A Feast for Crows

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    « Forse.. forse hai proprio ragione! No.. non può essere.. uno stalker, né un ammiratore segreto. Raiden! Sei un genio! No.. non è assolutamente così. In fondo le uniche volte che sono stata a Tokyo ho solo frequentato quattro strade tra Shibuya e il quartiere magico. Non avrebbe proprio senso. Chi dovrebbe mai - » Aggrottò istintivamente la fronte, incapace di seguire il filo di Mia. Non sapeva se lo stesse prendendo in giro o meno, perché di certo lui non si sentiva questa grande cima per essere arrivato ad una conclusione piuttosto ovvia. L'unica cosa che lo aveva momentaneamente bloccato dal partorirla era stata la reazione emotiva che quel gesto gli aveva provocato, ma per il resto non aveva detto nulla di particolarmente geniale. « Figlio di - Era lì! Cazzo! Ero certa di aver già visto questa faccia ma.. ora ne sono certa. » Continuava a non seguire il discorso di Mia, ma decise comunque di non interromperla, prendendo la foto che lei gli aveva passato e osservando il volto del ragazzo. Era piuttosto giovane e non gli sembrava di averlo mai incrociato. Forse è uscito da Iwo Jima quando sono partito.. o poco prima. Anche il nome non gli suonava alcuna campana, dunque era difficile che fosse figlio di qualcuno di chissà quanto importante. Un ragazzino spuntato dal nulla. La cosa, tuttavia, non sembrava stupirlo: quello era esattamente il tipo di persona su cui l'esercito tendeva ad avere più terreno fertile. La leva obbligatoria e la glorificazione che veniva tessuta intorno a quell'organo aveva avvelenato molte menti, in particolare quelle dei ragazzi più giovani e con minori prospettive. L'esercito dava a quelle persone esattamente ciò che volevano: l'idea di aver trovato un senso alle proprie vite, di essere necessari, di essere anche semplicemente qualcuno. Per chi veniva da famiglie meno abbienti e con poche connessioni, una cosa del genere significava un cambiamento drastico di vita: finalmente avevano l'opportunità di riscattarsi, di prendersi la rivalsa sociale che desideravano e uscire dalla frustrazione di una vita che vedevano iniqua e priva di sbocchi. « Questo ragazzo lavorava nel antiquariato che ho visitato la scorsa settimana. Solo la prima volta però. La seconda volta non l'ho visto. Stava pulendo delle vecchie anfore in un angolo. Mi sono ritrovata a fissarlo perché mi era tornato mente che sfregare quel tipo di cimeli, specie se vecchi non porta bene. Stava facendo carriera.. prima. Come diavolo è arrivato questo qua.. vincitore dei premi sticazzi sticazzis per giovani promesse a lavorare in un antiquariato che vede due clienti all'anno? » Sospirò, tamburellando le dita sul tavolo mentre scorreva velocemente con gli occhi le righe del fascicolo. L'aveva già letto in precedenza, ovviamente, ma questa volta voleva rileggerlo con occhi nuovi, cercando di trovare qualche appiglio che potesse essere utile ai fini dell'indagine. « Probabilmente veniva dal nulla.. e quindi si è ritrovato con nulla. » Fece una breve pausa. « I figli di buona famiglia sono caduti tutti in piedi. Magari ci hanno perso qualcosa, ma alla fine la loro vita non è cambiata troppo. Per quelli che avevano solo l'esercito, invece.. beh, la situazione è diversa. Si sono ritrovati con un pugno di mosche dal giorno alla notte. » Da quel punto di vista, il Giappone non era molto diverso da qualunque altro paese: se nascevi nella famiglia giusta, con le giuste conoscenze, te la cavavi sempre in qualche modo. Anche per la leva andava così. Per qualche strana ragione, i figli dei politici e dei proprietari di grandi aziende venivano sempre esonerati. Avevano sempre qualche condizione fisica che non gli permetteva di essere arruolati.. guarda caso. « Prima di arrivare in questo posto.. non è successo niente. Può essere che si tratti di una coincidenza, ma.. non so. » Storse il naso a quelle parole. « Ci credo poco alle coincidenze. » rispose lapidario. Trovava piuttosto strano che fosse incappata casualmente in qualcuno che non solo apparteneva all'esercito, ma che aveva un background facilmente riconducibile a tutti gli indizi che avevano raccolto fino a quel momento. « Non sappiamo se questo ragazzo ha un collegamento con l'attacco, ma sarebbe plausibile. E significherebbe più banalmente che di chiunque si tratti ha occhi dappertutto. Non abbiamo detto del nostro arrivo a nessuno se non alla famiglia e pochi warlock, e per quanto qualcuno poteva vederci in giro ieri.. Tokyo è così popolata che sarebbe assurdo pensare che qualcuno ci ha avvistati per caso. » Se pure fosse stato così, se pure qualcuno li avesse avvistati per caso o la voce si fosse già sparsa, dubitava che quelle persone avessero fabbricato e lo avessero eseguito nel giro di mezza giornata. « È possibile che nello stesso modo in cui tu e la squadra vi siete spartiti le case del piacere qualcun altro può aver deciso di.. tenere d'occhio punti specifici? Nel caso in cui avessi deciso di tornare..? » Ci pensò un attimo, prendendo un lungo respiro prima di chiudere il fascicolo di Akira e metterlo da una parte, voltandosi a guardare Mia. « È plausibile. Magari non lo hanno fatto per tenere d'occhio me nello specifico, però immagino
    abbiano più obiettivi nella loro lista. Trovandoti lì, però, non stento a credere che abbiano colto la palla al balzo. »
    Quella era forse l'unica coincidenza a cui poteva credere. Se piazzare gente in tutta Tokyo per aspettare lui poteva essere forse un dispendio di tempo ed energie inutile, non stentava comunque a credere che quelle persone avessero diversi obiettivi e che lui e la sua famiglia non ne fossero esclusi. Non potevano prevedere l'arrivo di Mia - non avevano modo di farlo -, ma a volte delle coincidenze fortunate potevano anche capitare, e di certo non si sarebbero fatti scappare un'occasione così ghiotta, una che chissà quando gli sarebbe mai ricapitata. « Ok, mi butto - potrebbe essere un lancio lungo, ma.. un paio di mesi fa ci arriva quell'invito. Mi hai detto che è pura cortesia e nient'altro, ma, guarda caso quando rientriamo in Giappone la prima cosa che si ripresenta sotto il nostro naso è proprio l'invito di cortesia. A questo punto però è successo qualcosa di grave.. quale sarebbe la prima reazione se non andarci pensando di trovare i fautori di questa cosa? » Aggrottò la fronte, pensieroso. Stava ripercorrendo mentalmente i passaggi di Mia e a tutti gli effetti, il suo non gli sembrava un lancio poi così lungo. Se la questione dell'invito poteva rimanere un'incognita deduttiva, di certo era invece molto plausibile il fatto che qualcuno li stesse spingendo ad andare proprio lì in virtù del loro ritorno in Giappone. Si avvicinò dunque alla lavagna su cui avevano iniziato nei giorni precedenti a buttare giù alcune idee. Con la bacchetta scrisse veloce invito capodanno, richiamando poi il file del ragazzo per duplicare la sua foto e attaccarla vicino ad una freccia che conduceva a quelle parole. Scrisse dunque il suo nome, tracciando poi un'altra freccia per collegarlo a negozio d'antiquariato. « O è una trappola, o stanno cercando di depistarci. Se poi in Giappone è diverso.. come dici tu - per me dico.. magari sperano di sortire anche un altro effetto. » Mentre Mia parlava, Raiden continuava a tracciare lo schema di quelle deduzioni, rimuginandoci sopra nel tentativo di farsi una visione più chiara della situazione. Per come la vedeva lui, l'ipotesi della trappola era la più plausibile: il capodanno di Tokyo era un evento molto dispersivo, e il fatto di essere in maschera lo rendeva solo più succulento per fini del genere. Nella sua mente si stava già creando una lista di ipotesi e cose da fare, ma Mia lo precedette prima che potesse prendere parola. « Non ti ho mai detto perché ero qua.. nello specifico. Io.. Se avessi saputo.. non ci sarei proprio venuta. In verità volevo solo farti un bel pensiero. Voglio.. voglio ancora che sia un bel pensiero. Una cosa.. pensata. Come quelle che fai tu. Non te l'ho messo sotto l'albero perché non volevo lo scartassi con l'animo pesante. » Si voltò nella sua direzione, rivolgendole un sorriso intenerito. Qualunque fosse il motivo per cui Mia era andata lì, non si meritava di sentirsi in pericolo nel paese di suo marito - un paese che avrebbe dovuto accoglierla come una figlia, e non minacciarla o screditarla. « Non potevi prevederlo, Mia. E mi dispiace, mi dispiace tantissimo che sia andata così. In realtà mi dispiace soprattutto per il modo in cui il mio paese ti sta trattando. Non è questa l'idea che volevo ti desse. » Stai vedendo solo i lati peggiori, e non è colpa di nessuno se non della gente che vive qui. « Vorrei anche trovare il modo per far cambiare l'opinione alle persone.. non so.. è comunque casa tua. Dovrebbe essere facile per te trovarti qua, senza doverti sentire in dovere di non andare di qua o di là solo perché qualcuno potrebbe fare un commento strano o dare il via a una notizia non gradita. Se in tutta onestà credi che posso fare qualcosa.. si.. ecco. Posso provarci. » Sospirò, riponendo la bacchetta nella fondina mentre le si avvicinava. Si pose di fronte a lei, stendendole un sorriso tenue prima di incorniciarle il viso con le mani, solleticandole le guance coi polpastrelli per poi appoggiare la fronte contro la sua. Chiuse gli occhi, rimanendo così, in silenzio, per alcuni istanti. Poi li riaprì, puntandoli nei suoi. « Non c'è nulla che tu possa fare per cambiare queste cose. E non è neanche giusto che tu faccia qualcosa. » Purtroppo i pregiudizi sono insidiosi: non puoi fare assolutamente nulla per dissiparli. Devono essere loro ad impegnarsi per superarli. Ma Raiden conosceva molto bene la posizione in cui Mia si trovava e sapeva quanto le persone fossero attaccate ai pregiudizi con cui erano state cresciute. Il problema era semplice: in assenza della volontà di riconoscerli e lavorarci sopra, superarli era impossibile. Il giovane Yagami aveva dovuto ingoiare molti rospi al suo arrivo in Inghilterra, vedendosi spesso trattato in maniera razzista tanto al college quanto sul posto di lavoro: le battute di cattivo gusto si sprecavano, così come si sprecava la generale condiscendenza con cui veniva trattato sia dai superiori sia dai pari. Anche cose banali come fare amicizia con gli inglesi sembravano vere e proprie montagne da scalare, e quando cercava di approcciarsi ad una ragazza trovava spesso la più totale indifferenza se non addirittura una qualche forma di disgusto. Erano tutte cose piccole che tuttavia, giorno dopo giorno, si accumulavano in frustrazione e risentimento. Ma immagino che sia così ovunque vai: le persone tendono a scansare il diverso e a ricercare il simile. « L'unica cosa che possiamo fare è vivere la nostra vita e non permettergli di metterci il dito in mezzo. » Le rivolse un piccolo sorriso, lasciandole qualche dolce carezza tra i capelli prima di stamparle un piccolo bacio sulle labbra e riprendere poi un passo di distanza. « Semmai, se dobbiamo agire su qualcosa, è questo. » disse, indicando la lavagna piena di scritte. « Perché un conto è la testa bacata delle persone, e un conto sono le minacce e le aggressioni. » Di quello che scrivono sui loro giornaletti del cazzo non me ne faccio nulla, ma se vogliono venire a minacciare la mia famiglia è un altro conto. Sospirò, avvicinandosi alla scatola del vestito per aprirla di nuovo, suo malgrado. « Per prima cosa direi di far analizzare il regalo dagli warlock. Non voglio sorprese: se questa roba è stata incantata per qualsivoglia scopo, dobbiamo saperlo subito. E fin quando non abbiamo risposta, non deve uscire da qui. » A casa nostra, questa scatola non ci deve proprio entrare. Magari non c'erano fatture maligne su quegli indumenti, ma anche solo un incantesimo di localizzazione avrebbe potuto far scoprire a quella gente la loro abitazione, e Raiden non voleva correre il rischio di mettere Haru in pericolo. « In secondo luogo, dobbiamo avvertire in maniera discreta i vertici del nuovo governo. Se questa gente vuole attirarci alla festa di capodanno, è probabile che stiano progettando di radunare tutti i loro target sotto lo stesso tetto per fare qualcosa in larga scala. » D'altronde era anche il modo più semplice di agire: prenderli uno ad uno sarebbe stato più difficoltoso e avrebbe destato troppo allarme, mentre prenderli tutti insieme avrebbe semplificato il tutto notevolmente. Un po' come abbiamo fatto anche noi. « Non potranno annullare l'evento, ma è bene che siano al corrente di un potenziale pericolo. Se li avvisiamo per tempo avranno modo di aumentare la sicurezza e prevenire eventuali tragedie. I singoli potranno anche scegliere se correre il rischio di partecipare o meno. » Io, fossi in loro, non lo farei. Meno persone di interesse ci stanno e meglio è per tutti. Prese dunque il biglietto, rigirandoselo tra le dita. Ne rilesse le parole ancora una volta, trovandole non meno di cattivo gusto rispetto alla prima. « Poi però dovremo dargli qualcosa. » Gli occhi di Raiden ritornarono sul viso di Mia. « Qualcuno deve andare alla festa nelle nostre sembianze. E chiunque prenderà le tue dovrà indossare questo vestito. Immagino che il luogo sarà protetto da incantesimi anti-camuffamento, quindi dovremo mettere le alte cariche al corrente della cosa per farci aiutare a forarli. Una polisucco è troppo banale, ma forse con gli warlock shapeshifter abbiamo una chance. » Sarà più facile che la magia warlock riesca ad eludere gli incantesimi di protezione. « Se dovessero veramente presentarsi, in questa maniera potremmo avere la possibilità di scoprire qualcosa in più - o addirittura identificarli - senza cadere nella loro trappola. » Sospirò, lasciando ricadere il biglietto nella scatola che avrebbe affidato presto alle indagini degli warlock. « In quanto a noi, per il momento ciò che possiamo fare è andare al negozio d'antiquariato e chiedere del ragazzo. Per quanto riguarda la sera di Capodanno.. in tutta onestà non me la sento di lasciare Haru alle cure di nessuno se non le mie, ma voglio comunque trovare il modo per tenere d'occhio la situazione al ballo a distanza e intervenire qualora necessario. Dovrà esserci qualche lycan. » Per quanto fosse piuttosto sicuro che il ballo fosse una trappola bella e buona, non voleva comunque escludere l'ipotesi del depistaggio: Haru era un target tanto quanto lo erano Mia, Raiden e chiunque altro fosse stato direttamente coinvolto negli avvenimenti di quello sconvolgimento. Era questo che ci insegnavano, d'altronde: a puntare sulle debolezze altrui. Haru è ciò a cui più teniamo al mondo, è la nostra debolezza più evidente. Sanno bene che faremmo i salti mortali per lui, e non ho intenzione di lasciarlo scoperto. Su questo, mi fido solo di noi. « So come lavora questa gente. Se più di volerci portare in un posto, ci vogliono portare lontani da qualcosa.. è da Haru. E non è un rischio che sono disposto a prendere o delegare. »






     
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    Era bello, stare così, fronte contro fronte, a contare i suoi sospiri, inalando ed esalando al suo stesso ritmo. Anche in mezzo alla tempesta, quei piccoli momenti erano rincuoranti. Erano uno dei tanti motivi per cui rischiare e combattere valeva la pena, per cui avrebbe attraversato anche le fiamme del inferno. Mia, per Raiden, avrebbe fatto anche quello, avrebbe cambiato e aggiustato il tiro pur di guadagnare per entrambi un po' di serenità. « Non c'è nulla che tu possa fare per cambiare queste cose. E non è neanche giusto che tu faccia qualcosa. L'unica cosa che possiamo fare è vivere la nostra vita e non permettergli di metterci il dito in mezzo. » « Però io per te lo farei. Anche solo mentre stiamo qua.. per stare più tranquilli. » Sapeva che contro i pregiudizi c'era ben poco fare fare. E sapeva anche che Raiden non le avrebbe mai chiesto di cambiare per fungere. Non lo aveva mai fatto, nemmeno per questioni più importati. Per questa ragione gli credette, e si fidò del fatto che remando contro le avversità sarebbero stati in grado di superarle come sempre. Istintivamente sollevò le dita a raggiungere la sua spalla, carezzandogliela con dolcezza, prima di passargli con gentilezza una ciocca di capelli dietro all'orecchio. « Semmai, se dobbiamo agire su qualcosa, è questo. Perché un conto è la testa bacata delle persone, e un conto sono le minacce e le aggressioni. » Ma esisterebbero se noi fossimo più funzionali? Se fossimo come loro si aspettano, ecco.. Una domanda che forse non aveva senso di esistere, perché, in fondo, Mia e Raiden non sarebbero mai stati come la società giapponese o americana si aspettava. Erano semplicemente qualcosa a metà, qualcosa che non rispecchiava propriamente nessuno dei posti in cui i due giovani erano cresciuti. Semmai, avevano trovato terreno fertile tra i lycan in Inghilterra. Lì, nessuno li aveva giudicati, né aveva tentato di farli rientrare in una categoria o un'altra. Forse questo è un modo per apprezzare di più ciò che abbiamo. Per curarcene di più e apprezzarne i frutti anche più di quanto facciamo. In Inghilterra Mia e Raiden erano riusciti a farsi degli amici; avevano una famiglia e persone su cui potevano contare. Lì si erano circondati dei parenti più stretti, avevano messo su una casa di tutto il rispetto e lavoravano per fare del loro meglio per la comunità che li aveva accolti senza giudicarli. Certo, non tutto era rose e fiori, ma in fondo, rispetto ad altri posti, per quanto non sufficientemente casa, quel posto innevato tra foreste e tante regole e gerarchie da rispettare, era il posto in cui Mia e Raiden si erano trovati, in cui loro figlio era nato e in cui forse, rispetto a molti altri posti avevano trovato la propria dimensione. Era di questo che dovevano curarsi: arginare ogni possibile pericolo prima che arrivasse nel posto in cui maggiormente si sentivano nel loro elemento. Alla fine annuì e gli rivolse a sua volta un sorriso, stampandogli un bacio colmo di affetto. Ascoltò quindi con attenzione il piano d'azione proposto dal moro, convenendo sul fatto che dovessero giocare su più piani. Da una parte il vestito, dall'altro la festa. Dovevano provare a pensare a tutto, e muoversi in maniera furtiva, esattamente come era già accaduto. Almeno questa volta però, agiamo in maniera furtiva per scelta, non certo perché uno di noi rischia la galera. E questo, in un certo qual modo sembrò rincuorarla. « Possiamo però fidarci? Dico dei vertici. » La buttò lì, forse in maniera anche un po' ingenua. « Voglio dire.. siamo certi che al vertice tutti sono uhm.. di fiducia? » Non era da escludersi che ci fossero infiltrazioni. In fondo, ovunque, quando un potere viene soppiantato da un altro, chi può tenta sempre di restare sulla cresta dell'onda. Mia lo sapeva non certo perché fosse particolarmente scaltra bensì perché lo aveva già visto accadere in Inghilterra. Erano cose inevitabili. Non si può mai eradicare un sistema, così come non si può mai eliminare del tutto una mentalità, un costruito culturale. « Conosci qualcuno di cui ti fidi ciecamente? Qualcuno che insomma.. condivida le informazioni che tu deciderai di dare con la cerchia che effettivamente potrebbe essere