Scamander per due

Lexie Cooper - Secret Santa

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    «Non se ne parla.», scuote vigorosamente la testa. Tralasciando il fatto che un'idea del genere non la stuzzichi neanche lontanamente - anzi, forse ritiene persino azzardato mettere in scena una pièce simile, dopo quanto recentemente accaduto -, Artemis non ha mai avuto occasione di recitare. E non l'ha di certo richiesta, tale occasione. Il mondo del teatro e dell'arte la affascina enormemente, ed è infatti in quell'ambito che lavorava al Moulin Rouge della Corte dei Miracoli, così come attualmente presso il fantomatico club di teatro, appena risorto dalle ceneri di quella fenice estremamente testarda che altri non è se non Peter Paciock. «Guarda che saresti bravissima!», Misty inarca le sopracciglia. «Lo dici soltanto perché sai perfettamente della mia abilità di Metamorfomagus.», lo sfida attraverso gli occhi azzurri brillanti. Peter è mezzo costretto a cedere. «E va bene! Ma proprio perché hai questo genetico dono divino dovresti fare un tentativo!!! Cioè!!! Facciamo finta che io sia un abilissimo magichirurgo, no? Se mi rifiutassi di eseguire un intervento da primo operatore solo perché.. vediamo, "non mi va di farlo", potrei essere persino passibile di denuncia!», le sopracciglia di Misty si confondono ormai con l'attaccatura dei capelli sulla fronte. «Peter, non c'entra prorio niente. Il mio lavoro non è recitare: io creo le scenografie.», devo davvero spiegartelo?! Ma non eri te il direttore del club? «Sì ma è un amico in difficoltà che te lo sta chiedendo.», sì, ma da quando siamo amici? - questo evita di esprimerlo a parole, seppur l'espressione facciale lo dichiari da sola. E' a quel punto che Artemis inizia sul serio a riflettere sul da farsi, non avendo minimamente contemplato l'idea pur avendo passivamente ascoltato la proposta del presunto amico. «Mi pagherai.» «Che?!» «Mi pagherai 10 Galeoni -», Peter fa per controbattere, «- a rappresentazione. Reciterò più parti grazie al mio genetico... dono divino, ha difficoltà a pronunciare quell'aggettivo, Artemis, ma finge che per lei non abbia alcun peso. La sua presa di posizione lascia Peter di stucco. «Ma avevi detto...» «E adesso ho cambiato idea.», non sono più la ricca mantenuta figlia di papà da molto tempo. «.. Però devi promettere che imparerai il copione a menadito, non tanto per farlo.», Misty rotea gli occhi. «Da' qua.» [...] Si sarebbe potuta aspettare molte cose dalla vita, la giovane Ayres, ma di certo non quella di prendere - letteralmente - le vesti di due Scamander in un colpo solo. Certo, con la bionda ormai c'ho fatto il callo. Con Sam.. Mi viene da ridere al solo pensiero. Ed è con quello spirito che, davanti allo specchio dei camerini, storce il naso per provare e riprovare la trasformazione, sino a raggiungere un risultato soddisfacente. E' il 23 Dicembre ed ha già dato prova di sapersela cavare con la recitazione - in una delle rappresentazioni precedenti ha persino interpretato Peter!. Mancano soltanto gli ultimi due giorni: la tortura volgerà al termine e la tasca dei suoi pantaloni sarà appesantita da ben cinquanta Galeoni. Onesto, in fondo. Si riferisce, chiaramente, alla proporzione "sforzo compiuto versus retribuzione percepita". Sorride di sbieco e si prepara ad entrare in scena. [...]
