Giovani wannabe

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    « No, no, no! Ma dai! » Émile sbuffò, lasciando cadere sul tavolo le poche carte che teneva in mano, questa volta senza sforzarsi di mostrare la propria esasperazione. Si allungò sul tavolo, per picchiettare con l'indice sulla carta appena scartata dal suo avversario. « Questo qui è il Camaleonte! Non puoi scartarlo così, è la carta più potente di tutto il mazzo! » Difficile dire cosa fosse maggiore in quel momento, se il disappunto di Émile nel comprendere di non poter contare su di un valido avversario, o se l'esasperazione di Asa nello sforzarsi (per buon cuore, o forse per pura noia?) di comprendere un gioco dalle regole più complicate del dovuto. « Ugh, lasciamo perdere. Tanto è inutile » si risolse a dire il Tassorosso, allungandosi per raccogliere velocemente tutte le carte sparse sul tavolo di legno scuro. Perse qualche secondo per mescolarle, ricompattandole infine in un piccolo mazzo, che conservò prontamente nell'involucro di cartone. Il nomade, lo spiritello dalle sembianze di un lepracauno dispettoso che accompagnava il gioco, volteggiò per qualche secondo sulle spalle dei due ragazzi, bofonchiando qualche ultimo insulto, prima di sparire definitivamente all'interno del mazzo di carte. « Possiamo fare qualche altra cosa, se ti va. » Émile si strinse nelle spalle, tornando a guardare Asa, seduto di fronte a lui dietro ad un enorme boccale di Burrobirra. Provava un leggero imbarazzo nell'aver praticamente costretto il Grifondoro ad ascoltarlo per un'ora consecutiva spiegare il funzionamento di un gioco che ora, al primo vero tentativo, non sembrava coinvolgerlo più di tanto. Al contrario, il giovane King pareva quasi annoiato, con la testa altrove.
    Era curioso come si fossero ritrovati a trascorrere del tempo assieme. A vederli da fuori, i due maghi non c'entravano niente l'uno con l'altro: era in effetti difficile trovare un punto d'incontro con due caratteri così diversi, e questo era evidente ad entrambi. Eppure, una volta messo da parte l'increscioso incidente di Natale, le nuove ed inaspettate circostanze avevano fatto sì che per entrambi il volto dell'altro fosse quasi... familiare. Dopo l'assalto dei ribelli a Hogwarts, erano scappati dal villaggio, ed erano tra i pochi a non aver accettato l'opzione di Portland. Si erano ritrovati quindi una sera al Paiolo Magico, entrambi avviliti dalla situazione, a condividere una Burrobirra e qualche chiacchiera. Col passare delle settimane quel momento di ritrovo era diventato qualcosa di fisso, forse uno dei pochi elementi stabili nell'imperversare di novità che erano le loro vite.
    Certo, i loro non erano due caratteri affini: talvolta faticavano perfino a trovare degli argomenti di conversazione comuni. Ad Émile mancava la complicità del proprio migliore amico, ed era evidente come anche Asa avvertisse l'assenza dei suoi compagni di Hogwarts. E proprio in questa nostalgia sapevano riconoscersi: a volte Emi pensava che quegli incontri e quelle Burrobirre condivise non fossero altro che un modo per ricordare,
    ognuno a se stesso, di non essere soli. Qualcun altro sta vivendo lo stesso schifo che vivi tu.
    Émile sospirò, per poi prendere un sorso dalla propria birra. « Tu hai sentito qualcuno, questa settimana? » Non aveva bisogno di specificare, perché Asa capisse a chi si riferiva. Ogni settimana entrambi elemosinavano notizie circa quello che stava avvenendo a Hogsmeade: dai giornali, pezzi di conversazione, lettere ricevute dopo tempi biblici. Ma non c'era davvero modo di avere notizie (che fossero utili) su cosa stessero passando i loro amici tra le fila dei Ribelli. E per quanto quella di unirsi ai Ribelli fosse stata una scelta informata, Émile non riusciva a togliersi dalla testa l'immagine del povero Otis o di Ronnie che venivano torturati da quel mostro di Beatrice Morgernstern. Scosse velocemente la testa, per togliersi di testa quel pensiero intrusivo. « Io pensavo che Otis mi avrebbe scritto, e invece... Ancora niente. » Non si erano lasciati nel migliore dei modi. Émile non aveva compreso la scelta dell'amico di rimanere al castello, ed era stato un saluto doloroso. A volte si chiedeva se si sarebbero mai rivisti. « Com'è possibile che non ci sia modo di sapere quello che succede da quella parte? Non è giusto. »
     
