[Monofobia]

"paura della solitudine e di stare soli"

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +1    
     
    .
    Avatar

    😈
    ★★★

    Group
    Member
    Posts
    344
    Reputation
    0

    Status
    Anonymes!
    L'ennesima gocciolina d'acqua precipita sul fondo del lavandino. Plic: il suo rumore rimbomba nel silenzio tombale di quell'ufficio desolato. Un solo uomo lo occupa -invero- ma è così immobile, così silenzioso, da sembrare addirittura farvi parte. Tarrant Crouch è seduto per terra ormai da giorni, la schiena poggiata contro il materasso del letto sfatto. Tutt'attorno a lui, carcasse di bottiglie ormai vuote occupano il pavimento. E' ubriaco, Tarrant, così come lo è stato da alcuni giorni a questa parte. Ma poco gli importa. Per un certo periodo, Terry aveva smesso di bere. La cura farmacologica andava bene, e quelle dannate voci dentro la sua testa, fino a non molti mesi fa, sembravano essersi affievolite. Era soddisfatto del suo lavoro, così come della sua nuova casa: Hogwarts. Era lì infatti, tra le mura di quel castello, che Terry sentiva di essere rinato. A piccoli passi, un poco per volta. Era stata Pervinca ad aiutarlo, tre anni fa, o poco più. L'aveva raccolto quando si era trovato perso, smarrito in un mondo nuovo al quale sembrava non appartenere. Lei c'era stata. Lei c'è sempre stata, pensa, strofinandosi gli occhi con le mani. Un ricciolo ribelle tra i capelli spettinati a coprirgli la fronte. Sono io l'amico di merda. Ma forse, dopotutto, è meglio così. Meglio starle lontano, quando non è più sicuro di cosa potrebbe esser capace di farle. A lei, come a chiunque altro. La tua scusa qual è? Quando toglievi le vite senza scrupoli, senza un vero motivo se non quella cieca devozione ad un essere ignobile? Quelle parole sono ormai un mantra, dentro la sua testa. Gli rimbombano dentro, così come lo fa la visione ancora vivida e concreta di una Pervinca adirata. Delusa. Sospira. « Per quanto ancora hai intenzione di piangerti addosso? » Una voce alle sue spalle spezza il silenzio. Perchè in fondo, nonostante stia cercando in ogni maniera di illudersi del contrario, Terry in quell'ufficio non è solo affatto. Scuote la testa, un'espressione insofferente sul volto stanco ed emaciato: non dorme da giorni ormai. Non ci voglio parlare con te. « Andiamo, vabene la morte del ragazzino, posso anche capirlo. Ma la professoressa? Davvero? Ci ho parlato per due minuti e già volevo strangolarla. E' matta, Terry. Non ti fa bene, lo vuoi capire? » « Perchè, tu sì? » Da quando sei apparso, la mia vita sta andando a puttane cazzo. « Oh sì, perchè prima era proprio una meraviglia, hai ragione. Sei un alcolizzato di quarantatre anni con almeno dieci gatti. I tuoi studenti non hanno il minimo rispetto per te ed hai una cotta per una donna -lycan, zitella e con già tre figli a carico- che probabilmente ti reputa omosess- » « NON PARLARE COSI' DI LEI! » La bottiglia che tiene in mano esplode di colpo in mille pezzi. Sobbalza, Terry, mentre alcune schegge si conficcano tra le sue dita. E la visione del sangue che gli sporca le mani, si rende conto con terrore, appare ai suoi occhi come dannatamente familiare. Rabbrividisce, prendendo a dondolare su sè stesso. Sono una brava persona, sono una brava persona, sono una brava persona...

    « Professore! » La riconosce subito, quella voce. « E' da un po' che non la si vedeva in giro. Sta bene? » Clementine Delauney, Grifondoro del sesto anno, lo osserva aldilà di quei suoi occhi azzurri come il ghiaccio. Una ragazza particolare, Clementine. Con un passato non proprio roseo alle spalle, fatto di genitori tossicodipendenti ed adozioni andate male, ci ha messo un po', Terry, per riuscire a comunicarci negli ultimi tre anni. « Signorina Delauney » Borbotta l'uomo, forzando un sorriso. E' da un paio di giorni, ormai, che sta tentando di..beh, tornare alla vita. D'altra parte, è sempre stato un tipo vergognosamente ottimista, Crouch, -da che ne abbia memoria- e quello stato comatoso dal quale sta lentamente uscendo fuori, non gli è garbato affatto. « Nulla di che preoccuparsi, soltanto una fastidiosa influenza » « Oh.. peccato » un broncio solca le labbra a forma di cuore della giovane « Avevo scommesso con gli altri le fosse venuto un ictus. Però in effetti non ha una gran bella cera.. Magari domani muore » Clementine si stringe nelle spalle, balzando giù dal tavolo dove era seduta, le gambe penzoloni. « ..Grazie Clementine, sempre molto gentile.. » Mormora l'uomo di rimando, trattenendo tuttavia una risata. Ha sempre ammirato il suo modo di fare. Nonostante tutto, ed in un mondo che di risate sembra suscitarne ben poche, infatti, Clementine Delauney riesce sempre a scherzare, in un modo o nell'altro. « Piuttosto, avete tenuto in vita le vostre Mimbulus mimbletonia, in questo tempo? » « Non può chiamarle molto più semplicemente piante grasse? Sembra il nome di una malattia esantematica, cazzo » « Linguaggio.. » Clementine sbuffa, poi si avvicina, chinandosi sulle ginocchia. « Che sta facendo? » Domanda, curiosa. « Sono per Jackson » Annuncia l'uomo, un alone di tristezza sul viso stanco. Tra le sue dita, le corolle di alcuni rigogliosi gigli inondano di profumo l'intera serra. « Vado a trovarlo, questa sera » La Grifondoro rimane in silenzio per qualche istante, poi sospira. « Gliene porti uno anche per me, okay? Era un rompipalle, ma era un tipo a posto. » Terry annuisce, forzandosi in un sorriso « Un po' come lei, insomma! » « Clementine! » Ride, la ragazza, balzando di nuovo in piedi e trotterellando verso l'uscita. « Ci si vede domani, prof! Ah! So che lei è un rincoglionito e sicuramente non se ne è nemmeno accorto, ma io quei girasoli sul retro non me li lascerei scappare! » « Eh? » Girasoli? « Magari è la volta buona che regalandoli a qualche signorina gliela smollano a sto giro! » « C-Clementineeeeeeeeee! »
    ZrCflBH
    Ad ogni modo, e del tutto inaspettatamente, Clementine Delauney aveva ragione: sul retro della serra, nascosti da un enorme esemplare di agave, vi erano davvero, dei girasoli. Cinque, per la precisione. Terry non ci avrebbe scommesso un euro, sulla loro fioritura. D'altronde li aveva piantati mesi e mesi fa, ed il clima piovoso dell'Inghilterra -nonostante tutti i suoi tentativi- non era di certo l'ideale per la loro crescita. Eppure adesso erano lì. Di un giallo acceso che difficilmente sarebbe passato inosservato, con dei petali grandi e prosperosi. Erano bellissimi. Tanto belli da farlo svegliare. Per questo motivo, Tarrant Crouch, quel pomeriggio, dopo la visita a Jackson, aveva deciso di provarci. Con un improvvisato -ma meraviglioso a guardarsi (in fondo, che sia un asso almeno nell'arte botanica, non vi è dubbio ad oggi!) mazzo di girasoli in una mano ed un pacchetto nell'altra, Terry aveva deciso di recarsi lì. Nello stesso posto dove tutto aveva avuto inizio. O fine. La torre di Divinazione, il suo ufficio. « Ti ucciderà » « Fa' silenzio »
    Respira a fondo, le mani -ancora bendate- che gli tremano un po'. « Ehiiilàà » Farfuglia allora, addentrandosi dentro il pittoresco salone con passo esitante. La trova di nuovo lì, alla sua scrivania, come un paio di settimane -o forse poco più- fa. Deglutisce a fatica. « C-come stai? » Domanda « Posso.. - Posso entrare? » Azzarda un altro passo, rimanendo comunque sulla porta. A quel punto, alza il mazzo di fiori. « T-ti ho portato questi. Girasoli in Scozia, ci credi? Ahaha - » Tossicchia « Ah. .. - Uhm, mi hanno fatto pensare a te. .. - E poi tra qualche giorno è il nostro anniversario! » « Dio, ti sei segnato anche quando vi siete conosciuti? » Serra la mascella e scuote la testa. « ... Duuuunque dunque... - C'è un buon profumo, qui. Hai usato quell'incenso nuovo allo zenzero e lime? » Un'altra risatina nervosa, prima di guardarla, probabilmente per la prima volta da quando ha messo piede lì dentro. Esita, per svariati minuti, poi sospira. « So che ce l'hai a morte con me e che sono un amico di merda. Ma volevo.. - Sì volevo solo.. - » Si mordicchia l'interno della guancia « Posso restare un po' qui? Puoi anche ignorarmi eh!! - Voglio solo.. - Sì insomma voglio solo stare un po'.. I-insomma qui.. Sì. - Con te. » Mi manchi tanto Pervy.
     