    La vede in mezzo alla folla. I loro sguardi si incrociano ed Artemis è percorsa da un brivido. Ti conosco. Non sa chi sia. Non sa neanche il suo nome. Ma l'ha vista quattro o cinque volte in compagnia di Adam Lindstörm. Adam.. Quel nome le regala un brivido ben più forte del primo. Non ci pensa due volte. Devo fare qualcosa. Qualunque cosa. Benché non abbia effettivamente ancora scelto, né tanto meno preso neanche l'ombra di una posizione definitiva, l'impellenza di agire e sbloccare l'impasse va a sopraffarla. Terminato il teatrino, Misty si precipita alla rincorsa della ragazza fuori dai camerini, compito reso arduo dall'incredibile folla di gente stipata nel Padiglione adibito ad accogliere la Fiera dell'Inverno di Hogsmeade. Quando ne individua la chioma rossa, si prende un ulteriore attimo per studiarla. Che faccio? - tentenna. Bussarle alla spalla e iniziare a porre domande indiscrete sarebbe del tutto fuori luogo. Ci vuole uno stratagemma. Sta per inventarsi qualche battuta di sana pianta quando un'altra chioma rossa invade il proprio campo visivo. « Lilyyyy! », oh per tutte le santissime Morgane. Artemis si rende conto di indossare ancora le... Sembianze della Scamander. Probabilmente un occhio attento - com'è certa sia quello di Olympia Potter - potrebbe rendersi conto della differenza. Però... Porta un cappellino da baseball. Uno sciarpone. E' sera ed è abbastanza buio. E in fondo... Ai fini dell'azione che ha intenzione di compiere, spacciarsi per un'altra persona non è poi così tanto male. Stava per svelarsi, ma ci pensa due volte e tira le somme: non le conviene. «Oh ciao Olympia!», Morganaccia, non è affatto vero che so recitare. Di sicuro avranno più confidenza di un banalissimo e apaticissimo "oh ciao Olympia". Rimedia! Fa' qualcosa! «Scusami, mi hanno..», si guarda intorno. Nel punto verso cui l'altra ragazza si dirige, degli artigiani stanno organizzando un gioco a premi. In palio pare esservi un manufatto magico abbastanza importante. «.. appena invitata ad un gioco! Ci vediamo..», se le dicessi più tardi e poi non mi presentassi potrebbe essere pericoloso. «In giro! Bacio!», bacio? Bacio? La sto interpretando davvero così boomer? Riprenditi, Artemis! - rossa di vergogna, la Ayres si rilancia all'inseguimento. Ed è così che finalmente è a un passo dal premio. «Ehi!», si pianta davanti alla ragazza. «Ciao! So che in questo settore della fiera stanno organizzando un gioco a premi. Ti andrebbe di partecipare insieme? Magari unendo le forze è più semplice.», sorride, sperando di risultare affabile. Ma non è che lei e Lily si conoscono? No perché in quel caso sono fottuta. Però dai... Va bene che la Scamander è famosa, ma non è che possa avere un rapporto confidenziale con l'intero pianeta... E poi, tra le altre cose, Artemis ha ancora un asso nella manica.
     
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    Fin da piccola aveva sempre pensato che passare il Natale in famiglia fosse una cosa estremamente uggiosa. Ogni anno si svolgeva lo stesso monotono copione: sua madre scherzava su quanto poco utile fosse stato suo padre nell’aiutarla a preparare il pranzo, suo padre borbottava qualcosa continuando a leggere le notizie sportive sulla Gazzetta, suo fratello apparecchiava la tavola -perché doveva cominciare a mettersi in mostra fin da subito- e Debbie -la fidanzata perfetta del figlio perfetto- aiutava la mamma che a quel punto diventava tutta sorridente cominciando a fantasticare sul vestito che avrebbe indossato per accompagnare il figlio all’altare. Sembravano volersi sforzare in tutti i modi di somigliare ad una di quelle famiglie felici che si vedono nelle pubblicità, quelle dove fanno colazione tutti insieme e conversano