The lesser of two evils

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    Isabel Soledad Delgado - meglio nota ai più come Sol e basta - non era una vigliacca. Dopotutto si poteva dire che avesse combattuto in prima linea, rischiando nientemeno che la propria preziosissima pelle (di cui aveva un solo unico esemplare) nel partecipare alla presa di Hogwarts. Aveva visto compagni morire, altri restare feriti. Ancor prima, pur potendo farlo perché di certo nessuno tranne la sua propria coscienza l'avrebbe tirata per il bavero, aveva deciso di partecipare a quella battaglia, nella piena consapevolezza che quella di uscirne in orizzontale fosse una possibilità reale. Ed in tempi ancor meno recenti ma non per questo più facili, era sopravvissuta al Lockdown, con tutto ciò che quell'evento aveva comportato: principalmente morte e distruzione, con un interessante quanto simpatico contorno di mostri infernali e mortali. Quindi, per reiterare - Isabel Soledad Delgado non era affatto una vigliacca. Nonostante questo però aveva anche lei i suoi punti deboli. Cose che le facevano letteralmente accapponare la pelle. Roba che, sospettava, aveva messo le basi di un latente disturbo post traumatico da stress. Un problema, quello, la cui origine era da ricercarsi nel posto al contempo più e meno ovvio del mondo - la sua famiglia. Iniziava e finiva tutto sempre con loro. La verde-argento non sapeva se quella fosse una predisposizione naturale, una vera e propria skill sviluppata nel tempo o chissà che altro - stava di fatto che nessuno al mondo sapeva metterle i bastoni tra le ruote in maniera migliore dei suoi stessi consanguinei. Nemmeno le Logge, parola mia. Quelle, almeno, sperano soltanto di farti secco; mentre l'obiettivo di questi altri sembra essere quello di scombussolare tutti i miei piani sempre e comunque.
    Il fatto che suo padre avesse scelto di telefonarle anziché ricorrere al solito, e ben più sicuro, mezzo della proiezione era stato il suo primo campanello d'allarme. Darius non era mai stato un grande fan della tecnologia - in fondo perfetto per davvero non poteva mica esserlo - e preferiva utilizzare un mezzo di comunicazione più immediato, nonché uno che non lo facesse sembrare così impedito, per contattare la propria primogenita. In più era costantemente indaffarato, per cui era Epifanìa, in genere, a dedicarsi al controllo settimanale dello stato d'animo di Sol. Eppure quel giorno aveva deciso di alzare la cornetta e telefonare. Illogico e preoccupante. Senza contare che Sol aveva tutta l'impressione che stesse cercando di indorarle una qualche pillola la cui natura le era al momento sconosciuta. « E quindi come ti trovi nella casa nuova? Bisogno di qualcosa? » Un sospiro. « Tutto bene, papà. Non ho ancora distrutto nulla, i vicini sembrano simpatici, credo di essermi fatta amico anche un gatto randagio. Ora, a dire il vero non so se randagio lo sia sul serio - questo perché ha un figurino che lottatore di sumo scansati. Infatti io e Lols l'abbiamo chiamato Sancho Panza. » Un'altra pausa, prima di partire all'attacco. « Però è già la seconda volta che mi chiedi come mi trovo in casa.» E la terza che mi chiedi velatamente se mi servono soldi. E non è da te. « ¿Que pasa?» Hai fatto qualcosa alla mamma e non sai come dirmi che ha deciso di buttarti fuori di casa? I litigi tra i coniugi Delgado non erano certamente un avvenimento comune, ma le rare volte che Darius era riuscito nell'intento di far perdere la pazienza alla propria moglie, aveva sempre fatto in modo di farsi perdonare in maniera alquanto plateale. Cosa che aveva richiesto spesso la collaborazione dei figli. « Ma perché deve subito essere successo qualcosa, scusami? Non posso interessarmi a come sta mia figlia? » Ed eccolo che va sulla difensiva. « No, certo. Scusa. Mi sembrava. » Per quanto il tono fosse entusiasta, Sol non riuscì a trattenersi dall'alzare gli occhi al cielo. « Chissà come mi sei venuta su così malpensante. E a giudicare dalla vaga sfumatura accusatoria nel tuo tono, pure pronta a supporre che sia io ad aver fatto qualcosa! Fammi capire - ammesso e non concesso, non poteva essere colpa di tua madre per una volta? »Una domanda, quella, che produsse come unico effetto un'altra alzata di occhi al cielo della bionda. « E avrebbe avuto senso che mi chiamassi tu, se mamma avesse fatto qualcosa? » Una grassa risata di Darius dall'altra parte. « Touché. Comunque dimmi un po' - quella stanza libera in casa tua è ancora libera? » Sol, che fino ad allora aveva giocherellato distrattamente con la tovaglia, si bloccò di botto. « No, a volte è occupata. » « In che senso? » « Nel senso che Lola dorme da me, papà. Perché? » E fu qui che Darius decise di lasciarsi ad andare ad un sospiro che Sol interpretò sulle prime come un segno di sollievo. Ma che, in realtà, era solo il precursore di qualcosa di ben più tragico. « Zio Sal vuole venire ad Hogsmeade. » La serpeverde per poco non si strozzò con la sua stessa saliva. « No. Aspetta. Cosa? Scusa? Quando? E perché da me? »