    .
  2.     +1    
     
    .
    Avatar

    Member
    ★★★

    Group
    Member
    Posts
    152
    Reputation
    0

    Status
    Waiting!
    L'umore della lycan, lentamente, sembra andare trovando una sua specifica forma di equilibrio. Forse perché le ha stato cambiato il dosaggio di litio, forse perché veramente il tempo è una cura universale, forse perché si è semplicemente abituata, com'è nella natura umana, anche alla peggiore delle sensazioni. Non è decisamente nella sua natura, arrendersi ai fatti, esattamente così come stanno, così come non le vanno giù, così come le appaiono fuori posto. Eppure per una volta, l'istinto di sopravvivenza, quello che le chiede a gran voce di lasciar correre, di lasciare perdere, di ritagliarsi un po' di pace in quel marasma emotivo che l'ha colta, ha la meglio venendo effettivamente ascoltato. Così torna a vivere, tra una lezione di Divinazione e una di Demonologia, per cui ha scoperto una recente passione sfruttandola per intrecciarla alle sue abilità chiaroveggenti. Sorride più spesso - che siano sorrisi sinceri e veri non è dato saperlo -, passa molto tempo con i suoi figli, fregandosene ora di apparire ai loro occhi troppo appiccicosa, lo fa e basta, di sera si rifugia spesso nella rimessa di Erin, tra incensi, sessioni di sparlaggio selvaggio, gelato a gogo. Si interessa ancora poco all'organizzazione dei Ribelli, limitandosi all'essenziale, camminando rasente il muro, facendo comunque il proprio, cercando di rimanere un punto fondamentale per i ragazzi della sua casata e per qualsiasi altro studente ne avesse bisogno. L'unico tassello che non è tornato al suo posto, volente o nolente, è Terry. E' un pezzo mancante, l'ha percepito soprattutto i primi giorni, quando vedeva, sentiva, veniva a sapere qualcosa e la prima persona da cui voleva correre a dirlo era proprio lui. Quando si ritrovava a fare una battuta per poi cercarlo intorno a sé, per vedere se faceva ridere anche lui. Quando gli parlava, per quegli istanti di sovrappensiero in cui non ricordava di essere ancora incazzata come una furia, e lui non era nemmeno nella stanza. Poi lo scorrere del tempo ha coperto con la sua placida coltre anche quella malinconia inconscia, facendo sì che si abituasse anche a quel buco che la sua mancanza ha creato nella sua vita.
    « Ti fai un giro con me? » Batte il mazzo di tarocchi sulla superficie di legno prima di lanciare un'occhiata alla gatta che se ne sta appisolata sulla sua poltrona. « Certo Pervinca tesoro, mi va tantissimo. » Mima una voce nasale, quanto più vicina al ricordo che ha di quella di sua nonna. La gatta miagola e la bionda sorride, continuando a mescolare le carte affinché assorbano la propria aura. E' più di qualche mese che non si fa un'attenta lettura e quella sera ha proprio bisogno di sapere. E' infatti animata da una certa impazienza riguardo domande che sente di avere ma a cui non riesce a dare una vera e propria forma. Forse dovrei calmarmi un po' prima. Si ritrova a pensare, sapendo bene quanto le carte siano influenzabili e quanto diventino instabili alla minima contaminazione esterna, specie alla frenesia del Consultante. Per questo le lascia andare sul tavolo e si scosta da esso per posare le mani sopra le ginocchia e socchiudere gli occhi. Si concentra, alla ricerca dell'equilibrio interiore che solitamente riesce a raggiungere grazie alla meditazione pre lettura. « Ehiiilàà » Oh porca troia. Sobbalza appena, spalancando gli occhi di scatto per fissarli sulla figura di Terry. « C-come stai? Posso.. - Posso entrare? » « Non hai ancora imparato a bussare, noto con piacere. » Le labbra non si piegano in un sorriso solo perché è ancora troppo cocente l'arrabbiatura, ma vorrebbe farlo tanto che un cenno della mano lo invita ad accomodarsi. « T-ti ho portato questi. Girasoli in Scozia, ci credi? Ahaha - Ah. .. - Uhm, mi hanno fatto pensare a te. .. - E poi tra qualche giorno è il nostro anniversario! » Non riesce a tenere a bada la sorpresa che quell'affermazione le provoca. Ti ricordi veramente il giorno in cui ci siamo incontrati. Non dovrebbe essere così stupita, in fondo Tarrant Crouch si è sempre dimostrato profondamente attento ai dettagli, alle piccole cose, effettivamente insignificanti per il resto del mondo. E quella sua piccola attenzione, la bionda lo sa, non è altro che il suo personale ramoscello d'olivo. Vuole fare pace. Ma io lo voglio? Anche se se lo chiede, come a volersi dimostrare distaccata e per nulla toccata, sa quanto lo voglia. E' proprio un figlio di puttana ma mi manca. « Ah sì? Ma pensa. E com'ero vestita? » Riesce a mantenere immobili i propri lineamenti mentre ne mette alla prova la memoria, pronta a prenderlo in fallo. « ... Duuuunque dunque... - C'è un buon profumo, qui. Hai usato quell'incenso nuovo allo zenzero e lime? » Scuote la testa meccanicamente. « Salvia e Palosanto. Per ripulire l'aria dalle cattive vibrazioni. » Se c'è della malizia malevola in quelle parole, non è percepibile. Non sembra una frecciatina quanto più un'evidenza dei fatti tanto calma quanto strana. « Ieri ho usato quello al lime. » Per questo probabilmente ne senti ancora l'odore. Aggiunge, come a volergli dare una piccola soddisfazione e la visuale di un piccolo spiraglio da parte sua. E' allora che lui finalmente la guarda, dopo aver rifuggito il suo sguardo da quando si è
    presentato alla porta. « So che ce l'hai a morte con me e che sono un amico di merda. Ma volevo.. - Sì volevo solo.. - » Gli occhi acquosi della donna lo incalzano ad andare avanti. "Sì?" « Posso restare un po' qui? Puoi anche ignorarmi eh!! - Voglio solo.. - Sì insomma voglio solo stare un po'.. I-insomma qui.. Sì. - Con te. » Arriccia le labbra in una smorfia, lasciando che il proprio viso venga trasfigurato da un sottile strato di indifferenza, arma preferita dall'orgoglio che la divora dall'interno. C'è infatti una lotta dentro di lei, si fronteggiano la parte di sé che vorrebbe semplicemente sorridergli e passare con lui una serata delle loro, dove lei gli racconta le ultime prodezze sotto le lenzuola solo per vederlo arrossire, e la parte che vuole fargliela pagare, che vorrebbe fargli soffrire le pene dell'inferno, che vorrebbe fargli provare il dolore che ha provato lei, che ancora le serpeggia sotto pelle, che vorrebbe vendetta. Il suo lato più oscuro e subdolo, che tiene a bada, spesso a fatica, ma che le sussurra all'orecchio, come un canto di sirena. Abbassa gli occhi verso il mazzo di fiori. Li fissa deglutendo, mentre intorno a loro si forma una cappa di insopportabile silenzio. Poi nota una scatola nell'altra mano. E infine nota proprio le dita. Bendate. Sangue. Ne percepisce il sapore ferroso sulla punta della lingua mentre si domanda cosa gli sia successo. « Hai fatto a botte? » Domanda allora, rialzando gli occhi nei suoi. Di certo non con uno dei nostri, non saresti altrimenti qui, tutto tranquillo e senza altri grossi graffi. O peggio. E' solo allora che alza un angolo delle labbra. « O troppe seghe? » La nota di sarcasmo fluttua tra di loro prima che lei allunghi entrambe le mani verso di lui, chiaro segno che accetta entrambe i presenti. Legge prima il biglietto, assottigliando lo sguardo e scuotendo appena la testa. "Per te, che in mezzo al buio, riesci sempre a trovare un raggio di sole". « Non sono più tanto sicura che sia così. » Commenta borbottando a bassa voce. In fondo è nella leggera foschia mattutina, quella che precede l'alba, che le sembra di vivere in quel periodo. « Però sono davvero belli. Sei stato bravo. » E' dopo aver affondato il naso tra i girasoli per coglierne l'odore che lo fissa rivolgendogli un « Le devo prendere come le tue scuse formali? Sai com'è, non so ancora entrare nella testa degli altri. » Un modo come un altro di capire come stanno effettivamente le cose. « Ti sentivi soltanto solo o ti mancavo davvero? » Glielo chiede fissandolo senza alcuna vergogna, mentre le dita spacchettano la scatolina. E' in attesa di una sua risposta che osserva la sfera di cristallo che rotola tra le sue mani. Un fermacarte ma palesemente anche altro, un altro che conosce abbastanza bene. Il riflesso fugace del mare che vi vede riflesso dentro ne è la prova schiacciante. Un acchiappadesideri. E' allora che si alza, facendo il giro del tavolo per appoggiarvisi poi con il sedere una volta di fronte alla poltroncina dov'è seduto lui. Lo guarda a braccia conserte prima di posare sul tavolo, davanti ai suoi occhi, l'oggetto che le è stato appena regalato. « Ti senti ancora perso e smarrito? » Potrebbe aiutarti sapere di cosa hai bisogno veramente. Cos'è che desideri veramente, Terry? « Ti serve una bussola. Sta a te. »
     
