{Assegnazione cariche}

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    « A quanto pare siamo ancora in squadra insieme, compare. » Eren indica il proprio nome su una delle liste notando Peter Paciock poco più in là. Hanno lavorato insieme diverse volte. Abbastanza da far pensare al consiglio direttivo che la sua massima aspirazione nella vita fosse quella di lavorare nella gilda dei costruttori. Un mestiere di certo nobile; senza di loro i nuovi abitanti trasferitisi nelle Highlands non avrebbero avuto un tetto sopra la testa. Eren però, che prediligeva le scorciatoie, trovava quel duro lavoro incredibilmente poco reditizio, oltre che poco remunerativo. « D'altronde, oltre alla mano di Dio ci vuole anche la mano del fare. » Si strinse nelle spalle il moro, sbuffando appena. Avrebbe anche voluto aggiungere altro, se solo non fosse stato interrotto di colpo dall'intermezzo di una voce femminile che si intromette di colpo, nella breve discussione tra colleghi lasciandolo leggermente interdetto. « Adesso ho capito dove ti ho già visto. Miyazaki. » Il suono di quel nome stride, al punto da fargli quasi dimenticare la brutta notizia della sua assegnazione. Non si aspettava nulla di eccelso, ma di certo non pensava neanche che sarebbe rimasto con i costruttori. Nel corso degli ultimi mesi, Eren aveva tenuto la testa bassa. Aiutava al Tokyo quando poteva e si rendeva disponibile per qualunque tipo di lavoro senza battere ciglio. Non aveva altra scelta. O quello, oppure andare via da Hogsmeade, unico posto che conosceva e in cui poteva tenere al sicuro il fratello minore. « Come prego? » Eriko Yagami lo osserva con un'espressione indagatoria mentre fa un passo avanti. « Norio Miyazaki. Come ho fatto a non capirlo! La tua foto è stata piantata sulla bacheca della scuola per mesi. Sei figlio dell' Onerevole Inquisitore. » Un macigno all'altezza dello stomaco lo pietrifica sul posto. « Hai accompagnato Emiko, la mia compagna di stanza alla Fiera dell'Hanami. » Ricordi relegati a una vita passata, appartenenti a una persona differente, a un ragazzo che ancora credeva ci fosse del buono del mondo. Quel quindicenne, aveva davvero accompagnato una Emiko al Fiera dell'Hanami, e le aveva persino strappato un bacio. Quella persona non esiste più. « Mi dispiace. Non ti capisco. Non parlo la tua lingua. » La mora fa un passo avanti inclinando la testa di lato. Osserva prima Eren e poi Peter, per poi tornare a osservare il giapponese.
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    « Davvero? » Gli si rivolge in inglese, questa volta, e con la coda dell'occhio osserva il giovane Paciock. « Lo vedremo. Non so che intenzioni hai, o perché fai quello che fai, ma ti assicuro che gli impostori hanno vita breve da queste parti. Ti tengo d'occhio. » Non avevo dubbi. Non si mostra tuttavia agitato. Semmai resta impassibile. Se il marcio è ciò che cerchi, ne troverai quanto vuoi, Yagami Eriko, ma non quello che cerchi. « Ci conto. D'altronde noi asiatici siamo tutti uguali. » Asserisce di colpo stirando un sorriso millimetrico. Eriko gli getta uno sguardo che sembra corrispondere a un palese, certo come no. Poi gira i tacchi e lascia i due in mezzo alla folla senza aggiungere altro. « Con permesso. » Si dilegua salutando il collega con un ceno del capo, per poi gettare un'occhiataccia alla giovane Yagami, muovendosi tra la folla. Nella folla individua Lexie; non la incontra da parecchio, e a dirla tutta, in mezzo a quella scia di serpi in seno, gli sembra l'unica persona sana di mente a sufficienza con cui intrattenersi senza alzare gli occhi al cielo. « Stavo giusto cercando una faccia non giudicante. » Chi meglio di un ex cliente. Con Lexie si era sempre trovato bene. D'altronde non ha mai avuto problemi con chiunque pagasse in tempo e avesse la buona creanza di farsi gli affari suoni. « Come ti è andata? Anche tu braccia tolte all'agricoltura, oppure sei riuscita a capottare il consiglio direttivo? » Si accorge solo allora che non è da sola. Così, volgendosi verso l'altra ragazza (Tony), la squadra dalla testa ai piedi stirando un leggero sorriso. Non male. « Sono Eren. Piacere. »

    Interagito con Peter, Lexie e Tony.


