« ...E infine abbiamo il magazzino delle scope che, come i nuovi spogliatoi, è dotato di questa sofisticata magia autopulente. Appena chiudi la porta, qualsiasi traccia di terriccio, polvere o sporcizia di qualsiasi genere scompare all'istante dalle scope volanti, così che siano pronte immediatamente ad un nuovo uso. »
« Accidenti » commentò, visibilmente sorpresa, mentre passava in rassegna con lo sguardo i manici di scopa appesi alle pareti ordinatamente. « Questa è senz'altro una bella comodità » aggiunse, tastando con mano le setole immacolate di una delle scope. Ricordava quasi con una certa nostalgia l'antenata di quella che adesso era una stanza ampia e ben organizzata: uno stanzino lugubre e polveroso, pieno di scope accatastate alla rinfusa. In quel metro quadro scarso, Malia, ne era certa, aveva sostenuto gli infortuni più dolorosi, tra spintoni e gomitate con i compagni, nel tentativo di accaparrarsi l'unica Firebolt di ultima generazione per la lezione di Volo. Ora di Firebolt 5000 ne vedeva diverse, ordinate in fila, ben lucidate e pronte all'uso. La Malia quindicenne sarebbe impallidita di fronte ad una visione del genere. I Ribelli, pensò, non facevano mai le cose "tanto per farle": avevano colto l'occasione del crollo del campo da Quidditch per costruire una struttura simile alla prima, con cura per la tradizione, ma con sostanziali ed evidenti miglioramenti.
« Certo, se devo dire la mia » mormorò Lord Draben, abbassando drasticamente il tono di voce, e picchiettando un paio di volte con il lungo bastone da passeggio che si portava sempre dietro « si stanno un po' facendo prendere la mano. Tutte queste novità superflue, questa voglia di modernizzare... Ti dirò, per me gli spogliatoi erano senza dubbio più puliti con il lavoro degli elfi domestici. Loro sì che conoscono la vera arte della pulizia, l'olio di gomito. Questi nuovi incantesimi non sono la stessa cosa. »
Sorrise, Malia, mentre il fantasma fluttuava intorno alle nuove scope con fare giudicante. « Beh Lord Draben, secondo me gli elfi sono ben contenti di essere sollevati da questo incarico. Secondo me nemmeno loro hanno voglia di pulire la cacca d'uccello dalle scope. »
« Eh no, questo non te lo lascio dire! Chi ti racconta queste fandonie, mia cara? Lo sanno tutti che gli elfi domestici sono nati per servire, e solo questo desiderano. Questa nuova moda un po' new age che avete voi nuove generazioni... A pensare tutti che sia "sfruttamento", addirittura... Capisci cosa intendo quando dico che si esagera? Pensa tu, avrei voluto vedervi fare questi discorsi ai miei tempi, nei salotti della Londra bene del 1658... Lì sì che vi avrebbero messi al vostro posto! Voi ragazzini viziati! Razza di ingrati! »
Lord Draben era quello che si definirebbe tranquillamente un uomo d'altri tempi. Per lo più affabile, beneducato e cordiale, era incredibilmente uno dei fantasmi più amichevoli del castello. Era morto ad una serata di gala con addosso uno smoking elegante, e se ne andava in giro per l'edificio così di tutto punto vestito, sempre con un'aria signorile e curiosa. E Malia, che ai tempi di Hogwarts era in grado di fraternizzare anche con le armature inanimate, talvolta si era ritrovata a trascorrere gli intervalli tra una lezione e l'altra a discutere con il gentiluomo defunto, e ad apprezzarne, con il tempo, le qualità. Tuttavia, nonostante l'apertura e l'indole gentile, c'erano alcune questioni su cui Lord Draben non era in grado di transigere. Una di queste, per l'appunto, era la questione della libertà degli elfi domestici: un'eresia, a suo dire. In queste occasioni il fantasma mostrava tutta la propria ostinazione ed il proprio ripudio verso le tendenze delle nuove generazioni. Malia si accorse troppo tardi di aver toccato un tasto dolente, e fu costretta ad ascoltarlo sbraitare per altri cinque minuti buoni, prima che l'essere, contrariato, si aggiustasse la tuba in testa e sparisse oltre le pareti della stanza, probabilmente diretto verso il castello.
