Five parallels and one key

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    « Signori, che succede qui? », una voce riconoscibilissima fende l'aria, complicando il divertente quadretto di Artemis, Theana e il Ribelle cui la prima si è rivolta. O forse lo risolverà. Chi può dirlo. « Scamander tranquillo, ci pensiamo noi. » « Sono certo che farete il vostro meglio ma essendo mie..amiche, potrei sapere cosa sta succedendo? », la Corvonero inarca un sopracciglio. Ma davvero? - arriccia le labbra in un'espressione a metà tra il sarcastico e il compiaciuto. Lo spillato del gruppo descrive brevemente la situazione, suscitando il disappunto di Theana, la quale non manca di rimarcare la propria assoluta e fermissima sanità mentale. Personalmente avrei qualche dubbio al riguardo, peccato non poterlo dichiarare. E' pronta ad insistere sulla necessità, quanto meno, che sia una visita medica a stabilirlo, Artemis, ma non fa in tempo perché Sam e lo sconosciuto iniziano a confabulare a voce bassa, forse consultandosi sul da farsi. « Hector ha espressamente chiesto di riportarvi a casa. Non sarebbe saggio disubbidirgli. », ed eccola lì, Theana, che prova nuovamente a stringerla per il polso. «A me non ha chiesto proprio niente.», è tuo, il compito di riportarci a casa. Se non lo fai, sei tu a disubbidire. Non io. E in ogni caso il Voto che ho stretto non riguarda l'obbedienza al padrone. « Artemis. Non fare cazzate. Sai perfettamente che dobbiamo - », viene tirata via per un braccio. Non sente le ultime parole di Theana. C'è troppa confusione. Però la guarda - le legge il labiale. Hai poco tempo, Artemis. Lo sguardo della Corvonero s'incupisce. Stringe il braccio di Sam che la sta portando via. Non l'ho mai dimenticato, Theana. [...] Nei giorni immediatamente successivi all'occupazione, Artemis ha riflettuto molto sul da farsi. Da un lato, la sua famiglia l'avrebbe voluta al di fuori dei confini del castello. L'avrebbe voluta al sicuro tra le invalicabili mura della residenza Megalòs. Non tanto per dichiarare solidarietà al progetto Minerva - Hector è da sempre stato uno della casta. Un uomo drammaticamente ancorato al passato. Degli ideali del nuovo governo, non ha mai condiviso nulla. Vive come eremita da allora, chiuso nello studio da cui manda avanti le redini della Setta, affatto preoccupandosi di una possibile integrazione alla politica del tempo - al contrario, sdegnando i deboli che hanno scelto il doppio-gioco coi Minerva. Se il nuovo governo non è mai stato nelle corde del magnate, al contempo, non lo è neanche la comunità lycan, verso la quale nutre lo stesso grado di indiscutibile indifferenza e diffidenza. Ma Artemis non è Hector. Artemis si ripete mentalmente, ogni giorno, come un mantra, ciò che può e ciò che non può fare e, se invero non può venir meno all'obbligo di non rivelare alcunché sulle faccende di casa, così come all'obbligo di purificare il sangue versato, secondo le leggi Hikesioi, di fatto altri obblighi non li ha. Non che siano vergati sulla sua pelle, così come il Voto Infrangibile ha suggellato. E se anche Hector volesse rinchiuderla nella Villa, al sicuro insieme ad Hades - sicuramente già lì - e al piccolo Aeneas - fortunatamente insieme a lei -, in ogni caso la bionda non è tenuta a rispettare quel volere. Di certo dovrà scontare una pena, prima o poi. Più prima che poi, presumibilmente, nel momento in cui Hector deciderà di volerseli riprendere, senza possibilità di scelta alcuna, spedendo i migliori del gruppo a Hogsmeade, con l'obiettivo di trascinarli via. Con la forza, se necessario. A meno che qui dentro non ci protegga qualcuno. Perché, a conti fatti, è vero che potrebbe combattere lei stessa per difendersi, senza bisogno di "protezione". Ma gli Hikesioi sono esperti assassini - né più, né meno di questo. Da sola non avrebbe scampo... Eppure, Artemis, sai già cosa dovresti fare per lasciarti alle spalle tutto questo. Una flebile voce dentro la sua testa le suggerisce, melliflua, di assolvere al proprio compito e di... Essere libera. Uccidilo. E dovrà farlo, prima o poi, Artemis. Dovrà farlo. O Adam, o Hector. O il suo target, o il suo aguzzino. Quello è il prezzo da pagare per la libertà. [...] « ...E mi ha aiutato la Potter a farlo! » « Ma cosa, il Distillato? », degli studenti in divisa le si parano davanti proprio all'ingresso della Sala Comune. Misty sta uscendo; loro stanno entrando. Quasi approfittano dell'apertura del varco, non fosse che...« Ehi!!! Fermi! L'indovinello! », una voce li rimbecca subito, bloccando il passaggio di pietra. « Cinque parallele, una chiave ed è armonia. Che cos'è? », Artemis sorride. Fa qualche passo in direzione del Corridoio, non troppo rapido perché - curiosa com'è - vuole ascoltare l'interpretazione dei giovani. Qualcuno propone "una pista con le auto da corsa". Artemis sussurra: la musica. Un sorriso sulle labbra, volta l'angolo del Corridoio e si ferma a riflettere sul fatto che l'indovinello non avrebbe potuto essere più puntuale di così.
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    «Credevo che i Serpeverde se ne stessero soprattutto giù per i Sotterranei.», scherza la bionda, piombando alle spalle di Sam, affacciato ad una delle finestre. Forse sta supervisionando i lavori di ricostruzione della facciata a ovest del castello. Ci sono alcuni manici di scopa poggiati alla parete, probabilmente in attesa che qualcuno capace di salirvi in sella - e di starvi in equilibrio - contribuisca all'opera. «Ma pare che tu sia più familiare con l'altezza delle Torri. O forse...», nota una ragazza svolazzare a cadenza di... dieci secondi, all'incirca, proprio dalla finestra cui lui è affacciato. Mi chiedo davvero perché, guarda. «Forse sei familiare con il pubblico, inarca le sopracciglia, indossando un sorriso divertito. «A tal proposito, parlando di relazioni con il pubblico... Cleo si chiedeva perché non ti sei portato dietro la colazione che ti ha preparato.», si riferisce, Misty, ad una degli ospiti a casa di Sam. Il ragazzo ha messo a loro disposizione qualche stanza per la notte e, beh, evidentemente Cleo l'ha interpretato in modo un po' meno candido di quanto non sia in realtà. « Oh, meno male che ho trovato qualcuno. », un tipo alto e impostato, che ha tutta l'aria di sapere il fatto suo - quanto meno sulla situazione attuale a Hogwarts e Hogsmeade, dalla consapevolezza con cui si rivolge a Scamander -, interrompe la loro amichevole chiacchierata. Che inevitabilmente finisce come ogni loro chiacchierata: una sorta di partita a freccette, di tiro al bersaglio. Un continuo - ma divertente, questo Artemis deve ammetterlo - botta e risposta infuocato. « Scusami, Sam, non è che potresti occuparti di sedare il casino in Sala Comune Corvonero? Una ragazza sta facendo una piazzata sui diritti delle donne e un certo Conrad qualcosa la sta accusando di essere una delle menti della manifestazione al campus. Io...», a quel punto, Artemis non sente più. Il tipo dice qualcosa sottovoce a Sam. Sente soltanto la parola Weasley e nient'altro. Le si accende una lampadina. Non ha sue notizie da giorni, Artemis. Sa solo che è ricovertata al San Mungo. Le ha spedito una lettera, le ha chiesto di farle sapere il prima possibile come stesse e... Di raggiungerla. Al più presto. Dory... «Sei... Il cugino di Dory?», ma non riceve risposta, perché ormai il ragazzo è andato via. Si morde il labbro inferiore, Artemis. «E' che non so quando la dimetteranno.», spiega, visibilmente concitata. Cerca dunque di distrarsi, pensando ad altro. Non che sia molto semplice, comunque. «Se vuoi ti accompagno in Sala. C'ero anch'io al campus, magari riusciamo a venirne a capo.», risponde poi, muovendo qualche passo in direzione dell'ingresso che ha varcato solo pochi minuti prima. All'improvviso, recuperando una buona dose di sarcasmo e sfacciataggine, commenta: «Senza contare che, per entrare, qualcuno dovrà pur rispondere all'indovinello.», un po' tanto spavalda, forse. Come lo sei anche tu, Scamander.
