Tick, tick... BOOM!

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    « I suoi dati? » La voce della segretaria lo riportò bruscamente alla realtà dallo stato semi-catatonica in cui fissava la ciotola di api frizzole poggiata sul bancone esattamente accanto alla campanella. « Come scusi? » « I suoi dati. Le sue generalità. Per la chiusura della pratica. » « Oh sì.. giusto. » Si schiarì la voce, appoggiandosi coi gomiti alla superficie di legno e sporgendosi leggermente in avanti per farsi meglio sentire dalla donna che, notoriamente, mancava un po' d'udito. « Albus Potter. Nato a Godric's Hollow il 27 Marzo 1999. » La signora annuì con decisione, buttando giù le informazioni su un pezzo di pergamena. « Casata e numero di matricola? » « Serpeverde, 000018. » Alle parole del ragazzo seguì un silenzio interrotto solo dal rumore delle carte e dei passi della segretaria avanti e indietro per l'ufficio. Lo scorrere metallico di un grosso cassetto e il botto con cui si richiuse. Infine, il fruscio della pergamena arrotolata che scivolava in sua direzione sul lungo bancone. « Ecco a lei. La sua pergamena di laurea. Congratulazioni per la conclusione dei suoi studi e.. beh, buona fortuna, immagino. » Le labbra del ragazzo si incurvarono in un sorriso tanto millimetrico quanto meccanico, rispondendo come un automa agli auguri della donna, a cui rivolse un breve sguardo e un cenno di ringraziamento mentre le sue dita si stringevano attorno al lungo plico arrotolato. E quindi eccoci qua. È finita anche questa. I pensieri del giovane Potter sembravano quasi celare un consequenziale "e adesso?". Adesso che aveva superato anche l'ultimo scoglio che lo tratteneva in parte ancorato alla sua adolescenza? Sembrava stupido. Forse lui stesso si sentiva stupido a provare certe cose. Ho una casa mia. Ho una famiglia. Ho un lavoro. Macché lavoro! Ho un cazzo di gruppo editoriale che ho fondato io stesso. Insomma, lui era di certo l'ultimo ad aver ragione di sentirsi perso. Eppure quell'irrazionale e immotivato sentimento era difficile da scansare. Non si trattava necessariamente di qualcosa di negativo - anzi! Di certo non poteva dirsi insoddisfatto della propria vita, né aveva chissà quali rimpianti alle spalle. Semplicemente.. era cambiato - tutto quanto era cambiato, e quella sconcertante realizzazione sembrava averlo colpito come un treno in corsa solo in quel momento. Mi sembra di aver corso così tanto, tenendo sempre lo sguardo fisso davanti a me e preoccupandomi così tanto di perdere tempo che nemmeno mi sono reso conto del suo passaggio. Un giorno ero la delusione di famiglia da cui tutti si aspettavano l'ennesima bocciatura e poi boom! Di colpo apro gli occhi e sono.. un adulto? Era così strano, aveva così poco senso. Eppure Albus aveva fatto un sacco di cose da adulto negli ultimi anni; gli obiettivi che aveva raggiunto ne erano certamente una prova. Ma era passato tutto così velocemente. Forse una parte di lui era convinta che quello stadio della vita non sarebbe mai finito, che sarebbero per sempre rimasti i soliti ragazzini un po' ribelli e scanzonati. Ma forse.. non so.. chi ha mai detto che non lo siamo più?
