A Feast for Crows

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    the devil inside;

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    La lama era scattata nel buio del parcheggio di Shibuya prima ancora che potesse accorgersene. Se non fosse stata abbastanza pronta a scattare e l'istinto non le avesse imposto di sfuggirne abbassandosi all'istante per afferrare i pugnali negli stivali, lo scontro si sarebbe concluso in maniera molto diversa. Era veloce e ben addestrato; il suo stile era fluido, come l'acqua, pronto ad avvolgere l'avversario in una morsa letale. Mia non si era lasciata abbattere; gli era andato incontro finché non lo aveva colpito, una volta sul fianco, una seconda all'altezza della caviglia. Deve aver colpito al volto perché ad un certo punto, la voragine sotto il cappuccio le era sembrata meno incorporea; come se fino a quel momento là ci fosse una voragine nera, ed ora al suo posto c'era un passamontagna scuro, che potesse proteggere l'identità dell'uomo. Lui aveva ringhiato; lo aveva innervosito. E così aveva tentato di prenderla di peso, ma proprio quello era stato il momento perfetto per colpirlo alle spalle e cercare riparo, nascondersi nell'ombra, lontana dalle luce fiacche tra una fila e un'altra di auto, attendendo il momento perfetto per ripartire. Non voleva tornarsene con le mani mano. Chi era così folle da lasciare a piede libero uno che partiva all'attacco in quella maniera? Purtroppo non ne aveva avuto l'occasione; altri lo aveva raggiunto. Forse erano già lì, o forse lo stava già raggiungendo. Quindi era scappata, non certo perché volesse evitare uno scontro, quanto piuttosto perché non era affatto preparata. L'equipaggiamento quasi investente poteva permetterle di darsi al massimo alla fuga, ma non certo di affrontare uno scontro diretto. E poi, perché sarebbe dovuta andare in Giappone armata fino ai denti? Di chi doveva avere paura? Evidentemente qualcuno c'era. Era un mago; quello era stato il primo indizio che l'aveva colpita. Eppure, nonostante questo, aveva scelto il ferro. Perché? In una condizione lucida avrebbe capito che chi di lama ferisce, di lama perisce. Avrebbe capito che non era stato un attacco casuale, né lei era un target qualunque. La sua mente era corsa automaticamente agli Avvoltoi, - li chiavano così in gergo - giovani maghi che durante il regime avevano deciso di vivere fruttando di contrabbando. Molti erano reietti, alcuni sfuggiti al militare, altri ricercati per altri crimini, e alcuni semplicemente votati a una vita da reietti per mancanza di aspirazioni o talenti. Quando aveva sentito parlare di loro per la prima volta, aveva pensato che probabilmente se fosse vissuta in Giappone, lei sarebbe stata una di loro. Nessuna aspirazione tangibile, nessun obiettivo, nessuno scopo evidente. Gli Avvoltoi però non esistevano più. In uno stato democratico la loro stessa presenza era insensata. E poi, perché avrebbero dovuto prendere di mira lei? Non aveva fatto assolutamente nulla per mettersi contro qualcuno in Giappone - né da altre parti. Ora era lì, nella spoglia casa degli Wallace, già presa d'assalto dalla polvere, a pensare e ripensare a quanto accaduto, mentre Logan ed Eriko tentavano ancora di riempirla di domande. Non dovevano essere passate più di un paio d'ore. In fondo, quella doveva essere una commissione veloce. Si era detta che avrebbe ritirato il libro durante la pausa pranzo e sarebbe rientrata al Quartier Generale prima di subito. Ora il pranzo al sacco che aveva comprato in una ravioleria lungo la strada e che avrebbe voluto mangiare insieme a Raiden prima di tornare al lavoro, giaceva ancora integro nello zainetto assieme al resto delle cose. Voleva non dare peso a quell'accaduto con tutta se stessa; dirsi pronta a buttare in una valigia l'occorrente per una notte e andare a festeggiare il Natale con tutto il resto della famiglia ad occhi chiusi. E se di qualunque cosa si tratti arriverà qua? Se nonostante tutte le difese e tutte le accortezze chiunque abbia attaccato arriverà da noi? A casa nostra? Se dovesse prendere alla sprovvista anche Raiden? Se dovesse arrivare da Haru? La sola idea rendeva la sua fissa per il Natale così sciocca e fuori luogo. Raiden si meritava tutti i momenti di felicità possibili, ogni attimo di felicità che potesse regalargli, ma cosa succede se quella felicità verrà meno a causa di una mancata conoscenza delle circostanze? Se c'era davvero un pericolo là fuori da qualche parte se la sentiva veramente di non metterlo in guardia? Di tenere all'oscuro la sua famiglia? Persino Eriko e Logan, che nonostante i tanti battibecchi erano accorsi non appena aveva chiesto, si meritavano di sapere le questioni. La ferita che aveva sulla schiena era la prova tangibile del fatto che quella situazione era tutto fuorché uno scherzo riuscito male. Una parte di sé continuava a chiedersi se non fosse una prova. Attendeva che da un minuto all'altro qualcuno spuntasse fuori dicendole brava, hai superato la prova. Finalmente hai fatto una cosa intelligente. Ma Mia non si sentiva affatto intelligente, né sentiva di aver fatto qualcosa di saggio. E poi, in fondo, come pensava di tenere nascosta quella storia? Probabilmente almeno qualcuno l'ha vista aggirarsi tutta sanguinante e acciaccata in giro per Inverness; c'era l'incognita delle sorelle Davis, per non parlare di Eriko e Logan i quali sembravano già sul punto di prendere la situazione nelle proprie mani. Non avevano tutti i torti. Gli Wallace dovevano conoscere le dinamiche dell'accaduto; New Orleans era da sempre in una situazione piuttosto scombussolata e sapere che un membro della famiglia era stato attaccato in maniera così vile non portava a delle ottime premesse. Altrettanto, se l'attacco era avvenuto in terra giapponese, gli Yagami dovevano esserne a conoscenza. Lì c'è ancora parte della famiglia di Raiden, Hiroshi vi passa molto tempo. Se non fosse stata una questione isolata? Scosse la testa e si alzò un po' a rilento cercando di infilarsi la giacca. « Vado a parlarci. Mi stava comunque aspettando. Dovevamo pranzare insieme.. » Più di un'ora fa. Avrà fame. Faccio proprio schifo. Spero proprio che non mi abbia aspettato a questo punto. Una decisione che non stava prendendo a cuor leggero. Raiden tendeva ad essere molto intenso su questioni di quel tipo. Temeva che potesse rabbuiarlo, che tutto ciò avrebbe rovinato il mood. Si sentiva in colpa. Se solo avesse pensato di comprargli qualcosa di più semplice, tutto ciò non sarebbe accaduto. « Sono stata attaccata nel parcheggio sotterraneo di Shibuya. Erano più di uno. A giudicare dai passi direi almeno cinque o sei. » Eriko sembra sorpresa. Non l'ha mai vista così tanto presa alla sprovvista. Pensa quanto lo sono stata io a rendermi conto che uno voleva tagliarmi la gola in un parcheggio vuoto. « Eri.. a Tokyo? » Mia annuì. « E addio feste senza drammi.. immagino. » Nonostante l'ironia, nemmeno il fratello prendeva la questione con leggerezza. « E tu volevi tenere questa cosa nascosta per la tua ridicola festa con le lucine? Hai battuto per caso la testa? Che diavolo ti passa per la testa? » Mia alzò gli occhi al cielo, mentre tentava di infilare il braccio più prossimo alla ferita nella manica della giacca. « La mia ridicola festa con le lucine? » « Signore! Non mi pare il momento. » « Vado io a parlare con Raiden. » Letteralmente l'idea peggiore di sempre, che non solo fece salire il sangue al cervello a Mia, ma la portò anche ad aver voglia di metterle le mani addosso. Non solo voleva appropriarsi di qualcosa che non la riguardava direttamente, ma era anche la peggiore persona che potesse parlare con il marito in quelle circostanze. Che il rapporto tra Raiden ed Eriko fosse spesso conflittuale non era certo una novità per nessuno. La minore di casa Yagami era una delle poche persone al mondo a spazientire Raiden con uno scocco di dita. « Credo che la cosa più saggia è dividerci. Eriko, la tua famiglia deve essere messa al corrente. Io farò rapporto a Inverness e poi partirò per New Orleans. Se uno dei nostri è stato attaccato, la questione va resa nota. » Mia annuì, rimettendo le cose in prospettiva. Aveva già tentato di fare le cose a modo suo, e non era andata bene, anzi, semmai si era sentita in colpa per non aver avvertito i suoi in tempo in merito a quanto le era successo. « Hiroshi è a Tokyo.. va avvertito. Sarebbe meglio non lasciarlo in città. Se non mi hanno seguita all'avamposto, forse non ne hanno accesso. Ma fuori? » Eriko sbuffò. Dovevano fare gioco di squadra. Era evidente che se nessuno aveva attaccato negli avamposti del Credo, il problema si poneva solo al di fuori. Almeno per ora. « Va bene. Andrò io. Se i portali dovessero chiudere prima di fare ritorno resteremo a casa sua. Raiden sa dove trovarci. » « Se le cose stanno così, verrò con te. Paleremo con Gabe lungo la strada. Meglio non trovarci ancora da soli fuori dalle mura. » E così avevano un piano. Di lì a poco la storia sarebbe finita anche nei ranghi della guarnigione e non ci sarebbe voluto molto prima che la notizia arrivasse anche alle orecchie del marito. Anzi, conoscendo il suo grado, probabilmente sarebbe stato uno dei primi che ne sarebbe venuto a conoscenza. Così, senza indugiare ulteriormente gli mandò velocemente un messaggio per scusarsi del ritardo, raggiunse le mura della Città Santa, e da lì si smaterializzò di fronte al futuro Quartier Generale del Corpo di Sicurezza, nel cuore innevato delle Highlands, dove il Corpo di Ricerca, visti i numeri più contenuti, si era già insediato con largo anticipo. Sfruttava le strutture di una prigione di origine antiche, attorno alla quale la vegetazione aveva preso il sopravvento. Costruita ai piedi di una montagna di media altezza, sfrutta ora tanto il riparo degli imponenti abeti, quanto lo spazio offerto dalla roccia in altezza e in profondità. Una vera e propria fortezza che col tempo avrebbe ospitato tutte le squadre e che sarebbe stata direttamente collegata alla città sotterranea di Inverness. In questo, i cacciatori erano esperti. Piuttosto che alterare la flora e la fauna che li circondava, il Credo tendeva a sfruttarne le proprietà convivendone e prendendosene cura. Non a caso, quel nuovo complesso che prendeva via via forma, aveva permesso la scoperta di diversi giacimenti minerari che sarebbero risultati preziosi per l'espansione in corso.
    Mia, che da quelle parti era andata ancora ben poche volte, continuava a guardarsi intorno con una certa curiosità. Non era abituata a quel tipo di posti, nemmeno alla luce del fatto che ormai, a Inverness, viveva da parecchi anni. Si fermò solo quando incontrò il proprio riflesso in una specie di grande specchio all'entrata che la portò a osservarsi con un più attenzione. Aveva un'aspetto tremendo. Per quanto avesse tentato di darsi una sistemata, sembrava ancora troppo pallida. Inutile fu tentare di pizzicarsi le guance, così come quelle ridicole prove di sorrisi che fece allo specchio. Alla fine sospirò e scosse la testa. Più tentava di non far preoccupare Raiden, più sembrava una pagliaccia, e così, dopo aver superato l'atrio del Quartier Generale identificandosi, remò dritta verso i piani superiori dove si trovava l'ufficio di Raiden. Una volta arrivata di fronte alla porta, contò fino a dieci, cercando di scrollarsi la tensione di dosso. Roteò la testa un paio di volte per convincersi che potesse risultare naturale, e infine bussò. Erto di fronte a una grossa cartina delle Highlands, sembrava molto concentrato. Stava lavorando. « Ehi! Disturbo? » Asserì di colpo mentre faceva capolino da oltre la porta, osservandolo con grandi occhi cauti.
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    « Scusa, ho fatto tardi - lo so.. - sono stata un po' presa. » Lasciò cadere con cautela lo zaino su una delle sedie, mordendosi appena il labbro inferiore, poi posò la busta coi ravioli sulla scrivania di lui. « Non so se hai ancora fame però.. te li ho portati lo stesso. » Lo osservò con attenzione, non sapendo esattamente da dove cominciare, né come parlargliene. Sapeva solo che quel maledetto taglio, pur ripulito e medicato a dovere, bruciava ancora e lei si sentiva un po' intorpidita. « Li ho presi a Shibuya. Da quella ravioleria che tanto ti piaceva. » Raiden diceva che lui e Hiroshi ci andavano sempre quando facevano tardi al lavoro. « Oddio spero siano buoni. Stavano quasi chiudendo, quindi magari in realtà fanno schifo. Però.. dovrei aver beccato il posto giusto. Forse sono un po' rovinati perché non sono stata molto attenta per strada.. e poi erano gli ultimi rimasti.. » Fece una leggera pausa tempo in cui pensò di togliersi la giacca. Iniziò a far scivolare la prima manica, ma poi ci ripensò e restò così, prendendo semplicemente posto in quella specie di salottino improvvisato presente nell'ufficio di lui. « Cioè sai.. adesso là è notte.. però prima non era così notte. Cioè era ora di chiusura - hai capito. » Stava procrastinando e ormai sembrava inutile; così, sollevò lo sguardo in quello di Raiden, osservandolo con un'espressione che tradiva apprensione e senso di colpa. Per quanto ci provasse, mentirgli gli risultava davvero difficile; come pensava di mantenere quella sceneggiata per ben tre giorni, era ancora un mistero. Così sospirò passandosi le mani tra i capelli, arrendendosi. « Raiden, per favore non arrabbiarti, ok? » Raiden era un tipo calmo. Il più calmo che conoscesse. Ma nonostante ciò doveva ammettere che diventava piuttosto intenso quando si trattava della sua famiglia, non a caso la scelta di andare a trovarlo al lavoro piuttosto che chiamarlo a casa o aspettare che tornasse era stata voluta. Non voleva dargli l'impressione che stesse troppo male. « È stata tutta colpa mia. Lo so che avrei dovuto dirti che andavo a Tokyo, però volevo farti una cosa carina e volevo fosse una sorpresa. Però si vede che non sono stata abbastanza attenta. » Doveva stare attenta? Perché avrebbe dovuto stare attenta? Si trovava in una metropoli con migliaia di anime. Un posto in cui il marito aveva vissuto per molti anni, e la cui comunità magica era molto riconoscente agli Yagami. « Mentre stavo tornando mi sono imbattuta in.. una situazione. Non è niente di che eh.. cioè io sto bene.. » Annuì tra se e se facendo di tutto per convincerci che la ferita non le faceva nemmeno più male. In fondo era solo un taglio. Sarebbe guarito. Non aveva nulla di cui preoccuparsi. « Però.. sono andata nel panico, perché non potevo fare nulla, e ho dovuto filarmela perché erano troppi e io non pensavo - non ero pronta per vedermela con tutta quella gente.. quindi non sono riusciva a capire niente. E poi domani è la Vigilia e dovevamo stare tranquilli.. e io.. » ..ho rovinato tutto. « Avevo la testa da un'altra parte. Non - non me l'aspettavo. Non mi aspettavo proprio un'imboscata. » Si strinse nelle spalle sfregandosi appena le mani, tentando di trovare le parole giuste. « Volevo credere che è stato solo.. un incidente. Così ho detto di essere caduta. Però poi ci ho ripensato. Quel tipo era armato - due kama pregiatissimi - ed era sorprendentemente agile con gli incantesimi.. un mago e un combattente. Non certo un.. borseggiatore. » Questa volta deglutì, abbassando lo sguardo. « Mi è venuta l'ansia che potesse succedere ancora. »


     
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    « Dagli informatori? » Ormai lo chiedeva ogni giorno. Ogni giorno che Dio mandava in Terra, Raiden faceva la stessa domanda. Era tutto cominciato con il suo insediamento in qualità di Capitano del Corpo di Ricerca. Non che prima di quel momento i dubbi non lo avessero attanagliato lo stesso, ma le sue responsabilità erano altre, e il giapponese tendeva a compartimentalizzare la propria concentrazione sul tipo di lavoro che aveva effettivamente per le mani in un determinato momento. Tornare nel mindset di leader, tuttavia, non era stato difficile: si era fatto aggiornare su tutto ciò che poteva mancargli e poi, senza indugiare troppo, si era messo subito all'opera. Al momento, la sua priorità era quella di accertarsi che i confini dello Stato fossero sicuri e che il loro organico fosse pronto a respingere (se non addirittura prevenire) un eventuale attacco. Eventuale. Così Raiden lo definiva, sebbene in cuor suo avesse dato per scontato sin dall'inizio che qualcosa del genere si sarebbe prima o poi verificato. Nei propri calcoli, il giovane Yagami aveva ipotizzato che potesse avvenire entro l'estate - al massimo inizio Settembre - ma il tempo passava e di un attacco ministeriale non vi era ombra. Perché? Quella domanda si era insinuata pian piano sotto la sua pelle, facendosi sempre più ossessiva man mano che i giorni trascorrevano e i vestiti da indossare si facevano sempre più pesanti come a segnare lo scorrere di quel tempo. Perché non attaccare? Perché non riprendere il castello? Non ha alcun senso. Hogwarts non è una semplice scuola: è un luogo di vitale importanza. E ce lo stanno lasciando così? Mentre l'opinione pubblica e i governi esteri premono sempre più su di loro, mentre la fiducia dei cittadini comincia a farsi incerta.. loro sono immobili. Non aveva alcun senso, non ai suoi occhi, che tuttavia ne avevano viste a sufficienza da sapere quanto poco saggio fosse sottovalutare il proprio nemico o abbassare la guardia. Così, ogni giorno, poneva quella stessa domanda nella scommessa che l'intelligence gli desse finalmente prova di quanto aveva preventivato fin dall'inizio. « Nulla. Sappiamo solo che al Gymnasium si sono verificate alcune defezioni. Certi genitori hanno preferito l'istruzione privata. Per la maggiore, comunque, sembra che l'anno scolastico abbia ingranato anche lì e che il Ministero si stia concentrando moltissimo sull'implementare Portland e le sue strutture. » Insomma.. come se nulla fosse. Il Ministero trattava il Gymnasium come se quelle quattro pietre di nuova costruzione avessero la stessa importanza di Hogwarts, proseguendo nel proprio regime di propaganda fatto di manifesti e brochure con sorrisi di ogni etnia. Sospirò, Raiden, annuendo mesto a quelle parole. « È una buona notizia.. no? » chiese titubante il collega, cercando una reazione concorde nello sguardo di lui. D'altronde avrebbe dovuto essere un sollievo, sapere di non essere sotto attacco imminente - non per il momento, almeno. Eppure Raiden si sentiva tutto tranne che sollevato, come se quell'innaturale stasi fosse in realtà sintomo di qualcosa di gran lunga peggiore rispetto ad uno scontro armato pari a quello di Marzo. O forse, semplicemente, i nostri informatori non stanno facendo il loro lavoro al meglio. « Mh, sì, immagino di sì. Comunque non abbassiamo la guardia. Continuiamo a pattugliare bene i confini e a seguire ogni pista. » Misure cautelative, quelle, che non si sentiva di abbassare, sebbene non fossero in pochi tra le guardie a credere che si trattasse di uno spreco di tempo e risorse. Ma d'altronde.. che altro dovevano fare? Contrariamente a quella tranquillità che sembrava aver intorpidito molti, l'istinto di Raiden gli suggeriva che qualcosa in tutta quella situazione fosse sbagliato - che qualcosa gli stesse sfuggendo. Ovviamente non era l'unico a nutrire quel senso di inquietudine: quando aveva portato la questione al consiglio direttivo aveva potuto notare che la quasi totalità dei suoi colleghi la pensavano alla stessa maniera ma semplicemente, come lui, non sapevano che altro fare se non accertarsi che i territori rimanessero al sicuro. E così quella mattinata, esattamente come tante altre, Raiden l'aveva passata a fissare corrucciato la cartina delle Highlands: modificava qualche disposizione, spostava alcune squadre, ne rendeva altre più folte e così via. Per lo più cercava di non mantenere un pattern troppo prevedibile che a lungo andare potesse essere studiato e sfruttato dal nemico; allo stesso tempo, però, cercava ossessivamente di individuare una falla che ormai si era convinto ci dovesse per forza essere. Ma più la cercava, più questa gli sfuggiva.
    Aveva perso la cognizione del tempo quando sentì il rumore di nocche alla sua porta. Il lieve bussare lo riscosse dai suoi pensieri, portandolo a sollevare gli occhi quasi brucianti dalla cartina e ad occultare con un colpo di bacchetta qualunque informazione classificata gli giacesse davanti. « Avanti. » Prima ancora che Mia varcasse la soglia, gli bastò uno sguardo all'orologio appeso al muro per rendersi conto che l'ora di pranzo era già passata da un pezzo. « Ehi! Disturbo? » Scosse il capo. « No, tranquilla. Stavo solo revisionando alcune cose. Scusa se sono sparito.. ero concentrato e non mi sono reso conto dell'ora. » Erano rimasti in accordo di mangiare insieme, e Mia sarebbe dovuta arrivare lì molto prima, ma lì sul momento non ragionò troppo sui tecnicismi, tendendo a vedere la situazione più come una propria mancanza che altro. « Scusa, ho fatto tardi - lo so.. - sono stata un po' presa. Non so se hai ancora fame però.. te li ho portati lo stesso. » Stirò un tenue sorriso tranquillo nella sua direzione, avvicinandosi quanto bastava per stamparle un bacio sulla guancia. « Non importa, davvero. Grazie mille. » Probabilmente se pure Mia gli avesse mandato un messaggio per avvertirlo, Raiden non lo avrebbe visto a meno che non gli si fosse palesata davanti tramite il contatto. Si avvicinò quindi alla busta della ravioleria, sorridendo tra sé e sé nel riconoscere l'odore familiare quando l'aprì per estrarne la scatola che teneva i ravioli ancora caldi. « Li ho presi a Shibuya. Da quella ravioleria che tanto ti piaceva. » Le lanciò uno sguardo a metà tra il confuso e il divertito. Che Mia fosse andata a Tokyo solo per prendergli i ravioli gli sembrava abbastanza assurdo, ma non sapeva se fosse opportuno farle domande, visto il periodo. « Effettivamente mi sembrava strano che avessi trovato questi gyoza nelle Highlands, ma la speranza è l'ultima a morire. » Prima o poi forse ce la faranno ad aprire un ristorante giapponese come si deve anche qui. « Oddio spero siano buoni. Stavano quasi chiudendo, quindi magari in realtà fanno schifo. Però.. dovrei aver beccato il posto giusto. Forse sono un po' rovinati perché non sono stata molto attenta per strada.. e poi erano gli ultimi rimasti.. Cioè sai.. adesso là è notte.. però prima non era così notte. Cioè era ora di chiusura - hai capito. » L'espressione di Raiden quando si mise in bocca il primo pezzo non lasciava spazio all'interpretazione: occhi chiusi e fronte corrucciata nel più totale appagamento culinario. Nemmeno si era reso conto di quanto avesse fame prima di quel morso, ma tra lo stomaco vuoto e il piacevole sapore di casa, la sensazione tornò con prepotenza, portando a prendere subito un secondo raviolo. « Sono buonissimi. Mh.. grazie, grazie davvero, ne avevo bisogno. » E forse aveva anche bisogno di pensare a quanto potesse essere buono un raviolo invece di stuprarsi il cervello con paranoie di vario tipo. « Raiden, per favore non arrabbiarti, ok? » Quell'incipit, tuttavia, tolse presto il focus dal buon cibo, portandolo a sollevare lo sguardo interdetto negli occhi di Mia. Che hai fatto? I suoi occhi sembravano chiederle questo, ma le sue labbra si guardarono bene dal pronunciare quelle parole. Rimase dunque in silenzio, poggiando lentamente le bacchette sul bordo della scatola e drizzando poi la schiena, completamente rivolto verso di lei, in attesa. Non poteva permetterle di non arrabbiarsi, non prima di sapere cosa fosse successo. Rimase tuttavia calmo, anche se palesemente sulla difensiva. « È stata tutta colpa mia. Lo so che avrei dovuto dirti che andavo a Tokyo, però volevo farti una cosa carina e volevo fosse una sorpresa. Però si vede che non sono stata abbastanza attenta. Mentre stavo tornando mi sono imbattuta in.. una situazione. Non è niente di che eh.. cioè io sto bene.. » E già questo la diceva lunga. Istintivamente si avvicinò di qualche passo, scrutandola con occhio più attento alla ricerca di qualunque segnale potesse essersi perso per distrazione. In Giappone erano ben visti dai più - a tratti erano anche troppo osannati - ma ciò non toglieva che quella situazione si fosse creata per un motivo ben preciso: uno strappo radicale di cui Raiden era stato il principale fautore e che aveva colpito persone al tempo molto potenti. Non era così stupido da illudersi che le loro famiglie e chi da quel rovesciamento ne aveva perso non fosse strisciato in qualche fogna a tramare qualcosa. E il fatto che siano potenzialmente pochi non li rende meno pericolosi. Anche quello che c'era prima è nato da pochi. Tutto nasce con pochi. « Però.. sono andata nel panico, perché non potevo fare nulla, e ho dovuto filarmela perché erano troppi e io non pensavo - non ero pronta per vedermela con tutta quella gente.. quindi non sono riusciva a capire niente. E poi domani è la Vigilia e dovevamo stare tranquilli.. e io.. Avevo la testa da un'altra parte. Non - non me l'aspettavo. Non mi aspettavo proprio un'imboscata. Volevo credere che è stato solo.. un incidente. Così ho detto di essere caduta. Però poi ci ho ripensato. Quel tipo era armato - due kama pregiatissimi - ed era sorprendentemente agile con gli incantesimi.. un mago e un combattente. Non certo un.. borseggiatore. Mi è venuta l'ansia che potesse succedere ancora. » « E ti hanno colpita? Fammi vedere. » Le sue parole arrivarono talmente veloci che Mia aveva a malapena finito di parlare quando scivolarono fuori dalle sue labbra. Il suo tono non era arrabbiato, ma sicuramente non celava né l'urgenza né l'apprensione. In quel momento la priorità era accertarsi che lei stesse bene - la rabbia sarebbe venuta in un secondo momento. « Non sono arrabbiato, Mia. Non hai fatto nulla di male. Ma magari se non volevi farti accompagnare da me avresti potuto chiedere ad Eriko o Hiroshi.. o anche Kyoko. » Le rivolse quelle parole con tono più dolce, cercando al meglio di farle capire che non ce l'aveva con lei e che non stava tentando di farle la paternale. Al di là dei pericoli che Tokyo poteva nascondere e di cui sicuramente Mia poteva avere poca misura, quella era pur sempre una grande città straniera di cui lei non conosceva bene la lingua, le usanze e i modi di fare: persino fare qualcosa di banale come andare in bagno avrebbe potuto richiederle una guida più esperta. « Fammi vedere dove ti hanno colpita. » disse dopo un sospiro, invitandola con un cenno del capo a indicargli i colpi che l'aveva portata a inventarsi una caduta. Quando Mia gli diede modo di osservare bene la ferita che aveva sulla schiena, Raiden non ebbe alcun dubbio: i kama appartenevano sicuramente a qualche ex componente dell'esercito, e a giudicare dallo stato della rimarginazione c'era una buona probabilità che fossero avvelenati. Dubitava si trattasse dello stesso veleno che era stato riservato a lui durante la visita a Londra di due anni prima, ma quella gente ne aveva molti altri a disposizione. « Hai preso un Bezoar? » Non era certo che quel rimedio annientasse del tutto l'effetto del veleno, ma di sicuro poteva rallentarlo. « Aspetta, ti do un altro antidoto. » Si allontanò di qualche passo, aprendo uno scomparto chiuso a chiave della cassettiera e facendo scorrere l'indice tra alcune fiale prima di prenderne una nello specifico. Avendo lavorato per quelle persone conosceva tanto bene i loro trucchi quanto il modo per disfarli, e di certo non aveva perso l'abitudine di conservare alcuni antidoti specifici per le creazioni scellerate dell'esercito giapponese. « Tieni, bevila tutta. È un antidoto un po' più forte per veleni tra il medio e il raro. Ti avverto già che ha un saporaccio e che ti farà vomitare anche gli occhi, ma dovrebbe essere sufficiente. » Le fece cenno di sedersi sulla poltrona più prossima, allungandole poi la fiala e attendendo silenziosamente, a braccia conserte e viso corrucciato, che lei la bevesse tutta. Non poteva nascondere quanto poco la cosa gli andasse giù. Chiunque fosse quella gente aveva un piano specifico: sapeva che Mia fosse a Tokyo, probabilmente l'aveva tenuta d'occhio per ore e poi aveva sfruttato il momento più opportuno per attaccarla. Non c'era nulla di casuale nell'assetto della situazione. « Lo sai che non posso lasciarla semplicemente passare, vero? » proferì dopo alcuni istanti, serio, spostando le iridi in quelle di lei. Il suo tono era piatto e calmo, e denotava solo quanto seriamente prendesse tutta quella faccenda. « Questa cosa era organizzata, e Dio solo sa quanto potrebbe essere larga. » Per quel che ne sappiamo, potrebbero avere informatori persino qui, a casa nostra. « Deve essere fermata sul nascere, prima che qualcun altro si faccia male. » Sospirò, avvicinandosi di qualche passo per inginocchiarsi lentamente di fronte a lei, così da guardarla allo stesso livello dei suoi occhi. Sospirò, poggiando le mani sulle ginocchia di Mia. « Non ho il cuore di togliere questo Natale ad Haru. Non è giusto e non se lo merita. Anche se non se lo ricorderà, ha bisogno di stare con la sua famiglia e di avere intorno tanto amore. » Però. « Però non può essere rimandata più di così. Finite le feste me ne dovrò occupare. » Che nel gergo di Raiden poteva significare molte cose.
    [..] Una promessa, quella, che non aveva mancato di mantenere, come tutte le altre. Il pomeriggio stesso dell'avvenimento, Raiden aveva fatto rapporto al Consiglio riguardo l'accaduto, spiegando per filo e per segno cosa era successo e le sue preliminari ipotesi. Sapeva che in quei giorni sarebbe stato molto difficile fare pressoché qualunque cosa: gli orari lavorativi ridotti e la mancanza di personale rendeva quasi impossibile sbrigare le pratiche per l'apertura di un nuovo caso. Raiden, tuttavia, si era mosso velocemente per fare almeno quanto possibile, rimettendo al giudizio di Beatrice Morgenstern le considerazioni finali. Che il caso lo toccasse troppo da vicino era evidente, e di certo non voleva fare l'errore di lanciarvisi con uno spirito troppo personale che ne avrebbe potuto compromettere l'approccio, ma a conti fatti c'erano anche poche persone che potessero sostenerlo. Purtroppo i lycan giapponesi qualificati non crescono sugli alberi di questi tempi, e quelli che avevamo li hanno fatti quasi tutti fuori. Così, presentati tutti i documenti necessari all'apertura del caso, aveva lasciato che fosse la propria diretta superiore a scegliere con occhio oggettivo cosa fosse più opportuno. La risposta di Beatrice Morgenstern non si era fatta troppo attendere, e forse sarebbe arrivata ancor più celere se non avesse avuto il guizzo di empatia di lasciargli passare un Natale sereno: il caso era stato accettato, sarebbe stato guidato da lui in veste ufficiale e si sarebbe servito dell'aiuto che riteneva necessario in numero e qualifiche. Una risposta dolce-amara: se il vedersi concessa la fiducia di seguire un'indagine che lo toccava così da vicino lo tranquillizzava, dall'altra questa decisione metteva sulle sue spalle più di una problematica. Non sapeva quanto tempo avrebbe trascorso in Giappone: poteva essere una settimana o mesi interi per quel che ne sapeva. Lasciarsi indietro la famiglia era fuori discussione, ma integrare Mia nella squadra poteva essere vista come una decisione discutibile. In fin dei conti era pur sempre una recluta della Guarnigione; tra tutte le persone che poteva scegliere, prendere lei sarebbe risultato come una decisione mossa da ovvii motivi personali. Di fronte al suo velato accennare alla situazione famigliare, Beatrice Morgenstern era stata piuttosto lapidaria:
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    Mia era sua moglie, se voleva seguirlo in quella temporanea dislocazione era affar suo, così come era affare di Raiden scegliere in quale veste farglielo eventualmente fare. Che suona molto come un "sei nella merda, decidi tu se più tua moglie o tua collega". Si era preso una mezza giornata per rifletterci, lasciando passare la sera del Santo Stefano col magone nello stomaco prima di approcciarsi a Mia una volta messo Haru a dormire. « Senti.. ho ricevuto notizie da Beatrice. » La buttò lì, una volta uscito dal bagno, mentre si tamponava i capelli umidi con aria vaga. « Alla fine ha deciso di affidare a me il caso. » Pausa. « Immagino abbia considerato la necessità di avere qualcuno che conosce bene il luogo e quel tessuto sociale.. oltre alle qualifiche, ovviamente. » Una scelta piuttosto ovvia, in realtà. « Quindi dovrei partire al più presto. E onestamente non so quanto tempo possa prendere questa cosa. Sicuramente non un paio di giorni. » Sospirò, abbandonando l'asciugamano umido sul bordo della sedia prima di voltarsi in direzione di Mia. Rimase in silenzio per qualche istante, appoggiato con entrambe le mani ai bordi del cassettone dietro di sé. « Se devo essere onesto, Mia.. vorrei che veniste anche tu ed Haru. Lo so che probabilmente siete più al sicuro qui che in Giappone, ma comunque non mi fa stare tranquillo l'idea di avervi lontani per un tempo che non so nemmeno quantificare. Insomma.. dopo quello che è successo.. preferisco che rimaniamo uniti. » E lì veniva il tasto dolente. Sprofondò per qualche altro istante nel silenzio, mordicchiandosi il labbro inferiore mentre tamburellava nervosamente l'indice sul bordo del cassettone. « Però ecco, non posso deciderlo io. Se tu volessi seguirmi.. mh.. dovresti parlare con Potter per capire cosa la tua assenza potrebbe comportare. » Un modo molto poco velato per dire che quel viaggio, almeno a livello ufficiale, non sarebbe stato di tipo lavorativo. E Raiden se ne rese conto - se ne rese conto benissimo - di come potessero suonare quelle parole, tanto che fu svelto a schiarirsi la voce. « Sia chiaro: non voglio fare le cose da solo o tagliarti fuori. Voglio davvero il tuo aiuto in questa cosa. Però non posso.. mh.. ufficializzarlo, capisci? »