     
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    I primi giorni d'occupazione, Sam ha passato il tempo adoperandosi in giro come meglio poteva, scomparendo di tanto in tanto quando la luna si faceva fin troppo storta e il suo umore degenerava via via che si avvicinava il plenilunio. Poi, dopo i due giorni in cui si è dato malato, tanto da dover rimanere a letto per dormire più di dodici ore filate - tanto da sembrare morto -, ritrovate le energie ha preso a fare spola tra Hogsmeade e Inverness, dando una mano nel riorganizzare le materie prime da utilizzare tra il villaggio e soprattutto le cucine di Hogwarts. E' appena tornato da uno di quei viaggi, a bordo di un vecchio van di seconda o terza generazione su cui hanno lavorato le sapienti mani di sua zia per dargli quella magica marcia in più di cui aveva bisogno per andare a tutta birra. « Sì, Rol, ti ho già detto che puoi depennare questo, questo, questo e quest'altro. » E' fermo su un pianerottolo dentro il castello mentre indica con il dito quali sono le primizie che si possono cancellare dalla lista perché già consegnate agli elfi. Caroline lo fissa con un sopracciglio arcuato. « Ah, cancella pure il cioccolato. Le priorità. » Picchetta l'indice sopra il foglio che tiene tra le mani la bionda e le sorride beffardo tirando fuori un pacchetto di chocops; lei ruota gli occhi. « Ma chi è che ti ha assegnato ai ricognitori? » Fa spallucce, lo Scamander, mentre lancia in aria una palletta dolce e c'entra immediatamente dopo la bocca. Il cranciare di lui sembra infastidirla di brutto. « Ti devo ricordare cosa ho fatto al Ministero? » « Casino. » La ignora bellamente risalendo le scale a due a due, ritendendosi ancora più che soddisfatto di come ha gestito la situazione al Ministero, essendone uscito a tutti gli effetti vivo e vegeto, facendo effettivamente guadagnare tempo a chi stava al castello. E questo non avendo manco mezzo base da Auror. Prendi su e porta a casa. « Già, un lavoro di fino, sono d'accordo. Quindi mi sono meritato di poter scegliere da solo dove stare. » Occhiata da "O no?" che non ha davvero bisogno di alcuna risposta. Perché se anche Caroline provasse a ribattere qualcosa, Sam avrebbe comunque dalla sua un milione di argomentazioni, più o meno sceme. L'ultima che verrebbe sparata fuori, non di certo per importanza, è che è il best friend del capo di quell'intera baracca. E sono pure il sin eater dell'amore della sua vita, nonché padre dei suoi figli. E sicuramente padrino di uno dei due se non posso esserlo di entrambi. Ma non sarebbe un punto a mio vantaggio perché Percy buuhhh brutto cattivone - che comunque un po' lo è stato al Ministero, c'è da dirlo ma è pure un'altra storia questa. « Se non hai altre obiezioni, io andrei che mi aspettano ai piani alti. Ti auguro una radiosa giornata. » Sciabola le sopracciglia folte con fare allusivo prima di avviarsi veramente verso i piani superiori ma non per fare quello che sicuramente sarà balenato per la testa della bionda. Ha deciso infatti che è arrivato proprio il momento di apprendere qualche base di magingegneria per questo sarà eccezionalmente il vecchietto che sussurra ai cantieri. Una finestra aperta gli permette di poggiare entrambi i gomiti contro il muro mentre gli occhi vengono rapiti all'istante dalla magia che un gruppo di ragazzi, chi a cavallo di una scopa, chi beatamente adagiato sopra un tappeto volante, scaglia contro la facciata del castello. Quando uno di loro si accorge della sua presenza, lui saluta con la mano l'intero gruppo. « Avete per caso bisogno di una mano? » Chiede, sapendo bene che non sarebbe un vero e proprio aiuto il suo, perlomeno non prima che qualcuno gli insegni il giusto incanto per ritirare su porzioni di edifici così, dal nulla. « Di certo non guasterebbe. Dai, vieni! » Sorride alla ragazza che gli ha risposto all'istante, con un pelo troppo di entusiasmo, e fa passare qualche altro minuto mentre osserva i lavori prima di guardare i manici poggiati al muro, pronti per essere usati. «Credevo che i Serpeverde se ne stessero soprattutto giù per i Sotterranei. Ma pare che tu sia più familiare con l'altezza delle Torri. O forse...Forse sei familiare con il pubblico» La voce ormai gli è famigliare, così come lo sono le sue battutine taglienti. « Non sapevi che ci sono alcuni serpenti talmente speciali da saper volare? » Le dedica uno dei suoi sorrisi smaglianti, quelli che non sai se ti stanno prendendo per il culo o se sono veramente genuini. « Credevo non ci fossero cose che una Corvonero non sapesse. » Assume allora un'espressione che passa dalla preoccupazione all'osservazione, con tanto di pollice e indice che massaggiano il mento. « Anche se sembri conoscere alla perfezione le mie preferenze e i miei gusti. » Inarca le sopracciglia prima di voltarsi nuovamente verso fuori, seguendo lo sguardo dell'Ayres nell'incontrare lo sguardo - che gli pare ora leggermente inquisitorio - della ragazza entusiasta ad averlo dei loro. «A tal proposito, parlando di relazioni con il pubblico... Cleo si chiedeva perché non ti sei portato dietro la colazione che ti ha preparato.» Tradisce un sorrisino mentre è intento nel decifrare tutte quelle affermazioni incisive della bionda. Non starai mica tastando il terreno, vero Ayres? Gli occhi verdastri sembrano chiederglielo. « Strano ma vero, stamattina ero fuori alle 7 e 30. E non c'era alcuna colazione preparata ancora, così come sembravate dormire ancora tutti. » Si stringe nelle spalle prima di assumere un'espressione fintamente dispiaciuta. « Pensi che se le organizzo una bella cenetta romantica stasera basterà per farmi perdonare? » La fissa forse per qualche istante di troppo, aspettandosi una qualche reazione da parte sua. « Oh, meno male che ho trovato qualcuno. Scusami, Sam, non è che potresti occuparti di sedare il casino in Sala Comune Corvonero? Una ragazza sta facendo una piazzata sui diritti delle donne e un certo Conrad qualcosa la sta accusando di essere una delle menti della manifestazione al campus. Io... » Mentre Sam si domanda perché proprio lui deve andare a domare gli ormoni impazziti dei ragazzini quando Arthur Weasley Jr. è sicuramente più autoritario di lui, persino nell'aspetto, è la bionda al suo fianco a farsi avanti, chiedendo informazioni su Dory Weasley. La stessa per cui ha covato, per qualche buon istante, dell'astio vero quando nell'atrio del Ministero le cose erano andate più che degenerando. «E' che non so quando la dimetteranno.» Storce le labbra in quello che vorrebbe essere un sorriso, magari rassicurante, che le infonda un po' di vibrazioni positive. « So per certo che sta bene perciò non penso la tratterranno per più di qualche giorno. » Non può di certo raccontarle di come è stata obliviata dal padre, così come non può dirle del tatuaggio ribelle ormai disattivato che si cela sotto la sua pelle. Si appunta comunque di chiedere in giro notizie più sicure. «Se vuoi ti accompagno in Sala. C'ero anch'io al campus, magari riusciamo a venirne a capo.» Annuisce in tutta risposta, domandosi ancora perché sia stato richiesto il suo d'aiuto. Cioè..ai tempi, se fossi stato un Prefetto, un Caposcuola e compagnia ballante, di certo sarei stato quello scialloso che faceva passare la qualunque, con tanto di pacchetta sulla spalla e una bella canna rollata in premio. Segue comunque la bionda verso l'entrata della Torre Corvonero ciondolando come suo solito. «Senza contare che, per entrare, qualcuno dovrà pur rispondere all'indovinello.» E' allora che la fulmina con lo sguardo, bloccandosi sul posto. « Intelligence-shaming, davvero? Chi è tra i due la serpe ora? » Scuote la testa, abbozzando una faccia piuttosto delusa. « Data la scarsa considerazione che hai del mio intelletto, rimarresti sorpresa nel sapere quante volte sono riuscito a intrufolarmi nella vostra altezzosa Sala. » Evita di aggiungere l'ovvia ragione per la quale in passato ha avuto bisogno di entrare in un dormitorio non suo. « La musica. » Una voce cristallina risuona da dietro l'angolo e non appena lo svoltano, la porta nera sbatte di fronte ai loro occhi. « Ha le radici invisibili e sta più in alto degli alberi, ha la testa nascosta fra i nembi e mai tuttavia crescerà. » Si passa la lingua tra le labbra, Sam, mentre fa segno alla bionda di farsi avanti. « Su, facci sognare. » Si prende gioco di lei, non avendo alcun dubbio riguardo al fatto che, così come lui non ha alcuno sbatti di spremersi le meningi per trovare la soluzione, lei probabilmente ce l'abbia già sulla punta della lingua. « Non ti aspettare un applauso, hai fatto solo il tuo dovere. » Si immedesima perfettamente in un James Scamander di qualche anno addietro, quando il suo figlio degenere riusciva a riportare a casa, non si sa come, un voto strappato, sì ma pur sempre dignitoso. Non fa in tempo a dire altro perché la situazione di fronte a loro ha decisamente bisogno di un intervento. Infatti c'è una ragazza, probabilmente quella descritta da Arthur, che viene tenuta per la manica del maglioncino da un'altra, mentre nell'angolo opposto c'è quello che deve essere Conrad qualcosa. Il tutto condito da delle urla inconcepibili che sembrano urtare non poco chi è seduto ai tavoli a