bersaglio di una cosa del genere. » Erano cose su cui era certamente più ferrato di lei, ma non si sentiva di escludere assolutamente nulla. Un dubbio su cui lo lasciò ragionare prima di passare oltre. « Poi però dovremo dargli qualcosa. Qualcuno deve andare alla festa nelle nostre sembianze. E chiunque prenderà le tue dovrà indossare questo vestito. Immagino che il luogo sarà protetto da incantesimi anti-camuffamento, quindi dovremo mettere le alte cariche al corrente della cosa per farci aiutare a forarli. Una polisucco è troppo banale, ma forse con gli warlock shapeshifter abbiamo una chance. Se dovessero veramente presentarsi, in questa maniera potremmo avere la possibilità di scoprire qualcosa in più - o addirittura identificarli - senza cadere nella loro trappola. » Inizialmente lo lasciò parlare, ma poi, man mano che andava avanti, Mia prese a corrugare la fronte osservandolo un po' meno convinta della questione. Capiva da quale posizione stesse arrivando quel piano, ma.. significa mettere in pericolo qualcun altro. Gli warlock erano sì potenti; spesso aveva l'impressione sapessero e fossero in grado di fare molto più di quanto lasciavano intendere. Però sono pur sempre umani. E questa gente probabilmente sa che gli warlock sono i nostri primi alleati qui. Che i lycan si avvalessero dell'aiuto degli stregoni d'altronde, non era certo una novità, né un segreto di stato. Schiuse le labbra per dire qualcosa, ma venne frenata dal flusso di coscienza di Raiden che le impedì di puntualizzare la questione più ovvia. « In quanto a noi, per il momento ciò che possiamo fare è andare al negozio d'antiquariato e chiedere del ragazzo. Per quanto riguarda la sera di Capodanno.. in tutta onestà non me la sento di lasciare Haru alle cure di nessuno se non le mie, ma voglio comunque trovare il modo per tenere d'occhio la situazione al ballo a distanza e intervenire qualora necessario. Dovrà esserci qualche lycan. So come lavora questa gente. Se più di volerci portare in un posto, ci vogliono portare lontani da qualcosa.. è da Haru. E non è un rischio che sono disposto a prendere o delegare. » Quell'ultimo ragionamento la portò a indietreggiare di un passo e osservarlo con estrema serietà. Qualunque cosa pensasse sulla possibilità di mettere qualcun altro in pericolo, l'idea che un estraneo abbia messo in conto la vita e la sicurezza del suo piccolo fagottino la inorridisce. « Non - non lo farebbero! » Esordisce quelle parole con rabbia. Le viene il voltastomaco solo all'idea. « Haru è solo un bambino è.. » Completamente indifeso. E l'idea che possa succedergli qualcosa manderebbe completamente fuori di testa entrambi i genitori. Ma davvero non lo farebbero? Mia ha assistito a crimini senza precedenti. Li ha visti. Ragazzi e bambini uccisi nella culla, innocenti le cui vite hanno cessato di esistere prima ancora di esserci. Mia non ha dubbi su cosa succederebbe se solo scoprisse che quelle persone hanno messo in conto la presenza del suo piccolo. Al solo pensiero la rabbia la divora fino al midollo. L'unico modo di sfogarla è torcere quelle vite nella stessa maniera in cui loro potrebbero torcere quella del suo bambino, delle persone a cui tiene. "Dovrò occuparmene" aveva detto, e per quanto l'idea non le piace, è facile rimettere in prospettiva l'intera equazione quando di mezzo potrebbe esserci qualcosa di così prezioso. Non sa esattamente come porsi; cosa dire, come agire. Da una parte lasciare il fianco di Haru la dilania. L'idea di trovarsi altrove di non potersi opporre in prima persona a qualunque imprevisto. Dall'altra, la possibilità di lasciare che qualcuno prenda il suo posto non le sembra del tutto giusta. Se è una trappola, qualcun altro potrebbe cascarci al nostro posto. Era davvero disposta a permettere che qualcun altro si mettesse in pericolo per lei? Seppur quella storia poteva uscire allo scoperto in tanti modi, era innegabile che fosse accaduto con lei. Ciò la rendeva direttamente responsabile di ogni decisione. Qualunque cosa faccia o dica, avrà una conseguenza. E allora, scuote la testa. Forse sarebbe stato più facile fare una cosa per volta. « Ok. Iniziamo dall'antiquariato. »
    HIRvv0u
    Era ormai tardo pomeriggio quando Mia e Raiden entrarono nel quartiere magico di Tokyo. Da quelle parti, tutto era diverso rispetto all'Inghilterra e rispetto all'America. Tutto sembrava funzionare secondo un ritmo differente. In Giappone, nella società dei maghi, la magia si era trasformata in progresso, al punto che tanti marchingegni lasciavano Mia di stucco. Una delle cose più curiose per la giovane Yagami era proprio il servizio di messaggistica, che non funzionava attraverso i gufi, bensì si basava su dei congegni molto particolari che permettevano di ricevere messaggi tramite ologrammi. Quelle strane sfere svolazzavano ora sopra le loro teste, lasciandola come tante altre volte di stucco. La Tokyo magica non era poi tanto dissimile da quella babbana. L'area estremamente popolata godeva di costruzioni alte e moderne, a volte dalle forme davvero strane, che nulla avevano a che vedere con i borghi medioevali inglesi. Certo, anche nelle grandi città americane, la conformazione del mondo magico era diversa rispetto alla pittoresca Inghilterra, ma nulla di ciò che Mia avesse visto, poteva paragonarsi con quel quartiere che sembrava svilupparsi in parallelo con quello babbano per un intero quadrante della città. Come i maghi giapponesi avessero fatto a estendersi così tanto sotto il naso dei babbani, non le era dato sapere, ma di certo era notevole. Non da meno era l'attenzione che ricevevano. Pur con il dovuto rispetto e senza risultare troppo invadenti, non erano poche le persone che si fermavano per porgere un saluto a Raiden. A tratti si sentiva un po' in soggezione, tant'è che, dopo un po' strinse la mano di lui con un po' più decisione, quasi avesse bisogno di non sentirsi sola in mezzo a tutti quegli sguardi e attenzioni. Mia non era certo una persona timida, né aveva problemi a socializzare, ma in quel posto si sentiva comunque inadeguata - un pesce fuor d'acqua. Da una parte però era contenta; Raiden si meritava tutta l'ammirazione e il rispetto che riceveva, ed era evidente in Giappone fosse particolarmente amato. Seppur quell'ammirazione non riguardava anche le sue scelte private, veder riconoscere i suoi meriti la rendeva orgogliosa al punto che di tanto in tanto anche lei gli gettava qualche sguardo colmo di ammirazione. Giunti infine di fronte al negozio di antiquariato, Mia gettò velocemente uno sguardo all'interno per cercare di capire se la persona che stavano cercando fosse all'interno. Tuttavia, notò solo la presenza del proprietario che, come la prima volta si dimostrò estremamente gentile e disponibile. La riconobbe subito, non solo perché in fondo non era passato troppo tempo, ma perché in realtà era certa di averla riconosciuta. Se così non fosse, di certo il volto del giovane Yagami bastò affinché il suo tono e sguardo cambiasse. Anche lui come tanti altri, si mostrò particolarmente disponibile di fronte alla sua presenza. « Tenente Yagami.. e.. » L'anziano signore sgranò gli occhi un po' imbarazzato nel rivedere Mia. Ovviamente la giovane non aveva sentito il bisogno di manifestare la sua identità. A quale pro? Adesso però, il negoziante doveva aver fatto due più due. « ..signora? Santo cielo, quale onore. Cosa vi porta nel mio umile negozio. » Le si rivolse direttamente con un tono gentile e premuroso. « La commissione dell'altro giorno, era di suo gradimento? Se il lavoro non era adeguato io.. » Mia scosse la testa stirando un largo sorriso. Faceva fatica a pensare che le cose fossero così diverse in Giappone quando persone così semplici e gentili la trattavano esattamente come chiunque altri, come se al suo cospetto ci fosse semplicemente una ragazza come tante. Forse però Hiroshi mi ha portato qui proprio per questo. Non stentava a credere che il cognato avesse scelto con attenzione i posti in cui portare Mia per evitarle qualche inutile dispiacere. Sollevò lo sguardo verso Raiden come se volesse chiedergli conferma, prima di scuotere la testa e tirare fuori la fotografia del giovane soldato. « Il lavoro è impeccabile. Lei ha compiuto miracoli. Oggi però io e.. il Tenente.. non siamo qui per questo. La prima volta che le ho fatto visita, ho notato che aveva un aiutante. Inizialmente ho fatto fatica a riconoscerlo però.. Lo stiamo cercando perché.. » S'inumidì le labbra corrugando appena la fronte. « ..è un nostro vecchio amico.. ma ci siamo persi per strada sa. E non sappiamo proprio dove cercarlo. » Lancia lì una cosa come un'altra. Nel lasciare la fotografia al proprietaria dell'antiquariato, Mia non ha dubbi. Lo ha riconosciuto. È proprio lui. Lo sapevo. L'anziano signore però sembra farsi rosso in viso dalla rabbia di colpo. « PICCOLO MASCALZONE! » Esordisce di colpo prima di tornare in sé. « Con tutto il rispetto, signori, ma certe persone meglio perderle che trovarle. L'ho denunciato, quel delinquente! Non si fa vedere da prima di Natale. Sembrava un così bravo ragazzo - gli ho dato fiducia, gli ho permesso di vivere nella stanza sul retro. E poi è scomparso con tutti i galeoni che avevo in negozio e si è pure portato dietro della merce. Io vendo oggetti rari sapete.. mi ha dato un grande dispiacere. Non prenderò mai più un apprendista senza referenze. » Pausa. « Ha fatto pena a mia moglie, sapete! Diceva di essere senza lavoro e di essere stato sfrattato. Ci sembrava davvero un così bravo ragazzo. Ora mia moglie è terrorizzata. Dice che ora verrà a rubare anche a casa nostra. Sa dove viviamo, l'abbiamo fatto sedere al nostro tavolo, sotto il nostro tetto per diverso tempo. Io non avrei mai pensato.. sono le cattive compagnie! Sicuro solo le cattive compagnie! » Non aveva molte informazioni, ma Mia diede comunque modo a Raiden di fargli a sua volta tutte le domande che riteneva necessarie mentre dava un'occhiata nel negozio. Non le sfuggì che il signore parlava di una specie di incontri a cui il giovane partecipava tutte le domeniche. Dettagli che però annotò solo in parte, attenta com'era a guardarsi in giro alla ricerca di qualcosa che potesse saltarle all'occhio. C'era veramente ogni tipo di cianfrusaglia. Quel posto aveva l'aria di un grande magazzino dell'antiquariato. Alla fine, effettivamente, una cosa le saltò all'occhio per davvero: un angolo colmo zeppo di vestiti davvero pregiati. « Molto belli i vestiti. » Puntualizzò una volta conclusasi la conversazione tra i due. « Ah, signora.. il più bello è andato perso. Chissà in quale topaia verrà venduto. » Ringraziato il signore con la promessa di tornare a trovarlo, Mia e Raiden cercarono un posto dove ripararsi dal freddo e dal nevischio che aveva cominciato a imbiancare le strade. « Dopo questa credo di aver bisogno di un antistress. Trappola o no, quel vestito è un concentrato di figure di merda - pure rubato! » Insomma, se possibile l'umiliazione all'ennesima potenza. In definitiva non era una cosa su cui concentrarsi più di tanto. Non era un aspetto poi tanto rilevante. Di base avevano trovato il loro uomo. Uno di loro. Ma sembrava fosse un nullatenente senzatetto che si era letteralmente approfittato di due anziani signori troppo ingenui, finché non si era presentato il suo momento per cosa? Tentare di vendicarsi? Attirare Raiden qui? Compiere un attacco terroristico in piena regola? « Se vuoi torniamo in quel localino di ieri. A patto che tu prenda qualcosa subito però. » Non ti posso veder piangere. Strizzò appena la sua mano sospirando. « Mi mancano Mochi e Ringo. » In realtà le mancavano tutti i loro animali che una volta tornati a casa facevano la corsa a chi dava loro il benvenuto per primo. Così, mentre si incamminavano verso una meta che non sembrava propriamente fissa, si ritrovò a guardare avanti e distrarsi creando giocose nuvolette di vapore nell'aria, tirando fuori la lingua per tentare di sentire la freschezza della neve. Un gioco tanto stupido quanto fallimentare che non riusciva nemmeno a distrarla più di tanto. « Senti.. rispetto alla cosa di prima. Quello che dicevi.. su Haru, no? » Abbassò lo sguardo sui propri anfibi intrecciando le dita a quelle di lui. « Tu lo pensi davvero? Credi che..? » Si insomma, hai capito. « Perché da una parte mi sento in colpa a lasciar andare qualcun altro al mio posto. Voglio dire Raiden.. potrebbe essere rischioso - ma potrebbe esserlo anche per qualcun altro. Sai.. sto pensando.. perché qualcun altro dovrebbe rischiare la pelle quando alla fine quel biglietto è stato indirizzato a me? La sicurezza di qualcun altro non vale meno della mia. » Solleva lo sguardo nel suo e lo osserva con estrema eloquenza. Una parte di lei si chiede se la questione di Haru non è stata lanciata nell'equazione solo per assicurarsi che non avrebbe provato nemmeno lontanamente ad avvicinarsi a quella festa. « Tu lo sai che se si tratta di Haru non vado proprio da nessuna parte. » Non c'è nulla di più importante di voi. Però.. lo pensi davvero? Deglutisce appena mordendosi l'interno delle guance. Se dovesse succedere qualcosa a chiunque andrà al nostro posto mi sentirò una merda. A quel punto però, anche se Raiden non lo stesse pensando davvero, probabilmente non avrebbe mai lasciato Haru da solo. Ho paura. Ammise di colpo soffiando pesantemente. Non per se stessa. Aveva paura per Raiden e per il loro bambino. « Possiamo prenderci una pausa? Tipo anche solo per un'ora. Fosse anche che prendiamo un po' di roba da asporto e ci guardiamo una cazzata prima di andare a dormire. Non dobbiamo fare nulla di che. Però.. ecco.. con tutta la cautela del mondo, vorrei solo un time out. »


     
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    « Possiamo però fidarci? Dico dei vertici. Voglio dire.. siamo certi che al vertice tutti sono uhm.. di fiducia? » Sospirò, stringendosi nelle spalle. Chiaramente su nessuno potevano essere sicuri al cento percento: se per alcuni il passato parlava da sé, per altri poteva esistere un margine di dubbio. Ma alla fine, la certezza non l'avremo mai su nessuno. Chiunque può essere corrotto, con i giusti mezzi. Tuttavia quello era un rischio ridotto che si sentiva comunque di prendere, specialmente perché in quel caso il loro obiettivo primario era quello di tenere al sicuro più persone possibile. « Mi fido del fatto che a loro convenga tenere le cose così come stanno. » Chi ha preso o riottenuto rilevanza e potere in seguito alla caduta della dittatura, ha tutto l'interesse di mantenerlo. Un capovolgimento, per quanto possa arrivare con promesse allettanti, è pur sempre un rischio, e loro sarebbero quelli che più hanno da perderci. « Conosci qualcuno di cui ti fidi ciecamente? Qualcuno che insomma.. condivida le informazioni che tu deciderai di dare con la cerchia che effettivamente potrebbe essere bersaglio di una cosa del genere. » Annuì. « Il Primo Ministro. Su di lui non ho alcun dubbio. È stato il primo ad essere messo in carcere quando l'esercito ha preso il potere, ed è stato quello che più ha incoraggiato l'alleanza con Inverness. È un uomo onesto, e credo che metterebbe al primo posto la salvaguardia dei suoi collaboratori. » Altri uomini potenti, al suo posto, probabilmente avrebbero mantenuto quel segreto per sé, fuggendo da qualche parte al sicuro e sperando di non doverci mettere la faccia qualora fosse successo qualcosa di negativo. Ma il Primo Ministro giapponese non era così: aveva scelto una ad una le cariche del proprio governo, promuovendo nomi rispettabili di persone che si erano sempre dimostrate impeccabili. Ma anche lui può fare errori di giudizio. È umano. « Comunque non pensarci troppo su questo punto. » disse, scrollando appena le spalle. « Se pure dovesse esserci una talpa tra di loro, il peggio che può succedere è che l'operazione salti. D'altronde possono fare ben poco senza i loro target. » Proseguì dunque col resto di ciò che aveva pensato, illustrandole quella che a suo parere poteva essere una giusta linea d'azione per le informazioni raccolte fino a quel momento. Inutile dire che la reazione di Mia al nome di Haru se l'aspettava. Come altro poteva reagire? Nessun genitore vorrebbe mai sentirsi dire che suo figlio è in pericolo. Infatti, di prassi, in casi del genere si tendeva sempre a dare un quadro più edulcorato alle famiglie, ma Mia non era una civile qualunque: era una cacciatrice, ed era sua moglie. Non l'avrebbe mai tenuta all'oscuro del potenziale e probabile pericolo in cui Haru si trovava. Ti mentirei se ti dicessi che il nostro bambino è al sicuro. Non riuscirei nemmeno a vederla come un'omissione, ma come un tradimento. Io mi sentirei tradito. Voleva che Mia fosse al corrente di quei rischi, così da darle modo di ponderare le proprie scelte e osservare anche l'intera operazione sotto una luce che forse poteva non aver considerato del tutto. « Non - non lo farebbero! Haru è solo un bambino è.. » Voltò lo sguardo di lato, evitando apertamente quello di lei mentre si mordeva l'interno delle guance. Una parte di lui avrebbe voluto rassicurarla e dirle che no, solo un mostro avrebbe mai potuto fare qualcosa del genere. Ma purtroppo abbiamo visto con i nostri occhi che la linea tra umano e mostruoso non è poi così netta. Raiden conosceva quelle persone, sapeva come erano state addestrate e come svolgevano le loro operazioni. Non era detto che fossero necessariamente disposti ad uccidere un neonato, ma non si sarebbero fatti alcuno scrupolo a rapirlo o usarlo come leva. E io i miei limiti li conosco. Non riuscirei ad essere lucido. Non ce la farei a starmene fermo e chiamare il bluff, rischiando che qualcosa possa davvero succedere a mio figlio. Questo, i suoi avversari lo sapevano. E lo sapeva anche Raiden, quanto l'amore di un genitore fosse incondizionato e disperato; lui stesso, nella presa di Hogwarts, lo aveva usato contro un auror. Non è qualcosa di cui vado fiero, ma ha funzionato. E funzionerà sempre. Anche su chi ne è consapevole. Non disse nulla in seguito alle parole di lei, non commentò ciò che sapeva lo avrebbe reso un ipocrita. Perché in fin dei conti che differenza c'era tra ciò che aveva fatto lui e ciò che quelle persone potevano avere in mente di fare? Era la causa ultima, a fare da discriminante? Di certo anche loro pensano di combattere per il bene. Ai loro occhi, siamo noi i cattivi, i despoti, quelli che gli hanno tolto tutto ciò che avevano. Dentro di sé, Raiden sapeva di aver compiuto delle azioni imperdonabili - azioni che Mia avrebbe sempre trovato scuse per abbonargli, ma che non lo rendevano una persona migliore di chi potevano trovarsi davanti. Io ho usato quell'amore per ottenere gli scopi che volevo. E poi ho fatto fuori quell'auror, rendendo suo figlio orfano. Tu potrai dirmi che è diverso, che quel ragazzino è sempre stato al sicuro. Ma l'uomo che ho ucciso.. lui cosa ne sapeva? È morto col terrore e col dubbio. Ed è così per causa mia. Perché ho minacciato ciò che aveva di più caro - esattamente come mi hanno insegnato a fare. « Ok. Iniziamo dall'antiquariato. » Annuì in silenzio, forzando via quei pensieri nel cassetto dei propri rimorsi con la stessa velocità con cui riordinò i fascicoli sul tavolo, preparandosi a uscire.