    .
  3.     +1    
     
    .
    Avatar

    😈
    ★★★

    Group
    Member
    Posts
    344
    Reputation
    0

    Status
    Anonymes!
    « Ah sì? Ma pensa. E com'ero vestita? » La voce della donna rompe un silenzio fin troppo opprimente. Alza lo sguardo di scatto, Tarrant, un'espressione terrorizzata sul viso contrito. « C-cosa? » Si ritrova a farfugliare, come d'istinto. Fin troppo preso a ricordarsi di respirare, infatti, tanta è la tensione che sta provando in questo momento, ci impiega qualche istante in più nell'assimilare quella domanda. « Eri vestita.. - » Com'eri vestita? Un ricordo quello, che sarebbe a dir poco elementare estrapolare dalla sua mente. D'altra parte, nonostante, beh.. Il non ricordarsi assolutamente nulla del suo passato, Tarrant Crouch è sempre stato dotato di una memoria ed un'attenzione ai particolari assai fuori dal comune. Memoria eidetica, la chiamano. Vuol dire che se solo volesse, Terry sarebbe capace di enumerare una ad una le parole lette in una pagina di giornale più di un mese prima, compreso di punteggiature, virgole, grassetti e corsivi. Al momento, tuttavia, l'agitazione gioca un ruolo fondamentale nel suo ricordare. L'espressione atona dell'amica, infatti, lo rende nervoso. Perchè non sa cosa aspettarsi, Terry, e questo non gli piace. Mentre rimane paralizzato lì, a respirare velocemente come un uccellino di fronte al suo predatore, si domanda come diavolo abbiano fatto ad arrivare a..Questo. Che cavolo Terry.. E' Pervinca! Pervinca! La stessa Pervinca che piange di fronte a film come Grease (anche se beh, quello lo fai anche tu). E - e poi, e poi!! E' anche la stessa che ha mollato una testata sul naso a quel tipo dei Tre Manici solo perchè ti aveva dato del ritardato (anche se esprimere la propria opinione è importante). Sì beh INSOMMA. Non ti farebbe mai del male, che diamine. Come tu non lo faresti a lei. ..Già. Eppure lui, del male, glielo ha fatto. Lo ha sentito, proprio nella sua testa, tutto il suo dolore. Così come ha sentito quell'impulso. Quella voglia di prendere quel dannato pezzo di vetro e colpirla. Scuote la testa, di scatto. « Salvia e Palosanto. Per ripulire l'aria dalle cattive vibrazioni. » E per fortuna la bionda riempie quel silenzio imbarazzante che, di nuovo, è calato tra loro. Tossicchia, Terry, annuendo con fin troppa veemenza. Ovviamente sta parlando di te. Fa per dire qualcosa, ma il disagio è fin troppo, e allora resta così, con la bocca semi chiusa, a fare entrare soltanto aria.
    « Ieri ho usato quello al lime. » Poi, però, avviene qualcosa di strano. Uno spiraglio. Minuscolo, sì, ma pur sempre una fessura aperta su un mondo che sembrava ormai perduto. Il cuore perde due o tre battiti, mentre un grosso sorriso si stampa sul suo volto fino ad ora contrito. « Ecco perchè! » Urlacchia, animato d'improvviso. Come un bambino che ha appena fatto pace con la sua mamma. « Ahm- c-cioè... E' m-molto buono. » Tossicchia « A-anche la Salvia ed il Palosanto, però.. Per le cattive vibrazioni.. - » Di nuovo, cala il silenzio. « - Sì. E' importante.. - liberarsene » Sospira, e di nuovo quella sensazione di magone gli impedisce di respirare. Fin quando non è lei, di nuovo, a spezzare il silenzio. « Hai fatto a botte? » Inarca un sopracciglio, preso alla sprovvista, e solo dopo qualche istante, comprende il perchè di quella domanda. Le sue mani. Si morde l'interno della guancia, a disagio. « Oh... - N-no, no. Mi sono solo.. » « O troppe seghe? » « Ehhhhh? » Uno squittio piuttosto acuto, il suo, mentre le guance si tingono di un rosso improvviso. « Machecosadici. Lo sai che certe cose non le faccio, io. C-cioè solo dopo il matrimonio, i-insomma. Non nel senso che debba essere mia moglie, a farlo. .. Se non vuole. Sì certo la comunicazione è importante sai? - E poi.. - INSOMMA DICEVAMO MI SONO TAGLIATO A LEZIONE! » Se solo non fosse che tu, a lezione, non ci vai da almeno dieci giorni. Genio. Una gocciolina di sudore gelido gli attraversa la fronte. Non vuole che lei sappia la verità. Perchè quella è una verità che non gli piace. Non è da sè. Non la concepisce e per tanto, ha deciso, farà di tutto per ignorarla. Per fortuna, tuttavia, Pervinca sembra ormai distratta. Tra le dita smaltate -ne nota immediatamente due leggermente sbeccate- stringe infatti il suo biglietto.
    6c845630d83f60f4676ade11d8bc7a8e86c5e6ab
    Si mordicchia l'interno della guancia, senza sapere cosa aspettarsi. Se non ci ha ucciso fino ad ora, pensa, forse ho ancora qualche speranza. « Non sono più tanto sicura che sia così. » « Perchè? » Squittisce d'istinto, facendo qualche passo in avanti. Si rende però conto che vorrebbe tanto abbracciarla, e allora si blocca, a distanza. « Certo che è ancora così - » Annuncia. « Mi è... - » Bastato anche solo vederti, per sentirmi meglio. « .. - Sì ecco.. - Ne sono certo. E lo saranno anche i ragazzi » Annuisce, un leggero sospiro, sconfitto, a smuovergli il petto. Perchè non so dirti la verità?
    « Però sono davvero belli. Sei stato bravo. » Un sorriso, sincero, gli distende le labbra. « Le devo prendere come le tue scuse formali? Sai com'è, non so ancora entrare nella testa degli altri. » « Ti assicuro che fa schifo » Specie quando non c'è spazio per..beh, te, nemmeno nella tua, di testa. « Ti sentivi soltanto solo o ti mancavo davvero? » Spalanca gli occhi a quella domanda, preso alla sprovvista un po' per la schiettezza di quest'ultima, un po' per ciò che vuole significare. « M-ma.. Cosa dici! » Squittisce, stranamente animato da una.. Chiamiamola forse intraprendenza -ogni tanto- che assai poco gli appartiene. « Certo che mi mancavi. Sono sempre io.. Terry.. » Borbotta, esitando qualche istante. Sono davvero soltanto io? Terry? Prova a non pensarci. « E tu sei Pervinca. - ...Sì insomma.. Siamo noi. ..No? Lo sai che la mia vita senza di te fa schifo » Ho soltanto te, a questo mondo. Per un attimo sembra voler aggiungere dell'altro, mentre si mordicchia l'interno della guancia, ma alla fine non lo fa davvero. « Ti piace? » Domanda, sporgendosi un po' in avanti, come a voler sbirciare. « Sei sempre un punto di riferimento per chi ti sta attorno.. » Per me « Ho pensato che magari.. - Sì beh ogni tanto servisse anche a te, un piccolo aiutino.. » Io non ne sono stato capace, quando più ne avevi bisogno. Sospira. « Mi dispiace aver rotto l'altro fermacarte... Spero non fosse nulla di importante per te » Farfuglia, decidendo che forse è arrivato il momento di sedersi. « Mi metto qui.. Sì... » Dice, più tra sè e sè che altro, mentre sposta una sedia, causando la caduta di una delle sfere di cristallo riposte sul tavolo. « Oh mannaggia - Annuncia, chinandosi subito per riprenderla. « Puoi smetterla di rischiare di farci ammazzare tutti e due per almeno cinque minuti? » - AH! » Di nuovo, la sfera precipita per terra. « ..Sfere divinatorie, non sai mai cosa possa sbucarci dentro.. Ahahah! - Mi siedo qua. Sì. » La poltrona. La poltrona andrà benissimo. Ma quando è -finalmente- a suo posto, questa volta è Pervinca ad alzarsi. Lo osserva per qualche attimo, poggiata sulla scrivania alle sue spalle, prima di chinarsi verso di lui. Ne analizza ogni particolare, Terry, la bocca semischiusa come capita spesso, quando la guarda. Poi però, quando lei si allontana, facendolo così tornare alla realtà, un oggetto sosta silenzioso tra loro due. L'acchiappadesideri. ...Merda. « Ti senti ancora perso e smarrito? Ti serve una bussola. Sta a te. »
    Paralizzato, resta immobile per qualche istante, dimenticando persino di respirare. « Sta a me.. » Ripete tra sè e sè, lo sguardo -sbarrato- attirato da quell'oggetto come fosse un magnete. E per qualche momento, Terry riesce pure a vedere qualcosa. E' tutto sfocato, assai poco riconoscibile. Caotico, come il caos che c'è dentro di lui. Una donna, girata di spalle. Ha i capelli biondi, lunghi, la fisicità snella. Tutt'attorno a lei è luce. Ma quando sente di stare per riconoscerla, lo scenario cambia. Di colpo si fa buio, opprimente. E nell'ombra, intravede il suo stesso riflesso. Alza gli occhi di scatto, prima che quella visione possa tramutarsi in altro. Prima di scoprire qualcosa che non vorrebbe scoprire. « Io non.. Non credo di volerlo sapere, scusa » Annuisce, nervoso, e solo dopo un po', alza lo sguardo su di lei. Capelli biondi, lunghi, fisicità snella. Tutt'attorno a lei, è luce... « Pervy? » Si sente dire, esitante « Lo pensi davvero? Che io sia un mostro, intendo.. » Le sopracciglia inarcate, la fronte aggrottata. Perchè se sei tu a pensarlo, forse lo sono davvero. « Cos'è successo quella sera? - Io.. Non me lo ricordo. Qualsiasi cosa ti abbia detto però.. Mi dispiace. » Deglutisce a fatica « Io non ti farei mai del male. -..Lo sai, vero? » E tu, Terry? Tu lo sai?
     
