Dal simile al simile

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    Se ci sarà da collaborare, lo faremo. Per noi e per la nostra sopravvivenza. Aveva detto questo a Max, senza esitare un istante. Non importa il prezzo da pagare, faremo quel che è necessario. D'altro canto, da un'opportunista come Domiziana Dragomir, non ci si aspetta altro che questo: che insegua il proprio tornaconto - in questo caso la presunta salvezza -, indipendentemente dall'ideale da abbracciare per raggiungerlo. Per di più, lo schieramento di Bobbie - l'unica persona al mondo di cui si fidi la giovane Serpeverde - non ha fatto che confermarle razionalità e correttezza della propria scelta. In ogni caso, Domiziana quel giorno non era presente. Non si sarebbero tenute lezioni del corso di DCAO; pertanto si trovava al riparo nell'appartamento di Max a Londra. Non ha assistito ad alcuno spargimento di sangue né al feroce Ardemonio che ha cancellato la natura circostante al castello, nella tenuta il cui perimetro più volte ha battuto a passo di marcia, nelle ronde, quando era ancora una Caposcuola. Giunta voce della presa di Hogwarts e della scissione con lo Stato Inglese, comunque, la sua prima azione è stata quella di varcare i confini di Inverness e di insediarvisi come già in passato, certa che la protezione della Herondale avrebbe fatto il resto. Ed è lì che attualmente si trova, ben contenta che ci si sia sbarazzati di Bauldry - "incompetente a livelli estremi, becero e mentalmente limitato", sue testuali parole, forse, dettate più dal fatto che abbia impedito ai collegiali del primo anno di candidarsi a senior che non ad altro - e del nuovo piano didattico imposto dalla supremazia lycan. Lo studio della Demonologia l'ha catturata sin da subito - "dal simile al simile", precetto che Domiziana predilige di gran lunga a quello de "gli opposti che si attraggono" -, così come le esercitazioni di combattimento a corpo libero in cui lei, neanche a dirlo, è assolutamente convinta di eccellere. Certo, la necessità di mettersi al servizio degli altri non è proprio nelle sue corde, svolgere lavori socialmente utili ancor meno, ma per essere accettata dal nuovo governo e per mostrare di condividerne almeno alcuni valori... è stato necessario mettere in atto la recita. E l'ha fatto, senza particolari capricci - in questo è maturata, Domiziana Dragomir. Nelle relazioni interpersonali decisamente meno. Ogni volta che incrocia Maeve Cousland per i corridoi, preferisce cambiar strada o roteare gli occhi verso il soffitto, fingendo di trovarvi qualche elemento inspiegabilmente interessante - che sia solo una crepa o uno dei boriosi fantasmi che girano per il castello poco importa. Tutto pur di non trovarsi faccia a faccia con soggetti poco graditi. Ma fin qui nulla di nuovo: agli occhi di Domiziana il novantanove percento della popolazione è poco gradito e i suoi atteggiamenti deliberatamente discriminatori non sorprendono affatto, data l'indole tutt'altro che gentile della giovane. Peccato che, molto spesso, le sia imposto di lavorare fianco a fianco proprio dei suddetti poco graditi individui, come accaduto nella fase di ricostruzione del castello, alla quale ha partecipato sia per non mostrarsi indifferente, sia per reale interesse - Hogwarts è sempre stata casa, per Nana. Come accade anche adesso: si trova ad una lezione serale di Demonologia ed è obbligata a respirare la stessa aria di chi probabilmente preferirebbe non vedere. Ma tant'è. Alza la mano più volte, risponde a quel che sa e prova ad intuire ciò che non sa, da brava studentessa modello del caso. Quando l'insegnamento si conclude, volta le spalle all'aula senza guardare in faccia nessuno - come si confà a chi è convinto di essere una spanna superiore agli altri. Caso di Domiziana Dragomir, per l'appunto. Non fosse che il suo percorso viene interrotto da un quindicenne che molto probabilmente non ha idea di chi lei sia - e che dunque ispira unicamente sdegno e repulsione alla bionda. « Ciao, stiamo cercando dei collaboratori per il giornalino scolastico, se sei interessata ti lascio il volantino!! », la Serpeverde lo squadra dalla testa ai piedi. Per un attimo, valuta l'idea di non rispondergli proprio, semplicemente volgendo lo sguardo verso l'orizzonte. Tuttavia, forse perché non è la prima volta che le capita, si convince a regalare qualche secondo del proprio tempo: « Punto primo, ho già sostenuto i MAGO. Non vado più a scuola. » « Ah okay, no perché eravamo a lezione di Demonologia insieme poco fa e pensavo.. -» « Ritengo tu ti sia reso conto, ormai, del fatto che le nuove lezioni siano obbligatorie tanto per collegiali quanto per studenti. Le frequentano persino i maghi adulti. », e se non te ne sei reso ancora conto, direi che dovresti svegliarti. « Quindi il trovarci insieme nella stessa aula non dovrebbe portarti a deduzioni assolutamente scorrette, del tipo che abbiamo la stessa età. » « Ahm... sì.. Comunque per quanto riguarda il giornalino -» « Per quanto riguarda il giornalino, non sono interessata - cosa ti fa pensare che lo sia!, dato che non è la prima volta che me lo chiedi? », successivamente, la bionda rotea gli occhi verso l'alto e volta i tacchi, senza attendere la risposta del ragazzino.