    [..] Camminare per le strade del quartiere magico di Tokyo si rivelò un'esperienza completamente differente rispetto a ciò a cui era abituato. L'ultima volta che era stato lì, immediatamente dopo la rivoluzione, il tempo a loro disposizione era stato così breve e così concentrato a ridosso del grande avvenimento che la sua mente non aveva avuto modo di metterlo a sistema correttamente. Adesso, però, a più di un anno di distanza, era strano vedersi fermare in continuazione per ricevere complimenti ed ossequi. Raiden era abituato a passare pressoché inosservato e a ricevere un muto rispetto solo in virtù dell'uniforme che indossava - un rispetto che, dunque, non era tanto mirato a lui nello specifico, quanto piuttosto all'organo che rappresentava. Non era nemmeno il tipo da ricercarle, le attenzioni, che invece lo mettevano pure un po' in imbarazzo. Sentiva di non avere nulla da dire a quelle persone, nulla da dare loro che potesse giustificare il modo ossequioso in cui gli si rivolgevano. In cuor suo sentiva solo di aver fatto il proprio dovere - di aver rispettato il giuramento prestato al proprio paese il giorno della cerimonia che lo aveva reso soldato e non più recluta. Tuttavia accoglieva quelle attenzioni con gentilezza e gratitudine, cercando di ricambiarle come meglio poteva e di coinvolgere puntualmente Mia, che aveva partecipato all'operazione tanto quanto lui. L'antiquario, quando entrarono, non fu meno gentile rispetto agli altri incontri; riconosciuti subito i due avventori, si prestò immediatamente a rivolgere loro i propri omaggi e accoglierli nel proprio negozio con tutti gli onori del caso. « Il lavoro è impeccabile. Lei ha compiuto miracoli. Oggi però io e.. il Tenente.. non siamo qui per questo. La prima volta che le ho fatto visita, ho notato che aveva un aiutante. Inizialmente ho fatto fatica a riconoscerlo però.. Lo stiamo cercando perché.. è un nostro vecchio amico.. ma ci siamo persi per strada sa. E non sappiamo proprio dove cercarlo. » L'espressione del ragazzo non mutò di fronte alla bugia improvvisata di Mia. Annuì, guardando il vecchio signore con aria seria. Era giusto che l'americana non rivelasse tutti i dettagli: d'altronde, di quell'uomo non sapevano nulla, e la loro identità era già un'informazione più che sufficiente da affidare a mani estranee. « PICCOLO MASCALZONE! Con tutto il rispetto, signori, ma certe persone meglio perderle che trovarle. L'ho denunciato, quel delinquente! Non si fa vedere da prima di Natale. [..] Io non avrei mai pensato.. sono le cattive compagnie! Sicuro solo le cattive compagnie! » Quell'ultima frase fece suonare immediatamente un campanello nella mente di Raiden, che la colse al volo. « In che senso? Aveva cattive frequentazioni? » Fece una pausa, schiarendosi la voce. « Sa, noi non lo rivediamo da molto tempo. Ce lo ricordiamo come un bravo ragazzo. Ma il tempo e la distanza.. beh, non possiamo sapere. Sarebbe un dispiacere se si fosse messo in qualche guaio. » « Ah di guai non ne so, ma io gliel'ho sempre detto che quegli incontri a cui partecipava tutte le domeniche non mi piacevano. In realtà all'inizio non sapevo neanche di cosa si trattasse e non ci ho pensato molto. Ma poi ho notato che usciva sempre più spesso. Sulle prime io e mia moglie pensavamo che si fosse fatto degli amici, che stesse riprendendo la propria vita. Ma ogni giorno era sempre più nervoso, a volte tornava ubriaco ad orari improponibili. E una volta abbiamo visto uno di quei tipi - una faccia da delinquente, Signor Tenente, glielo dico io. » Annuì, Raiden, aggrottando la fronte alle parole dell'uomo senza tuttavia interromperlo. « Aveva un brutto tatuaggio sul collo. » In Giappone i tatuaggi non venivano visti di buon occhio, specialmente dai più anziani - per una serie di motivi, venivano associati quasi immediatamente alla malavita. Un tatuaggio così visibile, poi, ti bollava quasi automaticamente come la peggior specie di delinquente. « Che tatuaggio aveva? » « Mh.. non ricordo. Non l'ho visto chiaramente. Ma credo fosse un animale. » Una tigre. « Comunque aveva proprio una brutta faccia. Quando è rientrato, gli ho chiesto chi fosse venuto a trovarlo così tardi la sera e mi ha detto che era un suo amico dagli incontri. È lì che la cosa mi è cominciata a puzzare. » Annuì nuovamente. « Capisco. Per caso sa qualcosa di questi incontri? Dove si tenessero, per esempio. » L'uomo sospirò, stringendosi nelle spalle. « Mi dispiace, Signor Tenente, non so risponderle. Avrei voluto seguire il ragazzo - sa, vedere dove andasse, capire cosa stesse facendo. Ma non potevo. Spariva dalla sua stanza alla stessa ora spaccata ogni domenica. Probabilmente si smaterializzava. Non ha mai usato il camino o altri mezzi. » « E come ha fatto ad accorgersi degli orari a cui tornava? » « Beh perché faceva casino quando rientrava dalla porta. Sa.. la devo far riaggiustare. È un po' dura e devi far forza per aprirla bene. » Allora non si smaterializzava. Aveva una passaporta. « La ringrazio. E mi dispiace molto per ciò che le è successo. Se lo dovessimo trovare, faremo in modo che le venga reso tutto. » Immagazzinò le informazioni ricevute dal venditore, facendo lo stesso quando rivelò loro che il ragazzo scomparso avesse rubato proprio un vestito dal negozio. A quelle parole, Raiden lanciò un veloce sguardo Mia: era chiaro che stessero pensando la stessa cosa. Nella testa di Raiden, tuttavia, quell'informazione prese anche altre strade, dando forma a quello che poteva essere uno dei probabili scopi per recapitare a Mia proprio un vestito del genere. Merce rubata. Non mi stupirei se tra le loro intenzioni ci fosse quella di metterla in cattiva luce di fronte a tutto il Giappone. Una cosa del genere la rovinerebbe per sempre nel paese, e ovviamente finirebbe per intaccare anche la mia di immagine. Inutile dire che la sola idea gli faceva ribollire il sangue nelle vene. La cultura giapponese difficilmente perdonava cose di quel tipo, e per Mia sarebbe stata un'umiliazione di proporzioni disastrose, una che le sarebbe sempre stata ricordata in un modo o nell'altro. Esporla ad un simile imbarazzo, al giudizio di un intero paese e allo scherno era qualcosa di semplicemente crudele. « Dopo questa credo di aver bisogno di un antistress. Trappola o no, quel vestito è un concentrato di figure di merda - pure rubato! » Annuì, intrecciando le dita a quelle di lei. Forse anche lui aveva bisogno di una pausa: era evidente che quel caso lo colpisse troppo sul personale, e lavorare in quelle condizioni non era la cosa migliore. Decise dunque di tenere per sé le proprie considerazioni, almeno fino a un secondo momento, quando entrambi si fossero ristabiliti su un umore più lucido. Inoltre non voleva nemmeno premere troppo il piede sull'acceleratore con la partecipazione di Mia a quell'indagine: era giusto e salutare che l'americana si prendesse i propri tempi, allontanandosi un po' quando le cose si facevano troppo dense per essere processate. « Possiamo riprendere domani. Oggi è stata una giornata stressante. » le disse con tono pacato, rivolgendole un piccolo sorriso mentre le strizzava leggermente la mano. Se per lui era stata dura, di certo Mia non la stava vivendo meglio: in quel paese veniva continuamente trattata come un'estranea, e ogni cosa sembrava mirare a toglierle la terra da sotto i piedi, minacciandola sotto qualunque fronte. « Se vuoi torniamo in quel localino di ieri. A patto che tu prenda qualcosa subito però. Mi mancano Mochi e Ringo. » Un piccolo sospiro abbandonò le labbra del ragazzo. Sì, anche a lui mancavano. Gli mancava casa, quel luogo che avevano costruito insieme e che per quanto distante dai loro rispettivi paesi aveva comunque assunto una forma significativa per entrambi. Era un nido, un porto sicuro in cui potevano vivere la loro quotidianità senza preoccuparsi dei giudizi o delle complicazioni esterne. E poi non ce la fai ad essere triste troppo a lungo quando Kei ti salta addosso per leccarti mezza faccia. « Già.. mi manca un po' tutto il nostro zoo. Si sentiranno abbandonati, poverini. Forse dovremmo portarli qui se la cosa dovesse andare alle lunghe. » In cuor suo sperava non fosse quello il caso, ma ovviamente non poteva metterci la mano sul fuoco. « Senti.. rispetto alla cosa di prima. Quello che dicevi.. su Haru, no? Tu lo pensi davvero? Credi che..? » Riaprire il discorso riportò alla luce quel peso che aveva sul cuore, uno di cui difficilmente si sarebbe mai liberato. Teneva lo sguardo dritto di fronte a sé, tra la gente che camminava spedita per la strada innevata, fingendo una neutralità che dentro di sé non sentiva. « Perché da una parte mi sento in colpa a lasciar andare qualcun altro al mio posto. Voglio dire Raiden.. potrebbe essere rischioso - ma potrebbe esserlo anche per qualcun altro. Sai.. sto pensando.. perché qualcun altro dovrebbe rischiare la pelle quando alla fine quel biglietto è stato indirizzato a me? La sicurezza di qualcun altro non vale meno della mia. » « In realtà dopo quello che ha detto l'antiquario, credo non abbia senso mandare qualcuno al tuo posto. Sarebbe solo.. inutile. Sortirebbe lo stesso risultato. Mandare qualcuno in incognito sarà sufficiente. » disse svelto, cercando quasi di tagliare corto quel discorso che chiaramente apriva nel suo animo troppi ricorsi sgraditi e troppi sentimenti irrisolti che cercava solo di ignorare. Era quello, d'altronde, il suo metodo: soffocare qualunque dispiacere, qualunque cosa lo ferisse o lo facesse star male, senza mai affrontarla davvero. Stringere i denti e andare avanti: era questo ciò che gli era stato insegnato. Fermarsi a riflettere su ciò che si provava era una cosa da deboli. « Tu lo sai che se si tratta di Haru non vado proprio da nessuna parte. » Annuì, questa volta più svelto, quasi meccanicamente, continuando a guardare di fronte a sé. Lo so. « Pensi che me ne rimarrei nascosto a casa se non avessi un buon motivo per farlo? » Quella domanda, più che una domanda vera e propria, fu la sua risposta ai dubbi di Mia. Raiden non era mai stato il tipo di persona da scansare o delegare il pericolo: si metteva sempre in prima linea. Non lo faceva in virtù di un coraggio che rasentava la stupidità, o perché sottovalutasse l'effettivo pericolo, ma perché sapeva di avere gli strumenti per affrontare certe situazioni e preferiva fare squadra piuttosto che starsene lontano. Era il primo a cui fare un passo indietro non piaceva, ma in quel caso se si fosse mosso per puro orgoglio avrebbe rischiato molto più di quanto fosse disposto a perdere. « C'è un momento per essere Tenente ed uno per essere padre. Questo è un momento in cui devo essere padre. » Perché amo il mio paese. Lo amo alla follia. Darei la vita per il Giappone. Ma ci sono cose che amo di più e che ho più responsabilità di proteggere. Forse era una considerazione egoistica, forse ciò lo rendeva un soldato peggiore di ciò che avrebbe voluto essere, ma quel limite voleva comunque tracciarlo. Hichiro non lo aveva. Lui non ha mai tracciato quella linea. Era un soldato a casa tanto quanto lo era fuori. Avrebbe sempre messo il lavoro di fronte a tutto, anche di fronte al proprio stesso figlio. Forse mi odiava proprio per questo: perché sapeva che io non avrei mai avuto il fegato di vivere così. E su questo punto non aveva torto: sarebbe sempre stato un soldato migliore di me. Ma è un confronto che non desidero vincere. « Possiamo prenderci una pausa? Tipo anche solo per un'ora. Fosse anche che prendiamo un po' di roba da asporto e ci guardiamo una cazzata prima di andare a dormire. Non dobbiamo fare nulla di che. Però.. ecco.. con tutta la cautela del mondo, vorrei solo un time out. » Annuì di nuovo, piano, prendendosi qualche istante per spazzar via il malumore dal proprio viso e voltarsi finalmente nella sua direzione, rivolgendole un sorriso dolce. « Certo. Possiamo prenderci tutto il tempo che vuoi. » Si chinò per stamparle un bacio sulla tempia, facendo una leggera pressione sulla sua mano per attirarla più vicina a sé mentre proseguivano per la loro strada.
    Alla fine Raiden aveva optato per un'altra destinazione. Promettendole che il cat cafè sarebbe stata una tappa sicura nei giorni a venire, le aveva chiesto di fidarsi di lui e seguirlo in un'altra direzione. A Tokyo c'era davvero l'imbarazzo della scelta: qualunque tema si potesse pensare, sicuramente si poteva trovare almeno un café che già lo aveva adottato. Così, mosso dallo spirito di farla sentire un po' più coccolata e spostare il focus della giornata dalle paranoie a lei, il giovane Yagami aveva preso una direzione che li avrebbe portati altrove, verso lidi forse più familiari. Di imitazioni delle tavole calde americane, a Tokyo ne potevi trovare a bizzeffe. Quella scelta da Raiden si trovava nella parte babbana della città e aveva un'aria così pacchianamente stereotipata che, ne era certo, avrebbe dato modo a Mia di distrarsi per un bel po' e darle di che parlare. « Visto che sto sempre a lamentarmi del cibo
    giapponese all'estero mi sembrava giusto darti l'opportunità di sparare a zero sulle nostre, di imitazioni. »
    proferì quelle parole nel momento in cui fu chiaro che quella tavola calda fosse la loro destinazione, un attimo prima di varcarne la soglia. Nel dirlo, le rivolse un sorriso divertito, strizzandole leggermente la mano mentre le scoccava un occhiolino. « Spietata, mi raccomando. » In cuor suo sperava che quella cosa potesse darle modo di pensare ad altro, di divertirsi, e magari di sfogare anche un po' del rancore e della frustrazione che aveva necessariamente accumulato in quei giorni nel vedere il trattamento che le veniva puntualmente riservato. Una volta dentro, vennero subito accolti da una cameriera in tenuta eccentrica, che gli si avvicinò con movimenti fluidi, sgusciando sul pavimento con le rotelle dei pattini che portava ai piedi. E già qui non ci siamo: nelle tavole calde non ti accoglie proprio nessuno. Già è tanto se ti cagano quando ti siedi. Trattenne il sorriso, scrutando per tutto il tempo Mia con pura curiosità. Quando vennero scortati al tavolo, la ragazza gli porse un menu plastificato dove venivano illustrati diversi piatti con tanto di foto e breve spiegazione. Per la maggiore erano tutte cose basilari, ma alcune pietanze erano state palesemente reinventate per i gusti giapponesi. « Per me un milkshake alla crema. Poi.. mh, ti va di dividerci una banana split? » Chiese conferma a Mia, consapevole del fatto che il dolce sarebbe stato completamente diverso da ciò che veniva servito in America. Qualunque cosa, in realtà, lo sarebbe stata. Ma il punto era proprio quello, in fin dei conti. Lasciata dunque l'ordinazione, rimasero soli al tavolo mentre la cameriera si apprestava a tornare al bancone. « Allora.. che ne dici? Realistico? » le chiese, con tono più sarcastico che altro, mentre giocherellava col piccolo jukebox di plastica made in China che ornava il loro tavolo alla stessa maniera di tutti gli altri. Le canzoni disponibili erano banalmente quelle più note, e nemmeno tutte erano americane, a giudicare dalla presenza dei Beatles e altre band notoriamente inglesi. Ma tanto per noi è la stessa cosa. In realtà nemmeno funzionavano, quei cosi: servivano solo ed esclusivamente per abbellire il tavolo e rendere l'atmosfera più americana. L'unico jukebox funzionante era quello in fondo alla sala, da cui passavano pressoché le stesse canzoni. Ad un certo punto, nell'attesa, Raiden tirò un respiro, sporgendosi oltre di lei per scrutare la sala. « Senti, io vado velocemente in bagno a lavarmi le mani. Tu nel frattempo preparati una lista precisa di lamentele, ok? » Le scoccò un sorriso, alzandosi dunque dal proprio posto e stampandole un piccolo bacio tra i capelli mentre la sorpassava per avviarsi verso l'insegna del bagno che, fortunatamente, era vicino all'uscita. Si lanciò un ultimo sguardo dietro, accertandosi che Mia non lo stesse guardando, e poi sgusciò velocemente fuori dal locale. Senza cappotto, le strade giapponesi erano gelide, e il giovane dovette trattenere il fiato per conservare il calore mentre allungava velocemente il passo verso un negozio poco più indietro, che avevano passato prima sulla strada. Nel giro di cinque minuti, Raiden uscì dal fiorista con tra le mani un mazzo ben decorato di rose corallo e fiori d'arancio, tornando svelto verso la tavola calda. Nell'oltrepassare nuovamente quella soglia cercò di fare meno rumore possibile, facendo cenno alla cameriera di non avvicinarsi mentre lui, dal canto suo, si avviava con passo felpato in direzione di Mia, seduta di spalle rispetto alla porta. Senza far rumore, sgusciò sul divanetto dello scomparto dietro di lei, allungando poi il braccio oltre il limitare per metterle il mazzo di fronte al viso. Quando Mia vide i fiori, voltandosi poi nella sua direzione, Raiden le rivolse un largo sorriso, ridacchiando felice. « Sorpresa. » disse con tono giocoso, scoccandole un bacio sulle labbra mentre le lasciava i fiori e si appoggiava con entrambi gli avambracci sul bordo dei divanetti. « Ho pensato che purtroppo anche questa volta siamo capitati qui in una stagione non ottimale. » E pure in un periodo di merda, direi. Stese le labbra in una piccola linea, inclinando il capo di lato per osservarla con uno sguardo tra il tenero e il triste, che in parte sembrava volersi scusare per tutte le circostanze che li avevano visti coinvolti in quel viaggio. « Ti avevo detto che ti avrei portata qui in primavera, per la fioritura dei ciliegi. » C'era un po' di tristezza in quelle parole. Forse ai tempi non era stata una promessa seria, e forse lui stesso non si sarebbe aspettato che le cose tra loro sarebbero andate in quel modo - che un giorno sarebbero stati marito e moglie. Però non le aveva mentito: ciò che le aveva detto, in ogni occasione, era lo specchio esatto di ciò che sentiva in quel dato momento. « Vorrei davvero fartela vedere.. per davvero, non in una simulazione. Vorrei portarti a fare una passeggiata al parco e fermarci per un pic nic senza dover guardare l'orologio o pensare ad altro. » proferì quelle parole con tono più basso e mesto, allungando un indice per sfiorarle appena il profilo del viso in una carezza delicata. « E lo farò, ok? » Annuì alle proprie stesse parole, come a rimarcarle, prima di tirare un piccolo sospiro e indicare con un cenno il mazzo di fiori, sorridendo tra sé e sé. « Ma i ciliegi non sono ancora in fiore, quindi per il momento prendi questo come una promessa. » Sbuffò una piccola risata dalle narici, inclinando poi ulteriormente il capo per appoggiare la tempia sul proprio braccio. Rimase così per qualche istante, in silenzio, ad osservarla in muta devozione e bearsi per un po' semplicemente del fatto che fossero lì, senza occhi sgraditi ad osservarli. I love you so much, Mia. Esalò quelle parole in un soffio, come una confessione che non riusciva a trattenere per sé e che sentiva non fosse comunque sufficiente ad esprimere la forza dei sentimenti che provava per lei. I don't care what some idiots here say: you really are my angel and I feel the luckiest man on Earth when I'm with you. I will never not be proud to call you my wife. And I will assert it to every single person we meet until everyone in Japan knows it damn well.






