Demon hunters.

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    «Chi di voi sa dirmi la differenza tra “Possessione” ed “Infezione Demoniaca”?» Quella mattina, Murphy Macmillan era particolarmente di buon umore. Non perché ci fosse stato qualche evento straordinario -se ve lo state chiedendo no, nessuno in particolare le aveva ancora chiesto di uscire, di sposarlo e di avere due figli, un cane ed un criceto-, semplicemente, quando si era svegliata, aveva percepito un inspiegabile senso di benessere. Forse perché la sera precedente si era coricata presto -cosa che accadeva di rado- o forse perché sapeva che quella mattina, a colazione, ci sarebbero stati i muffin al cocco. La maggiore dei Macmillan era fondamentalmente un essere umano incredibilmente poco complesso: non aveva maschere, agiva seguendo più l’istinto che la ragione e dava l’impressione di non essere ancora cresciuta. Non che la cosa la preoccupasse o le dispiacesse. Aveva sempre amato i bambini e credeva ciecamente che se i pargoli avessero potuto prendere il posto di quei pomposi politici al governo, in un giorno avrebbero già risolto -con semplicità- decine di problemi. «Per "Possessione" possiamo parlare di una vera e propria convivenza del demone e dell’umano all’interno del corpo ospite, mentre l' "Infezione Demoniaca" è una trasmissione all’umano di alcuni tratti del demone tramite il contatto tra il sangue umano e quello del demone.» Qualcuno rispose, qualcuno di cui Murphy non si preoccupò di riconoscere la voce. Se ne stava china sulla propria pergamena, la lingua che spuntava appena dal lato destro delle labbra, come faceva sempre quando era particolarmente concentrata su qualcosa. Probabilmente avrebbe dovuto prendere appunti se voleva sperare anche solo lontanamente di superare l’esame ormai imminente. Ma la verità era che stava mettendo molto più impegno in quello che stava disegnando piuttosto che sulle parole del professore. Era partito tutto con la piuma che le era scivolata via dalle dita ed aveva creato una macchia sulla pergamena. Guardandola attentamente non era stato difficile accorgersi che, in un modo che forse solo a lei sembrava chiaro e lampante, quella macchia somigliava in modo sorprendente ad una farfalla. E allora perché non cominciare a definirla di più, aggiungendo minuzie e particolari? Sembrava un modo migliore di passare il tempo in quell’ora di lezione. «E qualcuno sa dirmi come posso contrarre un’Infezione Demoniaca?» «Per esempio.. Attraverso il contatto con un oggetto oscuro..» A volte la sua mente vagava e allora lei immaginava di essere qualcosa o qualcuno. Negli ultimi tempi aveva fantasticato parecchio su come sarebbe stato essere Obi-Wan, il suo porcellino d’India. Cosa starà facendo in quel momento? Oh, bhè, o stava mangiando o stava dormendo. Le risposte non potevano essere chissà quante. Dubitava che Obi W avesse un’agenda ricca di impegni. Le sembrava di vederlo, mentre dormiva a pancia all’aria, la boccuccia leggermente aperta dalla quale spuntavano due grossi incisivi. Chissà se anche lui alle volte immaginava di essere qualcosa o qualcuno. Magari in quel momento stava proprio immaginando di essere Murphy. Oh, cielo! E’ pericoloso immaginare di essere qualcuno mentre quello immagina di essere te? Potrebbe accadere come in “Quel pazzo venerdì” e far risvegliare Murphy nel corpo di un roditore? Che poi, davvero sarebbe stata una cosa così negativa? Obi Wan se la passava alla grande, tutto sommato. Quando aveva fame mangiava, se aveva sonno dormiva e se voleva muoversi aveva persino una graziosa ruota sulla quale fare due passi. Non sembrava affatto un pessimo modo di vivere. «Macmillan..» L’ala di quella farfalla la stava facendo impazzire. Somigliava all’altra? Erano così diverse? «Macmillan!» Forse avrebbe dovuto comprare un nuovo distributore dell’acqua per Obi-Wan. «Murphy Macmillan!» Quando la ragazza alzò il volto si ritrovò tutto d’un tratto gli occhi del professore e di alcuni compagni puntati addosso. Posò la piuma con molta calma, come se fosse un’arma ancora fumante e il professore l’agente che le aveva appena intimato di posarla. Si sentiva come un bambino che era stato sorpreso con le mani infilate dentro il barattolo di marmellata. Si strinse nelle spalle, mordendosi le labbra prima di