     
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    Isabel Soledad Delgado e il rancore erano due concetti che non solo viaggiavano di pari passo, ma anche a braccetto, a quanto sembrava. Erano settimane che faceva il giochetto delle risposte stringate con Lola - più o meno da quando quest'ultima era partita alla volta di una delle roccaforti del Credo - ed altrettanto tempo che quest'ultima sembrava ignorare completamente la cosa. Quella mattina, ad esempio, quando il cellulare le vibrò in tasca, allertandola di un nuovo messaggio da parte di quella che era diventata un tasto dolente, la bionda si limitò ad aprirlo senza nemmeno rispondere. Ti ci lascio pure le spunte blu, così capisci quanto non me ne frega niente di quello che stai combinando altrove. Non aveva preso bene la sua partenza, poco ma sicuro. E, per quanto sapesse, razionalmente, che non fosse il caso di impuntarsi nel fare una scenata, e che l'altra avesse tutto il diritto di viversi una propria vita, quell'allontanamento improvviso le aveva dato comunque fastidio, per quanto negasse la cosa con una testardaggine unica nel suo genere. Le aveva scombinato la routine, diceva lei, per non ammettere di sentire semplicemente la sua mancanza. E così aveva scoperto di non reagire in maniera propriamente entusiasta a quel tipo di cambiamenti « Sinceramente ogni volta che leggo il mio nome per intero, mi aspetto minimo mamma, massimo nonna, che sbucano da dietro un angolo, pronte a darmele. » Commentò in direzione di Olympia, che invece nella sua quotidianità si stava aprendo uno sprazzo con discrezione, facendo un cenno verso il sovracitato nome sugli elenchi. Aveva individuato anche quello della compagna, ovviamente, per cui non impiegò molto a commentare con un: « Dicasi ruolo che calza a pennello, huh? » Le diede un piccolo buffetto, un mezzo sorriso sulle labbra. « Diventerai una signora Gilies perfetta » A quell'affermazione sbuffò una risata dal naso. « Con una pazienza i cui livelli oscillano tra quelli di Buffy e Spike? Sicuro. Contaci. » Questo quando va bene.« Se fossi in te sfrutterei al meglio l'occasione di lavorare a stretto giro con Eliphas. C'è un intero e vasto mondo dentro di lui. » A quell'affermazione, tuttavia, non poté far altro che annuire. Non poteva dirsi scontenta del suo incarico - la Biblioteca di Inverness era un luogo al quale non soltanto era legata a livello prettamente sentimentale, ma rappresentava anche una delle, se non la, culla del sapere della loro comunità. Certo, non potrò provare l'ebbrezza di redarguire i ragazzini che deturpano Storia di Hogwarts, ma mi sa che lavorare con uno che sa il fatto suo, e lo sa anche molto bene, mi permetterà di sopravvivere a questa inestimabile perdita. « Sissignora. Tu, mi raccomando, instaura un regime del terrore come dio comanda. C'è mio fratello al primo anno, Tassorosso. Lo voglio incapace di dire il tuo nome senza tremare, capito? » Scherzò. Lei e la Potter avevano cominciato a frequentarsi da relativamente poco, ma aveva comunque la netta sensazione che, se anche qualcuno l'avesse instaurato, un regime del terrore, quella non sarebbe certamente stata la rossa. « Congratulazioni. E ricordati che ti devo una colazione. »
    Stava cercando volti noti nella follla, quando intravide quello del sovracitato Eliphas. « ¡ Buenas! Congratulazioni! » Gli rivolse un sorriso sincero. L'aveva incrociato, qualche volta, nei mesi precedenti, senza contare che Lola gliene avesse sempre parlato benissimo. E poi è partita. Quella stronza. « La sede dove ritrovarci alle nove qual è? » Gli chiese quindi. « Pensavo di passare a prendere qualcosa da mangiare in volata, prima. Porto qualcosa anche a te? » Chiese con naturalezza. Perché mangiare e non offrire è proprio da cafoni.