serenamente nonostante siano le sette del mattino. Dopo anni passati a sedere a tavola ascoltando i progetti futuri di suo fratello e informazioni inutili su parenti di cui neppure ricordava il volto, Alexandra ci aveva provato in ogni modo a non farsi più invitare. Un anno si era presentata con Jeremy, un tipo così viscido da non farsi problemi a tastarle il culo anche davanti ai suoi. L’anno dopo aveva portato Vanessa alla quale era stata lei a tastare il culo di continuo. Un anno si era tinta i capelli di blu -banale, ma non aveva trovato in tempo qualcuno disponibile ad andare con lei-. Ma ogni cosa facesse non sembrava abbastanza e ogni anno, puntualmente, veniva invitata al pranzo di Natale a casa Cooper. Alla fine Lexie si era arresa. Affrontava quell’invito con lo stesso spirito con cui si affronta la lettera del medico che ti ricorda l’appuntamento, a breve, per il Pap Test, ma alla fine, ogni anno, si trovava seduta a quel tavolo. Si lamentava, ma alla fine ci andava sempre. Oramai era un rituale di cui non sembrava poter fare a meno. Quell’anno, però, qualcosa in lei sembrava essersi spezzato. Con la sua famiglia nello Stato Inglese le era stato impossibile unirsi a loro. Non avrebbe mai creduto che non partecipare a quel pranzo l’avrebbe fatta sentire in quel modo: disorientata. Aveva ricevuto un loro biglietto di auguri ed era rimasta a guardarlo per chissà quanto tempo, senza dire una parola. Alla fine lo aveva infilato nel cassetto del comodino, dicendosi che forse avrebbe dovuto comprare un biglietto per rispondergli. Era una cosa così tanto da sua madre mandare un biglietto anziché un messaggio. Un messaggio sul telefono forse le avrebbe fatto meno male. Sua madre sapeva essere davvero una stronza sentimentale quando voleva. Forse era anche per questo che si trovava ad aggirarsi nel Padiglione adibito ad accogliere la Fiera dell’Inverno di Hogsmeade, o forse no. Non aveva ancora ben chiaro come fosse organizzata la corrispondenza tra Stato Inglese e Stato di Inverness. Magari si sarebbe informata. Magari avrebbe inviato loro qualcosa. Magari no. Non lo sapeva ancora. Si guarda intorno, accarezzando con lo sguardo la folla di gente che le vortica intorno. Chiacchierano, ridono, stringendo in mano buste di carta con su impresso il nome del banchino in cui hanno fatto spese. Una donna le si para davanti, sventolandole innanzi agli occhi una delle palle di natale più appariscenti che avesse mai visto: era ricoperta di brillantini e pizzi bianchi. Premendo un piccolo pulsante, disse la signora, si sarebbe persino illuminata. Alexandra alzò entrambe le mani, scuotendo la testa, cambiando immediatamente direzione. Aveva poche sicurezze nella vita, ma sapeva che, come lei, anche i suoi avrebbero ritrovato ripugnante appendere un oggetto del genere all’albero. Il padiglione era caotico e ne capì il motivo solo più tardi, ritrovandosi davanti quello che sembrava a tutti gli effetti un poster su chissà che cosa. Non perse tempo a leggerlo, ci fece scorrere lo sguardo sopra come si fa con qualcosa che non ci interessa veramente. Ciò che attirò la sua attenzione, ma neanche troppo, furono un paio di nomi appartenenti al mondo del Quidditch. Poi, però spalancò appena gli occhi nel leggerci anche il nome di Peter Paciock. Chissà che aveva inventato quella testa di zucca... Continuò a girovagare per il Padiglione, senza fretta. Aveva il giorno libero perché si era proposta volontariamente di lavorare la sera dopo. L’idea di passare la Vigilia di Natale da sola le faceva in qualche modo attorcigliare lo stomaco, anche se non lo avrebbe mai ammesso a voce alta. Almeno, ai Tre Manici di Scopa, la compagnia non le sarebbe mancata. C’era sempre qualche