rispondere. «Uuuuuhm... Quarantadue?» Ebbe l’impressione che le facce intorno a lei si facessero ancora più perplesse. Il professore alzò un sopracciglio, fissandola. Serio, prof? Tutti quanti sanno che la risposta alla domanda fondamentale sulla vita, l’universo e tutto quanto è quarantadue! Tutto sommano, quindi, quella risposta sarebbe dovuta essere giusta qualsiasi cosa lui avesse chiesto. «Bene. Poiché sembra che qualcuno non fosse attento-» riferimenti a cose e persone sono puramente casuali, immagino «- lo ripeto: per la prossima lezione dovete effettuare una ricerca su oggetti documentati nella storia che hanno avuto un ruolo fondamentale quando parliamo di Infezione Demoniaca. Il compito sarà effettuato a coppie... Coppie che deciderò io. Capito Miss Lang?» Murphy, come il resto dei compagni, diresse lo sguardo in direzione di Penelope Lang, che aveva immediatamente lasciato la mano della sua migliore amica seduta al suo fianco ed ora stava rivolgendo un’espressione dispiaciuta al professore. «Dicevamo.. Allora..» l’uomo alla cattedra aggiustò gli occhiali sulla punta del naso dando un’occhiata al foglio che aveva in mano su cui erano segnati i nomi degli studenti. «McLagger con Smith.» i due giocatori di Quidditch si diedero il cinque. «Wang con Stevenson.. E Macmillan con... » Murphy fissò l’uomo come se si trovasse al banco dei testimoni e stesse per rivelare chissà quale segreto. L’unica cosa a cui riusciva a pensare in quel momento era “Non con Kennet. Non con Kennet.” Abraham Kennet era un tipo occhialuto con più foruncoli che peli in faccia e nonostante fosse un secchione di prima categoria -particolarità da non sottovalutare- era famoso per provarci spudoratamente con qualsiasi studentessa le capitasse di essere messo in coppia. “Non con Kennet. Non con Kennet.” «Oh, si. Macmillan con Potter.» Ah. Si voltò lentamente, come se temesse di fare un passo falso che avrebbe causato l’esplosione di una bomba. Incontrò gli occhi brillanti di Olympia e si costrinse a stirare un sorrisino poco convinto sulle labbra.
    [...] Conosceva Olympia Potter da quando erano piccole. La ricordava come una bambina piena di vita, dinamica, generosa, con cui era facile andare d’accordo. Crescendo, chissà per quale motivo, le due sembravano essersi allontanate. L’unico anello che sembrava tenerle unite era un collante di nome Peter Paciock. Ed era così che la maggiore dei Macmillan aveva cominciato a vedere la Potter sotto un nuovo punto di vista. Murphy non era una che giudicava. Aveva sempre avuto una visione incredibilmente ampia della vita e possedeva una mente aperta sotto ogni punto di vista. C’era da dire, però, che quando si trattava di Peter, i suoi sensi di ragno -o meglio quelli da mamma chioccia- non potevano fare a meno che attivarsi. Era particolarmente protettiva nei suoi confronti e fin da quando aveva memoria aveva passato al microscopio vita, morte e miracoli di ogni sua fiamma. A volte ci scherzavano su dicendo con Wiztagram tra le mani, Murphy sarebbe riuscita a scovare il profilo di qualsiasi persona incontrata anche solo di sfuggita per strada. Scherzavano, si... Scherzavano. In verità, Murphy aveva sempre sospettato che in qualche modo tutto ciò spaventasse parecchio il figlio di mezzo dei Paciock. L’orologio di topolino legato attorno al suo polso diceva che mancavano pochi minuti alle sedici. Era arrivata in biblioteca qualche minuto prima rispetto a quanto si erano dette con la Potter dopo le lezioni. Aveva occupato uno dei tavoli, monopolizzandolo con le propria borsa ed una scatola di biscotti con le gocce di cioccolato che aveva comprato il giorno prima. Si sentiva come se stesse andando ad un appuntamento. Aveva lo stomaco sottosopra. Chissà cosa aveva pensato di lei Olympia in tutti quegli anni. Si voltò verso il tavolo per poi aprire la scatola di biscotti ed infilarsene uno in bocca. Tornò a guardare la libreria, facendo scorrere lo sguardo da una parte all’altra, leggendo i titoli scritto nella costola con lettere eleganti. Non sapeva neppure cosa stesse cercando esattamente. Si aspettava che non appena avrebbe letto il titolo avrebbe capito che era quello giusto. Ne afferrò uno il cui titolo recitava “Amuleti famosi”. Forse tra quelli ce ne sarà stato uno utilizzato per un’infezione demoniaca.