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    Senonché, è proprio col redattore del "giornale" - che nei pensieri di Domiziana è virgolettato per un ben preciso motivo, vale a dire la sua assoluta indifferenza a quell'attività ricreativa da veri dilettanti, alla quale per altro dà contributo la persona a lei meno gradita della storia, Alice Watson - che si trova faccia a faccia. Otis Branwell, figlio di quella Pervinca Branwell che è tanto fuori luogo quanto svampita, a detta della Serpeverde. Dal simile al simile, in ogni caso: il Tassorosso non sembra da meno della madre. « Branwell, per cortesia, potresti tenere a bada i tuoi adepti? Continuano a distribuire volantini e, guarda, non mi metto a fare la polemica sullo spreco di carta, ma già che ci sono te la faccio, indirettamente, anche se della battaglia per l'ambiente me ne frega meno di zero, è solo per darti fastidio in modo subdolo, «- perché altrimenti non ne veniamo più a capo, ma quanto meno potresti, non so, depennarmi dalla lista delle persone che vengono costantemente contattate e assillate? Ho già detto che non m'interessa.», e quasi starebbe per andarsene, senza attendere, neanche lì, la risposta del giovane, non fosse che... Ha un'illuminazione, Domiziana. « Un attimo. », e si volta di nuovo in direzione di Otis, l'indice della mano destra puntato verso di lui in atteggiamento perentorio. « Non dirmi che questa è l'ennesima trovata dell'amico tuo per darmi fastidio. », come minimo l'avrà convinto lui, quel poveretto, a chiedermi ogni volta a fine lezione se voglio partecipare al vostro inutile giornalino.
     
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    Le lezioni serali erano una delle novità introdotte dalla nuova amministrazione scolastica che preferiva. Corsi serali esistevano anche prima, quando erano particolarmente fortunati e Mercurio era in retrogrado e la professoressa di Astronomia li portava ad osservare, invece che continuare a far loro disegnare boriose costellazioni e fasi lunari. Ma questo era diverso, si diceva. Per prima cosa c'erano grandi e piccoli, adulti e ragazzi, il che era incredibilmente stimolante. Per seconda cosa, essere occupato oltre la fine del normale orario scolastico permetteva a Otis di disporre della scusa perfetta e definitiva per potersi defilare dagli inviti a uscire – ormai saltuari – che i suoi compagni gentilmente estendevano anche a lui, chiudendo un occhio di fronte all'atteggiamento indolente e insofferente del Tasso, negli ultimi tempi. Com'era già capitato in passato, aveva scoperto che il modo migliore per non pensare era tenersi occupato, partecipare a quante più attività scolastiche ed extrascolastiche possibili, e assolutamente, definitivamente, prioritariamente evitare le persone. Se in generale, infatti, Otis era una persona tendente all'introversione, c'era qualcosa in lui che assomigliava sempre meno al saper godere della propria compagnia e sempre più ad una generalizzata insofferenza verso il genere umano. Oltre a ritrovarsi chiuso in una bolla, vagamente intrisa di una punta di egocentrica autosufficienza, Otis sembrava compiere uno sforzo consapevole per evitare di dover interagire con gli altri sopratutto perché, in qualche modo, nell'ultimo periodo sembrava sempre dire la cosa sbagliata. Come quando Lucille Jackson gli aveva domandato se gli piacesse il suo nuovo taglio di capelli, e lui aveva risposto che fosse stata “una buona idea farsi la frangetta, vista l'attaccatura da barbagianni”. Semplicemente, non riusciva a non fare lo stronzo, a sembrare sempre vagamente passivo aggressivo, sarcastico, o altrimenti semplicemente disinteressato. Sembrava che gli avessero fatto un'iniezione di verità, o che