comitiva che dopo il cenone decideva di concedersi un paio di bicchieri. Stare al lavoro le avrebbe dato meno tempo per pensare, meno tempo per soffermarsi a rimuginare su qualcosa a cui non voleva riflettere troppo. Trovò un fermaglio a forma di fiocco di neve sul quale erano incastonati dei brillanti. Pensò che sarebbe stato perfetto per i capelli corvini di Virginia. La giovane dietro il banchino fu così gentile da farle persino un pacchetto regalo. La ringraziò ed infilò il pacchetto nella borsa che le pendeva dalla spalla. Ricominciò a sfilare lenta accanto ai banchini, facendo scorrere lo sguardo sulla merce in esposizione. C’erano persino dei vecchi dischi babbani in mezzo a tante altre cianfrusaglie. Si chiese se avrebbe dovuto fare un regalo anche ad Adam. Ci aveva rimuginato parecchio, indecisa sul da farsi. Sì, le cose tra di loro sembravano essersi in qualche modo risolte, ma l’ultima cosa che voleva fare era sembrare melensa o qualcosa del genere. Decise di non pensarci troppo. Se avesse trovato qualcosa capace di attirare la sua attenzione l’avrebbe preso, glielo avrebbe regalato e festa finita. «Ehi!» In tutto quel trambusto non si , era neanche accorta che qualcuno ce l’aveva proprio con lei. Partì come un sospetto, la sensazione di essere osservata da quelli che le stavano attorno. Fu allora che voltò di poco lo sguardo, quel tanto che bastava per ritrovarsi davanti il volto sorridente di Lilac Scamander. Certo che sapeva chi fosse. Era praticamente impossibile sentire quel cognome e non collegarlo al mondo del Quidditch. Ma la domanda era: ce l’aveva davvero con lei? «Ciao! So che in questo settore della fiera stanno organizzando un gioco a premi. Ti andrebbe di partecipare insieme? Magari unendo le forze è più semplice.» Rimase a fissarla per qualche secondo, prima di guardarsi intorno, come per assicurarsi, per avere la conferma, che ce l’avesse davvero con lei. Ma... Perché? Perché mai Lilac Scamander, una famosa giocatrice di Quidditch, avrebbe dovuto fermarla per chiederle di partecipare insieme ad un gioco a premi. «Eh, io...» arricciò il naso, concentrata, come se stesse cercando di capire quale fosse la cosa più giusta da fare. Alexandra Cooper era per natura sospettosa. Non aspettandosi niente dalla vita pensava sempre ci fosse qualcosa dietro quando le accadeva qualcosa di strano. Che fosse una trovata pubblicitaria? Un modo per farsi pubblicità? Già le sembrava di vedere i titoli dei giornali del
    domani: “Famosa giocatrice di Quidditch fa impazzire i fan trascorrendo il suo tempo con i comuni mortali”. Non le andava affatto di vedere la sua faccia in prima pagina. «In realtà dovrei..» alzò il pollice sopra la spalla, indicando chissà cosa dietro di sé. “Ma cosa... E’ impazzita?” Le sembrò di sentire qualcuno sussurrare dietro di sé. “La Scamander le sta proponendo una cosa del genere e lei rifiuta? Ma chi cavolo si crede di essere?” Un’altra voce non si risparmiò nell’elargire giudizi gratuiti. Sospirò, stirando un sorriso sulle labbra, non riuscendo a non ascoltare la gente accanto a lei ripetere sottovoce quanto fosse fortunata. «Va bene.» sentenziò stringendosi nelle spalle. Si lanciò l’ultima occhiata circospetta intorno, prima di cominciare a seguire la giocatrice. Non era ancora convinta che accettare fosse stata la soluzione giusta. «Sono Lexie, comunque.» Si presentò voltando la testa verso la bionda. «E devo avvertirti che faccio particolarmente schifo a lavorare in squadra.» Prova a chiedere ad Adam Lindstörm. «Avvertirti di questo penso sia il minimo. E sappi che non me la prenderò affatto se deciderai di partecipare insieme a qualcun altro.» Anzi.. Devo ancora capire perché diamine ho accettato questa cosa.