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    . Ed è in quel momento che percepisce una presenza. Si volta di scatto, trovandosi davanti la figura aggraziata di Olympia Potter. Sfila frettolosamente il biscotto dalle labbra, stirando un sorriso sulle labbra. «Eeeeehi.» ”Ehi”? Davvero? Inghiottì il boccone così velocemente che rischiò di strozzare. Ok, dopo “ehi” diciamo qualcos’altro? «Bella rogna, eh?» borbottò con un sorriso stringendosi nelle spalle. Che cavolo stai dicendo? Sobbalzò, spalancando gli occhi e mettendo le mani in avanti, scuotendole appena. «No-non intendo...» noi due «Voglio dire...» Forse è meglio se non dici altro «Beeella rogna questo compito, mhm?» Decise che la cosa migliore da fare sarebbe stata infilarsi il resto del biscotto in bocca. Oscillò avanti e indietro, alternando il peso tra i talloni e la punta dei piedi, infine si fece avanti di qualche passo. «Ti avviso: temo che ti sia capitata la peggior compagna del mondo per fare questo compito.. Voglio dire... Non è proprio nelle mie corde.. » Si strinse ancora nelle spalle, rivolgendole un sorriso, stavolta sembrava addirittura più rilassata, come se ci tenesse davvero a fare una battuta sincera. «Credimi.. Ti sarebbe andata meglio con Abraham Kennet..»


    Edited by murphy's law. - 20/7/2022, 13:34
     
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    Olympia ha preso alla lettera l'impegno da impiegare nelle nuove materie approdate nel suo nuovo piano di studi. E non è solo perché non ve ne sono più, all'infuori di quelle, ma anche e soprattutto perché vuole formarsi, in ogni modo possibile e immaginabile. Per essere sempre più risorsa e sempre meno un peso per chiunque si ritroverà a gravitarle attorno nel momento in cui la conoscenza delle Logge e la preparazione pratica per ammazzare un demone saranno di vitale importanza. E se fino a quel momento con il reparto allenamenti ci è andata relativamente piano, per via del piede offeso e del conseguente bastone che l'ha accompagnata per i mesi seguenti alla presa di Hogwarts, la rossa ha messo anima e cuore nello studio teorico di quel mondo parallelo, non più così astratto e impalpabile. Curiosa per natura, ha cercato fin da subito di abbeverarsi direttamente dalla fonte primaria di quella conoscenza: gli Warlock. Dapprima era solo una presenza, seppur costante, che riusciva quasi a scomparire con la parete di fondo, che se ne stava nelle sue, con il naso ben incollato a questo e l'altro tomo, prendendo appunti di tanto in tanto sul suo quadernino dalla copertina color pastello. Con il passare del tempo però ha preso a tastare il terreno, rimanendo qualche minuto in più dopo le lezioni di Demonologia per scambiare quattro chiacchiere con Ektor, si è attardata in biblioteca, con qualche scusa, per farsi aiutare da Eliphas nella ricerca di qualche antico volume relegato in qualche anfratto della Sezione Proibita. E' di certo Megara la Warlock con