tasche e via dicendo. Come prima cosa, però, doveva accertarsi che fosse tutto in piedi e funzionante.
    Fortunatamente il centro commerciale non aveva subito grossi danni. Trovandosi fuori dal villaggio, la struttura non era stata coinvolta nel vero e proprio fulcro della lotta. « Non ci sono stati danni critici, solo qualche vetrina rotta e alcuni negozi messi sotto sopra. Quando la battaglia è iniziata, avevamo appena aperto, quindi ci siamo subito barricati dentro e abbiamo fatto entrare alcune persone in cerca di riparo. » Annuì, constatando con i propri stessi occhi la situazione del luogo. Il manager sembrava essersi occupato abbastanza bene della situazione, ripulendo in tempo record qualunque danno ci fosse stato. « L'unico problema è stato la sera. Credo che alcuni sciacalli si siano approfittati del raduno all'assemblea per venire qui e fare un po' di spesa gratuita. » L'uomo fece una pausa, scuotendo il capo con un certo disappunto. « Dubito che fosse un gruppo molto nutrito. Probabilmente erano ragazzini, a giudicare da quello che hanno preso - tutte cose che non catalogherei come prime necessità. E la fretta deve aver reso la loro incursione abbastanza svelta, dato che non sono arrivati nemmeno al secondo piano. » Annuì ancora una volta, Seojoon, inespressivo, mentre passava lo sguardo tra le righe del foglio in cui il manager aveva segnato i buchi di inventario dovuti a quella piccola incursione. Capirei uno sciacallaggio intelligente, ma se all'infuriare di una guerra il tuo primo pensiero è quello di rubare una pochette - pure brutta, tra l'altro - forse una guerra e proprio ciò di cui hai bisogno. Sollevò un sopracciglio con scetticismo nell'arrivare alla fine di quella lista, porgendo poi il foglio all'uomo. « Bene, prima di fare qualunque cosa aspettiamo a vedere come si metterà la situazione. Se verranno stipulati degli accordi, l'assicurazione potrebbe ancora coprirci. Altrimenti me ne occuperò di persona. » Un'eventualità che sperava non si sarebbe presentata, ma che non era affatto da escludere alla luce della drammaticità degli eventi. « E per lo staff? » Eh bella domanda. « Stessa cosa. Per quel che ne sappiamo, la situazione potrebbe portare tanto danno quanto giovamento al Toyland. Quindi finché non abbiamo altre informazioni non ha senso muoverci. » In fin dei conti un Hogsmeade più isolata dal resto di Inghilterra poteva non essere lo scenario peggiore per quel che riguardava gli introiti delle attività presenti nel villaggio. In mancanza di altre opportunità e con residenti più stabili, il commercio avrebbe potuto centralizzarsi molto di più - uno scenario che, in quel momento, non gli avrebbe fatto altro che comodo. « Più che altro mi preoccuperei per le forniture. Nei giorni a venire contatterò tutti i nostri partner e.. » Non fece in tempo a finire la frase che un suono acuto accompagnato da una forte vibrazione del telefono catturò la sua attenzione, portandolo a chiedere un istante al manager per indagare la questione. Il suono dell'allarme era diverso da quello di tutte le altre notifiche, e ciò lo mise subito in all'erta riguardo un'intrusione in casa propria. Prima di uscire aveva controllato tutto, anche le difese magiche: non c'era breccia. Questo, se possibile, gli mise ancora più ansia. Quando aprì l'app, cliccando sull'icona del riconduceva alle camere di sicurezza, la figura inquadrata lo portò immediatamente ad aggrottare la fronte, confuso. Cosa spingesse Fujiko Yamazaki ad intrufolarsi in casa propria, questo era un vero mistero - uno che tentò di risolvere lì sul momento, osservando i movimenti della ragazza nella casa. Non sembrava stesse cercando qualcosa: non era di fretta, non si muoveva circospetta e non controllava nessun posto che potesse eventualmente nascondere qualcosa di interesse. No, semplicemente si guardava intorno e l'unica cosa che finì per prendere fu una bottiglia di vino. Decisamente confuso dalla situazione, ma certo che il motivo di una tale visita altro non potesse essere se non quello di incontrare proprio lui, Seojoon chiuse l'app, scusandosi col manager per l'interruzione e chiudendo velocemente ciò che rimaneva di quella conversazione prima di congedarsi dall'uomo e avviarsi alla volta di casa propria.
    Non appena la chiave produsse lo scatto di apertura del portone principale, la voce di Fujiko gli segnalò subito la sua posizione all'interno della casa. « Ciao tesoro, sono in cucina. » Beh, che dire? Accoglienza inaspettata. Si tolse le scarpe, infilando le pantofole, non appena ebbe varcato l'ingresso. Appese poi il trench e si disinfettò le mani con il gel che teneva appositamente sul mobiletto accanto alla porta. Con un sospiro, si chinò ad aprire l'anta dello stesso mobiletto, tirando fuori da una busta di plastica sigillata un altro paio di ciabatte nuove che portò con sé in cucina. « Potevi usare anche la porta principale, sai? Bastava chiedere.