     
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    Artemis prende a ragionare velocemente. Così velocemente che, può giurarci, di sicuro le si sta friggendo qualche ingranaggio nel cervello. Ed è col proprio cervello che se la prende, l'istante successivo: ma dove diavolo ho la testa? Non solo ho chiesto ad una perfetta sconosciuta di giocare insieme per uno specifico doppio fine personale, ma per di più lo sto facendo nelle vesti di una famosissima giocatrice di Quidditch, perfettamente consapevole che da un momento all'altro potrei perdere la sua forma! - ed è con un brivido che corre rapido lungo la schiena che percepisce un pizzicore all'altezza del naso, segno che probabilmente qualche connotato fisico stia già mutando. Per Morgana. Speriamo non se ne accorga. «Etciù.», finge uno starnuto, la bionda, solo per poter avere la scusa di soffiarsi il naso e nascondere quella parte del corpo. «Scusami. Sono un po' raffreddata. Facciamo così...», e si porta la sciarpa, precedentemente avvolta al collo, molto più su, di modo che le copra anche naso e bocca. Con il cappello a proteggere il capo, la sciarpa così acconciata e un maxi cappotto a celare qualsivoglia forma fisica... Beh, questa sì che è stata un'ottima mossa. Adesso, Misty deve solo concentrarsi a non perdere la precisa sfumatura di colore degli occhi - un verde prato ben distante dall'azzurro ghiaccio che solitamente sono i propri. «Eh, io...», di fronte all'incertezza della sconosciuta - che però tanto sconosciuta non è, dato che Artemis sa perfettamente sia in qualche modo collegata ad Adam -, la Corvonero freme all'idea di perdere quell'occasione. «In realtà dovrei..», oh, no. Ti prego, no. Non mi ricapiterà mai più. Accetta, per la miseria! «- partecipare con me perché sarà super divertente, no?», continua la frase, Artemis, anticipandola. Non sa se la Scamander avrebbe mai effettivamente detto una frase del genere - al cento per cento sto andando fuori tema di due mila spanne, tipo - ma dalle interviste le è sempre parsa una ragazza alla mano. Quindi, spera vivamente sia... Un atteggiamento alla Scamander. Conoscendo Sam, in effetti potrebbe esserlo. Quando vuole sa essere terribilmente insistente, quel farabutto. «Va bene. Sono Lexie, comunque.», molto piacere, Lexie. Artemis le allunga la mano. Per prima cosa, ha bisogno di un'ulteriore informazione, così da poter fare eventuali ricerche successive. In fondo non c'è nulla di male a chiedere un cognome, di solito.. Quando ci si conosce lo si fa, no? «Lexie come? Molto piacere!», cerca di farla sembrare una cosa super naturale, mostrando un atteggiamento simpatico e frizzante. «Io sono Lilac, Lilac Scamander!», sorride, anche se al di sotto della sciarpa sarà impossibile notare il curvarsi delle proprie labbra - ormai definitivamente tornate quelle di Artemis, altro che Lilac Scamander. Pur consapevole non ci sia bisogno di presentazioni, Misty sceglie di farlo lo stesso per due ragioni: la prima, guadagnare tempo. Ha drasticamente bisogno di pensare, pensare, pensare. Non avendo preparato alcun tipo di piano, essendo tutto letteralmente improvvisato, il rischio di imbrogliarsi con le proprie mani è elevatissimo. La seconda: immagina la Scamander lo avrebbe fatto. Essere famosi non vuol dire essere maleducati, no? Presupporre che gli altri ti conoscano già non vuol dire che non ci si debba presentare solo perché si è chi si è. Sarebbe terribilmente da spacconi. «E devo avvertirti che faccio particolarmente schifo a lavorare in squadra. Avvertirti di questo penso sia il minimo. E sappi che non me la prenderò affatto se deciderai di partecipare insieme a qualcun altro.», Artemis inizia a far lavorare di nuovo il cervello. Bisogna specificarlo perché per la situazione in cui mi sono cacciata sembra che io l'abbia spento e che abbia direttamente bruciato l'interruttore. «Lo dici perché ne sei convinta o perché te l'ha "confermato" qualcuno, e questa sarà solo la prima domanda di un interrogatorio, posto di modo che sembri assolutamente naturale, ancora una volta, quando di base non lo sarebbe affatto. Devo iniziare a pensare ad una carriera di attrice sul serio. Vuoi che Peter Paciock avesse ragione? Ah! Che ridere! «Scusa, magari è una domanda inopportuna. Però, insomma, volevo capire perché ne fossi così sicura, al punto da spingermi a partecipare con un altro concorrente... Cosa che non farò, sappilo!», ridacchia, Misty, orientata a non cedere per nessuna ragione al mondo.