la quale è riuscita a prendere più confidenza, in un naturale scambio di sapere che comprende le sue vaste conoscenze in materia di Pozioni da combinare a quelle della mora riguardanti ingredienti non prettamente convenzionali da utilizzare nel campo della difesa dalle Logge. Ed è dopo che ha passato l'intera notte precedente a studiare gli effetti speciali della Belladonna, con un Peter sonnecchiante vicino, che di tanto in tanto borbottava un "Si può spegnere la luce?", che si ritrova a partecipare alla lezione con due velati cerchi violacei sotto gli occhi. Non bevendo caffè, quella mattina ha preso una delle sue pozioni, quella che ha chiamato Speperina, così da rendere piuttosto evidente i suoi effetti energizzanti ed è proprio grazie a quest'ultimi che riesce a mantenere comunque alta la concentrazione, ritrovandosi a fissare con un sorriso Ektor quando la mette in coppia con Murphy per un lavoro di gruppo. Un sorriso che vacilla non appena incontra la poca convinzione che il viso della bionda le suggerisce. Ma no, Olympia, è solo un'impressione. Un'impressione che però è certa si andrebbe rafforzando se solo permettesse alle proprie percezioni di aprirsi per saggiarne l'aura.
    [..] Non sa quale sia il motivo ma è piuttosto nervosa. Ancor prima di aprirsi allo studio della Legilimanzia, che nel suo caso si era rivelato nell'amplificazioni del suo naturale dono dell'empatia, aveva sempre avvertito da parte della MacMillan uno strano flusso di vibrazioni quasi respingenti. Tutto nella ragazza le dava l'impressione di non volerla lì, nei paraggi: dal linguaggio del corpo piuttosto vago e chiuso al linguaggio verbale evitante. L'idea, quindi, di passare più di qualche ora a percepire simili vibes la stanca ancor prima che metta effettivamente piede in biblioteca, lì dove hanno deciso di darsi appuntamento. Certa comunque che sarà la prima ad arrivare, con la sua mania di arrivare sempre in anticipo, pensa di avere qualche istante per ambientarsi e prepararsi mentalmente, schermandosi a tal punto da non poter realmente sentire nulla. «Eeeeehi.» La voce di Murphy la prende alla sprovvista e si ritrova a fare un piccolo saltello all'indietro, reprimendo l'istinto di aprire bocca per esprimere al meglio tutta la sorpresa. Riesce, come non si sa, a non far cadere rovinosamente a terra il termos che ha in mano. « Ciao. Non vedevi proprio l'ora di cominciare eh? » Scherza su, con un sorrisetto gioviale ad ammorbidirle il volto mentre si fa avanti, zoppicando sì ma finalmente senza l'uso dell'onnipresente bastone. «Bella rogna, eh?» Rimane in attesa che Murphy le chiarisca il soggetto della frase, con le mani intente a sistemare le proprie cose sul tavolo già monopolizzato dall'altra. «Beeella rogna questo compito, mhm? [..] Credimi.. Ti sarebbe andata meglio con Abraham Kennet..» Storce le labbra in una smorfia divertita che le gonfia la guancia sinistra mentre alza gli occhi olivastri su di lei.