Rimasta da sola, la mora soffocò una risata divertita. Si ritrovò poi, quasi senza rifletterci, a imboccare la scala in legno interna che portava agli spalti. Il campo di Quidditch quella mattina era abbellito dai raggi di un sole raro, prepotente: non approfittarsene sarebbe stato un vero e proprio reato. E Malia non fu l'unica, in effetti, ad avere quel pensiero: una volta tra gli spalti riconobbe subito una figura familiare, verso la quale si diresse con entusiasmo ancora maggiore.
« Tra tutti i posti in cui pensavo di incontrarti! » scherzò, con fare cantilenante, accomodandosi su di uno dei gradini accanto ad Albus. L'odio del Serpeverde per il Quidditch, in fondo, era più che risaputo.
« Giorno libero anche per te? » Aggrottò la fronte, guardando un punto imprecisato in lontananza. Giorno libero da cosa?, pensò istintivamente, tra sé e sé. Era tornata da pochi giorni tra le fila dei Ribelli, ed era ancora impegnata a guardarsi intorno, conoscere, scoprire i nuovi assetti: si era prodigata per aiutare dove fosse utile, ma non aveva ancora individuato un posto per sé, in quella piccola comunità. « Lord Draben mi ha fatto fare un tour dei nuovi spazi del castello. Solo che poi l'ho fatto arrabbiare e se ne è andato. » Strinse le spalle noncurante, e liquidò la faccenda con una risata. D'altronde tutti conoscevano la suscettibilità di Lord Draben. Si sarebbe dimenticato della questione nel giro di un paio d’ore. « Sigaretta? Vorrei offrirti di meglio, ma purtroppo non ce l'ho e l'idea di andarmelo a cercare mi fa venire in mente il meme di Steve Buscemi. Sai.. "how do you do, fellow kids?". Quello lì. »
Rise di gusto, avendo ben presente il meme a cui si riferiva. Accettò ben volentieri la sigaretta da lui offerta, posizionandola tra le labbra e accendendola con un colpo di bacchetta. « Mhm » abbozzò, aspirando per la prima volta. « Che non potessi più contare su di te nel caso in cui avessi bisogno di roba buona, questo lo sapevo già. Ormai sei entrato a tutti gli effetti nella tua era da DILF. E credimi, non lo intendo per niente come un complimento. » Ridacchiò, assestando una gomitata amichevole al braccio dell’amico, per poi prendere un altro tiro dalla propria sigaretta. Nonostante tutto, che Albus fosse il più maturo, nella cerchia dei suoi amici, era evidente. Certo, nessuno avrebbe mai immaginato che questo suo essere precoce l’avrebbe portato a mettere su famiglia a neanche vent’anni compiuti, ma questa era un’altra storia. Scherzi e prese per il culo a parte, Malia si sentiva profondamente orgogliosa di Albus: in una realtà incerta e mutevole come quella in cui vivevano, ai suoi occhi lui era sempre stato in grado di mantenere saldi i propri obiettivi e principi, senza mai cambiare rotta. In quegli anni, lo aveva sempre visto come un importante punto di riferimento, per sé e per la sua comunità: se non altro per la sua determinazione. Era giovane, Albus, ma le sembrava già un uomo fatto e finito, per così dire, già equipaggiato per affrontare la vita con gli strumenti giusti. E per quanto fosse sinceramente contenta per tutto quanto era riuscito a raggiungere, non poteva non provare un pizzico d’invidia nei suoi riguardi: a provocarle un certo disagio non erano però i suoi successi, né la bella famiglia che il giovane aveva costruito, quanto più la determinazione ferrea che sembrava guidare ogni sua decisione. Agli occhi di Malia, il giovane Potter possedeva un tesoro invidiabile, più di qualsiasi realizzazione personale o oggetto materiale: sapeva esattamente cosa fare, sempre. Una qualità, la risolutezza, che la Stone sentiva di aver perso negli anni, o forse di non aver proprio mai posseduto davvero. « Diavolo! Non fa strano? Mi sembra l'altroieri che saltavamo le lezioni e ci venivamo a nascondere qui per fumarci una canna. Eppure io mi sento.. uguale? Ha senso? Cioè, sono cambiate un sacco di cose ma mentalmente è come se fossi ancora lì. »