    [...] « Eccoti qua! Talmente che vedevo chiunque tranne te, che stavo pensando addirittura di chiamarti. » Si annunciò così, apparendo nel campo visivo di Mia. « Ma guarda tu questo quanto cresce - sono io o solo l'altro giorno era più piccoletto di così? Eh, Haru? » Si chinò ad osservarlo, puntando lo sguardo in quello del bimbo con finto fare accusatorio. Poi tornò ad osservare l'amica, con tanto di mani sui fianchi. « Quindi? Come ci sentiamo? » Si riferiva, ovviamente, al ruolo che l'altra si era vista assegnata. « Io sono contenta. Anche se, ti devo dire, un po' speravo Hogwarts. Per motivi di trama. » Motivi di trama che si chiamano Bruno Delgado, hanno undici anni, e stanno a Tassorosso. Sorella protettiva much? Scosse il capo, in una finta espressione contrariata. Anche se i salti di gioia più grossi li farà mia nonna - non solo sarò dietro casa, letteralmente, ma potrà pure dire che la nipote piromane non va facendo danni in giro. Che non fosse veramente piromane, com'era ovvio, era stato un dettaglio difficile da far cogliere a nonna Dolores. « Ma poi, prossimamente hai da fare? Ti va se ci becchiamo per parlare un po'? » Tra i mille impegni di entrambe, era diventato più complicato incastrarsi e passare del tempo insieme, anche per questo ci tenne a provare ad organizzare qualcosa di effettivo. Magari lontano da quella calca di persone.
    interagito con Lympy, Eliphas e Mia.
     
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    Gli occhi grigi scandagliano velocemente la lista, partendo dall'alto per ricercare il proprio nome. Neanche sente le svariate gomitate e spintonate che gli arrivano ma che non lo fanno smuovere di un solo centimetro, concentrato com'è sulla ricerca. Non Volo, non Volo, non di nuovo. È il suo unico pensiero fisso. Quel discorso, per quanto non abbia problemi ad affrontarlo con il suo tipico sarcasmo made in Scamander, è un tasto dolente se da ricordo possa trovare il modo di tornare realtà. Che quel periodo della sua vita sia stato effettivamente un incubo per lui a livello psicologico è indubbio, tra le pressioni esterne dell'Inquisizione, la paura costante per la propria famiglia, l'intricata e fitta rete di drammi adolescenziali spottata passo passo dallo Shame, per concludere il tutto nel tracollo mentale che era stato il Lockdown. Il rivangare il passato non gli interessa, proiettato com'è stato negli ultimi mesi verso il futuro, intento a trovare un proprio posto nello Stato di Inverness, conscio di aver bisogno di chiarirsi le idee sul proprio valore e su come cogliere il suo effettivo scopo. Non che ci sia veramente riuscito ma fare l'uomo di fatica, il trasportare, il raccattatore, il costruttore e l'uomo jolly in generale non gli è affatto dispiaciuto. Una vita effettivamente diversa dalla sua solita, ai tempi in cui sapeva bene che il motivo dell'alzarsi ogni mattina era cavalcare una scopa, fare il suo meglio per abbattere gli avversari con i propri Bolidi e cibarsi dell'euforia entusiasta che risaliva dagli spalti dei tifosi che lo chiamavano a gran voce. E quella vita a metri e metri d'altezza da terra gli manca, certo, sarebbe un ipocrita se affermasse il contrario per questo sbatte gli occhi ripetutamente quando vede il proprio nome all'interno dello Stormo. E no, non come recluta, come ufficiale sotto il comando di Angelina StellafottutamentesplendentedelQuidditch Johnson. « Non. Ci. Credo. » Commenta quando realizza che la sua partner in crime sarà niente di meno che Lilac. La fissa con un sorrisetto sbilenco. « Cioè, sulla mia nomina ovviamente non avevo dubbi, ma sulla tua.. » L'espressione divertita tradisce l'orgoglio che effettivamente prova, per lei e anche per se stesso. Un posto, quello che gli è stato affidato, che non si aspettava ma di cui è enormemente grato. « Il team Rocket continua a non deludere, sempre che