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    « L'ultima volta che ho dovuto collaborare con Abraham eravamo ancora ad Hogwarts. Non si è presentato all'appuntamento, con una scusa davvero stupida e ho dovuto fare il compito da sola. Firmandolo poi per entrambi perché non volevo finisse nei guai. » Racconta. « Tu sei qui, sei già decisamente una compagna migliore rispetto alle tue aspettative. » Non cerca in alcun modo di lisciarsela provando a confortarla ma espone semplicemente la sua verità. « Prima sono passata per la biblioteca di Hogwarts e sono riuscita a strappare il permesso di portare via, per massimo qualche ora, questo. » Tira fuori dalla tracolla un tomo, decisamente ingombrante e polveroso, dal titolo effettivamente emblematico. L'Oscurità. « Eliphas è certo che possa tornarci utile. » Prosegue prendendo posto al tavolo, entrando in modalità battagliera. « Anche perché ancora devo capire il vero fulcro di questo compito. Ho sempre saputo che gli oggetti oscuri fossero il tramite per una maledizione o per una fattura, non per un'infezione demoniaca. » Commenta, quasi più rivolta a se stessa che alla bionda. « Anche perché l'infezione implica l'incontro tra il sangue umano e quello di un demone..forse ci ritroveremo davanti a degli oggetti che hanno al loro interno alcune tracce ematiche della Loggia Nera. Che però possano anche creare ferite sulla pelle umana. Armi bianche magari? » Si accorge solo dopo qualche istante di star straparlando. Batte le ciglia e le guance si fanno più rosse. « Scusami, mi faccio prendere sempre la mano quando si tratta di scoprire nuove cose. » Lancia poi un'occhiata ai biscotti sistemati sul tavolo e si ricorda di aver portato con sé anche due bicchieri - di materiale assolutamente biologico. « E' tè freddo, al mandarino e sambuco. Serviti pure se vuoi. » Fa scivolare il termos e un bicchiere tra di loro e la fissa per qualche istante. Normalmente è una persona a cui piace fare conversazione, che si interessa di ciò che sta capitando nella vita altrui, a cui piace capire come se la sta passando il proprio interlocutore. Tanto meglio poi se si scende in profondità, portando il discorso ad un nuovo livello. Con Murphy, passati gli anni dei giochi sugli alberi e le gare di velocità lungo le strade di Godric's Hollow, non è mai riuscita a trovare un vero appiglio. Forse complici gli anni che lei ha passato nel liceo babbano, perdendo quei primi anni di Hogwarts che probabilmente avrebbero consolidato il rapporto, trovando forza una nell'innocenza dell'altra e viceversa. L'ha immaginato tante volte, Olympia, quando ha percepito quel velo di confine tra di loro. Poi è arrivata a pensare che il vero problema potesse essere la sua storia con Peter e il desiderio di Murphy di proteggere l'amico. Ma veramente pensi che potrei fargli del male? Se l'è sempre chiesto, arrivando alla conclusione che la Murphy e l'Olympia che sono ora, nel presente, non si conoscono affatto ed è naturale avere dei pensieri che non corrispondono alla realtà. Si stringe nelle spalle, reprimendo l'istinto di chiederle come se la stia vivendo quella nuova situazione, andando ad informarsi poi sulla sua famiglia. Oddio giusto, ma oggi non è tipo il 19? Lancia un'occhiata all'orologio per accertarsene. « Sbaglio o in settimana è il compleanno di Ernie? » Si ritrova allora a dire, all'improvviso, con gli occhi che le scintillano. « Cielo, ti ricordi quell'anno che tua mamma gli ha organizzato la festa a tema anni 20 e lui e mio padre si sono presentati con lo stesso vestito? » Scuote la testa ridacchiando al ricordo. « Mio padre ancora oggi tiene a sottolineare, quando esce il discorso, quanto stesse meglio a lui quel completo gessato. Poco competitivo, già. »
     