    .
  4.     +1    
     
    .
    Avatar

    Member
    ★★★

    Group
    Member
    Posts
    152
    Reputation
    0

    Status
    Waiting!
    « Ehhhhh? Machecosadici. Lo sai che certe cose non le faccio, io. C-cioè solo dopo il matrimonio, i-insomma. Non nel senso che debba essere mia moglie, a farlo. .. Se non vuole. Sì certo la comunicazione è importante sai? - E poi.. - INSOMMA DICEVAMO MI SONO TAGLIATO A LEZIONE! » Ne osserva le movenze, provando un'effettiva vena di contentezza nell'ottenere da lui la reazione desiderata. Le gote rosse, l'imbarazzo evidente che lo fa diventare ancora più un imbranato cronico, l'estrema dolcezza. Eccolo qui il mio Terry, dov'eri finito? Non le sfugge però la bugia che le ha appena raccontato, perché Stan sono giorni che fa lezione con Olympia Potter e mai con lui. Che ti è successo? Glielo vorrebbe chiedere, sta per farlo ma poi si morde la lingua, inaspettatamente. Si risistema giusto un po' meglio sulla poltrona, allungando una mano distrattamente verso la schiena di nonna Edith che, non appena viene toccata, si inarca tutta, cominciando a fare le fusa. « Sì, la comunicazione e il consenso sono importantissimi sotto le lenzuola » commenta sadica, volendo prolungare ancora un po' quel momento. « Ma è altrettanto importante arrivarci preparati..al dopo matrimonio, come dici tu. Di questo passo non ricorderai nemmeno com'è fatto il tuo arnese quando dovrai usarlo. » Alza un sopracciglio, a sottolineare quella per nulla velata constatazione dei fatti. Anche perché veramente vuoi continuare a farmi fessa fingendoti un verginello di quaranta e passa anni? E sì, lo so che sei in ascolto. Pensa con un sospiro, mentre si passa tra le mani quel bigliettino che improvvisamente la fa sentire a disagio. « Perchè? Certo che è ancora così. Sì ecco.. - Ne sono certo. E lo saranno anche i ragazzi » Scrolla la testa, allontanando all'istante da sé il fogliettino di carta, abbandonandolo sul tavolo. « No, tu non sai. » Non hai voluto sapere. O forse sai, perché me l'hai letto dentro, e allora hai voluto semplicemente guardare da tutt'altra parte. Perché era troppo. Troppo dolore, troppa rabbia, troppa delusione, troppa impotenza. Un troppo che mi ha avvolto nel suo buio. E mi sono persa, in apnea, sott'acqua chissà per quanto tempo. Così tanto da prendere in considerazione quella piacevole sensazione: il lasciarmi affogare per smettere di sentire qualsiasi cosa. Si tortura le dita, fissando il fermacarte. C'è una parte di sé che vorrebbe continuare a parlare, a sparare le mille e una cose che le passano per la mente senza bisogno di dar loro un vero senso logico. Eppure tace, così come è poco abituata a fare, così come le è estremamente contro natura, ma lo fa perché sa che Terry, come non ha retto il suo sfogo nel bosco, non riuscirà a reggerne un altro. E io verrò delusa nuovamente, dalle mie stesse aspettative, sperando che tu rimanga mentre correrai via da me ancora una volta. E allora mi arrabbierò, piangerò, urlerò e rimarremo bloccati in questo loop estenuante fin quando uno dei due taglierà la corda. Ma forse..è ora il momento che uno di noi tagli definitivamente il ponte? « Ti assicuro che fa schifo » Lui rompe quel silenzio e Pervinca si ritrova a fissarlo, inebetita, non capendo a cosa effettivamente lui stia rispondendo, presa com'era dietro i propri pensieri. « M-ma.. Cosa dici! Certo che mi mancavi. Sono sempre io.. Terry..E tu sei Pervinca. - ...Sì insomma.. Siamo noi. ..No? Lo sai che la mia vita senza di te fa schifo » La bocca semischiusa le suggerisce che sta per aggiungere altro, ma alla fine, come è suo solito, si zittisce. Annuisce allora, un gesto che trasuda pesantezza, stanchezza. Che siano ancora loro, la bionda non ne è esattamente convinta. « Lo siamo davvero, ancora noi? » Gli domanda allora, con un sopracciglio chiaro leggermente tirato verso l'alto, a tradire ciò che prova. « Io non mi sento più io da tanto. E tu? Ti senti davvero te? » Lo fissa scrutandolo. Io non credo di no. Quella sera non eri te, per niente. « Ti piace? Sei sempre un punto di riferimento per chi ti sta attorno..Ho pensato che magari.. - Sì beh ogni tanto servisse anche a te, un piccolo aiutino..Mi dispiace aver rotto l'altro fermacarte... Spero non fosse nulla di importante per te » E' quando tira fuori il discorso che la Branwell si chiede cosa effettivamente Tarrant ricordi di quel litigio. Di certo ricorda di aver rotto il fermacarte, quindi era consapevole e cosciente di ciò che stava facendo? « Figurati, era solo un cimelio lasciatomi da nonna Edith, che vuoi che sia. » Così dicendo si stringe nelle spalle, accompagnando il tutto con una smorfia di poco conto. E' solo dopo qualche istante che lo guarda. « Scherzo. » La voce è piuttosto apatica ma c'è un sorrisino leggero a tirarle su gli angoli delle labbra. Angoli che si tendono leggermente di più non appena l'amico non mette in scena un teatrino dei suoi, dove fa per rompere una sfera - questa