Last night in Soho

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    « Sono a cena con mio padre stasera. », comunica a Max, arrotolando una ciocca di capelli intorno al ferro e iniziando a stendere il fondotinta sui rossori giovanili delle guance. Non è una notizia così strana, in fondo: se si eccettua l'anno in cui Rocket ha allenato una squadra di Quidditch oltreoceano, i due Dragomir non hanno mai smesso di vedersi e sentirsi. Certo, la distanza ha esercitato un peso considerevole sull'umore di Domiziana, avvezza, in ogni situazione, ad essere il primo pensiero del prossimo, ma ugualmente non ha fiatato, considerando doveroso restituire al padre la stessa libertà che lui, in primo luogo, riponendo fiducia nella piccola principessa che dalla polvere della strada è arrivata a quella delle stelle - come le piace credere - ha in lei riposto. « Non è che per caso vuoi venire anche tu? », domanda, sovrappensiero. La sintonia tra Max e Rocket basterebbe a riempire qualunque eventuale silenzio della serata e, soprattutto, risparmierebbe a Domiziana di doversi separare dalla Serpeverde, anche solo per qualche ora. La Picquery comunque rifiuta, sostenendo che "lei avrebbe pagato oro per trascorrere lo stesso tipo di tempo col padre, e mai si sarebbe sognata di privare Nana di quel privilegio: una serata da soli, loro due". « D'accordo, d'accordo, capo. Allora aspettami sveglia. », sussurra, la Serpeverde, rivolgendole un occhiolino che non lascia spazio a fraintendimenti. Detto ciò, indossa un abito lungo per l'occasione - non sia mai che una Dragomir non vesta sempre in modo appropriato, per non dire incantevole - e raggiunge il luogo dell'appuntamento in lieve ritardo, come si addice ad una stella che si fa attendere. Rocky, comunque, si smaterializza lì nello stesso istante. « Ne deduco che, oltre a "sangue dello stesso sangue", valga anche il detto coordinazione della stessa coordinazione. », le labbra della primogenita - nonché unica - Dragomir si arricciano in un sorriso di compiacimento. « Vogliamo entrare? »
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    , domanda, per poi indirizzarsi a passo spedito verso l'ingresso, lasciando dietro di sé una scia di profumo e producendo un fastidioso rumore di tacchettio sui sanpietrini delle vie di Hogsmeade. « Tavolo Dragomir. », comunica al cameriere, che li guida subito verso due coperti in disparte. Domiziana prende posto, poggia il tovagliolo di stoffa sulle gambe e inizia a scorrere con lo sguardo il menu. « Per me un Vesper. », ordina, sentendosi una vera diva della Londra anni sessanta. Quando infine padre e figlia tornano di nuovo soli, ecco che inizia ad avvertire un formicolio alle gambe. Vorrebbe semplicemente ignorarlo, la Serpeverde, perché sarebbe più semplice tenersi tutto dentro e non porre domande. Eppure non riesce. Ci sono alcune persone, e tra queste si annoverano Max, Bobbie e suo padre, con cui, malauguratamente, non riesce a non essere se stessa. E' così che, poco dopo, una volta consegnati i cocktail ordinati ai rispettivi proprietari, inizia timidamente - pur ostentando una sicurezza di sé che, sì, le appartiene, ma in quel caso è recitata - a conversare. « Ti manca? », sembra quasi una frase buttata lì a caso, senza specifiche. La spiegazione arriva quando i due Dragomir si guardano negli occhi. « Fare l'allenatore di Quidditch, intendo. », sorseggia il Vesper e ripulisce le labbra bagnate col tovagliolo. « I Cannoni... La tua squadra australiana. », aggiunge. Il cameriere inizia a servire il resto dell'aperitivo: patatine, noccioline, tartine al caviale e carote alla julienne. Domiziana sa già che non toccherà cibo. Tanto poi ci sarà la cena vera e propria. « A me sinceramente no. », non mi manca il passato. Sospira. E' la verità. Anche se detta così potrebbe sembrare agghiacciante. Per cui, riformula: « D'altro canto, come potrei provare nostalgia di uno come Bauldry? », ridacchia. Il Vesper è già a metà. Le noccioline sono tutte ancora nella ciotola. Una band inizia a suonare dal vivo - musica anni sessanta: Downtown di Petula Clark. Domiziana sorride, ha azzeccato il tema. « E poi.. Almeno qua stiamo imparando qualcosa di utile. », i lycan ci insegnano a difenderci. I warlock ci trasmettono il loro sapere sulle Logge. E' forse meglio continuare a vivere come propina il Ministero della Magia di Londra? Come burattini nelle loro casette di pan di zucchero?


     
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