    Teneva la testa bassa sui propri piedi, nel tragitto che dalle segreterie lo avrebbe riportato ad Hogsmeade. Guardava la punta delle proprie converse un po' sgualcite e pensava a quante ne avessero viste, a quante storie raccontassero: storie di tante cazzate fatte, di amori, di sopravvivenza, di rabbia ma anche di stupida gioia adolescenziale. Un semplice oggetto come tanti altri, che pure aveva assistito al passare delle stagioni e al lento mutamento delle vicende attorno al suo padrone. Quelle erano le converse comprate in saldo dal ragazzino che nella vita non sapeva cosa fare, ma nel dubbio sembrava avere le idee ben chiare su cosa non volesse fare. Quel ricordo sembrò farlo sorridere, seppure in maniera un po' amara. Chissà.. mi piacerebbe farci quattro chiacchiere e vedere se gli piace la persona che è diventato. Conoscendosi.. no, probabilmente non gli sarebbe piaciuto. Lui che voleva fare sempre il bastian contrario, che sognava una vita un po' bohémien, vedendosi come un futuro artista squattrinato nei tuguri di Londra. E guarda come erano andate le cose! Sono diventato il mio peggiore incubo: un ometto rispettabile che va al lavoro in giacca e cravatta. Ridacchiò tra sé e sé, con le mani affondate nelle tasche dei jeans mentre scalciava un sassolino dal selciato senza nemmeno rendersi conto di dove i suoi passi lo stessero conducendo fin quando le punte ingiallite di quelle converse non toccarono l'erba verde del campo da Quidditch. Sollevò lo sguardo sulle porte alte, sugli spalti vuoti che si ergevano a coronare quel posto che Albus si era sempre rifiutato di frequentare nei momenti in cui era più vivo. Molto meglio starsene in disparte al castello a leggere qualche libro e ragionare sulla caducità dell'esistenza. Non che sarebbe stato questo grande spasso in ogni caso: con la forte fobia delle altezze che aveva, quegli spalti non sarebbero stati altro se non una lunga tortura. Sospirò, avvicinandosi ad una delle panchine adibite ai giocatori, prendendovi posto in maniera poco composta e appoggiando la pergamena di laurea accanto a sé. Cosa ci avrebbe fatto, quello non lo sapeva neanche lui. Con la nuca appoggiata al legno dietro di sé e lo sguardo smeraldo puntato al cielo, estrasse dalle tasche il pacchetto di sigarette, infilandosene una tra le labbra e accendendola con un colpo di bacchetta. Ci vorrebbe altro, per questo addio simbolico ai cosiddetti "migliori anni". Ma giustamente, altro non aveva, da bravo ometto rispettabile quale era. Prese un lungo tiro, aggrottando la fronte all'immagine del fumo che offuscava momentaneamente il cielo cristallino sopra di sé. Un rumore da dietro una porticina alle sue spalle lo portò a voltare velocemente il capo, appena in tempo per vederla aprirsi e lasciar passare una figura decisamente conosciuta. Inclinò il capo di lato, scoccandole uno sguardo tra il divertito e il curioso come se la stesse mutamente interrogando riguardo la coincidenza di trovarsi entrambi lì. « Giorno libero anche per te? » Probabile, trattandosi del fine settimana. Che Malia ne avesse approfittato per rimettere mano alla scopa e fare due tiri in porta ora che le strutture prettamente scolastiche erano semi-deserte per via delle vacanze estive? Decise di non indagare, consapevole del fatto che il topic del Quidditch potesse ancora essere un po' spinoso date le vaghe notizie con cui i tabloid avevano dipinto il suo ritiro dalle scene. Mi è sempre puzzata questa storia che hai semplicemente deciso di tirarti indietro. Non so.. pensavo fosse la tua passione. Ma guardami! Chi sono io per parlare? Sgusciò più in là sulla panchina, togliendo di mezzo la pergamena di laurea in un muto invito a sedersi. Sapeva fosse tornata ad Hogsmeade, ma non avevano avuto davvero modo per scambiare due chiacchiere dal suo ritorno: tra la laurea, la famiglia e i continui impegni col Gruppo Peverell, Albus aveva avuto a malapena tempo di vedere la propria stessa famiglia. « Sigaretta? » Le porse il pacchetto aperto, facendo una breve pausa prima di aggiungere « Vorrei offrirti di meglio, ma purtroppo non ce l'ho e
    COOj8a0
    l'idea di andarmelo a cercare mi fa venire in mente il meme di Steve Buscemi. Sai.. "how do you do, fellow kids?". Quello lì. »
    Ridacchiò, riportandosi la cicca alle labbra per prenderne un altro tiro e sbuffare la nuvoletta di fumo verso l'alto. Rimase in silenzio qualche istante, contemplando il cielo sopra di sé e il movimento lento delle nuvole. « Diavolo! Non fa strano? Mi sembra l'altroieri che saltavamo le lezioni e ci venivamo a nascondere qui per fumarci una canna. » E devo dire che c'è molto meno gusto quando non stai col costante cagotto del professore di turno che ti sbuca dall'angolo e ti toglie millemila punti. « Eppure io mi sento.. uguale? Ha senso? Cioè, sono cambiate un sacco di cose ma mentalmente è come se fossi ancora lì. » No, probabilmente non ha alcun senso. Mi sento diverso. Però mi sento anche lo stesso. Sono felice di quello che ho costruito, ma sono anche