non capisse più quando fosse il caso di star zitto, non avendo niente da dire. Ma la verità era che Otis, di quei tempi, non aveva mai niente da dire a nessuno. Non gli interessava davvero più di niente e di nessuno. Solo ed esclusivamente del suo rendimento scolastico, della prospettiva di sostenere i M.A.G.O. l'anno seguente, e di occupare ogni momento vuoto del suo tempo quanto più possibile. Stava giusto revisionando gli appunti presi durante la lezione, completamente inconsapevole di quanto accadesse attorno a lui, quando una voce cadenzata aveva fatto il suo nome. «Branwell, per cortesia, potresti tenere a bada i tuoi adepti? Continuano a distribuire volantini e, guarda, non mi metto a fare polemica sullo spreco di carta perché altrimenti non ne veniamo più a capo, ma quanto meno potresti, non so, depennarmi dalla lista delle persone che vengono costantemente contattate e assillate? Ho già detto che non m'interessa». In un mondo che sembrava distante anni luce, e sicuramente in un altro universo in cui le cose non erano cambiate così radicalmente all'interno della sua vita, le persone come Domiziana Dragomir e Otis Branwell avrebbero occupato due posti distanti e opposti in modo imperituro. La completa incompatibilità tra gli archetipi delle loro due personalità era segnata nella materia stessa dell'universo – questo avrebbe detto Otis. Nel senso comune era chiaro che non avrebbero mai avuto a che fare l'uno con l'altra, uno troppo occupato a giocare a Black Market o D&d in qualche scantinato; l'altra troppo occupata a prosciugare i fondi familiari su capi d'abbigliamento troppo costosi e a lanciare occhiate seccate a chiunque si permettesse di respirare la sua stessa aria. E quell'interazione sarebbe stata perfettamente in linea con questo atavico e ancestrale copione, con Otis che l'avrebbe guardata terrorizzato, farfugliando delle scuse confuse e raccogliendo alla bell'e meglio i propri averi prima di sparire dalla vista della ragazza il prima possibile, temendo la paralisi ad opera dei serpenti che presto avrebbero preso il posto dei suoi capelli biondi. Lo sarebbe stata, se non fosse stato che Otis aveva, sorprendentemente, stretto le spalle. «Che ti sorprenda o no, il principio del volantinaggio è proprio distribuire a quanta più gente possibile, spargere la voce. Non è un invito personalmente rivolto a te.» E così lo sfigato parlava. E non era quella la novità, perché Otis cercava sempre di controbattere, specialmente quando sapeva di avere ragione. Ma quando si trattava di ragazze – e quando si trattava di ragazze come Domiziana – perdeva ogni verve, arrossiva violentemente, e pianificava la fuga. Stranamente, la sua insofferenza sembrava averlo reso impavido. «Un attimo. Non dirmi che questa è l'ennesima trovata dell'amico tuo per darmi fastidio.» Il piede di Otis batteva nervosamente a terra, ma sembrava più un riflesso motorio inconscio, che seguiva un ritmo interno, che non un segno di tensione. Continuando a guardare i propri appunti, Otis aveva lasciato fuoriuscire dalle labbra un leggero sospiro. «Quale amico?» Chiese sinceramente, aggrottando vagamente la fronte. «Comunque, per tua informazione, i volantini sono di carta riciclata, così come anche il nostro giornale. Vengono distribuiti solo durante le ore di lezione, e non è una mossa rivolta specificamente a te, ti ripeto. Se invece la tua lamentela è verso il concetto stesso di volantinaggio posso capirlo. Mi spiace.» Fece, dunque, per raccogliere le proprie cose dal banco a cui era rimasto seduto. «Con permesso» chiuse infine, trovando addirittura il coraggio di fissare i propri occhi cerulei in quelli della ragazza, per invitarla a lasciarlo uscire. Se solo Emi potesse vederlo.