     
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    Sapeva che chiedergli di non arrabbiarsi era alquanto inutile. D'altronde cosa si aspettava? Che si facesse andare bene la questione? A parti inverse Mia non avrebbe fatto diversamente. Si sarebbe arrabbiata, perché nessuno doveva provare a fare del male alla sua famiglia. « Non sono arrabbiato, Mia. Non hai fatto nulla di male. Ma magari se non volevi farti accompagnare da me avresti potuto chiedere ad Eriko o Hiroshi.. o anche Kyoko. Fammi vedere dove ti hanno colpita. » Sospirò appena, voltandosi quanto necessario per mostrargli la ferita, prontamente medicata. « Non è che ero proprio da sola. Cioè oggi si.. ma non sempre. Mi sono fatta aiutare. Però ormai sapevo dove andare. » E il percorso era davvero semplice. Non si era complicata poi molto la vita; le sessioni in città con gli warlock dell'anno passato le avevano insegnato che Tokyo poteva essere una città insidiosa, banalmente perché molte cose funzionavano in maniera differente. Trovandosi tuttavia in una zona parecchio turistica, non si era fatta poi molti problemi. In fondo se anche si fosse persa o qualche imprevisto fosse accaduto, avrebbe pur sempre potuto raggiungere Eriko o il signor Yagami tramite il contatto, chiamare Hiroshi, oppure se proprio volevo rovinarti completamente la sorpresa potevo raggiungere direttamente te. Insomma, non si era mai sentita davvero con le spalle scoperte, né aveva pensato che quel pellegrinaggio che doveva concludersi entro l'ora di pranzo si sarebbe conclusa così. « Hai preso un Bezoar? » « Si. Infatti la ferita è messa meglio. » Ci ha pensato tua sorella. Non le aveva nemmeno dato il tempo di pensarci, nel somministrargliela a forza. Scommetto che ci ha goduto un sacco. « Aspetta, ti do un altro antidoto. » A quel punto sospirò alzando gli occhi al cielo. Le era grata per tutta quella apprensione, ma in fondo stava bene. Ho avuto giorni migliori, ma va bene. « Raiden.. dai. Non è niente. E' solo un graffietto. » Un eufemismo di cui immaginava Raiden avesse bisogno. Seppur sapesse che lui potesse accedere al fastidio che le provocava, voleva quanto meno fare finta che non facesse così male. Ogni altra cosa, era certa, avrebbe solo peggiorato le cose. « Tieni, bevila tutta. È un antidoto un po' più forte per veleni tra il medio e il raro. Ti avverto già che ha un saporaccio e che ti farà vomitare anche gli occhi, ma dovrebbe essere sufficiente. » Gli gettò uno sguardo eloquente, inclinando appena la testa di lato come a volergli chiedere se fosse veramente necessario. Si lo era. A giudicare dal modo in cui la guardava, Raiden si aspettava che la bevesse tutta. E aveva ragione: di lì a poco avrebbero scoperto che quello era un veleno a rilascio lento. Mia avrebbe vomitato anche l'anima per tutta la notte, per iniziare a stare meglio solo verso mattina. In quel momento, tuttavia, di certo lo bevve solo per fargli un piacere. E così, dopo essersi tappata il naso per assicurarsi che andasse giù in un colpo solo, la bevve tutta d'un fiato tossicchiando appena. Grazie per avermi rovinato la serata, insomma. Non è il modo in cui speravo di restare sveglia, se proprio dovevo. « Lo sai che non posso lasciarla semplicemente passare, vero? Questa cosa era organizzata, e Dio solo sa quanto potrebbe essere larga. Deve essere fermata sul nascere, prima che qualcun altro si faccia male. » « Non è detto, però. Cioè non lo sappiamo. Non sappiamo il perché.. » Dal punto di vista di Mia poteva trattarsi di qualunque cosa. Poteva essere una casualità, oppure poteva semplicemente essersi trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato. Certo è però che una cosa del genere non va bene. E di certo non presagiva nulla di buono. Eppure voleva minimizzare; in cuor suo odiava l'idea di veder nuovamente Raiden rapito da qualcosa al punto da diventare una specie di disco rotto intento a pensare solo ed esclusivamente a una cosa. « ..non sappiamo niente. Andiamoci con i piedi di piombo, ok? » Non appena si fece abbastanza vicino Mia gli accarezzò con dolcezza la guancia, cercando di tastare il terreno in merito alle sue emozioni. « Non ho il cuore di togliere questo Natale ad Haru. Non è giusto e non se lo merita. Anche se non se lo ricorderà, ha bisogno di stare con la sua famiglia e di avere intorno tanto amore. Però non può essere rimandata più di così. Finite le feste me ne dovrò occupare. » Il volto di Mia sembrò illuminarsi di colpo annuendo mentre prendeva le mani di lui tra le proprie lasciandogli teneri baci sulle nocche. Quell'evento gettava una piccola ombra sui festeggiamenti di quel Natale, ma l'idea di poterlo comunque trascorrere tutti insieme, la rendeva estremamente felice. Non aveva certo mai nascosto il suo entusiasmo nei confronti delle festività, nè il piacere che provava nel riunirsi assieme ai propri cari attorno a un tavolo. Tutte quelle cose, Mia voleva condividerle con Haru, dargli modo di provare l'ebbrezza di un primo Natale insieme alla sua famiglia al completo, pur non comprendendone il significato. E infatti sono state delle belle serate. Nonostante tutto, Mia aveva passato un Natale all'altezza delle sue aspettative, circondata dall'affetto della sua famiglia e di quella di Raiden, colta da battibecchi e risate, momenti di gaudio e tante grosse mangiate. Seppur nei momenti più morti l'episodio di Tokyo era uscito più e più volte, la questione non aveva oscurato i festeggiamenti, né aveva impedito a nessuno di godersi il momento. Il motivo per cui era necessario fermare quel tipo di eventi era proprio l'affetto verso la famiglia e gli amici, e la necessità di sapersi tutti al sicuro. Così, quando erano tornati a casa, la sera del Santo Stefano, Mia era stanca in seguito a quel tour de force, ma non per questo meno felice. Si era buttata in doccia velocemente prima di mettersi a riordinare i vestitini di Haru e dedicarsi a questioni più futili come lo spazzolare i gatti, pulire la gabbia del coniglio e assicurarsi che l'ennesima lavatrice fosse partita. Tutte cose che rientravano nell'ordine delle tante faccende domestiche di quella casa. Quando Raiden uscì dal bagno, Mia si stava infatti dedicando a spazzolare Ringo, il quale, finito in chissà quale pasticcio, era tornato a casa sporco come non mai, obbligando Mia a occuparsene finché non fosse tornato sufficientemente presentabile da poter girare nuovamente attorno al piccolo di casa. Almeno con questo freddo non puoi prenderti le pulci; una constatazione che viveva con grande sollievo, considerando che l'ultima volta che era successo, aveva passato settimane a tentare di liberarsene. « Senti.. ho ricevuto notizie da Beatrice. » Di colpo si fermò con la spazzola a mezza aria sgranando gli occhi. Immaginava che quella storia sarebbe ritornata in auge abbastanza presto. Non pensavo però fosse così presto. Cioè ok dopo le feste, ma non abbiamo neanche finito gli avanzi. Il che in verità sarebbe stato abbastanza complicato, considerando che Gillian aveva cucinato per due eserciti di ritorno dal fronte. « Ok. E..? » « Alla fine ha deciso di affidare a me il caso. Immagino abbia considerato la necessità di avere qualcuno che conosce bene il luogo e quel tessuto sociale.. oltre alle qualifiche, ovviamente. Quindi dovrei partire al più presto. E onestamente non so quanto tempo possa prendere questa cosa. Sicuramente non un paio di giorni. » Istintivamente gli gettò uno sguardo fugace con la coda dell'occhio prima di tornare sul manto scuro del gatto, carezzandolo con dolcezza mentre annuiva. Le fusa di Ringo si intensificarono mentre Mia dal canto suo accennò un leggero sorriso che aveva dell'amarezza. Cosa stava pensando? In verità, per una volta non pensava a nulla. Malediva solo il momento in cui aveva deciso di cercare quel regalo. Un bel pensiero che si stava trasformando nell'ennesima preoccupazione. « Capisco.. » Non le piaceva l'idea di rimanere separati, ma a giudicare dal cuore pesante con cui le stava dicendo quelle cose, immaginava fosse proprio quello il punto. Istintivamente gli occhi corsero sulla metà del letto di Raiden. Dormirci da sola la intristiva. Non voleva che se ne andasse. Non voleva che vivessero in due continenti diversi. « Se devo essere onesto, Mia.. vorrei che veniste anche tu ed Haru. Lo so che probabilmente siete più al sicuro qui che in Giappone, ma comunque non mi fa stare tranquillo l'idea di avervi lontani per un tempo che non so nemmeno quantificare. Insomma.. dopo quello che è successo.. preferisco che rimaniamo uniti. » Ah. Solo allora sollevò gli occhi sul viso di lui. Perché questo silenzio allora? Aveva detto una cosa bella. Era una cosa giusta. Mia lo voleva; sono contenta che me l'hai chiesto. « Però ecco, non posso deciderlo io. Se tu volessi seguirmi.. mh.. dovresti parlare con Potter per capire cosa la tua assenza potrebbe comportare. Sia chiaro: non voglio fare le cose da solo o tagliarti fuori. Voglio davvero il tuo aiuto in questa cosa. Però non posso.. mh.. ufficializzarlo, capisci? »
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    Oh! Di colpo, complici forse le troppe attenzioni ricevute, Ringo si dimenò appena soffiando, scappando fuori dalla stanza concedendo ai due padroni di bearsi del silenzio imbarazzante creatosi. « Uhm.. ok? » Voleva contare fino a dieci. Doveva convincersi di non partire in quarta come avrebbe voluto. Non era così facile però: vuoi il mio aiuto però non lo vuoi ufficialmente. Ok, capisco che è una cosa un po' strana, però che senso ha dirmi che vuoi il mio aiuto, se poi gli altri non devono saperlo? Sembra che questa cosa debba essere nascosta sotto il tappeto. Annuì con vigore, osservandolo con un'espressione un po' combattuta. Era evidente ci fosse dell'amarezza nello sguardo di lei, ma nonostante ciò non voleva farglielo pesare. In fondo, qualunque cosa avesse detto in quel momento al di fuori di una risposta neutra, sarebbe suonato come una richiesta implicita di fare qualcosa che evidentemente non voleva o non se la sentiva di fare. Questa storia è come quando dovevo fare l'esame di Strategia con l'assistente stronzo. Che tra l'altro all'esonero ha fatto lo stronzissimo. « Ci parlerò. Domani mattina.. » Pausa. Abbassò lo sguardo sfregandosi appena le mani. « Ci sarò comunque. Il contrario è fuori discussione. » Lasciò la propria postazione compiendo qualche passo nella sua direzione. Gli stirò un leggero sorriso e posò un bacio sulla spalla di lui prima di accarezzargli i capelli umidicci. Una promessa è una promessa. E Mia gli aveva promesso svariate volte che non avrebbe lasciato il suo fianco, non solo perché voleva dargli il proprio supporto, ma anche perché lei in primis non sarebbe stata in grado di sopportare la lontananza.
    [...] Quel magone l'aveva attanagliata per tutta la notte. Aveva dormito poco e male, al punto che quando Raiden si era alzato, Mia era già sveglia, seppur apparentemente addormentata. Ci aveva rimuginato ancora e ancora, rigirando la questione in tutte le maniere possibili. Non poteva pretendere che Raiden facesse qualcosa che evidentemente non riteneva giusto, e a dirla tutta, appellarsi alla vicinanza e l'intensa tra di loro non era affatto corretto. Mi sentirei uno schifo. Fare i capricci e sbattere il piede in terra dopo averci scopato è letteralmente la più grande sconfitta di sempre. Al contempo il fatto che non avesse detto niente, che non glielo avesse nemmeno proposto, la disturbava. Avrebbe accettato? Probabilmente sì. Probabilmente non ci avrebbe nemmeno pensato, finché la cosa non le sarebbe esplosa in mano. Ora però ci pensava e anche troppo e in qualunque maniera la cosa sembrava non andarle giù. Non poteva chiedergli di non andare, e non poteva nemmeno riavvolgere il tempo per fare in modo che quell'attacco non fosse mai accaduto. Immaginava fosse solo questione di tempo; le sarebbe passata, e forse, una volta sputato il rospo nell'ufficio del suo diretto superiore, le cose sarebbero risultate più semplici. « ..e quindi alla fine ha detto una cosa del tipo questo Corpo di sicurezza non è un albergo. Però capisco, quindi è giusto che tu vada. Grazie, ma non te lo stavo chiedendo. » Mentre stava scoperchiando i tanti avanzi che sua madre aveva appioppato loro dopo i giorni di Natale, Mia aveva cominciato a raccontare come si era svolto l'incontro con Harry Potter quella stessa mattina. Inutile dire che il Capitano era già informato di quella missione. « Non era sorpreso di vedermi - più o meno. Cioè non so se se lo aspettava, però non ha detto niente. Credo abbia seriamente capito. » Si era dimostrato davvero comprensivo in merito; questo però non lo ha fermato dal ricordarmi che qui le cose cambiano in fretta. Un modo gentile per dire che chiedere un congedo da recluta significava mettersi in una posizione parecchio precaria rispetto al resto della squadra. Mentre loro sgobberanno per farsi notare, io.. boh? « E poi ha detto un'altra cosa. » Messa in forno la teglia di pasticcio, si voltò verso Raiden inclinando la testa di lato. « Ha detto che lo ha sorpreso vedersi arrivare me per chiedere un congedo e non te a chiedergli il favore di passarmi alla tua squadra. E.. ha detto che questa cosa ci fa onore e che forse le Highlands hanno qualche speranza in più rispetto a Londra. » Abbassò lo sguardo annuendo tra se e se un po' dispiaciuta della questione. Si era sentita orgogliosa di quelle parole, nonostante non avesse fatto nulla per meritarsele. « Ha detto che da dove viene lui queste cose non accadono quasi mai. » E quindi di colpo sorrise appena, seppur provasse un po' di imbarazzo in merito alla questione. « Insomma alla fine mi ha detto che non accetta il mio congedo e di restare reperibile perché potrebbe mandarmi delle cose su cui lavorare. Non so cosa intende, però si.. ecco.. » Si stringe nelle spalle e scuote la testa sospirando. « Ieri non ero felice della questione. » Ammette di colpo, provando in un certo qual modo un senso di disagio rispetto a quella ammissione. Si sentiva in colpa per aver pensato quelle cose, ma non poteva fare a meno di credere che fosse ingiusto dover camminare sempre sui carboni ardenti solo perché erano sposati. « Mi hanno assegnato loro al Corpo di Sicurezza. E' già abbastanza complicata questa cosa che comunque sei un superiore e quindi.. va beh hai capito.. bisogna sempre stare attenti a tutto. E tutto questo perché c'è tutta questa moltitudine di gente - tra cui il mio superiore - che non capisce come funziona il Branco. » Scuote la testa mentre rotea la bacchetta per far fluttuare i piatti sul tavolo. « La gente sposata combatte fianco a fianco tra i cacciatori dall'alba dei tempi. » Nessuno ha mai detto a mio padre che agevolava mia madre solo perché la destinava a certi compiti nella Riserva. Questo mischiarci coi maghi ha completamente ribaltato le nostre prospettive. Ora dobbiamo stare attenti a non mortificare i signori affamati di potere. Di colpo sospirò raddrizzando le spalle. « Va beh, il succo del discorso è che andiamo a Tokyo. Non mi è chiaro che cosa comporterà tutta questa per me, ma.. mi va bene. » Lo stava accettando? Forse. Che le andasse fino in fondo bene o meno era poco rilevante. Qualunque situazione non ideale che girava attorno a quella partenza, rendeva comunque l'alternativa ancora più insopportabile. Sapeva che tentare di convincere Raiden di non partire sarebbe stato impossibile. Le alternative, di conseguenza, si annullavano. È casa sua. Ha lottato per il Giappone finché non lo ha liberato. Capisco perché non voglia lasciare il problema in mano a nessun altro. Probabilmente farei la stessa cosa. Voglio la stessa cosa. « Devi promettermi però che farai il bravo. » Incrociò le braccia al petto e sollevò appena il mento osservandolo estremamente seria. « Niente segreti. Niente tu resta qui che ci penso io. Niente cazzate à la Raiden, capito? » Fece un passo nella sua direzione rivolgendogli di colpo un largo sorriso luciferino. « Anche perché ufficialmente non sei il mio diretto superiore, il che significa che posso fare come mi pare. Chissà quante cose che mi pare posso fare mentre ufficialmente non sono in servizio se non dovessi essere contenta? » Patti chiari amicizia lunga. O mantieni la promessa, oppure farò di testa mia. « Secondo me un casino. Poi a Tokyo.. uuuh figuriamoci! È da parecchio che vorrei conoscerla meglio. »





     
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    dauntless

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    « Come l'ha presa? » La situazione riguardante il viaggio in Giappone e la situazione di Mia in merito ad esso sembrava aver scaturito in Eriko un morboso interesse. Inutile dire che la sorella non aveva preso troppo di buon grado il fatto di non essere stata inclusa in quell'operazione, ma appartenendo ad una squadra completamente diversa da quella del fratello aveva dovuto ingoiare il rospo senza lamentarsi troppo. Inoltre Raiden le aveva assicurato che l'avrebbe tenuta aggiornata su tutti gli sviluppi che poteva comunicarle. Tuttavia, il fatto che l'americana fosse in una situazione non troppo diversa dalla sua sembrava far più che consolarla - quasi le metteva il sorriso, a tratti. « Come vuoi che l'ha presa? Era un po' spiazzata, ma l'ha incassata in maniera matura. Cioè, immagino capisca anche lei che la situazione è quella che è e non posso fare e disfare tutto a mio piacimento. » Alzò gli occhi al cielo, vagamente seccato da quella domanda, dando poi un morso al tramezzino che si era preso per pranzo. « Sono Capitano dall'altro ieri e questo è il primo caso grosso che mi capita tra le mani: se avessi chiesto il trasferimento di Mia - che ricordiamoci, è una recluta - al mio team per un'operazione di alto profilo ci avrei perso la faccia e si sarebbero sicuramente creati problemi nel Corpo di Ricerca. » Perché a parità di tutto, se dovevo prendere una recluta, l'avrei dovuta prendere dal mio stesso team. Insomma: sarebbe stato un favoritismo troppo palese. « E onestamente non mi va neanche di scavalcare Potter. È pur sempre lui, il suo superiore. » Ed era anche un suo collega, uno di altissimo profilo ed enorme rilevanza. Si sarebbe sentito come un bambino petulante se fosse andato a chiedergli una cosa del genere. « Vabbè ma poi meglio così: alla fine dei conti, non sappiamo se Mia sia pronta a una roba del genere. » Le parole di Eriko lo lasciarono interdetto e infastidito, portandolo a poggiare il tramezzino sulla carta che lo avvolgeva per rivolgere completamente lo sguardo serio alla sorella. « Che problemi hai, Eriko? » Fece una pausa, inarcando un sopracciglio a mo' di sollecito. « So che anche tu avresti voluto partecipare, ma non c'è bisogno di gongolare solo perché anche lei non può. E soprattutto non hai ragione di screditarla costantemente. Mia è una brava cacciatrice, sa il fatto suo. È giovane e ha meno esperienza di tanti altri, ma proprio per questo i suoi successi dovrebbero essere maggiormente riconosciuti. » A tratti invece mi sembra che se non vengono puniti, vengono del tutto ignorati. « Io mi fido di lei, ok? Sono il primo a cui dispiace non poterla integrare ufficialmente nella squadra. Fosse per me lo farei. Ma non posso, perché le uniche basi che ho sono di natura personale. Io la conosco bene, so che posso fidarmi - ma lo so perché sono suo marito, mentre tanta altra gente ha ancora bisogno di vederlo. Da te, però.. mi aspettavo più solidarietà nei suoi confronti. » E invece te ne stai qui a gongolare solo perché se tu non puoi avere il giocattolo, allora non ce lo deve avere nessun altro. Mancava ormai poco alla partenza ed era chiaro che Raiden fosse nervoso per più di una ragione, ma Eriko non stava aiutando affatto col suo atteggiamento dispettoso e competitivo. E infatti la mora si strinse nelle spalle come se nulla fosse, con aria vaga. « Dico solo che la tua percezione potrebbe essere un pochino di parte proprio perché sei suo marito. Cioè.. va bene tutto, ma non puoi negare che il coinvolgimento di Mia in ogni cosa di un certo rilievo sia comunque dovuto a te. » « E quindi? Non capisco come il fatto che fossero mie missioni tolga qualcosa al suo operato. Non l'ho posseduta. Quello che ha fatto l'ha fatto lei. Con questo ragionamento si potrebbe dire lo stesso di te, no? » A quella velata accusa, Eriko mise su un broncio indispettito, scuotendo velocemente il capo. « È diverso. Mentre tu non c'eri, io ho fatto un sacco di gavetta in Giappone. » Raiden roteò gli occhi, senza nascondere in alcun modo il suo scetticismo. Che Eriko a propria volta sapesse il fatto suo era innegabile, ma a volte tendeva ad essere fin troppo arrogante e gonfiare eccessivamente i propri successi. Si morse la lingua per frenarsi dal lanciarsi in una lunga invettiva e sbatterle in faccio quanto ciò che avesse passato Mia fosse di gran lunga peggiore della sua presunta gavetta; non era il caso, e di certo non stava a lui parlare di cosa sua moglie avesse vissuto. « Comunque puoi pensarla come vuoi. Non ti sto vendendo nulla. Però ecco, tutta questa fiducia secondo me tu la intendi in senso troppo largo. È bello che ti fidi di lei, ma su alcune cose devi anche essere un po' realistico. Fino ad ora è andato tutto liscio, ma ciò non toglie che Mia abbia poca esperienza e non sia necessariamente pronta a tutto quanto. Non c'è neanche nulla di male, a parere mio. Non capisco perché la prendi così sul personale. Magari questa esperienza da vicino le servirà comunque per imparare nuove cose. Ma questa tua pretesa di dipingerla come se fosse nata imparata mi sembra più una presa di posizione che altro. » « Vabbè, la pensiamo diversamente. Immagino non abbia senso parlarne: non ne caveremmo nulla. » Tagliò così il discorso, brusco. Sapeva che in un certo senso la ragione stava a metà tra ciò che diceva lui e ciò che invece sosteneva Eriko, ma in quel momento non aveva né la voglia né l'umore per approfondirlo: voleva solo fare del proprio meglio per far funzionare quella missione e, contemporaneamente, la propria famiglia.
    [..] « ..e quindi alla fine ha detto una cosa del tipo questo Corpo di sicurezza non è un albergo. Però capisco, quindi è giusto che tu vada. Grazie, ma non te lo stavo chiedendo. » Le stirò un piccolo sorriso mentre apparecchiava la tavola. « Non era sorpreso di vedermi - più o meno. Cioè non so se se lo aspettava, però non ha detto niente. Credo abbia seriamente capito. » « Beh immagino che se non ha già visto situazioni simili, quanto meno possa comprenderne la difficoltà. » Nonostante fossero due lycan e dunque legati tra loro, vivere le loro vite in continenti diversi non sarebbe stato facile - a maggior ragione con un bambino di appena cinque mesi. « E poi ha detto un'altra cosa. Ha detto che lo ha sorpreso vedersi arrivare me per chiedere un congedo e non te a chiedergli il favore di passarmi alla tua squadra. E.. ha detto che questa cosa ci fa onore e che forse le Highlands hanno qualche speranza in più rispetto a Londra. Ha detto che da dove viene lui queste cose non accadono quasi mai. » Quelle parole sembrarono sinceramente rincuorarlo, sebbene un fondo di amarezza ci fosse lo stesso. Raiden ci teneva molto a fare il proprio lavoro nel modo giusto, tentando di essere equo e trasparente nel portare avanti i propri compiti. Una delle ragioni per cui era andato così avanti e così velocemente era proprio quella: oltre all'impegno meticoloso che impiegava nel lavoro, Raiden tendeva sempre a mettere da parte i propri interessi personali e i propri sentimenti per dare la precedenza ad un approccio più logico. Quella volta non aveva fatto eccezione, e per quanto se ne potesse dispiacere, in cuor suo sapeva che fosse la cosa migliore. « Insomma alla fine mi ha detto che non accetta il mio congedo e di restare reperibile perché potrebbe mandarmi delle cose su cui lavorare. Non so cosa intende, però si.. ecco.. » Sospirò, mettendo le ultime posate in tavola e stringendosi leggermente nelle spalle. « Forse è il suo modo per darti una mano. Cioè, saresti comunque in servizio pur non essendo propriamente nella mia squadra. Dunque la tua attività potrebbe permettermi lo stesso di avvalermi di te in ottica professionale. Diciamo che in questo modo le tue mosse potrebbero contare un po' di più, sai.. ai fini di un avanzamento. » Non che da civile non contino nulla, ma chiaramente è diverso. Sollevò lo sguardo, incrociando le braccia al petto e guardandola alla ricerca di una reazione. « Ieri non ero felice della questione. » Annuì, un po' mesto, con un breve sospiro. « L'ho notato. » Non che ce ne fosse bisogno: una notizia del genere poteva scatenare ben poche reazioni in un tipo come Mia. « Mi hanno assegnato loro al Corpo di Sicurezza. E' già abbastanza complicata questa cosa che comunque sei un superiore e quindi.. va beh hai capito.. bisogna sempre stare attenti a tutto. E tutto questo perché c'è tutta questa moltitudine di gente - tra cui il mio superiore - che non capisce come funziona il Branco. La gente sposata combatte fianco a fianco tra i cacciatori dall'alba dei tempi. » Si avvicinò di qualche passo, quanto bastava a poterle carezzare con delicatezza la spalla. « Lo so, amore. Ma bisogna cercare di fare compromessi per.. funzionare. » Lo stabilirsi dello Stato di Inverness aveva necessariamente portato a dei compromessi: ormai non si trattava più di una società di soli cacciatori, ma di un insieme di gente estremamente eterogenea. Quella convivenza non era sempre facile, e Raiden per primo aveva avuto difficoltà ad entrare nei meccanismi dei cacciatori quando aveva scoperto di essere lycan, ma venirsi incontro era l'unico modo per far sì che quella nuova società sopravvivesse forte. Poi adesso abbiamo pure gli warlock: un nuovo livello di difficoltà. « Va beh, il succo del discorso è che andiamo a Tokyo. Non mi è chiaro che cosa comporterà tutta questa per me, ma.. mi va bene. Devi promettermi però che farai il bravo. Niente segreti. Niente tu resta qui che ci penso io. Niente cazzate à la Raiden, capito? » Sorrise, questa volta più rilassato, annuendo. « Lo prometto. » « Anche perché ufficialmente non sei il mio diretto superiore, il che significa che posso fare come mi pare. Chissà quante cose che mi pare posso fare mentre ufficialmente non sono in servizio se non dovessi essere contenta? Secondo me un casino. Poi a Tokyo.. uuuh figuriamoci! È da parecchio che vorrei conoscerla meglio. » Quelle parole gli misero in volto un cipiglio più serio, scrutandola da sotto le ciglia con un'espressione a metà tra l'ammonimento, la preoccupazione e l'ironia. « Non farmi arrabbiare, altrimenti sarò costretto a far rapporto al tuo superiore. » Una minaccia che, per quanto proferita con un sottile tono ironico e malizioso, non era per questo meno seria. Raiden ci teneva davvero al proprio lavoro, e come non faceva sconti di pena su di sé, non li faceva nemmeno per gli altri. La osservò per qualche istante con sguardo d'ammonimento, lasciando poi che la sua espressione si rilassasse, addolcendosi in una sfumatura più docile. « Davvero, Mia: non metterti in pericolo. So che sai badare a te stessa ma Tokyo.. è insidiosa. Ci sono tante cose che non conosci. » Fece una pausa, fermando gli occhi nello sguardo di lei. « Ti prego, non fare nulla di avventato. »