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    «Più che altro, nel primo caso: non è mai troppo tardi per imparare qualcosa di nuovo, come, appunto, lavorare in squadra. Nel secondo caso..», ti prego, dimmi che è proprio il secondo caso! Dobbiamo battere su questo!, «.. beh, nel secondo caso: dammi nome e cognome di quella persona e le manderemo via Gufo una bellissima Polaroid di noi due col premio in mano, vittoriose. Mi sembra un perfetto regalo di Natale a prova di stronzo, inarca le sopracciglia, Artemis, ridacchiando una seconda volta. Beh, dai, se non altro era una battuta carina. Devo fingermi Lilac più spesso, è divertente. Alcuni minuti dopo quel siparietto, ecco che i concorrenti vengono richiamati all'interno del padiglione dove partirà il torneo a premi. L'organizzatore inizia a spiegare brevemente i vari step del processo: si tratta di una banale caccia al tesoro, le cui regole sono sempre le stesse - bigliettini con i vari indizi sparsi in giro per... E' proprio questa la particolarità: in giro per il mondo. In occasione della Fiera dell'Inverno sono stati infatti aperti dei portali a connessione delle varie Roccaforti del Credo. Molto figo, bisogna ammetterlo. Scommetto che c'è lo zampino ingegneristico di quel pavone Cousland e della sua tramontata Cousland Express. «Pronta a scartare l'indizio numero uno?», Misty, affatto interessata alla caccia - per quanto divertente! - e infinitamente di più alla conversazione con Lexie, apre il primo bigliettino. «Sei nella Roccaforte giusta. Okay, quindi a Inverness.. Nel primo step bisogna cercare qui.. Aspetta, continuo a leggere.», scorre rapida con gli occhi le parole successive. «Recati dove tutto è finzione e nulla è realtà.», emette un suono impercettibile, la Ayres. No, vabbè. Ma mi prendete in giro? Troppe coincidenze, questa sera. «Ci sono!!!», sì, ma un po' meno, Artemis. «Nel padiglione dove si tengono gli spettacoli della Fiera! Sì, insomma... gli spettacoli organizzati da Paciock!»
     
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    Ad Alexandra non era mai interessato il gossip. Gli unici momenti in cui si concedeva un superficiale sguardo a quelle riviste di pettegolezzi erano nella sala d’attesa del parrucchiere o durante qualche lungo viaggio sui mezzi babbani. Sfogliava senza alcun interesse, leggendo a malapena i titoli delle interviste rivolte a questo e a quel personaggio. La maggior parte delle volte erano chiacchiere su relazioni appena sbocciate o appena concluse. Le era capitato spesso di imbattersi nella faccia di Lilac Scamander che sorrideva al fotografo o cavalcava una scopa in chissà quale partita. Aveva sempre pensato che fosse una bella ragazza, nulla più. Ne sapeva troppo poco di Quidditch per giudicare le sue performance sportive. Dicevano fosse molto brava e questo le bastava. Sì, era vero, la seguiva sui social, ma così come seguiva tante altre persone. Non si poteva dire che fosse una fanatica di sport, ma di sicuro lo era dei bei faccini. Si chiese come facessero persone con quella notorietà a vivere tranquillamente. Era successo anche a lei di finire in uno di quei giornaletti all’esordio della sua vita da sin eater quando, inevitabilmente, si era avvicinata ad Adam Lindstörm. Ricordava con fastidio le parole spese su di lei, quando chiunque fosse l’artefice di quella notizia si era domandato in che circostanze l’erede al trono di Scozia si trovasse in compagnia di una Signorina Nessuno, di qualcuno che, senza eleganza, non si era fatta problemi ad alzare il dito medio verso chi stava scattando la foto. Seppur fingesse che la cosa non l’avesse scalfita minimamente, in verità aveva trovato irritante tutto quello. Aveva trovato arrogante essere classificata in un determinato da qualcuno che non la conosceva affatto. Le fu impossibile non notare quante persone si fossero fermate intorno a loro, genuinamente interessate a ciò che stava accadendo. Lilac Scamander aveva scelto una persona a caso a cui chiedere di partecipare ad un gioco che si sarebbe svolto in quel padiglione. In quel momento tutta quella gente desiderava solo essere al posto di Lexie. Probabilmente si dicevano che se solo fossero passati di lì un momento prima, Lilac magari avrebbe scelto loro. La sua attenzione viene catturata nuovamente dalla bionda nel momento in cui ella starnutì, stringendosi la sciarpa fin sopra la punta del naso. «- partecipare con me perché sarà super divertente, no?» Stirò sulle labbra un sorriso non sinceramente divertito nell’udire quelle parole. Perché tanta insistenza, si chiese. Intorno a loro c’erano decine di persone che speravano solo che la Cooper declinasse l’offerta così da essere i prossimi. Magari non voleva fare brutta figura con il pubblico. Chissà che razza di articolo fantascientifico sarebbe stato in grado di tirare fuori un eventuale giornalista davanti ad una scena del genere. Non doveva essere semplice essere famosi, dover fare attenzione a qualsiasi cosa o gesto fatto in pubblico, avere il timore di essere spiati anche nel privato, in qualche momento di intimità. Non aveva mai chiesto ad Adam come la sua notorietà lo facesse sentire. Aveva sempre dato per scontato che fosse una cosa in cui tutti si crogiolavano, ma magari non era così. Accettare, alla fine, le sembrò la cosa giusta da fare. Alla fine a Natale si è tutti più buoni, giusto? «Lexie come? Molto piacere! Io sono Lilac, Lilac Scamander!»