    Quello che è mio è tuo, in fin dei conti. »
    Nell'incrociare lo sguardo della giapponese, Seojoon stirò un sorriso dai tratti palesemente sarcastici, sventolando le pantofole di fronte al viso prima di metterle a terra e ruotarle in direzione della ragazza. « Bentornato! Com'è andata a lavoro? » « Splendidamente, cara. La tua giornata, invece? » Nella cortesia di Seojoon il tono ironico era quanto mai palese e consono a quello che lei in primis stava usando con lui. Non era mistero che Fujiko fosse abbastanza restia alla decisione dei genitori riguardo il loro matrimonio, e dal canto suo Seojoon non aveva mai fatto nulla né per farle cambiare idea né per consolidare quella che già aveva. « Mentre ti aspettavo mi sono portata avanti. Per la cena credo sia meglio prendere qualcosa d'asporto.. anche se non so come si siano riorganizzati qua. » Male, di certo. Si appoggiò contro l'isola di marmo, incrociando le braccia al petto e mettendo una caviglia sopra l'altra, in placida e curiosa attesa di sentire dove quel teatrino fosse diretto. « Se però devo darti prova delle mie abilità culinarie, è meglio che abbiano messo un buon guaritore specializzato in avvelenamenti in infermeria. » La frase sembrò farlo sorridere, facendogli sbuffare una piccola risata dalle narici. « Interessante da parte tua supporre che farei scomodare mia moglie in cucina. » Fece una breve pausa. « Non sono un barbaro, per quello ci stanno gli elfi domestici. » Sottolineò quelle parole con un tono ironicamente piccato, sollevando un sopracciglio. « Sei tornato qui per i tuoi affari con il Toyland? » Le labbra di Seojoon si incresparono in un piccolissimo sorriso. Ed eccoci arrivati al dunque. Brevi questi preliminari, ma comunque apprezzati. Sono certo che ci sarà tempo per lavorarci. « Anche. Tra le altre cose. » disse, stringendosi appena nelle spalle mentre si staccava dall'isola per richiamare a sé un calice con la bacchetta e versarvi qualche dito del vino scelto da Fujiko. Si rigirò la bottiglia tra le mani, osservando bene l'etichetta con occhio guardingo. « Non male come scelta. Certo - se mi avessi avvisato ti avrei indicato la cantina. È lì che tengo le bottiglie per le occasioni straordinarie. » Lo sguardo saettò ironico negli occhi di lei da sotto le ciglia, lasciando che facesse da sola le proprie inferenze su quella frase il cui sottotesto era piuttosto intuibile. « Gli anziani cosa dicono? Vista la posizione della famiglia, non credevo ti sarebbe stato permesso di ritornare qui. Non dopo quanto è successo. Cosa sta succedendo davvero? » Tirò un sospiro, avvicinandosi a Fujiko in silenzio, senza alcuna fretta di rispondere. Le rabboccò cortesemente il bicchiere - abbastanza, ma non troppo, come indicavano le buone maniere - e solo allora mise mano al proprio, facendolo tintinnare leggero contro quello di lei mentre le rivolgeva uno sguardo eloquente. L'educazione prima di tutto, no? Prese quindi un breve sorso di vino, facendosi indietro di qualche passo per lasciarle spazio e tornare a poggiarsi contro l'isola. « Gli anziani pensano che una guerra non faccia bene a nessuno, specialmente quando il mondo magico non si è ancora del tutto ripreso dalla precedente. E in tutta onestà trovo difficile biasimarli. » Una mezza verità, quella che aveva fornito pressoché a chiunque gli fosse abbastanza vicino da chiederglielo. Inclinò il capo di lato, come a voler sottolineare un contrappeso a quell'affermazione. « Ma se non può essere evitata, allora è bene che tutte le voci vengano tenute in considerazione. » Fece una breve pausa. « Starsene ognuno dalla propria parte della barricata non è mai una buona idea. A cosa può servire se non ad alimentare le spaccature già presenti? » Prese un sorso di vino, sollevando appena lo sguardo come se stesse cercando le parole giuste a descrivere quella situazione. « Vedi la mia presenza come.. un atto di buona fede diplomatica. Se c'è ancora qualcosa di salvabile, è nel mio completo interesse far sì che venga salvato. » Tutte mezze verità. Non mentiva, ma nemmeno diceva tutto fino in fondo. Solo uno sciocco avrebbe attaccato Hogwarts in quel momento, e da ciò che sapeva, dei tavoli neutrali erano già stati stabiliti per far sì che le due parti comunicassero nell'interesse della popolazione magica. Da lì a dire che la via intrapresa sarebbe stata solo quella diplomatica c'era però un abisso. « E poi qui ho alcuni affari personali, oltre a quelli di natura economica. » Buttò lì quella frase con leggerezza. Una frase che poteva significare tutto e niente, ma che per Seojoon aveva lo specifico obiettivo di gettare una base. Scrollò le spalle, come a suggerire che non avesse molto altro da aggiungere a riguardo, seguendo poi a prendere un altro sorso di vino. Lo gustò con pazienza, rigirandosi il calice tra le dita prima di sollevare lo sguardo in quello di Fujiko con una nota di curiosità. « Non so se essere stupito o meno della tua presenza, invece. Che della nostra società non ti sia mai importato molto non è mistero, ma non ti facevo nemmeno una partigiana. » Delle attività tue qui ad Hogsmeade non le hai, e nutro i miei seri dubbi sul fatto che Goro sia finalmente riuscito a farti fare la tua parte. Da quel che so non hai nemmeno partecipato alla rivolta in Giappone a Settembre - non attivamente almeno. Arricciò le labbra in un sorriso che nascose a malapena dietro l'orlo del bicchiere. « Devo già tenere in conto una relazione extraconiugale con qualche passionale rivoluzionario? » Inclinò il capo di lato, sollevando una mano in segno di discolpa. « Non giudico. Capirei l'attrattiva. » Fece una breve pausa, fissandola negli occhi prima di indicarle placidamente l'armadietto da cui aveva preso prima la bottiglia di vino. « Ecco, per lui - o lei - quella scorta può andare più che bene. »

     