    Erano arrivati a Tokyo in prima mattinata, sfruttando per il viaggio un portale fornito dagli warlock che aveva subito messo sottosopra lo stomaco sensibile del piccolo Haru. Ogni altra opzione di viaggio li avrebbe esposti al rischio di essere rintracciati, e almeno per le prime ore era bene che nessuno sapesse del loro arrivo in Giappone. Tanto lo verranno a sapere comunque nel giro di poco. Tuttavia quella misura era stata necessaria ad attuarne un'altra, ovvero quella di farsi scortare da Kyoko in una casa sicura protetta da incanto fidelius, ben occultata e ben custodita da diversi incanti. Soggiornare nell'appartamento di loro proprietà era stato subito fuori discussione: troppe persone conoscevano la sua ubicazione, e questo poteva facilmente esporli a visite sgradite. Erano stati dunque collocati in una casetta abbastanza semplice in uno dei quartieri residenziali più tranquilli di Tokyo: un luogo in cui, insomma, ogni stranezza sarebbe facilmente saltata all'occhio. La casa era occultata agli occhi di tutti coloro che non ne fossero custodi segreti, e questo comprendeva ben poche persone. All'interno vi abitava un elfo domestico specializzato, che avrebbe risposto ad ogni necessità con estrema discrezione. Al contrario, per l'operazione avrebbero utilizzato come base una stanza occulta a loro completa disposizione all'interno del quartiere warlock. La prima giornata, dunque, era passata piuttosto velocemente: tra il tempo necessario a stabilirsi in casa e quello per allestire la base con una mappa generica dell'operazione, le ore erano volate, portandoli presto alla cena, dopo la quale erano crollati a dormire stanchi morti.
    Era l'ora di pranzo del giorno seguente seguente quando, di ritorno dalla base, dove si era riunito col resto della squadra per fare il punto della situazione e assegnare i primi incarichi, Raiden arrivò in casa con un umore indecifrabile. Il giovane Yagami conosceva bene Tokyo e i suoi abitanti, ma soprattutto conosceva il legame ambiguamente stretto tra quelli che una volta erano gli strati alti della società e le zone più illecite della città. Lui per prima aveva incarnato in sé quel nesso, frequentando spesso posti discutibili. Proprio questa sua consapevolezza lo aveva portato ad identificare subito il punto di inizio per mettersi sulle tracce di chiunque avesse aggredito Mia. Non c'è soldato specializzato o agente segreto che abbia più informazioni di una semplice prostituta di Tokyo. E Raiden, quei luoghi di interesse li conosceva come il palmo delle sue mani. Ovviamente non tutti erano qualificabili per le indagini, ma aveva ridotto il campo a quelli più probabili, assegnandone uno per ogni coppia di membri della squadra e illustrando loro le domande su cui puntare. Difficilmente ne sarebbero usciti con un'identità precisa, ma anche un nome falso o una descrizione fisionomica poteva essere un buon punto di inizio. Per sé, Raiden si era lasciato uno dei bordelli più popolari tra gli ufficiali dell'esercito. Il problema, tuttavia, era piuttosto evidente: se da un lato non poteva lasciare Mia indietro - un po' per la promessa che le aveva fatto, e un po' perché se lo fosse venuta a scoprire in seguito sarebbe stato piuttosto strano -, dall'altro sapeva che non c'era modo di uscire da quella situazione completamente pulito. « Hey.. abbiamo la prima commissione da fare. Ho trovato alcuni punti di partenza che potrebbero aiutarci a trovare un filo con i tuoi aggressori. Non è nulla di pericoloso, dobbiamo solo fare qualche domanda. » Nulla di pericoloso fisicamente parlando. Per me questa roba è un rischio grosso quanto una casa. Tamburellò le dita sul bancone della cucina, sollevando poi lo sguardo negli occhi di Mia. « Devo premetterti che stiamo andando in un posto particolare e che potresti trovarti a disagio. » Pausa. « Sarebbe un bordello. » Altra pausa. « Quindi ecco, a te la scelta se vuoi accompagnarmi o meno. » Lo disse solo per forma, perché sapeva benissimo che Mia non ce lo avrebbe mandato da solo nemmeno morta: d'altronde era solo normale, si poteva essere scialli fino ad un certo punto, e per quanto Raiden non lasciasse alcuno spazio per dubitare sulla sua fedeltà, Mia avrebbe sicuramente preferito ingoiare il proprio disagio piuttosto che starsene a casa.
    E infatti le sue previsioni non si rivelarono affatto sbagliate. Durante il tragitto che li divideva dal loro obiettivo, Raiden aveva rimuginato a lungo sul se fosse opportuno preparare Mia a cosa li aspettava, lasciandole a intendere che lì lui non fosse proprio uno sconosciuto. Tuttavia alla fine aveva deciso di non farlo, giocandosela sul dubbio. In fin dei conti c'erano due modi in cui la cosa poteva andare: le ragazze potevano far finta di nulla ed evitare riferimenti al passato proprio per via della presenza dell'americana, oppure potevano stuzzicarlo sulla questione. Entrambe le cose erano altamente plausibili e dunque, nella speranza che fosse la prima ad avverarsi, Raiden decise di non sbilanciarsi troppo nel mettere le mani avanti. Inizialmente sembrò andare tutto per il meglio: la responsabile li accolse nel boudoir offrendo loro del tè e riservandogli ogni gentilezza del caso senza accennare ad una conoscenza di Raiden che andasse al di là del suo nome e della sua fama. Era rilassata e sorrideva loro con gentilezza, ma di tanto in tanto lanciava sguardi al giovane Yagami per tentare di capire quale fosse il vero scopo di quella visita. E dopo qualche chiacchiera di circostanza, la donna non si astenne dal chiederglielo in maniera piuttosto diretta. « In realtà non possiamo rivelare troppi dettagli, ma siamo qui per un'indagine. Dobbiamo identificare alcuni individui, e vorremmo parlare con le vostre ragazze per capire se abbiano sentito qualcosa che ci possa aiutare ad aprire una pista. » La donna annuì piano, senza scomporsi. Non era di certo la prima né l'ultima volta che le autorità si presentavano alla sua porta con richieste del genere, e collaborare - almeno fino ad un certo punto - la aiutava a mandare avanti il posto con il favore delle suddette autorità. « Capisco. » Fece una pausa, il tempo di prendere un sorso di tè. « Al solito, la prassi è la stessa: io posso farvi parlare con le ragazze, ma la mia priorità è proteggerle, dunque questo favore potrà avvenire solo con la garanzia che il nome di questo posto e il nostro coinvolgimento venga lasciato fuori da ogni documento ufficiale e che non venga menzionato in altro modo. » Anche Raiden, di rimando, annuì a quelle condizioni. « Ovviamente. » La donna gli rivolse dunque un cenno d'assenso, poggiando poi la tazza sul tavolino e lisciandosi il lungo abito sulle gambe nell'annunciare loro che sarebbe andata a radunare le ragazze per portarle lì. Nel giro di cinque minuti, tutte le lavoratrici del luogo erano presenti all'interno del boudoir, tra facce note e alcune nuove che dovevano essersi unite dopo la partenza di Raiden dal Giappone. Tra le vecchie partirono subito alcuni risolini e sguardi complici, ma almeno sulle prime, tutte si limitarono al silenzio. « Mi dispiace di avervi scomodate, ma avremmo bisogno del vostro aiuto. Si tratta solo di qualche domanda semplice a cui vi chiediamo di rispondere sinceramente, cercando di ricordare quante più cose potete. Siamo sulle tracce di un gruppo di individui: probabilmente si tratta di ex soldati, o comunque di persone altamente addestrate, che potrebbero nutrire dei rancori nei confronti del nuovo assetto politico e delle persone che lo hanno messo in piedi. Mia può fornirvi una descrizione sommaria delle loro fattezze, ma non ne conosciamo i volti o segni particolari che possano identificarli con precisione. » Si voltò dunque in direzione della moglie, lasciandole spazio per descrivere quanto ricordasse e quanto fosse stata capace di osservare durante il breve incontro nel parcheggio. Una volta concluso, Raiden riprese la parola. « Quindi ecco, se avete sentito qualcosa di strano da qualcuno che potrebbe rientrare in questa descrizione, vi preghiamo di parlarcene. » In seguito alle parole del giapponese, cadde il silenzio. Molte si misero a riflettere, confrontandosi tra loro nel tentativo di ripercorrere gli incontri che forse potevano essere d'interesse per la situazione. Altre si apprestarono quasi subito a scuotere il capo, affermando così di non avere informazioni rilevanti. Una nello specifico, però, si limitò a sorridere. Una che Raiden conosceva. Quando sentì il suo sguardo su di sé, gli occhi del giovane virarono subito su di lei, trovandola lì a fissarlo con aria sbarazzina. « Hai qualcosa da condividere? » La ragazza coi capelli tinti di color biondo fragola storse le labbra in una smorfia e si picchiettò l'indice sul mento, fingendo di pensarci sopra prima di illuminarsi. « Mh..oh sì! Ora che ci penso ho avuto un cliente proprio qualche giorno fa. È venuto a tarda notte, prima della vigilia di Natale. Sembrava abbastanza nervoso.. è stato un po' burbero. » Ridacchiò divertita, lanciando poi un'occhiata eloquente a Raiden. « Ma chi non lo è, con le giuste condizioni, vero? » Il suo nome d'arte era Wendy. Wendy era una delle prostitute più popolari lì dentro: era carina, di bassa statura ma con delle curve non indifferenti. Tuttavia il suo successo era dovuto principalmente al carattere: a Wendy piaceva stuzzicare fino a tirare fuori il peggio da ogni uomo, il che la rendeva un'esperienza molto catartica. Era proprio il tipo di persona da cui andavi quando ti sentivi arrabbiato e frustrato. E, inutile dirlo, quel sentimento era piuttosto comune nell'esercito. « Ok, potresti descriverci il tuo incontro? » Un'altra risatina. « Mi vergognooo! C'è troppa gente qui dentro. » Era proprio quello il suo atteggiamento: ti faceva innervosire. E infatti Raiden fu costretto a prendere un lungo respiro, cercando la pazienza necessaria a non risponderle male. « Ti
    sentiresti più a tuo agio a parlare con me e Mia da soli? »
    Ci pensò un attimo, dopodiché annuì. « Mh.. sì, perché no? » Quando la responsabile e le altre ragazze uscirono dal boudoir, Raiden non poté fare a meno di sentire dentro di sé la matematica certezza che quell'incontro non sarebbe andato poi tanto liscio. Già nel momento in cui le porte si chiusero, infatti, Wendy decise di trotterellare allegra di fronte a loro, piombando a sedere per terra di fronte alla poltrona su cui era seduto Raiden e fissandolo dal basso con aria angelica. « Adesso puoi dirci che cosa ha detto durante il vostro incontro? » In tutta risposta, Wendy sbuffò leggermente. « Sempre così dritto al punto. » « Per piacere, è importante. » « Sei diventato più antipatico. » Se si fosse potuto sotterrare e al contempo sotterrare anche lei, probabilmente lo avrebbe fatto. Non aveva nemmeno la faccia di voltarsi i direzione di Mia. « Non devo essere simpatico, non è un gioco. » A quelle parole, il viso della ragazza si illuminò. « Un gioco! Che bella idea! Sì, ecco cosa ci vuole: ci vuole un gioco. Per ogni domanda a cui rispondo, voi dovrete rispondere a una che vi faccio io e viceversa. Se si sceglie di non rispondere, il gioco non va avanti e non si possono più fare domande. » Già esausto dal suo comportamento e deciso a far finire quell'incontro il prima possibile, Raiden sbuffò e roteò gli occhi, facendole cenno con la mano che avrebbero proceduto così. « Va bene. Inizio io. Quest'uomo di cui parli - ha detto qualcosa che possa averti fatto intendere un rancore nei confronti di chi ha fatto cadere la dittatura? » Una domanda semplice di fronte alla quale Wendy non tentennò, annuendo convinta con un sorriso stampato sulle labbra. « Sì. » « Cosa? » « Ah! Queste sono due domande! Una per uno. Tocca a me. » Spostandosi i capelli dietro la schiena, Wendy drizzò bene le spalle, pregustandosi già il sapore del proprio animo dispettoso. I'm curious.. are you as harsh with her as you were with me? Erano poche le occasioni in cui il volto di Raiden tradiva qualche emozione, ma quella domanda così diretta e indecente il suo colorito divenne paonazzo dalla vergogna e dalla rabbia. « Non sono affari tuoi. » « Beh allora immagino che le domande finiscono qui. » Si strinse nelle spalle, semplice, lisciandosi la gonnellina sulle cosce e facendo per alzarsi, ma venendo frenata dalla veloce risposta di Raiden. « No. La risposta è no. » Una risposta che sembrò farle piacere, e che sicuramente si aspettava di sentire. Per forza di cose. Sono due dinamiche completamente diverse. Volevi solo farmelo dire davanti a mia moglie. E infatti Wendy si rimise piano a sedere, voltandosi in direzione di Mia, che Raiden continuava a non riuscire a guardare. « Peccato. » « Va bene, adesso dicci cosa ti ha detto. » La risposta ci mise diverso tempo ad arrivare: Wendy se la prendeva comoda, rimuginando e aggiungendo dettagli inutili col chiaro intento di spazientirli. « .. mi ricordo però che quando è entrato nella mia stanza stava borbottando qualcosa tra sé e sé. Parlava di una puttana americana. Inizialmente non ho pensato molto della cosa. Poi però se l'è presa con me. Mi ha chiesto se fossi mai stata con un lycan. Io gli ho detto che non lo sapevo perché.. beh.. non chiedo la razza dei miei clienti. E lui mi ha risposto che non voleva mettere il cazzo dove ce lo aveva messo anche un cane schifoso. » Ridacchiò ancora. « Vabbè, alla fine ce lo ha messo lo stesso. » Sospirò, scrollando poi le spalle con una certa noncuranza prima di illuminarsi di nuovo per l'arrivo del suo turno. Questa volta, Wendy si voltò in direzione di Mia. « Come ti piace farlo con lui? »



     
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    Il monito di Raiden l'aveva portata ad alzare gli occhi al cielo mentre lo spintonava appena nel tragitto verso il tavolo. Non pensava ce ne fosse davvero bisogno. Era certa che il giovane Yagami avesse ormai capito quanto Mia ci tenesse alla trasparenza in certe situazioni, specie dopo le esperienze passate. Aveva la presunzione di pensare che fossero un'ottima squadra. In condizioni ideali i due sapevano ottimizzare la loro vita in una maniera invidiabile e, pur con tutte le difficoltà e i compromessi del caso, sapevano trovare un perfetto equilibrio. Così era stato per i preparativi in vista della partenza, e così era accaduto anche una volta arrivati. Dopo una giornata passata tra il sistemarsi, assicurarsi che Haru avesse tutto l'occorrente per non sentire la mancanza del suo ambiente e qualche faccenda domestica indispensabile, il giorno seguente, Mia aveva passato il tempo tra lo stare appresso al più piccolo di casa premurandosi di fare i conti con il suo stomaco ancora un po' disturbato e i capricci relegati al naturale ambientarsi nella nuova casa e il reperire e organizzare tutto ciò che l'elfo domestico di casa aveva raccolto in un punto di ritiro in periferia organizzato dagli warlock. Tra armi, pozioni e i vari pezzi delle divise che avevano disposto per il trasferimento sin da prima che lasciassero Inverness, l'organizzazione dell'armeria itinerante le aveva preso gran parte della mattinata. Per una qualunque madre sana di mente, vedere una ragazza non ancora ventenne, parlare col proprio piccolo mentre soppesava lame e pezzi di armamentario di vario genere, non solo doveva essere davvero strano, ma poteva sembrare oltraggioso. Dalle sue parti, tuttavia, essere esposti a unicorni colorati, tutine di pile e pugnali dalle impugnature pregiatissime, era la normalità, e Mia non vedeva nulla di strano nel lasciare che Haru le facesse compagnia dalla sua sdraietta con i giochi appesi, mentre cercava di organizzare nella maniera più ottimale possibile, quella che a tutti gli effetti sarebbe stata la stanza di deposito di tutti i materiali di prima necessità da avere sempre a portata di mano. All'ora di pranzo Mia aveva incaricato il loro nuovo aiuto con non poco imbarazzo di reperire un buon posto in cui ordinare del cibo a portar via. Per quanto cucinare non fosse un problema, né un peso, immaginava Raiden avesse voglia di sentire molto di più i sapori di casa invece delle solite cose. Non si era allontana troppo da casa, se non per esplorare la zona circostante durante una leggera corsa mattutina, un po' perché quel congedo-non concedo le permetteva di fare esattamente ciò che solitamente non poteva, ovvero stare insieme al suo piccolo, e un po' perché non voleva imbattersi in altri guai. Finché non avesse avuto più cognizione del posto in cui si trovava, preferiva essere cauta e non dare ragione a Raiden di preoccuparsi. « Hey.. abbiamo la prima commissione da fare. Ho trovato alcuni punti di partenza che potrebbero aiutarci a trovare un filo con i tuoi aggressori. Non è nulla di pericoloso, dobbiamo solo fare qualche domanda. » « Ok, niente di pericoloso. Ricevuto. » Annuì, Mia, in attesa di qualche informazione in più. « Di cosa si tratta? » « Devo premetterti che stiamo andando in un posto particolare e che potresti trovarti a disagio. » A quel punto corrugò la fronte un po' divertita, annuendo. « Ok? » Quindi hai intenzione di dirmi dove stiamo andando? « Sarebbe un bordello. » Ah. Istintivamente scoppiò a ridere, ma a giudicare dalla serietà di Raiden si rese conto che era stata inopportuna. Stai scherzando dai. « Un bordello.. » Non se lo aspettava, ed era evidente dal modo in cui ripeté quella parola senza ricevere alcuna reazione. No. Non stai scherzando. « Quindi ecco, a te la scelta se vuoi accompagnarmi o meno. » Stai andando in un bordello. Cioè tu andrai comunque in questo bordello. Sollevò le sopracciglia colta da un velo di incredulità. Mia non aveva sufficiente conoscenza di quel mondo per comprendere che una casa del piacere era proprio il posto migliore per cominciare le ricerche, ma si fidava abbastanza di Raiden da credergli se quella pensava fosse la pista migliore. Non poteva immaginare che quel ragionamento non partiva da una soffiata, bensì da un comportamento abbastanza diffuso tra i soldati,ma nonostante la sua ingenuità, col cazzo che ci vai da solo in un bordello. « Ok. Se credi che sia la pista giusta.. bordello sia. Non capisco perché dovrei sentirmi a disagio. È un lavoro come tanti altri. Guarda che ho molto rispetto per le sex workers. Non ci sta proprio nulla di male. » Ti ho pure detto che ti avrei accompagnato allo strip club se proprio ci volevi andare così tanto. Non capisco proprio perché dovrei sentirmi a disagio. Al massimo non capisco perché gli uomini hanno bisogno di questa roba - ma immagino che se la loro presenza fosse superflua, non sarebbe il mestiere più antico del mondo. Sembrava estremamente tranquilla all'idea; come tutte le cose, anche quella esperienza veniva affrontata da Mia con massima leggerezza e con un'apertura mentale che rasentava l'incoscienza.
    Era una bella casa; soffitti alti e un bel arredamento forse un po' troppo barocco per i suoi gusti. Tutto in quell'ambiente urlava costoso. Non era affatto ciò che si era immaginata. Durante tutto il tragitto, Mia si era preoccupata di convincersi di restare impassibile di fronte a qualunque cosa avrebbe visto. Che cosa mi aspettavo? Un'orgia all'ingresso? Sembrava un posto come tanti altri, se non fosse per la presenza delle tante figure femminili conviventi che evidentemente lavoravano in un campo particolare. Erano tutte belle ragazze, curate, un po' per tutti i gusti. Giovani e meno giovani, alte, basse, magre, formose. Trovava parecchio strana l'idea di mettersi nei loro panni; essere scelta in mezzo a un mucchio solo perché rispecchiava una precisa fantasia di una notte. Un semplice involucro tra le braccia di cui cercare qualcosa di tanto sfuggente quanto irreale. Tuttavia, non per questo le giudicava. C'erano tante ragioni per cui una ragazza poteva decidere di scegliere quel tipo di via per se stessa e nessuna di queste era veramente biasimabile. La vita è così; non sai mai dove ti porta. Silenziosa, lasciò che fosse Raiden a condurre la prima parte dei convenevoli, dando così modo a Mia di studiare quel luogo tanto diverso quanto nuovo da tutto ciò che conoscesse. New Orleans era a sua volta una città piena di sregolatezze, ma quest'ultime venivano vissute più in sordina. Se la sua città natale prometteva di esaudire tanti reconditi desideri, quest'ultimi non erano mai esplicitamente dichiarati, né Mia aveva avuto modo di viverli in un'età abbastanza matura da poterne constatare la natura. Ora era lì, completamente inadeguata ed estranea alle consuetudini del paese e della città in cui si trovava, ma intenzionata a non giudicare, né mostrarsi in alcun modo scandalizzata dalla questioni. A tratti non era facile; ma ci stava provando. Non a caso, quando Raiden la interpellò direttamente, Mia si schiarì la voce e stirò un leggero sorriso affabile posando lo sguardo su alcune delle ragazze, senza soffermarvisi su nessuna in modo particolare. « Cerchiamo un uomo giovane. Direi tra i venti e i trentacinque anni. All'incirca un metro e ottantacinque, dal fisico asciutto ma robusto. La sera del 23 dicembre aveva tre ferite parecchio evidenti: una sul fianco destro, una seconda all'altezza della caviglia e soprattutto una sul viso che correva dallo zigomo sinistro alla mascella. » Fece una breve pausa tempo in cui corrugò appena la fronte. « Se anche è stato curato probabilmente potrebbe essergli rimasta qualche cicatrice o segno in via di guarigione. Occhi chiari. Verdi. Da quello che sono riuscita a percepire aveva una voce molto profonda. » Si. Probabilmente non è molto. Di colpo però estrasse dalla tasca della giacca il cellulare sui cui fece scorrere le immagini delle armi che portava con sé. « Probabilmente queste potrebbero non dire molto, ma aveva una bacchetta dalla forma molto grezza; leggermente incurvata. » Un elemento che in quel caso poteva essere distintivo. Seppur le bacchette tendessero a variare molto in forma e dimensione, raramente negli ultimi anni se ne vedevano di così incurvate. Da anni i bacchettari tendevano a evitare quella forma per la poca maneggevolezza. Mentre parlava non le sfuggì qualche risatina e occhiata di sbieco. Nessuna diceva niente, ma in un certo qual modo, tutta quella attenzione la mise in un certo qual modo a disagio. Forse è questo ciò che a cui si riferiva Raiden. Quelle ragazze la percepivano come un'intrusa. Una che necessariamente era arrivata lì per giudicarle dall'alto del suo essere una donna onesta. Mia però non era così. Non sono così per davvero. E quindi decise di ignorare la questione. « Hai qualcosa da condividere? » « Mh..oh sì! Ora che ci penso ho avuto un cliente proprio qualche giorno fa. È venuto a tarda notte, prima della vigilia di Natale. Sembrava abbastanza nervoso.. è stato un po' burbero. Ma chi non lo è, con le giuste condizioni, vero? » Quanto seguì, portò Mia e Raiden a rimanere da soli con la ragazza, la quale a dirla tutta sembrava parecchio strana. Ho capito che fa questo di mestiere ma è proprio necessario fare la cretina anche fuori servizio? A quanto pare si. Ciò che la portò tuttavia a stranirsi e sgranare gli occhi, fu la naturalezza con cui la biondina si sedette a terra di fronte alla poltrona di Raiden, quasi come se non fosse lì. Dovette mordersi il labbro inferiore, gettando uno sguardo tanto fulmineo quanto scioccato in direzione del marito. « Sei diventato più antipatico. » Come prego? Raiden e quella ragazza si conoscevano, era evidente, e per quanto volesse non trarre conclusioni affrettate, pensare che siano stati compagni di scuola le pare altamente improbabile. « Non devo essere simpatico, non è un gioco. » « Un gioco! Che bella idea! Sì, ecco cosa ci vuole: ci vuole un gioco. Per ogni domanda a cui rispondo, voi dovrete rispondere a una che vi faccio io e viceversa. Se si sceglie di non rispondere, il gioco non va avanti e non si possono più fare domande. » In quel momento Mia avrebbe preferito di gran lunga trovarsi nell'Upside Down per una passeggiata di salute. Era talmente scioccata che quando quell'ultima domanda giunse, Mia si sentì di colpo avvampare. I'm curious.. are you as harsh with her as you were with me? Era incredula e al contempo furiosa. Il sangue rimbombava nelle tempie talmente tanto da non riuscire a pensare. « No. La risposta è no. » « Peccato. » Era snervante e stava tentando in tutti i modi di scatenare una qualunque reazione nella sfera di Mia. Tu vuoi proprio che ti spacchi la testa. Strinse i pugni e sollevò lo sguardo verso il soffitto battendo il piede a terra ritmicamente. Contare fino a dieci non sembrava però avere molto effetto. Tutto ciò a cui pensava era a quanto sarebbe stato bello staccarle la testa e giocarci a basket. Così per sport. In fondo, forse, l'omicidio è sottovalutato. E divenne ancora più snervante quando, per rispondere a una semplice domanda, ci mise più del previsto, aggiungendo fantasiosi dettagli inutili, di cui nessuno sentiva il bisogno. « .. mi ricordo però che quando è entrato nella mia stanza stava borbottando qualcosa tra sé e sé. Parlava di una puttana americana. » Trovò davvero ironico quell'appellativo, al punto che non riuscì a trattenere un ironico sbuffo divertito che frenò la ragazza dal continuare il suo dettagliatissimo racconto. A quanto pare hai proprio un tipo. « Scusami. Continua pure. » Asserì di colpo, lasciandola continuare tentando di trattenersi in tutti i modi dall'interromperla. « Inizialmente non ho pensato molto della cosa. Poi però se l'è presa con me. Mi ha chiesto se fossi mai stata con un lycan. Io gli ho detto che non lo sapevo perché.. beh.. non chiedo la razza dei miei clienti. E lui mi ha risposto che non voleva mettere il cazzo dove ce lo aveva messo anche un cane schifoso. Vabbè, alla fine ce lo ha messo lo stesso. » Un cane schifoso. Al di là di ciò che implicava quegli appellativi, Mia non li aveva mai sentiti in riferimento alla sua gente. Sin da quando il Credo era uscito allo scoperto, la loro esistenza è diventata sempre più in vista, specie per gli sconvolgimenti creati e le inversioni di marcia innescate. Tuttavia, per quanto controversi, non pensava che quel loro esistere potesse scaturire un simile odio represso. « Come ti piace farlo con lui? » Stava ancora pensando a quelle cose, alla forza con cui l'uomo in questione odiava i lycan quasi come se dovessero essere rasi dalla faccia della terra, talmente intriso di odio da.. volerci sterminare.. quando quella domanda le giunse veloce come una frustra. La giovane la stava osservando, richiedendo l'attenzione di Mia che volse lo sguardo nella sua direzione per la prima volta da quando aveva scelto la propria posizione. Scoccò la lingua contro il palato osservandola con sguardo torvo. Aveva proprio tanta voglia di colpirla. La sua espressione angelica e al contempo maliziosa la snervava al punto da non riuscire a trattenersi dal desiderare di farle del male. Le stirò un sorriso millimetrico mentre era già pronta a risponderle nella maniera più caustica possibile. Anche quella domanda era una palese provocazione a cui Mia non le avrebbe dato soddisfazione. Unprotected. Pausa. It's safe when you're the only one he's fucking. L'accidia a cui dà sfogo porta Wendy a sorridere in maniera angelica. Non sembrò scomporsi di fronte a quel tono sarcastico, che incassò piuttosto ridacchiando e battendo le mani. « Oooooh, è vero!! CONGRATULAZIONI. Ho sentito molto parlare del piccolo Yagami. Che notizia meravigliosa. » Inclinò la testa di lato sospirando. « Non si è parlato d'altro se non di che compagno e padre fedele e leale è Yagami-dono a decidere di non fare ritorno in patria per rimanere al fianco di una madre.. carente. » Rossa in viso come un peperone, Mia la osservò come se fosse sul punto di saltarle al collo. « Chi l'ha detto? » « Beh sai.. i giornali.. le persone.. anche alcuni miei clienti. Rimpiangono molto l'assenza di un grande leader. » A quel punto della conversazione Wendy stava osservando Raiden con uno sguardo che Mia ben conosceva: ammirazione. Non sapeva se fosse finta o meno, ma di certo il misto della sua posizione, la vocina remissiva e quello sguardo colmo di ammirevole venerazione era un misto che stuzzicava ogni briciolo di gelosia che poteva accumulare. Dovette prendere un lungo respiro, prima di tornare in sé. Faceva affidamento a tutta la pazienza di cui poteva disporre, specialmente perché al di là di tutto non voleva essere la ragione per cui quell'operazione sarebbe fallita. Eppure era così difficile; si sentiva come se Wendy l'avesse letteralmente schiaffeggiata in pieno volto per poi prenderle fisicamente il posto. « Parlaci di cos'è successo dopo. Ha detto qualcosa su dove potesse essere diretto, oppure ha accennato a qualcun altro? » « No no no! Il gioco non funziona così. Ho già risposto alla tua domanda. Tocca a me. » Cosa? Questa volta Wendy si rivolse nuovamente a Raiden. « Ti manca mai essere il preferito di tutte? Eravamo così felici quando venivi a trovarci.. eri così generoso. » Incredula e marcia di rabbia e gelosia, Mia corrugò la fronte scattando ci colpo in piedi pronta a uscire dalla stanza. Per un istante si fermò in mezzo al tragitto con un'aria un po' confusa. Era evidente fosse sconvolta ed estremamente frustrata; tremava. Tremava e avrebbe solo voluto urlare e piangere; fare la peggiore delle scenate e poi andare via. Quella ragazza le stava entrando nella testa, e lei non voleva, non doveva permettersi di essere il problema. « Controllo la sua stanza. Qui finisci tu. » Non solo era certa che il problema del modo in cui quell'interrogatorio stava andando era proprio la sua presenza, ma era anche convinta che oltre non sarebbe più stata in grado di controllarsi. Così, senza dire altro si diresse a grandi passi verso l'uscita alla ricerca della responsabile con la quale si diresse verso i piani superiori.
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    [...] Nel gelo di fine dicembre, Mia si strinse nel proprio cappotto attraversando la strada per dirigersi verso uno di quei negozi self service pieno zeppo di distributori automatici, dove comprò un pacchetto di sigarette e degli orsetti gommosi, tornando a sedersi sulla scalinata della casa che avevano appena visitato, in attesa che Raiden uscisse. A quel punto non sembrava nemmeno più disturbata dall'idea che fosse lì dentro da solo. Era triste, frustrata, ed estremamente delusa, al punto che ogni qual volta ripensasse alla scena di prima, gli occhi le pizzicavano in maniera insistente. L'aveva portata in quel posto senza dirle assolutamente niente, permettendo a quella tipa di umiliarla. Ecco.. è così che mi sento. Umiliata, porca puttana. Mi ha fatto fare una figura di merda. Ero completamente impreparata. Ha rischiato mandare tutto all'aria solo perché boh.. perché sperava di uscirsene con la faccia pulita. Tutte le cose che Wendy le aveva detto continuavano a tornarle in testa a intervalli regolari. In quel paese, in quella città, era se possibile ancora meno rispettata che a casa e la bionda glielo aveva ricordato spietatamente, attraverso una serie di dettagli che nemmeno conosceva. Almeno a casa nessuno pensa che sono una madre di merda. Pensa come è facile rimettere in prospettiva le cose. Si sentiva talmente ferita nel orgoglio che si sarebbe tagliata un braccio piuttosto che ammettere quanto quella conversazione le era entrata sotto la pelle. Quando la porta alle proprie spalle si aprì, non ebbe bisogno di voltarsi per sapere di chi si trattasse. Non lo guardò, né disse niente. Per un po' pensò solo ad aspirare dalla sigaretta a sguardo basso, osservando di tanto in tanto la stradina piuttosto tranquilla, controllando visivamente qualche passante in maniera disinteressata. Solo verso l'ultimo tiro mise la mano alla tasca del cappotto allungandogli una busta di plastica in cui aveva inserito una moneta argentata di dimensioni parecchio insolite. Su una delle facce giaceva un corvo a tre zampe col capo piegato. Sull'altra facciata un detto che Mia ha interpretato come qualcosa del tipo la tua ombra sta ridendo. Non molto sensato a dirla tutta - a meno che non ho letto in maniera completamente sbagliata. Una parte dell'argento aveva una piccola incrostazione di sangue vicino al becco del corvo e lungo i bordi vi era l'incisione del nome del gruppo di provenienza. Gli era scivolato, finendo sotto il letto. Mia l'aveva trovato rilevante semplicemente perché la macchietta di sangue aveva attirato la sua attenzione. « La Madama mi ha detto che li ha già visti. Venivano impartiti a chi partecipava a questi incontri.. una cosa tipo alcolisti anonimi per veterani, vittime della loggia e così via.. li ha già visti da altri.. clienti.. » Mio dio, voglio solo morire. « Non ha voluto dirmi chi erano gli altri. Non so se perché semplicemente non se lo ricorda, o perché non può. Ho lasciato comunque un fuoco fatuo a tenere d'occhio la casa mentre ero in bagno. Dovrebbe tenerci aggiornati con discrezione su chi entra e chi esce. Se succederà qualcosa di strano lo sapremo in tempo reale. » Parlare di quella cosa come se niente fosse successo era estremamente complicato, ma il contrario era inconcepibile in quel momento. Non voleva parlarne, non voleva guardarlo, non voleva più pensarci. A quel punto gli allungò il proprio cellulare mostrandogli i risultati che aveva trovato in merito. Era una cosa alla luce del sole, non certo un segreto segretissimo di cui nessuno dovesse saperne. Certo, alla luce del sole, ma non più esistente. « Era un gruppo finanziato dal governo, ma quando il regime è caduto il reparto CIM dell'ospedale dei maghi di Tokyo si è espresso in maniera negativa rispetto al progetto e ha chiesto che quei soldi venissero utilizzati per ampliare il reparto di Igiene Mentale di Tokyo e Osaka, con diversi ambulatori nei vari villaggi magici giapponesi. A quanto pare in realtà questi incontri non erano supportati da.. basi scientifiche? Era una roba un po' per aria, insomma. » Fa una leggera pausa, tempo in cui segue le crepe nell'asfalto scoccando la lingua contro il palato. Era tutto così strano. Così imbarazzante. « Avevano diversi luoghi di incontro in Giappone, ma pare siano stati chiusi quando.. il responsabile di questo progetto e suo figlio.. sono presumibilmente morti nell'attacco al palazzo del governo il 5 settembre 2021. » Pur non guardandolo in faccia, l'espressione e il tono di voce della mora erano piuttosto eloquenti. Era stata parte integrante della piccolissima squadra che aveva fatto irruzione nel palazzo del governo. C'eravamo io e Logan. E c'erano anche Griffith e Kyoko. Quella notte erano succese tante cose di cui non voleva veramente parlare e il solo fatto che si stessero ripresentando in un'ottica così inedita, di certo non le lasciava ben sperare. Sospirò e, aperta la busta di orsetti gommosi, per un po' non disse niente premendoli tra pollice e indice distrattamente, mentre uno ad uno ne mangiava alcuni piuttosto pensierosa. « Tu? Hai scoperto qualcos'altro? » Spero almeno che dopo tutta questa cafonata ha cantato come un ucellino, altrimenti torno lì dentro e la riempio di botte.



