Come mangiarsi una vita

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    Lei aveva un gruppo di amici? Intendo quelli che si possono avere solo quando si è piccoli, alla Stand by me.
    Da quanto tempo va avanti a parlare? E pensare che le prime sessioni era un muro di silenzio e diffidenza. Soldi buttati per fissare quell'uomo con aria ostile, senza riuscire a pronunciare nemmeno il proprio nome. È passato un mese dal loro primo incontro, se ricorda bene. Non è cambiato nulla nell'arredamento che la circonda, anche se l'ambiente si fa ogni volta più afoso per via dell'estate che continua a martoriare tutti con temperature assurde. Non è cambiato l'atteggiamento dell'uomo che le siede davanti, sempre con quel suo atteggiamento tanto posato. Eppure qualcosa nel complesso deve essere cambiato, qualcosa che alla fine l'ha convinta a proferire qualche parola. Non si fida ancora di lui, non abbastanza da renderlo partecipe di quelle che reputa le cose più importanti della sua vita, ma come una novella pollicina sta lasciando per lui un sentiero di briciole che a lungo andare potrebbe portare a verità tanto oscure da sembrare proprio uscite da una fiaba dei fratelli Grimm. Si chiede distrattamente che tipo di principessa potrebbe essere, ma non le viene in mente nulla di soddisfacente. Le sembra di essere una pietosa protagonista per la propria vita, figurarsi per una fiaba. Con un movimento del bacino tenta di trovare una posizione più comoda sulla sedia che occupa ormai da qualche ora. Quando è entrata nello studio il cielo era ancora di un intenso azzurro, mentre ora la lampada che se ne sta vicino alla finestra riflette oltre il vetro solo il buio della notte incombente. Forse è per questo che si sente più inquieta man mano che il tempo trascorre. Il momento del crepuscolo l'ha sempre irritata, con il suo porre fine alla giornata costringendo chiunque a fare i conti con tutte quelle cose che ancora non è riuscito a fare.
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    Conosce quel film, no? Ho sempre voluto entrare a far parte di un gruppo simile. Era il mio unico scopo, avere degli amici con cui andare a correre per le strade di Las Vegas e poter dire loro qualsiasi cosa, anche la più atroce, senza avere il minimo dubbio che sarebbero comunque rimasti a coprirmi le spalle. Quel senso di appartenenza, quasi un patto di sangue.
    Il pianto la coglie alla sprovvista, preannunciato da un solo, rumoroso singhiozzo. Il corpo si china in avanti istintivamente, chiudendosi a guscio per affrontare le lacrime bollenti che sente scivolare sulle gote e poi staccarsi dal mento, bagnando il tessuto dei jeans che indossa. Ormai sono la prassi, quei pianti improvvisi e devastanti, che alla loro fine lasciano nient'altro che un senso di impotenza e frustrazione. Un tempo avrebbe cercato di nascondere una così plateale manifestazione di debolezza, ma ormai non sembra avere più le forze per tutte quelle apparenze da tenere al proprio posto. È troppo impegnata ad evitare di cadere miseramente a pezzi per prestare attenzione anche a quel che le altre persone potrebbero pensare di lei. Inoltre, la sua reputazione è già irrimediabilmente compromessa, non saranno certo un paio di lacrime a peggiorare la situazione.
    Scusi, ora passa.
    Lentamente torna ad alzare il busto, gli occhi gonfi ed arrossati, che strofina energicamente con il polso prima di riprendere il discorso che la piccola crisi passeggera ha interrotto.
    E li avevo trovati, alla fine, quegli amici che pensi che saranno per sempre. Con loro mi sentivo invincibile, cazzo. Erano meglio della mia vera famiglia. Non mi interessava avere un ragazzo, né sembrare carina. Pensavo fosse quella la vita che mi aspettava ed invece era solo una parentesi, fin troppo breve.
    Si sente stremata, come se il pianto avesse finito con il prosciugarle ogni energia. Finalmente torna a puntare lo sguardo sull'uomo che occupa l'altra poltrona, ma il suo sguardo non le restituisce ancora quello che lei sembra cercare.
    Perché quel tipo di amicizia è sempre destinata a finire?
    È solo un sussurro, che scivola tra le labbra schiuse con aria d'accusa verso non si sa bene chi. Un attimo dopo, il piglio spensierato che è solita mettere su quando la diffidenza torna a farsi troppo ingombrante, è nuovamente al suo posto.
    Possiamo ordinare qualcosa da mangiare? Ho una fame terribile, non penso di riuscire a resistere fino a casa. Può mettere tutto sulla mia parcella.