studiare. « Ma tu non stai mica bene con il cervello. Come potevo essere al campus in un giorno infrasettimanale, di prima mattina, con la prima lezione alle 8.15? » « E non ci saresti voluta essere? » « Certo che sì, ma questo non c'entra niente. » « Ah ah, visto? Avete sentito? Avevo ragione, fa parte di quelle invasate lì. » « Pensate di avere ancora tanto? Non riesco a sentire nemmeno i miei stessi pensieri. » « C'è pur sempre la biblioteca se ne senti tanto il bisogno, Thomas. » E Conrad non c'ha tutti i torti. « Non dire agli altri cosa fare, cretino. » La ragazza si spinge ancora in avanti, pronta a caricare, strattonando quella dietro che viene evidentemente presa alla sprovvista e cade a faccia avanti nell'impeto. Da lì un coro di urla indistinto riempie la sala. « We, fatela finita subito. Tutti. » La voce di Sam rimbomba sulle pareti grazie ad un Sonorus e nel giro di pochi istanti il silenzio cala sul gruppo. Gli occhi di chiunque fissi su Sam. Lo stesso Sam che è evidentemente il poliziotto buono della coppia. Lancia quindi un'occhiata alla bionda prima di schiarirsi la gola e fare un passo avanti. « Non mi interessa chi ha cominciato. » Zittisce subito l'impeto che porta Conrad - lo vede con la coda dell’occhio - ad aprire bocca senza riuscire però a dargli fiato. « Sono però piuttosto certo che sappiate già benissimo che non sono accettati simili comportamenti da trogloditi. » Un lampo di genio gli attraversa la mente quando adocchia un tavolo ancora vuoto. « Lungi da me zittirvi però. Anche perché sono certo che, non appena giro le spalle, voi ricomincerete subito ad urlarvi in faccia come dei deficienti. Quindi la risolviamo ora, tutti insieme. » « Scusami? Ma chi sei per parlarmi così? » Sorride serafico nel muoversi a sedersi dietro la scrivania. Lì dove picchietta le dita per qualche snervante istante. Non pensa nemmeno di mettersi a sfoggiare la spilletta che ha appuntato sotto la
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    felpa, non ce n'è bisogno. « Colui che non vede l'ora di ascoltarti. » Lo fissa con aria pacata. Perché se non puoi batterli subito, devi trovare un modo per farlo nel minor tempo possibile e l'idea di inscenare un piccolo processo lo fa talmente divertire da dover essere messo in pratica. Alza le sopracciglia accompagnandole con un « Allora? Comincia pure a raccontarci qual è il tuo problema. » Il ragazzino, preso evidentemente in contropiede, rimane per qualche istante interdetto prima di riprendersi. « Allora sì, dicevo che quell'invasata di Isab- » « Prima inizierei dal nome. » « Ah, sì, Conrad Patson. Allora, quell'invasata là..» « Non è ammesso un simile linguaggio in questa corte, signor Patson. » La battuta fa ridere l'intera stanza che, ormai, ha accantonato qualsiasi cosa per seguire la bizzarria in atto. Lui però rimane serio mentre comincia ad elencare le motivazioni secondo cui la signorina Isabelle Phillip deve aver contribuito idealmente al corteo al campus. « Quindi stai dicendo che sia un male battersi per i propri ideali? » « Sì se finiscono in tragedia. » E' allora che annuisce, Sam, tutto tranquillo sulla sua sediola. « E non facendo assolutamente nulla com'è che finiscono esattamente le cose, Conrad? » Non è un'accusa, la pensavo come te fino a qualche anno fa. Farmi i cazzi miei sempre e comunque come filosofia di vita. Lui continua a blaterare circa quanto fosse stato sbagliato mettere in mezzo chiunque, indistintamente. Ma se la pensi così, che ci fai ancora qui, nella tana del cattivo? « Ma certo, continuiamo ad ignorare il fatto che io fossi comunque al Castello. » Comincia così l'arringa della ragazza, che si accora non appena prende a parlare dei diritti delle donne a cui non può che dirsi d'accordo, avendo partecipato a sua volta a qualche corteo insieme a sua cugina. « Certo, tutte argomentazioni valide. Oltre ad aver presentato un alibi inattaccabile. Ma sentiamo anche che ne pensa la nostra giuria. » E' allora che si volta verso Artemis con un sorriso che lentamente scema. « Signorina Ayres, è così gentile da esporci il suo di pensiero? » La fissa con insistente curiosità, come se fossero soli in tutta la stanza, domandosi quale sia il suo vero pensiero riguardo l'occupazione. Non ha mai mostrato segni di particolare astio nei suoi confronti in quei giorni ma non è effettivamente certo di cosa potrebbe rispondergli di rimando. Che ne pensi davvero Misty? « Che ne pensa di questo caso? »
     
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    « Non sapevi che ci sono alcuni serpenti talmente speciali da saper volare? », Artemis si costringe a soffocare una risata. Ciò che ne risulta, è un'espressione squisitamente sarcastica in viso. « Credevo non ci fossero cose che una Corvonero non sapesse. Anche se sembri conoscere alla perfezione le mie preferenze e i miei gusti. », piega la testa di lato, la bionda le cui punte, adesso, si tingono di un blu elettrico che tanto si addice ai colori della propria casata. «Perché sono un'attenta osservatrice.», si giustifica, sia mai che il signor Scamander possa alludere - ragionevolmente, a dirla tutta - a chissà cosa. « Strano ma vero, stamattina ero fuori alle 7 e 30. E non c'era alcuna colazione preparata ancora, così come sembravate dormire ancora tutti. », non risponde, la Ayres, perché ipotizza che il discorso del ragazzo non si sia ancora concluso. Ed infatti eccola lì, la battuta - o forse non lo è? - tanto attesa: « Pensi che se le organizzo una bella cenetta romantica stasera basterà per farmi perdonare? », la scintilla di qualcosa che, suo malgrado, Artemis deve ammettere a se stessa sia una forma di gelosia, le attraversa per un istante lo sguardo cristallino. Penso tu sia un cascamorto, vorrebbe ribattere, punzecchiandolo a dovere. Oppure: penso che ti basterebbe condire due tramezzini affinché Cleo ti perdoni - ma anche questo non lo rivela, perché non sarebbe giusto nei confronti della ragazza che, suvvia, in fondo non ha particolari colpe se non quella di essersi presa una cotta a puntino per uno dei più ambiti scapoli d'Inghilterra, per di più marchiato dall'ammaliante essenza di ribelle, informazione adesso di dominio pubblico. E, per l'appunto, prendersi una cotta non è una colpa. «Non ne dubito neanche per un istante.», replica alla fine, stampandosi un sorriso sfrontato nel viso affilato, prima d'essere interrotta dall'imprevisto arrivo di un... Sarebbe inclemente additarlo come terzo incomodo, ma anche lì Artemis non può raccontarsi la bugia di non averlo pensato. Ad ogni modo, subito se lo rimangia nel momento in cui un nome a lei particolarmente caro aleggia nell'aria. Dory Weasley, che sa perfettamente essere ancora ricoverata al San Mungo. Non può esimersi dal chiedere ulteriori informazioni, la Corvonero, ed è per questa ragione che, l'ombra della paura in viso, ne parla apertamente a Sam. « So per certo che sta bene perciò non penso la tratterranno per più di qualche giorno. », la sua risposta arriva come balsamo su una ferita ardente. Sospira, Misty, schiudendo le labbra in un sorriso, questa volta affatto sarcastico. Grazie, sembra mormorare - ma forse è una parola che non trova mai la luce, che risuona soltanto dentro di sé. Certo è che, dall'espressione assolutamente riconoscente assunta dalla ragazza, Sam potrà comunque immaginare quanto gli sia grata. D'altro canto non trapelano molto facilmente notizie del genere, soprattutto se non si è familiari di un paziente ricoverato... In un ospedale che è al di fuori dei nuovi confini vergati da Inverness e dalla Ribellione. La tinta della conversazione si alleggerisce quando, ormai decisa ad accompagnarlo nell'impresa di sedarne un'altra, di ribellione, Artemis si auto-proclama indispensabile agli occhi del Serpeverde, quanto meno per varcare la soglia d'ingresso della Torre Corvonero. « Intelligence-shaming, davvero? Chi è tra i due la serpe ora? », è lì che si trova a sussurrare, pericolosamente vicina all'orecchio della Serpe di fatto: «Mai negato di poterlo essere anch'io.», con un guizzo nello sguardo, accenna un saltello convinto, improvvisamente animata dall'avere uno scopo in tutto quel contesto in cui, in fondo, non è che un pesce fuor d'acqua. Un'opportunista, quasi, avendolo sfruttato a proprio vantaggio per sfuggire agli obblighi e ai doveri nei riguardi della Setta. Per prendere una boccata d'aria, certa che fin lì non avrebbero potuto rincorrerla. Per.. Vivere, benché nella più totale ed assurda confusione. In attesa della propria ora. Che si compia il proprio destino. Non sa neanche se l'ha accettato, Artemis. Vorrebbe viverla davvero, quella vita, aggrappandovisi con le unghie e con i denti. Ma il prezzo da pagare - porre fine ad un'altra -, oltre che drasticamente complesso, le riesce quasi inimmaginabile. E' per questo che, se comunque è destinata a morire, tanto vale prendere quanta più distanza possibile, tanto vale inabissarsi in ogni briciola di vita ed avventura che si può raccogliere lungo il cammino già scritto per lei. « Data la scarsa considerazione che hai del mio intelletto, rimarresti sorpresa nel sapere quante volte sono riuscito a intrufolarmi nella vostra altezzosa Sala. », inarca le sopracciglia, Misty, subito