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    « No, no, no! Ma dai! » Alza il capo di scatto, Asa, lo sguardo che ricade sul volto esasperato del compagno. « Oh che c’è stavolta? » Sbuffa, poggiando a sua volta le carte sul tavolo, i pugni che cozzano contro il legno, in un tonfo secco. C’ha provato, davvero, ad imparare quella roba. Un gioco di carte da nerd di cui non ricorda neanche il nome, ma del quale ad Emile Carrow, il suo nuovo.. Amico? -fa un po’ ridere, è vero- sembra importargliene davvero un sacco. Se doveste chiedergli secondo quale legge divina lui, Asa King, si sia ritrovato a giocare a carte con niente poco di meno che Emile Carrow, sicuramente non otterreste risposta. Un pugno in faccia forse sì, ma una risposta decisamente no. E’ da un po’ di tempo a questa parte, che le cose non sono più andate secondo i piani. Con una guerra alle porte ed un’Hogwarts che non era effettivamente più casa, sembrava quasi che ogni cosa, in quel suo mondo -che faceva un po’ schifo già di suo, in verità- si fosse ribaltata. Amici erano divenuti nemici, e nemici erano divenuti..Beh, amici. « Questo qui è il Camaleonte! Non puoi scartarlo così, è la carta più potente di tutto il mazzo! » « E che palle però! Ogni carta ne ha una! » Sbotta il Grifondoro, che però non sembra davvero arrabbiato -non da far paura come suo solito, per lo meno-. Forse più…Esasperato, sì. In fondo, non ha mai brillato in intelligenza. E quel gioco, evidentemente, è fin troppo strategico per uno come lui. « E’ colpa di quel.. coso - » Urla dunque, indicando con risentimento lo spiritello riposto sulla spalla di Emile « Continua a fissarmi. Mi mette ansia. - Ecco vedi? Ora sta ridendo! Giuro che.. - » « Ugh, lasciamo perdere. Tanto è inutile » Incrocia le braccia e si lascia cadere, offeso, con le spalle contro la sedia. Questo gioco fa schifo, pensa, imbronciato, ma non lo dice. Emile sembra tenerci davvero, ed in fondo, è stata un’idea carina -da parte sua- cercare di coinvolgerlo, per spiegarglielo. A dire la verità, da qualche tempo a questa parte, Emile ha sempre delle idee carine nei suoi confronti. Atteggiamenti futili, di poco conto, che però per una bestiolina in cattività come Asa, assumono al contrario un grosso valore. Per questo dunque decide di mordersi la lingua, persino quando quel dannato Leprecauno inizia ad imprecare, per la maggiore contro di lui.
    « Possiamo fare qualche altra cosa, se ti va. » Annuisce, lo sguardo rivolto altrove, prima di agguantare il suo calice di burrobirra e trangugiarne praticamente metà. Il gusto dolce della bevanda, sembra mitigare un po’ quel suo malumore. E allora sospira, poggiandola nuovamente sul tavolo. Si guarda un po’ attorno, cercando un qualsiasi appiglio per intraprendere un discorso, ma non ci riesce. Vorrebbe farlo, davvero, ma non ci sa fare, con queste cose. Se aggiungiamo poi il fatto che, aldilà di quel tavolo, la vita là fuori ha iniziato a fare -nuovamente- ancora più schifo del solito, con una guerra alle porte…Beh, diciamo che per un tipo non già particolarmente loquace come lui, non è proprio una situazione semplicissima.
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    « Tu hai sentito qualcuno, questa settimana? » Per fortuna, è Emile a rompere il ghiaccio. « Nessuno. » Risponde il Grifondoro, brusco. Poi alza lo sguardo, per guardare l’amico, e allora si mordicchia l’interno della guancia. « No..Non ho sentito nessuno, purtroppo » Aggiunge, tentando di mitigare. D’altra parte, se è arrabbiato, non è certo colpa di Emile. Anzi, il Tassorosso è forse uno dei pochi volti familiari che sta riuscendo a vedere, per il momento. E’ contento, in fondo, che lui sia lì. « E tu, invece? » Domanda dunque, attento a captare una qualsiasi reazione sul volto di lui. In fondo, gli dispiace. Per Emile, intendo. Lui, di amici ad Hogwarts, a differenza sua, che si è sempre fatto terra bruciata attorno, deve averne lasciati parecchi. Può solo immaginare, come possa sentirsi al momento. L’angoscia di non poter fare nulla e la paura di non avere alcuna notizia dall’altro lato. « Io pensavo che Otis mi avrebbe scritto, e invece... Ancora niente. » « Mh » Borbotta, non sapendo -un po’ orso per com’è- effettivamente come rispondere. « Sta’ tranquillo » Dice allora, con tutto il suo impegno « Otis starà bene. Sua madre è Pervinca Branwell.. Insomma, impossibile attaccarlo » Cerca di sorridere.
    « Com'è possibile che non ci sia modo di sapere quello che succede da quella parte? Non è giusto. » Annuisce « Già.. » Borbotta. « Roba di lycan, credo. Sai quanto sanno essere.. Teatrali » Sbuffa, stringendosi nelle spalle e buttando giù altri due sorsi. « Immagino si staranno organizzando in qualche modo. O almeno spero.. - Non possono tenere tutti barricati lì dentro per sempre » Lo guarda « No? » Aggiunge, titubante. Odia mostrarsi così incerto. Odia mostrarsi così debole. Eppure, quella è una cosa troppo più grande di loro. E lui si sente inutile, lì in mezzo. « Mi dispiace tu ed Otis abbiate litigato, comunque… » Sospira. Poi lo guarda, una domanda spontanea a scuotergli i pensieri « Ma siete soltanto amici, tu e lui? » Gliela butta lì, senza pensarci poi troppo, con quella solita spontaneità fuori luogo -ed a tratti anche alquanto imbarazzante..- che lo caratterizza.
     
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