« Beh, un po’ fa strano, sì. E ha senso anche sentirsi uguale. Anch’io mi sento la stessa. Sembra passata una vita dall’ultimo anno di Hogwarts, ma a conti fatti… Sono stati quattro? Cinque anni? » Certo, nel frattempo è successo un casino. Il tempo era trascorso velocemente, ma allo specchio tutti loro potevano ancora ritrovare dei ragazzi poco più che ventenni. Con tanti traumi e responsabilità addosso, ma pur sempre ancora dei ragazzi. « La doccia fredda sul passare del tempo me l'ha data Francis McDonnell di Corvonero. Non so se l'hai incrociato ma.. cazzo, Mals, te lo giuro, l'attaccatura dei suoi capelli ha fatto più passi indietro del confine inglese. »
Ridacchiò, ripensando all’immagine del loro compagno di scuola, incontrato appena qualche giorno prima in quel di Hogsmeade. « Sì, l’ho rivisto… e ha fatto molta impressione anche a me, devo dire. Invece ho rivisto Nancy Giraud a Londra, qualche settimana fa. Si è rifatta le tette. Adesso ha una quarta, come minimo. Non sto scherzando, Albus. » Soffocò una risata, mentre allontanava con la mano la piccola nuvola di fumo che stava creando. « E non ti dico con chi si è fidanzata… No ma forse tu non lo conosci, ora che ci penso. Questo è un gossip che ucciderà Mun, devo raccontarlo a lei poi. Come sta, a proposito? Non l’ho vista ancora in giro. »
« Sono felice di rivederti - davvero. Mi sei mancata. » D'istinto, alzò gli occhi al cielo, nel tentativo di mascherare il moto di tenerezza che la sopraggiunse a quelle parole. In quei mesi, i suoi amici le erano mancati come l'aria. Essere di nuovo tra loro, poterli finalmente rivedere e trascorrere del tempo insieme - era come ricominciare a respirare, letteralmente. E se nei mesi precedenti qualcosa era andato storto, e si era allontanata per paturnie sue, era convinta che la soluzione si trovasse proprio tra quelle persone. Come sempre, d'altronde. « Tu invece non mi sei mancato proprio per niente » cantilenò, con aria di scherno. « A dirla tutta, l'idea di avere di nuovo te e i tuoi mocciosi tra i piedi mi ha fatto più volte riconsiderare la mia decisione di tornare qui. » Accompagnò quelle parole con una risata cristallina, ben conscia che Albus non avesse problemi a cogliere l'assurdità di quella dichiarazione. E infatti subito dopo si allungò sulla panchina, prese il viso del ragazzo tra le mani con una certa veemenza e gli scoccò un sonoro bacio sulla guancia, a riprova del proprio affetto. Non amava esprimersi a parole, Malia, ma quello era il suo segnale per comunicargli che le sue parole significavano tanto, per lei. « Io sto bene, dai. Meglio di come sono stata negli ultimi mesi » rispose così all'ultimo interrogativo del ragazzo, stringendosi nelle spalle. Il suo non era stato un anno facile, ma era certa che lo stesso (se non peggio) valesse per Albus. « Sto cercando di capire cosa ci sto a fare qui, dove posso essere utile, sai. E tu, invece, che mi racconti? Come vanno le cose? Cos'hai lì? » si allungò per accennare con la testa alla pergamena ripiegata che stava ai loro piedi. « Non me lo dire, Al: è l'atto di proprietà del castello, non è vero? Sapevo che era solo questione di tempo prima che ti comprassi Hogwarts. »