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    « Potevi usare anche la porta principale, sai? Bastava chiedere. Quello che è mio è tuo, in fin dei conti. » Ne sorregge lo sguardo con un sorriso affilato che le gonfia le guance, donandole un'aria fintamente gioviale. « Hai proprio ragione -» annuisce con convinzione «- attendo le chiavi quanto prima allora. Sai, ne dovessi riavere bisogno in futuro... » Gli occhi si fissano per qualche istante sulle pantofole che le sta offrendo. Un gesto, quello, assai usuale nella cultura orientale dove nelle case, proprie o altrui, non si entra con le scarpe. Non è però sfuggito all'occhio della mora l'estrema pulizia dell'intera casa, l'accuratezza con la quale ogni oggetto sta al suo posto. Tremendamente ordinato o hai bisogno di avere tutto sotto controllo? Testa quella teoria, Fujiko, mentre si allunga a slacciare il cinturino delle scarpe prima di farle cadere a terra, scompostamente. Rimane a piedi nudi mentre lo fissa per qualche istante, aspettandosi chissà quale reazione da parte sua. Decisa comunque a non aspettare, con un salto scende dalla penisola e assapora il tepore delle fibre delle ciabatte a contatto con la pelle nuda. « Splendidamente, cara. La tua giornata, invece? » Arriccia il naso in un'espressione buffa mentre prende posto su uno degli sgabelli, poggiando i gomiti sulla lastra di marmo. « Magicamente. L'ho passata con mia madre e le circa settanta sfumature di legno tra cui scegliere il parquet per la sua nuova maison. » Per qualche istante ho invidiato le condizioni di mio padre, lo ammetto. Formula quel pensiero per poi scrollarselo via di dosso all'istante, sentendosi in colpa nell'averlo anche solo pensato. « Interessante da parte tua supporre che farei scomodare mia moglie in cucina. Non sono un barbaro, per quello ci stanno gli elfi domestici. » No, non lo sei. Ci sono attimi in cui Fujiko stenta a riconoscersi, attimi in cui sembra subentrare in lei una persona diversa, che ha differenti abitudini, attitudini, che non è minimamente abituata al mondo in cui è stata allevata. Il mondo in cui anche io avevo in casa uno stuolo di elfi domestici. E ora abito allo studentato. « Oh certo, gli elfi. Una tradizione così pittoresca. » Alza appena un sopracciglio con un sorriso teso. Persino mia madre è passata a "collaboratori domestici" pagati, decidendo di deporre tali costumi. Se ci è arrivata Mali Yamazaki, dunque, è per lei effettivamente un passo da gigante per l'umanità. « Anche. Tra le altre cose. » L'evasività di Seojoon, si ritrova a pensare, la infastidisce, pungendola nel vivo delle sue medesime abitudini. Non sa se a darle più sui nervi è la frustrazione di non ottenere delle vere risposte o lo scoprire di essere tanto simili. « Non male come scelta. Certo - se mi avessi avvisato ti avrei indicato la cantina. È lì che tengo le bottiglie per le occasioni straordinarie. » Straordinarie. Simpatico. Stira le labbra in un sorriso automatico declinando la testa nel sussurrare un "grazie" a quel suo gesto di servizio. « Stai cercando di lusingarmi o di dirmi qualcosa. Chissà quale tra le due. » L'indice destro picchietta contro il suo mento, con fare dubbioso, prima di alzare il calice verso di lui. Propenderò per quella di cui effettivamente mi interessa qualcosa. « Gli anziani pensano che una guerra non faccia bene a nessuno, specialmente quando il mondo magico non si è ancora del tutto ripreso dalla precedente. E in tutta onestà trovo difficile biasimarli. Ma se non può essere evitata, allora è bene che tutte le voci vengano tenute in considerazione. Starsene ognuno dalla propria parte della barricata non è mai una buona idea. A cosa può servire se non ad alimentare le spaccature già presenti? Vedi la mia presenza come.. un atto di buona fede diplomatica. Se c'è ancora qualcosa di salvabile, è nel mio completo interesse far sì che venga salvato. » Ci pensa un po', sopra quelle parole. Le fanno accennare un sorriso, stranamente spontaneo e sincero. Probabilmente perché sa di essere lì per lo stesso motivo, in via del tutto diplomatica. Per osservare da vicino una realtà che le è completamente estranea se non fosse per il legame che la unisce a Raiden. E di conseguenza ad Inverness. Ma è davvero così? Sono veramente legata alla Città Santa? E' proprio questo che vuole scoprire, vuole saggiare i limiti di quel rapporto, sbilanciandosi verso lo strapiombo, camminando su quel filo del rasoio per capire cosa fare l'indomani. Che barricata scegliere, consapevolmente. Perciò annuisce semplicemente, prendendo un sorso di quel vino che, in effetti, per quanto buono, non è niente di che. « E poi qui ho alcuni affari personali, oltre a quelli di natura economica. » Se lo sguardo giallognolo vuole spostarsi su di lui, la testa la costringe a rimanere fissa sul liquido rosso. Fissa la traccia delle proprie labbra sul bordo del calice, lì dove sono state intrappolate alcune gocce color sangue. E nel mentre rimugina, incuriosita, sulle parole di lui. Affari personali. Che vuol dire? Si domanda allora se sia nelle intenzioni di lui instillare in lei quel seme di confusione e curiosità. Ma perché dovrebbe? Cosa potrebbe mai volere da me? « Capisco. » Risponde semplicemente, alzando appena un