volta veramente eredità di Edith Branwell -, sfera che riesce a salvare in corner agitando la bacchetta per metterla al sicuro dalle goffe grinfie del moro. Poi gli lancia il guanto di sfida, quello con cui gli chiede di conoscersi un po', di guardarsi dentro senza paura, così come sa non essere abituato a fare. Ma da qualche parte si dovrà pur cominciare. Così osserva l'uomo che guarda a sua volta la sfera. Lo vede corrugare la fronte, in attesa di una risposta, di una visione che gli faccia capire cos'è che vuole in quel preciso istante. Ma si irrigidisce poi, distogliendo lo sguardo dall'acchiapadesideri di gran carriera. « Io non.. Non credo di volerlo sapere, scusa » « Perché no? » Le parole le escono dalla bocca di getto. « Non vuoi seguire la tua stella polare? » Lo rincalza, portando gli occhi chiari a ridursi come uno sguardo felino. « O non vuoi trovare proprio te stesso? » Preferisci saperti disperso al largo, in balia delle intemperie, piuttosto che toccare terra? Un atteggiamento, quello, che nell'immaginario di Pervinca cozza non poco con la personalità di Tarrant, estremamente timido e spesso buffo, questo è vero, ma pur sempre positivo, anche ai limiti del ridicolo alle volte. Anche se.. c'è sempre stato quel se nella sua testa. Perché se da una parte sa com'è l'uomo, dall'altra conosce qualche sfumatura della sua vecchia vita e ha sempre pensato che i due elementi non si sposassero alla perfezione, anzi. Un Mangiamorte può davvero essere svampito e goffo? Un tasto, quello del passato, che non ha mai toccato con lui, per non metterlo a disagio, ma per il quale ha sempre avuto una strana impressione, come se lui non ricordasse davvero.
    7d6a96606bbd0caa569faca4b6bb01bbd2ef8199
    « Pervy? Lo pensi davvero? Che io sia un mostro, intendo.. Cos'è successo quella sera? - Io.. Non me lo ricordo. Qualsiasi cosa ti abbia detto però.. Mi dispiace. Io non ti farei mai del male. -..Lo sai, vero? » Per un attimo le passa davanti agli occhi il Tarrant di quella sera, quello sicuro, che le rispondeva facendola sentire più merda del previsto. Quello che ha distruggere in mille pezzi il suo fermacarte, riuscendo a non ferirla in faccia per un soffio, con uno sguardo talmente nero da darle modo di domandarsi se non fosse quello il vero Tarrant, chiuso in un cassetto della sua memoria. Il Tarrant Mangiamorte. Una persona totalmente diversa da quella titubante che ha di fronte. Deglutisce allora, stringendosi nelle spalle. C'è una voce nella sua testa che le dice che essere clemente, non raccontandogli la verità, sarebbe sbagliato. « Eri una furia, non ti ho mai visto così prima d'ora. » Esordisce allora, a voce bassa. « Non lo so cosa ti fosse successo ma non eri te, ne sono certa. E la violenza in ciò che dicevi...per un attimo ho creduto che quel Tarrant avrebbe potuto farmi più male di qualche scheggia di vetro sulle mani. » Quelle stesse mani che allunga per avvolgere quelle di lui. E poi, facendo un po' di pressione, lo costringe ad alzarsi per poterlo abbracciare, mettendo da parte l'orgoglio e l'anima ancora ferita. « Penso che tu sia un mostro nella misura in cui tu pensi che lo sia io. Sempre che non stia sbagliando assunzione. » Dice con una forma di riso nella voce che appare effettivamente stridula, nervosa, impaziente di non essere contraddetta. « No, non lo penso. » Gli dice all'orecchio. « Però credo ci sia qualcosa che non vada. Specie se non ricordi nulla di quella sera. » Dice poi scostandosi per guardarlo in volto. « Ti capita spesso di non ricordare le cose? Di avere la sensazione di andare in standby per qualche istante? » Le mani prendono a scivolargli sopra le braccia, arrivando alle mani per poi stringergliele nuovamente, avvertendo la ruvidezza delle bende sotto i polpastrelli. E' allora che le porta entrambe sotto i propri occhi, per analizzarle. « Che ti è successo veramente? Come ti sei fatto male? » Domanda poi alzando lo sguardo nel suo. Rimane a guardarlo per qualche istante di silenzio, sorreggendo il contatto visivo fin quando il tutto non diventa strano, quasi imbarazzante. Allora lo libera, non volendolo mettere più a disagio del previsto. « Sai? Quasi dieci anni fa ho avuto la brillante idea di obliviarmi. » Gli racconta mentre si siede sulla poltroncina di fianco alla sua. « Volevo cancellare dalla mia memoria la parte più dolorosa della mia vita e, seppure la sofferenza non mi faceva più compagnia, al suo posto avevo un buco, enorme, che non sapevo ricollegare alla nostalgia che provavo, non sapendo quale ne fosse l'oggetto. » Ne osserva le reazioni, chiedendosi se abbia capito dove voglia arrivare a parare. « Poi però, quando parti da quella mia vita cancellata hanno cominciato a riaffiorare dalle tenebre, ho capito perché sentivo quel buco al centro del petto: perché, senza quella parte di me, non ero semplicemente più io. » Una leggera pausa precede una domanda che è rimasta lì, nella sua mente, a stagnare per anni. « Chi eri prima, Tarrant? »