    Edited by Occho - 14/7/2022, 22:42
     
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    Si rende conto perfettamente di avere un problema di fondo. Perché ogni qualvolta si ritrova in quella stanzetta, rimediata nel rustico della casa che gli è stata assegnata ad Hogsmeade, ogni qualvolta ha di fronte un paziente, la sua testa sembra essere presente ma in fondo non lo è davvero. Non lo è dal momento che spesso vola lontana, soffermandosi sul pensiero dei pazienti che ha dovuto lasciare così, su due piedi, dal giorno alla notte, cercando di affidarli ai colleghi che sapeva per certo sarebbero rimasti a Londra. E ancora oggi, a distanza di mesi, sente non solo di aver tradito il proprio giuramento professionale, ma anche quei percorsi di vita che gli erano stati affidati e che lui, per propri problemi professionali, ha dovuto lasciarsi alle spalle. Lei aveva un gruppo di amici? Intendo quelli che si possono avere solo quando si è piccoli, alla Stand by me. La domanda di Leslie Palahniuk lo fa tornare al presente in maniera quasi destabilizzante, come il risveglio brusco da un sogno nel quale stai cadendo dal decimo piano di un palazzo. Strabuzza gli occhi, con le dita che prendono a giocare con la biro, lasciandola scivolare sulla pagina bianca del taccuino dalla punta al retro, dal retro alla punta, così per dei minuti d'impassibile silenzio. In fondo il suo lavoro consiste nel far parlare Leslie di sé e non il contrario, dove è lui a monopolizzare la seduta. E per quanto i sensi di colpa nei confronti dei suoi doveri si facciano sempre più presenti duranti quegli appuntamenti, l'uomo è effettivamente immerso nel viaggio della bionda che ha di fronte. Sono passati da un'ora di silenzio assenso, perlopiù concentrati una sul traffico della Londra magica fuori dalla finestra del suo ex studio e l'altro sul cercare di delineare i suoi tratti attraverso quelle poche briciole che i suoi comportamenti gli suggerivano, ad un'ora in cui la ragazza cerca di riempire i buchi di silenzio provando ad interagire con lui per poter creare una specie di ponte. Il silenzio ora sembra infastidirla. Si annota manualmente sul taccuino con l'ombra di un sorriso. Scrivere alla vecchia maniera, infatti, senza aiuto della magia, lo aiuta a focalizzarsi meglio sul caso, entrandovi sempre più a fondo, parola dopo parola. Conosce quel film, no? Ho sempre voluto entrare a far parte di un gruppo simile. Era il mio unico scopo, avere degli amici con cui andare a correre per le strade di Las Vegas e poter dire loro qualsiasi cosa, anche la più atroce, senza avere il minimo dubbio che sarebbero comunque rimasti a coprirmi le spalle. Quel senso di appartenenza, quasi un patto di sangue. Bisogno di avere un gruppo alle sue spalle, a cui essere fedele e che le sia fedele. Un altro appunto, che non dice in effetti niente di più della semplice natura umana di ogni persona. Come tutti, Leslie non è un'isola solitaria in mezzo all'oceano. « E' per questo che hai deciso di rimanere da questa parte del muro? » Le chiede allora, arrivando alla conseguenza più naturale dalle sue affermazioni. L'averla incontrata per caso ad Hogsmeade l'ha infatti incuriosito, avendola inserita nella lista dei pazienti da lasciare a Merrison, convinto che sarebbe rimasta a Londra. Eppure l'aveva vista uscire dall'Emporio in piazza e aveva aspettato che fosse lei a salutarlo, così com'è ormai abituato a fare per non andare a compromettere la riservatezza dei loro incontri professionali, in cui i pazienti possono anche non voler rivelare al mondo il loro bisogno di un aiuto psicoterapico. « Perché hai trovato un gruppo che ti guarda le spalle o perché speri di trovarlo? » Lui, dal canto suo, sa di averlo, facendo parte di quel Branco tanto grande e variegato da essere come una famiglia. Non fa in tempo ad incalzarla con altre riflessioni che il suo corpo viene scosso da un singhiozzo e poi un altro ancora. Non si scompone, Adam, con un sorriso pacifico a dipingergli le labbra. Scusi, ora passa. Scuote la testa allora, lasciando scivolare sul tavolino che li separa un pacco di fazzoletti. « Tranquilla, non forzarti. Accettalo e tenta di comprenderlo. » La parte migliore in un pianto come quello è capirne i confini, capire come ti fa sentire e accettarlo tanto da farlo diventare liberatorio e lasciarlo scivolare via, con tutto il peso, con tutto il dolore che vi si è riversato dentro. E li avevo trovati, alla