un po' amareggiato perché è come se si stesse chiudendo qualcosa e mi rendessi conto solo ora di quanto avrei dovuto apprezzare di più quei momenti. « La doccia fredda sul passare del tempo me l'ha data Francis McDonnell di Corvonero. Non so se l'hai incrociato ma.. cazzo, Mals, te lo giuro, l'attaccatura dei suoi capelli ha fatto più passi indietro del confine inglese. » Scosse il capo, aspirando l'aria tra i denti prima di sostituirla ad un tiro di sigaretta. Un piccolo sorriso si formò sulle sue labbra mentre si voltava in direzione dell'amica, questa volta con sguardo più pacato e sincero. « Sono felice di rivederti - davvero. Mi sei mancata. » Qualunque ragione l'avesse portata via da lì - specialmente nel periodo successivo all'Australia - ormai Albus aveva accettato che non fossero fatti suoi. Volente o nolente, anche lui aveva imparato a smussare i propri angoli peggiori. Fece una breve pausa. « Come stai, Mals? »



     
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    « ...E infine abbiamo il magazzino delle scope che, come i nuovi spogliatoi, è dotato di questa sofisticata magia autopulente. Appena chiudi la porta, qualsiasi traccia di terriccio, polvere o sporcizia di qualsiasi genere scompare all'istante dalle scope volanti, così che siano pronte immediatamente ad un nuovo uso. »
    « Accidenti » commentò, visibilmente sorpresa, mentre passava in rassegna con lo sguardo i manici di scopa appesi alle pareti ordinatamente. « Questa è senz'altro una bella comodità » aggiunse, tastando con mano le setole immacolate di una delle scope. Ricordava quasi con una certa nostalgia l'antenata di quella che adesso era una stanza ampia e ben organizzata: uno stanzino lugubre e polveroso, pieno di scope accatastate alla rinfusa. In quel metro quadro scarso, Malia, ne era certa, aveva sostenuto gli infortuni più dolorosi, tra spintoni e gomitate con i compagni, nel tentativo di accaparrarsi l'unica Firebolt di ultima generazione per la lezione di Volo. Ora di Firebolt 5000 ne vedeva diverse, ordinate in fila, ben lucidate e pronte all'uso. La Malia quindicenne sarebbe impallidita di fronte ad una visione del genere. I Ribelli, pensò, non facevano mai le cose "tanto per farle": avevano colto l'occasione del crollo del campo da Quidditch per costruire una struttura simile alla prima, con cura per la tradizione, ma con sostanziali ed evidenti miglioramenti.
    « Certo, se devo dire la mia » mormorò Lord Draben, abbassando drasticamente il tono di voce, e picchiettando un paio di volte con il lungo bastone da passeggio che si portava sempre dietro « si stanno un po' facendo prendere la mano. Tutte queste novità superflue, questa voglia di modernizzare... Ti dirò, per me gli spogliatoi erano senza dubbio più puliti con il lavoro degli elfi domestici. Loro sì che conoscono la vera arte della pulizia, l'olio di gomito. Questi nuovi incantesimi non sono la stessa cosa. »
    Sorrise, Malia, mentre il fantasma fluttuava intorno alle nuove scope con fare giudicante. « Beh Lord Draben, secondo me gli elfi sono ben contenti di essere sollevati da questo incarico. Secondo me nemmeno loro hanno voglia di pulire la cacca d'uccello dalle scope. »
    « Eh no, questo non te lo lascio dire! Chi ti racconta queste fandonie, mia cara? Lo sanno tutti che gli elfi domestici sono nati per servire, e solo questo desiderano. Questa nuova moda un po' new age che avete voi nuove generazioni... A pensare tutti che sia "sfruttamento", addirittura... Capisci cosa intendo quando dico che si esagera? Pensa tu, avrei voluto vedervi fare questi discorsi ai miei tempi, nei salotti della Londra bene del 1658... Lì sì che vi avrebbero messi al vostro posto! Voi ragazzini viziati! Razza di ingrati! »
    Lord Draben era quello che si definirebbe tranquillamente un uomo d'altri tempi. Per lo più affabile, beneducato e cordiale, era incredibilmente uno dei fantasmi più amichevoli del castello. Era morto ad una serata di gala con addosso uno smoking elegante, e se ne andava in giro per l'edificio così di tutto punto vestito, sempre con un'aria signorile e curiosa. E Malia, che ai tempi di Hogwarts era in grado di fraternizzare anche con le armature inanimate, talvolta si era ritrovata a trascorrere gli intervalli tra una lezione e l'altra a discutere con il gentiluomo defunto, e ad apprezzarne, con il tempo, le qualità. Tuttavia, nonostante l'apertura e l'indole gentile, c'erano alcune questioni su cui Lord Draben non era in grado di transigere. Una di queste, per l'appunto, era la questione della libertà degli elfi domestici: un'eresia, a suo dire. In queste occasioni il fantasma mostrava tutta la propria ostinazione ed il proprio ripudio verso le tendenze delle nuove generazioni. Malia si accorse troppo tardi di aver toccato un tasto dolente, e fu costretta ad ascoltarlo sbraitare per altri cinque minuti buoni, prima che l'essere, contrariato, si aggiustasse la tuba in testa e sparisse oltre le pareti della stanza, probabilmente diretto verso il castello.