sopracciglio nell'accogliere un altro sorso prima di decidere di abbandonare il bicchiere sull'isola, lasciandolo scivolare appena in avanti. « Non so se essere stupito o meno della tua presenza, invece. Che della nostra società non ti sia mai importato molto non è mistero, ma non ti facevo nemmeno una partigiana. » Gli angoli delle labbra si stirano appena. Non ti sfugge proprio nulla. « Devo già tenere in conto una relazione extraconiugale con qualche passionale rivoluzionario? Non giudico. Capirei l'attrattiva. Ecco, per lui - o lei - quella scorta può andare più che bene. » Segue lo sguardo di lui e si ritrova a ridacchiare, scrollando il capo. « Ci sono così tante cose che andrebbero puntualizzate in appena tre frasi. » Commenta laconica, la mano che si intrufola tra i capelli scuri per andarsi ad ancorare alla nuca, il gomito poggiato saldamente contro la superficie. « Rimarcherò soltanto che è già la seconda volta che lasci intendere quanto io sarei degna della tua scorta personale. Mi sembra però che io stia ancora qui ad aspettare. » Un sopracciglio si tira verso l'alto nell'incontrare lo sguardo di lui. Sbaglio? « Che non mi sia mai interessato molto della nostra società poi..mi merito davvero un giudizio tanto duro? Da parte tua? Non credo. » In fondo ho sempre fatto tutto quello che mio padre ha deciso per me. Questo prima di sapere dei suoi sotterfugi intessuti con tuo padre. Mi sembra ragionevole voler prendere la mia vita in mano ora. Arriccia il naso e scuote il capo. Si giustifica, Fuji, come è solita fare nella propria mente, lì dove è padrona dei propri pensieri, lì dove può essere se stessa anche al cospetto del giudizio inflessibile di suo padre. Anche sotto gli occhi curiosi di Seojoon che le fa domande a cui lui stesso non ha avuto intenzione di rispondere fino in fondo. Mi hai detto tutto e niente. « I miei affari qui non differiscono troppo dai tuoi. » Prosegue poi scrollando appena il capo. « Goro vorrebbe tenersi lontano da tutto, dopo quello che gli è successo in Giappone. » Si stringe nelle spalle. « E non so se vorrà mai davvero prendere le parti di qualcuno. » O se sappia quali prendere. « Quello che però so è che io non voglio più rimanere all'oscuro di ciò che sta davvero accadendo intorno a me. » Perché mentre era rinchiusa a Iwo Jima, sullo sfondo del mondo magico giapponese tutto si muoveva alla velocità della luce. Nei palazzi succedeva di tutto e di più. E suo padre veniva avvelenato, giorno dopo giorno. Non per uccidere, no. Per farlo smettere di esistere, con una lentezza calcolata. Per farlo smettere semplicemente di esistere. E nonostante tutto il loro trascorso, lei non può e non vuole più permettersi di ignorare le regole di un gioco nel quale si ritrova, per forza di cose, nel mezzo. « A differenza di quanto sembri pensare, è totalmente nei miei interessi conoscere a fondo questa situazione. Anche per la nostra società. » Perché, seppur non volendo, so più cose di quanto sarò mai disposta a confessarti. Continuare in quella farsa poi, accettando in apparenza l’idea di sposare davvero quel ragazzo un giorno, fa solo parte del gioco. Lo guarda allora in silenzio. Forse per la prima volta lo vede veramente mentre ne
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    osserva ogni centimetro del volto. Si accorge della sfumatura più calda di marrone che gli caratterizza gli occhi - fino ad allora creduti erroneamente neri - e del piccolo neo vicino all'attaccatura dell'orecchio destro. E' nello squadrarlo che decide di usare le sue mezze verità come diamante di punta da offrirgli su un piatto d'argento. « La mia presenza qui potrebbe tornarti utile. Per tuo padre. Per i tuoi affari che, come hai tenuto giustamente a precisare, sono tanto tuoi quanto saranno miei in futuro. » Se ne esce così, con le guance che si gonfiano per l'espressione che assume, tradendo una risatina sarcastica sulle note finali. « Utile a me con mio padre. » Le costa un grande sforzo ammetterlo ma cerca di rimanere quanto più inespressiva possibile. « Non ti sarò da ostacolo, se è questo che ti preoccupa. Neanche con i tuoi affari personali, puoi pure star tranquillo. » La faccia che assume appare quanto mai buffa. Il succo però è quello ed essenziale: una veloce collaborazione, la loro, da consumare nell'immediato. Niente di più. « Ho solo bisogno di tempo per capire, non chiedo altro. » Del tempo libero dalle pressioni esterne che mi porterebbero a scegliere frettolosamente. Puoi darmi un po' di questo tempo? E' allora che si alza in piedi, scivolando dietro la seggiola di lui per posizionarglisi poi di fianco, spalle contro il tavolo, con i gomiti poggiati sulla superficie, il volto rivolto verso di lui. « Magari puoi cominciare con il raccontarmi quali sono le disposizioni attualmente in vigore sotto questa nuova giurisdizione. » In fondo non so altro oltre il "Qui vigono le regole dei lycan ora" che l'adorabile signorina all'entrata ha tenuto tanto a precisarmi. Le dita della destra, accidentalmente, si ritrovano a scivolare contro il dorso della mano di lui nello spostarsi in avanti. L'istinto di ritrarsi immediatamente da quel contatto è forte ma lo reprime fingendo una nonchalance misurata. « Il tutto mentre mi fai fare un giro della casa che possiederò per metà? » Alza le sopracciglia. « Sempre che tu sappia fare due cose insieme. » Lo sguardo è apertamente di sfida mentre si dà una spinta in avanti con le mani per spostarsi verso la porta. « Una rarità di certo apprezzabile quando si verifica. » In un uomo.