     
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    «Che ti sorprenda o no, il principio del volantinaggio è proprio distribuire a quanta più gente possibile, spargere la voce. Non è un invito personalmente rivolto a te.», gli occhi di ghiaccio di Domiziana si posano sull'esserino davanti a sé, l'impacciato Otis Branwell impegnato a trasmetterle in tono didattico - patetico! - informazioni che, chiaramente, sono già in suo possesso. Inarca un sopracciglio, la bionda, trovandosi a trattenere una risata per l'ilarità, e annessa assurdità, della situazione. « Mi sorprende il fatto che il presunto responsabile del giornalino non sia a conoscenza delle modalità in cui operano i propri.. colleghi? », sempre che quel criceto assillante del tuo gruppo possa essere definito "collega". « E in ogni caso -», punta l'indice nella sua direzione, «- ho già detto -», e odio terribilmente dovermi ripetere, «- che non si è trattato semplicemente di "distribuzione di copie". Io sono stata assillata e contattata più volte. A ripetizione. Costantemente. E sempre dalla stessa persona, guarda caso.», assume un'espressione terribile delle sue, Domiziana. Un misto tra rimprovero, disgusto e incredibile fastidio. Impossibile non odiarla a pelle. « Conosci il significato dei verbi assillare e contattare? Mi auguro di sì. », viceversa la carriera del giornalista, mi spiace!, ma non sarebbe nelle tue corde. « Inoltre, proprio perché si è trattato sempre della stessa persona, direi sia abbastanza immediato vederci della malignità dietro. Una cattiva condotta. », davvero divertente il fatto che sia proprio Domiziana Dragomir ad accusare di malignità gli altri. Ad ogni modo, lei ci crede sul serio. Si sente vittima, e per questo contrattacca. « Per di più, mi è stato richiesto non di leggere e basta il vostro minestrone di notizie di dubbia validità, ma di collaborare con voi. », scandisce ad un tono di voce più alto alcune parole della frase appena enunciata. « Ti renderai conto che dopo una, due, tre volte - e qui mi fermo, ce ne sarebbero anche altre - io mi sia abbastanza indispettita. », continua a guardarlo in cagnesco, Domiziana, prima di aggiungere il resto delle proprie supposizioni: « Le cose sono due. Anzi, tre -», tocca il pollice della mano destra con l'indice della mano sinistra: « Uno. Quel tuo collega sciocchino si è preso da solo -», anche se dubito, essendo al massimo un tredicenne, «- la libertà di propormi - di assillarmi a collaborare col giornalino. », inarca le sopracciglia, a sottolineare l'assurdità di tale ipotesi. Tocca poi l'indice della destra con l'indice della sinistra: « Due. Sei stato tu a imporglielo, nascondendoti dietro un bambinetto nella speranza che io vi dia corda. », terribilmente patetico persino per uno sfigato come te, Branwell. Infine, l'ipotesi più subdola. Tocca il medio della destra con l'indice della sinistra. « Tre. E' stato il tuo amico a elaborare questa meravigliosa idea. Già quasi riesco a vedervi, nella vostra stanzetta da undicenni, a sghignazzare per uno scherzo da quattro soldi del genere - vale a dire prendere per sfinimento gli adulti. », subito dopo, Domiziana si illumina.