     
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    Unprotected. It's safe when you're the only one he's fucking. Se avesse potuto scavarsi una fossa lì, in quel parquet così lucido da potercisi quasi specchiare, e sotterrarvisi per sempre, Raiden lo avrebbe fatto. C'erano poche situazioni che riuscivano a metterlo in imbarazzo, ma quella di certo si annoverava come una delle più eclatanti. Non capiva davvero per quale ragione Wendy volesse fargli quel dispetto: non ne aveva motivo, e non essendo all'interno di un contesto di lavoro non aveva nemmeno senso mirare a creare la dinamica di gioco che sfruttava solitamente. Sembrava che la bionda si stesse semplicemente divertendo, come se per lei tutto ciò fosse veramente un gioco e non la vita e i sentimenti di qualcun altro. « Beh sai.. i giornali.. le persone.. anche alcuni miei clienti. Rimpiangono molto l'assenza di un grande leader. » Gli stessi giornaletti di serie Z che Raiden aveva tenuto accuratamente a nascondere da Mia per proteggerla da un dispiacere stupido che non aveva senso di esistere. L'opinione pubblica giapponese, ma soprattutto il gossip spicciolo, tendevano ad essere estremamente taglianti, molto più di quanto succedesse altrove. Il dilagante spirito xenofobo di quel paese, poi, dava ben pochi sconti di pena a chi non era di quelle parti. Inutile dire che in quest'ottica, Mia era stata un facile bersaglio di speculazioni e stereotipi - tutte cose che Raiden aveva preferito non farle vedere, in primis perché non aveva senso allarmarla sull'opinione di un paese in cui nemmeno viveva. E poi.. che bene potrebbe mai fare? « Ti manca mai essere il preferito di tutte? Eravamo così felici quando venivi a trovarci.. eri così generoso. » La domanda di Wendy lo gelò sul posto, portandolo a chiedersi per un momento se avesse sentito bene o meno. Ma a giudicare dalla reazione di Mia, sì, aveva sentito bene. Non appena l'americana scattò in piedi, Raiden fece lo stesso, raggiungendola a falcate veloci per posare una mano sul suo braccio nel tentativo di fermarla. « Mia.. » « Controllo la sua stanza. Qui finisci tu. » Non c'era bisogno di sondare la sua sfera emotiva per rendersi conto di quanto fosse scossa. D'altronde, come poteva pretendere che non lo fosse? Al posto suo sarebbe stato tanto confuso quanto livido. Così, convinto che le avrebbe solo fatto bene distanziarsi da quella vipera, annuì mesto, lasciando lentamente la presa. « Va bene. » disse con tono basso e rammaricato. « Per qualsiasi cosa tengo il contatto aperto. » A quel punto, non appena Mia ebbe varcato la soglia della stanza, Raiden si voltò silenziosamente in direzione di Wendy, fissandola per diversi istanti con uno sguardo che era un misto di odio e incredulità. « A che scopo? » Una domanda che le rivolse nella più totale serietà, sentendosi sconfitto nel doverle chiedere quale fosse la sua ragione per ferire Mia così intenzionalmente e crudelmente. In tutta risposta, quella si strinse nelle spalle, angelica. « Beh non capita tutti i giorni di incontrare la moglie di un cliente - uno famoso, poi! Una ragazza può essere curiosa. » « Ed esaurire la tua curiosità era più importante dei sentimenti di una ragazza che non conosci e che non ti ha fatto nulla di male. » Fece una pausa. « Io pure, Wendy, non ti ho fatto nulla di male. » La bionda alzò gli occhi al cielo in maniera piuttosto plateale. « Eddai.. è americana. » Quella constatazione arrivò con un tono di ovvietà misto ad ironia, come se la nazionalità di Mia la connotasse come una persona per natura poco seria e di atteggiamento fin troppo permissivo. Come se, anche, il loro matrimonio non potesse essere considerato sullo stesso piano di uno con una donna giapponese. « Ah quindi se fosse stata giapponese non ti saresti permessa di mancarle di rispetto. » « E se non fosse stata tua moglie anche tu ci avresti scopato diversamente, a quanto pare. Quindi non sono l'unica a fare due pesi e due misure. » « Perdonami ma non credo che ciò che faccio con mia moglie siano affari tuoi. » A quella risposta, Wendy mise su un broncio divertito. « Sei proprio diventato scorbutico. Si vede che non ti diverti abbastanza. » Raiden decise allora di tagliare il discorso, consapevole che Wendy sarebbe stata capace di mandarlo per le lunghe se lui avesse continuato a risponderle in merito a quella faccenda. « In questo momento non ho bisogno di divertirmi, ma di sapere per filo e per segno cosa ti ha detto quell'uomo. Voglio anche una descrizione accurata del suo aspetto fisico e qualunque cosa possa ricondurmi alla sua identità. Immagino abbia dato un nome falso, vero? » La giovane sbuffò, tirandosi a sedere sulla poltrona in precedenza occupata da Raiden. Accavallò le gambe, facendo dondolare un piede mentre ripercorreva con la memoria le informazioni necessarie. « No, il nome non l'ha detto. Gliel'ho chiesto - lo chiedo sempre, lo sai - ma non me lo ha voluto dire. Mi ha chiesto di rimanere zitta. Comunque era ben piazzato, cioè si vedeva che probabilmente stava nell'esercito. I capelli li aveva tutti rasati. Ho notato un tatuaggio sul collo.. mi sembra fosse una specie di tigre. » A quelle parole, lo sguardo di Raiden si illuminò leggermente. « Una tigre hai detto? Rampante? » « Non so cosa voglia dire. » Con uno sbuffo sbrigativo, Raiden si avvicinò alla scrivania della madama, prendendo un foglio e una penna su cui disegnò sommariamente il simbolo che ricordava. « Così. » « Oh sì sì, proprio questa. Uguale. Perché - è qualcosa di importante? » Sì, lo era. Nell'esercito giapponese ogni divisione aveva un simbolo. Quel simbolo era spesso cucito su una toppa che veniva apposta all'uniforme per identificare ogni soldato e le sue mansioni. La tigre rampante era lo stemma dei servizi segreti; chiunque fosse quell'uomo, dunque, non solo era altamente addestrato, ma con ogni probabilità era stato parte integrante di alcune delle missioni più discutibili del regime. « Mi confermi che la sua fascia d'età potrebbe essere tra i venti e i trenta? » Wendy annuì convinta. « Non gliene darei più di venticinque. » Quindi non poteva essere un soldato di grado troppo alto. « Benissimo. Hai altro da aggiungere che potrebbe esserci utile? » La giovane sorrise, scuotendo leggermente il capo. « No, ma non hai ancora risposto alla mia domanda. Ti manca mai essere il preferito di tutte? » Si voltò a guardarla, piuttosto serio in viso. « Mi basta essere il preferito di una. »
    [..] Nonostante il successo di quell'incontro ai fini dell'indagine, Raiden uscì dalla casa di piacere col cuore pesante nel petto, consapevole di ciò che lo attendeva. Col senno del poi, avrebbe dovuto avvertire Mia, ma del senno del poi son piene le fosse. Se l'era giocata, sperando fino all'ultimo che le questioni del suo passato non venissero fuori e che le ragazze del posto fossero abbastanza mature da non creare un inutile imbarazzo. A quanto pare lo erano.. fatta eccezione per una. Wendy si era comportata in maniera meschina, e Raiden non riusciva ancora a spiegarsi del tutto il motivo di quel comportamento. Ma in fin dei conti non aveva importanza, perché non l'avrebbe vista mai più; cioè che contava era riparare ai danni fatti con Mia. Si avvicinò a lei senza dire nulla, senza sapere nemmeno cosa dire o come comportarsi. Il suo sguardo intercettò subito il fumo della sigaretta, abbassandosi sulle dita di lei tra cui era stretto il mozzicone. Hai ricominciato. Lo pensò, ma non lo disse, consapevole del fatto che non fosse di certo quello il momento per farglielo notare. « Ehi.. » si limitò a dire, in un soffio, dopo un silenzio forse troppo lungo. Nel dirlo, estrasse una mano dalla tasca del cappotto, avvicinandola al braccio di lei nel tentativo forse di farla parlare, o di attirare la sua attenzione per chiederle qualcosa senza sapere veramente cosa. Lei, tuttavia, lo tagliò prima del tempo, passandogli una bustina contenente una moneta. La osservò a fronte corrucciata, rigirandosela tra le mani. Era certo di aver già visto qualcosa di simile in precedenza. « La Madama mi ha detto che li ha già visti. Venivano impartiti a chi partecipava a questi incontri.. una cosa tipo alcolisti anonimi per veterani, vittime della loggia e così via.. li ha già visti da altri.. clienti.. Non ha voluto dirmi chi erano gli altri. Non so se perché semplicemente non se lo ricorda, o perché non può. Ho lasciato comunque un fuoco fatuo a tenere d'occhio la casa mentre ero in bagno. Dovrebbe tenerci aggiornati con discrezione su chi entra e chi esce. Se succederà qualcosa di strano lo sapremo in tempo reale. » Annuì tra sé e sé, trovando calzante l'idea di tenere il luogo sotto controllo per almeno qualche altro giorno. Erano pochi i clienti saltuari da quelle parti: la maggior parte tendevano a tornare. « Era un gruppo finanziato dal governo, ma quando il regime è caduto il reparto CIM dell'ospedale dei maghi di Tokyo si è espresso in maniera negativa rispetto al progetto e ha chiesto che quei soldi venissero utilizzati per ampliare il reparto di Igiene Mentale di Tokyo e Osaka, con diversi ambulatori nei vari villaggi magici giapponesi. A quanto pare in realtà questi incontri non erano supportati da.. basi scientifiche? Era una roba un po' per aria, insomma. » Forse ricordava qualcosa del genere. In seguito alla chiusura delle Logge, molti suoi compagni erano caduti in un pesante stress post-traumatico. Lo stesso Raiden ne era uscito a malapena e per un soffio. Ciascuno aveva cercato di affrontare quei fantasmi a proprio modo, e ricordava di alcuni colleghi che dicevano di aver frequentato degli incontri a detta loro illuminanti. Raiden, dalla sua, non si era mai interessato alla cosa, in primis per la sua naturale avversità ad ammettere di aver bisogno di aiuto. « Avevano diversi luoghi di incontro in Giappone, ma pare siano stati chiusi quando.. il responsabile di questo progetto e suo figlio.. sono presumibilmente morti nell'attacco al palazzo del governo il 5 settembre 2021. » Solo a quelle parole lo sguardo di Raiden si spostò dalla moneta al viso di Mia, cercandovi una reazione. Lei aveva fatto parte proprio della squadra che aveva attaccato il palazzo - un dettaglio, quello, che non aveva un peso indifferente all'interno di quella cornice. « Tu? Hai scoperto qualcos'altro? » Sospirò, affondando una mano nella tasca della giacca per estrarre il pezzo di carta su cui aveva disegnato il simbolo suggerito da Wendy. « L'uomo aveva questa tatuata sul collo. » Un tatuaggio, da che mondo era mondo, era sempre un'ottima notizia per la profilazione di un individuo, ma in quel caso era ancora più importante. « La tigre rampante era il simbolo dei servizi segreti, dunque è plausibile che il tuo aggressore ne facesse parte prima dello scioglimento della dittatura. Dubito che fosse un pezzo grosso, vista l'età, ma questo può restringerci notevolmente il campo. All'archivio del palazzo del governo dovrebbero essere ancora conservate le schede di tutti i soldati. Quindi direi che il prossimo passo è quello di farci emettere un permesso per consultarle e trovare un match con le informazioni che abbiamo. » Rimase per qualche istante in silenzio, osservando il suo profilo in un misto di tristezza e senso di colpa. « Non possiamo aprire la pratica fino a domani mattina. » Altra pausa. Si morse il labbro titubante, abbassando lo sguardo per poi far cenno col capo in direzione della strada. « Andiamo a prendere qualcosa da mangiare. »
    Le stradine del quartiere erano piene di bar, negozietti e caffè di vario tipo. Tutti luoghi a cui passarono davanti in silenzio, ciascuno con le mani affondate nelle tasche del proprio cappotto. Evitò accuratamente i maid cafè, liquidando le ragazze che si avvicinavano per pubblicizzarli e offrire sconti che poi non ci sarebbero stati. Piuttosto puntò per l'unico luogo in cui aveva la certezza matematica di non aver mai messo piede e che in cuor suo sperava potesse migliorare un po' l'umore di Mia. Si trattava di un cat cafè, un bar in cui diversi gatti scorrazzavano liberi per far compagnia alla clientela. Inutile dire che durante tutta la sua vita in Giappone, Raiden aveva evitato quei posti come la peste per via della propria allergia. Ma in teoria dovrebbero avere qualche pozione al bancone. Altrimenti muoio e vabbè, è andata così. Le aprì la porta in silenzio, facendola entrare per prima; il primo ad accoglierli fu un grosso gatto striato che si strusciò prima sulle gambe di lei, poi su quelle di lui, seguito a ruota dall'arrivo di una delle cameriere. « Buonasera. Come posso aiutarvi? » « Un tavolo per due se possibile. » « Certo, da questa parte. » La ragazza li scortò verso uno dei tavolini bassi in un angolo della sala, accanto a un grosso tiragraffi su cui sonnecchiavano un paio di gattini. Spiegò loro brevemente le regole del posto e poi gli lasciò il menu. Ovviamente Mia non poteva conoscere tutte quelle bevande e pietanze, così Raiden le spiegò brevemente quelle che potevano esserle più oscure, dandole qualche consiglio prima che la cameriera tornasse per prendere le ordinazioni. « Per me un bubble tea con base di tè al gelsomino, frutto del drago e panna. Poi uiro assortiti e sakura mochi. » Lasciò dunque spazio a Mia per fare la propria ordinazione e poi, allontanatasi la cameriera, cadde subito il silenzio. Lo sguardo di Raiden rimaneva basso su un gattino che aveva deciso di arrampicarsi sulle sue gambe, acciambellandosi sulle cosce per farsi dare qualche carezza tra le orecchie. « Mi dispiace di averti messa in questa situazione. » disse dopo un po', in un filo di voce, con gli occhi ancora bassi sull'animaletto che faceva le fusa. « Non volevo parlartene perché
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    speravo che non venisse fuori. Non lo so, pensavo.. »
    A cosa pensavo? « ..credevo che si sarebbero mantenute neutrali. » Era più una speranza, in realtà. « Non volevo farti soffrire per una cosa del mio passato che non posso cambiare e che non ha mai avuto tangenze con la nostra relazione. » Fece una pausa. « Quando vivevo qui.. io ero una persona molto diversa da quella che hai conosciuto, Mia. Ma voglio che tu sappia che non ho mai rimpianto quella vita e che non mi manca. » A quel punto aveva anche paura di sapere cosa Mia pensasse di lui, se la sua percezione fosse cambiata, se lo vedesse in maniera diversa. Sapeva quanto le loro culture fossero diverse su questo punto: se in Giappone era quasi dato per scontato che gli uomini frequentassero quei posti, in Occidente tutto ciò succedeva molto più in sordina e tendeva ad essere giudicato in maniera molto più aspra. Raiden non si vergognava di essere stato cliente - per lui non c'era assolutamente nulla di male e lo vedeva come un modo sicuro per sfogare i propri desideri -, ma di certo aveva timore di cosa Mia potesse pensare e di come ciò potesse riflettersi sul loro rapporto. « E non ti ho parlato dello stupido gossip sui giornaletti perché non volevo che quelle cazzate ti ferissero. Qui.. » Non riuscì a finire la frase, interrotto dall'arrivo della cameriera che posò tutte le ordinazioni sul tavolò. La ringraziò, rivolgendole un tenue sorriso e aspettando che si allontanasse di nuovo prima di schiarirsi la gola e riprendere il discorso. « ..qui la gente ha una certa opinione degli stranieri. Delle donne straniere, nello specifico. E non trovavo giusto condizionarti con le opinioni di una società in cui nemmeno vivi. » Sospirò, stringendosi nelle spalle. « Magari l'avresti pure presa sul ridere.. ma io non me la sentivo di rischiare, perché sono cose cattive e gratuite che non hanno alcun fondamento. Nessuno dovrebbe leggere certa spazzatura. » Men che meno i diretti interessati. A quel punto risollevò lo sguardo negli occhi di Mia, rimanendo in silenzio per diversi istanti in quella titubanza e timore. « Mi dispiace. Davvero. È colpa mia e ti chiedo scusa. » Aveva gli occhi arrossati e umidi, ma in quel caso la tristezza c'entrava poco. Infatti finì a malapena di proferire le proprie scuse che un grosso starnuto lo colse alla sprovvista, portandolo a prendere il gattino per le ascelle e passarlo a Mia dall'altra parte del tavolo. « Prendilo tu. È molto carino ma mi sta uccidendo. »



     
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    « Non possiamo aprire la pratica fino a domani mattina. Andiamo a prendere qualcosa da mangiare. » Per quanto avrebbe voluto alzare la sua busta di orsetti gommosi e dirgli che non aveva bisogno di nulla, la verità è che nonostante tutto, Mia non aveva il cuore di voltare le spalle a Raiden e trattarlo male. Così si era incamminata al suo fianco con i pugni stretti nelle tasche del cappotto, premurandosi di non sbilanciarsi in alcun modo. Per quanto tentasse di pensare a quanto Raiden le aveva confessato circa il suo interrogatorio - tigre rampante e servizi segreti - la verità era che continuava a essere molto arrabbiata con lui. Non in una maniera tale da non rivolgergli più la parola o da aver voglia di litigarci, ma comunque con una gran voglia di mollargli quanto meno un pugno per restituirgli quella pesantezza all'altezza dello stomaco che provava. Come ha potuto! Come ha potuto portarmi là completamente impreparata, mettendomi di fronte a quella situazione? Era ovvio che sarebbe andata così. Quella è proprio una persona maligna. Quella ragazza aveva parlato di altre. Quante altre? Di quante altre persone doveva riguardarsi? Mia non aveva il diritto di giudicare il passato di Raiden; lo sapeva e lo accettava. Non poteva biasimarlo per aver deciso di non condividere certe cose con lei, eppure, in cuor suo si chiedeva se ciò aveva a che fare col fatto che non la riteneva sufficientemente adeguata a poterlo capire. Non poteva sapere; non poteva sapere che cosa pensasse, né cosa scaturisse quel tipo di desiderio di privacy. Magari però certe cose devono essere solo proprie. Forse è giusto così. Anche Mia aveva evitato di parlare con Raiden di certe cose; un po' perché non ne andava fiera, un po' perché ne aveva paura e un po' perché temeva di essere giudicata. Magari era diverso, ma di certo non era l'elemento sessuale a rendere il giudizio dell'altro necessariamente più o meno negativo. Il punto non era il passato; Mia in primis ammetteva che molte cose erano cambiate da quando il giovane Yagami era diventato parte integrante della sua vita. Il punto però è se il passato arriva a bussare alla porta. Non puoi portarmi nella gabbia del leone e sperare che tutto vada liscio. La stessa confessione in merito al tatuaggio denotava quanto quella spiacevole situazione fosse stata dettata dalla presenza di Mia e dalla sua mancanza di strumenti rispetto alla situazione. Non sapeva che cosa avrebbe fatto se ne fosse stata a conoscenza. Forse non sarebbe cambiato proprio niente. In fondo era successo, e ora doveva solo ingoiare il rospo. Tutta quella moltitudine di pensieri la accompagnò lungo tutto il tragitto che fece a sguardo basso e un po' assente. Tanto era presa dalle sue elucubrazioni insensate che né le luci a neon, né la folla, né tanto meno le troppe signorine piuttosto svestite che tentavano di fermare Raiden erano state in grado di distoglierla dal suo essere arrabbiata. Avvolta dal dolce abbraccio di un ambiente tiepido, un gatto le si strusciò contro la sua gamba, e allora si rese conto del fatto che erano approdati in un locale davvero carino pieno zeppo di - oddio gattini! Per un istante gli occhi le si illuminarono nel vedere una bambina dare il tormento a un gattino color panna, correndogli dietro, mentre altri ancora dormivano o si aggiravano tra i tavoli come se niente fosse. Non appena vennero scortati al tavolo, gli occhi di Mia saettarono automaticamente ai piccoli gattini appisolati sul tira graffi, nei confronti dei quali continuò ad allungare il naso, fissandoli con curiosità al punto da ascoltare le spiegazioni di Raiden solo a metà. Scelse una combinazione al tè nero e caramello a cui aggiunse alcuni chinsuko assortiti che a giudicare dalla descrizione di Raiden dovevano essere molto buoni. Dopo di che sembrò crollare di nuovo nel silenzio più totale. Era davvero impegnativo non parlargli. E se ciò non bastasse poco dopo aver ordinato si aggiunsero anche le fusa di un gattino grigio che cercava le sue attenzioni e che per giunta le ricordava anche molto Mochi. « Mi dispiace di averti messa in questa situazione. Non volevo parlartene perché speravo che non venisse fuori. Non lo so, pensavo.. » Abbassò lo sguardo sull'animaletto che spingeva con la testa contro la gamba di Mia pur di ricevere attenzioni, osservandola con un'espressione quasi contrariata. Decise di prenderlo per il colletto e sistemarselo tra le braccia solo per farlo stare buono, così almeno, avrebbe avuto qualcosa su cui concentrare la sua attenzione invece di pensare troppo alle parole di Raiden che l'avrebbero solo fatta arrabbiare. « Non importa, Raidan. » Non voleva parlarne e non voleva nemmeno farlo sentire in dovere di parlarne. « ..credevo che si sarebbero mantenute neutrali. » Certo certo credevi che tutte avrebbero riso sotto i baffi e poi mi avrebbero preso per il culo appena varcata la porta. La cosa non sembrava migliorare il problema affatto. « Non volevo farti soffrire per una cosa del mio passato che non posso cambiare e che non ha mai avuto tangenze con la nostra relazione. Quando vivevo qui.. io ero una persona molto diversa da quella che hai conosciuto, Mia. Ma voglio che tu sappia che non ho mai rimpianto quella vita e che non mi manca. » Che fosse sincero, Mia lo sapeva, e non ne avrebbe avuto dubbi nemmeno se il loro legame non le avrebbe dato la certezza matematica di quanto Raiden non avesse alcun tentennamento. Durante la visita alla casa del piacere, la sua più grande preoccupazione era tentare di risultare naturale e non giudicante, mentre in altri contesti, altre ragazze si sarebbero preoccupate di quanto il loro uomo trovi attraenti tutte quelle ragazze. Il giovane Yagami non le aveva mai dato alcuna ragione di ingelosirsi, nessun segnale di desiderare qualcosa di diverso che non fosse la vita con lei. A tratti Mia non riusciva nemmeno a concepire il tipo di gelosia che affliggeva Delilah e altre sue conoscenti, semplicemente perché la persona che le stava accanto non aveva mai dato alcun segno di cedimento. Per la prima volta, gli occhi della mora si sollevarono timidamente a guardarlo. Solo per un istante, uno solo; un tentennamento nel suo muso duro che la portò subito a distogliere lo sguardo e tornare a dedicare le sue attenzioni al gattino che aveva tra le braccia. « E non ti ho parlato dello stupido gossip sui giornaletti perché non volevo che quelle cazzate ti ferissero. Qui.. » Venne interrotta dal flusso di pensieri rispetto a tutto quel vociferarsi sul loro conto dall'arrivo della cameriera che ringraziò brevemente, prima di sorridere di fronte alle fusa del gattino. « ..qui la gente ha una certa opinione degli stranieri. Delle donne straniere, nello specifico. E non trovavo giusto condizionarti con le opinioni di una società in cui nemmeno vivi. Magari l'avresti pure presa sul ridere.. ma io non me la sentivo di rischiare, perché sono cose cattive e gratuite che non hanno alcun fondamento. Nessuno dovrebbe leggere certa spazzatura. Mi dispiace. Davvero. È colpa mia e ti chiedo scusa. » Sospirò, sollevando nuovamente lo sguardo nella sua direzione solo per rendersi conto che aveva gli occhi lucidi. Di colpo il suo sguardo si addolcì, osservandolo con un'espressione meno contrariata. Poi di colpo lo starnuto che la spiazzò sul momento. E così ecco apparire la vera ragione di quel pianto. « Prendilo tu. È molto carino ma mi sta uccidendo. » Solo allora collegò la questione. Mia era talmente abituata al vedere Raiden coi gatti che si era dimenticata quanto fatica avessero fatto per riuscire a farlo convivere con Ringo. Alla fine erano riusciti a trovare una specie di balsamo inodore che rendesse il manto di entrambi gli abitanti della casa quasi innocuo, ma prima di ciò il giovane Yagami aveva lottato - soprattutto a causa del gatto di Mia - con antistaminici e la necessità di una pulizia quasi maniacale. Insomma, in quelle condizioni era parecchio semplice dimenticare quanto micidiali fossero i comuni gatti per il moro. « Ma sei matto? » Gli strappò il gatto dalle mani quasi automaticamente, provocando un acuto urlo nel piccolo che cercò riparo nella tasca della felpa di Mia portandola a trattenersi dal alzare la voce di tre ottave per manifestare quanto fossero carini i due gattini che aveva in grembo. Dovette mordersi il labbro inferiore per trattenere il sorriso che le provocava la zampetta che spuntava furtiva dalla sua tasca per attaccare il compagnetto di giochi. Prese un lungo sorso della sua bevanda guardandolo contrariata, seppur fosse evidente che faceva una grossa fatica a restare arrabbiata con lui, specialmente nel vederlo così. « Senti! Non ci siamo. » Pur tentando di mantenere la voce bassa, era evidente fosse alterata. Era troppo intenerita dalla situazione per riuscire a mantenere alta l'attenzione su quanto appena accaduto. « Non puoi fare così. Cioè prima mi porti là lasciandomi completamente impreparata e poi mi compri coi gattini. No, Raiden, non funziona così. » Il frustrante lamento che gli rivolse aveva del comico. Era evidente che non fosse in grado di essere completamente arrabbiata. E poi per cosa? Di certo non era stata una situazione piacevole e Raiden, di aver sbagliato lo sapeva bene, ma in fondo, le era anche difficile immaginare cosa avrebbe potuto fare con esattezza per evitare quella situazione. Dirle per filo e per segno quali mirabolanti avventure avesse avuto prima di incontrarsi? Mia al posto suo non lo avrebbe fatto - per questioni diversi, nemmeno lei aveva parlato di tante cose, perché in fondo, non c'era alcuna ragione di rabbuiare la loro relazione con cose che semplicemente non c'erano più e dalle quali ci si guardava bene dall'averci a che fare. « Sono arrabbiata! » Arrabbiatissima. Non a caso corrugò la fronte osservandolo con un'espressione contrariata. « Non è che devi morire per scusarti! Devi solo avvisarmi! Non lo so.. dirmi di stare in guardia, di non dare di matto se sento cose strane. Stavo per saltare al collo di quella stronza. » Nulla le avrebbe dato più soddisfazione. Era stata irrispettosa, invadente e inopportuna per nessuna ragione logica se non la presunzione di aver conosciuto Raiden prima di lei. « E' fortunata solo perché era uno scricciolo di merda e le avrei fatto davvero male se l'avessi menata. Però.. boh.. » Si morde l'interno delle guance mentre abbassa lo sguardo sui gattini che stano giocando indisturbati sulle sue cosce, lasciando qualche carezza a ciascuno di loro. « Quelle cose che ha detto.. che a quanto pare la gente dice.. sono ingiuste anche nei tuoi confronti. Cioè se dicono così è come se pensassero che in fondo non sei in grado di fare una scelta giusta per la tua vita. » Tornò a osservarlo con occhi grandi, colmi di eloquenza. « Ed è evidente sia così visto che ti butti in mezzo a un enorme massa di peli di gatto appena fai una cazzata. » Cristo santo non riesco nemmeno a vederti così. Scossa la testa sospirando, prima di mettere a terra prima un gattino e poi l'altro, non prima di strofinarci il nasino contro il musetto del primo che l'aveva puntata. Ciao picci! Vorrei tanto stare ancora con te, ma credo proprio che non possiamo. Posò quindi a terra il gattino, gettando un'occhiata di sbieco a Raiden prima di chiamare la cameriera e chiederle di impacchettare le cose ordinate scusandosi per l'inconveniente. Era evidente che non potessero fermarsi là. Per quanto l'allergia del giovane non avesse mai avuto ripercussioni gravi, non poteva sapere come avrebbe reagito a lungo andare a tutti quei peli svolazzanti e restarci solo per farle un piacere non aveva alcun senso. Così prese il proprio cappotto facendogli cenno di fare altrettanto, dirigendosi verso la cassa dove pagarono velocemente per poi tornare in strada. « Sei proprio tonto! » Disse solo con un tono di voce apparentemente duro, mentre si tirava il capello sulle orecchie, strappandogli la busta di dolcetti dalle mani con un moto dispettoso prima di rivolgergli le spalle e mettersi a camminare finchè non individuò una panchina su cui avrebbero potuto finire la loro bevanda in santa pace. Per un po' non parlò, allungandogli solo bruscamente di tanto in tanto la busta per permettergli di prendere qualcosa al suo interno. Ad un certo punto gli allungò anche qualche fazzoletto con la stessa bruschezza, senza tuttavia dire nulla. Sei talmente tonto che mi hai fatto anche dimenticare perché sono arrabbiata. Non a caso, di tanto in tanto, gli gettava uno sguardo con la coda dell'occhio per assicurarsi che stesse meglio.
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    « Ho apprezzato che tu mi abbia portato. » Asserì di colpo mentre si girava il proprio bicchiere di plastica tra le mani. « Cioè.. ti avrei odiato molto di più se mi avessi tenuto nascosta questa cosa - cioè che ci stavi andando lì, ecco. » Storse appena il naso annuendo tra se e se, gettando lo sguardo sul marciapiede opposto con fare pensieroso. In fondo Raiden aveva tentato di fare del suo meglio. Questo non poteva negarglielo. « Però una mezza verità è pur sempre mezza. » Pausa. E quella lì si è comportata davvero di merda. Dio avrei voglia di tornare a spaccargli la testa solo per come si è posta. « Semmai dovessimo fermarci dalle mie parti per un po', probabilmente quel tale, lo zio Eddy - che non è manco mio zio, non so nemmeno di chi è zio accidenti! -, troverebbe il tempo di presentarsi alla porta con un fucile per ricordarti che sei un predatore. Immaginati quanto ti sentiresti spiazzato se di botto un signore sulla sessantina si presentasse sulla soglia di casa tua con un fucile dandoti del predatore e invitandoti con maniere non troppo signorili di andare via dal suo paese. Non preferiresti essere in qualche maniera preparato alla questione? Cioè non al fucile.. però a tutto questo.. » Non stava nemmeno scherzando. Poteva sembrare un'esagerazione, ma non lo era. Anche da dove arrivava Mia, c'erano persone che non vedevano di buon occhio il loro matrimonio. Se lo tenevano per sé, specialmente perché gli Wallace avevano accolto il loro matrimonio di buon occhio, ma Raiden non era nato cacciatore, era più grande ed era per giunto anche uno sporco cinese comunista. Sollevò lo sguardo nel suo guardandolo intensamente. Somewhere else some people think you groomed me. Lo disse con tutta la semplicità del mondo. Era assurdo. Mia e Raiden si passavano pochi anni, e in ogni caso erano una coppia estremamente equilibrata. Il leggero silenzio che seguì la lasciò un po' spiazzata; lo osservò per qualche istante senza dire nulla, tempo in cui si portò lentamente la cannuccia della sua bevanda alle labbra. « Beh, immagino che non abbia più importanza in ogni caso, perché tu non sei riuscito a mantenere la tua promessa nemmeno per un giorno - uno solo Raiden; l'hai fatta fuori dal vaso prima ancora di disfare le valige -, e questo mi dà un lascia passare per quello che mi pare. » Disse di colpo saltando dalla panchina per incamminarsi verso chissà dove. Aveva voglia di fare una passeggiata prima di tornare a casa. « Sei comunque un pessimo beato tra le donne. Mamma mia sei proprio pessimo a sopportare le liti delle donne che voglio solo te. » Gli diede una leggera gomitata prima di farsi più vicina, dandogli qualche buffetto con la tempia sul braccio per farle spazio al suo fianco. « Il preferito di tutte. Ma per piacere! Sei un impedito. Oppure ti sei rammollito.. non so. Da quello che diceva sembra proprio così. » Si strinse nelle spalle scoppiando a ridere. Con l'animo un po' più leggero, preferiva sdrammatizzare in merito a quella storia, piuttosto che dargli l'idea che fosse una questione che dovesse evitare. Hai avuto una vita prima di me. Va bene. Non posso prendermela per cose che non ho vissuto. « Per curiosità no.. pour parler, ovviamente. Il preferito di quante.. orientativamente.. così.. per sapere. »