    Edited by anesthæsia¸ - 28/4/2022, 04:06
     
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    « Ci sono così tante cose che andrebbero puntualizzate in appena tre frasi. Rimarcherò soltanto che è già la seconda volta che lasci intendere quanto io sarei degna della tua scorta personale. Mi sembra però che io stia ancora qui ad aspettare. » Stirò un sorriso, osservandola per diversi istanti in silenzio e poi annuire piano, mordendosi l'interno delle guance come a voler contenere l'ironia che affiorava sulle sue labbra. Agitò quindi la bacchetta, richiamando dalla cantina una delle bottiglie migliori che aveva e stappandola presto con un cenno secco del polso che teneva la stecca. « Prego. » disse nell'avvicinarsi a lei, prendendole il calice dalle dita e versandone il contenuto nel proprio bicchiere. Lavò il bicchiere vuoto con un semplice giro d'acqua, riempiendolo poi del vino di qualità superiore che le servì con un sorriso. « Spero mi perdonerai per averti fatta attendere. » proferì ironico, prima di prendere un sorso dal proprio calice. « Che non mi sia mai interessato molto della nostra società poi.. mi merito davvero un giudizio tanto duro? Da parte tua? Non credo. » Si strinse nelle spalle con semplicità, perché d'altronde di quella si trattava. Agli occhi di Seojoon le cose erano piuttosto evidenti: Fujiko aveva interessi diversi da quelli che avevano tutti gli altri all'interno della loro casta. « Non era un giudizio. Solo una constatazione. » Sai.. se due più due fa ancora quattro, certe cose non sono poi tanto complicate da vedere. Seojoon aveva sempre visto il proprio ruolo all'interno della famiglia come qualcosa che non poteva essere messo in discussione. Nemmeno nei propri sogni più sfrenati avrebbe mai immaginato di uscire dalla strada che era stata tracciata per lui e dalle aspettative che i suoi genitori vi avevano riposto. Quale sarebbe stata l'alternativa? Disgregare l'azienda? Gettare fango sul nome della propria famiglia e ricoprirla di vergogna? E se pure lo avesse fatto - a che pro? Io non sono come Seonu. Non posso concedermi il lusso di fare i capricci e aspettarmi che papà apra il portafoglio per farmeli fare lontano da casa. Io sono il primogenito. Se mi tiro indietro porto a fondo tutti quanti. Vivendo in Inghilterra aveva avuto modo di vedere quanto diversa fosse la condizione di gente come lui in quel paese. Non c'era lo stesso senso di rispetto nei confronti della famiglia, e molti sentivano di non dovere assolutamente nulla ai propri genitori. Anche la società sembrava più tollerante verso chi sceglieva di deviare dal percorso. Ma da dove veniva lui, le cose non erano affatto così, e una scelta discorde da parte di Seojoon avrebbe avuto conseguenze tanto sulla propria famiglia quanto sulle attività che gestivano. « I miei affari qui non differiscono troppo dai tuoi. Goro vorrebbe tenersi lontano da tutto, dopo quello che gli è successo in Giappone. E non so se vorrà mai davvero prendere le parti di qualcuno. Quello che però so è che io non voglio più rimanere all'oscuro di ciò che sta davvero accadendo intorno a me. » Annuì in silenzio, senza una vera e propria espressione sul proprio volto. Per la famiglia di Fujiko sarebbe stato piuttosto pericoloso esporsi: da una parte c'era il Giappone alleato con Inverness, dall'altra le pressioni di un'alta società che no avrebbe mai visto di buon occhio il cambiamento dell'ordine precostituito. E poi c'era tutto il resto: c'erano le cose che avevano distrutto le vite di tutti loro già una volta, e che alcuni dicevano stessero per tornare. L'intera strategia di Inverness sembrava basarsi proprio su quella minaccia, ma nessuno oltre ai vertici di quello Stato riottoso poteva davvero affermare con certezza che quel pericolo fosse ancora reale. D'altronde tu per prima hai visto una dittatura fondata su un nemico inventato. Chi può garantire che Inverness non stia facendo lo stesso gioco per i propri interessi personali? È davvero così stupido intrattenere una simile ipotesi quando questo nemico è così sfuggente? Dovremmo fidarci di loro semplicemente sulla parola? Ma qualunque fosse la verità, a Seojoon quel nuovo ordine non sarebbe comunque piaciuto. « A differenza di quanto sembri pensare, è totalmente nei miei interessi conoscere a fondo questa situazione. Anche per la nostra società. » Stirò un mezzo sorriso, nascondendo quella linea divertita dietro un sorso di vino. Noto con piacere che anche tu non hai perso il tocco di rispondere senza rispondere. Non commentò la cosa, consapevole del fatto che pressarla per cavarne fuori una verità non sarebbe servito assolutamente a nulla. Prima o poi le cose sarebbero venute fuori da sé; in quel clima, dopo tutto, non potevano restare nascoste troppo a lungo. Nel silenzio che si stabilì, piuttosto, sollevò lo sguardo per sostenere quello di lei, intenta a scrutarlo. Seojoon non si era mai sentito a disagio nel silenzio, né tanto meno nella condizione di essere osservato. In quel frangente, anzi, trovò la cosa tanto curiosa quanto divertente: lasciarsi osservare e osservarla di rimando, come se la stesse tacitamente invitando a scrutare in lui alla ricerca di qualunque cosa volesse vedere oltre i suoi occhi. Forse voleva carpirne le reali intenzioni, o forse era semplicemente curiosa di sondare il terreno sulle reazioni di lui. Non gliene avrebbe fatto biasimo, né l'avrebbe ostacolata - probabilmente perché lui in primis stava facendo la medesima cosa con lei. « La mia presenza qui potrebbe tornarti utile. Per tuo padre. Per i tuoi affari che, come hai tenuto giustamente a precisare, sono tanto tuoi quanto saranno miei in futuro. Utile a me con mio padre. Non ti sarò da ostacolo, se è questo che ti preoccupa. Neanche con i tuoi affari personali, puoi pure star tranquillo. Ho solo bisogno di tempo per capire, non chiedo altro. » Le parole di lei riuscirono a prenderlo in contropiede. Di certo non se l'aspettava, vista la reticenza che Fujiko aveva sempre mostrato - nemmeno troppo velatamente - nei confronti di quel patto che i reciproci genitori avevano stipulato sul loro futuro coniugale. Una reticenza che, viste le circostanze, Seojoon non aveva mai preso sul personale. Si sa: certe persone non hanno un grande amore per i matrimoni combinati con degli sconosciuti. Anche se, certo.. sottolineerei che ci sono sconosciuti e