     
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    Mia aveva bisogno di un momento, non tanto perchè l'indagine si stava estendendo più di quanto pensasse quanto perché ad ogni domanda che facessero in giro, la faccenda si faceva di natura più personale ed elaborata. Era certa che il problema non fosse relegato solo al loro vissuto personale e che invece, l'operato dei lycan era stato fondamentale affinché quella situazione si creasse, ma ciò non toglieva che in un certo qual modo si sentiva direttamente responsabile della risoluzione della faccenda. Proprio per questo sentiva il bisogno di prendere un lungo respiro, riconnettersi con la sua dolce metà e riprendere con giusta ottica ognuno degli indizi che era stato fornito loro durante quella breve permanenza a Tokyo. « ..mi manca un po' tutto il nostro zoo. Si sentiranno abbandonati, poverini. Forse dovremmo portarli qui se la cosa dovesse andare alle lunghe. » Già. Lì, in quella città sconosciuta, lontana da qualunque cosa conoscesse, Mia si sentiva priva di punti di riferimento al di fuori di Raiden. Non ne era spaventata, né intimidita, ma si sentiva comunque parte di una situazione rocambolesca: non completamente estranea, né completamente parte del sistema. Straniera sì, diversa, ma anche e soprattutto estranea. Si affidava solo a Raiden e in lui cercava le sicurezze e l'incoraggiamento necessario per restare in sé, per non compiere passi falsi che avrebbero potuto nuocere a entrambi, e chissà, forse anche a tante altre persone che non sono qui con noi. Riavere i gatti e il cane che insieme avevano adottato, l'avrebbe aiutata a percepire quella casa che ora condividevano in maniera del tutto provvisoria più casa. « Se Kei fosse con Haru a tutte le ore, mi sentirei più tranquilla. » Ammise, ben consapevole che nonostante la loro casa fosse sicura, la possibilità di considerare Haru come un target, la faceva sentire molto meno a suo agio all'idea di lasciarlo a casa, seppur con un elfo che lo avrebbe curato e protetto al costo della propria vita. È pur sempre un estraneo, e per quanto Haru sembrasse divertirsi a tirare le orecchie del povero elfo, Mia aveva ancora difficoltà a fidarsi di chiunque con il suo piccolo. Seppur non sapesse cosa lo rendesse così pensieroso, era evidente che anche l'umore di Raiden fosse pesante. Aveva l'impressione, Mia, che qualcosa di ciò che aveva detto lo aveva reso particolarmente taciturno già da prima. « Pensi che me ne rimarrei nascosto a casa se non avessi un buon motivo per farlo? C'è un momento per essere Tenente ed uno per essere padre. Questo è un momento in cui devo essere padre. » No non lo penso. Tu non sei un codardo. Però credevo, erroneamente, che potessi volerlo fare anche per tenere me a distanza. Forse tra quelle motivazioni, quel pensiero c'era. Raiden aveva reso chiaro che tenerli lontani da ogni pericolo fosse una sua priorità; eppure, il fatto che pensasse prima alla sua famiglia e non alle questioni più ampie relegate alla missione che li portava lì, per Mia era fondamentale. Non poteva saperlo, il giovane Yagami ma quel dettaglio significava tantissimo per Mia. La nostra gente pensa prima alla comunità e poi alla propria famiglia. In un certo senso siamo progettati per morire per la patria. Proteggere il proprio avamposto significa anche proteggere la propria famiglia, ma rischiare di non esserci più non è mai una preoccupazione che ci assale più di tanto. Qualcun altro penserà a chi resta. È sempre così. Istintivamente, Mia strinse con più decisione la mano di lui, posando la guancia contro il suo braccio, strizzandogli appena le dita per attirare la sua attenzione. « Grazie.. davvero. » Potrebbe sembrare scontato ma per me significa tanto. Fu come se Raiden le avesse tolto un peso dal cuore, tant'è che, seppur ancora pensierosa rispetto al suo stato d'animo decise di lasciarsi almeno per un po' alle spalle le questioni più complesse per concedersi una pausa.
    Al di là delle barriere anti-babbani del quartiere magico, Tokyo aveva un'aura non dissimile da quella che si respirava tra le abitazioni dei maghi. Palazzi alti, luci a neon, il traffico infernale e una moltitudine di persone. Le uscite in notturna con gli warlock erano state quelle che le erano piaciute di più anche prima della liberazione. Su Mia, la capitale sembrava avere un particolare ascendente. Cresciuta in un posto pressoché piccolo e pittoresco, con costruzioni di al massimo un paio di piani, abituata a spostarsi in barca e mezzi paragonabili a poco più che un cumulo di rottami, era particolarmente attratta da quel caos, una città futuristica piena zeppa di attrazioni e consuetudini da scoprire. Seppur non riuscisse immaginarsi di poter vivere in un simile posto, tra cemento e migliaia di persone, trovava le metropoli, specialmente quelle così all'avanguardia come Tokyo, estremamente affascinanti. La grande giungla urbana giapponese sembrava animarsi ulteriormente di notte; i locali, i turisti, le tante bancarelle tipiche, le discoteche, i distributori e invenzioni futuristiche - tutta quella massa di novità sorprendenti, stimolava in lei un carico di curiosità senza precedenti. Persino molti negozi restavano aperti fino a tardi. In quel periodo poi, a cavallo tra le feste, il flusso di visitatori sembrava superare di gran lunga il numero di persone che Mia aveva avuto modo di osservare alla metà di un agosto qualsiasi. Camminava guardandosi intorno con la tipica curiosità di una bambina esposta a tanti diversi stimoli, chiedendo di tanto in tanto cosa fosse questa o quell'altra cosa; nelle vetrine dei negozi, spesso era facile vedere anche oggetti davvero curiosi, alcuni dei quali, evitò anche di chiedere a cosa servissero, considerando l'ambiguità a cui si prestavano. Giunsero così di fronte a un locale che aveva le tipiche sembianze di una dinner all'americana. Il posto sarebbe stato estremamente convincente se non fosse stato così scintillante e dai colori accesi. In tutta risposta la mora ridacchiò appena sollevando lo sguardo in direzione di Raiden con una nota interrogativa. Sul serio vuoi rovinarti così? « Visto che sto sempre a lamentarmi del cibo giapponese all'estero mi sembrava giusto darti l'opportunità di sparare a zero sulle nostre, di imitazioni. » Mia dal canto suo alzò gli occhi al cielo dandogli una leggera gomitata. Era abbastanza certa che il cibo di molte dinner fosse facilmente riproponibile ovunque, banalmente perché quel tipo di posti era noto per impartire un tipo di cucina poco salutare e a base di surgelati. Il punto però non è tanto il cibo, quanto l'atmosfera che si respira. E prima ancora di entrare, Mia sapeva già che quello non sarebbe stato un posto in cui una coppietta squattrinata in fuga da sguardi indiscreti o dei camionisti si sarebbero trovati a proprio agio. « Spietata, mi raccomando. » Probabilmente stava solo tentando di distrarla, riportandola su un terreno in cui ovviamente avrebbe avuto un netto vantaggio conoscitivo di natura culturale. Gliene fu grata, ma nonostante ciò, non ebbe dubbi sul fatto che né le sue critiche, né il suo sentirsi oltraggiata dalla mancanza di tatto nel onorare la tradizione delle dinner avrebbe cambiato il fatto che lì, gli americani non erano visti così tanto di buon occhio. « Oh lo sarò. Ci puoi contare. » Non significa però che non posso prendermi una piccola rivincita. Il Giappone sarà anche bello, ma su certe cose proprio non ci sapete fare. Il campanello all'entrata preannunciò il loro arrivo, tant'è che in pochi istanti vennero raggiunti da una signorina vestita in maniera estremamente appariscente, pronta ad accompagnarli a uno dei tavoli liberi. Mia la squadrò dalla testa ai piedi sollevando un sopracciglio, prima di fulminare Raiden con uno sguardo piuttosto eloquente. « Per me un milkshake alla crema. Poi.. mh, ti va di dividerci una banana split? » Studiando il menu, Mia si ritrovò a storcere un po' il naso, ma alla fine, decise di andare per qualcosa di piuttosto semplice. Annuì sulla proposta di Raiden per poi scorrere un altro po' il meno, non senza gettare di tanto in tanto lo sguardo in direzione della ragazza che stava fissando il marito un po' troppo insistentemente. « Io aggiungo un milkshake al cioccolato fondente. Si può aggiungere del uhm.. amore.. come si dice caramello salato? » Posò una mano sul polso di lui sorridendogli con insistenza, inumidendosi appena le labbra mentre sbatteva le ciglia. Attese che fosse lui a dare indicazioni alla cameriera in attesa di rimanere nuovamente da soli. « Allora.. che ne dici? Realistico? » Di realistico quel posto non aveva proprio niente. In tanto era eccessivamente pulito; odorava ancora di vernice fresca esattamente come se fosse stato aperto il giorno prima. Ogni superficie sembrava brillate; persino il loro tavolo era di una pulizia eccessiva. Si potrebbe mangiare tranquillamente direttamente sul tavolo senza posate e senza piatti. Mancava della tipica puzza di fritto che si respirava in quei posti. E poi non c'era lo stesso caos, le canzoni anni cinquanta, il vecchietto dei cruciverba. « Raiden, questo posto è una truffa. Chiedono soldi per il caffè! » Disse di colpo scuotendo la testa. « E neanche pochi! » Per Mia era una cosa inconcepibile, al punto che se qualcuno le avesse chiesto soldi per il caffè in una tavola calda avrebbe percepito quella pretesa come oltraggiosa. Minimo fa pure schifo. Si sentono tutti Starbucks e poi ti versano un po' di acqua sporca in una tazza. « Guarda meglio che non ci penso altrimenti divento Karen che vuole parlare col manager. È tutto sbagliato. Sbagliatissimo. L'Hound Dog aveva le sue pecche, ma qui » Di certo però, non era stata portata lì per l'autenticità del posto. Probabilmente Raiden voleva sentire proprio questo e fu evidente dal modo in cui ascoltava divertito tutti i suoi appunti in merito. « Senti, io vado velocemente in bagno a lavarmi le mani. Tu nel frattempo preparati una lista precisa di lamentele, ok? » Quella breve pausa le diede modo di tirare fuori il cellulare e aggiornarsi velocemente con le sue amiche in Inghilterra. Aveva passato poi il tempo a mandare qualche foto a Ronnie, e assicurarla che tanto lei quanto Raiden e Haru stavano bene. Evitò di aggiungere troppi dettagli circa le questioni più scottanti, raccontandole piuttosto di cose più leggere. Tipo Misa. Di Misa ha sempre voglia di parlare. « Raiden mi ha chiesto se avevo voglia di uscirci una volta. Solo io e lei. Gli ho detto che ci penserò. Secondo te? Sta cosa mi lascia un po' meh.. » Un vocale veloce che le mandò prima di chiedere a Logan se avesse modo di trovare un warlock che potesse aprire un portale per portarci lo zoo a Tokyo. Ovviamente, conoscendolo, la risposta da parte del fratello non sarebbe arrivata prima di un paio d'ore, quindi poteva a quel punto poteva solo scorrere un po' Wiztagram per aggiornarsi circa le ultime da Inverness e Hogsmeade. Insomma, niente di nuovo sul fronte occidentale. Se anche avesse voluto continuare, il mazzo che comparve di scatto davanti ai suoi occhi, la portò a corrugare appena la fronte, voltandosi di scatto per incontrare niente di meno che il viso di Raiden. « Sorpresa. » Aveva le guance e il naso rosso, sintomo di chi aveva subito un'escursione termina. « C'è un distributore di fiori in bagno? » Chiese ironicamente prima di accettare i fiori osservandoli con un'espressione intenerita. « Sono veramente bellissimi. Grazie.. » Chiedere però quale fosse l'occasione o dire che non dovesse regalarle i quei fiori era ormai superfluo. Si era ormai abituata a quelle improvvisate e doveva ammettere che le piaceva davvero tanto ricevere fiori da Raiden così come lasciarsi sorprendere da lui. « Ho pensato che purtroppo anche questa volta siamo capitati qui in una stagione non ottimale. Ti avevo detto che ti avrei portata qui in primavera, per la fioritura dei ciliegi. » Sorrise abbassando appena lo sguardo per osservare i fiori che carezzò appena con tenerezza. « Dai va beh, ci sta.. subito dopo ti ho detto che mi ero rotta del fair play. In fondo è comprensibile. Ti eri un po' confuso.. volevi fare il fringuellino in vacanza all'estero. » Scoppiò a ridere, seppur non riuscisse a smettere di guardare il suo bel mazzolino, che per giunta profumava anche bene. Era sempre bello ricevere qualcosa, anche qualcosa di infinitamente piccolo e insignificante; non era tanto quale fosse il regalo, ma il fatto che Raiden ci stesse pensando. Si sentiva coccolata, importante, e tutto ciò non era affatto scontato. « Vorrei davvero fartela vedere.. per davvero, non in una simulazione. Vorrei portarti a fare una passeggiata al parco e fermarci per un pic nic senza dover guardare l'orologio o pensare ad altro. E lo farò, ok? Ma i ciliegi non sono ancora in fiore, quindi per il momento prendi questo come una promessa. » Per un po' non dissero niente, Mia e Raiden, e forse non ce ne fu nemmeno il bisogno. Negli sguardi di entrambi c'era tutto ciò che entrambi dovevano sapere, tutto ciò che volevano che l'altro sapesse. La mora allungò appena la mano per carezzargli i capelli con dolcezza, prima di allungarsi a posargli un bacio sulla punta del naso ridacchiando appena con una squillante risata un po' infantile. I love you so much, Mia. I don't care what some idiots here say: you really are my angel and I feel the luckiest man on Earth when I'm with you. I will never not be proud to call you my wife. And I will assert it to every single person we meet until everyone in Japan knows it damn well. Colpita come un treno da quei sussurri, si morse il labbro inferiore osservandolo con un'espressione di muta ammirazione mista al tormento. Come era possibile che Raiden potesse essere così carino e al contempo così dannatamente attraente? Sul serio, è frustrante. Era frustrante sentirsi costantemente avvampare le guance, sentirsi come una ragazzina alle prime armi, sempre un po' impacciata e timida, sulle spine, come se ogni volta fosse la prima volta. Significa però che ti amo come il primo giorno e anche di più. Non vorrei mai che fosse diversamente, anzi. Per un istante, tuttavia, corrugò la fronte arricciando appena il naso. « Devo confessarti una cosa. » Disse di colpo in un sussurro a sua volta. « È veramente fastidioso il fatto che tu sia così adorabile. Dico sul serio Raiden. Sei fastidiosamente a-do-ra-bi-le!» Per un istante mimò un'espressione estremamente imbronciata, prima di essere interrotta dall'arrivo della cameriera che giunse con le loro ordinazioni. Mia scivolò un po' più vicina alla finestra, posando i fiori sul tavolo, per fargli spazio accanto a lei, mentre avvicinava il proprio milkshake e posizionava il banana split tra loro. Non appena il giovane Yagami prese posto al suo fianco, Mia si avvinghiò al suo braccio, strofinando il nasino contro la felpa di lui, sfregandogli energicamente il braccio per scaldarlo un po'. « Non dovevi uscire così, scemo! Fuori si gela. Non è che devi prenderti la polmonite per promettermi che vedremo i ciliegi in fiore. » Era però una cosa così romantica, e così tanto Raiden. Semplice ma al contempo così ad effetto. « Anche se è stata una cosa molto carina. » Disse quindi a voce più bassa mentre prendeva il cucchiaino per tastare l'autenticità del desert scelto. Ovviamente non aveva niente a che fare con il classico banana split. La banana in questo caso pareva puramente decorativa e serviva come appoggio per tre mochi ice cream: uno al tè verde, uno alla patata dolce e uno ai fagioli rossi. Al posto dei vari topping c'erano delle specie di mini pocky infilzati qua e là in maniera scenografica. Al posto della panna c'era quella che constatò in seguito fosse crema alla vaniglia. « Partiamo dall'ovvietà: il gelato è sbagliato. Però, io, a differenza di qualcun altro fissato con le tradizioni, non intendo soffermarmi all'apparenza di questa bestemmia. » Che poi mi chiedo cosa c'entri la banana se tanto non è un banana split. Sospirò profondamente, decidendo di iniziare dal mochi gelato alla patata dolce. Sapeva già che le sarebbe piaciuto. Raiden l'aveva fatta innamorare di quel gelato molto tempo addietro, tant'è che nonostante tutto lo trovò davvero delizioso. Annuì tra se e se, per poi invitarlo a servirsi a sua volta. « Allora. Non è manco il migliore.. quello che mangiamo sempre è molto meglio. Però ci sta.. se non fosse che hai chiesto un banana split e ti hanno portato dei mochi gelato su un letto di banana con la crema. » Un'accozzaglia che evidentemente ai giapponesi doveva piacere. « Ora quando torniamo a casa te lo faccio io il banana split va. Manco ti manda in coma diabetico. Cioè ora tu spiegami il senso di questi sapori blandi. » Passò infatti al milk shake che non le apparve di tanto diverso. Il caramello salato non era salato, ma aveva solo una punta di caramello aggiunta sulla superficie della bevanda per far finta che l'avessero accontentata. Di scatto assottigliò lo sguardo osservandolo con un'espressione divertita. « Sto iniziando a pensare che ai giapponesi piacciono un po' troppo le cose blande. » Pausa. « Tutto il contrario dell'impressione che mi ero fatta. Non so.. sai.. da quello che pensavo.. »
    Per un po' lo osservò solo con un leggero sorrisino stampato sul volto, gustando di tanto in tanto il gelato senza aggiungere niente, forse anche troppo orgogliosa della sua precedente affermazione. Poi, ad un certo punto gettò lo sguardo fuori dalla finestra. Il tramonto stava iniziando a lasciare completamente spazio a una serata gelida, ma non per questo capace di convincere le moltitudini di turisti di dirigere i propri passi verso casa. Tokyo non dormiva mai, e se possibile, di notte, era ancor più bella che di giorno. Era impressionante quanto quell'aura misteriosa la attirasse, senza nemmeno sapere cosa vi avrebbe scoperto. Ad un certo punto tornò a osservarlo con un'espressione un po' pensierosa.
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    « Se stai cercando di convincermi che Tokyo è un posto un po' meh solo perché non sanno cos'è un banana split, non sta funzionando più di tanto. Certo non mi risveglia nessun ricordo dell'infanzia questo posto.. però.. a tratti forse è meglio. Il posto in cui siamo andati dopo che ci siamo sposati era pure bello.. tu pensa. » Sa bene che non è quello l'intento di Raiden, ma prenderlo in giro è comunque divertente, non a caso solleva appena il mento e lo osserva con un'espressione intenta alla sfida. « A me piace tantissimo. » Si stringe nelle spalle e si porta la cannuccia del milk shake alle labbra. « Non so.. questa città mi incuriosisce tantissimo. » It's so clean, well-ordered, functional. It feels so innocent and decent.. like its people. But then.. there's something mysterious about it. Almost wicked. Twisted. Messy as hell. I want to know more.. Quello era l'unico modo razionale in cui riuscisse a descrivere il posto in cui si trovavano. Un posto così ordinario, ordinato, meccanizzato e perfettamente sincronizzato affinché funzionasse come un unico organismo perfettamente funzionale. Una giungla urbana appunto, che aveva un ritmo così preciso. Eppure, così colmo di ombre. I guess it's my specialty: I love things, places.. people.. until they love me back. Lo osservò con una certa eloquenza che rasentava una sicurezza che non sapeva nemmeno da dove arrivasse. È come se in cuor suo volesse dirgli che in un modo o nell'altro Tokyo la amerà, la accoglierà alla stessa maniera in cui lei amava quella città. Prima o poi. « In ogni caso, non so.. mi sembra mi ricordi qualcuno. » Someone pretty, innocent-looking, kind and gentle.. really tidy and precise.. but somehow.. wicked. Sorrise appena abbassando lo sguardo, in un certo qual modo in imbarazzo dalla sua intrinseca ammissione. Lei vedeva Raiden proprio così. Un ossimoro in termini; la più incomprensibile dicotomia della sua vita. « Solo che ora non ricordo proprio come si chiama. Forse Alejandro.. o Fernando. No. Forse era Roberto? » Già. Proprio loro. Di colpo gli circondò il busto con entrambe le braccia, facendosi più vicina per lasciar cozzare il proprio ginocchio con quello di lui. « Non so.. devo proprio fare mente locale.. » Dicendo ciò, tuttavia, Mia posò la guancia contro la spalla di lui, prima di ricercare il suo abbraccio, facendosi quanto più vicina possibile per lasciargli qualche leggero bacio sul collo e lungo la mascella. Do you know anyone who fits this description? Sounds like husband material to me. You know.. reliable, adorable, pretty but also.. a bit mysterious. Posò una mano sulla coscia di lui, lasciando cozzare ancora il ginocchio col suo scoccando la lingua contro il palato. « Va beh, comunque.. non so.. mi piace l'idea di immaginarti qui. Immaginarci qui.. » Sollevò istintivamente lo sguardo nel suo, osservandolo con un'espressione tenera mentre giocherellava distrattamente coi suoi polpastrelli. « ..sembra una città molto divertente. Lo so che qui hai anche ricordi non belli.. però.. mi piace pensare che insieme ne possiamo crearne dei nuovi. » Pausa. Si guardò per un istante intorno con aria un po' circospetta. I can be wicked as well.