     
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    dauntless

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    « Ma sei matto? » Probabilmente sì. A giudicare dagli occhi gonfi e dal tentativo piuttosto bislacco di respirare in maniera umana, Raiden doveva sembrare un pazzo vero per essersi messo in quella situazione. Perché un conto era avere a che fare con un gatto, e un conto era stare all'interno di un locale che ne ospitava molteplici e nella cui aria fluttuavano chissà quanti minuscoli peli. Ma poteva resistere almeno per un po', e poteva sempre chiedere alla cameriera di portargli una pozione antistaminica. Cioè sicuramente avranno previsto che persone allergiche possano comunque essere interessate a venire qui. Dalla sua, voleva solo fare qualcosa di carino per Mia: sapeva quanto le piacessero quegli animali, e date le circostanze trovava che un posto del genere potesse sollevarle almeno un pochino l'umore. « Senti! Non ci siamo. Non puoi fare così. Cioè prima mi porti là lasciandomi completamente impreparata e poi mi compri coi gattini. No, Raiden, non funziona così. » Annuì meccanicamente, troppo preso a tamponarsi gli occhi lacrimanti e il naso gocciolante con un fazzoletto. Probabilmente avrebbe pure voluto dire qualcosa, ma non era facile essere eloquenti in quell'ambiente studiato per ucciderlo. « Sono arrabbiata! Non è che devi morire per scusarti! Devi solo avvisarmi! Non lo so.. dirmi di stare in guardia, di non dare di matto se sento cose strane. Stavo per saltare al collo di quella stronza. E' fortunata solo perché era uno scricciolo di merda e le avrei fatto davvero male se l'avessi menata. Però.. boh.. Quelle cose che ha detto.. che a quanto pare la gente dice.. sono ingiuste anche nei tuoi confronti. Cioè se dicono così è come se pensassero che in fondo non sei in grado di fare una scelta giusta per la tua vita. Ed è evidente sia così visto che ti butti in mezzo a un enorme massa di peli di gatto appena fai una cazzata. » A quelle parole, prese un sorso lungo della propria bevanda, cercando da una parte di alleviare il malessere e dall'altra di non dare troppo a vedere la propria reazione. Il problema di quel paese e di quella mentalità stava proprio su quel punto: che Raiden e Mia venissero visti su due piani completamente diversi. Agli occhi di alcuni suoi compatrioti, Raiden non aveva necessariamente fatto una scelta sbagliata, ma piuttosto non aveva fatto alcuna scelta se non quella nobile di ricambiare la fedeltà che Inverness aveva mostrato loro. Per quelle persone, Raiden aveva deciso di rimanere in Inghilterra solo ed esclusivamente per quel motivo - per onore - e Mia non era altro che un accessorio temporaneo di cui presto o tardi avrebbe fatto a meno, quando un giorno sarebbe finalmente tornato in patria e avrebbe deciso di sistemarsi seriamente. La sua famiglia, la vita che aveva con sua moglie, tutte quelle cose erano viste nell'ottica di uno scanzonato "gli uomini sono fatti così: si devono divertire prima di mettere la testa a posto". Probabilmente, se davvero si fosse lasciato indietro moglie e figlio per una ragazza giapponese, l'opinione pubblica generale non vi avrebbe visto nulla di strano o biasimabile - semplicemente era così che dovevano andare le cose e un'americana facilotta non poteva di certo aspettarsi nulla di diverso. Spiegarle quella mentalità, tuttavia, non era semplice, e di certo in quel momento non era sua intenzione rabbuiarla ulteriormente. È già abbastanza brutta così come la vedi, non c'è bisogno che ti mostri quanta più merda ci sia sotto. Non ora, quanto meno. Al cenno di Mia, seguito dal suo alzarsi in piedi e prendere il cappotto, Raiden sgranò gli occhi, scuotendo velocemente il capo. « No no, aspetta, possiamo rimanere. Chiederò alla cameriera una pozione. Non dobbiamo andarcene per forza. » Ma Mia non sentì ragioni e si avviò di gran carriera verso la cassa. A quel punto Raiden fu costretto a seguirla a ruota, quanto meno per precederla e pagare le varie cose che avevano ordinato. « Sei proprio tonto! » Le stirò un piccolo sorriso mesto, tirando su col naso. L'aria fresca invernale fu subito un toccasana che cominciò ad aprirgli gradualmente le vie respiratorie, placando anche la lacrimazione. In cuor suo avrebbe preferito rimanere lì, invece che stare a gelarsi su una panchina qualunque. Quei gatti erano comunque molto carini, e con l'aiuto di un medicinale anche lui si sarebbe potuto godere meglio quell'esperienza che si era sempre negato per ovvi motivi. « Ho apprezzato che tu mi abbia portato. Cioè.. ti avrei odiato molto di più se mi avessi tenuto nascosta questa cosa - cioè che ci stavi andando lì, ecco. » Annuì tra sé e sé, masticando con cura il mochi prima di prendere un altro sorso dalla propria bevanda. Beh non è che potessi esattamente nascondertelo. Ma comunque non lo avrebbe fatto lo stesso, sapendo che a parti inverse una cosa del genere lo avrebbe mandato su tutte le furie. « Però una mezza verità è pur sempre mezza. » Si voltò a guardarla, solo di un poco, un movimento appena percettibile. Avrebbe voluto chiederle se sarebbe andata diversamente qualora lui le avesse detto preventivamente di essere stato con quelle donne. Le parole di Wendy le avrebbero dato meno fastidio? So che dirtelo sarebbe stata la scelta più trasparente e meno attaccabile a posteriori, ma io volevo solo tentare di evitarti un dispiacere inutile. « Semmai dovessimo fermarci dalle mie parti per un po', probabilmente quel tale, lo zio Eddy - che non è manco mio zio, non so nemmeno di chi è zio accidenti! -, troverebbe il tempo di presentarsi alla porta con un fucile per ricordarti che sei un predatore. Immaginati quanto ti sentiresti spiazzato se di botto un signore sulla sessantina si presentasse sulla soglia di casa tua con un fucile dandoti del predatore e invitandoti con maniere non troppo signorili di andare via dal suo paese. Non preferiresti essere in qualche maniera preparato alla questione? Cioè non al fucile.. però a tutto questo.. » Somewhere else some people think you groomed me. Stirò le labbra in una linea retta, dispiaciuto ma non troppo sorpreso, mentre annuiva piano. Sapeva che specialmente negli ultimi anni avevano preso piede delle teorie quasi talebane sulle relazioni in Occidente. Ciò che era iniziato come un discorso salutare per limitare una serie di abusi psicologici e di tossiche dinamiche di potere era velocemente diventato una polizia del buon costume che sanzionava letteralmente qualsiasi cosa. Mia e Raiden non si passavano molti anni, e sebbene fossero in due fasi diverse della vita, la loro relazione non era mai stata sbilanciata. Io poi non capisco tutto questo accanirsi su un anno o qualche mese, come se la cosa facesse alcuna differenza. Come se all'improvviso, allo scoccare della mezzanotte del suo diciottesimo compleanno, Mia venisse investita da una vampata di conoscenza fino a quel momento inedita. Tuttavia la sua cultura non era da meno in quanto a contraddizioni, dunque non era nessuno per giudicare. « È diverso, Mia. » disse solo, sospirando e scuotendo leggermente il capo. « Non è una cosa in cui si direttamente coinvolta. Non ti.. connota, ecco. Cioè, non sei in alcun modo collegata al comportamento di questo zio Eddy - è questo che intendo. » Mentre invece Raiden era coinvolto eccome nella situazione alla casa del piacere. Ciò che era successo aveva un legame diretto con le sue azioni e col suo passato, con una vita privata che poteva essere motivo di imbarazzo e paranoie inutili all'interno della loro relazione. « Beh, immagino che non abbia più importanza in ogni caso, perché tu non sei riuscito a mantenere la tua promessa nemmeno per un giorno - uno solo Raiden; l'hai fatta fuori dal vaso prima ancora di disfare le valige -, e questo mi dà un lascia passare per quello che mi pare. » Alzò gli occhi al cielo, con le labbra tuttavia incurvate in un mezzo sorriso mentre si alzava dalla panchina per seguirla lungo le stradine. « Sei comunque un pessimo beato tra le donne. Mamma mia sei proprio pessimo a sopportare le liti delle donne che voglio solo te. » « Non penso che Wendy voglia solo me, sai? » Ridacchiò, gettandole un'occhiata eloquente di sbieco. In fin dei conti Raiden era un cliente come tanti altri per lei, e quel suo comportamento era solo dovuto ad un'indole dispettosa che probabilmente avrebbe riservato a chiunque altro nelle stesse circostanze. « E poi non vedo perché dovrei essere bravo a fare il beato tra le donne. » disse, stringendosi con leggerezza nelle spalle mentre prendeva un altro sorso dalla cannuccia. « Il preferito di tutte. Ma per piacere! Sei un impedito. Oppure ti sei rammollito.. non so. Da quello che diceva sembra proprio così. » Rise anche lui, senza rispondere in maniera troppo diretta. Di certo non era quello il settore in cui voleva farsi valere, e in fin dei conti forse era meglio se Mia la pensava in quel modo. Infatti, ridacchiando, si avvicinò, facendo cozzare leggermente il naso contro la tempia di lei per poi stamparle un bacio sulla guancia. « Allora tu che ci sei cascata per un impedito mi sa che non sei tanto meglio. » Con una piccola risata, le diede una leggera spallata, approfittando poi di quella vicinanza per intrecciare le dita alle sue. « Per curiosità no.. pour parler, ovviamente. Il preferito di quante.. orientativamente.. così.. per sapere. » La domanda lo lasciò per un attimo interdetto. Se la reazione naturale di chiunque sarebbe stata quella di fermarsi per qualche istante a pensare nel tentativo di quantificare i propri partner passati, Raiden nemmeno ci provò. Non aveva mai tenuto veramente il conto, e se pure lo avesse fatto, ad un certo punto sarebbe stato veramente difficile continuare a tenerlo senza ritrovarsi a incidere delle tacche su un apposito diario - cosa che, inutile dirlo, non era prettamente nella sua indole. Così cercò di cavarsela con l'ironia. « Mi stai chiedendo per caso il mio body count, Mia? Guarda che ultimamente lo slut shaming non è visto molto di buon occhio. » Ridacchiò, inarcando un sopracciglio nello scoccarle un'occhiata eloquente di traverso, pur con le labbra increspate in un sorriso ironico. « E comunque non sono il tipo che tiene un conto di queste cose. Per chi mi hai preso? Per Antonio Colombo? » Obiettivamente qualunque altra risposta diretta a quella domanda sarebbe stata problematica. Raiden davvero non sapeva con quante ragazze fosse stato, ma sapeva che ammettere di non averne la più pallida idea avrebbe portato all'evidente conclusione che fossero un po' troppe. A dirla tutta, il giovane Yagami non avrebbe saputo nemmeno dire quanto fosse tanto e quanto fosse troppo; c'era un numero preciso? Una linea di demarcazione oltre la quale la gente ti avrebbe considerato scandaloso? Non ne aveva idea, in primis perché non era nemmeno mai stato il tipo da farsi particolare vanto delle proprie conquiste, dunque non aveva un vero metro di paragone. Scrollò quindi le
    spalle. « In ogni caso non è importante. » Rimase in silenzio per un attimo, ripensando un po' alle parole che si erano scambiati da quando avevano messo piede fuori dal bordello. Forse un po' di onestà gliela doveva, quanto meno sommaria. In fin dei conti non poteva garantire che non avrebbero incontrato qualche altra sua conoscente in giro per Tokyo e che una situazione simile a quella appena affrontata non si sarebbe verificata. Tirò dunque un sospiro, sollevando lo sguardo al cielo imbiancato che preannunciava una probabile neve. « Un po'. » disse quindi, sentenziando quella risposta come un punto fermo - per quanto per sua natura fosse incerto e poco quantificabile. « Come ti ho detto, non ho tenuto un conto, quindi non ti saprei dire. » Fece una pausa. « Però alla luce di oggi capisco che tu possa essere preoccupata di incappare ancora in situazioni simili.. e non ti posso garantire nulla. Cioè.. è probabile. » Rimase in silenzio per un altro po', guardando avanti mentre passeggiavano lenti per le stradine del quartiere. « Rispetto allo standard in Occidente, io ci sono arrivato un po' più tardi a queste cose. Credo che non fossi pronto, o che semplicemente non avessi abbastanza autostima per avvicinarmi ad una ragazza. In tutta onestà, ero abbastanza convinto che non piacessi a nessuna. » Sospirò, stirando le labbra in un sorriso tiepido al ricordo di tutte le paturnie che lo avevano afflitto in adolescenza. In quel periodo, Raiden aveva vissuto la propria sessualità con una certa ansia e un senso di terrore, come se ci fosse qualcosa di profondamente sbagliato in lui e come se ogni tentativo di legame col sesso opposto fosse destinato ad esporlo all'umiliazione. « Diciamo che dopo l'addestramento la mia prospettiva a riguardo è un po' cambiata. Mi sono reso conto di aver sprecato un sacco di occasioni per colpa di una paura stupida. » E forse ho provato sulla mia pelle che ci fossero cose molto più umilianti di un rifiuto. In quel posto, Raiden aveva avuto fin troppo tempo per riflettere. Lì, privato di ogni opportunità di vita vera, aveva realizzato quanto sciocco fosse trincerarsi nella paura, astenersi dal giocare per paura di perdere. Aveva capito di aver buttato via un sacco di possibilità, convinto sotto sotto che il tempo a sua disposizione fosse illimitato, quando invece non lo era. Il tuo tempo può scadere in ogni istante, non hai alcuna certezza, dunque è meglio non lasciarsi indietro rimpianti. « Mi ero ripromesso che una volta uscito avrei cambiato rotta.. e l'ho fatto. Volevo provare ciò che potevo, scoprirmi. » Fece una breve pausa. I also really wanted to learn how to touch a woman properly. Un punto, quello, che per Raiden era stato cruciale. Al giovane Yagami non bastava la propria singola soddisfazione: doveva accertarsi che la sua partner ne traesse altrettanto piacere se non di più. Wendy l'aveva definita generosità, ma il principio di quel bisogno era stato probabilmente l'orgoglio: non voleva pensare che una ragazza potesse pentirsi di avergli dato accesso al proprio corpo. « Ma se può in qualche modo consolarti, non ho delle ex vere e proprie. Se escludiamo una relazione molto ingenua e infantile che risale a quando ancora stavo a scuola, non ho mai avuto una ragazza. » A quel punto sospirò, come se si fosse tolto un qualche peso. Tutto ciò che poteva dirle glielo aveva detto, e aveva tentato di farlo nel modo più sensibile che gli riusciva. Dunque, passato qualche istante di silenzio, si voltò nella sua direzione, cercando di scrutarne l'espressione sul viso. Was it helpful? Me answering this, I mean - did it help?






     
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    « Mi stai chiedendo per caso il mio body count, Mia? Guarda che ultimamente lo slut shaming non è visto molto di buon occhio. E comunque non sono il tipo che tiene un conto di queste cose. Per chi mi hai preso? Per Antonio Colombo? » Incalzata su un discorso che era evidente le stesse a cuore e su cui non voleva certo passare dalla parte del torto, Mia arrossì osservandolo contrariata. Seppur in maniera scherzosa, istintivamente si mise sulla difensiva, distraendosi dalla vera ragione per gli aveva posto quella domanda. In verità, una ragione poi così profonda non c'era. Non era davvero interessata ad avere un numero né le interessava sapere con quante ragazze avrebbe dovuto paragonarsi all'inizio, se solo ne avesse avuto conoscenza - cosa che tra l'altro avrebbe sicuramente fatto. A Mia era bastata la presenza di Gabriela per impazzire; non l'avrebbe certo aiutata sapere che nella vita di Raiden c'erano state così tante ragazze. Era in ogni caso intimidatorio. Se anche Raiden non avesse messo a paragone la ragazza che aveva di fronte con quelle che erano arrivate prima di lei, la Serpeverde ci avrebbe comunque pensato. In fondo era stato meglio così; a questo punto, a dirla tutta non ha importanza. « Oi! Guarda che è solo semplice curiosità. Era così.. » Raiden non parlava mai della sua vita prima di lei, prima dell'Inghilterra. Le poche cose che rammentava erano sempre estremamente vaghe. Da un certo punto di vista sapeva che molte cose erano semplicemente off limits; facevano emergere troppi ricordi dolorosi, e proprio per questo Mia non insisteva mai. Le sarebbe però piaciuto sapere di più, farsi raccontare certe cose in maniera naturale, come un dolce lontano di ricordo. Si rendeva conto che se così non era, il rapporto di Raiden col passato era differente. Non poteva biasimarlo, né poteva incolparlo per volerlo tenere appunto nel passato. « In ogni caso non è importante. » Non disse nulla. Remò piuttosto dritta lungo una delle strade guardandosi attorno con estrema curiosità. Quelle stradine l'avevano sempre affascinata, sin da quando si allenava per saltare da un portale all'altro durante il periodo immediatamente precedente all'assalto ad Iwo Jima. Ai tempi ogni cosa le sembrava nuova, insolita, differente, e ora non era poi così differente. Rispetto alle grandi città americane, Tokyo era modernissima, ma risentiva anche di tutta una serie di consuetudini che erano molto differenti tanto dalle città americane che aveva avuto modo di vedere quanto da Londra. Così lo lasciò pensarci su, senza preoccuparsene particolarmente di quell'atteggiamento sfuggente. Mia gli aveva manifestato quanto poco a suo agio si sentisse all'idea di essere completamente impreparata - se in certe situazioni poteva anche essere piacevole, non lo è di certo che persone estranee che per giunta sono malintenzionate. Voleva credere che Raiden avrebbe tenuto sufficientemente in considera la questione e l'avrebbe aiutata a navigarci senza sentirsi una completa idiota. « Un po'. » « Un po'? » Lo osservò divertita assottigliando lo sguardo. Le risposte evanescenti di Raiden non erano mai evanescenti per puro gusto di vantarsi. Non lo stava nemmeno facendo per stuzzicarla. Un po' è un po'. Ma un po' cioè tanto? O un po' cioè qualcuna? Un po' non è proprio una misura nel sistema internazionale. Tuttavia, non se la sentì di insistere, seppur una parte di lei fosse un po' curiosa appunto - un po' inteso ancora una volta come unità di misura relativa. « Come ti ho detto, non ho tenuto un conto, quindi non ti saprei dire. Però alla luce di oggi capisco che tu possa essere preoccupata di incappare ancora in situazioni simili.. e non ti posso garantire nulla. Cioè.. è probabile. » La cosa la metteva un po' a disagio. Avrebbe voluto chiedergli che tipi fossero. Erano tutte come Wendy? Ne avrebbe incontrate altre di Wendy? Una parte di sé avrebbe voluto sapere, per prepararsi emotivamente a qualunque evenienza, ma la verità è che lei in primis non aveva il coraggio di approfondire la questione. Questa roba è proprio odiosa. Certo che non siamo proprio sullo stesso piano io e te. Io chi ti faccio incontrare? Il tipo con cui ho limonato una sera in parcheggio e poi ci ho scopato in macchina? Non era una gara, né Mia aveva il desiderio di mettere Raiden nella stessa situazione, ma una parte di sé si sentiva comunque poco equipaggiata all'evenienza di essere messa di fronte ad altre situazioni del genere. Seppur non ne avesse ragione alcuna, sentiva comunque il bisogno di proteggere la sua relazione, tirare fuori gli artigli se fosse necessario, perché in fondo nessuno doveva permettersi di metterli in dubbio oppure di sputare sentenze a vuoto. La voce del moro la riportò ben presto nella conversazione, e allora lasciò andare quei pensieri nefasti. « Rispetto allo standard in Occidente, io ci sono arrivato un po' più tardi a queste cose. Credo che non fossi pronto, o che semplicemente non avessi abbastanza autostima per avvicinarmi ad una ragazza. In tutta onestà, ero abbastanza convinto che non piacessi a nessuna. » « Beh eri molto tonto anche allora, perché in realtà nelle foto sembravi veramente tanto carino. E poi capitano di questo e quello.. e le ricerche dei quaderni. » In oriente o in occidente Mia era abbastanza certa che qualunque ragazza avrebbe fatto carte false pur di uscire con un ragazzo come Raiden. A me saresti piaciuto secondo me. Magari da più tonto sarei stata in grado di prenderti di più in contropiede, però saresti stato divertente uguale. « Diciamo che dopo l'addestramento la mia prospettiva a riguardo è un po' cambiata. Mi sono reso conto di aver sprecato un sacco di occasioni per colpa di una paura stupida. Mi ero ripromesso che una volta uscito avrei cambiato rotta.. e l'ho fatto. Volevo provare ciò che potevo, scoprirmi. » Annuì con più convinzione. In fondo, quando lo aveva incontrato, Mia aveva chiesto a Raiden una cosa molto simile. Aveva voglia di scoprirsi, di conoscersi, di provare cose nuove. Era stata fortunata a trovare una persona che glielo aveva permesso in maniera così paziente, senza mai farle pesare la sua inesperienza. I also really wanted to learn how to touch a woman properly. Quelle parole, tuttavia, la sorpresero, al punto che sollevò lo sguardo per constatare la sincerità di quelle parole anche visivamente. Era molto serio. Non lo diceva tanto per dire. « Ma se può in qualche modo consolarti, non ho delle ex vere e proprie. Se escludiamo una relazione molto ingenua e infantile che risale a quando ancora stavo a scuola, non ho mai avuto una ragazza. » E se possibile, lo stupore di Mia aumentò ulteriormente. Non le aveva mai detto che era stata la sua prima relazione seria. Quella confessione rimise in prospettiva così tante cose. Per un istante il cuore sembrò fermarlesi nel petto, per poi ripartire di colpo. Tu mi hai chiesto di stare insieme nonostante non lo avessi mai fatto con nessun altra. Me lo hai chiesto nonostante fossi convinto di dover tornare qui. Istintivamente spostò lo sguardo leggermente lucido di fronte a sé. Poteva sembrare poco a quel punto, dopo tutte le cose che si erano promessi, dopo tutte le cose che avevano costruito insieme e dopo aver superato così tante prove, ma non era così. Per Mia quelle parole era pesanti, caricavano il suo animo di ancora più amore e responsabilità nei confronti della vita che avevano insieme. E così rimase in silenzio, guardando di fronte a sé, pensando e ripensando a così tante cose. Gli aveva spesso dato dell'insensibile in quei primi tempi. Io credevo che avevi l'emotività di un sasso e invece forse eri solo impaurito tanto quanto me. Si inumidì appena le labbra e si lasciò cogliere da un lieve sorriso. Immaginava che entrambi avessero bisogno di capirsi, di conoscersi, ma lei si era fatta per tutto quel tempo un'idea ben diversa del loro esordio insieme. Was it helpful? Me answering this, I mean - did it help? Per qualche istante non disse nulla, Mia. Era spiazzata e senza parole nella maniera più genuina possibile. Gli rivolse solo uno sguardo sereno, con gli occhi un po' lucidi, un risultato che poteva mascherare senza grossi sforzi per via del freddo. Eppure, nonostante le basse temperature e le nuvolette di vapore che emettevano ogni qualvolta parlassero, la giovane Serpeverde si sentiva come se il suo cuore fosse stato avvolto da mani tiepide in grado di scaldarlo con tenerezza e cura. « Credo proprio di si. » La questione sembrò cadere là, seppur il silenzio sotto il quale continuarono a spostarsi sulle stradine gelide, lasciava intendere l'esatto contrario. Giunti di fronte a una lunga fila di distributori, Mia si fermò di colpo. Le piacevano davvero tanto quelle macchinette. Pur conoscendone abbastanza il funzionamento, in Giappone vendevano un po' di tutto. Si fermò di fronte a una nello specifico che distribuiva delle piccole capsule ovali all'interno delle quali si poteva trovare un po' di tutto. Promettevano soldi, ma di base i premi a scatola chiusa variavano da dolciumi a pupazzetti, portachiavi e piccoli oggetti elettronici. « Posso averne una? » Chiese di colpo osservandolo con uno sguardo piuttosto neutrale; non vi era malizia negli occhi di lei, ma entrambi sapevano che non c'era nessuna richiesta del genere che fosse completamente disinteressata. Mia sarebbe stata perfettamente in grado di comprarsi una di quelle cianfrusaglie da sola, eppure, si fece da parte dando modo di pensarci al suo posto. Estrasse la capsula con curiosità scrollandola appena come se volesse indovinare in anticipo cosa contenesse. « Grazie. » Disse solo mentre si apprestava a chiuderla con una certa curiosità. « Non ci sono soldi. » A giudicare dal suono si trattava sicuramente di qualcos'altro e infatti, al suo interno trovò una confezione con qualche Chupa Chups e qualche scoppiettina. Dolciumi dell'infanzia di fronte ai quali Mia scoppiò a ridere. « Che palle però! Non ci sta quello alla fragola. Boh mi capiscano sulle basi. La fragola è un grande classico. » Poco male, perché in realtà i gusti giapponesi erano diversi. Una nello specifico, che prometteva di lasciare la lingua viola era targata extra large e aveva un nucleo di gomma da masticare. Così scelse quello, e dopo averlo brevemente assaggiato, annuisce contenta passandogli la busta. « Mmm.. non l'avevo mai provato alla ciliegia. » Asserisce così mentre si incamminano verso una strada più affollata. Osserva di tanto in tanto le vetrine, ma per lo più si concentra sul suo lecca lecca e gli indica cose sparse finché, giunti in una piazzola non vengono attirati da quello che sembra uno spettacolo di strada di un artista del fuoco. In mezzo alla piccola folla radunatasi a debita distanza Mia volge o sguardo verso Raiden per qualche istante.
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    « Comunque, rispetto a prima.. hai ragione. » Pausa. Lentamente riprendono a camminare verso chissà dove, e in realtà il fatto di poter guardare avanti aiuta. « Non importa il numero. Ovviamente qualunque sia il tuo numero, il mio è più grosso. » L'ironia con cui pronunciò quelle parole la portò a ridere mentre osservava il suo lecca lecca divertita. Tuttavia, lentamente, man mano che pensava a quello che voleva dirgli, divenne un po' più seria. But anyway I don't judge you for being you. To be honest I'm glad you knew.. because I didn't. Si stringe nelle spalle. I'm still learning. But it's not that bad doing it with you.. Un eufemismo che la portò a osservando con la coda dell'occhi mentre giocherellava con il lecca lecca spostandolo dall'interno guancia sinistro a quello destro. « Se avessi saputo che è così che funziona alcuni tipi ce li avrei mandati io stessa nelle case del piacere. » Pausa. « Tranquillo però, nel mio caso è già tanto se si ricordano che sono stati con me.. sarebbe difficile che vengano a farti una scenata. In fondo è anche una scelta.. voler sapere quello che volevi tu. E io mi sono persa il mio momento da lotte nel fango perché ho scelto malissimo i maschi prima di te - non succederà mai. Per sport. Sai.. il momento da muscoli, la mia donna - tutte cose! Orribile! » Da un certo punto di vista era davvero triste rendersi conto che prima di Raiden la sua vita sessuale non solo era sporadica e relegata a storielle che duravano poco più di qualche mese, ma era anche estremamente deludente. The last one fainted as soon as I kissed him. Una storia davvero imbarazzante. I kissed him. Ed era veramente tutto dire. On our first night I wanted so bad to.. start living. Take a risk. Do something stupid. Fuck a guy that will probably dump me the day after. But your game was really good. Si strinse nelle spalle con naturalezza dandogli una leggera gomitata prima di passare il braccio di lui attorno alle proprie spalle facendosi più vicina. « Tu però non mi hai mai detto che sono stata la tua prima moglie, passando per ragazza per 24 ore? Ommiddio Raiden, tu non hai mai avuto una ragazza! » Scoppia ancora una volta a ridere, rendendo quel momento ancora più eclantante di quanto non lo sia. A quel punto si toglie il lecca lecca e lo avvicina alle labbra di lui. « Ti senti meglio se te lo faccio assaggiare? Come premio di consolazione per questa cosa della mancata ragazza. Assaggi solo però! Questo è mio. »