    ***



    L'improvviso desiderio di Salvador Arcangel Delgado di venire ad Hogsmeade - lo zio Sal in questione - significava principalmente che la breve parentesi di relativa tranquillità, nonché la bolla di libertà che sia Sol che Lola erano riuscite a ritagliarsi rischiasse di dissolversi in maniera molto clamorosa. Lo zio Sal era stato proclamato all'unanimità, così come a sua insaputa, come il membro più borioso dell'intera stirpe. Nemmeno Darius lo sopportava per più di qualche ora. Sol, che aveva recuperato presto la propria proverbiale faccia di bronzo dopo il breve momento di defaillance, si era morsa la lingua più volte per non uscirsene con un acido: Davvero, papà? Ogni Natale ti viene il tic all'occhio, e hai pensato fosse geniale dirgli che venire qui, da me per di più, fosse una buona idea? Non ti è venuto, che so, di inventarti che mi fosse venuto il Vaiolo del Drago? Boh, che fossi morta? Però aveva dovuto trattenersi. Prima di tutto perché Darius Delgado era estremamente permaloso; secondo poi perché una reazione così brusca avrebbe destato non pochi sospetti sulle intenzioni di lei. E avrebbe inevitabilmente portato suo padre a voler indagare, quindi scoprire che la vita della sua primogenita non fosse esattamente il quadretto idilliaco casa e chiesa che lui credeva fosse. Per di più, per quanto nessuno sopportasse il borioso zio, non c'erano effettivi impedimenti al suo arrivo nei territori conquistati dai lycan - era uno di loro e, purtroppo per tutti, poteva anche rendersi utile. Il problema era però che questo costringeva la ragazza a correre ai ripari in più di un senso: prima di tutto, qualora l'odiato parente avesse infine deciso di farle visita, sia lei che Lola avrebbero dovuto sedare temporaneamente la propria vita sociale e tirarsi a lucido in ogni senso possibile ed immaginabile; secondo poi - e questo era un problema circoscritto alla nostra protagonista - Sol avrebbe dovuto rimettersi in regola con gli esami. In realtà, la situazione non era poi così tragica. Perché l'immagine proposta ai vari pranzi di famiglia e lo stato delle cose combaciassero - la spagnola sosteneva di essere in regola con tutto - di esami gliene mancavano due. Uno era anche poco ostico, sarebbe riuscita a prepararlo senza problemi da sola, nell'arco di qualche settimana a dir tanto. E poi c'era l'elefante nella stanza. La materia che la giovane aveva deliberatamente ignorato, e che avrebbe anche continuato ad ignorare se possibile, che gravava sulla sua testa come una metaforica spada di Damocle. Glottologia. Un'esame che aveva anche provato a dare, che le era costato non soltanto una buona dose di dignità - essere bocciati non piace a nessuno, dai - ma pure l'assegnazione di un tutor da parte del professor Rotmann. Fantastico, no? No. Per niente. Il sunto era, comunque, che non poteva più rimandare. Certo, avrebbe tentato in ogni maniera a lei possibile di scongiurare la minaccia di quella visita indesiderata - principalmente lamentandosi con sua madre fino allo sfinimento di entrambe - ma ciò non voleva dire che sarebbe riuscita nell'intento. E non poteva rischiare di arrivare impreparata al momento x, poco ma sicuro.