    Edited by « american beauty » - 7/2/2023, 10:30
     
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    « Devo confessarti una cosa. È veramente fastidioso il fatto che tu sia così adorabile. Dico sul serio Raiden. Sei fastidiosamente a-do-ra-bi-le! » A quelle parole, il giapponese scoprì i denti in un sorriso felice, sbuffando una piccola risata soddisfatta dalle narici. Gli piaceva farla contenta, anche solo togliendole momentaneamente una preoccupazione e distrarla con qualcosa di più superficiale. Erano solo passati pochi giorni dal loro arrivo in Giappone, ma Raiden sapeva quanto fosse dura per Mia ritrovarsi in un ambiente che non solo le era estraneo, ma a tratti anche avverso. I turisti parlano di questo come di un paese estremamente accogliente, e può esserlo davvero, ma solo in certi casi. Per i giapponesi esiste una linea invisibile ma netta tra chi sta dentro e chi sta fuori. Un turista, anche quando si trova qui, è comunque fuori - mentalmente, culturalmente e da ogni altro punto di vista - dunque è ben accetto perché non pretende di entrare nei fatti nostri. Ma chi invece per qualche ragione lo fa.. beh, lì la situazione cambia, e non tutti si rivelano poi così accoglienti come sembravano. Raiden aveva avuto quella mentalità sotto i propri occhi per tutta la vita: prima di Mia ci era passata sua madre. Hanna aveva dovuto lottare a lungo per il suo piccolo spazio: aveva dovuto imparare velocemente una lingua che non conosceva affatto, aveva dovuto sforzarsi per omologarsi ad una cultura completamente opposta rispetto alla propria e aveva anche dovuto lavorare sodo per farsi accettare dai genitori del marito. Perché almeno sulle prime, persino gli ormai amorevoli e gentili nonni Yagami avevano avuto non poche riserve sulla scelta del figlio; avrebbero di gran lunga preferito se questo si fosse trovato una brava ragazza giapponese, una che potesse comunicare sin da subito con loro ed entrare nella famiglia senza sforzi. C'era voluto tempo, fatica e anche qualche litigata per far sì che almeno quello diventasse un nucleo sicuro per Hanna - ma fuori da lì, cambiare la mentalità delle persone era di gran lunga più complesso. Raiden aveva assistito a quelle dinamiche sin da bambino, quando i suoi occhi erano ancora troppo innocenti per registrarle e capire la disparità di trattamento che veniva riservata a sua madre. Più di una volta era capitato che, accompagnandola in qualche commissione, Hanna venisse scambiata per la sua babysitter invece che per sua madre, o che fosse addirittura guardata con sospetto mentre a lui - alto nemmeno un metro - venisse chiesto dove fossero i suoi genitori quasi a voler insinuare che la giovane donna lo avesse rapito. Per portarmi dove, poi? Dal fruttivendolo? Un genio del crimine. Ogni appellativo denigratorio e insinuazione possibile, Hanna l'aveva subiti e Raiden vi aveva suo malgrado assistito. Persino all'asilo, le altre mamme la escludevano da qualunque cosa, prendendo a punto di riferimento soltanto Haru. Hanna aveva una sola amica: la madre di Misa, con cui era riuscita a legare nel periodo in cui entrambe erano incinta. La giovane donna l'aveva accolta con premura e gentilezza, standole al fianco e prendendo puntualmente le sue parti finché non si era venuto a creare un legame di complicità che le aveva unite al punto tale da crescere i rispettivi figli insieme, trasmettendo anche a loro la propria amicizia. Forse, inconsapevolmente, era anche alla luce di ciò che Raiden aveva chiesto a Mia di fare amicizia con Misa - come se in qualche modo riuscisse a vedere un parallelo di ciò che la madre dell'amica era riuscita ad instaurare con la propria.
    Quando la cameriera li interruppe, portando al tavolo le loro ordinazioni, Raiden sgusciò vicino a Mia, stampandole un piccolo bacio sulla tempia in risposta ai contatti teneri di lei. « Non dovevi uscire così, scemo! Fuori si gela. Non è che devi prenderti la polmonite per promettermi che vedremo i ciliegi in fiore. Anche se è stata una cosa molto carina. » Si strinse nelle spalle con noncuranza, mettendo mano al proprio cucchiaino per rompere il mochi ai fagioli rossi e spargerne un po' il contenuto sulla banana, prendendo così un boccone del tutto. « E che sarà mai?! Per due passi. » In fin dei conti il fioraio non era poi così distante dalla tavola calda (o presunta tale). Ti avrei anche portata in un flower cafè per prendere due piccioni con una fava, ma per quanto sia carino quel posto, pensavo che questo ti avrebbe divertita di più. I flower cafè avevano una bella atmosfera, e il pensiero di portarcela l'aveva ovviamente attraversato tra i primi, ma alla fine aveva pensato che non ci fosse nulla da fare in un luogo del genere, così aveva preferito optare per qualcosa di più ironico. « Partiamo dall'ovvietà: il gelato è sbagliato. Però, io, a differenza di qualcun altro fissato con le tradizioni, non intendo soffermarmi all'apparenza di questa bestemmia. » Soffocò una piccola risata, annuendo poi con finta serietà mentre prendeva un sorso di milkshake dalla cannuccia. In Giappone si potevano trovare molti posti simili, ristoranti e bar dedicati ad altre culture. Di tavole calde stile diner e di McDonald's se ne potevano reperire a bizzeffe, e sebbene non fossero i luoghi preferiti del giovane, ogni tanto gli faceva piacere andarci. Tuttavia era evidente che qualunque cosa proponessero fosse stata rimodellata sui gusti giapponesi, lasciando solo una vaga apparenza della cultura da cui erano presi. Se ti portassi al McDonald's rimarresti scioccata da quanto è diverso. « Allora. Non è manco il migliore.. quello che mangiamo sempre è molto meglio. Però ci sta.. se non fosse che hai chiesto un banana split e ti hanno portato dei mochi gelato su un letto di banana con la crema. Ora quando torniamo a casa te lo faccio io il banana split va. Manco ti manda in coma diabetico. Cioè ora tu spiegami il senso di questi sapori blandi. Sto iniziando a pensare che ai giapponesi piacciono un po' troppo le cose blande. Tutto il contrario dell'impressione che mi ero fatta. Non so.. sai.. da quello che pensavo. » Si strinse ancora una volta nelle spalle, con aria angelica, mentre prendeva una cucchiaiata di panna dal topping del proprio milkshake. « Siamo un popolo molto tranquillo e blando, sai. Non ci piace strafare. » disse, assecondando l'ironia dell'americana. Che il Giappone nascondesse dietro la propria innocenza un'anima ben più torbida, questo Mia lo sapeva bene, ma in quel momento Raiden non sentiva il bisogno di puntualizzarlo. « Siamo proprio come i mochi: carini, teneri e rassicuranti. » Arricciò il naso e sorrise in un'espressione carina, dal tenero aspetto angelico, tornando poi a gustarsi quella pietanza che era un po' come loro: un miscuglio poco distinguibile di culture diverse che un po' cozzavano tra loro. Non era male, ma di certo avrebbe preferito mille volte mangiarsi un vero gelato mochi. « Se stai cercando di convincermi che Tokyo è un posto un po' meh solo perché non sanno cos'è un banana split, non sta funzionando più di tanto. Certo non mi risveglia nessun ricordo dell'infanzia questo posto.. però.. a tratti forse è meglio. Il posto in cui siamo andati dopo che ci siamo sposati era pure bello.. tu pensa. A me piace tantissimo. Non so.. questa città mi incuriosisce tantissimo. » Le sorrise, questa volta in maniera più tranquilla, gettando a sua volta uno sguardo fuori dalla finestra. Che Tokyo avesse un certo fascino era innegabile, e forse erano proprio le sue contraddizioni a renderla così intrigante. La capitale del Giappone era quanto di più moderno si potesse immaginare in termini di innovazione, ma aveva ancora in sé un'anima profondamente conservatrice e restia ad accogliere troppi disturbi esterni. It's so clean, well-ordered, functional. It feels so innocent and decent.. like its people. But then.. there's something mysterious about it. Almost wicked. Twisted. Messy as hell. I want to know more.. I guess it's my specialty: I love things, places.. people.. until they love me back. Con lo sguardo fisso sul dolce da cui stava spizzicando, il giovane Yagami increspò le labbra in un piccolo sorriso malizioso, inarcando leggermente un sopracciglio. I don't know baby. It might not be something to your taste. Maybe we should stick to the safe stuff: mochis, cat ears and pokemon stuffies. Ovvero tutte le cose per cui il Giappone era conosciuto dai più. Era chiaro che la stesse stuzzicando, ma dal tono che aveva usato sembrava piuttosto serio. « In ogni caso, non so.. mi sembra mi ricordi qualcuno. » Someone pretty, innocent-looking, kind and gentle.. really tidy and precise.. but somehow.. wicked. Simulò un'espressione sorpresa e interessata, come se non avesse la più pallida idea di chi fosse la persona a cui Mia si stesse riferendo. « Solo che ora non ricordo proprio come si chiama. Forse Alejandro.. o Fernando. No. Forse era Roberto? Non so.. devo proprio fare mente locale.. » « Non sapevo di stare al tavolo con Lady Gaga. » disse, ridacchiando prima di prendere un altro sorso di milkshake dalla cannuccia e darle una piccola spallata giocosa. La accolse dunque più vicina a sé, passando il braccio intorno alle sue spalle e stampandole qualche bacio tenero tra i capelli. Da quelle parti, quel tipo di effusioni pubbliche non era visto di buon occhio, ma in tutta onestà a Raiden non importava davvero nulla di cosa gli altri potessero pensare. Do you know anyone who fits this description? Sounds like husband material to me. You know.. reliable, adorable, pretty but also.. a bit mysterious. Inarcò un sopracciglio, ricercando il suo sguardo con aria eloquente in risposta al tocco e ai baci di lei. I don't know. If you can't even recall his name, maybe he's not that memorable after all. « Va beh, comunque.. non so.. mi piace l'idea di immaginarti qui. Immaginarci qui.. sembra una città molto divertente. Lo so che qui hai anche ricordi non belli.. però.. mi piace pensare che insieme ne possiamo crearne dei nuovi. » Annuì, questa volta con più convinzione, stirandole un sorriso dolce che lasciò posto ad una leggera risata quando Mia aggiunse le successive parole. I can be wicked as well. Non era una risata di scherno, la sua, né incredula; sapeva che Mia fosse una persona estremamente curiosa e disposta ad uscire dalla propria comfort zone quando le andava, ma non poteva fare a meno di pensare che certi lati di Tokyo potessero metterla a dura prova. Banalmente perché una buona parte dell'intrattenimento che offriva aveva come specifico target gli uomini. Insomma, di certo non l'avrebbe portata a fare un tour dei luoghi che aveva frequentato abitualmente insieme ai propri colleghi quando ancora lavorava nell'esercito. Anche perché abbiamo visto che già l'esperienza al bordello non è stata proprio un successo. Se tuttavia il bordello era un ambiente che difficilmente avrebbe potuto mettere qualunque donna a proprio agio, più dibattibili erano invece altre esperienze. Non gli sembrava però il caso di portarla, ad esempio, in un club fetish, e tutto il resto sembrava ben poco adatto per una coppia. Ciò che abbiamo qui risponde ad un'esigenza specifica, un'esigenza universale, ma che nel nostro paese assume dei tratti peculiarmente unici: la solitudine. Tutti quei bar, quei club, quei bordelli a cielo aperto, tutte le cose e le persone che si potevano affittare - tutto ciò in Giappone esisteva proprio in virtù di quella cultura così rigida che tendeva ad isolare le persone tra loro. Ci sentiamo soli e dunque abbiamo tutte queste cose che poi finiscono per renderci ancora più soli di prima. Ma come poteva spiegare tutto ciò a Mia - qualcuno che, per quanto empatico e comprensivo, non aveva respirato quella cultura al punto da poter capire i reali motivi di ciò che produceva? Ai suoi occhi apparivano strane anche cose banali come i maid cafè, che per loro invece erano quanto di più normale ci fosse. Let's say that you have to be a special type of wicked to enjoy this place. Decise di riassumerla così, senza andare troppo a fondo nella questione o lanciarsi in un lungo discorso che sarebbe solo risultato fuori luogo. Mia, comprensibilmente, voleva solo divertirsi - voleva vedere tutto ciò di cui Raiden le aveva parlato e che le aveva descritto tramite il filtro dei propri occhi. « Sai però, stavo pensando a una cosa. » disse quindi con naturalezza, come se stesse cambiando discorso quando poi in realtà non lo stava facendo davvero. Come se nulla fosse, prese una cucchiaiata di mochi, mandandolo giù con cura prima di poggiare il cucchiaino sul piatto e rivolgerle nuovamente lo sguardo. « Non mi sono portato molte cose da Inverness, e in realtà avrei proprio bisogno di infittire un po' l'armadio, però preferisco comprare qui. Sai.. lo stile mi piace un po' di più. » Arricciò il naso, scrollando leggermente le spalle come a voler dare a quelle parole un'aria di poco peso. « Potresti accompagnarmi e scegliere tu qualcosa. » Fece una breve pausa, inclinando il capo di lato mentre la osservava con sguardo sereno e al tempo stesso eloquente, sull'orlo di un tenue sorriso angelico. Something that you find handsome. I want to look good for you. Rimase per qualche istante a fissarla così, scrollando poi nuovamente le spalle per tornare al proprio milkshake. « Nulla di particolare, eh. Robe per tutte le occasioni - quotidiane e non. Se ci stai, finiamo qui velocemente e poi facciamo un salto al centro commerciale. Sta giusto nell'isolato successivo. »
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    Finita quella sorta di merenda, avevano dunque preso i propri cappotti e pagato il pasto. Inutile dire che Raiden era rimasto piuttosto perplesso dal trovarsi un numero di telefono scritto sullo scontrino, ma non ci prestò troppa attenzione e semplicemente lo buttò nel primo cestino che riuscì a reperire nella strada che li divideva dal grande magazzino. Grande, in quel caso, era un eufemismo: il centro commerciale si svolgeva in verticale su diversi piani, anche interrati. Ogni piano era dedicato ad aree specifiche, e quella per la moda maschile si trovava prevedibilmente nella parte sotterranea. Alla moda femminile, invece, era dedicato ben più di un piano. Mentre scendevano le scale mobili, Raiden le indicò alcuni punti, spiegandole in linea generale quali negozi peculiari esistessero solo lì e cosa vendessero. C'erano interi store dedicati ai pokemon, altri che vendevano esclusivamente pupazzi di ogni dimensione e forma possibile, e poi c'era un negozio interamente a tema Hello Kitty dove potevi trovare letteralmente qualunque cosa (persino telefoni e accessori tecnologici vari). In contrasto con quel tripudio di colori, il piano dedicato alla moda maschile sembrava quasi un vecchio film in bianco e nero. Nonostante la scelta fosse ampia, era piuttosto ovvia la disparità con la sua controparte e il tono decisamente più smorzato dell'atmosfera. « Purtroppo qui non vendono nulla di Hello Kitty, quindi direi che dopo dovremo fare un salto al piano superiore perché io senza le orecchie luminose non esco. » Ridacchiò, intrecciando le dita a quelle di Mia mentre scendevano dalla scala mobile e muovevano i primi passi nell'ampio corridoio circolare che costeggiava tutti i negozi a disposizione. Ce n'era davvero per tutti i gusti, dai più eleganti ai più alternativi, e Raiden voleva offrirle l'opportunità di osservarli tutti per farsi un'idea. « Allora.. da dove vogliamo cominciare? » Si voltò, curioso, a ricercare la risposta sul viso di lei una volta finito di passeggiare lungo l'anello. To be honest I'm kinda curious. I want to know how you see me.