    tu non decida di farti salire la nausea per l'eccitazione come la prima volta che hai stretto la mano alla Johnson. »
    Una giornata memorabile, quella, in cui le fantastiche Holyhead Harpies avevano battuto i Ballycastle Bats 523 a 511 e i piccoli Scamander avevano esultato di gioia per ore e ore. Memorabile anche per l'incontro epico tra la cugina e la leggenda del Quidditch, culminata in conati di vomito per la troppa agitazione. « Chissà se se lo ricorda ancora.. » fischietta prima di darle un buffetto sulla guancia e abbracciarla. « Congratulazioni nana, te lo meriti tutto. » Perché se c'è qualcuno ce l'ha davvero messa tutta è sicuramente la bionda. « Cerco Tris. Se becchi Lux, le dici che nuestra casa es su casa stasera? Un paio di pizze, birre. Lo dico anche agli altri. » La saluta così, dileguandosi tra la folla alla ricerca della sua miglior amica. E nel cercare lei, cerca anche una testolina bionda di sua conoscenza e nel non trovandola, decide che sia il caso di raggiungerla con un messaggio. "Non c'era davvero bisogno di correre a progettare la nuova divisa per il combattimento aereo. Gentilissima eh ma potevi anche rimanere in piazza per due chiacchiere". Sogghigna poi nel ritrovarsi alle spalle dell'amica. Si abbassa quel tanto che gli consente di poggiarle il mento su una spalla. « Da oggi puoi pure chiamarmi Sam Maverick Scamander. » Le dice con una risata prima di accorgersi di non essere propriamente soli. Eliphas. Sam non ha ancora propriamente preso le misure sul come comportarsi con gli Warlock, non capendo bene la magia che padroneggiano ma di certo trovando utili i loro insegnamenti sui Demoni. Si schiarisce quindi la voce e fa un cenno con la mano. « Ehm, ciao, sono Sam. O Maverick, per l'appunto. » Ricalca la battuta domandosi se il ragazzo - è veramente un ragazzo oppure ha tipo quindicimila anni ma rimane giovane all'apparenza? Come funziona? - abbia mai visto Top Gun. Si rivolge poi alla mora, scivolandole di fianco per sorriderle. « Grazie per la fiducia. » Gli occhi sembrano aggiungere un "Non era scontata". « Mi dispiace avervi interrotto ma non posso proprio perdere l'occasione di farti d'accompagnatore per la prima entrata ufficiale nella Sede del Corpo di Sicurezza. Spero non fosse nulla di troppo importante comunque. » Si stampa un bel sorriso sfacciato sulle labbra mentre gli occhi vagano per qualche istante intorno a sé. Passano alcuni minuti prima di captare il gruppetto formato da Albus, Malia e co. e si sofferma a guardare la Stone prima di lanciare un'occhiata di sbieco Tris. « Come l'ha presa? » È implicito che le stia chiedendo della reazione al suo nuovo ruolo. Dal canto suo è abbastanza certo che non sia propriamente felice, specialmente di stare in mezzo a dei ragazzini, per la maggior parte, probabilmente, inadatti al volo. Non si sente di aggiungere comunque altro. Se non fosse.. « Che poi oh, meglio prof di Volo che prof di qualsiasi altra cosa. Vuoi mettere? Che due palle rimettersi a studiare per le lezioni, con il naso sempre ficcato in mezzo a qualche libro. Mi sento già spossato. » Sposta gli occhi su Eliphas per ricercarne l'appoggio ma è solo allora che si ricorda del suo lavoro. Bibliotecario = libri. Merda. « Cioè no, non volevo mica dire che i libri siano noiosi, anzi, i libri di Inverness sono sicuramente avvincentissimi. Come quelli di qualsiasi altro posto, ovvio. » Un sorrisetto che tradisce una risata imminente tremola sulle sue labbra. « Sono sempre più stato tipo da testa fra le nuvole che sopra qualche tomo. » E quindi? « Tu hai mai volato? » Così, totalmente a caso.

    Interagito con Lily, Misty (messaggio), Tris ed Eliphas.
    Menzionate Lux e Malia.