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    « Oh, no. Deve averlo fatto alle tue spalle, o non si spiegherebbe la tua espressione così spiazzata. Oh - sono così triste che abbia tradito la tua fiducia minacciando la tua credibilità di capo, Branwell. », il tono falsissimo di Domiziana la dice lunga su quanto sia dispiaciuta. «Quale amico?», questa volta è la Serpeverde a trovarsi spiazzata. Subito ribatte: « Perché, non ne hai uno solo? », ed è lì nuovamente a inarcare le sopracciglia, la bionda, nella formula più sprezzante che è in grado di assumere. Ritengo sia l'unica persona al mondo che possa davvero seguirti nella buona e nella cattiva sorte, Branwell. Dal simile al simile. Prima che possa specificare di chi si tratti, comunque, Domiziana viene interrotta da alcune inutili spiegazioni - che hanno tuttavia più il sapore di giustificazioni - da parte dell'interlocutore: «Comunque, per tua informazione, i volantini sono di carta riciclata, così come anche il nostro giornale. Vengono distribuiti solo durante le ore di lezione, e non è una mossa rivolta specificamente a te, ti ripeto. Se invece la tua lamentela è verso il concetto stesso di volantinaggio posso capirlo. Mi spiace.», Domiziana rotea gli occhi. « Non m'importa che vengano distribuiti "unicamente durante le ore di lezione". M'importa che non vengano distribuiti come mossa rivolta specificatamente alla mia persona - cosa assolutamente vera, come ti ho già detto - e che non mi venga richiesto costantemente di aiutarvi nelle vostre imprese da Dora l'esploratrice alla ricerca di nuove gustosissime notizie, tipo quella cavolata delle interviste di Alice Watson rivolte alla formulazione delle carte "natali". Come si possa credere al giorno d'oggi all'oroscopo, io davvero non me lo spiego. O ancora i gossip tipo Juliet ha baciato Pedro, il fidanzato di Trixie, oh mia Morgana!, i triangoli ai tempi delle Superchicche ed altre fantastiche storie.», assolutamente stufa della conversazione, Domiziana si limita infine ad aggiungere: « Comunque parlavo di quel deficiente di Émile Carrow. », conclude così, facendo segno ad Otis che "il corridoio per andarsene è da quella parte", dato che il Tassorosso le ha detto poc'anzi: «Con permesso»


    Edited by amor‚ I’m a reckless - 31/7/2022, 13:21
     
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    «Mi sorprende il fatto che il presunto responsabile del giornalino non sia a conoscenza delle modalità in cui operano i propri.. colleghi?» In effetti, Otis questo doveva ammetterlo, non era al corrente del fatto che si stesse svolgendo del volantinaggio per il giornalino tout court. Se ne rendeva conto soltanto adesso che Domiziana glielo stava facendo tanto cordialmente notare, ma non si era concordato di ricercare del personale per la redazione al momento, essendo l'attività del club scolastico di giornalismo interamente sospesa. Non avevano neanche più lanciato la nuova edizione, nonostante fosse tutto pronto, il nuovo logo disegnato, la nuova carta acquistata, e la pagina Wiztagram ferma lì, a prendere polvere. I suoi collaboratori aspettavano che fosse lui, il caporedattore, a dare il via alle riunioni, ma da quando c'era stata l'occupazione della scuola da parte dei Ribelli l'intero progetto – comprensibilmente – era stato messo in pausa, e dopo di che il club si era ritrovato decimato dai propri membri, alcuni dei quali non erano rimasti al Castello, altri che erano semplicemente scomparsi. Erano avvolti da una strana inerzia. Ascoltando solo alcune delle parole che Domiziana Dragomir gli stava rivolgendo in quel momento, segnò mentalmente un promemoria per se stesso, ripromettendosi di scrivere o parlare a Mia, Eliphas, e tutti gli altri studenti con i quali aveva discusso del giornale prima che tutto cambiasse. Un altro promemoria, quello, che avrebbe molto probabilmente pigramente ignorato. «E in ogni caso ho già detto che non si è trattato semplicemente di 'distribuzione di copie'. Io sono stata assillata e contattata più volte. A ripetizione. Costantemente. E sempre dalla stessa persona, guarda caso.» «Oddio, Domiziana, credo allora che qualcuno abbia una cotta per te qui, altrimenti non me lo spiego» commentò interrompendola, mentre infilava i propri libri nella tracolla e si avviava verso il corridoio. Le fece un cenno con la testa, come ad invitarla a seguirlo per continuare quella conversazione, dirigendosi fuori dall'aula. Non che nutrisse un particolare interesse per quella conversazione, a dirla tutta, ma non voleva sembrare scortese, nonostante avesse una certa fretta. Le lezioni erano concluse, per quel giorno, ma aveva le prove della banda a cui non poteva assolutamente mancare. Stava imparando a suonare l'oboe: si erano rifiutati di far spazio al suo koto. Dicevano che fosse “troppo ingombrante”. Come se non fosse ingombrante anche la batteria. «Conosci il significato dei verbi assillare e contattare? Mi auguro di sì.» «Sì, sì, secondo me si può parlare di ossessione» continuò Otis, con un velo di sarcasmo appena percepibile, senza che Domiziana sembrasse prestargli particolare attenzione. «Inoltre, proprio perché si è trattato sempre della stessa persona, direi sia abbastanza immediato vederci della malignità dietro. Una cattiva condotta.» Si fermò un secondo, il Tassorosso, e prese a frugare nella propria sacca alla ricerca di qualcosa. «Secondo me la prendi con troppa negatività. Hai un ammiratore» fece, annuendo, prima di addentare la mela che aveva messo da parte quella mattina, al banchetto della colazione, e che consisteva nel suo nutriente pranzo del giorno. «È una cosa bella, no? Non capisco, però, perché ne parli con me, a dirla tutta...» «Per di più, mi è stato richiesto non di leggere e basta il vostro minestrone di notizie di dubbia validità, ma di collaborare con voi. Ti renderai conto che dopo una, due, tre volte - e qui mi fermo, ce ne sarebbero anche altre - io mi sia abbastanza indispettita.» Fu allora che Otis iniziò a prendere la questione sul serio, rallentando il passo e aggrottando la fronte. «Questo è davvero strano. Non stiamo assolutamente accettando nuove iscrizioni, al momento. E comunque il progetto del giornalino è aperto soltanto agli studenti del primo grado di stu
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    di, al momento, non agli studenti del college. È contro il regolamento.»