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    « Ciao. Non vedevi proprio l'ora di cominciare eh? » Qualcosa che somigliava ad una risatina imbarazzata -ma forse anche ad un grugnito strozzato- le risalì su per la gola dopo essersi rimessa in posizione eretta. Quando il termos era scivolato giù dalle mani di Olympia, la ex Tassorosso si era proiettata in avanti, ma quando l’altra si era chinata a raccoglierlo allora lei era tornata al suo posto. Le era venuto naturale, senza pensarci, forse perché era un fascio di nervi e qualsiasi rumore la faceva scattare come se fosse un cane da caccia che esplora il territorio circostante e si allerta per ogni rumore. Anche se Murphy, più che ad un cane da caccia, qualcuno l’avrebbe paragonata ad un Labrador: giocherellona, svampitella e con la sindrome dell’attenzione breve. Sta sull’attenti dopo la sua prima gaffe iniziale, per secondi che le sembrano infiniti. Magari, pensò, Olympia si sarebbe offesa e il resto del pomeriggio sarebbe stato avvolto da un’atmosfera terribile.. Non sarebbe stata la prima volta che le parole della Macmillan venivano fraintese: soffriva di quella che poteva essere definita tranquillamente diarrea verbale e non sempre sembrava avere il pieno controllo di tutti quei vocaboli che uscivano dalla sua bocca. I suoi muscoli si allentano nel momento in cui la vede sbuffare in una smorfia divertita. Santo Frodo Baggins ti ringrazio! Ci mette tutta se stessa per non esalare un sospiro di sollievo, ma è evidente come le sue spalle si rilassino. « L'ultima volta che ho dovuto collaborare con Abraham eravamo ancora ad Hogwarts. [...] Tu sei qui, sei già decisamente una compagna migliore rispetto alle tue aspettative. » Il lato destro delle sue labbra si solleva verso l’alto, senza che lei se ne accorga. Era come se l’aria si fosse un attimo alleggerita, facendole scordare per un attimo le ansie e le preoccupazioni. Ma neanche il tempo di poter dire qualcosa che la rossa lascia cadere un enorme tomo sul tavolo, facendo spalancare gli occhi di Murphy più di quanto lei stessa credesse possibile. Ok.. Da quando fanno libri con così tante pagine? « Eliphas è certo che possa tornarci utile. » Aspetta.. Chi? « Anche perché ancora devo capire il vero fulcro di questo compito. [...]» No, no, aspetta! Non puoi andare avanti, non abbiamo ancora chiarito il primo punto: chi è Eliphas? « Anche perché l'infezione implica l'incontro tra il sangue umano e quello di un demone.. [...]» Frenafrenafrenafrena. «Armi bianche magari?» Dottore ecco il suo referto: elettroencefalogramma ufficialmente piatto. Parlate con i parenti e convinceteli a staccare la spina. Chiunque avesse guardato negli occhi di Murphy in quel momento, probabilmente ci avrebbe letto ciò che era anche il titolo del libro che la Grifondoro aveva appena posato sul tavolo: l’oscurità. Si sentiva in colpa nei confronti della giovane che ora la stava guardando con le guance arrossate: lei sembrava decisamente molto più preparata di lei. Era evidente, cristallino, quanto la Potter potesse dare maggior contributo rispetto a lei. Si sentiva come se non avesse fatto i compiti. Forse peggio. Si sentiva un Abraham Kennet. « Scusami, mi faccio prendere sempre la mano quando si tratta di scoprire nuove cose. » «Oh, nonono cominciò a blaterare portando le mani avanti ed agitandole appena come se volesse cercare di tranquillizzarla. Fece un paio di passi verso di lei, per poi riabbassare le braccia lungo i fianchi, resistendo alla tentazione di mettersele in tasca, come a volerle nascondere.