     
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    « Credo proprio di si. » A giudicare dal silenzio che seguì non si sarebbe detto. Raiden non sapeva come il proprio passato potesse essere visto da Mia, tramite le lenti di una cultura diversa e di un modo di vivere a tratti opposto. A livello cosciente sapeva che la ragazza non lo avrebbe giudicato troppo duramente, capendo che in ogni caso tutte quelle avventure appartenevano a un tempo diverso e che non ci fosse ragione di mettere in dubbio la sua fedeltà. Tuttavia non poteva scrollarsi totalmente di dosso la paura che lei potesse guardarlo in maniera differente alla luce di quelle informazioni che forse non si aspettava. Tokyo portava con sé molti ricordi: alcuni di essi vagavano per le sue strade su due gambe, pronti ad imbattersi nella felice coppia in qualunque momento e scoperchiare altri pezzi di un passato privato che Raiden avrebbe preferito mantenere come tale. A volte gli veniva naturale chiedersi se le cose sarebbero andate alla stessa maniera qualora si fossero incontrati proprio lì, in Giappone. Raiden sarebbe stato la stessa persona? Mia si sarebbe comunque innamorata di lui? Sapeva quanto inutili fossero domande del genere, ma era anche consapevole di quanto le circostanze del loro incontro avessero influito sulla direzione presa nel loro rapporto. Emigrare in Inghilterra, per quanto doloroso, era stato come voltare capitolo su una pagina completamente bianca: lì nessuno lo conosceva, non aveva legami e non aveva una storia. Gli era stata data l'opportunità di reinventarsi, e Raiden l'aveva colta al volo, cercando di seppellire sotto al tappeto le parti di sé che non gli piacevano o che erano troppo dolorose da affrontare. Una vacanza - questo doveva essere, in principio; ma poi la vacanza era diventata la sua vita reale, creando una copia carbone perfezionata di un altro Raiden, di un'altra vita piena di crepe e storture. « Posso averne una? » Si riscosse dai propri pensieri solo quando Mia gli fece quella domanda, portandolo a ricercare per un istante il contesto prima di comprendere. Annuì veloce. « Certamente. » Si frugò dunque le tasche del cappotto alla ricerca del portamonete, da cui ne estrasse una che mise sul palmo dell'americana, fissandola poi con un piccolo sorriso per vedere cosa le sarebbe capitato dalla capsula. « Non ci sono soldi. » Ridacchiò, sollevando un sopracciglio. « Non ci sono mai. » « Che palle però! Non ci sta quello alla fragola. Boh mi capiscano sulle basi. La fragola è un grande classico. » Mise su un finto broncio di solidarietà, ispezionando velocemente il piccolo bottino di Mia. Tutti dolciumi da poco che potevano essere tranquillamente reperiti in qualunque minimarket. Erano il tipo di cose che i ragazzini di Mahoutokoro si facevano spedire dai genitori, scambiandoli poi con gli altri amici per avere i gusti preferiti o qualcos'altro di interesse. « Mmm.. non l'avevo mai provato alla ciliegia. » Inarcò un sopracciglio, osservandola in silenzio per qualche istante prima di far schioccare la lingua contro il palato e scegliere di non commentare, proseguendo oltre al suo fianco. « Comunque, rispetto a prima.. hai ragione. Non importa il numero. Ovviamente qualunque sia il tuo numero, il mio è più grosso. » Quell'affermazione gli strappò una risata, una reazione così istantanea che lo portò poi a soffocarla quasi sul nascere per non darle troppo l'impressione di quanto effettivamente ritenesse impossibile una cosa del genere. Ormai Mia doveva aver compreso che la cifra di Raiden non fosse poi così bassa, ma non voleva comunque darle troppo modo di ragionarci sopra: in fin dei conti, per i suoi scopi bastava ciò che lui le aveva detto, tutto il resto sarebbe stato superfluo e probabile motivo di paranoie inutili. But anyway I don't judge you for being you. To be honest I'm glad you knew.. because I didn't. I'm still learning. But it's not that bad doing it with you.. Le lanciò uno sguardo con la coda dell'occhio, sorridendole tiepido ma sereno. Thank you.. I guess. Proferì tra l'incerto e l'ironico, sbuffando una breve risata dalle narici che si trasformò subito in una nuvoletta di condensa nell'aria fredda pomeridiana. « Se avessi saputo che è così che funziona alcuni tipi ce li avrei mandati io stessa nelle case del piacere. » Aprì la bocca per dire qualcosa, ma la richiuse immediatamente, decidendo che non fosse il caso di approfondire troppo la questione. In fin dei conti, il fatto che Raiden avesse avuto il desiderio di imparare a rapportarsi meglio con l'altro sesso non toglieva comunque che la sua frequentazione di certi luoghi non fosse dovuta interamente ad un interesse scientifico. Ma forse non è proprio una di quelle cose di cui parli con tua moglie. « Tranquillo però, nel mio caso è già tanto se si ricordano che sono stati con me.. sarebbe difficile che vengano a farti una scenata. In fondo è anche una scelta.. voler sapere quello che volevi tu. E io mi sono persa il mio momento da lotte nel fango perché ho scelto malissimo i maschi prima di te - non succederà mai. Per sport. Sai.. il momento da muscoli, la mia donna - tutte cose! Orribile! » Sorrise tra sé e sé, avvicinandosi poi per stamparle un bacio sulla tempia. « Non importa, amore. Comunque sappi che la lotta nel fango per te la farei. » Proferì quelle parole con tono ironico, smorzato da una risata divertita, ma sotto sotto non erano poi così lontane dalla realtà. Raiden era pur sempre un tipo piuttosto territoriale, e già in altre situazioni non aveva mancato di dimostrarlo - sebbene in maniera più sottile. Sicuramente se fosse stato schiaffeggiato con un guanto di sfida, o invitato a singolar tenzone per la propria ragazza, non si sarebbe tirato indietro dallo scontro. Comunque Raiden non si era mai interrogato troppo sul passato di Mia - un po' perché non lo riteneva eccessivamente rilevante ai fini della loro relazione, e un po' perché certe cose era certo che avrebbe preferito non saperle. Anche perché, oggettivamente, quale giovamento potrebbe mai portarmi sapere chi sono i tuoi ex e cosa ci hai fatto? Per lui non si trattava nemmeno di una questione di confronto - in quell'area aveva ormai acquisito una sicurezza sufficiente a non ricercare un paragone - quanto piuttosto del voler scansare attivamente il pensiero di sua moglie in atteggiamenti intimi con altre persone. Insomma.. non è il tipo di immagine che vuoi avere nella tua testa, in nessun momento. The last one fainted as soon as I kissed him. I kissed him. A quelle parole non riuscì a trattenere una risata più sonora, a tratti anche incredula. Oh no baby! Il suo tono salì di qualche ottava nell'esalare quelle parole consolatorie. But of course he did! You're so pretty. He probably didn't believe he got so lucky. Si voltò per rivolgerle un grosso sorriso, avvicinandosi per poggiare una mano sul suo fianco. Per come la vedeva lui, uno scenario del genere non era poi così improbabile. Mia era davvero una bellissima ragazza, e con ogni probabilità anche lui avrebbe avuto una simile reazione se si fossero incontrati in un momento diverso della vita. « Quando stavo a scuola, se una ragazza come te mi avesse dato un bacio, stai tranquilla che anche io mi sarei svegliato in infermeria. » Ridacchiò, ma in realtà non c'era nulla di più vero. Il suo primo bacio era avvenuto con uno stupido gioco di pocky, e Raiden era stato così scemo da evitare la ragazza in questione per il resto della serata. On our first night I wanted so bad to.. start living. Take a risk. Do something stupid. Fuck a guy that will probably dump me the day after. But your game was really good. La strinse a sé, facendo cozzare delicatamente il naso contro la sua tempia. Non poteva negare che quelle parole gli facessero piacere. Raiden e Mia si erano incontrati per caso, e la loro storia era cominciata con le premesse peggiori, ma alla fine aveva preso una strada di cui il giovane non riusciva a pentirsi. « Tu però non mi hai mai detto che sono stata la tua prima moglie, passando per ragazza per 24 ore? Ommiddio Raiden, tu non hai mai avuto una ragazza! » Rimase leggermente interdetto da quelle parole, come se non ne comprendesse del tutto il significato. Per lui sembrava una cosa piuttosto normale, ma forse gli era sfuggito qualche pezzo. « Ti senti meglio se te lo faccio assaggiare? Come premio di consolazione per questa cosa della mancata ragazza. Assaggi solo però! Questo è mio. » Si avvicinò per dare un assaggio al lecca lecca, avvolgendoci velocemente la lingua intorno prima di risollevare il capo e scuoterlo leggermente col naso arricciato. « È troppo dolce per i miei gusti. » Non che a Raiden i dolci non piacessero, ma preferiva sapori più moderati rispetto all'aroma industriale dei frutti. « Comunque mi sfugge il problema: cioè.. per me avere una ragazza è una cosa seria, non puoi metterti insieme a chiunque. » E quello era stato proprio uno dei punti su cui aveva più faticato a capire l'ottica occidentale. Tanta gente stava insieme anche per qualche anno, poi si lasciava e passava al prossimo partner. Aveva sentito di ragazze e ragazzi con sfilze di ex, e lui non capiva. Nella sua esperienza, non aveva mai provato qualcosa che lo spingesse a ricercare un legame serio con qualcuno prima di incontrare Mia. Aveva avuto cotte e infatuazioni, sì, ma anche quell'ottica si era esaurita naturalmente dopo l'adolescenza. Mentre continuavano a passeggiare, infatti, l'espressione a metà tra il confuso e il divertito sul viso di Raiden sembrava persistere. « Cioè, non è che mi sia nuova questa cosa che molta gente ha un sacco di ex, però per te non è strano? Cioè.. oggettivamente - no? - come fai a farti piacere sul serio tutte queste persone? Anzi, no, peggio, come fai ad innamorarti di così tanta gente e in così poco tempo? » Per lui era difficile da concepire una cosa del genere. « Non lo so, sarò io che sono nato al contrario, però secondo me ci sta una differenza abbastanza chiara tra certi sentimenti, e nella mia esperienza non è poi così comune - anzi, è più eccezionale che altro - trovare qualcuno a cui vuoi dedicare il tuo tempo, le tue energie e il tuo cuore. » Fece una breve pausa, riflettendoci ancora sopra. « Anche perché se non vedi una compatibilità a lungo andare.. beh, che senso ha? » Ma forse Raiden non prendeva in considerazione il fatto che non tutti avessero la sua stessa idea di relazione: per molti poteva essere difficile la solitudine, e un partner poteva semplicemente fungere a farli sentire meno soli o più apprezzati, senza bisogno di andare a scavare così a fondo. Scrollò dunque le spalle, accettando il fatto che forse non avrebbe mai avuto una risposta soddisfacente e univoca ai suoi dubbi. E in fin dei conti nemmeno gli interessava troppo: lui si trovava bene nella sua vita e nel suo modo di concepire i rapporti, dunque ciò che facevano gli altri lo poteva interessare solo relativamente. Con quell'animo, imboccò all'interno di un piccolo ristorante take away, dove abbandonò il discorso in favore della scelta del menu per la cena.
    Un po' per fame e un po' per la gioia di poter finalmente riassaporare i piatti del proprio paese, Raiden aveva scelto diverse pietanze, consigliando anche a Mia quelle che a parer suo potevano piacerle o che valeva la pena provare. Avevano riportato a casa diverse buste fumanti piene di cibo dal delizioso odore speziato. Mentre Mia predisponeva la tavola, Raiden si era occupato di cambiare il piccolo Haru, che nel frattempo si era svegliato dal proprio riposino pomeridiano con una gran voglia di imporsi all'attenzione dei genitori. Di riprendere sonno non sembrava volerne sapere e così, dopo diversi minuti passati a cullarlo inutilmente, il giovane Yagami aveva deciso di portarlo con sé in cucina per sistemarlo da qualche parte vicino a loro mentre consumavano la cena. Varcata la soglia della stanza in cui Mia stava ancora estraendo i contenitori dalle buste per scoperchiarli e disporli sul tavolo apparecchiato, Raiden rimase per qualche istante ad osservarla in silenzio, titubante, col piccolino di casa appollaiato col mento sulla sua spalla. « Posso chiederti una cosa? » disse ad un certo punto, serio, ma con un tono abbastanza tranquillo - forse più spinto da una curiosità a cui voleva mettere pace che altro. « Non è un'accusa, sia chiaro. Però vorrei che mi rispondessi sinceramente. » Fece una breve pausa, interrotta solo dai versetti insensati di un Haru che gli ciucciava il colletto della felpa. « Sei gelosa di Misa? » La domanda era seria, ed era chiaro che Raiden si aspettasse una risposta da lei. Tirò infatti un sospiro, oltrepassando di qualche passo la cornice della porta per farsi più vicino al tavolo. « Perché oggi è la seconda volta che mi menzioni quella storia del quaderno. Cioè.. la prima volta non ci ho pensato troppo in realtà perché credevo che lo dicessi così per dire, ma poi oggi è tornata su dopo.. beh, dopo tutto quanto, e l'ho trovato strano. » Non che ritenesse strano in sé un sentimento del genere. Non sarebbe stata la prima volta che qualcuno leggeva il rapporto tra lui e Misa in maniera diversa da quella che Raiden intendeva, ma se in altri casi tendeva a fregarsene, in quello era diverso: non voleva che quel fattore diventasse un problema all'interno del loro matrimonio, e se pure Mia covava dentro di sé una qualche forma di dubbio o risentimento, Raiden preferiva affrontarlo subito piuttosto che lasciarlo a marinare in attesa che diventasse abbastanza grande da scoppiargli in faccia. « Perché comunque mi piacerebbe se tu e lei diventaste amiche. » Aggiunse dopo un po', sincero, ricercando lo sguardo di lei con una certa insistenza. « So che in maniera decontestualizzata la nostra amicizia può sembrare qualcosa di diverso. E so anche che la timidezza di Misa può farla sembrare a tratti.. mh.. fredda?! Però appunto.. è timidezza. Ha bisogno di un po' di tempo per aprirsi, ma quando lo fa è davvero una persona dal cuore d'oro. Ed è anche molto simpatica. Andreste veramente d'accordo. » Si avvicinò al piccolo cestino basso su cui dondolavano stelline e animaletti, lasciandovi Haru e assicurandolo bene con le cinture per far sì che non vi si ribaltasse. Tra versetti e gridolini, il piccolo venne presto distratto dalle luci e dai colori di quei giocattoli, dando modo a Raiden di farsi più vicino a Mia e concentrare le proprie attenzioni su di lei. Appoggiò una mando al tavolo, tamburellandovi le dita mentre cercava le parole migliori per esprimersi. « Misa ha davvero un gran bisogno di amici, Mia. Ha perso molto.. dopo la scuola e dopo tutto quello che è successo. Ha anche abbandonato le aspirazioni che aveva per stare vicino alla propria famiglia. » Fece una pausa, stirando le labbra in una linea retta. « Credo che si senta molto sola. » E ne risente, è evidente. Quando ho rimesso piede in Giappone dopo la fuga ho trovato una persona completamente diversa da quella che conoscevo: più spenta. Si avvicinò di un passo, facendo scorrere con delicatezza le dita lungo il braccio di Mia. « Mi farebbe piacere se uno di questi giorni - quando hai tempo.. se ti va - passaste un po' di tempo insieme. Senza di me. Per conoscervi meglio. » Risollevò lo sguardo negli occhi di lei, rivolgendole un piccolo sorriso. Così magari potrai constatare da sola che non c'è nulla di cui preoccuparsi. « Anche per parlare male di me. Sicuramente avrete entrambe materiale. » Fece una pausa, attendendo qualche istante. « Da Londra le ho portato un bel set di matite professionali. A lei piace molto disegnare. Magari potresti darglielo tu. Che ne pensi? »






     
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    « Comunque mi sfugge il problema: cioè.. per me avere una ragazza è una cosa seria, non puoi metterti insieme a chiunque. » Istintivamente Mia gli gettò uno sguardo divertito, senza tuttavia sbilanciarsi più di tanto sulla questione. Sapeva che in merito Raiden aveva idee diverse ed era stata proprio una delle questioni su cui avevano avuto più difficoltà a comprendersi. In realtà, non avevano avuto bisogno di trovare un punto di incontro in merito. Con il tempo, i due avevano trovato il modo di incastrarsi. Non senza incidenti di percorso, alla fine avevano trovato la loro strada. Forse il loro rapporto non era la cosa più convenzionale su cui ragionare rispetto a certe questioni di ordine generale, ma se avesse dovuto dare un giudizio esterno, Mia avrebbe detto senza se e ma che invece era proprio quello il modo in cui funzionava. In fondo puoi anche tastare il terreno, ma alla fine non saprai mai chi hai di fronte finché non sarà passato diverso tempo. « Cioè, non è che mi sia nuova questa cosa che molta gente ha un sacco di ex, però per te non è strano? Cioè.. oggettivamente - no? - come fai a farti piacere sul serio tutte queste persone? Anzi, no, peggio, come fai ad innamorarti di così tanta gente e in così poco tempo? » Si morse il labbro annuendo, seppur dentro di sé volesse solo un po' morire dalla vergogna. Questo Raiden non lo sapeva, ma Mia era stata proprio il tipo di persona che riusciva a innamorarsi nel giro dell'ora dell'intervallo e disinnamorarsi con la stessa rapidità. Ovviamente si trattava di infatuazioni, fisse. In fondo però, doveva ammettere che anche Raiden era stata una fissa, un'infatuazione. All'inizio c'era stato questo; un forte slancio che non riusciva a capire e che in fondo era arrivato a ciel sereno. Se avesse dovuto contestualizzarlo ora, avrebbe detto che si era davvero innamorata; in quel momento però non era così. Le piaceva, ma era più un groviglio di cose insensate ad attrarla, più che un insieme di qualità che aveva scoperto. Come sarebbe potuto essere diversamente? In fondo non lo conosceva, e la cosa più tangibile che conoscesse di lui era grazie al loro legame. C'era però una certa discrepanza tra ciò che lei riusciva a leggere tra le pieghe delle sue emozioni e ciò che il ragazzo diceva e faceva. Da una parte c'era quel substrato che l'aveva completamente rapita, dall'altra il ragazzo con cui sgattaiolava ogni qual volta ce ne fosse l'occasione senza veramente conoscere assolutamente nulla di lui. « Non lo so, sarò io che sono nato al contrario, però secondo me ci sta una differenza abbastanza chiara tra certi sentimenti, e nella mia esperienza non è poi così comune - anzi, è più eccezionale che altro - trovare qualcuno a cui vuoi dedicare il tuo tempo, le tue energie e il tuo cuore. Anche perché se non vedi una compatibilità a lungo andare.. beh, che senso ha? » Si strinse nelle spalle, Mia. Non tutto era così categorico come voleva vederlo Raiden. « Boh? Ci vuoi credere. Tutti facciamo un atto di fede quando decidiamo di buttarci. È comunque una scommessa.. non sai come ti andrà. Magari non funziona, o hai capito male.. oppure potresti aver beccato una persona che dice una cosa e poi è un'altra. Tu parti dal principio che tutti siano sinceri.. però non è affatto così. A volte la gente è semplicemente malintenzionata. » Lei la pensava così. « Ma se hai scommesso una volta male, non significa che non dovresti avere la possibilità di provare a scommettere ancora. » Ispirò affondo sollevando lo sguardo verso l'alto. « Da questo punto di vista noi siamo un po' privilegiati. Abbiamo una missione molto complicata.. però, il vantaggio è che tra noi.. certe cose forse sono più semplici. Quanto meno sappiamo.. » Lo osservò con una certa serietà ed eloquenza. « Tra noi sappiamo sempre su cosa abbiamo scommesso. » Non era una considerazione che la portava ad adagiarsi sugli allori, anzi. Ma era oggettivo il fatto che lei era stata portata a voler lottare così tanto, perché sapeva di lottare per un affetto enorme. Un amore del genere, non l'avrebbe ritrovato, e anche se lo avesse fatto, non sarebbe stato comunque Raiden. « Comunque.. non volevo ridere di questa cosa. » Esordì di colpo dopo un breve silenzio. « In realtà è una cosa molto bella. » È tenera e non poteva certo negare che le aveva fatto piacere sentirselo dire. Mia non si era mai sentita in alcun modo speciale. A dirla tutta era una persona piuttosto ordinaria; non era particolarmente brillante - non a detta di molti, almeno, e faceva molta fatica ad esprimersi. In fondo non attirava molto l'attenzione, né avrebbe mai pensato di poter attirare l'attenzione di uno come Raiden. In fondo lui è brillante; è intelligente, e bravo nel suo lavoro e riesce in qualunque cosa faccia. Nella testa di Mia non c'era una sola ragione logica per cui avrebbe dovuto scegliere lei. « Però si.. ecco.. io mi aspettavo.. credevo.. » Si stringe nelle spalle e lo osservò con un'espressione un po' persa. Si stava incartando, perché in realtà qualunque cosa Mia si aspettava era completamente ribaltata. « ..va beh.. non importa. » Gli si incollò al fianco, allungandosi per stampargli un bacio sulle labbra, mentre insieme si spostavano lungo altre strade girovagando senza meta. Non importa davvero. Non importava cosa avessero fatto prima, quante persone ci fosse state; probabilmente non importava nemmeno cosa pensavano rispetto alle relazioni in generale. Qualunque fossero le loro aspettative, erano comunque state completamente sconvolte. Però in positivo. Ed io ne sono tanto felice.
    Stava preparando le ultime cose per la cena quando Raiden e Haru fece irruzione in cucina strappandole un largo sorriso. « Niente da fare eh? » Non aveva bisogno di una conferma in merito. Poteva percepire quanto sveglio ed energico fosse Haru. Probabilmente aveva già avvertito che avesse più tempo per sé con i propri genitori, e così tentava di approfittarsene. Anche poco prima di pranzo riuscire a farlo addormentare era stato complicato. Non poteva biasimarlo. Anche Mia era felice di poter passare più tempo con lui, coccolarselo, parlarci, e avere anche semplicemente più tempo per giocarci un po', osservarlo nelle sue piccole azioni quotidiane e curarsene. Di colpo però si fermò inclinando appena la testa. « Tutto ok? » Non vedeva per quale ragione non dovesse essere così, ma dal modo in cui la guardava, aveva l'impressione che Raiden avesse qualcosa sul cuore. Forse aveva detto qualcosa che non andava prima? Tutto quel parlare di relazioni ipotetiche, relazioni e non relazioni passate e altre cose sparse, forse aveva influito sull'umore di lui. « Posso chiederti una cosa? Non è un'accusa, sia chiaro. Però vorrei che mi rispondessi sinceramente. » Se inizi così. Se Raiden sentiva il bisogno di specificarlo, evidentemente la sua domanda aveva le potenzialità di metterla sulla difensiva. Cosa che effettivamente fece. « Ok.. si.. certo. » Deglutì, tuttavia. Mia era molto brava a chiedere di poter fare le domande, ma non era altrettanto brava a mettersi nei panni opposti. Specie quando a quanto pare potrebbe suonare come un'accusa. « Sei gelosa di Misa? » Rimase leggermente spiazzata, al punto che corrugò la fronte inumidendosi le labbra con una nota di nervosismo, mentre cercava di tornare alle faccende iniziate precedentemente solo per avere qualcosa da fare. Prese quindi a portare le teglie in tavola, scuotendo appena la testa, cercando di sembrare il più possibilmente naturale. Non aveva voglia di partire in quarta prima ancora di aver sentito cosa Raiden avesse da dire. Anche se certo, passare dalle ragazze della casa del piacere a Misa è un salto davvero lungo. « Sinceramente non capisco da dove arriva questa cosa. » Tentò di tergiversare, perché in fondo voleva sapere che cosa glielo facesse dire. Certo che ci vuole a dire che sono io ad essere gelosa di Misa. Io. Di Misa. A dirla tutta non avrebbe nemmeno saputo dire cosa l'aveva portato a pensare una cosa del genere. Mia non aveva mai detto nulla di sgradevole sulla ragazza. Non si era sbilanciata. Aveva preferito lasciare le cose come stanno. Seppur le sue amiche, Ronnie in primis, avessero suonato ogni campanello di allarme possibile in merito, Mia non aveva avuto il cuore di dire o fare nulla. Che cosa avrei dovuto fare. Si sento un po', si scrivono, e basta. Io so cosa c'è tra me e lui. In fin dei conti se hanno ragione, è un problema di Misa. Ma lo era? Lo era davvero? E se anche lo fosse, era giusto? Davvero Raiden non si accorgeva di nulla? « Perché oggi è la seconda volta che mi menzioni quella storia del quaderno. Cioè.. la prima volta non ci ho pensato troppo in realtà perché credevo che lo dicessi così per dire, ma poi oggi è tornata su dopo.. beh, dopo tutto quanto, e l'ho trovato strano. » Adesso capiva il problema. A dirla tutta però, Mia non stava assolutamente pensando a Misa. L'aveva trovava una storia davvero dolce; le sue amiche ne avevano sottolineato il campanello d'allarme, ma nonostante tutto per l'ex Serpeverde era rimasta solo una storia per la quale provava l'amarezza di non averla vissuta in prima persona. Si può essere gelosi di una persona che conosceva la tua persona preferita prima che tu la conoscessi? Probabilmente no. Probabilmente era più invidia. Invidiosa lo era eccome, ma a dirla tutta anche quel sentimento era piuttosto blando. La verità è che Mia faceva di tutto pur di rendere Misa una presenza indifferente. « Era così per dire Raiden. Non ci pensare. » Lo disse in modo sbrigativo, quasi volesse chiudere il discorso prima di sbilanciarsi troppo, e il motivo stava per arrivare. Era proprio quello: Raiden voleva bene a Misa; rappresentava una parte della sua vita che non voleva perdere. Mia non voleva essere il motivo di quell'allontanamento. Lui però non ha sentito come lei ne parla.. « Perché comunque mi piacerebbe se tu e lei diventaste amiche. So che in maniera decontestualizzata la nostra amicizia può sembrare qualcosa di diverso. E so anche che la timidezza di Misa può farla sembrare a tratti.. mh.. fredda?! Però appunto.. è timidezza. Ha bisogno di un po' di tempo per aprirsi, ma quando lo fa è davvero una persona dal cuore d'oro. Ed è anche molto simpatica. Andreste veramente d'accordo. » A quel punto sapeva bene che Raiden teneva ben distinte amicizie e rapporti sentimentali. Una cosa escludeva l'altra. Perciò non glielo chiese; non ti chiederò che cosa sembra la vostra amicizia, anche se hai comunque ipotizzato che potrei essere gelosa di Misa. In un certo qual modo la questione le dava fastidio, come se Raiden avesse avvertito che Mia se ne stava alla larga e di conseguenza gli impediva di continuare la sua amicizia. Forse non si sentiva più a suo agio con lei come prima, o forse semplicemente voleva davvero che le due fossero amiche. « Misa ha davvero un gran bisogno di amici, Mia. Ha perso molto.. dopo la scuola e dopo tutto quello che è successo. Ha anche abbandonato le aspirazioni che aveva per stare vicino alla propria famiglia. Credo che si senta molto sola. Mi farebbe piacere se uno di questi giorni - quando hai tempo.. se ti va - passaste un po' di tempo insieme. Senza di me. Per conoscervi meglio. Anche per parlare male di me. Sicuramente avrete entrambe materiale. » Saresti sorpreso di quale piega prenderebbe il discorso. Non lo pensava per nessun motivo in particolare se non ciò che aveva già sentito da Misa. Quella ragazza non direbbe nulla di male sul tuo conto. Nemmeno che fai schifo a cucinare. Parla di te come se fossi il ragazzo perfetto. La cosa migliore sarebbe proprio non parlare di te. Fare finta che tu non sei il marito di una e il migliore amico dell'altra. « Da Londra le ho portato un bel set di matite professionali. A lei piace molto disegnare. Magari potresti darglielo tu. Che ne pensi? » Rispondere a quella richiesta non era facile. Da una parte le dispiaceva mentirgli, dall'altra, dirgli quello che pensava significava spezzargli il cuore. Forse penserà addirittura che sono un'egoista. Non c'era però un modo per uscirne completamente pulita a meno che non avesse deciso di rispondere con un si secco. Ronnie, amica mia vorrei tanto che tu fossi qua. Anche solo per passarmi il cuscino contro cui urlare. Di colpo sospirò, massaggiandosi appena il collo. « Sul serio? Non è un po' disonesto se le porto un regalo che non le ho fatto? » Si inumidì le labbra mentre sollevava lo sguardo nel suo con un'espressione il più possibilmente neutra. Certo che così non lo aiuto proprio. E non stava aiutando nemmeno Misa. Da una parte, Mia non aveva la certezza di nulla; poteva basarsi solo su ciò che aveva sentito e ciò che le sue amiche davano per assodato. Era un pericolo per lei? No. Di Raiden era sicura. Eppure, doveva ammettere che persino le sue sicurezze, talvolta tentennavano. E se un giorno dovessimo litigare? Se lui dovesse andare a confidarsi con lei. Se dovesse scattare una scintilla? Tutto quell'affetto non è poco. C'erano però tanti se in quell'equazione, contro una realtà che raccontava qualcosa di completamente differente. Una realtà in cui Mia e Raiden erano profondamente innamorati e in cui la povera Misa poteva potenzialmente essere un'anima in pena. Deve essere proprio una merda vederselo arrivare ogni tot con regali, affetto e premure per poi vederlo tornare dalla sua famiglia. « È un bel pensiero.. cioè è una cosa a cui hai pensato. Forse.. dovresti essere tu.. non so.. » Non riusciva però a non mettersi in quei panni. Quando Raiden le aveva confessato che sarebbe tornato in Giappone, le aveva spezzato il cuore. Non aveva avuto la forza di volontà per allontanarsene, e così avevano cominciato a ipotizzare tante cose che probabilmente in quel momento consideravano irrealizzabili. Quando in Giappone andrà meglio verrai a trovarmi? Possiamo andare a giocare a bowling insieme. E se Raiden fosse davvero venuto a trovarla? Con la nuova moglie giapponese e il piccolo neonato. Ne sarebbe rimasta completamente dilaniata. Perché io lo sapevo già che non ti avrei dimenticato. E se anche l'avessi fatto, sarebbe bastato rivederti. Come la prima volta. « Riguardo a quella storia del quaderno.. » Si sedette al tavolo ma non si servì. Aveva un po' perso l'appetito. « ..è solo una storia molto bella. Tenera. » Si strinse nelle spalle con naturalezza incrociando le braccia sul tavolo, lasciandosi rapire dall'immagine di Haru nella sua sdraietta, intento a giocare con uno dei sonaglini penzolanti a forma di stella. « Nessuno ha mai fatto una cosa del genere per me. E.. ammetto che mi avrebbe fatto piacere. » Pausa.
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    « Ma non sono gelosa. Non è questo il punto.. e onestamente mi lascia pure un po' così il fatto che pensi che sono gelosa di una cosa che è successa quando avevi quanto - quindici anni? Va bene tutto, però non ti sembra un po' troppo? » Troppo anche per me a quanto pare. Corrugò appena la fronte guardando altrove. Non voleva dare troppo peso alla domanda in sé, ma ammetteva che era un po' infastidita. Il punto è diverso ma su questa cosa non so come essere sincera con te. « ..il punto è che è una cosa molto figa. Non capisco nemmeno come tu facessi a non rimorchiare, in tutta onestà. Secondo me non è manco vero; forse eri solo molto molto tonto. Io mi sarei presa una cotta stratosferica per te per una cosa così. E non lo dico perché ora so che si tratta di te - e che.. è davvero una cosa molto figa. » In realtà sarebbe bastato molto meno. I ragazzi non erano mai particolarmente gentili, specie in adolescenza, a meno che non avessero un interesse nei confronti della ragazza di turno. E a volte, anche quando un'interesse l'avevano, sentivano il bisogno di fare i duri, perché a quanto pare tutti pensano che le ragazze vanno dietro a quelli che le trattano male. Grandissima cazzata. « Se quando avevo quattordici anni quel coglione di Billy avesse cercato un mio dardo per tutta la notte nella Riserva, probabilmente mi sarei presa una cotta assurda anche per lui. » Questo è il livello delle ragazze a quell'età. Mettiamoci poi che tu sei sempre stato così con Misa. Non so.. tendo a pensare che tutto sommato.. le mie amiche non hanno tutti i torti. Qualcuno avrebbe potuto dire che si tratta solo di ipotesi e processi alle intenzioni, che quella storia come tante altre di cui Misa parlava erano accadute tanto tempo fa. Eppure lei racconta con molto affetto il fatto che sei andata a salutarla appena uscito da Iwo Jima. Quelle poche cose che ha raccontato erano tutte.. non so. « Le ragazze vanno dietro al tipo stronzo, ma poi s'innamorano del ragazzo gentile.. vogliono rimanere con chi c'è sempre stato, con chi conoscono, con chi si sento a proprio agio. Vogliamo fiducia - e i fiori e i cioccolatini e.. » ..le matite colorate. « ..i pensieri. Vogliamo essere pensate. Perché noi ci pensiamo sempre. E quando ci ghostano ci restiamo di merda. E non ce ne capacitiamo, perché noi ci abbiamo sempre pensato. » Mia lo sapeva bene. Sin troppo bene. E a giudicare dal tipo, il marito di Misa non ci pensa proprio. Non mi capacito della ragione per cui una ragazza così bella abbia deciso di sposare uno così. « Va beh, sto divagando. » E quel non riuscire a dire le cose come stanno la snervava parecchio. Per Mia sarebbe stato molto più semplice dire esattamente ciò che le passava per la testa senza filtri. Ma come avrebbe reagito Raiden? Avrebbe capito che non voleva fare la cattiva? Onestamente sono arrabbiata anche solo perché hai portato in tavolo questo discorso. « Se vuoi che passi del tempo con Misa, lo farò.. ma detto tra noi non credo che lei venga a Tokyo per passare del tempo con me. E questa cosa mi mette solo.. un po' a disagio. » Pausa. A me non è sembrata una che avesse bisogno di amici. Mia poteva comprendere la timidezza, seppur fossero poche le situazioni in cui lo era veramente. Le sue amiche però, erano brave persone, estremamente alla mano. Non l'hanno messa a disagio, anzi. L'hanno fatta parlare, l'abbiamo portata in giro. E' stata lei a scegliere di cosa parlare e cosa dire. « Ti chiedo io una cosa però. » Mosse appena i sonaglini della sdraietta di Haru, lasciandogli qualche tenera carezza sulle cosciotte morbide. « Cosa, secondo te, sembra la vostra amicizia in maniera decontestualizzata? » Sono davvero curiosa.