    Di chi poteva trattarsi? Qualcuno di così innamorato di Domiziana Dragomir da inventarsi di sana pianta moduli di iscrizione e richieste di collaborazione? Chiunque fosse, comunque, era chiaramente un illuso che cercava soltanto un modo per comunicare con lei, questo gli sembrava ovvio. In ultima istanza la scelta dei membri del giornalino toccava al caporedattore – anche se Otis tipicamente preferiva mettere la decisione ai voti, chiedendo un parere unanime a tutti i membri della redazione – e questo lo sapevano tutti. Insomma, era chiaro che non fosse una proposta autentica. «Le cose sono due. Anzi, tre. Uno. Quel tuo collega sciocchino si è preso da solo la libertà di propormi - di assillarmi a collaborare col giornalino.» Otis annuiva, cominciando a portare il conto sulla punta delle dita anche lui, insieme a Domiziana, vagliando le loro opzioni. «La più probabile» intervenì. «Due. Sei stato tu a imporglielo, nascondendoti dietro un bambinetto nella speranza che io vi dia corda.» «Ah... Ehm...» Avvertì una punta di imbarazzo. Come fare a spiegarle che, se fosse dipeso da lui, probabilmente una delle ultime persone sulla faccia del pianeta a cui avrebbe chiesto una collaborazione sarebbe stata lei? Anche perché Domiziana sembrava aver creduto davvero a quella richiesta di collaborazione, e per quanto si mostrasse disinteressata, a Otis non riusciva di dirle semplicemente che nessuno, ufficialmente, l'avrebbe voluta in redazione. Non era niente di personale, del resto neanche la conosceva; ma purtroppo la sua reputazione – e la sua resting bitch face – la precedevano a tal punto da rendere chiunque terrorizzato al pensiero che una come lei potesse far parte di un contesto collettivo e collaborativo come una redazione giornalistica. Per quanto amatoriale, i ragazzi ci tenevano molto all'ambiente del club, all'atmosfera positiva, curiosa, incoraggiante. Fino a quel momento a Otis era parso chiaro che neanche a lei sarebbe mai interessato davvero farne parte, ma ora cominciava a chiedersi se forse, da qualche parte, quella non potesse essere una messa in scena un po' articolata e contorta – tipica delle ragazze – per far sì che lui le offrisse un posto. Era forse quello che si aspettava che le dicesse? «Non... Non direi, no...» provò, lanciandole un'occhiata di traverso, fulminea, per constatare la sua espressione. Tre. E' stato il tuo amico a elaborare questa meravigliosa idea. Già quasi riesco a vedervi, nella vostra stanzetta da undicenni, a sghignazzare per uno scherzo da quattro soldi del genere - vale a dire prendere per sfinimento gli adulti.» Ma abbiamo tipo tre anni di differenza. «No, no» convenne, il dito premuto contro l'anulare dell'altra mano. «Ti garantisco che non scherziamo – anzi, non scherzo mai con questo tipo di cose. Il giornalino è un affare serissimo» fece, scuotendo la testa. «Te l'ho detto. Secondo me si tratta di qualcuno a cui devi piacere molto, forse un ragazzo del primo anno, se mi dicevi che è un bambino... Avrà voluto farti uno scherzo o forse voleva solo parlare con te. Forse avrà preso i volantini dal magazzino... In effetti dovremmo fare attenzione a questo tipo di cose.» «Oh, no. Deve averlo fatto alle tue spalle, o non si spiegherebbe la tua espressione così spiazzata. Oh - sono così triste che abbia tradito la tua fiducia minacciando la tua credibilità di capo, Branwell.» Otis non capiva bene che cosa stesse dicendo Domiziana, a quel punto. Fece una