     
    .
  5.     +1    
     
    .
    Avatar

    😈
    ★★★

    Group
    Member
    Posts
    344
    Reputation
    0

    Status
    Anonymes!
    « Non vuoi seguire la tua stella polare? » Scuote la testa, Terry, sul viso stanco un’espressione titubante. « O non vuoi trovare proprio te stesso? » Come posso trovare me stesso, se non so nemmeno chi sono. « Io non.. - » Esita qualche istante, poi distoglie lo sguardo, piantandolo su di un punto indefinito della camera. « Non credo sia una buona idea » C’è tristezza, nel suo tono di voce. C’è l’angoscia di un uomo che, per quanto si sforzi, sa che non riuscirà mai a sentirsi completo. A dare una risposta a tante, forse troppe domande. E questo, senza ombra di dubbio, è un atteggiamento che non gli appartiene. Sono emozioni che non hanno mai fatto parte del suo vocabolario. Modi di essere che raramente, se non proprio mai, hanno solcato il viso perennemente sorridente di Tarrant Crouch, l’ottimista per antonomasia. E allora sospira, sforzandosi di dissimulare il tutto in un sorriso, incapace però di guardarla negli occhi. Sa infatti quanto sia impossibile per lui mentirle. Si domanda spesso se non sia lei, la Legilimens tra i due, dopotutto.
    « Eri una furia, non ti ho mai visto così prima d'ora. » Quando lei però inizia a parlare, finalmente la guarda, Terry. Sta raccontando, Pervinca, cosa è successo quella sera. Dettagli che lui non riesce a ricordare, o forse non vuole ricordare. « Non lo so cosa ti fosse successo ma non eri te, ne sono certa. E la violenza in ciò che dicevi...per un attimo ho creduto che quel Tarrant avrebbe potuto farmi più male di qualche scheggia di vetro sulle mani. » E sì, lo avrebbe fatto. Perchè questo, purtroppo, Terry se lo ricorda bene. Quegli strascichi di una rabbia esplosiva, ma allo stesso tempo tanto glaciale da sfiorare il diabolico, li percepisce ancora sulla propria pelle. Ed è strano, perchè sa che non gli appartengono, così come non gli appartenevano quella dannata sera, eppure -allo stesso tempo- li sente comunque come propri. Sa che quelle mani, le sue mani, quelle che adesso lei sta stringendo, avrebbero potuto farle del male. Avrebbero voluto farle del male. Sobbalza dunque a quel contatto, e per qualche momento, l’istinto è quello di ritrarsi. E se dovesse impazzire anche questa volta? Un pensiero quello che lampeggia, primario, tra i tanti, mentre lo sguardo si poggia automaticamente sullo specchio appeso al muro, alle spalle di lei. Si guarda, con la disperata paura di non riconoscersi nel suo riflesso, ma -per fortuna- ciò non avviene. Al momento, a ricambiare il suo sguardo spaesato, è il solito viso barbuto di un uomo patetico. E per una volta, Terry ringrazia essere così. Poi, senza avere neanche il tempo per accorgersene, Pervinca lo tira a sè in un abbraccio. Inaspettato. Rimane immobile per alcuni attimi, Tarrant, preso alla sprovvista. Nonostante possa rivelarsi -in vero- difficile da credere, il nostro Crouch non è abituato agli abbracci. Nè tanto meno li ha mai trovati particolarmente gradevoli, visto il suo complicato rapporto con il contatto fisico. Eppure al momento, stretto tra le braccia di Pervinca Branwell, seppur rigido come una statua di sale, Terry si sente…bene. Il calore del suo corpo stretto al proprio, dopo settimane di estrema quanto estranea freddezza, sembra rivelarsi tutto ciò di cui non sapeva di avere bisogno. E allora ricambia l’abbraccio, con la solita goffaggine che da che ne abbia memoria lo caratterizza, certo, ma lo fa comunque. La stringe a sè con una forza che non sapeva nemmeno di avere, quasi come avesse paura lei possa dissolversi da un momento all’altro. « Mi dispiace Pervy… » Mormora, forse tra sè e sè, o forse no, mentre affonda il viso tra i suoi capelli. Ne percepisce il profumo, respirandolo a pieni polmoni, e per qualche istante, il tempo sembra addirittura fermarsi. « Mi dispiace tanto per.. - » Se non fosse nascosto contro la sua spalla, sarebbe ben visibile un broncio sul suo viso mai così da bambino « .. - tutto »
    « Penso che tu sia un mostro nella misura in cui tu pensi che lo sia io. Sempre che non stia sbagliando assunzione. » Vorrebbe dirle che no, non sta sbagliando affatto assunzione. Vorrebbe urlarle che mai, mai nella sua vita oserebbe pensare che lei, Pervinca Branwell, la sua migliore amica -siamo sicuri sia solo questo?- possa essere un mostro. Ma qualcosa gli dice che, se solo provasse a parlare, quel broncino si trasformerebbe in un singhiozzo, ed il singhiozzo in un pianto. E allora evita di farlo, per il momento, sforzandosi di mantenere un minimo d’orgoglio. « No, non lo penso. » Gli sussurra poi lei, e quando si scosta, per guardarlo, Terry abbassa lo sguardo, nonostante sia una risatina a scuotergli il petto. Tira su col naso e si passa velocemente una mano sugli occhi, alla stregua di un bambino che ha appena fatto pace con la sua mamma. « Uff, allergia. Dovresti spolverare qui, ogni tanto, sai? » Chi ti crede, Terry? Alza gli occhi per guardarla, di sottecchi. « Non l’ ho mai pensato nemmeno io, su di te.. » Annuisce. « Però credo ci sia qualcosa che non vada. Specie se non ricordi nulla di quella sera. » Ma quell’ingenua serenità sul suo volto fa presto a scomparire. Sospira, tentando di prepararsi ad un discorso che non ha la più pallida idea di come affrontare. « Ti capita spesso di non ricordare le cose? Di avere la sensazione di andare in standby per qualche istante? » Annuisce. Gli è capitato fin troppe volte, specie ultimamente. « Pensi sia grave? » Domanda, con la stessa preoccupazione nel tono di voce di un bambino che chiede alla mamma se quel fastidioso mal di pancia lo porterà a chissà quale atroce fine, nella notte. « Sto diventando matto? » Borbotta, sconfortato, osservando le dita di lei che si intrecciano alle proprie, per qualche momento. Una smorfia gli attraversa il viso, quando la lieve pressione che l’amica esercita su di lui, gli causa un leggero dolore alle ferite ancora aperte, sotto le bende. « Che ti è successo veramente? Come ti sei fatto male? » Allora alza lo sguardo, incontrandola lì, a pochi centimetri di distanza. Lo guarda in attesa, probabilmente di una risposta. Una risposta che lui tarda a darle, perchè non saprebbe effettivamente come farlo. Ma anche perchè, a quella distanza ravvicinata -ed in quel silenzio più totale- Terry si sente..Avvampare. Le guance gli vanno a fuoco, quando lo sguardo ricade sulle labbra di lei, e nell’immaginare scenari che non dovrebbe davvero immaginare, si morde d’istinto il labbro inferiore. E quando in fine lei lo libera, lui indietreggia d’istinto, come scottato da chissà quale contatto col fuoco vivo. Ma che diavolo…- Tossicchia, ringraziando tutti gli dei, questa volta, che non sia Pervinca, quella capace di leggere nel pensiero. « Io..