sconosciuti. « Parli come se ti aspettassi che io sia contrario alla cosa. » proferì, inclinando leggermente il capo di lato mentre la guardava con una scintilla di curiosità negli occhi. Che non avesse idea di dove Fujiko volesse realmente arrivare, questo era chiaro. Ma allo stesso tempo, Seojoon aveva davvero poco da perdere in tutta quella situazione: non possedeva vere e proprie informazioni se non quelle relative alle vaghe intenzioni della propria famiglia. Il fatto che fosse un sin eater sarebbe prima o poi dovuto venir fuori, dunque anche in quel caso, l'idea che Fujiko potesse scoprirlo prima del tempo non lo preoccupava troppo. Tutto il resto sarebbe arrivato con il test del tempo: se di lei si potesse fidare o meno, di certo non poteva decretarlo in quel momento - né aveva senso che lo facesse. « Non devi convincermi di nulla, Fujiko. Io ho accettato la tua presenza già da molto tempo. » Non c'era un filo di bugia nelle parole che le rivolse e che si sentì di dirle guardandola dritta negli occhi, prendendo un sorso dal calice di vino. « Magari puoi cominciare con il raccontarmi quali sono le disposizioni attualmente in vigore sotto questa nuova giurisdizione. » Una breve risata gli risalì dalla gola mentre le indicava con un cenno la bottiglia aperta poco prima. « Vuoi altro vino prima che cominci? » Come a sottintendere che ne avrebbe avuto bisogno. « Il tutto mentre mi fai fare un giro della casa che possiederò per metà? Sempre che tu sappia fare due cose insieme. Una rarità di certo apprezzabile quando si verifica. »
    Sciabolò le sopracciglia, allungandosi a prendere la bottiglia del tavolo e approfittando di quel movimento per proferirle le successive parole più da vicino. « La prenderò come una sfida. » Le scoccò un sorriso e un occhiolino, versandole altro vino nel bicchiere per raggiungere un livello decente prima di farle cenno col capo di seguirlo verso il salotto. « Probabilmente gli avrai già dato un'occhiata di tuo, quindi non so quanto sia utile ma.. beh, per cominciare questo è il salotto. Niente di che. In linea generale non mi piacciono le case troppo grandi. Non ne vedo davvero il senso e le trovo un vezzo poco pratico. » Certamente la casa di Seojoon era molto più grande rispetto a quella di tanti altri studenti del college che non si sarebbero potuti permettere di vivere da soli in un villino, men che meno uno di proprietà. Tuttavia non aveva neanche nulla a che fare con la magione di famiglia, e sebbene fossero state offerte a lui scelte molto più spaziose al suo arrivo in Inghilterra, Seojoon aveva optato per qualcosa che fosse effettivamente gestibile e non desse troppo nell'occhio. Sono i finti ricchi, quelli che hanno bisogno a tutti i costi di ostentare. Ruotò sui tacchi per voltarsi nella sua direzione con un sorriso divertito. « Il salotto può essere visto un po' come il nucleo fondante di ogni casa. È il biglietto da visita, il posto in cui ricevi gli ospiti e in generale lo spazio più condiviso all'interno della struttura. Direi che si può paragonare, in questo caso, ad Hogsmeade - dove si svolgono un po' tutte le attività, da quello che ho capito. » Sollevò l'indice, come a voler introdurre un distinguo in quel paragone. « Non è necessariamente il punto nevralgico, ma la sua importanza non è secondaria né banale. Chiaramente in un salotto devi essere invitato, perché.. beh, sai, è la legge. » Le scoccò un'occhiata eloquente, alludendo ironicamente alla piccola effrazione della giapponese. « Nel caso del mio, non hai bisogno di un tatuaggio per entrare ed uscire liberamente, ma se sei un po' familiare col funzionamento delle più banali discoteche non dovresti aver problemi nemmeno nello Stato di Inverness. » Prese un sorso di vino, indietreggiando di qualche passo per appoggiarsi con la spalla contro lo stipite della porta, lasciandole spazio per ambientarsi ed osservare i dettagli dell'ambiente qualora avesse voluto. « Va da sé che ogni padrone di casa fa le proprie regole. Da me si mettono le ciabatte quando si entra. Per quel che concerne Inverness, invece, bisogna contribuire. Questo almeno è ciò che dicono. Se vuoi che la comunità ti dia qualcosa, devi dare tu per primo qualcosa alla comunità. Per ora la maggior parte delle persone si sta adoperando per rimettere in sesto il villaggio, ma ciò che verrà dopo.. beh, per quello immagino che dovremo solo attendere e vedere. » Avvicinò le labbra al bicchiere e mandò giù un altro breve sorso di vino per completare quella breve e sommaria spiegazione di ciò che i vertici di Inverness avevano divulgato fino a quel momento. « Penso comunque che non dovremo aspettare troppo per scoprirlo. Ma fossi in te non mi preoccuperei: pur se diverse, abbiamo competenze la cui utilità non muore mai. » Piuttosto mi preoccuperei di tutta quella gente che si era iscritta a scienze delle merendine. Ecco, quelli davvero non so cosa potrebbero mai fare in un ambiente simile. Fece una pausa, lasciando che quella corrente sottomarina di pensieri lo portasse velocemente sulle rive di altre considerazioni. « Posso farti una domanda? » disse dopo un po', con tono tranquillo e serio al contempo, riportando lo sguardo al viso di lei. « Quando il Ministero attaccherà - » Quando, non se. Perché ogni persona nei propri retti sensi sapeva che prima o poi sarebbe avvenuto. Magari non sapevano quando, né come, ma che presto o tardi ci sarebbe stato un nuovo scontro e il Ministero avrebbe risposto al fuoco con il fuoco, questo era evidente. « - cosa farai? » Non voglio pensare che tu non ci abbia riflettuto. Non sei stupida. Devi aver preso in considerazione questo rischio prima di scegliere di venire qui. La fissò negli occhi in silenzio, come se la risposta a quella domanda, Seojoon la cercasse più nei suoi occhi rispetto che nelle sue parole. « Anche "nulla" è un'opzione. » Fece una pausa. « E qualora dovesse essere quella a cui stai pensando adesso.. » le indicò con un cenno la scrivania dall'altro capo rispetto allo schienale del divano. « Nel cassetto a destra c'è la chiave della cantina. Puoi scegliere - se vuoi che te la mostri, o se credi che non sia importante. » Scrollò le spalle, prendendo un ultimo sorso di vino. « È un luogo sicuro. Ti basta sapere che c'è, qualora ne avessi bisogno. » Perché ovviamente, in quanto a sicurezza, la famiglia Moon non avrebbe mai lasciato nulla al caso.