     
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    Che l'umore di Mia fosse cambiato in maniera repentina in seguito alle sue parole, non ci voleva un occhio chissà quanto attento per notarlo. E Raiden sapeva che non c'era alcun altro modo in cui le cose potessero andare: per questo aveva subito messo le mani avanti. Misa poteva essere un argomento spinoso da affrontare, e Raiden questo lo capiva perché era il primo a fiutare sempre puzza di bruciato nelle amicizie troppo strette tra maschi e femmine. Lui in quelle cose non credeva, ma quando si trattava di lui e di Misa vedeva la situazione sotto un'ottica completamente differente. Io e lei siamo stati letteralmente cresciuti insieme da quando portavamo il pannolino. È difficile sviluppare sentimenti romantici quando hai vissuto in quel modo. « Sul serio? Non è un po' disonesto se le porto un regalo che non le ho fatto? È un bel pensiero.. cioè è una cosa a cui hai pensato. Forse.. dovresti essere tu.. non so.. » In realtà Raiden non ci trovava nulla di male, tanto che quelle parole lo lasciarono leggermente interdetto, portandolo a corrugare appena la fronte. « Beh no.. siamo sposati. Cioè ormai siamo un nucleo. » Era così che lui la vedeva: in virtù della solidità ormai ufficializzata del loro rapporto, certe cose le intendeva come appartenenti ad entrambi. Un regalo, ad esempio, poteva essere fatto da parte della coppia, non necessariamente da uno dei due in singolo. « Ovvio, non è stupida: lo capisce che l'ho scelto io. Però credo che se glielo dessi tu lancerebbe comunque un messaggio carino che lei apprezzerebbe molto. Cioè.. le farebbe capire che sei comunque interessata a conoscerla e che non vuoi scansarla. » Erano piccoli gesti, cose minuscole che tuttavia potevano fare una grande differenza in quanto a percezione. La cultura giapponese era pregna di certi convenevoli, e spesso si tendeva a dare un enorme significato anche al più piccolo dei gesti. In quel caso non si trattava di prendere il merito di un regalo che chiaramente era stato scelto da qualcuno che conosceva bene il suo destinatario, quanto piuttosto di comunicare una vicinanza e un tipo di considerazione che non erano per nulla scontati. Misa, poi, era una persona estremamente buona: difficilmente tendeva a pensar male delle persone prima di essere messa di fronte ad un'evidenza innegabile. Tuttavia apprezzava i piccoli gesti e ne teneva gran conto. Aveva anche apprezzato che Mia e le sue amiche le avessero mostrato Inverness, includendola nelle loro attività, ma la sua indole timida le aveva forse reso difficile dimostrarlo in maniera chiara. // « In realtà non so se gli sono rimasta simpatica. » Raiden aveva aggrottato la fronte, sorridendole incredulo mentre le versava il tè nella tazza. « Perché non dovresti, scusa? » In tutta risposta la giapponese si strinse nelle spalle, stirando le labbra in una linea mesta. « Non so.. è una sensazione. Cioè, non mi hanno trattata male - anzi! Forse mi sono solo sentita strana perché loro si conoscono tutte bene, mentre io sono un po' un pesce fuor d'acqua. » Lo sguardo della ragazza vagò altrove, fuori dalla finestra, mentre si portava alle labbra la tazza per prenderne un sorso. « Qui è tutto così diverso, Raiden. Mi sono sentita insicura: non conosco troppo bene la lingua, la cultura è tutt'altra cosa dalla nostra e.. non so, avevo paura di dire o fare qualcosa di sbagliato. Ma forse facendo così ho dato l'impressione di non apprezzare la loro cortesia. Magari sono pure passata per snob. » Agli occhi di Raiden era piuttosto ironico che proprio Misa, tra tutte, potesse dare l'impressione di essere una snob. Era probabilmente una delle persone più umili e di buon cuore che conosceva; per quanto la cultura fosse diverse, e il suo disagio fosse ben comprensibile, dubitava che le ragazze l'avessero inquadrata così negativamente. « Secondo me ti stai facendo troppi problemi. Ci sta che fossi un po' sulle spine - anche a me ci è voluto un po' per ambientarmi - ma le amiche di Mia sono delle ragazze molto aperte: devi solo essere te stessa. » Fece una pausa, inclinando poi il capo di lato. « Vabbè.. molte di loro magari non le rivedrai così spesso, però per Mia posso metterci la mano sul fuoco: apriti un po' e non te ne pentirai. Sa davvero farti sentire a casa. » // « Riguardo a quella storia del quaderno.. è solo una storia molto bella. Tenera. Nessuno ha mai fatto una cosa del genere per me. E.. ammetto che mi avrebbe fatto piacere. » Annuì, sebbene non fosse troppo convinto delle parole di Mia. Il fatto che avesse ricordato quell'episodio già un paio di volte, e che l'ultima fosse in sospetta concomitanza con un discorso sul suo passato privato gli aveva naturalmente fatto pensare che la cosa avesse per lei più significato di quanto lasciasse ad intendere. Perché in fin dei conti per Raiden quella storia non era altro che una sciocchezza: aveva aiutato la propria migliore amica esattamente come avrebbe fatto per chiunque altro a cui voleva bene, non c'era nulla di strano o di nascosto. « Ma non sono gelosa. Non è questo il punto.. e onestamente mi lascia pure un po' così il fatto che pensi che sono gelosa di una cosa che è successa quando avevi quanto - quindici anni? Va bene tutto, però non ti sembra un po' troppo? » A quelle parole si ritrovò istintivamente a roteare gli occhi e alzarli al soffitto. Dai Mia, per piacere, non fare la finta tonta prendendo tutto alla lettera. Quando vuoi capire capisci anche troppo. « Non ho mai detto che sei gelosa del fatto che io abbia cercato un quaderno a Misa mille anni fa. Però magari è un episodio che può averti fatto pensare a un tipo di rapporto diverso da quello che ci sta realmente. Proprio perché - come ho detto, appunto - è qualcosa che tu vedi fuori dal suo contesto. » Raiden era certo che il problema che molte persone sembravano avere nella percezione dell'amicizia tra lui e Misa fosse proprio quello: la decontestualizzazione. Quella gente non li aveva visti crescere giorno dopo giorno, condividere le stesse esperienze che condividono un fratello e una sorella, assistere alle situazioni più imbarazzanti l'uno dell'altro; dunque, necessariamente, non potevano capire. E ad un occhio esterno che quelle informazioni non le aveva, Raiden poteva comprendere come quel rapporto potesse apparire alla stregua del classico caso di amicizia tra un ragazzo e una ragazza che finiva per rivelarsi qualcosa di diverso. « ..il punto è che è una cosa molto figa. Non capisco nemmeno come tu facessi a non rimorchiare, in tutta onestà. Secondo me non è manco vero; forse eri solo molto molto tonto. Io mi sarei presa una cotta stratosferica per te per una cosa così. E non lo dico perché ora so che si tratta di te - e che.. è davvero una cosa molto figa. Se quando avevo quattordici anni quel coglione di Billy avesse cercato un mio dardo per tutta la notte nella Riserva, probabilmente mi sarei presa una cotta assurda anche per lui. » Non era troppo certo di quale fosse lo scopo di quel discorso o dove volesse andare a parare. Raiden aveva fatto un gesto carino, ma comunque banale: qualcosa che in un'amicizia, a parer suo, dovrebbe essere quasi scontato. Mia però sembrava dargli un significato diverso, rendendolo forse più cavalleresco di quanto in realtà non fosse. Prese il proprio posto a tavola abbastanza confuso, avvicinandosi la scodella di ramen per mischiarvi qualche goccia in più di salsa piccante e mescolare il tutto. « Non lo so, Mia. Qui non è una cosa così eccezionale, secondo me. » Che il Giappone fosse a tratti un po' spinto in quanto a gentilezza e carinerie, questo gli era stato fatto notare a più riprese, ma lui stesso aveva ammesso che spesso e volentieri si trattasse per lo più di convenevoli. In quel caso ovviamente non lo era, ma aveva comunque la presunzione di credere che in tutto il mondo la gente tendesse ad impegnarsi per aiutare le persone a cui voleva bene. « Le ragazze vanno dietro al tipo stronzo, ma poi s'innamorano del ragazzo gentile.. vogliono rimanere con chi c'è sempre stato, con chi conoscono, con chi si sento a proprio agio. Vogliamo fiducia - e i fiori e i cioccolatini e.. i pensieri. Vogliamo essere pensate. Perché noi ci pensiamo sempre. E quando ci ghostano ci restiamo di merda. E non ce ne capacitiamo, perché noi ci abbiamo sempre pensato. » Per quanto fosse d'accordo con quel discorso, Raiden rimaneva comunque confuso riguardo la sua pertinenza a ciò che le aveva chiesto. Tuttavia scelse di non commentare, forse nella speranza che il senso sarebbe prima o poi emerso da sé. Arrotolò dunque i noodles attorno alle bacchette, prendendone un generoso boccone che gli riscaldò subito lo stomaco. « Va beh, sto divagando. » Ah ok, quindi non c'entrava nulla. Benissimo. A tratti gli riusciva difficile seguire la linea dei pensieri di Mia, specialmente quando si aprivano discorsi di quel tipo, in cui l'americana tendeva a fare lunghi giri per rispondere a domande dirette e arrivare ad un punto che spesso rimaneva altrettanto confuso per lui. « Se vuoi che passi del tempo con Misa, lo farò.. ma detto tra noi non credo che lei venga a Tokyo per passare del tempo con me. E questa cosa mi mette solo.. un po' a disagio. » Sollevò lo sguardo dalla scodella agli occhi di Mia, aggrottando ancora una volta la fronte. « Beh, ma mica intendo ignorarla. È chiaro che ci passerei del tempo anche io. Però una cosa non esclude l'altra. Cioè.. io credo le farebbe molto piacere conoscerti meglio e diventare tua amica. » Più andavano avanti e più Raiden non poteva fare a meno di sentirsi confuso dalla reazione e dalle parole di Mia. Che senso aveva avuto tutta quella lunga parentesi su quanto fosse carino il suo gesto, su quanto le ragazze cercassero qualcuno che le trattasse bene? La risposta di Mia era oscillata, almeno ai suoi occhi, tra un'esagerazione e un'ovvietà, portandolo a non comprendere il nesso tra tutte le varie cose che aveva tirato in ballo. « Ti chiedo io una cosa però. Cosa, secondo te, sembra la vostra amicizia in maniera decontestualizzata? » Si strinse nelle spalle, semplice, portandosi il tovagliolo alle labbra per tamponarsele dai residui di brodo che le imperlavano. « Secondo me può dare l'impressione che ci sia stato qualcosa - o che comunque ci siano altri sentimenti di mezzo - solo perché siamo un maschio e una femmina. » Lo disse con semplicità, rispondendole senza pensarci troppo. Perché in fin dei conti, per lui era piuttosto ovvio cosa intendesse con quelle parole che le aveva rivolto. « Non sarebbe la prima volta. Antonio e Bartosz mi hanno subito chiesto se ci fossi andato a letto. E lo capisco, non sono nato ieri. Lo sai che io per primo non credo nell'amicizia - quanto meno in quella molto stretta - tra ragazze e ragazzi. Secondo me ci sta sempre un qualche interesse sotto. » Questo non glielo aveva mai nascosto; più volte nelle loro chiacchiere quotidiane erano stati menzionati conoscenti che avevano quel tipo di amicizie, e Raiden si era sempre detto scettico, profetizzando che prima o poi quei rapporti fossero destinati a diventare qualcosa di più intimo o, in alternativa, a sfaldarsi. « Però quando dico che questa impressione esiste perché presa fuori dal contesto, intendo dire che nella nostra amicizia ci stanno dei fattori indispensabili a comprendere il come e il perché questo tipo di rapporto si sia creato. » Fece una pausa, appoggiando le bacchette accanto alla ciotola per rivolgere la propria completa attenzione a Mia e a quel discorso. « Se io e Misa ci fossimo
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    conosciuti a scuola, sì, probabilmente sarebbe stato più strano ritrovarsi così legati. Ma a dirla tutta, conoscendomi, non credo che sarebbe proprio successo. Infatti è capitato perché io e lei ci conosciamo letteralmente dalla culla. Ci cambiavano i pannolini insieme, ci facevano fare il bagnetto nella stessa bacinella. Misa mi ha visto pisciarmi addosso nel bel mezzo di un parco giochi. Io l'ho vista avere una crisi isterica perché non riusciva a dormire con la luce spenta. Le cose più stupide e imbarazzanti che tu possa immaginare.. io e Misa le abbiamo viste l'uno dell'altro. »
    E a volte si divertivano a ricordarle, prendendosi bonariamente in giro su quegli atteggiamenti tra l'infantile e l'adolescenziale che nessuno avrebbe mai voluto far vedere ad un proprio potenziale partner. A tratti per me può essere pure pericoloso un vostro legame perché lei ti potrebbe letteralmente dire le peggio cose, dalle più imbarazzanti alle più scomode. Però mi fido del fatto che non mi metterebbe mai volontariamente in cattiva luce con te. Credo che, semmai, ti racconterebbe le cose belle. Come quella del quaderno. Forse voleva solo farmi fare bella figura quando te l'ha detta. « Per me lei è come.. come Eriko, ecco. » Si strinse nelle spalle, sorridendo tiepido in un misto tra il bonario e il mesto. « Però so che quando lo dico la gente non ci crede. E immagino sia normale.. anche io penserei lo stesso. Per questo dico che il contesto è importante. Tu non hai visto la nostra amicizia dal giorno zero, quindi non troverei assurdo o degno di accusa se fossi gelosa. » Non te l'ho chiesto per puntarti il dito contro o perché mi sentissi in qualche modo nella posizione di dovermi mettere sulla difensiva. Te l'ho chiesto perché voglio parlarne apertamente con te prima che diventi un problema e perché voglio fare il possibile per evitare che lo diventi in primis. « Per questo volevo che passaste del tempo insieme: perché così magari potrai vederlo da sola, senza bisogno che io ti chieda di credere alle mie parole sulla fiducia. » Anche perché so che non funziona così. Tu puoi pure decidere di credermi perché sono io a dirtelo, ma se non ti senti alla stessa maniera c'è ben poco da fare. A quel punto riprese le bacchette tra le dita, arrotolandovi altri noodles insieme a un pezzo di manzo che si cacciò in bocca. Dopo aver accuratamente masticato, si strinse ancora una volta nelle spalle. « Però è chiaro che se deve essere un sacrificio o una cosa che fai solo per forza, sentendoti pure a disagio, allora non fa nulla.. non avrebbe nemmeno senso. »






     
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    « Secondo me può dare l'impressione che ci sia stato qualcosa - o che comunque ci siano altri sentimenti di mezzo - solo perché siamo un maschio e una femmina. Non sarebbe la prima volta. Antonio e Bartosz mi hanno subito chiesto se ci fossi andato a letto. E lo capisco, non sono nato ieri. Lo sai che io per primo non credo nell'amicizia - quanto meno in quella molto stretta - tra ragazze e ragazzi. Secondo me ci sta sempre un qualche interesse sotto. » In verità Mia non ci aveva pensato; le sue amiche avevano un'idea diversa in merito. Secondo loro o qualcosa c'era effettivamente stato tra loro, oppure lei provava sicuramente qualcosa per lui. L'ex Serpeverde dal canto suo non si era più di tanto sbilanciata in merito; un po' perché in ogni caso sarebbe stato difficile dimostrare che Misa provasse qualcosa se fino a quel momento la questione non era mai uscita fuori, e un po' perché se tra i due ci fosse stato qualcosa, probabilmente Raiden gliel'avrebbe detto. Me l'avrebbe detto no? Ci avrebbe messo la mano sul fuoco in merito, specialmente fino a poco fa; certo che però a giudicare dal fatto che non ha voluto dirmi niente sulle ragazze che abbiamo incontrato oggi pomeriggio, forse lui di queste cose non vuole proprio parlare. Non era rilevante. Raiden aveva già chiarito come la vedeva sulle relazioni, e se anche tra lui e Misa c'era stato qualcosa, da parte sua probabilmente non era di natura sentimentale. « Però quando dico che questa impressione esiste perché presa fuori dal contesto, intendo dire che nella nostra amicizia ci stanno dei fattori indispensabili a comprendere il come e il perché questo tipo di rapporto si sia creato. Se io e Misa ci fossimo conosciuti a scuola, sì, probabilmente sarebbe stato più strano ritrovarsi così legati. Ma a dirla tutta, conoscendomi, non credo che sarebbe proprio successo. Infatti è capitato perché io e lei ci conosciamo letteralmente dalla culla. Ci cambiavano i pannolini insieme, ci facevano fare il bagnetto nella stessa bacinella. Misa mi ha visto pisciarmi addosso nel bel mezzo di un parco giochi. Io l'ho vista avere una crisi isterica perché non riusciva a dormire con la luce spenta. Le cose più stupide e imbarazzanti che tu possa immaginare.. io e Misa le abbiamo viste l'uno dell'altro. » Mia non era del tutto convinta di ciò, non solo perché Raiden si ostinava a vedere quella situazione soltanto dal suo punto di vista, ma anche e soprattutto perché era evidente applicasse un determinato metro di paragone a tutte le situazioni tranne alla propria. Nessuno aveva la certezza di cosa Misa provasse, né era necessariamente rilevante. Eppure, il giovane Yagami non aveva tutti i torti: Misa era comunque una persona, e se tutti avevano ragione ad eccezione del suo migliore amico, allora quella situazione era tutto fuorché salutare e giusta per lei. Da un certo punto di vista, se così fosse, Mia provava un po' di dispiacere nei suoi confronti. Da un altro, tuttavia, quella situazione la faceva solo infuriare. Chissà cosa penserà. Chissà cosa spera. Forse sta solo attendendo l'occasione giusta. Certo.. prima non era possibile. Raiden era nell'esercito, poi è scappato. E ora? Cosa le impedisce di sperare, attendendo nell'ombra il suo momento migliore? Era consapevole del fatto che le cose si facessero in due, e Mia, alle parole di Raiden credeva veramente, non solo perché erano sincere nel momento, ma perché sapeva che non avrebbe tentennato. « Per me lei è come.. come Eriko, ecco. » Sollevò un sopracciglio osservandolo con un'espressione divertita nell'intento di sdrammatizzare almeno un po'. « No. Non lo è. Dovrebbe dirti che fai schifo almeno due volte al giorno. » Eriko è un'altra cosa. La questione era chiaramente dettata anche dal carattere davvero difficile della minore degli Yagami. « Però so che quando lo dico la gente non ci crede. E immagino sia normale.. anche io penserei lo stesso. Per questo dico che il contesto è importante. Tu non hai visto la nostra amicizia dal giorno zero, quindi non troverei assurdo o degno di accusa se fossi gelosa. Per questo volevo che passaste del tempo insieme: perché così magari potrai vederlo da sola, senza bisogno che io ti chieda di credere alle mie parole sulla fiducia. Però è chiaro che se deve essere un sacrificio o una cosa che fai solo per forza, sentendoti pure a disagio, allora non fa nulla.. non avrebbe nemmeno senso. » Per qualche istante rimase a guardarlo cercando di ponderare le proprie parole mentre finiva il boccone che aveva appena preso. Non era semplice spiegargli per quale ragione quella faccenda non la convincesse del tutto. Non era assolutamente necessario che Misa dovesse provare qualcosa per Raiden, né Mia tentava a tutti i costi di convincersi di ciò. Una parte di sé però cercava di mettere in fila tutto ciò che sapeva. Un bel ragazzo - bellissimo a dirla tutta - che conosci da una vita, con cui ti senti a tuo agio, che ti ha sempre trattata bene, con premura e rispetto. Che ha sempre avuto un occhio di riguardo nei tuoi confronti; che pondera un regalo prima di farlo, che ti ascolta e intercede per te anche nelle situazioni più disparate. Cosa mancava davvero a Raiden affinché fosse l'uomo ideale per una ragazza come Misa? Cioè, non è che tutte debbano amare Raiden, eh! Ci mancherebbe. Non lo auspico neanche. Però lei lo conosceva.. forse meglio di chiunque altri. Con lei avrà parlato; gli avrà confessato tante di quelle cose. Momenti.. Non stentava a credere che una volta stabilita una cosa, per Raiden era difficile convincersi del contrario e non stentava nemmeno a credere che per lui tutti quei momenti dell'infanzia era un deterrente affinché immaginasse una relazione amorosa con lei. Nemmeno a me piacerebbe far sapere certi incidenti della mia infanzia all'uomo che amo, a meno che non ci scherziamo sopra. In ogni caso non capiva. Non riusciva a trovare una sola ragione per cui la persona con cui aveva condiviso più cose nella vita non dovesse essere giusto. « L'ho pensato. » Ammise di colpo stringendosi nelle spalle. « L'abbiamo pensato tutti.. » Non era una cosa che si sentiva di nascondere. « Però in tutta onestà ho la presunzione di pensare che se ci fosse stato qualcosa tra te e la tua migliore amica me lo avresti detto prima di invitarla a casa nostra. Sai.. anche solo perché non potevi avere la certezza che in un modo o nell'altro questa cosa sarebbe potuta venire fuori. » E sarebbe stato un casino. Mia l'avrebbe percepita come una grossa delusione. In fondo, Misa non era una persona qualunque. Era quella che Raiden definiva la sua migliore amica. « E al di là di tutto, sarebbe stata la cosa corretta da fare. Me lo avresti chiesto.. se ero d'accordo. » Non mi avresti mai esposta a questo tipo di potenziale disagio. Questo è quanto Mia immaginava avesse fatto Raiden. « Sei sempre stato sincero con me e.. capisco che quelle ragazze due, tre, cinque, venti - quello che è - non significavano nulla e quindi non c'era nulla da dire né prima, né ora.. » In fondo si trattava di fare un rapporto su meri momenti nel passato. Nessun attaccamento emotivo. A che pro? Non poteva dire che l'avesse messa in una situazione propriamente piacevole, ma da un parte capiva quale fosse il ragionamento. « ..però qualcosa con una persona che significa tanto per te.. beh. Mi sarei aspettata.. si.. sai.. » Questa era la prima ragione per cui in fondo aveva dato per poco peso a tutte le farneticazioni di Delilah e alle tante ipotesi delle altre. Qualunque cosa ci fosse potenzialmente di mezzo, Raiden non c'entrava e Mia, di Raiden voleva fidarsi. Probabilmente, intimamente qualcuna delle ragazze trovava quella decisione stupida o insensata. In fondo, lo avevano detto spesso: gli uomini non fanno altro che mentire. La giovane Yagami conosceva tuttavia il marito in maniera più profonda delle sue amiche; lui non aveva fatto altro che darle prove su prove non solo del suo amore e del suo coinvolgimento, ma anche della sua trasparenza. « Se c'era qualcosa che dovessi sapere da parte tua, l'avrei saputa. » Almeno spero. « Se tu sei certo in tutta onestà che dall'altra parte è la stessa cosa, sarò più che contenta di passare del tempo con Misa. » Pausa. « Le chiederò di fare qualcosa insieme. E le darò le matite. » Farò un tentativo. Per te. Ma non puoi chiedermi di fidarmi di lei, perché io non fido. Chiudersi completamente alla possibilità però l'avrebbe fatta sembrare dispettosa senza un motivo valido. In fondo Misa era molto gentile, e seppur non sapesse esattamente cosa potessero fare insieme, essendo due caratteri abbastanza differenti, era pronta a provarci. Non so perché, però, sarà un vero e proprio impegnarsi e sforzarsi da parte di entrambe. Finito di mangiare, liberò Haru dalla sua sdraietta con un sorriso a trentadue denti. « Andiamo a fare la nanna piccolo coniglio? Si? Salutiamo papà.. buonanotte papà! » Il bimbo scoppiò a ridere, portando Mia a ridere a sua volta mentre lo girava verso Raiden per dargli un bacio, prima di salire al piano di sopra a passare un po' di tempo con lui finché non sarebbe crollato. Non era ancora affatto convinta della questione, ma in fondo, non era convinta neanche del contrario. Una parte di sé non riusciva ad accettare che una ragazza innamorata di Raiden gli fosse così vicina; dall'altra parte, era una scelta di Misa se fosse stato così. Tentò di non pensarci per il resto della serata, cambiando argomento. Si erano distratti in fretta, e anche quella tensione era stata in un certo qual modo scongiurata. Seppur sapesse che quella storia non finiva lì, preferiva non pensarci almeno per un po', finché non sarebbe diventato inevitabile.

    Il giorno seguente Haru, affamato come un lupo, aveva deciso di svegliarli molto presto e così la giornata era iniziata prima del previsto. Consapevole di non poter permettersi più di tanto di portare il piccolo in giro finché le questioni di sicurezza non sarebbero state quanto meno in parte sistemate, Mia aveva passato un po' di tempo con lui in giardino, lasciando a Raiden il tempo di occuparsi delle questioni burocratiche riguardanti le richieste per l'archivio del palazzo del governo. A metà mattinata, quando il piccolo si era addormentato, una lettera e un biglietto erano giunti da parte di Kyoko assieme a una scatolina in cui in cui la ragazza aveva riposto una vecchio paio di occhiali che fungevano da passaporta per il quartiere warlock, dove si sarebbe ricongiunta a Raiden non molto tempo dopo. Mia aveva chiesto a Logan, che aveva acconsentito a rimanere a casa loro fino al loro rientro con il resto della ciurma, di reindirizzare tutta la posta a casa di Kyoko nel quartiere warlock di Tokyo. Il contenuto della busta altro non era il risultato delle analisi del sangue fatte dopo essere stata ferita. A quel punto non fu certo una novità scoprire che la lama era intinta di un veleno a rilascio prolungato, che se non curato adeguatamente poteva risultare fatale. La ferita tuttavia era dovuta anche a un tipo di magia nera non facile da identificare. Il commento sul retro dei risultati, apposto da un guaritore che a Inverness veniva riconosciuto come uno dei migliori, era inequivocabile: qualunque sta fabbricando armi anti-lycan. Si era presentata quindi al quartiere lycan con l'animo pesante e con la consapevolezza che avevano per le mani una questione più elaborata di quanto pensassero. Non solo non era un attacco casuale, ma qualcuno in Giappone voleva forse completare l'opera già cominciata. Anche altro si era sentito di gruppi che si dichiaravano apertamente contro la libertà non vigilata e addirittura l'esistenza dei lycan. Una razza nuova per i maghi, o comunque, non più presente da secoli, che si ripresentava di colpo e iniziava a rivendicare territori, non doveva essere semplice da digerire per chi di quella società non ne faceva parte. Forse abbiamo compiuto un passo più lungo della gamba. Non poteva non pensarci, specialmente nel rendersi conto che, l'unico posto, al di fuori di casa propria, dove poteva permettersi di non guardarsi le spalle, era il quartiere warlock, dove Kyoko l'attendeva a braccia conserte con un'espressione un po' scocciata. « Sei in ritardo. » Guardò velocemente l'orologio annuendo. « Si, scusa.. mi sono persa un po' ad aggiornare gli altri su un po' di cose.. » Aveva messo al corrente della questione la sua gente a New Orleans, lasciando il compito di spargere la voce nella Highlands circa quanto appreso a Tokyo a Logan ed Eriko. « Quei tizi sono in possesso di armi anti-lycan. » Le passò quindi il rapporto del Sanatorium, lasciandole il tempo di analizzarlo, mentre insieme si dirigevano verso l'appartamento della ragazza. « Chiederò a mio fratello e alla sua squadra di mettersi in contatto con gli warlock presenti nelle Highlands. Forse insieme ai guaritori riusciranno a individuare precisamente il tipo di elementi, incantesimi e veleni utilizzati per queste armi.. » La mora annuì rivolgendole uno sguardo colmo di ringraziamento. « Raiden? » « Dovrebbero aver quasi finito. Hanno già disposto il mandato. » Bene. « Comunque mentre ti aspettavo è giunto un altro pacco per te. Lo trovi in sala. Vuoi del té mentre aspetti? » « Perché no. » E così, Kyoko si diresse verso la cucina, indicando a Mia il piccolo salottino di cui disponeva. Era una casa davvero eccentrica, quella della ragazza. Piena zeppa di velluto, arredi davvero insoliti, colori e fantasie sgargianti, che spesso stonavano anche tra loro. Ovunque, c'erano pile di libri dall'aspetto antico e costoso, segno che la ragazza, per quanto apparentemente superficiale e sopra le righe, era in realtà una gran studiosa. Ecco, forse dovrei smettere di giudicare i libri dalla copertina. Un appunto mentale che prese anche sulla scia di quanto discusso la sera prima con Raiden. Forse in realtà lei e Misa sarebbero davvero andate d'accordo. Forse la giapponese era davvero solo timida. Magari avevano davvero tante cose in comune e forse, lei per Raiden provava solo un immenso affetto. Decise che le avrebbe scritto una bella cartolina quello stesso giorno, invitandola a fare qualcosa insieme in settimana. In tanto però, la bella scatola di velluto porpora, con un imponente fiocco nero, si impose alla sua attenzione a discapito di quei pensieri. Un biglietto, a sua volta rivestito di velluto, giaceva appunto al fiocco. Pur non essendo firmato e scritto in una calligrafia tipica degli inviti ufficiali, Mia non ebbe dubbi su chi glielo avesse mandanto: Miss Wallace, allo scocco della mezzanotte del nuovo anno riservarmi un ballo sotto il vischio. Sciolto il fiocco Mia rimase sorpresa nel poter constatare che all'interno della scatola vi era posato un vestito completamente nero, tempestato da centinaia di pietre preziose. Non proprio il suo genere, non a caso corrugò appena la fronte un po' divertita. Vuole davvero che metta dieci chili di roba? L'occasione non la stupì, a giudicare dalla maschera che arrivava assieme al vestito. Erano stati invitati al ballo di Capodanno di Tokyo, molto prima che i due decidessero di trasferirsi. Raiden le aveva spiegato che fosse pura cortesia, e che ovviamente nessuno si aspettava che presenziassero, vivendo in un altro continente. Immagino però che a questo punto lo stiamo facendo. Non era però sicura della veste. Certo, l'avrebbe provata se gli faceva piacere, ma non era certa che era adatta a lei. Dopo un po', Kyoko la raggiunse in salotto, mostrandosi ovviamente entusiasta dell'acquisto di Raiden, ammettendo che anche lei avrebbe dovuto pensare alla stessa stilista per la scelta del suo vestito. « ..ah, ora ti faccio vedere il mio! » Fortunatamente però non ci fu più il tempo, perché il ritorno del fratello decretò la fine di quell'incontro. « Va beh raggiungo Raiden. Me lo puoi spedire a casa? » Detto fatto. Un portale fece scivolare nel nulla il pacchetto sotto gli occhi stupiti di Mia. Così, fu finalmente il momento di raggiungere Raiden nella piazza principale del quartiere di fronte alla fontana, dove si erano dati appuntamento già da quella stessa mattina. Le arrivò furtiva alle spalle per poi saltargli sulla schiena coprendogli gli occhi. « Indovina chi! » Scoppiò a ridere stampandogli un bacio sulla guancia, prima di mordergli leggermente il collo. Era evidente che al di là di tutto il regalo le aveva fatto piacere. L'idea di andare a una festa insieme a lui, per quanto pomposa e fuori luogo, la intrigava sempre. Almeno avremo una scusa per andarcene prima.
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    « Allora? Hanno accettato la richiesta di mandato? » Immaginava di sì. A quel punto il governo avrebbe accettato anche la richiesta di un palazzo costruito con i soldi dello stato da parte di Raiden. Ok forse esagero, ma di certo non direbbero di no. « Quando è prevista la ricerca? » Gli diede modo di raccontarle tutte le ultime novità sedendosi su una panchina, osservando sempre con una certa curiosità le strambe figure di alcuni warlock. Nessun accenno al regalo. Così, dopo un po' fu lei a introdurre il discorso. Assottigliò lo sguardo con un'espressione divertita, osservandolo attentamente. « Comunque! Tu sei proprio pessimo! Quando volevi dirmi che andiamo al ballo? » Immaginava non l'avesse consultata perché volesse fosse una sorpresa e di certo non se ne lamentava. « Ma soprattutto: Miss Wallace? Serio? » Tutto quel giro di mistero però, stava solo diventando buffo. « Kyoko mi ha fatto avere il tuo regalo. Certo non mi hai detto che questa roba è così regale. » Tentò di soffocare una risata mentre gli assestava una gomitata. « E soprattutto non sapevo avessi questo desiderio di vedermi con dieci chili in più addosso. Bastava dirlo. » Alzò gli occhi al cielo scuotendo la testa. « Dai, non voglio minimizzare. È molto.. regale.. sì. Però.. Raiden, Kyoko mi ha detto che costa un'occhio della testa. Io capisco che non abbiamo nulla di cui preoccuparci, però non è forse un po' esagerato? Non voglio leggere il giorno dopo che boh sono una gold digger o boh sfarzi e lusso a casa Yagami. » Insomma, non esageriamo. « E poi boh, considerando che ci annoiamo minimo dopo mezz'ora, forse non ne vale neanche la pena. »


     
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    « L'ho pensato. L'abbiamo pensato tutti.. » Stirò le labbra in una linea retta, annuendo piano. Sapeva che fosse così, c'era poco da girarci intorno. Quando Misa era venuta a trovarlo in Inghilterra, più o meno chiunque conoscesse Raiden gli aveva fatto la medesima domanda o insinuazione. Lo capiva, quanto meno ad un livello distaccato. E di fronte agli sguardi scettici che seguivano alle sue riposte e spiegazioni, il giovane Yagami scrollava semplicemente le spalle; in fin dei conti non doveva convincere nessuno, ed era certo che le sue parole non li avrebbero fatti cambiare idea. Cosa gli interessava se la gente non ci credeva? Nulla, sostanzialmente nulla. Ma con Mia era diverso, per ovvie ragioni. Se da una parte non voleva che le due fossero in cattivi termini tra di loro, dall'altra non voleva nemmeno che sua moglie si sentisse in qualche modo minacciata da qualcosa che non esisteva. Tutti i suoi sforzi, dunque, servivano in primo luogo a prevenire che si arrivasse ad un simile punto, quando sarebbe stato ormai troppo tardi per mettere delle pezze. « Però in tutta onestà ho la presunzione di pensare che se ci fosse stato qualcosa tra te e la tua migliore amica me lo avresti detto prima di invitarla a casa nostra. Sai.. anche solo perché non potevi avere la certezza che in un modo o nell'altro questa cosa sarebbe potuta venire fuori. E al di là di tutto, sarebbe stata la cosa corretta da fare. Me lo avresti chiesto.. se ero d'accordo. » Sollevò lo sguardo in quello di lei, serio. Era chiaro che non le avrebbe mai nascosto una cosa del genere. Ma poi non si pone proprio il problema, perché pure se fosse successo qualcosa, non saremmo mai rimasti migliori amici. Per come la vedo io, una cosa esclude l'altra. L'amicizia e l'attrazione non possono coesistere e chi dice il contrario si sta solo ingannando. « Sei sempre stato sincero con me e.. capisco che quelle ragazze due, tre, cinque, venti - quello che è - non significavano nulla e quindi non c'era nulla da dire né prima, né ora.. però qualcosa con una persona che significa tanto per te.. beh. Mi sarei aspettata.. si.. sai.. » Annuì ancora, questa volta come a lasciarle intendere che capiva ciò che intendesse dire. Erano semplicemente situazioni diverse. Se Raiden non le doveva un resoconto dettagliato di tutte le donne con cui era andato a letto, le doveva tuttavia il rispetto di farle quanto meno sapere che la persona che invitava in casa loro era una presunta amica con cui aveva condiviso un po' troppo. Su questo non poteva essere più d'accordo, e a parti inverse ne sarebbe stato profondamente offeso qualora si fosse verificato un simile scenario. « Se c'era qualcosa che dovessi sapere da parte tua, l'avrei saputa. » « Sì, l'avresti saputa. » Sentenziò serio e sicuro, senza tuttavia proferire quelle parole con tono duro. « E su questo davvero, Mia, ho bisogno che tu ti fidi di me. » Anche perché banalmente non avresti altri modi per verificarlo. Piantò lo sguardo negli occhi di lei, come a volersi accertare che le successive parole passassero forti e chiare. « Tra me e Misa non è mai successo nulla: non rapporti intimi, non un bacio a stampo e nemmeno una carezza fuori posto. Nulla. » Voleva che almeno quello fosse un fattore assodato e indiscutibile. Si sentiva persino in imbarazzo a parlarne, perché il solo pronunciare quelle parole creava comunque delle immagini che per Raiden erano sempre state fuori discussione - come se la sua mente le bandisse in maniera automatica. Il giovane Yagami aveva sempre considerato la propria migliore amica off limits, e non con un senso di latente rimorso, ma come un dato di fatto naturale e incancellabile. Nemmeno in adolescenza era mai riuscito a pensare a Misa in quei termini, e il solo parlarne lo faceva sentire strano, come se dovesse giustificare il rapporto con la propria stessa sorella di fronte a un'implicita accusa di incesto. « Se tu sei certo in tutta onestà che dall'altra parte è la stessa cosa, sarò più che contenta di passare del tempo con Misa. Le chiederò di fare qualcosa insieme. E le darò le matite. » Sorrise tenue, annuendo appena. « Sono sicuro che quando avrei modo di passare più tempo con lei capirai meglio la situazione e ti sentirai molto più a tuo agio. » Era questo, d'altronde, il punto focale della sua richiesta: dimostrarle con i fatti che quella situazione non costituisse un pericolo né da un lato né da un altro. In fin dei conti l'hai vista poco, non ci hai parlato molto, e la sua visita ha anche avuto delle circostanze poco felici. È naturale che tu la pensi così. Però se le dai una possibilità vedrai che la tua prospettiva cambierà totalmente.