    Afferra la mano della bionda, stringendola appena per poi infilarla dentro la tasca anteriore dei jeans, insieme all’altra nascosta nella tasca dall’altra parte. «Lexie..-» si guardò intorno. Decisamente non aveva alcuna voglia di far sapere a tutti i suoi dati personali. Per Lilac era facile, tutti sapevano chi fosse. A lei, però, quella sua condizione da Signorina Nessuno non dispiaceva affatto. «-... come Lexie sbuffò appena allungando un sorriso sulle labbra. Sperava che la Scamander avrebbe capito. Comincia a seguirla verso il punto in cui il gioco a premi sarebbe iniziato. La folla intorno a loro cominciò a diradarsi, finché anche gli ultimi curiosi non decisero che forse era meglio lasciarle in pace. Mentre le camminava di fianco, la giovane Cooper si chiese per l’ennesima volta che diamine le fosse venuto in mente. Non si era certo recata alla Fiera d’Inverno per intrattenere conversazioni con qualcuno. Doveva ancora decidere a chi comprare un regalo di Natale. Forse, si disse, quella piccola parentesi l’avrebbe aiutata a schiarirsi le idee. «Lo dici perché ne sei convinta o perché te l'ha "confermato" qualcuno Fu a quel punto che Lexie si voltò verso la bionda, fissandola negli occhi azzurrissimi che sembravano essere ormai l’ultima parte del viso rimasta scoperta dalla sciarpa voluminosa. Ebbe come l’impressione che il suo stomaco avesse fatto una capriola. Come, scusa? Le sue labbra si erano dischiuse appena e Lilac sembrò accorgersi di quanto quella domanda l’avesse lasciata sorpresa. «Scusa, magari è una domanda inopportuna. Però, insomma, volevo capire perché ne fossi così sicura, al punto da spingermi a partecipare con un altro concorrente... Cosa che non farò, sappilo!» Già. E’ una domanda decisamente inopportuna. Rimase a fissarla, ancora un pochino interdetta, chiedendosi se la giocatrice fosse solo un po’ impacciata o semplicemente ficcanaso di natura. Di sicuro, Lexie non si trovava lì con l’intento di farsi psicanalizzare da qualcuno. O forse sei solo tu che sei paranoica e pensi che tutti vogliano solo entrarti nella testa. Eppure non le dava così fastidio come quando era Adam a farlo. «Vaffanculo. Odio quando fai così! Quando.. Quando mi tratti in questo modo quando provi ad entrarmi nella testa come se fossi una dei tuoi pazienti!» Per qualche ragione il fatto che il giovane Lindstörm si sforzasse di capire com’era fatta dentro, l’agitava. Forse, in qualche modo, temeva come avrebbe reagito nel vedere quanto orrenda fosse in verità la sua anima. «Più che altro, nel primo caso: non è mai troppo tardi per imparare qualcosa di nuovo, come, appunto, lavorare in squadra. Nel secondo caso. Beh, nel secondo caso: dammi nome e cognome di quella persona e le manderemo via Gufo una bellissima Polaroid di noi due col premio in mano, vittoriose. Mi sembra un perfetto regalo di Natale a prova di stronzo Si strinse nelle spalle, mentre qualcosa di simile ad una risatina roca le saliva su per la gola. In realtà, più che un pessimo regalo, immaginava che migliorare il suo saper lavorare in squadra sarebbe stato il dono perfetto per Adam. «Sì, immagino che qualcuno possa trovarlo fastidioso.» asserì alzando all’insù un lato delle labbra. Lilac sembrava essere una a cui piaceva chiacchierare. Una caccia al tesoro in giro per il mondo. A quelle parole Lexie non poté fare a meno di sbattere le palpebre come se dovesse mettere meglio a fuoco la situazione. Fortuna