     
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    « Parli come se ti aspettassi che io sia contrario alla cosa. Non devi convincermi di nulla, Fujiko. Io ho accettato la tua presenza già da molto tempo. » Rimane effettivamente senza nulla da dire, riesce giusto a chiudere la bocca stupita, per mantenere un po' della dignità rimasta dopo essersi presentata lì, per chiedere essenzialmente aiuto. Di certo non capisce minimamente come può dire una cosa del genere, così come non ne capisce i ragionamenti a monte. L'unica cosa che riesce a fare, suo malgrado, è rifuggirne lo sguardo buttando giù l'ultimo sorso di vino per fingere quasi che non abbia sentito ciò che le ha appena detto. Anche perché dai, ma com'è possibile? Perché dovresti davvero accettarmi senza battere ciglio? Solo perché qualcuno l'ha deciso per te. Il tutto le è totalmente incomprensibile per il suo cervello da sentire il bisogno di cambiare discorso per avere il minimo spazio di manovra per riprendere fiato e concentrarsi meglio, così da non offrirgli altre simili scenette di silenzio forzato. « Vuoi altro vino prima che cominci? » Ringraziando il cielo lui l'asseconda come nulla fosse e si ritrova a sorridergli, di nuovo suo malgrado. « Così male? » Domanda con un'alzata di sopracciglia mentre lo aspetta sull'uscio della porta. « Allora portala, decisamente. » Accompagna a parole la sua decisione di prendere la bottiglia e cominciare il tour. « La prenderò come una sfida. » « Non metterci tutta la notte però, mi annoio facilmente. » Lo fissa mentre gli porge il bicchiere e ne ricambia lo sguardo ambiguo prima di distendere le labbra in quel suo sorriso finto e di sufficienza. « Probabilmente gli avrai già dato un'occhiata di tuo, quindi non so quanto sia utile ma.. beh, per cominciare questo è il salotto. Niente di che. In linea generale non mi piacciono le case troppo grandi. Non ne vedo davvero il senso e le trovo un vezzo poco pratico. » Si guarda intorno, esplorando la stanza a fondo con gli occhi, questa volta, umani. In effetti è piuttosto modesto come ambiente e la frugalità riesce a cozzare con il pensiero che ha sempre avuto di Seojoon. « Non mi dire che preferisci sedurre le tue conquiste con la tua personalità invece che con il tuo portafoglio. » E' mentre si aggira intorno al divano che sembra cercare qualcosa ed è con fare piuttosto confuso che si gira a guardarlo quando quel neo non viene trovato. « Neanche una collezione di farfalle in vista? Sono scioccata. » Lo punzecchia con un sorrisetto sardonico ad incurvarle le labbra. Prende poi un altro sorso. « Il salotto può essere visto un po' come il nucleo fondante di ogni casa. È il biglietto da visita, il posto in cui ricevi gli ospiti e in generale lo spazio più condiviso all'interno della struttura. Direi che si può paragonare, in questo caso, ad Hogsmeade - dove si svolgono un po' tutte le attività, da quello che ho capito. » Oh, I see. Le dispiace ammetterlo a se stessa ma la sagacia con la quale il ragazzo prende a comparare la sua casa alla situazione di Hogsmeade la incuriosisce. Quindi sai essere interessante, chi l'avrebbe mai detto. Di certo non lei che ha passato le occasioni di famiglia rivolgendogli tutto al più un paio di parole per non avere la conferma tangibile della pochezza che gli ha sempre attribuito, preferendo di gran lunga la compagnia di suo fratello. « Non è necessariamente il punto nevralgico, ma la sua importanza non è secondaria né banale. Chiaramente in un salotto devi essere invitato, perché.. beh, sai, è la legge. » Si stringe nelle spalle con fare innocente, per poi dargli le spalle per ammirare un quadro. Non ne riconosce i tratti distintivi perciò non lo ricollega a nessun pittore di sua conoscenza. « Entrare e uscire con un tatuaggio che non permetterà il diffondere di informazioni sensibili. » Farfuglia ad alta voce, conoscendo già il modus operandi dei vecchi Ribelli tramite le cronache documentate della Guerra Civile che ha colpito il Regno Unito solo qualche anno prima. « Liberamente poi..lo Stato Inglese non permetterà un simile scambio tanto facilmente, non da parte di Inverness. » Saremo tagliati fuori. Quella particolare idea la fa irrigidire. Non che non vi sia tutto il resto del mondo se sentisse il bisogno di andarsene, ma è il pensiero dei suoi genitori a gelarla sul posto. Loro che hanno deciso di rimanere a Londra. « Questo ti creerà delle perdite. » Ragiona ad alta voce, lanciandogli un'occhiata da sopra la spalla. Ma tu hai già un piano, vero? Il discorso sulle proprie utilità, in fondo, glielo fa intendere. « Quindi sei deciso a mettere le tue competenze a loro disposizione? » Inclina la testa di lato nel voltarsi nuovamente verso di lui. Se non sei stupido come credevo, devi avere un tornaconto. « Qual è il guadagno che ne avremmo? » Parla al plurale, così come ha fatto lui, fissandolo con un'espressione effettivamente dura e decisa. Focalizzata. C'è qualcosa che non mi stai dicendo. Il suo fiuto da piedipiatti glielo suggerisce. « Tu sai qual è la merce di scambio che offre Inverness. » Anche perché non può veramente attaccato senza motivo, non è stato il suo modus operandi nemmeno in passato. Certo, la scuola è un punto nevralgico. Togli il futuro ad una nazione e la piegherai piuttosto facilmente al tuo volere. Ma c'è davvero solo questo? Fame espansionistica? « Posso farti una domanda? » Manda giù