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    «Voglio dire.. E’ bello che tu sia così appassionata.. Magari lo fossi anche io, sai? Ma la verità è che non sono mai stata una gran studiosa. Dovevi sentire mia madre ai tempi di Hogwarts: -» a quel punto posò le mani sui fianchi, arricciando il naso per tirar fuori una voce nasale in una pessima imitazione di Susan che, in verità, non aveva affatto quella voce. «- “Se tu mettessi nello studio lo stesso impegno che metti per le stupidaggini a quest’ora saresti Ministro della Magia!”» E nel dire quelle parole sollevò l’indice all’altezza del naso muovendolo un paio di volte avanti e indietro. «Ora.. Tralasciamo il fatto che collezionare figurine di Quidditch e partecipare a eventi per scambiarsele non sono “stupidaggini” Roteò gli occhi virgolettando l’ultima parola con l’indice e il medio di entrambe le mani. «Comunque penso, alla fine, non avesse tutti i torti..» Avresti potuto metterci decisamente più impegno, Murph. Si zittò di colpo, mordendosi le labbra come se si stesse impegnando per tenere a freno la lingua. Ok, Macmillan.. Finito lo sproloquio? Stavolta fu il suo turno di arrossire. « E' tè freddo, al mandarino e sambuco. Serviti pure se vuoi. » Rialza lo sguardo, notando solo in quel momento che Olympia aveva fatto scivolare un bicchiere sul tavolo, nella sua direzione. Si avvicinò, un passo alla volta, sedendosi di fronte alla Grifondoro. «Oh, grazie!» Agisce praticamente senza pensare, sporgendosi sopra il tavolo per afferrare un biscotto tra le dita ed infilarselo immediatamente in bocca. La frolla si disintegrò sotto i suoi denti, lasciandole sotto i denti la consistenza croccante dello zucchero. Cavolo, era buonissimo! Cominciò a masticare con più lentezza, le guance piene e un paio di briciole posate sulle labbra. Ci passò una mano sopra, per pulirsi, per poi posare le dita sulle ginocchia ossute, tamburellandole dal mignolo al pollice un paio di volte. Ed ecco ciò che temeva diventare realtà: il silenzio imbarazzante. Oh, porco di quel Merlino, se avrebbe dato qualsiasi cosa per farlo finire! Qualsiasi. Le andava bene qualsiasi cosa: da qualcuno che entrava in biblioteca urlando che la fine del mondo era vicina ad un terremoto. Qualcosa che le costringesse ad uscire da quella situazione di standby in cui sembravano essersi bloccate. Doveva essere una scena davvero sciocca vista dall’esterno: due tipe sedute difronte che non si dicono niente. Ok, forse era il contesto della biblioteca a salvarle. Se quella scena si fosse svolta durante una cena o al bar, probabilmente l’imbarazzo si sarebbe potuto percepire per chilometri. Le dispiaceva per quello che stava facendo, eppure sembrava non riuscire a farne a meno. Sapeva di comportarsi male, sapeva che in quel momento stava facendo tutto tranne mettere che Olympia Potter a suo agio. Eppure non era sempre stato così. C’erano stati dei tempi in cui le due giocavano assieme, due bambine vivaci che riuscivano a tirar fuori il divertimento anche là dove non c’era. Cosa è successo poi? Nulla e tutto, semplicemente era successa la vita. Capita anche tra fratelli, consanguinei. Se fino a quel momento le loro vite erano state due strade parallele, arriva un momento in cui le due linee cominciano a separarsi, sempre di più, diramandosi verso interessi e obiettivi diversi. Non c’è niente, spesso, a scatenare questa separazione. Nessun evento traumatico, nessuna litigata importante. Per loro era stato così. Se da bambina Murphy avrebbe potuto dire tranquillamente di conoscere Olympia Potter, dubitava di porter fare lo stesso, adesso. Non sapeva niente di lei, di cosa le piacesse, di come era mutato il suo carattere negli anni. Sapeva poco della sua vita e la maggior parte delle cose che sapeva era perché le aveva sentite dire. Ricordava un giorno, nei bagni della scuola, quando, aldilà della porta, Liz Sullivan e Betty McCarthy si rifacevano il trucco, borbottando dell’imminente matrimonio della piccola di casa Potter. “Se si sposano così giovani è perché sicuramente lei è incinta!” aveva detto Liz prima di strofinare le labbra tra di loro e controllare come fosse venuto il rossetto. Betty -che non era mai stata un gran cervello pensante- aveva fatto una risatina e aveva cominciato a darle