    Rimasta da sola, la mora soffocò una risata divertita. Si ritrovò poi, quasi senza rifletterci, a imboccare la scala in legno interna che portava agli spalti. Il campo di Quidditch quella mattina era abbellito dai raggi di un sole raro, prepotente: non approfittarsene sarebbe stato un vero e proprio reato. E Malia non fu l'unica, in effetti, ad avere quel pensiero: una volta tra gli spalti riconobbe subito una figura familiare, verso la quale si diresse con entusiasmo ancora maggiore.
    « Tra tutti i posti in cui pensavo di incontrarti! » scherzò, con fare cantilenante, accomodandosi su di uno dei gradini accanto ad Albus. L'odio del Serpeverde per il Quidditch, in fondo, era più che risaputo.
    « Giorno libero anche per te? » Aggrottò la fronte, guardando un punto imprecisato in lontananza. Giorno libero da cosa?, pensò istintivamente, tra sé e sé. Era tornata da pochi giorni tra le fila dei Ribelli, ed era ancora impegnata a guardarsi intorno, conoscere, scoprire i nuovi assetti: si era prodigata per aiutare dove fosse utile, ma non aveva ancora individuato un posto per sé, in quella piccola comunità. « Lord Draben mi ha fatto fare un tour dei nuovi spazi del castello. Solo che poi l'ho fatto arrabbiare e se ne è andato. » Strinse le spalle noncurante, e liquidò la faccenda con una risata. D'altronde tutti conoscevano la suscettibilità di Lord Draben. Si sarebbe dimenticato della questione nel giro di un paio d’ore. « Sigaretta? Vorrei offrirti di meglio, ma purtroppo non ce l'ho e l'idea di andarmelo a cercare mi fa venire in mente il meme di Steve Buscemi. Sai.. "how do you do, fellow kids?". Quello lì. »
    Rise di gusto, avendo ben presente il meme a cui si riferiva. Accettò ben volentieri la sigaretta da lui offerta, posizionandola tra le labbra e accendendola con un colpo di bacchetta. « Mhm » abbozzò, aspirando per la prima volta. « Che non potessi più contare su di te nel caso in cui avessi bisogno di roba buona, questo lo sapevo già. Ormai sei entrato a tutti gli effetti nella tua era da DILF. E credimi, non lo intendo per niente come un complimento. » Ridacchiò, assestando una gomitata amichevole al braccio dell’amico, per poi prendere un altro tiro dalla propria sigaretta. Nonostante tutto, che Albus fosse il più maturo, nella cerchia dei suoi amici, era evidente. Certo, nessuno avrebbe mai immaginato che questo suo essere precoce l’avrebbe portato a mettere su famiglia a neanche vent’anni compiuti, ma questa era un’altra storia. Scherzi e prese per il culo a parte, Malia si sentiva profondamente orgogliosa di Albus: in una realtà incerta e mutevole come quella in cui vivevano, ai suoi occhi lui era sempre stato in grado di mantenere saldi i propri obiettivi e principi, senza mai cambiare rotta. In quegli anni, lo aveva sempre visto come un importante punto di riferimento, per sé e per la sua comunità: se non altro per la sua determinazione. Era giovane, Albus, ma le sembrava già un uomo fatto e finito, per così dire, già equipaggiato per affrontare la vita con gli strumenti giusti. E per quanto fosse sinceramente contenta per tutto quanto era riuscito a raggiungere, non poteva non provare un pizzico d’invidia nei suoi riguardi: a provocarle un certo disagio non erano però i suoi successi, né la bella famiglia che il giovane aveva costruito, quanto più la determinazione ferrea che sembrava guidare ogni sua decisione. Agli occhi di Malia, il giovane Potter possedeva un tesoro invidiabile, più di qualsiasi realizzazione personale o oggetto materiale: sapeva esattamente cosa fare, sempre. Una qualità, la risolutezza, che la Stone sentiva di aver perso negli anni, o forse di non aver proprio mai posseduto davvero. « Diavolo! Non fa strano? Mi sembra l'altroieri che saltavamo le lezioni e ci venivamo a nascondere qui per fumarci una canna. Eppure io mi sento.. uguale? Ha senso? Cioè, sono cambiate un sacco di cose ma mentalmente è come se fossi ancora lì. »