che non aveva impegni per il resto del pomeriggio. Si aspettava qualcosa come tirare palline a dei barattoli o infilare degli anelli nel collo delle bottiglie o tirare freccette. Di sicuro non si aspettava una cosa simile. «Pronta a scartare l'indizio numero uno?» Si voltò verso la bionda, cercando di mostrare un entusiasmo che non percepiva affatto. In che cavolo di situazione mi sono cacciata? Pensò che aveva scelto il momento peggiore per essere più buona a Natale. Non che avesse qualcosa contro la Scamander, affatto. Sì, era un po’ curiosa, ma forse ne aveva il diritto visto che i fatti suoi erano sempre spiattellati in ogni giornale. Annuì e attese che la bionda aprisse il primo indizio. «Sei nella Roccaforte giusta. [...] Recati dove tutto è finzione e nulla è realtà. Ci sono!!! Nel padiglione dove si tengono gli spettacoli della Fiera! Sì, insomma... gli spettacoli organizzati da Paciock!» Che cosa??? Spalancò gli occhi per qualche secondo per poi rotearli e sospirare allo stesso tempo. Era uno scherzo, vero? Possibile che quel fastidioso di Paciock fosse ovunque? Si accorse di essersi crucciata eccessivamente e rilassò le spalle, respirando a fondo. Arrivate al padiglione designato si guardò intorno, per poi soffermare lo sguardo sulla bionda al suo fianco, celata quasi completamente dalla sciarpa che le copriva il viso. Forse non vuole farsi riconoscere? «Ok. E adesso?» Erano nel luogo giusto, ma personalmente Lexie non aveva la minima idea di cosa dovessero fare. Sospettava che la sua fosse mancanza di motivazione. Non che le importasse tanto vincere quella caccia al tesoro. Ma la Scamander sembrava piuttosto convinta di tutto ciò e inoltre non aveva impegni per quel pomeriggio. Poteva stare al gioco, per una volta. Si guardò di nuovo intorno, in cerca di qualcosa che stonasse con il resto. Non era facile. Tutto quanto poteva essere considerato un oggetto di scena. Cominciò a muoversi tra i vari appendiabiti sui quali erano appesi vestiti di ogni tipo, scatoloni contenenti cianfrusaglie e chincaglierie. «Allora...» Davvero, Lex? Davvero stai provando ad avere una conversazione? Bhè, a quanto pareva quella caccia al tesoro sarebbe durata un po’.. Tanto valeva scambiare due chiacchiere. «Perché una stella del Quidditch come Lilac Scamander decide di partecipare ad una caccia al tesoro con una completa sconosciuta?» E’ come per i candidati a Sindaco? Prima delle elezioni si gettano a capofitto sulle buone azioni? Mentre parlava continuava a guardarsi intorno e fu allora che notò qualcosa, qualcosa che, contrariamente a tutto il resto, le diede da chiedersi che cosa ci facesse lì. Era un libro di pozioni. Sembrava non entrarci molto in tutto quello. O forse si? «Hai idea di che spettacolo sia andato in scena? Aveva a che fare per caso con pozioni o cose del genere?» Non aveva notato manifesti, forse perché erano arrivate dal retro del palco. Si accovacciò afferrando il libro e aprendolo. All’interno della copertina, scritte in stampatello, c’erano alcune parole. «Recatevi là dove poche gocce possono darvi ciò di cui avete bisogno.» Alexandra alzò lo sguardo verso la giocatrice. «Immagino non sia un bar.» Si strinse nelle spalle, sorridendo. Era una battuta quella? Forse. Richiuse il libro, passando una mano sulla copertina. «Credo che il tipo della bottega delle pozioni saprà dirci qualcosa.»

     
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