ribattendo: «Immagino che avere un ben preciso scopo dietro possa far riuscire imprese simili un po' a tutti, già, gli sfiora il viso con una carezza che vuole essere materna, suo malgrado arrossendo nel contatto appena avuto. E' per questo che tossisce, voltandosi subito in direzione dell'ingresso, quasi senza accorgersi che la porta è stata appena aperta e, adesso, richiusa a un palmo dal loro naso. « Ha le radici invisibili e sta più in alto degli alberi, ha la testa nascosta fra i nembi e mai tuttavia crescerà. » « Su, facci sognare. », gli dà una gomitata divertita, per poi rispondere a gran voce: «La montagna.», scoccando uno sguardo soddisfatto a Sam. « Non ti aspettare un applauso, hai fatto solo il tuo dovere. », subito va a replicare: «Ma davvero? Credevo che per una volta saresti stato tu a chiedere l'autografo a qualcun altro.», alla sottoscritta, tanto per intenderci. Tuttavia, il loro siparietto ha vita breve, perché in terra Corvonero regna, indiscutibilmente, il caos. Conrad, il tipo citato dal cugino di Dory, sta letteralmente aggredendo una concasata. « We, fatela finita subito. Tutti. », Misty lo osserva. Ha uno sguardo serio, Samuel Scamander. Nonostante ciò, la Ayres percepisce una certa nota di disagio. Gli fa cenno di proseguire, mordicchiandosi le labbra. Annuisce a ripetizione, come a volerlo incitare. Ce la puoi fare! « Non mi interessa chi ha cominciato. Sono però piuttosto certo che sappiate già benissimo che non sono accettati simili comportamenti da trogloditi. Lungi da me zittirvi però. Anche perché sono certo che, non appena giro le spalle, voi ricomincerete subito ad urlarvi in faccia come dei deficienti. Quindi la risolviamo ora, tutti insieme. » « Scusami? Ma chi sei per parlarmi così? », Artemis, inspiegabilmente, vorrebbe strozzare Conrad qualcosa. Non è da lei avere reazioni tanto impulsive ma, davvero, in quel preciso istante è l'unica cosa che vorrebbe. « Colui che non vede l'ora di ascoltarti. », Sam ha la situazione perfettamente sotto controllo. E allora lei si rende conto di aver trattenuto il respiro, e di poter adesso inalare l'aria a pieni polmoni. Ascolta con attenzione le motivazioni che vengono da entrambe le parti. Conrad non riesce ad accettare che la manifestazione al campus si sia trasformata in tragedia: è chiaro come il sole che abbia bisogno di un capro espiatorio. E l'ha trovato in Isabella, nota per lo spiccato femminismo. Isabella, che chiaramente non era al campus quando è scoppiato il casino, in ogni caso non ha intenzione di cedere sul fatto che la manifestazione, a prescindere, fosse sacrosanta, e che in ogni caso, benché si sia trattato di un diversivo - ormai lo sanno tutti - lei non lo trova sbagliato. Ha poi paragonato la repressione subita da Inverness alla repressione che i diritti delle donne subiscono ogni giorno, conquistandosi il favore del pubblico femminile presente all'arringa. « Certo, tutte argomentazioni valide. Oltre ad aver presentato un alibi inattaccabile. Ma sentiamo anche che ne pensa la nostra giuria. Signorina Ayres, è così gentile da esporci il suo di pensiero? », le sue riflessioni vengono interrotte dalla domanda dello Scamander. Si guarda intorno, domandandosi: io? Davvero io? - e comprende che adesso, gli occhi dei presenti, sono fissati su di lei e non più sul ribelle Serpeverde. Si trova a tossicchiare, poiché non credeva che sarebbe stata interpellata. «Conrad, sei arrabbiato.», si rivolge a lui, fissandolo dritto negli occhi. Anche se, di rimando, nota che il suo sguardo è fissato su... altro. E non può non nascondere un moto di stizza. E' proprio per questo che Isabella ha ragione.
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    «Lo capisco. Nessuno, neanche i manifestanti, poteva prevedere che sarebbe andata così.», questo lo sa per certo. Perché: «Io c'ero. Io ero lì. Stavo facendo colazione da Starbucks e poi, poi non sapevo più neanche se andare a destra o a sinistra. E' stato un'incidente, Conrad - è stata sparsa della Buiopesto e ti assicuro che tu stesso non avresti saputo distinguere un tuo amico da un tuo nemico. Avresti pensato soltanto ad andartene via, e in fretta. Il più in fretta possibile.» « Ma loro l'hanno fatto proprio per creare casino. Così da avere il via libera verso il Castello - il Castello dove ti trovavi tu, Isab -», Misty lo blocca subito, prima che possa nuovamente tornare ad aggredire la ragazza. «D'accordo. Ma credi davvero che, oltre a questa loro intenzione - che comunque sarebbe da verificare -, ci sia stato il desiderio di ferire o provocare... danni gravi a qualcuno?», per non dire uccidere. E' lì che Conrad tentenna. «Appunto. Cosa ne avrebbe ricavato, Inverness? Soltanto accuse e sfiducia. Credi sia questo l'obiettivo ultimo? Direi proprio di no. Non ne viene niente a nessuno. Anche perché, Conrad, magari su questo non ci hai riflettuto, ma pare sia stato fatto tanto proprio per evitarle, situazioni del genere. La gran parte degli studenti è stata messa in salvo al Museo della Liberazione, ad esempio. Credi sia un caso? Così come non è un caso la manifestazione "presunto diversivo" al campus, non lo è neanche questo.», ma Conrad proprio non ne vuole sapere di ragionare: « E degli altri studenti? Degli studenti al campus ce ne freghiamo, allora? », scuote la testa, Artemis. «Te l'ho già detto, Conrad. E' stato un incidente. Anch'io ero lì e anch'io ho rischiato il peggio, come altri. E' stato un incidente che non ha un artefice.» « Beh, anche no. L'artefice è chi ha scatenato tutto questo. Chi ha fatto partire la rivolta. », si aspettava proprio questa risposta, Artemis. Conrad segue un filo che, per quanto discutibile, è comunque logico. «Però, Conrad, perdonami se insisto. Parli tanto della manifestazione-diversivo trasformatasi in tragedia per una serie di incidenti, ripeto. Ma dell'Ardemonio volontariamente scagliato da un Auror nella tenuta non ne parli? Lì dove sta la tua lealtà, Conrad?» « .. L'ha fatto per difendersi.. », vacilla, Conrad. Sulla fronte di Artemis si disegna una ruga a metà tra lo sdegno e la pietà. «La Magia Oscura non è una magia difensiva. Per evocare un incanto del genere, così come per le Maledizioni Senza Perdono, devi volerlo. Quell'Auror ha intensamente voluto ridurre tutto, tutto intorno a lui, in fiamme e cenere. Dovresti averlo studiato a Difesa Contro le Arti Oscure - sempre che non abbiano rimosso dal programma questo argomento. Quando ho dato io i MAGO, c'era ancora. Ma devo dire che non mi sorprenderebbe scoprire che i Ministeriali lo considerino fuori luogo..», è qui che Artemis si interrompe, lasciando che Conrad metabolizzi quanto udito. «Nessuno ti obbliga a restare, Conrad.. Nessuno ti obbliga a cambiare le tue idee. Però riflettici, perché Inverness, una scelta, te la sta fornendo. Il Ministero no.», questo dovrebbe già dirla lunga... E' così che Artemis indietreggia, sino a raggiungere una delle finestre della Sala Comune. La situazione sembra sedata. Conrad se n'è andato dritto in dormitorio, Isabella e le sue compagne hanno optato per una partita a Scacchi Magici, in disparte. «Sai, non sapevo neanch'io di pensarle, certe cose, finché non mi sono semplicemente.. Venute fuori di bocca.», sospira, al fianco di Sam. «Però sì, le penso. Era una specie di test, oppure eri soltanto curioso di vedere come avrei reagito sotto pressione?», domanda, sarcastica. Oppure nessuna delle due cose? - si riserva di riflettere perché, in fondo, il Serpeverde non è mai a corto di sorprese. Potrebbe aver avuto tutt'altra ragione ancora, per interpellarla. «Vieni. Ti faccio fare un giro.», non attende risposta. Lo prende per mano e lo guida nei meandri del covo dei figli di Priscilla. «E'... Era la seconda torre più alta del castello, dopo quella di Astronomia.», modifca il tempo verbale perché non ha ancora piena consapevolezza dei danni subiti in seguito alla battaglia. «Qua ci venivo sempre a studiare..», commenta, riferendosi ad un angolino in disparte con una piccola libreria di fianco ad una scrivania. «Eh... Oh! Scommetto che questa non è un'informazione in tuo possesso.», gli scocca un'occhiata divertita, raggiungendo una parete di mattoni illuminata dalla luce fioca di alcune torce. «Anche se dici di essere entrato nella nostra Sala Comune di tanto in tanto, per fare chissà cosa, con un colpo di bacchetta, Artemis rivela l'esistenza di un passaggio segreto. Si ritrovano in una stanzetta multi-funzionale, i due ragazzi. Da un lato, molteplici occorrenti per preparare Pozioni. Dall'altro, dei manichini utili per esercitarsi in Incantesimi di vario tipo. Ed ancora, tomi della Sezione Proibita della Biblioteca... «Sì, le dicerie sui Corvonero-secchioni sono fondate.», tutto, in quella stanzetta, trasuda conoscenza, esercizio e dedizione. «Sam..», richiama poi la sua attenzione, nella seconda azione impulsiva della giornata. «Non ti ho ancora ringraziato per avermi ospitata da te. Ecco, grazie. Non..», non riesce a trovare le parole adatte, Artemis. «-non era così scontato, soprattutto dopo quello che..», beh, che è successo tra noi, che è successo per causa... Mia, della mia famiglia, della... Setta, di... Di tutto ciò che non posso dirti e che mi corrode da dentro...