fine, quegli amici che pensi che saranno per sempre. Con loro mi sentivo invincibile, cazzo. Erano meglio della mia vera famiglia. Non mi interessava avere un ragazzo, né sembrare carina. Pensavo fosse quella la vita che mi aspettava ed invece era solo una parentesi, fin troppo breve. Si specchia nello sguardo chiaro di lei e si ritrova a pensare che vi riesce a leggere una punta di delusione, come se non le stesse dando ciò di cui ha davvero bisogno. Allora deglutisce, sentendosi improvvisamente messo con le spalle al muro. Non sto facendo bene il mio lavoro. Un pensiero, quello, che non ha mai davvero attraversato neanche l'anticamera del suo cervello intriso di estrema sicurezza nel proprio essere. Eppure ora è lì, piuttosto lucido e vivido, chiaro come l'acqua di un lago alpino, pronto a farlo specchiare in sé per restituirgli il vuoto che sente in quell'ultimo periodo. E come sempre, cerca di rimettere insieme i pezzi di se stesso riconsegnando al mondo esterno un'immagine di sé unificata, solida. Tutto d'un pezzo, a prova di proiettile. Perché quel tipo di amicizia è sempre destinata a finire? Ci pensa un po' su, inclinando la testa di lato. Ha una risposta pronta, sulla punta della lingua, dettata dal suo cinismo cronico. Quello di Adam, l'uomo, che mal si sposa con il suo essere anche il dottor Lindstörm. « Non credi fosse quello di cui avevi bisogno in quello specifico momento del tuo percorso? » Di Leslie, Adam sa ancora poco. Non si è lasciato influenzare da alcuni discorsi che aveva sentito fare, i primi giorni in cui la bionda aveva preso a calcare i corridoi del suo studio, alla receptionist. Quella parte, la droga che l'aveva portata al declino, ha sempre sperato di sentirla uscire dalle labbra di lei, raccontata con i dettagli dettati dalle sue emozioni. Ma finora sembra esserci girata sempre intorno, così come sta facendo ora, dandogli la possibilità di immaginare cose senza averne l'effettiva tangibilità. Possiamo ordinare qualcosa da mangiare? Ho una fame terribile, non penso di riuscire a resistere fino a casa. Può mettere tutto sulla mia parcella. A quelle parole si lascia andare ad una risata non trattenuta. L'insistenza con la quale Leslie continua a dargli del lei - pur avendole ribadito più volte che avrebbe potuto usare un registro più colloquiale, per sentirsi a proprio agio -, murandosi dietro quella cortina di ferro lo
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    sprona nei tentativi di assedio. Guarda l'ora. Le otto e trentatré. « L'asporto è poco consigliato a quest'ora se non hai intenzione di mangiare alle dieci. » D'estate poi i fattorini sono oberati di lavoro. Meglio fare da soli. Sciabola le sopracciglia alzandosi per poi abbandonare taccuino e penna sul tavolo. « Preferenza culinarie? » Chiede poi avviandosi verso la porta, aspettandosi semplicemente di essere seguito. Una volta in strada si sente di tirare un respiro di sollievo, accorgendosi solo in quel momento di quanto avesse desiderato sgranchirsi le gambe, dopo la giornata estenuante, e prendere un po' d'aria, per quanto sia ancora effettivamente tiepida seppur a quell'ora di sera. « Se potessi cambiare la tua vita, ora, con un semplice colpo di bacchetta... -» le lancia un'occhiata di traverso mentre camminano lungo uno dei vicoletti di Hogsmeade «- cosa cambieresti? » Domanda con un sopracciglio leggermente teso. Sono ancora palesemente immersi nella seduta eppure, dall'esterno, sembra più una conversazione colloquiale tra due conoscenti di lunga data. Un approccio che spera possa essere quello più adatto per Leslie, tutelando la privacy del loro rapporto. « Riesci ad individuare anche solo un aspetto che invece, più realisticamente parlando, puoi seriamente invertire, facendolo girare diversamente? » Arrivano intanto al vialetto alberato che dà su una delle piazzette del campus, lì dove molti ragazzi sono appollaiati qua e là, chi sulle varie aiuole, chi sulle panchine, chi si gode la serata andando in bici e chi gioca a pallone. Avverte alcune occhiate su di sé a cui non si sottrae ma che non ricambia, guardando fisso di fronte a sé, trapassando chiunque con lo sguardo come fosse fatta di vetro. In fondo al viale si staglia un piccolo chioschetto che prepara piadine e hot dog. « Perché hai deciso di venire ad Hogsmeade, Leslie? » Cosa stai cercando? « Forse è proprio esserci, qui, il primo tassello. »
     
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