ragione. Era stato a quel punto che Murphy aveva tirato lo sciacquone, uscendo dal bagno e facendo sobbalzare le due che si zittirono subito. La Macmillan si piazzò tra di loro, aprendo l’acqua e lavandosi le mani. “Tutto bene, ragazze?” Guardò le loro facce attraverso il riflesso allo specchio, sorridendo e sventolando le ciglia. Le due borbottarono un sì. ”Oh, bene, bene.. E’ che non sapevo come potevate stare dopo.. Ecco, lo sapete..” Esibì una faccia dispiaciuta, mentre chiudeva il rubinetto. Le due la fissarono entrambe. ”Oooh. Mi dispiace di essere io a dovervelo dire.. Ma c’è chi dice che vi siete divertite parecchio alla festa di venerdì sera..” Si diresse verso il distributore delle salviette di carta e ne prese un paio. “Ma tranquille.. Non tutti ci credono. Sapete bene come la gente ami mettere in giro pettegolezzi maligni..” Gettò le salviette nel cestino ed uscì dal bagno. Quella era stata l’ultima volta che aveva avuto a che fare con l’argomento “Olympia Potter”. L’ultima volta prima che comparisse nella di nuovo nella sua vita attraverso Peter. Non conosceva ciò che stava nel mezzo, non conosceva quanto Olympia fosse cambiata in quegli anni. Era come se non si conoscessero più. Lei stessa, negli anni, era cambiata molto. « Sbaglio o in settimana è il compleanno di Ernie? » Fu impossibile non lasciarsi coinvolgere dall’entusiasmo che trapelarono le parole della rossa. Immediatamente gli occhi della Tassorosso si allargarono ed un sorriso si dipinse sulle sue labbra, da un orecchio all’altro. Davvero si ricordava del compleanno di suo padre? Era qualcosa che la fece sentire stranamente bene. «Si! La mamma ci ha praticamente obbligati a non prendere impegni per quella sera e a tornare a casa per una festa a sorpresa in famiglia che dopo anni ormai una sorpresa non è più.» Si strinse nelle spalle riferendosi al fatto che Susan aveva praticamente minacciato i due figli dicendo loro che se non si fossero presentati quella sera li avrebbe disconosciuti. « Cielo, ti ricordi quell'anno che tua mamma gli ha organizzato la festa a tema anni 20 e lui e mio padre si sono presentati con lo stesso vestito? » Cercò in ogni modo di trattenere una risata, ma le guance le si gonfiarono e un grugnito le salì inevitabilmente su per la gola. Cerco che se lo ricordava. « Mio padre ancora oggi tiene a sottolineare, quando esce il discorso, quanto stesse meglio a lui quel completo gessato. Poco competitivo, già. » Si lasciò andare ad un “ooooh” lunghissimo, mentre si poggiava allo schienale della sedia. «C’è una foto di quella festa che qualche volta tiriamo fuori per prendere in giro papà e la faccia che ha fatto quando si è accorto che lui ed Harry avevano lo stesso vestito. Sembra che gli sia entrata una salamandra su per il naso e che cerchi di fare finta di niente!» rise, scomposta nella sedia. «E niente, tuo padre ha ragione: quel completo stava decisamente meglio a lui!» Annuì, senza però specificare quanto lei avesse sempre pensato che Harry fosse uno gnocco. Rise un altro po’ finché questo non si alleviò piano piano, lasciando posto ad un sospiro e poi di nuovo al silenzio. Si morse le labbra, facendo scoccare la lingua sul palato. Olympia era stata carina a cercare di alleggerire la tensione, ma anche questo era servito per farle intendere che non stava proprio sprigionando buone vibrazioni. Doveva essere sembrata una vera stronza per come aveva reagito quando il professore aveva fatto i loro nomi. Non voleva sembrare cattiva perché, ne era sicura, lei non era una brutta persona. Non le piaceva mettere a disagio la gente eppure era quello che aveva appena fatto. Ed è così, dopo l’ennesimo silenzio, che scoppiò. «Ti sono sembrata cattiva o condiscendente stamattina?» alzò lo sguardo, piazzandolo su quello della Grifondoro davanti a lei. «Perché mi dispiace se ti ho dato quest’impressione.» Via il dente, via il dolore. «Magari non ci conosciamo più bene come prima.. Io non ho filtri, non so interpretare i segnali sociali. Quindi se ti ho offesa, dimmelo.. So che è un mio difetto, credimi, mia madre me lo dice ogni giorno.» Si morse le labbra, ancora, stringendosi nelle spalle. «Credimi.. Mi dispiace se ti ho dato una cattiva impressione..»

     
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