- » Si concede ancora qualche momento, prima di riprendere « Non lo so, Pervy. C’è qualcuno, qui » Si indica la testa con un dito « Qualcun altro. E quando appare… A me sembra di impazzire. Noi due non.. - Non andiamo d’accordo. » Una risatina nervosa « E.. Sì beh, succedono cose alquanto sgradevoli, quando litighiamo.. » Alza a quel punto le mani, per farle capire a cosa si stia riferendo, stringendosi infine nelle spalle, come a voler sdrammatizzare. « Ma è tutto okay, davvero, passerà in pochi giorni. - Devo solo stare lontano dagli oggetti di vetro, a quanto pare, per adesso! » E di nuovo ride, nervosamente, mentre si lascia cadere sulla poltroncina alle sue spalle, prosciugato da un turbinio d’emozioni differenti.
    265f81745ea0e175ac9462b75bf22dcad32a4ab7
    « Sai? Quasi dieci anni fa ho avuto la brillante idea di obliviarmi. » Si volta verso di lei, corrugando la fronte « Volevo cancellare dalla mia memoria la parte più dolorosa della mia vita e, seppure la sofferenza non mi faceva più compagnia, al suo posto avevo un buco, enorme, che non sapevo ricollegare alla nostalgia che provavo, non sapendo quale ne fosse l'oggetto. Poi però, quando parti da quella mia vita cancellata hanno cominciato a riaffiorare dalle tenebre, ho capito perché sentivo quel buco al centro del petto: perché, senza quella parte di me, non ero semplicemente più io. » Annuisce silenziosamente, comprendendo abbastanza rapidamente dove l’amica voglia andare a parare. Ci si immedesima infatti, in quelle sue parole, e lo fa alla perfezione. Tuttavia, non può ignorare quanto lei gli stia raccontando. Per quanto possa esser felice, da un lato, che lei si stia aprendo con lui -per aiutarlo ad affrontare un problema, oltretutto- non può fare a meno di rimuginarci su. Quanto male ti hanno fatto, da portarti al punto di obliviarti, pur di non soffrire più? Pensa, una dolorosa fitta al petto mentre lo fa. Si sente..Impotente. Impotente di fronte ad un dolore così grande, provato da una persona alla quale vuole così bene. Io non c’ero. E quando poi ti hanno ferita, e lo hanno fatto di nuovo, io ho continuato a non esserci. Sospira, distogliendo lo sguardo. Quasi come si sentisse in colpa, adesso, anche solo a guardarla. Poi, però, quella domanda arriva. « Chi eri prima, Tarrant? »
    Chi eri prima, Tarrant? Per tanto tempo, Terry non aveva avuto un prima. La sua vita sembrava esser cominciata d’improvviso, nella stanza buia e polverosa di una villa vittoriana malconcia. Quel pomeriggio, ricorda, gli facevano male le braccia. In vero, sembrava avere lividi su tutto il corpo. Ma, in fondo, era soltanto un ragazzino. Doveva sicuramente essersi fatto male giocando in giardino con gli amici, questo si era detto. Un’altra volta, Terry, si era risvegliato d’improvviso riverso sull’asfalto gelido di una desolata stradina londinese. Fuori era buio, ed il tempo era così umido che gli colava il naso e gli lacrimavano gli occhi. Buffo, aveva pensato quella volta, rialzandosi goffamente in una risatina divertita. Sembrava quasi aver pianto. « Io.. » Mormora, scuotendo la testa « Io non lo so..Per quanto mi sforzi di ricordare.. - Non ci riesco. Ho letto di lui - » Esita « Tarrant Crouch. So quello che ha fatto, di cosa lo accusano… Ma io - non ricordo nulla. Se davvero ho fatto del male a tutte quelle persone, come posso non ricordarlo? » Alza lo sguardo, una nota d’angoscia sul viso contrito dalla preoccupazione « Sono davvero così.. ignobile da non ricordare di aver tolto la vita ad un essere umano? » Resta in silenzio per qualche momento, perso in quei suoi angoscianti dubbi, poi riprende a parlare, seppur a fatica. « Dapprima erano soltanto sogni..Sogni di una vita che sentivo non appartenermi » Mormora « Poi però i sogni hanno cominciato a diventare realtà. Ho cominciato a..svegliarmi? In luoghi sconosciuti, con gente sconosciuta. » La guarda. « E se un giorno dovessi sognare di farti del male ed al mio risveglio..- » Ti trovassi morta davvero? Si blocca, non riesce nemmeno a dirlo. « Scusa, troppo melodrammatico. » Le sorride « In fondo potresti appiccicarmi al muro ad occhi chiusi » Fa per massaggiarsi la spalla sinistra « Accuso ancora il colpo. Sono troppo vecchio per queste cose. - Una risatina stanca gli scuote il petto. - Eeeee no, niente battutine! »
    « Mi dispiace Pervy » Se ne esce poi, d’improvviso, mentre la guarda. Per una volta, senza distogliere lo sguardo dopo poco. « Non doveva andare così. Io dovevo starti accanto, quando ne avevi bisogno.. » Sospira « E’ solo che.. Ho avuto paura. Ho paura. Vorrei tanto che tutto tornasse come prima ma.. - Se un giorno lui dovesse decidere che non gli piaci? Se dovesse ferirti, in qualche modo? » E’ una sincera preoccupazione, quella che traspare dal suo tono di voce adesso leggermente tremante. « Come potrei mai fermarlo, io? - ..Io sono soltanto.. Terry. Prendo il tea deteinato perchè mi porta agitazione. » Un leggero sorriso, amaro. O meglio, sconfitto. « Non sono forte come voi. Come te. Non lo sono mai stato.. » Pausa. « Non so come affrontarlo »
     