     
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    I don't know baby. It might not be something to your taste. Maybe we should stick to the safe stuff: mochis, cat ears and pokemon stuffies. Di fronte a quelle parole Mia assottigliò lo sguardo, osservandolo con un'espressione divertita ma al contempo sospettosa. Mettere le cose in quella prospettiva, non era mai una grande idea. Non era mai saggio dire alla giovane Yagami che non potesse fare qualcosa, che esistevano posti e situazioni che non erano alla sua portata o che, doveva accontentarsi della superficie. In cuor suo non sapeva se voleva sapere, se aveva veramente voglia di scoprire fino in fondo i misteri di Tokyo. In un certo qual modo però, l'idea l'attirava, come se a quel preciso obiettivo fosse relegata una fantasia abbastanza specifica riguardante Raiden. Non so se mi saresti piaciuto se ti avessi conosciuto qui. Non so se io sarei piaciuta a te. Però una parte di me ha questa curiosità irrealizzabile. Chiudere gli occhi ed immaginarselo in quell'ambiente, nel suo elemento, nella routine e nelle consuetudini più o meno bizzarre di quella città. Vorrebbe sapere cosa faceva, cosa pensava, come si poneva. Perché non fa per me? Una domanda che si pone innocentemente senza considerare tante variabili, alcune delle quali le ha sentite con le sue stesse orecchie durante l'incontro alla casa del piacere. Quello stesso concetto venne ribadito anche in seguito, quando, una volta quasi concluso il loro dessert, era già tempo di dedicarsi ad altro. Let's say that you have to be a special type of wicked to enjoy this place. Avrebbe voluto chiedergli davvero tanto cose intesse, e cosa quelle risposte enigmatiche volessero dire. In cuor suo continuava a immaginarselo tra quelle strade, a tratti in divisa, con i capelli decisamente più corti - come il giorno del suo diciasettesimo compleanno, schiena dritta e questo sguardo, proprio lui. C'erano momenti in cui la carica dello sguardo di Raiden era imperscrutabile. Impossibile indovinare cosa ci fosse nell'animo di lui; in quegli attimi Mia si perdeva tra centinaia di fantasie e scenari, possibilità e variabili. Tutti quei se che non avrebbero mai visto, né vissuto, e che non era certa nemmeno fosse pronta a voler vivere. Eppure, era interessate proprio per questo: alcune fantasie non ci sono date vivere, ma sognare, convincersi di volerle, seppur per un solo istante, era tutto fuorché sbagliato. Non c'era una sola cosa che la giovane Yagami volesse cambiare nel loro vissuto, un solo momento che trovasse poco consono o fuori luogo. Era felice e contenta di come fossero andate le cose, perché ognuno di quegli attimi li aveva portati esattamente dove si trovavano ora, in questa dimensione in cui noi siamo davvero.. significativi. Eppure, non poteva non voler sognare di essere letteralmente travolta da un bravo ragazzo così gentile da perdere un'intera nottata per cercarle il quaderno degli appunti, venir agganciata con metodi un po' rozzi da un giovane soldato in piena scalata verso i vertici dell'esercito e così via. In tutte quelle varianti delle loro vite, Mia sognava comunque di esserci, perché lei in primis sarebbe stata una persona completamente diversa. « Sai però, stavo pensando a una cosa. » Sollevò lo sguardo a ricercare il suo un po' sorpresa, come se si fosse appena risvegliata da un lungo sogno fatto di tante immagini differenti. Sospirò appena inumidendosi le labbra mentre riportava la sua attenzione nella coloratissima tavola calda. « Si? » Di solito era meglio che nessuno dei due pensasse proprio a nulla; ormai quel stavo pensando era quasi una specie di parola d'ordine per altro. Un gioco, un'idea. Di qualunque cosa si trattasse, Mia decise di mantenere l'aplomb, annuendo mentre attendeva silenziosamente di scoprire cosa Raiden avesse in mente. « Non mi sono portato molte cose da Inverness, e in realtà avrei proprio bisogno di infittire un po' l'armadio, però preferisco comprare qui. Sai.. lo stile mi piace un po' di più. Potresti accompagnarmi e scegliere tu qualcosa. » Something that you find handsome. I want to look good for you. « Nulla di particolare, eh. Robe per tutte le occasioni - quotidiane e non. Se ci stai, finiamo qui velocemente e poi facciamo un salto al centro commerciale. Sta giusto nell'isolato successivo. » Più volte Mia aveva permesso a Raiden di sceglierle l'abbigliamento. Trovava l'idea di lasciare che le comprasse i vestiti davvero eccitante. Qualcosa nell'indossare vestiti che gli piacevano risvegliava in lei un sordido piacere che seppur non sapesse spiegarsi completamente intuiva da dove arrivasse: le piaceva farsi agghindare, sentirsi bella ai suoi occhi e attraente. Era poi piuttosto curiosa di cosa lui avrebbe scelto e del tipo di abbigliamento che di volta in volta lo ispirava. Non si era mai chiesta, tuttavia, come la questione si sarebbe riposta al contrario. Non aveva mai fatto particolarmente caso al modo in cui Raiden si vestiva, o meglio, il suo stile le era sempre piaciuto. Trovava rassicurante la maniera rilassata in cui non faceva caso a cosa si mettesse addosso, riuscendo comunque a risultare sempre attraente. Certo, più di una volta se lo era immaginato in vesti diverse e più di una volta aveva apprezzato l'adozione di qualche capo più particolare. In fondo era divertente, e proprio per questo accolse quell'idea con un grosso sorriso annuendo. « Va bene. Perché no. Sarà divertente. » Di questo ne era certa. Mia avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere per farlo sentire esattamente come si sentiva lei in quei momenti. A dirla tutta non so perché non te l'ho mai proposto io. Forse perché in fondo non era mai certa di cosa fosse consono o meno fare. Mia e Raiden erano davvero aperti e difficilmente sembravano tirarsi indietro anche di fronte a cose che molte coppie tradizionali solitamente non avrebbero fatto. Semplicemente si lasciavano trasportare dagli eventi. Non poteva però dire che proporre al marito di andare a fare shopping insieme era una cosa che avrebbe fatto di spontanea volontà, un po' perché non erano cose in linea con i loro passatempi, e un po' perché non voleva mettere Raiden a disagio. Il fatto che fosse stato lui a proporlo in quell'ottica, tuttavia, sembrò accenderla di un'energica voglia di sbizzarrirsi in ogni maniera possibile e immaginabile. In verità non sapeva cosa avrebbe scelto, né tanto meno si era mai chiesta che cosa avrebbe preferito fargli indossare se fosse stata messa nella posizione di farlo. « Sei sicuro che vuoi fidarti di me con questa cosa? Metti che decido di farti indossare il perizoma? » Si stringe nelle spalle e scoppia a ridere prima di tornare a guastare un po' di gelato, gettando lo sguardo fuori dalla finestra. Finiscono così il loro spuntino tra qualche battuta simpatica e discorsi stupidi, prendendo di tanto in tanto in giro qualche passante oppure parlando di cose del tutto randomiche. Stare così e sempre semplice, ed è bello. Quasi si dimentica di cosa li ha portati lì in primo luogo e per un po', stare semplicemente insieme, sembra davvero l'unica cosa che conta.
    Il centro commerciale in cui Raiden l'ha condotta ha tutta l'aria di un grande tempio del capitalismo. Coloratissimo e colmo zeppo di ogni tipo di pubblicità e annuncio pronti a invogliare i visitatori a comprare la qualunque con centinaia di offerte e promesse di un fantomatico risparmio che probabilmente non ci sarà. « Davvero c'è un negozio solo di Hello Kitty? » Gli chiede quindi mentre si dirigono verso i piani inferiori. « Ti prego dopo possiamo andare a cercare una di quelle tutine morbidine per Haru? Ne voglio troppo una! Sembrerà un orsacchiotto. » Da quando Mia aveva visto quelle tutine indosso ad alcuni bambini piccoli in giro per la città non aveva pensato ad altro se non a comprarne al suo piccolo almeno alcune. Non solo sembravano estremamente morbide e comode, ma le erano sembrate anche particolarmente calde, al punto da risultare perfette anche per il freddo delle Highlands. La sua attenzione venne tuttavia ben presto deviata dal nuovo ambiente in cui si trovarono non appena le scale mobili li condussero nel piano seminterrato. I negozi di abbigliamento maschile non erano certo di dimensioni ridotte, ma erano decisamente meno colorati non solo nei capi che conteneva, ma anche nelle decorazioni che li adornavano. In definitiva tutto sembrava molto più sobrio e posato, quasi come se fossero improvvisamente entrati in un negozio completamente diverso. « I've got a feeling we're not in Kansas anymore. » Asserì di scatto con un tono un po' ironico, prima di spintonarlo leggermente sciogliendosi in una risata leggera. « Purtroppo qui non vendono nulla di Hello Kitty, quindi direi che dopo dovremo fare un salto al piano superiore perché io senza le orecchie luminose non esco. » « Aaaaah, tu canti subito vittoria! Come fai a sapere che le orecchie si intonano con quello che scelgo? » Chiese quindi inclinando la testa di lato. « Magari ho altre cose in mente. Dico così per dire.. ho un passepartout e potrei decidere di usarlo un po' come mi pare. » E così iniziò a studiarsi uno per uno ognuno dei negozi a disposizione, fermandosi a osservarne le vetrine con un occhio critico, non senza voltarsi di tanto in tanto a osservare le reazioni di lui. « Allora.. da dove vogliamo cominciare? » To be honest I'm kinda curious. I want to know how you see me. A quel punto, non poté fare a meno di voltarsi di colpo e osservarlo con uno sguardo luciferino. Mostly - naked. But don't mind me, I don't want you to feel unconfortable so we will find you something.. suitable. Decise di superare i negozi troppo specifici. Cose troppo impostate o formali non facevano poi tanto al caso loro, non solo per l'ambiente che si creava in posti del genere, ma anche e soprattutto perché non era propriamente uno stile che vedeva poi tanto addosso a Raiden. Certo, c'erano le occasioni speciali, ma dubitava che quella fosse davvero una sessione di shopping volta a delle vere e proprie necessità. « Devo dirti comunque che ti passa un sacco la fantasia nei negozi di abbigliamento maschile. È tutto così.. uniforme. » Non che Mia intendesse davvero conciare per le feste il povero Raiden. Trovava la semplicità che adottava quanto mai adatta alla sua personalità. Semmai, c'erano certi tessuti o tagli di abiti che le sarebbe piaciuto vedergli addosso. Così, alla fine decise di varcare la soglia di un negozio da grande catena, abbastanza grande da prendere letteralmente almeno un quarto del piano seminterrato. Lì, tra quegli scaffali sarebbe stato semplice trovare un po' di tutto - dalle cose più quotidiane alla roba più formala - senza che nessuno andasse loro incontro disturbandoli con proposte di acquisto di cui a nessuno dei due interessava. Così, prese a inoltrarsi tra le fila di stampelle, sfiorando di tanto in tanto qualche materiale, senza soffermarvisi più di tanto. « Vedi qualcosa di interessante? » Gli chiese ad un certo punto voltandosi a guardarlo con un'espressione divertita. In un certo qual modo aveva voglia di studiarlo. Nonostante si conoscessero ormai da tanto tempo, era quasi certa di non aver mai visto Raiden comprare vestiti per se stesso. I'm curious, so walk me through it. How do men usually do it? You just grab the first things you see and pay for them or.. deep down inside you care, but you don't want the others to know that you actually die to be.. pretty? Scoprì la fila di denti perlacei mentre indietreggiava di qualche passo mordendosi il labbro inferiore divertita. Giunti di fronte a una lunga fila di camice, ne sfiorò il tessuto con un'espressione vivamente interessata, per poi soffermarsi su una di raso color cipria sollevandola di fronte a lei. Non disse niente. Annuì solo per passare oltre e afferrare senza troppa attenzione un paio di jeans scuri leggermente strappati. Non appena individuò le giuste scarpe, un paio di stivaletti leggermente rialzati a cui aggiunse un giubbotto di pelle nero, gli schiaffò tutto addosso inclinando la testa di lato. First assignment. Asserì quindi, indicandogli una fila di camerini poco più in là. Lo spintonò appena in quella direzione dandogli una leggera pacca sulle natiche ridacchiando. « Torno subito. Vado a farmi un altro giro. Non è che abbiamo finito. Questo è così, per il giro di ricaldamento. » Dandogli il tempo di cambiarsi, Mia si fece un veloce giro in diversi reparti del negozio, selezionando capi abbastanza specifici. In verità, tranne qualche nota di colore, per lo più scelse roba piuttosto sobria. Solo due volte il suo cuore sembrò fermarsi all'idea di certe immagini, e fu proprio in cui momenti che non sembrò frenarsi dal afferrare certi capi dagli scaffali, mettendoseli piuttosto sul braccio come una belva. Tornata quindi nella zona dei camerini, posò una pila di vestiti sul divanetto, schiarendosi appena la voce. Babe? Are you ok? Chiese di scatto con una nota divertita cercando di soffocare una leggera risata spensierata. If the jeans don't fit you, remember it's your fault. You are doing something really.. Deglutisce, Mia, e quella risata si interrompe. ..wrong. Ora c'è solo un sorriso un po' ebete a imperlare il suo volto. Lo squadra dalla testa ai piedi e non può fare a meno di guardarlo. « Ti dona questo colore. C'è solo.. una cosa. Posso? » Si avvicinò piano, sbottonandogli un altro bottone, prima di sistemargli il giubbotto sulle spalle con cautela. I polpastrelli scivolarono solo per un istante al di sotto sulla pelle nuda, mentre Mia dal canto suo lo guardò intensamente negli occhi. Perfect. « Ti piace? » A quel punto sospirò indietreggiando di un passo mentre si inumidiva le labbra, palesemente sin troppo compiaciuta dalla situazione. La seconda e terza opzione furono variazioni sul tema che ben si sposavano con lo stile di Raiden. Unica nota di colore e particolare estro fu la giacca sui toni del rosso, che tuttavia sembrò riscuotere un gran successo. Non mancò di chiedergli cosa gli piacesse cosa no, mangiandoselo con gli occhi, quasi come se fosse un cucciolo affamato che non vedeva cibo da mesi. Conclusasi anche l'ultima prova, Mia però si era lasciata per ultima la combinazione che più le piaceva. In verità era anche la meno elaborata, ma per qualche ragione, lei non vedeva l'ora di vedergliela addosso. « Ne ho un'ultima, poi mi dici quale ti piace di più. » Gli passò quindi il paio di pantaloni neri, semplicissimi e il dolcevita dello stesso colore. A tutto ciò Mia aggiunse un cappotto blu petrolio che gli passò con un piccolo sorrisino. « Con il primo paio di scarpe che ho scelto. E.. » Senza aggiungere assolutamente nulla si tolse dal polso un elastico per i capelli, passandoglielo senza aggiungere assolutamente nulla. A quel punto tornò a sedersi sul divanetto in attesa che concludesse l'ultimo giro di prova. Sollevò lo sguardo solo quando la tenda di velluto del camerino si spostò nuovamente di lato. Per un po' non disse niente, Mia, osservandolo solo con un'espressione un po' persa. Istintivamente si inumidì le labbra inclinando la testa di lato, scoccando la lingua contro il palato. Schiuse le labbra e sollevò un sopracciglio deglutendo. Qualunque parola sembrava fuori luogo in quel momento. Eppure, mentre si alzava, qualcosa arrivò.
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    I chose wisely. Stava davvero bene. Non era fuori dalle sue corde, né sembrava fuori dal suo tracciato, eppure, aveva qualcosa di particolarmente attraente, al punto che non riusciva a togliergli gli occhi di dosso. Avanzò di diversi passi in silenzio, tuffando gli occhi in quelli di lui. Sfiorò con gentilezza il tessuto del cappotto per poi lasciar scorrere lo sguardo lungo il torso di lui. Il dolcevita gli calzava a pennello, al punto da evidenziare ogni sua forma con una precisione chirurgica. Sometimes, all it takes it's a pop of color. Fu allora che lasciò scorrere le dita lungo il suo petto tornando a osservarlo con smanioso desiderio. Amava i suoi capelli raccolti. Aveva voglia di scompigliargli, passarci le mani, baciarlo con una tale foga da lasciarlo completamente senza respiro. Un ulteriore passo mentre solleticava con l'indice il dorso della sua mano, intrufolando l'altra al di sotto del cappotto per carezzargli appena la base della schiena. How does it feel? Non poteva sapere se gli piacesse o meno, se si sentisse effettivamente se stesso. Di certo però, Mia ce lo vedeva. Vedeva esattamente quella figura sospesa tra il rassicurante e l'autoritario che emergeva nei loro momenti più appaganti. Lasciò scorrere le dita sulla sua schiena mentre il viso di lei si avvicinava sempre di più fino a sentire il suo soffio bollente contro il viso arrossato di lei, finché, trovate l'etichetta sulla manica del cappotto e quella attaccata al dolcevita non le strappò contemporaneamente allontanandosi appena di scatto. Gli occhi da cerbiatta di Mia si unirono a una risata cristallina che la portò a far ciondolare le due etichetta sotto il naso del moro. La finta aria angelica aveva un che di colpevole e malandrino. « Ops! » Disse solo mordendosi il labbro inferiore. I swear, I didn't mean to - they just.. slipped out. Ma voleva; e come se lo voleva. E voleva anche che accadesse esattamente così. I guess now your stuck with your daddy af charm. My bad!