    Così, Sol aveva deciso di attivarsi. Aveva prima telefonato all'altra metà della mela, per darle la tragica notizia. Poi, ormai vestita di tutto punto e sulla soglia di casa, aveva tentato di chiamare Freya. Una telefonata. Due. Sol ricevette una risposta solo al terzo tentativo.
    « Chiquitita! Dove sei? » Stava ormai calcando le vie di Hogsmeade con tanto di pesanti anfibi ai piedi. Doveva solo scegliere la direzione da imboccare. « Testa di Porco? Sei già di turno? »
    « No, oggi sono libera. Sono... » Sei? « Da un'altra parte. »
    Di fronte a tanta intenzionale vaghezza, la Delgado non poté far altro che sollevare un sopracciglio mentre i tasselli del puzzle circa la geolocalizzazione attuale di Freya cominciavano a comporre un certo quadretto. Un sorrisino apparve sulle sue labbra mentre questo si completava. Non fece comunque in tempo a commentare. « Tu dove sei? Hai bisogno di qualcosa? » Non le sfuggì la lieve nota di curiosità mista a preoccupazione nella voce dell'amica. Ma non le sfuggì nemmeno una voce palesemente maschile in sottofondo.
    « Sì, ed in realtà è anche piuttosto urgente. Ce la fai a liberarti? »
    « Eh...veramente...»
    « Tutto chiaro, tranquilla. Ci aggiorniamo quando hai finito col tuo impegno. Buon divertimento! »
    Per la verità non poteva dire di avercela con Freya; quella di essere sfuggente era una sua caratteristica da sempre e, conoscendola, sarebbe riapparsa dal nulla nel giro di qualche settimana, dimentica, con ogni probabilità, della conversazione avvenuta tra le due. Restava però che Sol dovesse risolvere al più presto il suo non così piccolo problema.
    Al Tokyo aveva ordinato takeaway. Una barca di roba che avrebbe condiviso con Lola, o che le avrebbe direttamente lasciato - a seconda del suo umore a fine serata - poi si era diretta fuori, verso una panchina poco distante. La quale, per amor di cronaca, era già occupata. Fatto che, comunque, non parve dissuadere Sol dal sedervisi. In fondo aveva già salutato l'occupante con un breve cenno della testa prima di entrare ad ordinare e, a quel punto, si annunciò solo con un: « Non ti dispiace, giusto? » , appena prima di accomodarvisi con annoiata compostezza, le gambe accavallate. Si voltò quel tanto che bastava ad incrociarne lo sguardo, un mezzo sorriso sulle labbra. « Ciao, Eren. » Con tutta la calma del mondo, estrasse il pacchetto di sigarette dalla borsa, ne prese una, e lo abbandonò al centro, a sottintendere che fosse libero di favorire. Si accese la propria con tutta la calma del mondo, l'aria di chi non aveva mezzo pensiero per la testa. « Speravo di trovare Freya, ma a quanto pare non è il mio giorno fortunato. » Gli occhi cangianti si spostarono dalla nuvoletta di fumo appena esalata al viso del giovane Ackerman. « Forse però non mi è andata così male. Hai un minuto? »






    Edited by peccadillo! - 22/6/2022, 01:48
     
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