     
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    «Conrad, sei arrabbiato.» Sa di averla buttata consapevolmente in un'ipotetica fossa di leoni. Lo sa, eppure ascolta quella voce distinta che in testa gli dice di voler sapere il pensiero di Artemis. Perciò si mette in ascolto, poggiandosi al tavolo da studio alle sue spalle, con le braccia che vanno ad incrociarsi sul petto. L'approccio della bionda è da manuale: passa dapprima per l'empatia, cercando di farlo arrivare quanto prima ad un ragionamento razionale. E Conrad sembra vacillare, quando viene interrogato sapientemente, con basi inattacabili. Ma la disillusa rabbia nella sua voce, quando chiede spiegazioni circa tutti gli altri studenti, quelli al campus, quelli che non sono stati messi al sicuro da nessuno, arriva alle sue orecchie come una frustata veloce e dolorosa. Non è la prima volta che sente quell'obiezione, ben più di un ragazzo, coscientemente, l'ha riproposta, in diverse salse, la sera della presa stessa. Gli stessi che, sotto espresso invito della comunità di Inverness, hanno deciso di andarsene probabilmente proprio per questa indignazione. Perché non è facile rassegnarsi al pensiero di "E' stato un incidente, è così che va la vita, è il destino". Lui per primo ha fatto e fa fatica all'accettare l'inevitabilità della vita. Non crede ad una forma di predestinazione ma l'ineluttabilità che permea l'esistenza di ogni singola persona, quella discesa forsennata verso la fine, lo mette tuttora a disagio, con il pallino fisso di non aver abbastanza tempo e di conseguenza, essere terribilmente affamato di vita. «La Magia Oscura non è una magia difensiva. Per evocare un incanto del genere, così come per le Maledizioni Senza Perdono, devi volerlo. Quell'Auror ha intensamente voluto ridurre tutto, tutto intorno a lui, in fiamme e cenere. Dovresti averlo studiato a Difesa Contro le Arti Oscure - sempre che non abbiano rimosso dal programma questo argomento. Quando ho dato io i MAGO, c'era ancora. Ma devo dire che non mi sorprenderebbe scoprire che i Ministeriali lo considerino fuori luogo..» Si ritrova ad annuire, con un sorrisetto quasi impercettibile che cela immediatamente dietro il bisogno impellente di grattarsi la barba lunga di qualche giorno. Almeno dalla nostra parte si può parlare di incidenti involontari, assolutamente incontrollati, ma quell'Auror che pensava di farci con l'Ardemonio? Le carezzine alla Foresta Proibita e a tutti i nostri compagni a terra? La cicatrice sulla pelle di Lily ne è l'opposta conferma. Quell'Auror voleva vedere bruciare il mondo. Se non posso vivere, allora il resto morirà con me. Una scelta, la sua, decisamente discutibile. «Nessuno ti obbliga a restare, Conrad.. Nessuno ti obbliga a cambiare le tue idee. Però riflettici, perché Inverness, una scelta, te la sta fornendo. Il Ministero no.» Aggiungerebbe qualcosa se solo Conrad non girasse i tacchi, sbattendosi dietro la porta dell'accesso ai dormitori, come un ragazzino in piena crisi adolescenziale e in totale conflitto con i genitori, visti come degli assoluti dittatori e padroni. Oh, peccato, non ho avuto l'ultima parola. Sarà per la prossima volta. Accoglie l'avvicinamento di Artemis con un sopracciglio arcuato e un applauso plateale. «Sai, non sapevo neanch'io di pensarle, certe cose, finché non mi sono semplicemente.. Venute fuori di bocca. Però sì, le penso. Era una specie di test, oppure eri soltanto curioso di vedere come avrei reagito sotto pressione?» Sono proprio quelle le parole che, in un certo qual modo, fanno rilassare l'anima dello Scamander. Non che abbia mai tenuto troppo conto del giudizio altrui..ma a quello delle persone a cui tiene, quello effettivamente sì. Il sorrisetto che gli si palesa sulle labbra si fa quasi sarcastico. « L'una e l'altra? » Azzarda staccandosi dalla scrivania. « Com'è che non hai pensato a magisprudenza come specializzazione? » Continua. « Nonostante quest'alone di mistero pulisce una finestra immaginaria di fronte al suo volto «- hai una parlantina efficace. Quel poveraccio non sapeva più che pesci prendere e se n'è dovuto andare come un quattordicenne in piena fase ormonale. » E il parlare di quel mistero, che sembra avvolgerla costantemente, gli fa tornare alla mente quella strana uscita, giusto qualche mese prima. Quella in cui si era messa a blaterare su patti che prevedevano la morte se non rispettati, il tutto per poi chiedergli di obliviarla. Una serata, quella, che l'aveva portato a credere che la bionda avesse sniffato qualcosa di pesante, tanto d'assecondarla fino a proporle di rimanere a dormire nella sua casa di Londra, così da non dover tornare a casa. Il sentore però che Artemis non sia effettivamente al sicuro a casa propria gli è rimasto in testa, alimentato dalla strana orgia alla quale lui stesso aveva partecipato. Il tutto sotto gli occhi del padre della bionda. Sperando che non abbia assistito alla scopata stessa. Il pensiero lo irrigidisce, facendolo sentire oltremodo a disagio. Di certo c'è che saperla ad Hogwarts e non a Londra lo rincuora. «Vieni. Ti faccio fare un giro.» Lancia un'occhiata di sbieco alla mano di lei che si chiude sopra la propria, trovando piacevole quel piccolo ritaglio di normale confidenza, mai più provata dopo la festa a casa di lei. «E'... Era la seconda torre più alta del castello, dopo quella di Astronomia. Qua ci venivo sempre a studiare..» Segue l'indicazione di lei per sorridere nel vedere il posto in disparte da lei scelto per il suo studio solitario. « Guarda, ci avrei messo la mano sul fuoco. E se ci trovavi qualcun altro a studiare..? » Domanda, curioso di conoscere le sue abitudini, che spera leggermente ribelli così come si stanno dimostrando ora, dopo anni. «Eh... Oh! Scommetto che questa non è un'informazione in tuo possesso. Anche se dici di essere entrato nella nostra Sala Comune di tanto in tanto, per fare chissà cosa Ne accoglie la frecciatina con una risata che gli scuote il petto fin dentro le profondità. « E' un modo per chiedermi cos'è che effettivamente facevo in questa torre? » Le domanda alle spalle, a qualche centimetro dal suo orecchio prima di inclinare la testa di lato sorpreso dalla visuale che gli si apre di fronte gli occhi cerulei. « Per farmi confessare non c'era bisogno di portarmi in un posto celato agli occhi di tutti e tanto proibito. » E dicendo ciò alza un tomo nella sua direzione, che è certo di aver visto tra le dita di Beatrice, tempi addietro. Uno che proviene direttamente dalla sezione proibita della Biblioteca. E lo ricorda bene perché la miglior amica gliel'ha stampato in piena faccia per svegliarlo dall'ennesimo pisolino durante la stesura di quel saggio di Pozioni. « Secchioni e pure ladri, a ben vedere. » Commenta sottovoce, divertito. « Devo aggiungerci anche "dalle intenzioni sorprendentemente ambigue"? » Si volta verso di lei con un ghigno, i denti superiori che mordono un angolo delle labbra. « Chiedi. » Le dice poi, fissandola negli occhi. Passano quelle che sembrano essere ere geologiche di silenzio. Sono già un paio di volte che rimarchi la cosa. Due indizi non fanno una prova ma una sensazione sì.« Se vuoi sapere. » Che poi non ci sarebbe effettivamente troppo da immaginare è un conto, così come lo è il fatto che in quella Sala Comune ci è stato un sacco di volte soprattutto durante il Lockdown, quando ogni sera si apriva solo uno dei quattro passaggi ai dormitori delle casate. «Sam..Non ti ho ancora ringraziato per avermi ospitata da te. Ecco, grazie. Non..non era così scontato, soprattutto dopo quello che..» Gli occhi di Sam sembrano incalzarla a finire quella frase. Dopo che..? Ma lei non finisce e lui semplicemente scrolla le spalle con un sorrisetto sornione. « Prima volevo metterti alla prova, volevo metterti sottopressione, lanciandoti in un'ipotetica fossa piena di leoni e volevo sapere cosa ne pensassi. Di tutta questa storia, di Inverness, di me. » Si ritrova a dire con un'alzata di sopracciglia esplicativa. E mentre lo dice soppesa distrattamente un libro, come a voler tener impegnate le mani, altrimenti adagiate scompostamente lungo i fianchi, a farlo sentire uno stoccafisso.