     
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    dauntless

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    Mostly - naked. But don't mind me, I don't want you to feel unconfortable so we will find you something.. suitable. Rise di gusto, scoccandole un piccolo bacio tra i capelli. In tutta onestà, quando le aveva fatto quella proposta, non sapeva davvero cosa aspettarsi. Mia poteva essere imprevedibile, e il suo spirito da burlona non rendeva poi così improbabile l'ipotesi che potesse cogliere l'occasione per scegliere capi tra i più bizzarri. Raiden sapeva benissimo che quella possibilità non era da escludersi, ma non aveva paura né si sentiva in imbarazzo. Probabilmente, se pure Mia avesse scelto per lui lo stesso identico outfit che lui aveva scelto per lei, il giovane sarebbe stato capace di uscire dal camerino mettendo su una sfilata da far impallidire anche le migliori ragazze dei maid cafè. Insomma: qualora Mia avesse voluto prenderla sul ridere, Raiden non si sarebbe tirato indietro. Tuttavia tendeva ad avere abbastanza fiducia nell'americana da pensare che avrebbe colto l'occasione in maniere più proficue. « Devo dirti comunque che ti passa un sacco la fantasia nei negozi di abbigliamento maschile. È tutto così.. uniforme. » Sospirò, stringendosi leggermente nelle spalle. « Ma infatti con la divisa non si sbaglia mai. » Erano tempi più semplici. Non dovevo ragionarci troppo su cosa mettermi addosso: avevo un preciso capo d'abbigliamento per ogni precisa occasione. Il negozio per cui Mia optò offriva una scelta piuttosto ampia; trattandosi di una grossa catena, i capi proposti tendevano ad adattarsi per tutti i gusti e le occasioni, senza strafare troppo. Era il tipo di negozio in cui la maggior parte dei ragazzi giapponesi compravano i loro vestiti, sapendo di andare sempre sul sicuro. « Vedi qualcosa di interessante? » Le sorrise, scoccandole un'occhiata da sotto le ciglia. « Non lo so. Sei tu che devi scegliere, no? » I'm curious, so walk me through it. How do men usually do it? You just grab the first things you see and pay for them or.. deep down inside you care, but you don't want the others to know that you actually die to be.. pretty? Le parole di Mia lo fecero sorridere. Un sorriso che sfociò presto in una piccola risata sbuffata dalle narici. « È così che funziona in America? Gli uomini entrano nei negozi e comprano le prime cose che trovano? » Una domanda, la sua, in parte retorica e in parte genuina. A giudicare dagli amici che si era fatto in Inghilterra, Raiden aveva capito quanto diversa fosse la concezione dell'aspetto fisico quando si trattava di uomini. Molti di loro non si impegnavano, o addirittura vivevano nella convinzione che i vestiti gli comparissero per magia nell'armadio perché erano le madri ad acquistarglieli. In Giappone, tuttavia, le cose erano diverse, e qui nasceva proprio la genuina curiosità di Raiden, che sospirò mentre passava tra le file di stampelle, osservandone apaticamente i capi appesi. « Perché ecco, io non è che possa parlare proprio per l'intero genere maschile, ma qui gli uomini tendono a tenerci un po' di più a presentarsi bene.. qualunque cosa ciò significhi per loro. » Bastava guardare al modo in cui i ragazzi curavano quasi maniacalmente i propri capelli, o anche la pelle. L'apparenza, nel suo paese, era una componente tanto importante da risultare a tratti quasi totalizzante. « Io ci tengo, ad esempio. » Le disse tranquillo, sollevando lo sguardo nel suo dall'altro capo dell'appendiabiti. It might not seem like it because I choose to wear simple stuff, but I still choose carefully. I do want to look handsome. Pretty, even. Increspò le labbra in un piccolo sorriso, sollevando appena un sopracciglio prima di tornare dal lato in cui si trovava lei e seguirla attentamente nella ricerca dei capi. Non c'era nemmeno un granello di bugia in ciò che le aveva detto: Raiden non era interessato alla moda in senso stretto, ma questo non significava che non gli importasse di cosa si mettesse addosso o che non sapesse distinguere tra qualcosa che lo valorizzava e qualcosa che invece non gli stava bene. Optava per cose semplici e comode perché quello era il suo stile, ma sapeva bene come presentarsi per diverse occasioni e cosa lo rendesse più gradevole. Lo scopo di quella gita, infatti, non era scoprirlo, ma piuttosto capire cosa fosse più attraente nello specifico allo sguardo di Mia. First assignment. Prese tra le braccia tutto ciò che l'americana gli rifilò, sorridendo leggermente alla scelta della camicia. « Raso? Andiamo a ballare? » Ridacchiò, infilandosi tuttavia nel camerino senza protestare. Sulle prime, i jeans si rivelarono una seccatura. Essendo piuttosto aderenti - una tipologia che Raiden tendeva solitamente ad evitare - e prodotti in serie con in mente un tipo di corporatura piuttosto standard, infilarli si rivelò più complicato del previsto. Queste sudate neanche a Iwo Jima. E infatti, mettendosi più tempo del previsto, non si stupì nemmeno di sentire la voce di Mia dall'altro capo. Babe? Are you ok? If the jeans don't fit you, remember it's your fault. You are doing something really.. wrong. Roteò gli occhi, trovandosi tuttavia a ridacchiare tra sé e sé mentre allacciava l'ultimo bottone della ben più semplice della camicia, uscendo quindi dal camerino per mettersi al suo cospetto. Are you fat shaming me, Mia? Cause it's not really my fault if you chose pants for chicken legs. Sorrise, fermandosi di fronte a lei dopo aver ruotato piano per darle modo di vedere ogni angolazione. « Allora? Ci posso rimorchiare così? » « Ti dona questo colore. C'è solo.. una cosa. Posso? » La lasciò fare, osservando ogni suo movimento con un piccolo sorriso ad imperlargli le labbra silenziose. Perfect. « Ti piace? » Lanciò uno sguardo allo specchio, osservandosi per bene prima di annuire. « Sì. Per un'uscita la sera è perfetto. » Fece una breve pausa, scoccando dallo specchio uno sguardo eloquente a Mia che si trovava dietro di lui. A bit tight on the crotch though, don't you think? I feel like I'm flashing you just by standing still. Le donne la facevano con i pantaloni skinny, ma per gli uomini era tutto un altro tipo di difficoltà. Abbassò infatti lo sguardo, veloce, come ad indicare la problematica evidente che in quel momento non era nemmeno al massimo della sua potenzialità, e poi rise. « Però sul culo.. eeeh, lì ti devo rendere atto che è imbattibile questa scelta. » A quel punto, lasciatasi l'ironia alle spalle, provò gli altri due outfit scelti da Mia, approvando specialmente il secondo, il quale si sposava molto bene con il suo stile. In linea generale le scelte dell'americana non divergevano di molto da ciò che Raiden indossava, ma introducevano comunque qualcosa in più - che fosse pelle scoperta oppure un riadattamento leggermente più forte di capi basilari. Si trattava comunque di cose abbastanza casual, che non lo avrebbero fatto stonare se fosse andato a prendersi una birra insieme agli amici o a farsi un giro in piazza. Ciò che gli piaceva di più, tuttavia, era scrutare le reazioni di lei: vedere come quei capi che lei aveva scelto col suo corpo in mente la facessero poi sentire una volta realizzata l'immagine definitiva. Era interessante, e gli piaceva essere oggetto di quelle attenzioni che normalmente era difficile ricevere come uomo; richiederle, addirittura, sembrava quasi un taboo, come se in quanto uomo non dovesse desiderare di essere attraente. Però Raiden lo desiderava: voleva lo sguardo di Mia su di sé e voleva assumere la forma più gradevole possibile ai suoi occhi. In primis lo voleva perché sapeva cosa si provasse a stare dall'altra parte: quanto forte fosse il desiderio che provava quando la guardava e quanto facilmente potesse volare la sua fantasia a causa di un semplice capo d'abbagliamento. Dunque bramava lo stesso risultato: desiderava sentirsi tanto attraente per lei quanto lei lo era per lui. « Ne ho un'ultima, poi mi dici quale ti piace di più. Con il primo paio di scarpe che ho scelto. E.. » Prese tutto ciò che Mia gli porse, chiudendosi nuovamente nel camerino per indossare gli abiti da lei scelti. Questa volta l'attesa non fu lunga e in men che non si dica, il giovane Yagami scansò la tenda per avvicinarsi a lei a passo misurato, interrogandola con lo sguardo. « Cosa ne pensi? » A giudicare dallo sguardo e dal breve silenzio, doveva piacerle. Di quel silenzio e del modo in cui lo fissava, Raiden si beò totalmente, assaporandone ogni istanti con piena soddisfazione. I chose wisely. Le labbra del giovane si stesero in un sorriso dai pacati tratti maliziosi. Sollevò il mento, aspettandola senza muovere un passo in attesa che lei gli si avvicinasse. Non disse nulla nemmeno quando le mani di lei cominciarono a sfiorare i tessuti. Piuttosto inclinò il capo di lato, osservandola, come a studiare e bere ogni sua più piccola espressione. Sometimes, all it takes it's a pop of color. Oggettivamente era una bella mise, ed era chiaro che Mia l'avesse scelta pensando proprio alla sua corporatura. Come stile, probabilmente era quello che gli piaceva di più: sobrio ed elegante, ma non eccessivo. How does it feel? Si fece più vicino di un piccolo passo, abbastanza da poter sentire il respiro di lei sul proprio viso, senza mai abbassare lo sguardo dal suo. « Mi piace. Molto, a dire la verità. » Most of all, I like the fact that you seem to like it quite a lot. Sussurrò quelle parole in un filo di voce, tra le labbra schiuse in un piccolo sorriso compiaciuto a pochi centimetri dalle labbra di Mia. You're blushing. That's a good sign. La piccola risata di Raiden fece eco al suono sordo dello strappo con cui l'americana staccò via le etichette dagli abiti, lasciandolo vagamente perplesso per un istante. « Ops! » I swear, I didn't mean to - they just.. slipped out. I guess now your stuck with your daddy af charm. My bad! Roteò appena gli occhi, sorridendo divertito tra sé e sé. « Che disdetta. » Come se pensassi che non li avrei presi in ogni caso. Allungò la mano verso quella di lei, prendendole il polso con una certa foga per aprirle le dita e appropriarsi delle etichette. « Queste adesso le portiamo al bancone. Ci manca solo che ci diano dei ladri. » Le rivolse un'occhiata eloquente, rimanendo fermo a fissarla per un istante prima di lasciare la presa e allontanarsi, raccogliendo il resto dei vestiti. « Prendiamo anche questi, comunque. » Detto ciò si avviò verso la cassa, facendosi mettere i vestiti indossati in precedenza nella stessa busta dei nuovi acquisti. Per quelli che attualmente aveva addosso, lasciò le etichette al cassiere, dandogli modo di fare tutte le operazioni del caso prima di pagare e uscire dal negozio con una busta bella piena tra le mani. « Sì, però qui dentro fa un po' caldo. » sentenziò, una volta tornati nel corridoio anulare del seminterrato. Si sfilò dunque il cappotto, appendendoselo ad un braccio prima di intrecciare le dita della mano libera a quelle di Mia. « Bene.. andiamo a dare un'occhiata ai piani superiori? Mi dicevi che volevi vedere quelle tutine per Haru, no? » Le sorrise gentile, come se nulla fosse, pizzicandole appena il palmo della mano col pollice prima di avviarsi verso le scale mobili. La sezione dedicata ai bambini si trovava ad uno dei piani superiori, ma non troppo alti, in modo da renderla facilmente reperibile. «
    Comunque fa un po' ridere che per i poppanti ci sia più scelta di vestiario che per gli uomini. »
    commentò ironicamente una volta scesi dalle scale, guardandosi intorno in quel tripudio di colori e di mille negozi per letteralmente qualunque necessità. Inutile dire che lì la palette era decisamente più variopinta e le luci forti sembravano esaltare ulteriormente i colori accesi, mentre in sottofondo si sentiva distintamente la musica infantile di qualche cartone animato. Tra commenti vari, Raiden la condusse in un negozio d'abbigliamento che sapeva vendere cose particolarmente carine e di ottima qualità. Al loro ingresso, un'anziana commessa li salutò con un sorriso gentile e un inchino, invitandoli a dare un'occhiata e consultarla qualora ne avessero bisogno. Ringraziata la donna, il moro si avviò subito verso la parte del negozio dedicata ai neonati, cercando la sezione su cui era indicata la fascia d'età di Haru. Scelse tutto con cura, prestando attenzione ai colori e alle forme che potevano essere più carini, ma anche a scartare i tessuti che Haru aveva mostrato di non gradire. Gettava nel cestello alcuni articoli che potevano essere utili: calzine, bavaglini, cappellini dalle forme tenere e più in generale quello che trovava carino. Il tutto finché il suo sguardo non si posò su qualcosa che lo fece sorridere. Look baby. Col sorriso ancora sulle labbra, le indicò una piccola felpa appesa più in là su cui era stampata la scritta "daddy's favourite". Should we ask them if they have a bigger size for that, baby? Pausa. Or maybe you prefer that one? Simile, ma nella variante "princess" al posto di "favourite". Ovviamente vi erano tutta una serie di variazioni sul tema, incentrate sulla mamma o anche sugli zii e con appellativi diversi riservati al bambino. Ridacchiò divertito, stampandole un bacio sulla guancia prima di riprendere le distanze e muovere i propri passi nel negozio, trovandosi poi di fronte alle tutine di cui Mia aveva parlato. « Questa è un sacco carina. Ha pure le orecchie da orsetto. » Prese la piccola stampella, mostrandola all'americana con un sorriso intenerito. « Sembra anche molto calda. » Le indicò vari formati, prendendo diverse stampelle per saggiarne la stoffa e ridacchiare con lei nell'immaginare come sarebbero stati addosso ad Haru. Fu in uno di quei momenti che lo sguardo del giovane sembrò intercettare lo specchio accanto a loro, incrociando la loro immagine riflessa. Era una bella immagine: erano felici, una giovane coppia innamorata intenta a scegliere i vestitini per il proprio fagottino. Si ritrovò a sorridere tra sé e sé nel guardarla, poggiando poi la mano sul fianco di Mia e segnalandole con un cenno del mento di voltarsi per guardare anche lei. Rimase per qualche istante in silenzio, dandole tempo forse di capire per quale ragione si fosse interrotto così di colpo da qualunque cosa stesse dicendo. Poi le si avvicinò di un passo, poggiando il mento sulla sua spalla e il petto contro la sua schiena mentre la mano che aveva sul fianco di lei si spostava a cingerle la vita per farla più vicina. We actually look kinda good, don't we? Voltò leggermente il capo, quanto bastava a spostare lo sguardo dallo specchio al reale viso di lei, seguendone il profilo con lo sguardo. I like this a lot. Disse in un soffio, solleticando con le dita il fianco di Mia. And I think you were right. I do kinda feel a bit more daddy with the clothes you picked. Fece una piccola pausa, sorridendo malizioso tra sé e sé mentre ricercava il suo sguardo con una certa insistenza. Did you do it on purpose? I mean: this is how you see me? Non che la cosa gli dispiacesse - anzi. Cause what I was really curious to find out is what kind of wicked you think I am. Il tono con cui disse quelle parole era tanto serio da non lasciare spazio all'interpretazione. Il silenzio che ne seguì e il modo in cui il suo sguardo rimaneva puntato sul viso di lei, poi, rendeva ancor più evidente quanto quella frase fosse intesa per avere una risposta.





     
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    La prima volta in cui l'aveva visto era rimasta in un certo qual modo sorpresa. Si era chiesta quasi subito chi fosse e da dove fosse comparso. Certo, non era il primo studente asiatico che vedeva, ma in lui, ciò che la lasciava letteralmente di sasso era il fatto che fosse così diverso. In mezzo a tutte quelle persone che lei in primis conosceva ben poco, appariva disinvolto e costantemente sorridente. Non diceva molto, ma nonostante ciò non sembrava minimamente per le sue. Raiden aveva la capacità di sembrare parte di quel mondo senza sforzarsi minimamente, e senza fare assolutamente nulla per tentare di fungere nell'ambiente in cui si trovava. Aveva un livello di inglese davvero sorprendente, tant'è che la voglia di dirgli una cosa del tipo parli molto bene l'inglese, le era effettivamente passata per la testa. Si era però trattenuta. Da quel che sapeva, quel ragazzo poteva essere nato e cresciuto proprio lì, sotto il loro naso, poteva aver studiato tra quei banchi, o forse aver vissuto per molti anni a contatto con la lingua inglese. Semplicemente, sin dal primo momento aveva visto in lui qualcosa di incredibilmente brillante e fuori dagli schemi. Non appariva, ma si distingueva comunque dal gruppo. Aveva un modo di fare rilassato, e si presentava come tale. Spesso in tuta, con quelle larghe felpe monocolore che nascondevano magistralmente forme che, a un occhio più attento sarebbero risultate evidenti. Mia, lo aveva etichettato come golden-retriever-material. Lei è Ronnie avevano un po' l'abitudine di affibbiare quel tipo di categorie ai ragazzi. Era una delle tante cifre con cui misuravano il mondo, per tentare di proteggersi dagli inganni e dalle disillusioni. Non sempre ci riuscivano e a volte, sbagliavano anche su tutta la linea. Ma per Mia, per un po', Raiden era stato semplicemente un bravo ragazzo con cui scambiare quattro chiacchiere, impossibile da leggere, difficile da analizzare. Era gentile, ma aveva momenti in cui dimostrava un'audacia che rasentava la sfacciataggine. Si vestiva in maniera estremamente semplice e modesta, ma al contempo la fila di orecchini e i tatuaggi che comparivano di volta in volta sempre di più lungo il suo braccio denotavano una certa appariscenza. E poi c'erano le serate fuori; quei precisi momenti in cui svestiva i panni del piccolo mochi al matcha per indossare le tre quattro camicie scure, sbottonate sfacciatamente fino a lasciar intravedere esattamente ciò che nella maggior parte delle occasioni lasciava solo vagamente intuire. Mia tendeva a tenercisi a distanza emotiva di sicurezza; una tale contraddizione in termini poteva essere una vera e propria mina vagante. Non voleva dargli confidenza, né farci granché amicizia, un po' perché non pensava lui potesse essere interessato a fare amicizia con le adolescenti, e un po' perché lei in primis non aveva voglia di conoscerlo troppo. Se le fosse piaciuto, cosa che in verità intuiva già, sarebbe stato un disastro. Seppur non volesse ammetterlo, seppur mantenesse una certa superficialità e viaggiasse col freno a mano, senza accorgersene, proprio la cautela con cui tentava di instaurare un rapporto con lui, per quanto sciocco e potenzialmente platonico, era la cifra di quanto in realtà ne era inevitabilmente attratta. Raiden era affasciante proprio nei momenti meno opportuni. Certo, le serate al Suspiria erano sempre un gran momento, ma la verità è che era bello quando meno se lo aspettava. Mentre si dava le pacche sulle spalle con gli amici e rideva di qualche sciocchezza, mentre ascoltava con grandi occhi colmi di curiosità un racconto, mentre si piazzava su una sedia allungando le gambe di fronte a sé con un'aria rilassata. Era bello quando si toccava gli orecchini per sistemarne la posizione, o mentre mangiava come se non avesse visto cibo da settimane. Era impressionante la quantità di volte di cui si era ritrovata a ridere intenerita dall'ennesimo gesto stupido e insignificante. Aveva poi una risata contagiosa. Qualunque cosa facesse o dicesse, era un certo qual modo micidiale e sempre più difficile da ignorare. In cuor suo si diceva fossero diventati amici, anche quando faceva di tutto per non essere sua amica, ma la verità è che sotto sotto, nel subconscio, tra le pieghe di quell'aria da ragazza vissuta senza un briciolo di pudore o paura, Mia avrebbe solo voluto conoscerlo. Seppur non fosse un incontro travolgente e determinante, conoscerlo era stato comunque come sperimentare un colpo di fulmine, diverso, di soppiatto. Anche per questo, scegliergli dei vestiti era facile quanto complicato. La verità è che non importava cosa Raiden indossasse; lei lo avrebbe in ogni caso visto come una contraddizione in termini. Una bella contraddizione di cui semplicemente ne era innamorata in ogni sua sfaccettatura e in ogni sua veste. Non stonava mai, e non stonò neanche in quell'occasione. « Mi piace. Molto, a dire la verità. » Most of all, I like the fact that you seem to like it quite a lot. Annuì, la mora, deglutendo, mentre cercava con tutta se stessa di mantenere un certo contegno e non gettarsi sulle labbra di lui come una bestiolina affamata. You're blushing. That's a good sign. Quella semplice puntualizzazione, la spiazzò appena, portandola a sbattere le palpebre un po' confusa, mentre si palpava le guance per qualche istante con dita fredde. Si, probabilmente era rossa in viso con un peperone, ma evidentemente ciò non la frenò dal mostrare la propria audacia strappando le etichette per accertarsi che lui fosse a conoscenza di quanto quella combinazione le piacesse. Così, pagato il tutto, Mia uscì trionfante dal negozio, consapevole di aver fatto una cosa giusta. Quel dolcevita è l'acquisto più giusto che potessi farti fare. Almeno questo è ciò che pensò finché Raiden non pensò di rincarare la dose. « Sì, però qui dentro fa un po' caldo. » Faceva fatica a togliergli gli occhi di dosso, anche quando lui intrecciò le dita a quelle di lei. Si, faceva caldo, ed era evidente dal colorito assunto dalle guance di Mia. « Bene.. andiamo a dare un'occhiata ai piani superiori? Mi dicevi che volevi vedere quelle tutine per Haru, no? » Lungo le scale Mia si piazzò davanti a lui, osservandolo con un espressione compiaciuta, distogliendo di tanto in tanto lo sguardo con aria giocosa. Prese la palla al balzo per stampargli un paio di baci a stampo, prima di piazzargli una mano in faccia, quasi volesse cancellare la sua espressione dalla propria realtà. Era evidente che sotto sotto gongolasse, e Mia, dal canto suo gli stava dando tutte le ragioni per sentirsi così, misurandogli le spalle, percorrendo la sua immagine con sguardi indiscreti e riservandogli occhiate abbastanza eloquenti. Come un'adolescente alle prime armi, gli girava attorno inebriata da tutta quella situazione, che nulla aveva di speciale, e che pure, un certo qual modo era del tutto nuova. « Comunque fa un po' ridere che per i poppanti ci sia più scelta di vestiario che per gli uomini. » Mentre osservavano le coloratissime vetrine, Mia scoppiò a ridere scuotendo la testa. « I poppanti però devono essere carini. Gli uomini devono essere maschi. » E infatti. Le bastò guardarlo con la coda dell'occhio per trovare conferma nelle sue stesse affermazioni. Continuarono così su quella scia per un po', finché non decisero di entrare in uno dei vari negozi dedicati ai bambini, inoltrandosi tra gli scaffali pieni zeppi di articoli per i più piccoli, dove Mia si lasciò subito intenerire da diversi articoli. Sciarpine, guantini e calzine, ma anche un paio di tenerissime scarpette da ginnastica che per poco non fecero alzare la sua voce di tre ottave. Si era poi dedicata a trovare un ciuccino nuovo di zecca, scegliendone uno con l'impugnatura a forma di orsacchiotto. Proprio mentre si apprestava a gettare nel carrello l'articolo, Raiden la interpellò direttamente. A quel punto, dopo essersi consultati sui diversi articoli da comprare, immaginava che dovesse mostrarle l'ennesimo paio di calzini.Look baby. E invece no. Should we ask them if they have a bigger size for that, baby? Or maybe you prefer that one? Un po' sorpresa lo osservò con un'espressione un po' confusa e persa, sgranando di colpo gli occhi. Le guance in fiamme mentre lo osservava passare oltre dopo averle stampato un veloce bacio. Deglutì appena, scuotendo la testa, cercando di ignorare quella palese provocazione, specialmente perché fu evidente lui stesse già andando oltre con le compere. « Questa è un sacco carina. Ha pure le orecchie da orsetto. Sembra anche molto calda. » Per quanto fosse stata distratta dall'improvvisata di Raiden, nel vedere le tutine, gli occhi di Mia brillarono di una luce più tenera. « Guarda anche questa! Mi sento male! » Disse mostrandogliene una a forma di coniglietto morbidissima. « Ma te lo immagini a gattonare e cadere di faccia? » Scoppiò a ridere arricciando il naso completamente inebriata dall'idea. Haru era entrato in una fase estremamente tenera della sua crescita. Quella in cui si sforzava di gattonare, si trascinava di qua e di là ed era estremamente attento a tantissime cose. Aveva iniziato ad assaggiare un po' di cibo ed era estremamente curioso. Ogni cosa era una scoperta che osservava con grandissimi occhi colmi di eloquenza. Mia ne era completamente innamorata e diceva sempre che aveva lo stesso sguardo tenerissimo del papà. Poi, qualcosa cambiò; lo sguardo della mora venne indirizzato verso lo specchio alle proprie spalle, ritrovandosi a osservare la loro immagine con un'espressione interrogativa. We actually look kinda good, don't we? Un brivido attraversò di colpo la sua schiena, mentre il suo sorriso si allargava istintivamente fino ad assumere tinte di trionfante orgoglio. Infine, dopo un breve momento di silenzio annuì. Si. Erano belli. Felici. Anche nei momenti più difficili, Mia e Raiden, riuscivano a trovare i loro spazi. I like this a lot. And I think you were right. I do kinda feel a bit more daddy with the clothes you picked. Lentamente il sorriso di lei sembrò farsi meno tiepido, mentre roteava appena la testa per incontrare il suo sguardo con una nota più seria. Stava cercando di capire cosa intendesse; era serio o stava scherzando? Non lo sapeva, e a dirla tutta, era piuttosto certa che Raiden volesse giocare volutamente su quell'ambiguità. Did you do it on purpose? I mean: this is how you see me? Cause what I was really curious to find out is what kind of wicked you think I am. Per qualche istante Mia tentò di sfuggire allo sguardo di lui, tastando con una certa insistenza il materiale della tutina a forma di coniglio. Sapeva però che non sarebbe stata in grado di aggirare completamente la domanda di lui. Per una volta però, non voleva nemmeno farlo. Nel guardare allo specchio quei due giovani non vedeva due persone stonanti, né due persone inconciliabili. Seppur la società avesse tentato di dire loro che erano sbagliati, fuori luogo, addirittura destinati a fallire, talmente strambi da non dover nemmeno essere considerati fino in fondo una coppia, Mia trovava quell'immagine di loro due davvero bella, speciale. Nonostante Mia fosse decisamente più casual e vestita senza grandi pretese, non si sentiva comunque fuori luogo; semmai, trovava quel loro essere così estremamente dolce e bello. C'era tra loro una complicità intangibile; un substrato potenzialmente in grado di mutare da un momento all'altro. Ed era questa la cosa che teneva entrambi maggiormente sulle spine. Non a caso, quando si voltò nella sua direzione, il suo sguardo era decisamente più serio, più attento. I grandi occhi da cerbiatta lo osservavano con la stessa curiosità e attenzione che si riserva a qualcosa che non si conosce fino in fondo, e a cui non ci si sa approcciare del tutto. I don't know. You're really unpredictable. Gli ultimi giorni le avevano dimostrato che c'erano ancora così tante cose da scoprire su di lui. Paradossalmente, tutto ciò non sembrava scoraggiarla, o portarla a volersi allontanare; semmai era ancora più curiosa, quasi come se ogni giorno ci fosse qualcosa da scoprire. Era un gioco, su questo non aveva dubbi; Mia era certa di non avere nulla di cui aver paura con Raiden, eppure quel carattere di imprevedibilità la teneva sulle spine. Per qualche istante rimase in silenzio a osservarlo con un'espressione apparentemente neutra, mentre la tensione dentro di lei sembrava crescere istante dopo istante. If these clothes describe the devil in disguise, then yes, I did it on purpose Istintivamente il suo sorriso si fece più luciferino. Era evidente che non intendesse quelle parole come un'offesa, né in una maniera che potesse mettere Raiden in cattiva luce. Era però evidente che il suo carattere di imprevedibilità viaggiava su variabili estremamente mutevoli. Il modo in cui il giovane Yagami si comportava, ciò che faceva, come si poneva di fronte alle situazioni, non aveva niente a che fare con ciò che indossava. Lo stesso carattere di imprevedibilità, Mia, l'aveva intuito molto tempo prima ancora di conoscerlo veramente. Forse era solo una sensazione, ma era sempre stata presente. Honestly, the clothes are hot. Really hot. But.. I can't think of one moment when you are less daddy.. or.. unpredictably wicked. Or.. both? Pausa. Abbassa lo sguardo Mia, deglutendo appena mentre osserva con un certo interesse le piccole crepe nel pavimento del negozio. Most of the time I just try my best to be good, even when I'm nervous and.. greedy.. Si morse il labbro inferiore, sentendo specificamente le scariche elettriche lungo la propria spina dorsale. Aveva scoperto Mia che parlarne, aumentava in un certo qual modo il piacere di entrambi. Le piaceva superare le proprie difficoltà, parlare in maniera sfacciata, seppur mantenendo una parvenza di palese innocenza e ambiguità. ..i trust you enough to believe you know best.. you do.. don't you? Compie una leggera pausa tempo in cui si inumidisce le labbra, prima di avvicinarsi con uno slancio improvviso e baciarlo ritirandosi improvvisamente. Infine sollevò lo sguardo nel suo osservandolo con particolare eloquenza prima di alzare le due stampelle con le tutine che aveva tra le mani ponendole all'attenzione di Raiden. « Mi piacciono entrambe. Che ne dici? » Le lasciò cadere entrambe nel carrello, per poi volgere lo sguardo verso le due felpine che Raiden le aveva precedentemente indicato. Anyway if you ask me, I like this better. Disse indicandogli la felpina bianca con la scritta "daddy's favorite" rosa chiaro. There are many princesses, but only one favorite. Poi restò solo a osservarla con il capo leggermente inclinato senza aggiungere altro. Passò il resto del tempo a scegliere qualche altra cosina carina per Haru finché giunti alla cassa non pagarono, passando oltre.