risatina imbarazzata, mormorò un «già...» poco convinto. Sembrava che lei volesse a tutti i costi metterlo in difficoltà, ma continuava a non capire esattamente il perché. Come se provasse piacere al pensiero che la storia che aveva creato nella propria mente – l'idea che qualcuno, all'interno della redazione, fosse sfuggito al suo controllo e avesse agito in modo indipendente, minando alla sua immagine di capo – fosse reale. Ma perché sembrava compiacersene tanto? In fondo, forse quella era la prima volta che i due si erano scambiati più di due battute. Non poteva essere personale. O forse sì? «Non è successo niente del genere per fortuna, e la mia autorità da capobranco è ancora intatta!» Scimmiottò alla fine, sollevando le braccia a mimare un macho prima di ridacchiare tra sé e sé. La credibilità di capo Otis Branwell l'aveva persa forse 3 minuti dopo essere diventato redattore al giornale – se mai l'aveva avuta. «Però sono molto curioso di sapere chi era lo studente che ha una cotta per te. Più che altro perché dovrò dirgli due parole, se parla a nome del giornalino e ruba i nostri volantini. Di sicuro non è dei nostri, però, perché non abbiamo nessuno studente così piccolo. Ti ricordi il nome, per caso?»
    «Non m'importa che vengano distribuiti "unicamente durante le ore di lezione". M'importa che non vengano distribuiti come mossa rivolta specificatamente alla mia persona - cosa assolutamente vera, come ti ho già detto - e che non mi venga richiesto costantemente di aiutarvi nelle vostre imprese da Dora l'esploratrice alla ricerca di nuove gustosissime notizie, tipo quella cavolata delle interviste di Alice Watson rivolte alla formulazione delle carte "natali". Come si possa credere al giorno d'oggi all'oroscopo, io davvero non me lo spiego. O ancora i gossip tipo Juliet ha baciato Pedro, il fidanzato di Trixie, oh mia Morgana!, i triangoli ai tempi delle Superchicche ed altre fantastiche storie.» Annuì, sebbene incassare il colpo fu difficile, ad essere sinceri. Si passò la lingua sulle labbra, pulendo via sapore zuccherato della mela appena finita. Si passò il dorso della mano sulle labbra, prima di allungarsi a gettare il torsolo in un cestino vicino all'aula adibita alle prove della banda, di fronte alla quale erano ormai giunti. «Uhm... No, hai ragione. L'oroscopo non è molto distante da ciò che studiamo a Cartomanzia, dopotutto, ma è vero che la Divinazione non fa per tutti... Io lo so bene. Non dirò a mia madre che l'hai detto» ridacchiò, lanciandole uno sguardo veloce per lasciar intendere la propria ironia. Non si sa mai. «No, comunque, è vero. La nuova edizione del giornalino doveva distaccarsi un po' da questo filone più infantile, in effetti. Ecco perché il rebranding e quant'altro...» fece, gesticolando. «Poi non se n'è fatto più niente... Di questo mi dispiace. Avevamo delle idee in serbo che forse avrebbero potuto farti cambiare idea.» Fece infine, stringendo le labbra in un sorriso soppresso. «Comunque parlavo di quel deficiente di Émile Carrow.» Ah. Punto debole. «Oh. Uhm... Cosa dicevi, di lui? Non ricordo più, scusami...» E prese a guardarsi attorno, d'improvviso nervoso; si sistemò la tracolla, poi la cravatta, poi la camicia. «Ma tu... Cioè, non so in che rapporti eravate, mi ricordo una mezza cosa... Dico... L'hai per caso sentito... Chiedo così, per curiosità.»


    Edited by the educator - 19/8/2022, 21:23
     
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