    « Beh, un po’ fa strano, sì. E ha senso anche sentirsi uguale. Anch’io mi sento la stessa. Sembra passata una vita dall’ultimo anno di Hogwarts, ma a conti fatti… Sono stati quattro? Cinque anni? » Certo, nel frattempo è successo un casino. Il tempo era trascorso velocemente, ma allo specchio tutti loro potevano ancora ritrovare dei ragazzi poco più che ventenni. Con tanti traumi e responsabilità addosso, ma pur sempre ancora dei ragazzi. « La doccia fredda sul passare del tempo me l'ha data Francis McDonnell di Corvonero. Non so se l'hai incrociato ma.. cazzo, Mals, te lo giuro, l'attaccatura dei suoi capelli ha fatto più passi indietro del confine inglese. »
    Ridacchiò, ripensando all’immagine del loro compagno di scuola, incontrato appena qualche giorno prima in quel di Hogsmeade. « Sì, l’ho rivisto… e ha fatto molta impressione anche a me, devo dire. Invece ho rivisto Nancy Giraud a Londra, qualche settimana fa. Si è rifatta le tette. Adesso ha una quarta, come minimo. Non sto scherzando, Albus. » Soffocò una risata, mentre allontanava con la mano la piccola nuvola di fumo che stava creando. « E non ti dico con chi si è fidanzata… No ma forse tu non lo conosci, ora che ci penso. Questo è un gossip che ucciderà Mun, devo raccontarlo a lei poi. Come sta, a proposito? Non l’ho vista ancora in giro. »
    « Sono felice di rivederti - davvero. Mi sei mancata. » D'istinto, alzò gli occhi al cielo, nel tentativo di mascherare il moto di tenerezza che la sopraggiunse a quelle parole. In quei mesi, i suoi amici le erano mancati come l'aria. Essere di nuovo tra loro, poterli finalmente rivedere e trascorrere del tempo insieme - era come ricominciare a respirare, letteralmente. E se nei mesi precedenti qualcosa era andato storto, e si era allontanata per paturnie sue, era convinta che la soluzione si trovasse proprio tra quelle persone. Come sempre, d'altronde. « Tu invece non mi sei mancato proprio per niente » cantilenò, con aria di scherno. « A dirla tutta, l'idea di avere di nuovo te e i tuoi mocciosi tra i piedi mi ha fatto più volte riconsiderare la mia decisione di tornare qui. » Accompagnò quelle parole con una risata cristallina, ben conscia che Albus non avesse problemi a cogliere l'assurdità di quella dichiarazione. E infatti subito dopo si allungò sulla panchina, prese il viso del ragazzo tra le mani con una certa veemenza e gli scoccò un sonoro bacio sulla guancia, a riprova del proprio affetto. Non amava esprimersi a parole, Malia, ma quello era il suo segnale per comunicargli che le sue parole significavano tanto, per lei. « Io sto bene, dai. Meglio di come sono stata negli ultimi mesi » rispose così all'ultimo interrogativo del ragazzo, stringendosi nelle spalle. Il suo non era stato un anno facile, ma era certa che lo stesso (se non peggio) valesse per Albus. « Sto cercando di capire cosa ci sto a fare qui, dove posso essere utile, sai. E tu, invece, che mi racconti? Come vanno le cose? Cos'hai lì? » si allungò per accennare con la testa alla pergamena ripiegata che stava ai loro piedi. « Non me lo dire, Al: è l'atto di proprietà del castello, non è vero? Sapevo che era solo questione di tempo prima che ti comprassi Hogwarts. »
     
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