il vino prima di fargli cenno con il mento di proseguire. « Quando il Ministero attaccherà cosa farai? » Lo squadra per qualche istanti, in silenzio, prima di prendere un altro sorso, finendo l'ennesimo bicchiere. E' solo in quel momento che sente le prime ventate nebbiose di stordimento. Cacchio, dovevo veramente buttare giù nello stomaco qualcosa prima. Fa per rispondergli ma lui l'anticipa. « Anche "nulla" è un'opzione. E qualora dovesse essere quella a cui stai pensando adesso.. Nel cassetto a destra c'è la chiave della cantina. Puoi scegliere - se vuoi che te la mostri, o se credi che non sia importante. È un luogo sicuro. Ti basta sapere che c'è, qualora ne avessi bisogno. » Inarca le sopracciglia, effettivamente curiosa ed è così che si avvia verso la scrivania. L'indice destro ne carezza la fattura lucida, delineandone il perimetro arrestando la sua corsa proprio sopra il cassetto di destra. Un luogo sicuro..è questo che vorrei? Rinchiudermi da qualche parte aspettando che in superficie si consumi il caos? « E lì che hai deciso che andrai tu quando succederà il finimondo? In un sancta sanctorum? » Chiede abbassando gli occhi a carezzare quella possibilità sotto forma di un cassetto di legno, dalle linee pulite. « Ora però sono io ad avere un dubbio. » Rialza lo sguardo fissandolo in quello di lui. « Perché mi stai offrendo tutto questo così facilmente? » Ma lo sei davvero, disinteressato? Fujiko ha i suoi dubbi. Le sembra infatti di star siglando un patto con il diavolo, con le sue regole e le sue conseguenze scritte in piccolo, tra le righe. « Ma soprattutto perché mi accetti? » E' quasi un controsenso quello che gli sta chiedendo. Perché lei ha bisogno di aiuto, a tenere buona la sua famiglia mentre cerca di capire come fare il meglio anche per lei, a dispetto delle decisioni di suo padre. Ha bisogno del suo aiuto ma allo stesso tempo non si capacita di come glielo stia dando davvero, solo perché sono promessi sposi. A parti inverse, io non credo avrei fatto lo stesso. « Mi sembra assurdo da credere che tu possa effettivamente abbassare la testa, accogliendo di buon grado un accordo stipulato tra i nostri padri, preso ancor prima che cominciassimo effettivamente a mettere in fila una parola dietro l'altra per dargli un senso compiuto. Un accordo che ti vedrebbe legato ad una persona che non hai scelto e che probabilmente mai avresti scelto. » Nel suo sguardo si riflette tutta la confusione che prova in quel momento. Sono pieni di ombre, quelle iridi color sabbia. Appoggia il bicchiere sulla scrivania prima di muovere qualche passo verso di lui. Stringe gli occhi, riducendole a due fessure,
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    una volta arrivata a pochi centimetri dal suo viso. « Io non capisco perché ti vada bene tutto questo. » Illuminami. Ma forse, invero, è un come che gli sta chiedendo, così da poter capire e, forse, provare a seguirne l'esempio per sentirsi un po' più leggera. Di certo c'è che nella sua mente non è mai riuscita a capire quale sia il guadagno che il giovane Moon otterrebbe da quell'unione. Goro non ha più una posizione sicura data la malattia, Mali ha un vasto patrimonio all'attivo ma non è di questo che i ricchissimi Moon hanno bisogno. Si augura di avere quindi la risposta da lui, a quel suo punto interrogativo che l'ha accompagnata nella crescita come un tarlo fisso in testa. Quel semplice quesito che si riduce ad essere il tassello mancante del puzzle che, volente o nolente, è diventata la sua vita. Sta per aggiungere altro, mentre non accenna a interrompere il contatto visivo ora che si sente effettivamente padrona della situazione e non più con le spalle al muro, ma alla fine semplicemente scuote la testa, guardando altrove, come a sottolineare quanto la sua attenzione si sia scaricata. « Ha-jun si è fatto vivo? » Domanda infine, scivolando di lato per dirigersi velocemente verso un'altra porta. Un bagno, abbastanza piccolo ma curato da farle comprenderne l'utilizzo. Ospiti. « Se è nei paraggi, potremmo chiamarlo per una bella cenetta di rimpatriata. Sarebbe così divertente e alleggerirebbe sicuramente gli animi. » E' tornata improvvisamente canzonatoria, andando a pungerlo nel vivo di un rapporto decisamente complesso come quello che ha con il fratello. Accantonando il piccolo momento passanto, decisamente più intimo, come se non sia mai esistito. « Oltre che fare due cose insieme discretamente.. -» si ferma giusto un attimo per lanciargli un'occhiata divertita prima di avvertire un leggerissimo sbandamento che la costringe a fingere di appoggiarsi elegantemente sullo stipite della porta più vicina «- sai anche cucinare? » Ho decisamente fame. L'osserva in silenzio, le mani congiunte dietro la schiena, l'espressione impunita. « Per la nostra prima cena ufficiale sarebbe così adorabile. » Usa appositamente una voce stridula, quasi lagnosa. La tipica voce che è possibile udire in uno di quei programmi su casalinghe annoiate e disperate, mogli di questo e l'altro riccone, con la vita impegnata tra eventi di beneficenza e il concorso di bellezza delle figlie di cinque anni. Le è ormai chiaro quanto, seppur abbia bisogno di lui, non voglia assolutamente rendere facile la convivenza. Sia per lui che per se stessa, a ben vedere. Come sempre estremamente masochista. « Non pensi anche tu? »
     
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