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    « Volevo sapere se pensavi anche tu che sono una persona orribile, così come mi dipingono la Gazzetta e il Mondo Magico da qualche settimana a questa parte. Il fatto che tu abbia accettato di essere mia ospite poteva essere di certo un indizio ma un conto è supporlo, un conto è sentirlo dalla tua bocca. » Le indirizza un sorriso di lato, riappoggiando il libro sul tavolo. Poi si trascina verso di lei, tirando fuori il cellulare dalla tasca per aprire la galleria audio, lì dove clicca sopra una nuova traccia. Senza nome. « Non è ancora finita, non ha un titolo, ma l'ho composta questi giorni. » Lascia scivolare il telefono sul tavolo di fronte a lei mentre la canzone parte. E' una delle parti peggiori e migliori quella in cui si rimette ai giudizi del primo ascolto. Vive con trepidante ansia di sapere ed è con occhi rapaci che guarda la bionda per i primi istanti, a volerne captare le reazioni, anche quelle che non sarebbe disposta a condividere con lui, perché ritenute forse troppo scomode. Poi si porta dietro di lei allungando le braccia in avanti, le mani che si arpionano al tavolo, chiudendola in quella sorta di abbraccio. Il mento si posa sopra la spalla di lei. « Ho ritrovato questo vecchio disco, devo averlo comprato in un qualche mercatino babbano, chissà quando. E c'era questo timbro di voce, di una cantante persiana degli anni 50, così inquietante, così affascinante, così misterioso, che non sono più riuscito a togliermi dalla testa. Non fin quando ho cominciato a costruirgli intorno un'impalcatura sinfonica che potesse riportare nel presente la meraviglia di questa voce passata. » Le racconta, lasciandole il modo di seguire però il flusso dei propri pensieri, sperando che prendessero il largo insieme a quella musica. Che si facessero più leggeri e sopportabili. « Io non lo so cosa c'era di vero in quello sconclusionato discorso che mi hai fatto al Tom. So però che c'è qualcosa del tuo passato che non riesci a lasciare e che ti potrebbe fare effettivamente tanta paura da chiedermi di obliviarti, così, su due piedi. » C'è davvero un patto a cui sei obbligata a piegare la testa? « Se ti ho aiutato anche soltanto in minima parte a vivere il presente senza sentire il bisogno di scappare, posso ritenermi soddisfatto. » Le soffia nell'incavo del collo prima di agguantarle una mano per farle fare una giravolta e guardarla negli occhi. Prende anche l'altra mano e le porta entrambe al cielo mentre prende a ballare su quella musica, assaporandone ogni rullo di batteria - ripreso rigorosamente in live, grazie all'aiuto di uno studente di Arte e Spettacolo . « Non voglio che ti senta costretta a parlarmene, non c'è bisogno, non è questo che voglio -» prende a dirle mentre riabbassa le quattro mani e si porta quelle di lei a scivolare sul proprio collo, avvicinandola di fatto a sé «- ma voglio che tu sappia che qui sei davvero al sicuro, Misty. Qui non possono arrivare, nessuno che tu non voglia. » Continua e, senza accorgersene, ha accorciato ogni distanza per alzarle il mento e baciarla con una certa dose di irruenza. Seguendo alla lettera il sample vocale usato nella canzone, che si muove intorno a loro. "Voglio un po' di quel cielo blu".
     
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    « Com'è che non hai pensato a magisprudenza come specializzazione? », le sfugge un sorriso, compiaciuta che le venga riconosciuta una nuova qualità, di cui era assolutamente inconsapevole. Certo, i dibattiti le sono sempre piaciuti - si è ritrovata persino a seguire le puntate di Wizforum, un programma televisivo a tema -, ma nessuno le ha mai detto che l'avrebbe vista bene a condurli, prendendo le parti della difesa o dell'accusa. « Nonostante quest'alone di mistero hai una parlantina efficace. Quel poveraccio non sapeva più che pesci prendere e se n'è dovuto andare come un quattordicenne in piena fase ormonale. », glissa platealmente sul concetto di alone di mistero, scrollando le spalle e rivolgendo a Sam un'occhiata eloquente: «Finirò mai di stupirti, Scamander?», si elogia, assumendo un'espressione buffa mentre socchiude gli occhi tentando un approccio accattivante, arricciando le labbra e inarcando le sopracciglia. Un istante di silenzio imbarazzato aleggia dunque tra loro, un istante in cui la bionda non può non volare col pensiero a quanto, senza dubbio, sia stata realmente in grado di stupire il Serpeverde, in passato. Che sia avvenuto in bene o in male, questo non può decifrarlo. Di certo, il fatto che abbia partecipato alle Dionisie degli Hikesioi non l'avrà dimenticato, il giovane Scamander, pur inconsapevole del significato profondo dietro la celebrazione o dell'organizzazione responsabile dell'evento. Né tanto meno il fallimentare tentativo di Artemis di spiegarsi in merito, forse confondendogli le idee più che altro. Cosa mi era venuto in testa? - si domanda la bionda. Volevo morire, forse? - si chiede, proprio perché, irrimediabilmente legata a quel Voto Infrangibile stretto da bambina, anche un solo accenno al compito ad esso connesso avrebbe potuto essere fatale, per lei. Rompe dunque il silenzio - e i pensieri - improvvisandosi guida turistica della Sala Comune Corvonero, salvo poi scoprire che non si tratti della prima visita nel territorio blu-argento, per Samuel Scamander. « Guarda, ci avrei messo la mano sul fuoco. E se ci trovavi qualcun altro a studiare..? », inclina la testa di lato, sorridendo di sfuggita una volta ancora. Non è uno scenario che ha la necessità di ipotizzare, Artemis, proprio perché si tratta di una situazione già verificatasi più volte. «Diciamo che avevo un'alternativa ancora migliore. E no, non si trattava di boicottare i compiti.», anche perché ci stavo veramente poco a farli, sarebbe stato un peccato - questo non lo aggiunge, la Corvonero, perché pur trattandosi di un dato di fatto sarebbe potuto apparire come elemento di eccessiva vanagloria. Dunque lo indirizza nell'angolo riservato ai blu-argento più intrepidi, la mini-sezione proibita da loro segretamente costruita pian piano nel tempo. Si premura di sottolineare, Artemis, che questa particolarità della Sala Comune non può proprio conoscerla, Scamander, pur essendosi intrufolato in quel territorio per fare "chissà cosa", perché non è di dominio pubblico neanche tra tutti i Corvonero. E' allora che lui risponde: « E' un modo per chiedermi cos'è che effettivamente facevo in questa torre? Per farmi confessare non c'era bisogno di portarmi in un posto celato agli occhi di tutti e tanto proibito. », punta nell'orgoglio di chi assolutamente non cederà, pur essendo realmente curiosa di sapere - e non solo in quanto caratteristica spiccatamente Corvonero, sempre alla ricerca di nuove informazioni e conoscenze - Artemis subito ribatte: «Non è la prima volta che finiamo da soli in un posto celato agli occhi di tutti. Ma nonostante questo..», inarca le sopracciglia, riferendosi al loro particolare incontro nella banca dei maghi, la Gringott, quando sono rimasti intrappolati nei corridoi delle camere blindate per un blocco dei sistemi di trasporto interni. Ci incontriamo sempre in situazioni tutto fuorché normali. Non è vero, Sam? «..Ti ho mai fatto credere di avere intenzioni sorprendentemente ambigue?», è con un tono quasi perentorio che lo domanda, Artemis. Eppure l'istante successivo sgrana gli occhi azzurri in un'espressione che è il contrario dell'innocenza, poggiandosi con le spalle al muro e attendendo che la distanza tra loro venga ridotta - forse proprio perché ha intenzioni sorprendentemente ambigue. Chi lo sa. « Chiedi. Se vuoi sapere, suo malgrado si trova di fronte ad un bivio che non lascia spazio a strade parallele alternative, come potrebbero essere invece le cinque linee di un pentagramma musicale. O chiedere, o semplicemente immaginare cosa abbia portato Sam a recarsi nella Sala Comune Corvonero. «Voglio sapere.», taglia corto. Solleva lo sguardo in quello così intenso di lui. «Quindi?», quasi con una punta di impazienza, si ritrova a picchiettare insistentemente il dito indice sul tavolo che ha di fronte e al quale si è pian piano avvicinata - in parte per cercare un punto d'appoggio, in parte per una sorta di malsano effetto calamita. Nei riguardi di chi, poi, è abbastanza semplice indovinarlo. Attende il racconto di lui, ed è successivamente lei stessa che attacca con una confessione che non avrebbe mai pensato di arrivare a fargli, tanto riservata com'è su certi argomenti. Che poi non sia affatto una persona riservata, Artemis, e che quel suo continuo tacere sia dettato da un obbligo magico, è un altro discorso. « Prima volevo metterti alla prova, volevo metterti sottopressione, lanciandoti in un'ipotetica fossa piena di leoni e volevo sapere cosa ne pensassi. Di tutta questa storia, di Inverness, di me. », sta per aprir bocca, la bionda, ma si ritrova a boccheggiare mentre Sam continua il discorso, chiedendosi perché il Serpeverde si interroghi su cosa possa mai pensare lei di lui. Sai già che non ti do più addosso per la storia di Melanie. Non che non ci sia rimasta male, però.. In effetti avevamo quanto, diciassette anni? Era ormai tempo di superarla.. « Volevo sapere se pensavi anche tu che sono una persona orribile, così come mi dipingono la Gazzetta e il Mondo Magico da qualche settimana a questa parte. Il fatto che tu abbia accettato di essere mia ospite poteva essere di certo un indizio ma un conto è supporlo, un conto è sentirlo dalla tua bocca. », oh. Comprende, da quelle specifiche, che Sam si riferisse non tanto ad un pensiero generico quanto ad un'opinione sempre relazionata ai recenti avvenimenti.