     
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    Uh, ma che sorpresa! Alexandra Cooper fissò la sua pergamena con un sopracciglio alzato e una gran dose si sarcasmo accumulato che non riusciva a non trasparire dalla sua espressione. Non che le dispiacesse aver mantenuto il vecchio lavoro, ma non poté fare a meno di chiedersi se, in punto di guerra, la cosa migliore che potesse fare era dar da bere alla gente. Chissà, magari le persone avranno ancor più bisogno di bere e le mance quadruplicheranno! Non era una cattiva idea, infondo. Fare la barista le piaceva, le era sempre piaciuto dal primo giorno che aveva messo piede dietro il bancone. Le piaceva parlare con la gente e la divertiva il pensiero che qualcuno l’avesse scambiata per una sorta di prete, un confessore con cui potersi svelare e raccontare anche le cose peggiori. Probabilmente, se Lexie un giorno avesse deciso di aprire la bocca un sacco si sarebbero lasciate. Sì, perché la maggior parte dei problemi della gente erano affari di cuore. E a lei divertiva anche atteggiarsi come una che la sapeva lunga. Perché è facile dare consigli, è facile dire agli altri come dovrebbero comportarsi, anche quando si è più incasinati di loro. Si guardò intorno, in cerca di qualche faccia nota. Storse il naso e si girò dalla parte opposta nel momento in cui incontrò quella faccia da schiaffi di Caél Cousland e fu allora che notò la chioma bionda di Sol. Alzò una mano per salutarla ed attirare la sua attenzione, ma lei non la vide. Si strinse nelle spalle. Bhè, il suo l’aveva fatto, no? Si era presentata, aveva scoperto la sua manzione.. Sarebbe potuta tranquillamente tornare a casa, no? Ma è in quel momento che qualcuno bussò alla sua spalla. Si voltò non riuscendo a tenere a bada un sopracciglio che si alzò sulla fronte. «Ciao, non so chi tu sia ma io e altra gente figa andiamo a festeggiare le nuove cariche da Starbucks. Così, giusto per arrivare ubriachi/e il primo giorno di lavoro... Scherzo dai! Ci beviamo giusto un cappuccino.. Corretto. Scherzo! Se vuoi dirlo a qualcuno.. Giusto per fare un po' di sana comunella..» Era una ragazzina. Poteva avere, quanto, diciotto, diciannove anni? Sembrava un vero e proprio peperino e si chiese se non avesse già bevuto qualcosa vista la sua propensione ad invitare gente a caso per bere qualcosa da Starbucks. «Sei gentile, ma tra qualche ora inizia il mio turno ai Tre Manici di Scopa. E.. Pensandoci, perché non spostate la festicciola proprio lì? Non vi scriviamo i nomi nei bicchieri, ma ti assicuro che sono una barista decisamente migliore.» Allungò appena il collo, sollevando il mento verso l’alto, certa della veridicità delle sue parole. «A proposito, io sono Lexie.» Sarebbe stato un buon modo per cominciare un nuovo capitolo con una bella festa nel locale. Di sicuro sarebbe trascorsa meglio. « Stavo giusto cercando una faccia non giudicante. » Si gira quel tanto che basta per ritrovarsi davanti il volto di Eren. «Guarda un po’ chi ha sputato il gatto..» gli rivolse un sorriso, toccandogli la spalla con la mano. Negli ultimi tempi i giri di Lexie erano cambiata. Stava cercando di rigare dritto, per quanto le fosse possibile. Non che fosse diventata una Santa. Prendeva ancora le sue sbornie, fumava erba e non perdeva tempo ad intrattenersi con chi non le importava niente solo perché si erano scambiato due parole in una chat. Era palese a chiunque, però, quanto fosse distante dalla Lexie di qualche tempo fa. Eren le era sempre sembrato un tipo apposto. Onesto, questo lo si poteva dire. « Come ti è andata? Anche tu braccia tolte all'agricoltura, oppure sei riuscita a capottare il consiglio direttivo? » SI lasciò sfuggire una mezza risata, stringendosi appena nelle spalle. «Bhè, mi avevano proposto un ingaggio come Ministro della Magia, ma...» cercò di rimanere il più naturale possibile mentre declamava quell’enormità. «... Mi son detta: “Se me ne vado chi disseterà gli assetati ai Tre Manici?”. Fidati: scoppierebbe immediatamente una guerra civile. Diciamo pure che mi sono sacrificata per la patria. Non ringraziarmi.» Cercò di restare seria fino alla fine, ma davanti a tutte quelle cavolate non riuscì a trattenere un sorriso e un occhiolino rivolto al giovane accanto a lei. Rimase ad osservare mentre lui si presentava alla giovane che le aveva appena proposto di andare da Starbucks. «Sai, Eren.. Questa giovane donzella ha appena proposto di andare a far festa da Starbucks. Puoi gentilmente dirle anche tu quanto decollerebbe la loro festa se solo si spostassero ai Tre Manici?»



    Interagito con Tony, Eren.
    Nominati Caél, Sol
     
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