    Il giorno seguente Raiden si era svegliato presto come al proprio solito per seguire i classici rituali e presentarsi poi agli uffici del palazzo del governo all'orario di apertura. Era stato accolto piuttosto velocemente e con tutti gli onori del caso, ricevendo quasi immediatamente una risposta affermativa alla propria richiesta di visionare i fascicoli relativi alla specifica divisione che lo interessava. In men che non si dica era stato scortato in una saletta degli archivi - debitamente supervisionata da due guardie - e gli erano state consegnate due grosse scatole piene di cartelline in ordine alfabetico. Ovviamente aveva dato per scontato che non avrebbe trovato alcuna menzione del tatuaggio che cercava. Anche perché l'esercito l'avrebbe scuoiato vivo se fosse stato così stupido da tatuarsi letteralmente il simbolo dei servizi segreti e per giunta in un posto visibile come il collo. Sicuramente avrà fatto quel tatuaggio in seguito. Anche perché, ai tempi, per chiunque facesse parte di quell'organo specifico era proibito tatuarsi. Sapeva dunque di non poter uscire di lì con un singolo nome, ma le informazioni che aveva potevano quanto meno restringere il campo. Così, dopo diverse ore passate a consultare attentamente le cartelle, riuscì ad individuarne circa una decina che corrispondevano alla descrizione dell'uomo e che potevano coincidere con l'età, il grado, le competenze e il background. Ce ne stavano diversi che, almeno secondo i fascicoli, avevano intrapreso un percorso di durata varia in seguito alla chiusura delle Logge. Se il nostro sospettato è sicuramente tra di essi, non escludo comunque che gli altri possano essere altrettanto coinvolti nella situazione. Completato il lavoro, si apprestò dunque a chiedere alle guardie una copia dei fascicoli di suo interesse, restituendo tutti gli altri e firmando tutti i documenti legali del caso. Il suo piano era di procedere nel pomeriggio ad un meeting con il resto della squadra per la profilazione degli individui identificati, procedendo poi con lo sviluppo di un piano per rintracciarli. Voleva tenerli d'occhio a distanza per un paio di giorni: osservarli per vedere se fossero in contatto tra loro, se avessero un qualche pattern, se i loro movimenti potessero aprire altre piste o meno. Ma per il momento la cosa principale era mostrare le loro foto a Mia e vedere se fosse capace di riconoscere il proprio aggressore.
    Raggiunto dunque il quartiere warlock, il giovane Yagami tirò dritto verso il punto di incontro che si erano dati con Mia, prendendosi il tempo di controllare le notifiche perse sul telefono nell'attesa del suo arrivo. L'americana non si fece attendere a lungo, e quando un paio di mani gli offuscarono la vista, il moro si sciolse subito in un sorriso. « Indovina chi! » « Mh.. Jenna? No. Denise! No no, scusa, Franziska. » la prese in giro bonariamente, sciogliendosi poi in una risata prima di voltarsi e stamparle un bacio a tradimento sulle labbra quando lei fece per puntare alla guancia. « Allora? Hanno accettato la richiesta di mandato? » Sollevò appena alla sua vista la ventiquattrore in cui teneva le copie dei fascicoli. « Più veloci della luce. Ho trovato una decina di file che potrebbero corrispondere al profilo o che potrebbero essere comunque collegati. Direi che è un buon punto di inizio. Chiaramente dovrai guardare le foto.. sai, nel caso riuscissi ad identificarne uno direttamente. » « Quando è prevista la ricerca? » Sospirò. « Nel pomeriggio indirò un meeting. Quindi immagino che ci mobiliteremo sul campo da domani mattina. Se facciamo in tempo magari posso far muovere qualche squadra anche in serata. » Sarebbe stata la cosa migliore: gente del genere operava molto di notte, specialmente quando si trattava di radunarsi. Anche solo un bar in comune tra due o più persone potrebbe essere una pista decisiva. « Comunque! Tu sei proprio pessimo! Quando volevi dirmi che andiamo al ballo? » Aggrottò la fronte, inclinando leggermente il capo di lato in un'espressione tra il confuso e il divertito. Raiden e Mia erano stati invitati al capodanno di Tokyo già da mesi, ma Raiden non aveva mai manifestato alcuna intenzione di andarci. Se prima ciò era dovuto principalmente al fatto che preferisse rimanere nelle zone di casa, adesso quell'alibi non sussisteva, ma l'intenzione del giovane non sembrava essere cambiata. Cioè onestamente preferirei fare capodanno a casa dei nonni. A loro farebbe anche molto piacere. Magari vengono pure Eriko e mamma, chissà. « Ma soprattutto: Miss Wallace? Serio? Kyoko mi ha fatto avere il tuo regalo. Certo non mi hai detto che questa roba è così regale. E soprattutto non sapevo avessi questo desiderio di vedermi con dieci chili in più addosso. Bastava dirlo. » Se possibile, quelle parole lo confusero ancora di più. Mia sembrava su di giri, ma Raiden non riusciva davvero a comprenderne il motivo. « Mh.. mi sono perso qualcosa? » Un inside joke di cui mi sono dimenticato o di cui non sono a conoscenza? « Dai, non voglio minimizzare. È molto.. regale.. sì. Però.. Raiden, Kyoko mi ha detto che costa un'occhio della testa. Io capisco che non abbiamo nulla di cui preoccuparci, però non è forse un po' esagerato? Non voglio leggere il giorno dopo che boh sono una gold digger o boh sfarzi e lusso a casa Yagami. E poi boh, considerando che ci annoiamo minimo dopo mezz'ora, forse non ne vale neanche la pena. » Rimase in silenzio per qualche istante, cercando di ricapitolare mentalmente le proprie mosse alla ricerca di qualcosa che potesse essergli passato di mente. Tuttavia, quando la sua memoria si scontrò contro un muro, la perplessità tornò a far padrona sul suo volto. « Amore.. per quanto mi piaccia farti regali costosi, non credo che sia opera mia, sai? Cioè.. io non ho fatto nulla, e in tutta onestà l'idea del ballo non mi ha nemmeno sfiorato. Io pensavo di andare dai nonni, pensa. » Disse quelle parole con tono dispiaciuto, consapevole del fatto che probabilmente avrebbero cambiato l'umore esaltato della ragazza. Tuttavia non poteva prendersi le responsabilità di qualcosa con cui era chiaro che non avesse nulla a che fare e di cui sapeva pochissimo. Tuttavia, dopo quella confessione, furono altre considerazioni a farsi strada in lui: prima la curiosità, poi il dubbio e infine il sospetto. L'espressione del giapponese si fece velocemente più accigliata. « Scusa ma posso vedere questa roba? No, per sapere. » Perché a quanto pare ci sta gente che regala vestiti costosi a mia moglie e vorrei quanto meno sapere di che si tratta. Si lasciò dunque accompagnare dalla mora nella stanza in cui aveva lasciato il grosso pacco, che già dall'esterno aveva un'aria molto pretenziosa. Da ciò che sapeva, nemmeno per gli ospiti più illustri veniva riservato un simile trattamento, quindi dubitava che fossero stati gli organizzatori stessi a recapitarglielo. Aprì il coperchio, osservando il vestito e la maschera con aria contrita prima di passare al biglietto. Miss Wallace, allo scocco della mezzanotte del nuovo anno riservarmi un ballo sotto il vischio. Dire che fosse livido era dire poco. In quel momento, l'idea che potesse trattarsi di una trappola non sembrò colpirlo immediatamente. La sua prima reazione fu di natura emotiva: un bruciore all'altezza dello sterno che aveva tutte le sembianze della gelosia. Era evidente che Mia non potesse aver conosciuto qualcuno in quel periodo così breve di tempo, dunque non avrebbe nemmeno saputo di chi essere geloso, perché, o con chi prendersela. Avrebbe avuto bisogno di prendersela con qualcuno - avrebbe voluto farlo - ma in mancanza di un individuo specifico contro cui puntare il dito, provava solo un profondo nervosismo. Non gli piaceva l'idea che qualcuno avesse mandate un simile regalo a sua moglie: lo trovava irrispettoso, a maggior ragione perché nel biglietto era stata chiamata Miss Wallace. Cioè proprio ha voluto palesemente ignorare il fatto che sia sposata. « Io una cosa così
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    pacchiana non l'avrei scelta. »
    disse burbero, rigettando il bigliettino nella scatola e chiudendola con un movimento brusco. A quel punto si allontanò dall'oggetto del proprio nervosismo, facendo qualche passo indietro per appoggiarsi con la schiena allo stipite della porta e incrociare le braccia al petto. « Beh, se già non ci volevo andare prima, adesso a maggior ragione. » Rimase in silenzio a rimuginarci per qualche istante, con le sopracciglia aggrottate e il viso scuro. Poi, di colpo, sollevò lo sguardo sul viso di Mia. « Ma ti rendi conto? È una mancanza di rispetto incredibile. Non solo questo qui ha la faccia di mandare un simile regalo a una donna sposata e di chiederle un ballo sotto il vischio, ma ha persino l'ardire di chiamarti Miss Wallace. Miss. Wallace. Miss Wallace. Ma chi cazzo è questo? » Non pretendeva che Mia rispondesse a quell'ultima domanda. A giudicare dalla sua convinzione che fosse stato lui a recapitarle quel regalo, anche lei non doveva avere la più pallida idea di chi fosse stato a mandarglielo. Si avvicinò con passi veloci alla ventiquattrore che aveva lasciato su una sedia, scansando bruscamente il pacco per sostituirlo con la valigetta, che aprì con uno scatto per tirarne fuori il contenuto. « Io vado un attimo in bagno, tu nel frattempo guarda queste foto e dimmi se riconosci qualcuno. Meglio se non ci penso, vah. » Detto ciò tirò dritto fuori dalla stanza, imboccando il corridoio che portava verso il bagno, in cui si chiuse per rinfrescarsi un po' il viso e tentare di calmarsi. Non voleva che il suo fastidio si riflettesse troppo su Mia, e sapeva che in assenza di un colpevole con cui prendersela avrebbe potuto dare quell'impressione; in realtà era solo arrabbiato, innervosito e piccato dalla grossa mancanza di rispetto che gli era appena stata schiaffata in faccia. Aveva dunque bisogno di qualche minuto per sbollire e rimettere la cosa in prospettiva, così da non rigettare tutte quelle emozioni su Mia che non aveva alcuna colpa. L'acqua fredda sul viso sembrò placare almeno un po' quel senso di bollore che gli affiorava alle guance, e qualche respiro sembrò sufficiente a placare almeno un po' il bruciore alla bocca dello stomaco, dandogli modo di riprendere lucidità sulla situazione. Le domande non si placarono, ma a quel punto sembrarono prendere vie diverse. Mia non conosceva nessuno da quelle parti e per quanto gli uomini giapponesi sapessero essere inopportuni con le straniere, dubitava che qualcuno a caso si sarebbe azzardato a tanto per una ragazza con cui nemmeno aveva mai scambiato due parole e che probabilmente aveva visto solo nelle foto delle riviste. È anche vero che lo stalking qui è un problema serio, però mi sembra una coincidenza un po' troppo sospetta. Che qualcuno volesse farli andare proprio lì, a quel ballo? Doveva trattarsi necessariamente di gente ben connessa per poter accedere ad un evento del genere, ma date le circostanze con cui si stavano confrontando non era affatto da escludersi. Sulla scia di quei dubbi, dunque, uscì dal bagno, tornando a passo più normale nella stanza in cui aveva lasciato Mia e chiudendosi la porta alle spalle. « Sei riuscita a cavarne qualcosa? » le chiese con tono più tranquillo, avvicinandosi a lei per gettare un'occhio sui fascicoli che stava osservando. Per un po' non disse nulla, trincerandosi nel silenzio mentre continuava a rimuginare sulla questione. Poi, sentendosi comunque in difetto nei suoi confronti per il modo in cui aveva reagito, spostò lo sguardo su di lei. « Non ce l'ho con te, comunque. Mi dispiace se ti ho dato questa impressione. Lo so che non c'entri nulla. Però.. » fece una breve pausa, mordendosi l'interno del labbro e aggrottando leggermente la fronte « ..cioè, questa cosa mi ha fatto incazzare. È davvero irrispettosa. » Un'altra pausa, durante la quale tirò un sospiro, passandosi una mano tra i capelli nel tentativo di tornare al punto della situazione. « Comunque ci ho pensato a mente più fredda, mentre ero di là, e non lo so.. mi sembra strano. Non che tu abbia qualche spasimante o stalker, eh, quello è tutto fuorché strano. Però non ti sembra una coincidenza un po' troppo sospetta che sia venuto fuori proprio adesso? Cioè.. neanche hai avuto il tempo di svuotare le valige e l'unico posto in cui hai avuto una qualche sorta di interazione era un bordello. » Con tutto che sei una ragazza bellissima, ma non c'è stata proprio l'occasione di guadagnarsi uno stalker. « Non lo so, magari mi dirai che voglio vederci per forza il marcio perché sono geloso, però mi puzza un po', date le circostanze. Non credi? »






     
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    the devil inside;

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    Non nascose affatto lo stupore di quanto appena appreso. Chi avrebbe potuto mandarle un regalo in Giappone? Escludendo la famiglia di Raiden, le persone che Mia conosceva si contavano sulle dita di una mano e per lo più si trattava per giunta di warlock o persone vicine all'entourage di Raiden che avevano partecipato alla ribellione. « Amore.. per quanto mi piaccia farti regali costosi, non credo che sia opera mia, sai? Cioè.. io non ho fatto nulla, e in tutta onestà l'idea del ballo non mi ha nemmeno sfiorato. Io pensavo di andare dai nonni, pensa. » Corrugò la fronte contrita; l'idea del ballo non l'aveva particolarmente sfiorata più di tanto fino a quel momento, ma l'idea che Raiden avesse espresso il desiderio di andarci e le avesse persino fatto una sorpresa comprandole un vestito per l'occasione, avevano animato la voglia di fare un tentativo. Non si era trovata poi tanto a proprio agio nella società giapponese l'ultima volta che avevano presenziato a un evento ufficiale. Immaginava che una delle ragioni per cui Raiden non volesse andarci, oltre al fatto che non era propriamente un'attività tipica della coppia, era da incolparsi al fatto che la loro assenza avrebbe evitato loro potenziali momenti imbarazzanti. In fondo, in situazioni fuori dalla loro confort zone, Mia e Raiden ci erano già stati, e avevano comunque trovato un modo tutto loro per divertirsi e vederci del buono. Quelle occasioni, tuttavia, erano qualcosa di diverso, e tra giudizi e opinioni non richieste, la decisione di non andarci era forse la più saggia. Istintivamente abbassò lo sguardo arricciando il naso. Avrei dovuto immaginare. Ma in fondo, nessun altro aveva mai fatto gesti del genere per lei al di fuori di Raiden. Non aveva ragione di pensare che quel vestito fosse arrivato da parte di qualcun altro. E poi chi? E perché? « Scusa ma posso vedere questa roba? No, per sapere. » A quel punto era piuttosto evidente che l'umore di Raiden fosse radicalmente cambiato, così decise di non protestare e gli lasciò fare, seppur fosse evidente che era furioso. Solo quando prese tra le mani il biglietto, tentò di compiere un passo in avanti quasi tentasse di mettere rimedio a un danno inesistente, il cui effetto però poteva immaginare. « Va beh dai, sarà uno scherzo. Lascia stare! Non ha senso arrabbiarsi. » Forse però dire a una persona su tutte le furie di non arrabbiarsi era alquanto inopportuno. Eppure dovrei saperlo che dire a una persona nervosa di calmarsi non è proprio il massimo. Non voleva minimizzare la questione, né farlo sentire come se le sue emozioni non fossero valide; semmai avrebbe semplicemente dirgli che per lei non aveva alcun significato. Quel tipo di gesti erano graditi per la mora solo quando arrivavano da parte di Raiden. Li trovava carini, perché lui ci pensava e perché quel tipo di attenzioni li portava a dedicarsi ulteriori momenti teneri. « Io una cosa così pacchiana non l'avrei scelta. » Ok, onesto. Mia si passò una mano tra i capelli e schiuse le labbra inutilmente. Non sapeva esattamente cosa dire. Si sentiva estremamente in colpa, non solo per via dell'umore di Raiden, ma anche e soprattutto perché non aveva fatto due più due. « Beh, se già non ci volevo andare prima, adesso a maggior ragione. Ma ti rendi conto? È una mancanza di rispetto incredibile. Non solo questo qui ha la faccia di mandare un simile regalo a una donna sposata e di chiederle un ballo sotto il vischio, ma ha persino l'ardire di chiamarti Miss Wallace. Miss. Wallace. Miss Wallace. Ma chi cazzo è questo? » Provò un leggero senso di mortificazione di fronte all'immagine di un Raiden intento a dare peso a quella situazione. Poteva essere estremamente fastidioso, ma al contempo, non trovava l'accaduto chissà quanto pericoloso o grave. Su due piedi immaginava si trattasse di uno scherzo di cattivo gusto e nient'altro. In fondo, Mia non aveva la più pallida idea del perché qualcuno dovesse mandarle un vestito che oltretutto aveva anche un aspetto estremamente costoso, ma alla luce dei fatti era evidente che si trattasse di una provocazione. Piuttosto è un po' sospetto; un dettaglio che in mezzo a tutto quel marasma di eventi appariva non solo come insolito, ma anche particolarmente fuori luogo. « O questa? » La buttò lì tentando di depistare quella rabbia dettata dall'orgoglio. Era evidente però non stesse funzionando, e allora tentò di avanzare ulteriormente nella sua direzione, solleticandogli appena il polso con cautela e premura. Se volevano farlo arrabbiare, ci erano riusciti. Chiunque avesse scritto quel biglietto sapeva esattamente dove colpire. Mia, dal canto suo, probabilmente non avrebbe dato molto peso alla questione se solo il marito non si fosse mostrato così alterato. Non certo nell'ottica in cui l'aveva preso lui. « Amore.. lo so che ti ha fatto arrabbiare, ma non significa assolutamente nulla. Per me è solo un gesto non richiesto e non gradito. » Punto. A quel punto il gaudio del pacchetto era completamente svanito; il solo vederlo, a dirla tutta, la metteva di malumore. Chiunque avesse deciso di giocare loro quello scherzo, aveva davvero passato il segno. Raiden non aveva tutti i torti; seppur inizialmente Mia non ci avesse pensato poi tanto, quel biglietto era davvero oltraggioso. È come se avessero ignorato di proposito che fossimo sposati. Come se volessero.. negarlo. Ignorare - "noi". Al solo pensiero deglutì amareggiata. Aveva, sì, avuto l'impressione che non tutti vedessero di buon occhio quella loro unione, ma non pensava che quel senso di negazione fosse così forte. Qui la gente ha una certa opinione degli stranieri. Delle donne straniere, nello specifico. Le parole di Raiden del giorno prima rimbombano ora nella sua testa, mentre giocherella distrattamente con le sue dita cercando una sua reazione. Si sente in colpa, nonostante non abbia fatto niente, come se sapesse che, se solo Mia non fosse Mia, tutto ciò non accadrebbe. Ha senso anche solo pensarlo? Probabilmente no. Ma la infastidisce comunque e odia il fatto che tentino di colpire la sua dolce metà solo perché le loro scelte non rispecchiano le idee di qualcun altro. « Ehi.. » Un tentativo timido che non sortì il risultato sperato. Su tutte le furie, il moro decise di adottare una linea più pragmatica, mettendole sotto gli occhi i fascicoli che aveva selezionato durante la sua ricerca. Un gesto che la portò ad incrociare le braccia al petto mentre allungava appena il naso per sbirciare la pila che stava per affidarle. « Io vado un attimo in bagno, tu nel frattempo guarda queste foto e dimmi se riconosci qualcuno. Meglio se non ci penso, vah. » Per un attimo rimase a osservare il punto in cui il moro sparì poco dopo. Se si fosse trattenuto per qualche altro istante, Mia avrebbe potuto dirgli in partenza che guardare delle foto non sarebbe servito a nulla. Non ricordava dettagli specifici sul tipo che l'aveva attaccata. È successo tutto così in fretta. Tutto ciò che aveva era un posto e i dettagli che aveva già fornito alle ragazze della casa del piacere il giorno prima. Scosse tuttavia la testa e fece comunque un tentativo. Sapendo di non poter fare affidamento poi molto sulle loro facce, decise di concentrarsi su cose che potrebbero esserle saltate all'occhio. Forma degli occhi, proporzioni della testa rispetto a collo e spalle - non lo so, le sto tentando tutte. Ma decise anche di addentrarsi nelle storie di quei giovani. Alcuni di loro provenivano da famiglie facoltose, a giudicare dalle professioni dei genitori - guaritori, giudici e addirittura un segretario dell'ex governatore del Giappone. Alcuni di loro avevano un eccellente pedegree, o almeno così sarebbe stato giudicato in occidente. Non capiva per quale ragione tipi del genere dovessero voler prendere di mira proprio lei. Certo, suo marito erano uno dei principali mandanti degli sconvolgimenti che avevano portato alla Liberazione però secondo questo principio ci sarebbe un sacco di gente potrebbe avercela con lui da qui a molto tempo. Quella realizzazione sembrò sorprenderla non poco, come se avesse finalmente collegato i puntini e ora stesse elaborando l'immagine d'insieme. A Tokyo e in Giappone, c'erano tante persone che amavano Raiden e vedevano in lui un simbolo, al punto da confezionare addirittura scadenti repliche della sua divisa da combattimento, ma erano altrettante le persone che non vedevano l'ora di schiacciare quel simbolo. Prima con la fugga e poi con il rientro a casa, il giovane Yagami si era fatto tanti nemici, aveva mostrato alla gente comunque che una crepa nel sistema c'è sempre; e se esiste può essere utilizzata a discapito di quel sistema per rovesciarlo. Man mano che quei pensieri si annidavano nella sua mente, un'immagine nello specifico continuò a reclamare la sua attenzione. Non erano dei tratti, né la storia di quel ragazzo ad aver attirato la sua attenzione. Non sapeva se fosse il suo assalitore; a giudicare dall'altezza riportata sul fascicolo poteva non esserlo necessariamente, ma qualcosa in lui continuava a portarla a rimanere con gli occhi puntati su quel viso tondo, dai tratti ancora leggermente infantili. Akira Hayashi. « Sei riuscita a cavarne qualcosa? » Era talmente concentrata a fissare la sua foto che quando Raiden tornò nella stanza, per poco non saltò dalla sedia. Sbatté velocemente le palpebre ciondolando la testa con un'espressione frustrata. Dove l'ho già visto? Perché ho l'impressione di averlo già visto da qualche parte? « Non ce l'ho con te, comunque. Mi dispiace se ti ho dato questa impressione. Lo so che non c'entri nulla. Però.. cioè, questa cosa mi ha fatto incazzare. È davvero irrispettosa. » La mora annuì allungando la mano per invitarlo a farsi più vicino. « Amore.. lo so. Lo so che non ce l'hai con me. » A dirla tutta prima che uscisse dalla stanza non era così convinta, ma a quel punto tornare a ribadire l'ovvio era inutile. Anche Raiden era umano e avere una reazione sbagliata era più che naturale, specialmente quando qualcuno premeva i tasti giusti per mandarlo fuori di testa. Il fatto che avesse voglia di ragionarci a mente più fredda era tuttavia molto positivo. « Comunque ci ho pensato a mente più fredda, mentre ero di là, e non lo so.. mi sembra strano. Non che tu abbia qualche spasimante o stalker, eh, quello è tutto fuorché strano. » Per un istante rimase interdetta. Tutto fuorché strano? Va così da queste parti? Uno stalker è tutto fuorché strano? Buono a sapersi. Non sapeva se ridere e mostrarsi scioccata. « Ok? ..grazie? Immagino.. » Non sapeva esattamente come rispondere a una cosa del genere, detta con così tanta normalità. Meglio non rispondere. Meglio non fare proprio domande. Era evidente che fosse completamente inadeguata rispetto alle usanze della società giapponese. « Però non ti sembra una coincidenza un po' troppo sospetta che sia venuto fuori proprio adesso? Cioè.. neanche hai avuto il tempo di svuotare le valige e l'unico posto in cui hai avuto una qualche sorta di interazione era un bordello. Non lo so, magari mi dirai che voglio vederci per forza il marcio perché sono geloso, però mi puzza un po', date le circostanze. Non credi? » Ah, quindi non era assodato che se non sei tu a comprarmi le cose c'è per forza qualcosa di strano? In verità a quel punto dubitava di sapere qualcosa sulla società giapponese, sulle loro usanze, nel bene e nel male. Evidentemente, se Raiden aveva reagito in quella maniera era normale vedere anche situazioni del genere. Corteggiamenti a distanza? Ma figurati, gli uomini non mi corteggiavano da vicino, ora mi corteggiano a distanza. A quel punto sospirò, cercando di rimanere sul punto, seppur la questione dello stalker avesse soppiantato il focus. « Forse.. forse hai proprio ragione! No.. non può essere.. uno stalker, né un ammiratore segreto. » Quella frase le uscì in maniera troppo plateale, un po' come in quei vecchi film di Sherlock e Watson, in cui i due detective gettavano ipotesi per la risoluzione di un caso. A quel punto però il sorriso sul suo volto si allargò di colpo. « Raiden! Sei un genio! No.. non è assolutamente così. In fondo le uniche volte che sono stata a Tokyo ho solo frequentato quattro strade tra Shibuya e il quartiere magico. Non avrebbe proprio senso. Chi dovrebbe mai - » Si fermò di colpo; il sorriso e le risate scomparse di colpo. Già. Ho frequentato Tokyo poco e niente, parlato con quasi nessuno. Chi dovrebbe mai.. Le immagini delle sue brevi passeggiate nella capitale giapponese, guidate dalla conoscenza più esperta di Hiroshi che inizialmente l'aveva anche accompagnata a cercare il regalo per Raiden iniziarono a dispiegarsi nella sua mente finché per un istante si trovò nuovamente al cospetto del vecchio proprietario dell'antiquariato in cui aveva fatto restaurare il libro di fiabe. Riprese la foto di Akira Hayashi e la osservò con più attenzione. « Figlio di - » Scosse la testa stringendo i denti leggermente disturbata dalla questione. « Era lì! Cazzo! Ero certa di aver già visto questa faccia ma.. ora ne sono certa. » Corrugò appena la fronte passando la foto a Raiden, mentre si inumidiva le labbra infervorata. A quel punto non aveva dubbi di aver già visto quella faccia. Apparentemente sembrava un po' impacciato, intento a lavorare in silenzio dietro al banco. « Questo ragazzo lavorava nel antiquariato che ho visitato la scorsa settimana. » Aveva tutta l'aria di un apprendista o una cosa del genere - il tipo giovane che si trova in molte attività, e che pur di imparare il mestiere è pronto a fare qualunque cosa. Lucidare cimeli, organizzare la merce e così via. « Solo la prima volta però. La seconda volta non l'ho visto. Stava pulendo delle vecchie anfore in un angolo. Mi sono ritrovata a fissarlo perché mi era tornato mente che sfregare quel tipo di cimeli, specie se vecchi non porta bene. » Chissà cosa potrebbero nascondere o cosa potrebbero liberare. Nel mondo magico quel tipo di cose non venivano prese alla leggera. Mia era stata effettivamente attaccata dopo la sua seconda visita in quel vecchio antiquariato. Istintivamente afferrò il fascicolo del ragazzo scorrendo velocemente tutta la sua storia militare. « Stava facendo carriera.. prima. Come diavolo è arrivato questo qua.. vincitore dei premi sticazzi sticazzis per giovani promesse a lavorare in un antiquariato che vede due clienti all'anno? » Forse stava esagerando. L'antiquariato e negozio di oggetti magici a cui si era rivolta per la restaurazione del libro si trovava nel quartiere magico di Tokyo. A dirla tutta, le vicissitudini che legavano ormai quello che per Mia doveva diventare un cimelio di famiglia con il suo proprietario e la sua ricerca erano talmente ingarbugliate che Mia non si era nemmeno sentita di farglielo avere. Aveva come l'impressione che fosse un po' meno prezioso, meno ben pensato, meno importante. Alla luce della maniera in cui una semplice passeggiata nella grande metropoli si era conclusa, aveva preferito semplicemente mettere da parte per un po' quella storia, finché non si sarebbe raffreddata. Scosse la testa osservandolo con un'espressione pensierosa.
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    « Prima di arrivare in questo posto.. non è successo niente. Può essere che si tratti di una coincidenza, ma.. non so. » Volse lo sguardo verso la scatola di velluto per poi indicarla col mento al moro. « Non sappiamo se questo ragazzo ha un collegamento con l'attacco, ma sarebbe plausibile. E significherebbe più banalmente che di chiunque si tratti ha occhi dappertutto. Non abbiamo detto del nostro arrivo a nessuno se non alla famiglia e pochi warlock, e per quanto qualcuno poteva vederci in giro ieri.. Tokyo è così popolata che sarebbe assurdo pensare che qualcuno ci ha avvistati per caso. » Pausa. « È possibile che nello stesso modo in cui tu e la squadra vi siete spartiti le case del piacere qualcun altro può aver deciso di.. tenere d'occhio punti specifici? Nel caso in cui avessi deciso di tornare..? » A Mia sembrava una partita partita a scacchi, ma lei non era mai stata in un esercito di quella portata. Non sapeva come ragionavano, né quali metodi usassero per raggiungere i propri obiettivi; in questo Raiden era sicuramente più esperto e più bravo a batterli al loro stesso gioco. « Ok, mi butto - potrebbe essere un lancio lungo, ma.. un paio di mesi fa ci arriva quell'invito. Mi hai detto che è pura cortesia e nient'altro, ma, guarda caso quando rientriamo in Giappone la prima cosa che si ripresenta sotto il nostro naso è proprio l'invito di cortesia. A questo punto però è successo qualcosa di grave.. quale sarebbe la prima reazione se non andarci pensando di trovare i fautori di questa cosa? » Pausa. « O è una trappola, o stanno cercando di depistarci. Se poi in Giappone è diverso.. come dici tu - per me dico.. magari sperano di sortire anche un altro effetto. » Magari stanno cercando di insinuarti un qualche dubbio nel miei confronti. L'idea la disgustava. Mia non avrebbe mai potuto essergli infedele, né fargli un simile torto. A quel punto abbassò lo sguardo sfregandosi le mani con un'espressione un po' costernata. « Non ti ho mai detto perché ero qua.. nello specifico. Io.. » Deglutì scuotendo la testa. « Se avessi saputo.. non ci sarei proprio venuta. In verità volevo solo farti un bel pensiero. Voglio.. voglio ancora che sia un bel pensiero. Una cosa.. pensata. Come quelle che fai tu. » Arricciò appena il naso mordendosi l'interno delle guance. « Non te l'ho messo sotto l'albero perché non volevo lo scartassi con l'animo pesante. » A quel punto alzò lo sguardo nel suo e si strinse nelle spalle. « Vorrei anche trovare il modo per far cambiare l'opinione alle persone.. non so.. è comunque casa tua. Dovrebbe essere facile per te trovarti qua, senza doverti sentire in dovere di non andare di qua o di là solo perché qualcuno potrebbe fare un commento strano o dare il via a una notizia non gradita. » Vorrei renderti la vita più facile, e invece, a volte ho come l'impressione di farti fare salti mortali. Lo so che lo fai perché mi ami e che non ti pesa, ma vorrei comunque che andasse diversamente. « Se in tutta onestà credi che posso fare qualcosa.. si.. ecco. Posso provarci. »




     
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