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    «Certo che lo penso anch'io. Sei un ragazzo orribile e tremendamente fastidioso. Ho serie difficoltà a comprendere come le persone che ti stanno costantemente intorno possano sopportarti e -», deve trattenere una risata, perché sta mentendo spudoratamente, in modo così plateale che risulta impossibile persino a lei stessa credere, anche solo per un istante, alle proprie parole, «- mi chiedo anche..», lo vede che si avvicina e un brivido corre rapido lungo la schiena. Sta per Schiantarmi dopo quello che ho detto oppure...? «Mi chiedo anche -», come tu possa essere così dannatamente sexy mentre ti avvicini nella mia direzione, cosa che non ti rivelerò mai neanche dovessero torturarmi ripetutamente con un Crucio, «.. perché mai ti abbia ringraziato per avermi ospitata..?», lo dice quasi in forma di domanda, letteralmente incapace di tenere in piedi il teatrino un secondo di più. «Sam..», sgrana ancora una volta gli occhi. E' consapevole lui sappia che stia scherzando - glielo legge nel sorriso sotto i baffi che trattiene -, ma è anche consapevole di quel velo di... Malinconia che gli legge nelle espressioni del viso. Melanchonia... Un'emozione che Misty credeva fosse propria, così come il famoso nickname su Wiztify - l'ennesima delle avventure che li ha, in qualche modo, coinvolti insieme - ma che forse non lo è più. Non soltanto, almeno. «Adesso lo sai. Certo.. Non nego che in primo luogo l'ho fatto per una questione personale e.. Puramente egoistica.», avevo bisogno di fuggire, avevo bisogno di tempo e... E' successo tutto così in fretta. "Rinchiudersi" nel territorio di Inverness mi è sembrata la soluzione migliore per impedire ad Hector e agli altri di controllarmi. «Però ci credo veramente, adesso. Per quanto possa valere questa confessione.», il discorso di Beatrice quella sera, la consapevolezza delle Logge di nuovo tra noi, tutta la solfa che ho raccontato a Conrad... Non era solo una favola. L'ho detto perché lo penso. «E tu..», forse qui viene la parte più difficile. «Non hai vacillato un secondo quando si è trattato di aiutarmi.», e penso che questo valga più di tutto il resto. Non ho mai trovato una forma di.. Lealtà - se così si può chiamare - del genere, in un'altra persona. Neanche in mio fratello Hades, che pur provando incondizionato affetto nei miei confronti è parimenti tormentato da un "sincero" legame agli Hikesioi e ad Hector. « Non è ancora finita, non ha un titolo, ma l'ho composta questi giorni. », è ancora una volta la musica a subentrare nella loro dinamica. Chiude gli occhi e ascolta, lasciandosi trasportare dalle note e dalla voce cui Sam ha appena accennato. Finché non lo sente dietro di sé, il mento poggiato sulla propria spalla, il calore del suo petto a contatto con la propria schiena. Si lascia sfuggire un sospiro. Vorrebbe liberarsi di quell'intimità e al contempo lasciarla esplodere, Artemis. Sa quanto sia profondamente sbagliato legarsi ad una persona, soprattutto nelle proprie condizioni, a prescindere che si tratti di un legame unicamente fisico o anche mentale. Eppure non accenna a scostarsi, rimane semplicemente lì, cullata da quell'abbraccio e da quelle note. «Kissed by fire.», commenta. E' il titolo che propone. Forse perché quel ritmo le ricorda il fuoco Targaryen e la regina dei draghi. Forse perché lei stessa si sente baciata dal fuoco, in quel momento. O forse perché vorrebbe esserlo. Baciata. « Io non lo so cosa c'era di vero in quello sconclusionato discorso che mi hai fatto al Tom. So però che c'è qualcosa del tuo passato che non riesci a lasciare e che ti potrebbe fare effettivamente tanta paura da chiedermi di obliviarti, così, su due piedi. Se ti ho aiutato anche soltanto in minima parte a vivere il presente senza sentire il bisogno di scappare, posso ritenermi soddisfatto. », le mani di Artemis vengono sfiorate da quelle di Sam, che la indirizza a girarsi nella sua direzione. Adesso sono faccia a faccia e non c'è distanza che tenga. Può sentirne il respiro, Artemis, distintamente, nonostante la traccia non sia ancora conclusa. Può sentirne quasi il battito. Stanno ballando, ma lei non capisce più niente. E' a metà strada tra la serenità ed il più profondo turbamento. E vorrebbe dirgli tutto, vorrebbe dannatamente confessargli tutto, ma non riesce a trovare un modo che non preveda sacrificare la propria stessa vita. L'unica è che lo scopra accidentalmente. Potrebbe lasciare incustodito un biglietto, Artemis... O qualcosa del genere... Continua a ragionare, prima che Sam concluda il discorso: « Non voglio che ti senta costretta a parlarmene, non c'è bisogno, non è questo che voglio - ma voglio che tu sappia che qui sei davvero al sicuro, Misty. Qui non possono arrivare, nessuno che tu non voglia. » «Non mi sento affatto costretta a parlartene. E' il contrario. Sono obbligata a non parlarne..», lo incalza subito. «E sì, so che sono al sicuro, ma non.. Non durerà per -», deve necessariamente interrompersi. Le sue labbra vengono bloccate da quelle di Sam. E' di sorpresa, la sua prima reazione, tanto che spalanca gli occhi nella sua direzione - uno sguardo interrogativo che subito si piega al desiderio che emerge dirompente. Schiude le labbra, rispondendo a quel bacio con la stessa fame, le mani già avvinghiate al collo di Sam nella posizione da lui imposta poc'anzi - posizione che Misty non ha affatto accennato a modificare. Quando si staccano per respirare è lei a prendere in mano la situazione, quasi aggredendolo con un altro bacio che sa di necessità impellente, di attesa, di limiti invalicabili che, tuttavia, la bionda sceglie deliberatamente di ignorare. Vuole mettersi nei guai, vuole quell'istante di libertà, vuole assaporare tutto, vuole drogarsi del presente che minaccia di sfuggirle di mano a breve. Perché tra poco compirà gli anni, Artemis. E il tempo a sua disposizione si frammenterà sempre di più. Si interrompe solo per sussurrare: «Chi è che aveva intenzioni sorprendentemente ambigue, dunque?», domanda, mettendosi a sedere con un saltello sul tavolo ormai alle sue spalle. Avvolge i fianchi a quelli di Sam, questa volta baciandolo con delicatezza, le labbra che lo sfiorano e basta, ritraendosi l'istante successivo, quasi in una gara a chi cederà per primo. Una gara che Artemis si sente di voler giocare ad armi impari, sfilando lentamente la maglietta e rimanendo in intimo. L'imbarazzo che prova - frutto della precedente esperienza con lui vissuta, seppur inconsapevolmente poiché sotto l'effetto degli stupefacenti e degli alcolici delle Dionisie - è rapidamente superato quando ricorda l'irruenza di prima nello sguardo di lui. Sfilerebbe anche il reggiseno, ma una voce alle sue spalle la congela letteralmente. « Trovatevi una stanza, per Morgana, c'è chi vorrebbe stud- », si volta e individua un ragazzo, che subito arrossisce quando nota la... scompostezza di Artemis. Questo provoca la stessa reazione in lei. Diventa di fuoco, ma la sua mano è ben salda intorno alla bacchetta. La punta nella direzione del passaggio segreto e, semplicemente, evoca un: «Colloportus.», per poi tornare a fronteggiare Sam, mordendosi il labbro inferiore. Un sentimento di confusione la avviluppa. La ragione le suggerisce di raffreddare gli animi, di lasciar perdere e ringraziare quella interruzione. Ciò che vuole veramente, tuttavia.. Artemis lo esprime scostando le gambe e assumendo l'espressione di chi vorrebbe fatto di tutto.