    .
  6.     +1    
     
    .
    Avatar

    Member
    ★★★

    Group
    Member
    Posts
    152
    Reputation
    0

    Status
    Waiting!
    « Pensi sia grave? Sto diventando matto? » La sua voce, resa piccina dalla preoccupazione, la fa deglutire. Lei che non ha solitamente problemi a dire le cose come stanno, a costo di mettersi contro un'intera orda di persone, si trova ora in difficoltà di fronte a quell'uomo. Prova allora a dargli conforto, così come le viene. Gli stringe le mani perché è la cosa giusta da fare in quel momento, ciò che sente il bisogno di fare. « Non credo tu stia diventando matto ma c'è qualcosa. Che va gestita ora affinché non diventi effettivamente grave. » Dici allora, dopo istanti di valutazione silenziosa prima di incontrare gli occhi di lui. Nascosti dietro uno spesso strato di vetro, l'osservano. E lei fa lo stesso, di rimando, perdendo il contatto visivo giusto un attimo quando.. Mi sta guardando le labbra? E ora sta arrossendo. Perché sta diventando tutto rosso? Lui si tira indietro subito, di scatto e lei continua a guardarlo, un po' sorpresa e un po' accigliata nell'essersi trovata di fronte ad una situazione tanto bizzarra perché verificatasi proprio con lui. « Non lo so, Pervy. C’è qualcuno, qui. Qualcun altro. E quando appare… A me sembra di impazzire. Noi due non.. - Non andiamo d’accordo. E.. Sì beh, succedono cose alquanto sgradevoli, quando litighiamo..Ma è tutto okay, davvero, passerà in pochi giorni. - Devo solo stare lontano dagli oggetti di vetro, a quanto pare, per adesso! » No che non è tutto okay. Il disturbo dissociativo d'identità non è una cosa da nulla. Pensa, portando le braccia ad incrociarsi sotto il seno nell'istante in cui si siede sulla scrivania, perpendicolare alla poltroncina di lui. A lei in primis le era stato diagnosticato un disturbo di personalità, prima di capire che il suo problema fosse di diverso tipo. Seppur dall'esterno si potrebbe percepire come una donna dalle variegate personalità, lei in fondo non si è mai sentita fatta a pezzi, divisa. Si è però spesso sentita scollegata nelle reazioni, nelle emozioni, sbattuta da una riva all'altra da un torrente di sensazioni talmente grandi e contrastanti da metterle paura. Questo prima dell'introduzione del litio. Per lui sembra però differente la situazione, più complessa e probabilmente più spaventosa. Di certo lui ha paura, glielo legge negli occhi. « Lo avverti proprio come una persona differente da te? Dice e fa cose che tu non faresti? » Gli domanda allora, cercando quanto più possibile di risultare calma e conciliante, seppur alcuni pensieri comincino ad emergere nel substrato della sua mente. Pensieri che tenta di tenere per sé, conoscendo bene la natura di legilimens di Terry. « Ha un nome? » «[..] Tarrant Crouch. So quello che ha fatto, di cosa lo accusano… Ma io - non ricordo nulla. Se davvero ho fatto del male a tutte quelle persone, come posso non ricordarlo? Sono davvero così.. ignobile da non ricordare di aver tolto la vita ad un essere umano? » Più l'amico parla più la bionda comincia a formulare una propria teoria. Si chiede se non sia proprio il caro, dolce, sensibile, imbranato e goffo Terry la seconda personalità, formatosi in conseguenza ai traumi che Tarrant Crouch si è lasciato alle spalle. Si domanda se non sia stato proprio quel suo passato che nemmeno ricorda a fare da spartiacque tra le due differenti identità, talmente distanti in tutto - a ben vedere - da risultare come quanto di meno complementare possibile. « Dapprima erano soltanto sogni..Sogni di una vita che sentivo non appartenermi. Poi però i sogni hanno cominciato a diventare realtà. Ho cominciato a..svegliarmi? In luoghi sconosciuti, con gente sconosciuta.» Questo non è affatto okay. Non passerà in pochi giorni quando mi stai dicendo che è da tempo che sei messo così. Sospira, indurendo i lineamenti del volto ad ogni parola che esce dalla sua bocca, cominciando a valutare non solo la sua salute e la sua incolumità ma anche a quella di chi gli sta intorno. Gli studenti.. « E se un giorno dovessi sognare di farti del male ed al mio risveglio..Scusa, troppo melodrammatico. In fondo potresti appiccicarmi al muro ad occhi chiusi. Accuso ancora il colpo. Sono troppo vecchio per queste cose. - Eeeee no, niente battutine! » Riesce a strapparle un sorriso, dopotutto, con quella battutina e con quel suo farsi leggermente rosso in viso. Si scioglie, costringendosi a libersi dalla tensione che le ha tenuto le spalle rigide fino a quell'istante. « Non posso dire niente niente? » Mette su una sottospecie di broncio che lascia molto il tempo che trova, tanto che muore pochi istanti dopo, essendo l'atmosfera di nuovo seria e rarefatta. « Mi dispiace Pervy. Non doveva andare così. Io dovevo starti accanto, quando ne avevi bisogno. » Lui non abbassa lo sguardo e lei lo fissa di rimando, annuendo appena. Alla fine dei giochi, in sostanza, non è neppure colpa sua, non del tutto perlomeno. Avrebbe potuto agire differentemente ma conosce l'amico, sa benissimo quanto la paura sia il suo più grande catalizzatore e la fuga la sua valvola di sfogo. « E’ solo che.. Ho avuto paura. Ho paura. Vorrei tanto che tutto tornasse come prima ma.. - Se un giorno lui dovesse decidere che non gli piaci? Se dovesse ferirti, in qualche modo? Come potrei mai fermarlo, io? - ..Io sono soltanto.. Terry. Prendo il tea deteinato perchè mi porta agitazione. Non sono forte come voi. Come te. Non lo sono mai stato.. Non so come affrontarlo. » Aspetta qualche istante, per capire se l'uomo voglia aggiungere altro e nel frattempo appoggia entrambe le mani sulla scrivania, arpionandovisi come a cercare un punto stabile, fermo, che la tenga ancorata a terra e non la faccia volare via, nel turbinio delle emozioni che il suo racconto ha scaturito. Prende un gran respiro prima di parlare, alzando lo sguardo ceruleo in quello buio di lui. « Non puoi affrontarlo da solo, è impossibile, io lo so. » Prende a dire. « E non posso indorare troppo la pillola, Terry. Sarebbe inutile e controproducente. Sai bene il mio trascorso, sai quanto la me stessa di un tempo non avrebbe ascoltato ragione e quanto io rimpianga questa scelta. » In fondo al CIM mi ci hanno portato di forza..se solo avessi smesso prima di combattere i mulini a vento, quanti anni di Stan ho perso per questo. Probabilmente quello è uno dei suoi più grandi rammarichi, l'essersi perduta gran parte della crescita di suo figlio. Deglutisce. « Non pensare a me, a cosa lui potrebbe fare a me. Abbiamo già appurato che so come difendermi, ho la pellaccia dura. Pensa invece a cosa potrebbe fare ad uno studente, se prendesse il controllo durante una lezione, se gli switch di cui parli diventassero più frequenti e per lui fosse più facile prendere il tuo posto, tanto da farlo quando ti trovi in presenza di un bambino di undici anni. Di questo dovresti avere davvero paura perché è a lui che li stai esponendo non agendo con decisione e fermezza. » Il solo pensiero di saperlo - esattamente come l'ha visto quella sera - in presenza di uno studente le fa
    passare un brivido congelato per tutta la schiena. « Devi prendere provvedimenti ora, Terry. So che hai paura ma devi guardare il quadro completo. La protezione di te stesso e dei ragazzi superano di gran lunga la paura. » Negli occhi c'è tutta la preoccupazione che prova. « Non so se te ne sei accorto ma ti sei contraddetto. Hai detto che passerà ma poi hai ammesso che questi momenti non sono più sporadici, non sono più sogni ma reali. Non c'è più tempo da perdere. » Deglutisce prima di scendere dalla scrivania e inginocchiarsi di fronte a lui, poggiando le mani sopra le sue ginocchia. « Basta cominciare chiedendo aiuto a chi può dartelo nel concreto. Possiamo cercare qualcuno, conosco qualcuno anche tra di noi che potrebbe farlo. Potremmo parlarne con Byron, lui capirebbe e sicuramente ti saprebbe consigliare più lucidamente e distaccatamente di me. Ma prima di tutto, per affrontarlo, devi volerlo combattere davvero, devi volerla davvero la mano che ti viene tesa. » Stringe allora le sue di mani sulle gambe dell'uomo, ricercandone la completa attenzione. « Tu sei forte, Terry. Mi hai capito? Sei più forte di quanto tu creda. Sei rimasto quando tanti se ne sono andati. Sei qui, hai sempre voluto proteggere i ragazzi. Continua a farlo, ora più che mai. » Lo guarda, in silenzio, aspettando chissà cosa. Lascia appena la presa dalla sua carne quando si accorge che forse sta stringendo davvero troppo e abbozza un simil sorrisino che non dura molto. « Per cominciare, devi solo volerlo. » Ripete, con negli occhi la chiara e limpida domanda "Lo vuoi?"

     
    .
5 replies since 13/6/2022, 17:47   172 views
  Share  
.