     
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    «Voglio sapere. Quindi?» Lo fa sorridere il suo non chiedere apertamente ma limitarsi soltanto al minimo indispensabile per fargli capire cos'è che veramente vuole. Sapere. La guarda tronfio, sorridendo neanche troppo velatamente mentre prende a passeggiarle di fronte. « Vediamo..non è che ricordi chissà quanto bene. » Prende a dire, sogghignando nell'allungare il tempo della sua risposta, quella risposta che sembra aspettare con impazienza. « La conoscenza biblica di questa torre l'ho fatta grazie ad Eddy King e al suo gioco incredibilmente divertente di una Sala Comune aperta a sera. Ho dormito un sacco di volte nella camera 18 del dormitorio femminile, era diventata la mia preferita perché chiunque vi dormisse prima aveva lasciato un cuscino massaggiante che era un toccasana. » Raggruppa le dita di fronte alla bocca prima di baciarle in un enfatico chef's kiss. E' a quel punto che fa ricadere gli occhi grigi in quelli di lei. Allarga appena il sorriso, sardonico. « Ma forse questo non ti interessa più di tanto, dico bene? » Vuoi altro. La incalza facendo un passo nella sua direzione, guardandola dall'alto. Poi scuote la testa, addolcendo i lineamenti e riempendo le guance. Non proseguirà oltre, un tempo sbruffone e rincoglionito com'era, di certo l'avrebbe fatto, ma non ora. Non quando il solo pensiero gli sembra di così pessimo gusto, a lui che da ragazzino aveva addirittura un'agenda usata come classifica personale delle proprie conquiste. Cielo ero proprio una persona orribile. Cambia quindi discorso, andando a toccare corde che più gli interessano, lidi che più vuole esplorare per capire quale sia il vero pensiero dentro l'enigmatica mente di Artemis Ayres. «Certo che lo penso anch'io. Sei un ragazzo orribile e tremendamente fastidioso. Ho serie difficoltà a comprendere come le persone che ti stanno costantemente intorno possano sopportarti e -» Si ritrova a ridacchiare del teatrino che la bionda inscena, credibile quanto lo sarebbe lui come professore di Pozioni. Cerca comunque di mantenere un certo contegno mentre aspetta che lei finisca la frase in sospeso. «Adesso lo sai. Certo.. Non nego che in primo luogo l'ho fatto per una questione personale e.. Puramente egoistica. Però ci credo veramente, adesso. Per quanto possa valere questa confessione.» Si accorge solo in quel momento di quanto quelle parole gli facciano fare un respiro di sollievo. Non che abbia mai pensato che Misty potesse essere una spia in casa, questo no, ma saperla effettivamente convinta, consapevole e non una semplice spettatrice degli eventi che le si susseguono intorno lo porta ad aprire le labbra in un sorriso mesto. «E tu..Non hai vacillato un secondo quando si è trattato di aiutarmi.» Aggiungere un "Ma figurati, era il minimo" gli appare superfluo e quindi risponde giusto con una scrollata di spalle, ancora effettivamente poco maturo quando si tratta di dover parlare a cuore aperto, di certi argomenti che un tempo gli creava pruriti nei posti più assurdi e ora lo lasciano senza effettivamente qualcosa d'intelligente e sagace da dire. Così mette in mezzo altro, mette in mezzo la musica che forse è sempre stato un veicolo migliore per parlare senza parlare veramente. «Kissed by fire.» Piega le labbra in una smorfia divertita. Per il ritmo incalzante, di certo un inno alla casata Targaryen potrebbe starci. Ma non è per questo che sorride. Sorride perché si ritrova a domandarsi se non vi sia un'implicita richiesta da parte sua. Di essere baciata dal fuoco. Di essere baciata e basta. «Non mi sento affatto costretta a parlartene. E' il contrario. Sono obbligata a non parlarne..E sì, so che sono al sicuro, ma non.. Non durerà per -» Non vuole sapere altro, non vuole che lei si riempia di nuovo la mente di quegli interrogativi che l'angosciano a tal punto da preferire il rimanere lì piuttosto che tornare a casa dalla sua famiglia. Così la bacia, assecondando il bisogno viscerale che ha sentito dal momento in cui sono rimasti da soli in quella stanzetta. E da un bacio diventano due e tre e quattro, tanto da perdere il conto, con la foga che lo porta a stringerle il viso tra le mani come a volerla respingere ma allo stesso tempo stringere ancora di più a sé, per non permetterle di sfuggirgli tra le dita. «Chi è che aveva intenzioni sorprendentemente ambigue, dunque?» Una luce sinistra, che dice tutto, gli scintilla negli occhi in risposta. « Sempre te, a ben vedere. » Un sorrisetto di scherno gli si profila sul volto prima di rimanere a guardarla in silenzio, con le iridi grigie che seguono i suoi movimenti mentre si libera della maglietta con estrema lentezza. Il pomo d'Adamo si abbassa e gli occhi diventano quasi più scuri per l'intensità. Se potessero parlare decanterebbero di certo la voglia bruciante di farla sua in ogni modo possibile, sopra ogni centimetro di quella stanzetta segreta, contro ogni muro. Di volerla sentire urlare tanto da farsi sentire dalla sala adiacente. Un brivido d'eccitazione gli corre lungo la schiena e gli rende evidente la presenza sempre più ostinata tra le gambe. « Il Cappello ha proprio sbagliato con te. » Si ritrova a sussurrare, o forse più ringhiare. Sei una fottuta Serpe. Glielo direbbe, mentre si avvicina a lei come un rapace che ha puntato la sua preda e che non ha alcuna intenzione di lasciarla andare, quando un ragazzino interrompe il tutto. Lo fissa da sopra la spalla della bionda e lascia che un sorrisetto eloquente parli per lui. «Colloportus.» Ci pensa Artemis a passare all'azione, chiudendo la porta in faccia al sapientone dalla tanta voglia di studio. E ora lo guarda, dischiudendo le gambe in maniera fin troppo espressiva. « Chiedi. » Le dice allora, guardandola dall'alto con un'espressione scura in volto che lascia ben poco all'immaginazione. Chiedimi cosa vuoi che ti faccia. Si passa la lingua tra le labbra, improvvisamente secche, mentre lascia scivolare le mani sulle cosce di lei, insopportabilmente fasciate dai jeans. Dettagliatamente. Si fa sempre più vicino, lasciando che il viso si avvicina sempre di più a lei per poi trovare il suo posto nell'incavo del collo. Prende a baciarglielo, con una lentezza quasi masochistica. Ne tratteggia i confini fino alla spalla, portandole i capelli all'indietro. Altrimenti vado ad intuito. L'eco di una risata nella sua voce bassa e graffiata dall'eccitazione. Per capire cos'è che ti piace veramente. Glielo sussurra contro il lobo dell'orecchio, per poi prenderlo tra le labbra, giocandovi con esse. La mano destra risale il corpo, carezzandole la pancia prima di staccarsi per poterla guardare negli occhi. Le dita si allungano allora verso di lei ed il medio a staccarsi dagli altri, facendosi audace nel muoversi sulla parte alta dei suoi seni, quella lasciata scoperta dal reggiseno. Da sopra il seno sinistro procede lentamente verso l'altro, ben attento a non abbassare mai lo sguardo da quello di lei. Questo? Le domanda. Ti piace? Sorride rifacendosi nuovamente vicino, scostando le gambe di lei mentre è l'indice ora a toccarla, risalendo il collo per poi soffermarsi sotto il mento. Lo carezza, invitandola poi a rivolgersi verso di lui, inclinandole il viso verso l'alto prima di baciarla. Un qualcosa di terribilmente profondo e studiato, che si prende i suoi tempi prima di tingersi di una velata sfumatura di irruenza e impazienza. E' allora che si stacca, quel tanto che basta per poggiare sulle sue labbra l'indice. E questo? Le saggia, da parte a parte, beandosi della loro morbidezza prima di insinuarsi oltre. Il contatto con la sua lingua gli provoca un'ondata di calore che gli fa stringere la presa dell'altra mano sulla coscia. Vorrebbe scoparsela,
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    subito. Ma l'attesa è il gioco in cui ha deciso di trascinare entrambi perciò si concentra. E anche il medio si fa spazio tra le sue labbra. costringendosi masochisticamente allo sciogliersi interiore di quella voglia che ha di lei. Quando sono abbastanza bagnate, le lascia scivolare oltre il bordo dei pantaloni, fin sotto l'intimo, alla ricerca del vero piacere. Entra dentro di lei guardandola negli occhi, con calcolata calma e sorride sghembo nell'ottenere la reazione sperata. E invece questo? Il calore lo avvolge ancora una volta, offuscandogli i pensieri e così va alla ricerca delle sue labbra per lasciarvici sopra un gemito roco. La bacia mentre spinge le dita in profondità, lasciandosi tentare dal caldo che ormai permea l'aria. Mi fermo o posso continuare? Chiede a fior di labbra, tra un bacio e l'altro e senza aspettare oltre, le dita già sono pronte a strappare via sia i pantaloni che l'intimo, lasciandoli ricadere sul tavolo, di fianco a lei. Le stesse dite che le risalgono le gambe nude, beandosi dei brividi che incontrano lungo il loro passaggio, e vi accompagna le labbra che prendono a scendere dal ginocchio verso l'interno delle cosce. Poi si mette in ginocchio tra le sue gambe e le sorride dal basso, come un fedele che venera una dea. Si avventa sulla sua pelle con slancio, con le dita che imprimono il loro passaggio sulle cosce, tenendo ben salda la presa, e la lingua che si muove minuziosamente su di lei. Un solo obiettivo è ormai chiaro nella testa dello Scamander, unico bagliore ancora visibile in mezzo alle tenebre lussureggianti che l'hanno preso. Vuole farla venire, vuole sentirla venire, vuole il sapore di lei sulle proprie labbra e vuole sentire le sue gambe tremargli contro finché non la minaccino di non reggerla più. E così continua, con foga, intermezzando momenti in cui tutta la concentrazione è sul darle piacere a momenti in cui gli occhi hanno bisogno di fissarsi in quelli di lei, mentre le dita stuzzicano un capezzolo per poi stringere con fermezza l'intero seno. Geme allora Sam, contro la pelle di lei, un rumore roco, baritonale, che arriva chissà da dove. Ti piace? Posso continuare?, le chiede con un velo di scherno nella voce, mentre entra nuovamente in lei con le dita e coadiuva i movimenti leccando ogni centimetro della sua pelle. E' quando avverte i primi tremori partire dalle gambe avvolte intorno alle sue spalle, la mano sul seno si sposta sulle labbra di lei, tappandogliela all'istante, perché per quanto vorrebbe sentirla urlare, urlare il suo nome e tutto il suo piacere, è certo sia meglio almeno mantenere una parvenza di discrezione. Accoglie così il suo orgasmo, tra dita e labbra, con la faccia rilassata e compiaciuta di chi ha portato a termine una missione con brillanti risultati. Si rialza con uno scatto atletico e si guarda intorno, con fare teatrale. « Proprio carina questa stanzetta. » Dice divertito. « Appagante, oserei dire. » Il tono canzonatorio precede il sorriso che le rivolge un istante dopo. « Davvero ottimo! Ma ora veniamo a noi, signorina Ayres. E' abbastanza in forze per continuare con il resto del tour della torre? » La luce nei suoi occhi è brillante mentre si comporta come niente fosse. « Mi faccia pure strada. »
     
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