    Girarono ancora per diverso tempo, destreggiandosi tra negozi più o meno kawai, dove Mia non scelse molto. L'una cosa che sembrò attirare la sua attenzione ad un certo punto, in un negozio piuttosto coloratissimo furono un paio di parigine estremamente morbide e calde, una spazzola per capelli e un grosso fiocco sbriluciccoso pieno zeppo di gattini, articoli quelli che aveva portato in cassa senza dire assolutamente niente a Raiden, attendendo solo che pagasse senza fare alcun commento in merito se non un semplice mi sono scordata la spazzola a casa. Poco importava che quel porpora tenue poco aveva a che vedere con l'utilità dell'oggetto. Si erano spostati ancora, tra pokemon e vestitini di ogni sorta, articoli per la casa, fumetti e peluche, dove Mia aveva comprato qua e là qualche cosa più relegata a un senso del percorso mentale che continuava a compiere, più che per l'effettiva utilità. Si era così fatta comprare qualche maglietta per dormire, un paio di vestiti che effettivamente aveva trovato davvero carini, oltre che abbastanza caldi e adatti alla stagione, senza esimersi dal comprare le orecchie di gatto colorate che si era subito messa sulla testa scoppiando a ridere. Di tanto in tanto gli gettava sguardi fugaci, ridacchiando appena tra se e se, prima di tentare di tornare seria, senza riuscirsi più di tanto. Non si erano nemmeno resi conto di quanto in fretta il tempo fosse volato in fretta, al punto che, quando diverso tempo dopo si erano girati da cima a fondo il centro commerciale, lasciandosi guidare dall'ispirazione del momento. A quel punto Mia si era scordata del desiderio di vedere Tokyo, di testarla nella sua dimensione più peccaminosa. La verità è che sin dal principio, tutto ciò che voleva era passare del tempo con Raiden, ridere e scherzare. Ora, sporta appena oltre la balaustra dell'ultimo piano, in attesa dell'ascensore, con una montagna di buste ai piedi, osservava pensierosa la moltitudine di persone che attraversavano l'atrio del centro commerciale, diversi piani sotto.
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    I never liked shopping that much.. or flowers.. or wanting to see so many places and do so many things all at once.. silly things, serious things.. and other.. things.. Di colpo spostò lo sguardo alla sua destra verso il moro, osservandolo con un'espressione serena seppur un leggero senso di malizia nelle parole di lei c'era. Appariva come una bambina dagli occhi brillanti, che osservava con gioia e curiosità tutto ciò che la circondava. Nel suo tono di voce c'era una nota di nostalgia, come se quel tipo di felicità fosse lì, ma fosse sempre destinato a scomparire da un momento all'altro, le esplodeva violentemente nel petto, portandola ogni giorno più vicina a temere che sarebbe scomparsa. You make everything feel so easy and fun. You make me easy and fun. Pausa, mentre si fa più vicina. Lentamente si avvicina al viso di lui lasciando scorrere appena le dita lungo il suo fianco. Poi lentamente strofina il nasino contro quello di lui e si fa spazio a ricercare un bacio che nulla ha di paziente. Lo bacia come se non lo avesse mai baciato prima di allora, scordandosi dei passanti, del caos e delle luci. Solo quando sente il campanello dell'ascensore si stacca, sentendo addosso qualche sguardo di troppo; una coppietta di anziane li guarda, come se stessero compiendo un atto osceno in luogo pubblico. Mia dal canto suo prova un leggero senso di pudore, scaturito dalle voci delle signore che danno loro palesemente degli svergognati, ma a dirla tutta, una volta all'interno del cubicolo, preme il tasto che li porterà verso i piani inferiori, e non appena le porte si chiudono, non riesce a fare a meno di osservarlo, restando tuttavia a debita distanza di sicurezza. Do you like the things I bought today? I tried my best.. to buy cute things.. Pausa. Because I wanna look cute, for you.. Si massaggiò appena il collo annuendo tra se e se. I want to be the cutest thing for you to cuddle.. because.. Sollevò appena il mento incollando la schiena contro una delle pareti dell'ascensore. Around here there's a lot of competition. Istintivamente mentre l'ascensore continuava a scendere, Mia si staccò dalla propria postazione avvicinandosi. Am I still the cutest? Un altro passo mentre ricercava le dita di lui, per guidarlo a farsi spazio attraverso il cappotto sotto la propria felpa. Il contatto diretto la fece appena rabbrividire. Era sì, giocosa, Mia, ma in un certo qual modo sembrava ci fosse seriamente l'emergenza di sentirselo dire, sapere di essere ancora sua. Am I still your favourite, daddy?



     
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    Con Mia, Raiden cercava sempre di tastare il terreno, di punzecchiarla e vedere fin dove arrivasse. Ormai quella era diventata una prassi nella loro dinamica: lui le lanciava l'esca e aspettava, rilanciando la posta in gioco di volta in volta per sfidare i suoi limiti. Per lo più era curioso: voleva capire cosa le piacesse, cosa la intrigasse e cosa potesse trovare attraente. Non importava se quel gioco lo avessero fatto milioni di volte, per lui c'era sempre qualcosa di nuovo da scoprire, qualcosa che forse prima non aveva nemmeno considerato. Non partiva mai con un'idea prestabilita o con un obiettivo preciso, ma piuttosto se la giocava man mano, in base alle risposte più o meno esplicite che riceveva da lei. I don't know. You're really unpredictable. Continuava a guardarla incuriosito, desideroso di capire cosa lei vedesse in lui e quale tipo di desiderio vi stesse proiettando. Le parole che Mia gli aveva rivolto poco prima, nella tavola calda, inevitabilmente avevano acceso l'interesse di Raiden. Cosa lei intendesse realmente, cosa pensasse di lui e quale idea si fosse fatta di quella persona che aveva intravisto solo tramite i piccoli squarci nel passato che Tokyo offriva - tutte quelle domande sembravano ronzare nella testa di Raiden, stuzzicandone l'inesauribile curiosità. Una parte di lui, quella più razionale, non voleva darle un'idea precisa di ciò che era stato e del modo in cui aveva vissuto, ma quella parte sembrava essere continuamente sfidata da un subconscio che non poteva fare a meno di accarezzare l'idea di come lei avrebbe potuto reagire con quegli strumenti per le mani. If these clothes describe the devil in disguise, then yes, I did it on purpose. Honestly, the clothes are hot. Really hot. But.. I can't think of one moment when you are less daddy.. or.. unpredictably wicked. Or.. both? Most of the time I just try my best to be good, even when I'm nervous and.. greedy.. I trust you enough to believe you know best.. you do.. don't you? Rimase in silenzio per qualche istante, fissandola con un'espressione di indecifrabile malizia sul volto prima di sciogliersi in un sorriso tanto delicato quanto caldo. I do. It's good that you know. Proferì quelle parole con dolce pacatezza, stampandole un bacio tenero sulla guancia e carezzandole il fianco prima di ritrarre la mano. Ridacchiò quando venne colto di sorpresa dal bacio a tradimento di lei, ma nonostante ciò riprese comunque una distanza più consona al luogo in cui si trovavano. « Mi piacciono entrambe. Che ne dici? » « Sì, sono molto carine. E poi un cambio fa sempre comodo. » Anyway if you ask me, I like this better. Seguì con lo sguardo il punto indicato da Mia, sorridendo tra sé e sé alla scelta della variante. There are many princesses, but only one favorite. Una leggera risata sfiorò le labbra del ragazzo, che inclinò il capo di lato. Sounds fair. disse soltanto, vagamente divertito, prima di passare oltre per concentrarsi sugli altri acquisti. Il centro commerciale finì per prendere loro più tempo del previsto. Con tutti i negozi a loro disposizione era solo normale perdere traccia dello scorrere del tempo. Raiden aveva pagato per tutto ciò che Mia aveva scelto senza battere ciglio, astenendosi dal commentare alcunché. Tuttavia, insieme alle magliette per dormire, aveva insistito per prendere anche una camicia da notte molto simile a quella che gli elfi di casa le avevano dato quando erano stati a Tokyo la prima volta. Per giustificarsi, aveva detto che la trovava semplicemente carina e che nella peggiore delle ipotesi poteva sempre lasciarla nell'armadio come ricambio. Oltre a questo, il resto del tempo era passato nella più normale delle maniere, fin quando uno sguardo all'orologio non aveva reso chiaro che fosse ora di avviarsi. I never liked shopping that much.. or flowers.. or wanting to see so many places and do so many things all at once.. silly things, serious things.. and other.. things.. Questo Raiden lo sapeva bene. C'era voluto tempo per convincerla ad accettare certe cose, ma alla fine il risultato era stato positivo. In fin dei conti a chi non piaceva ricevere attenzioni e regali? Certo, Mia si era presentata come una ragazza semplice e senza pretese, il tipo che voleva dividere il conto della cena e che prendeva in giro la frivolezza imbarazzante di un mazzo di rose regalato. Raiden era convinto che una parte di lei ci credesse davvero in ciò che professava, ma pensava anche che parte di quelle convinzioni fossero una risposta condizionata da un modello di presunta donna forte e indipendente che veniva portato avanti nel mondo occidentale. Però io penso che una donna possa essere forte e indipendente anche quando le viene regalato un fiore o viene portata fuori a cena. Perché una cosa dovrebbe escludere l'altra? L'intuizione di Raiden era che sotto sotto tutte le ragazze volessero qualcosa del genere, Mia inclusa, ma che semplicemente ci fosse una sorta di taboo sociale occidentale nell'ammetterlo. E dunque lui aveva continuato imperterrito, guadagnandosi sempre più terreno e dimostrando con i fatti che da quelle attenzioni non richiedeva assolutamente nulla in cambio. You make everything feel so easy and fun. You make me easy and fun. Sorrise, genuino, osservandola in totale silenzio con uno sguardo colmo d'amore. In fin dei conti, lui non chiedeva nient'altro se non quello: saperle di farla stare bene e di renderla felice. Qualcosa in lui sembrava bramare morbosamente quella consapevolezza, come se per placare il proprio animo gli fosse necessario rendere felice qualcun altro - sapere di essere abbastanza e di potersi prendere cura di quella persona. La accolse a sé senza proferire parola, continuando a sostenere il suo sguardo mentre poggiava la mano sul fondo della sua schiena, come ad invitarla a farsi ancora più vicina. A quel bacio, Raiden si dedicò senza remore. All'urgenza di Mia, il giovane Yagami rispondeva con un fervore che tuttavia sapeva mantenersi paziente, saldo. La voleva, la desiderava fortemente e non faceva nulla per nasconderglielo, ma allo stesso tempo sembrava deciso ad imporre un certo tipo di passo. Quando le porte dell'ascensore si aprirono, lasciando uscire due anziane signore dall'aria decisamente contrita, il giovane Yagami sbuffò una risata divertita, nascondendola appena nel mordersi il labbro inferiore mentre rivolgeva un veloce inchino alle due donne. Si spostò dunque di lato per farle passare, aspettando che fossero uscite prima di entrare a propria volta nell'abitacolo di acciaio lucido. Si appoggiò dunque con la schiena al fondo dell'ascensore, tamburellando le dita sul corrimano smagliante. Do you like the things I bought today? Gli occhi del ragazzo si spostarono rapidi sul viso di lei, osservandola con un'espressione di muta malizia. I do, actually. You're starting to get the hang of it, I see. Il tono del moro sembrava tranquillo, come se stessero parlando del meteo che li avrebbe aspettati fuori dal centro commerciale. I tried my best.. to buy cute things.. Because I wanna look cute, for you.. I want to be the cutest thing for you to cuddle.. because.. Around here there's a lot of competition. Sorrise tra sé e sé, scuotendo leggermente il capo, come se trovasse qualcosa di particolarmente divertente in quell'osservazione. Am I still the cutest? Con gli occhi puntati in quelli di Mia, le dita di Raiden si intrufolarono guidate sotto la sua felpa, sfiorando con la punta la pelle scoperta della sua pancia e poi del suo fianco fino a raggiungere la base della schiena. Am I still your favourite, daddy? Nel silenzio dell'abitacolo, Raiden inclinò il capo di lato, passando lentamente lo sguardo sulle labbra di lei prima di riportarlo nei suoi occhi, facendo solo allora pressione sull'incavo della schiena per avvicinarla di più a sé. You always are, baby. There's no competition for you. Nonostante fossero soli, proferì quelle parole a bassa voce, con la guancia appoggiata alla tempia di lei per sussurrarle in un soffio al suo orecchio mentre lasciava scendere la mano verso le sue natiche. Un contatto che non aveva alcuna fretta e che non attuò alcuna pressione, lasciando semplicemente che il palmo rimanesse lì, a carezzare pigramente quell'area. Solo quando il campanello dell'ascensore annunciò l'imminente apertura delle porte, il giovane Yagami diede un paio di colpetti leggeri sulle natiche dell'americana, scoccandole un piccolo bacio sulla tempia prima di fare un passo indietro e intrecciare le dita alle sue.
    Sulla strada di casa avevano preso qualcosa da mangiare da asporto, dirigendosi poi in un vicolo piuttosto riparato in cui smaterializzarsi per raggiungere direttamente l'abitazione. Una volta lì, Raiden aveva posato il cappotto e si era prestato ad apparecchiare la tavola mentre Mia controllava Haru per assicurarsi che stesse bene e che le sue necessità immediate venissero risolte. Cenarono dunque in tranquillità, consumando il cibo comprato tra chiacchiere di circostanza per poi dividersi nuovamente i compiti di sparecchiare la tavola e lavare le poche stoviglie utilizzate. Quando tutti questi compiti vennero portati a termine,
    Raiden prese un paio di bicchieri dallo scaffale sopra il lavandino, portandoli in soggiorno assieme alla bottiglia di whiskey che Jeff aveva regalato loro per Natale e che non avevano ancora avuto occasione di consumare. Poggiati i due bicchieri sul tavolino e riempiti entrambi con tre dita di liquore, il giapponese strinse le dita attorno al proprio e prese posto a sedere su una poltrona solitaria, allungando le gambe di fronte a sé mentre prendeva il primo sorso. Si prese il proprio tempo, assaporando l'alcolico mentre i suoi occhi rimanevano puntati su Mia come quelli di un avvoltoio. Why don't you go put on that nice nightie I bought you? Più che una domanda, la sua suonava come una palese richiesta. Aveva scelto quell'indumento appositamente, ricercandone uno quasi identico a quello che gli elfi le avevano proposto più di un anno prima. Si trattava di una camicia da notte piuttosto corta, di seta leggera e dal colore rosa pallido; la fattura era semplice e sobria, senza particolari orpelli se non un leggero ricamo di pizzo sulla linea del seno. Attese dunque che Mia esaudisse quella richiesta e tornasse indietro, rivolgendole un piccolo sorriso compiaciuto quando comparve dalla porta. See how pretty you look? Che Mia fosse bella anche in tuta e ciabatte, questo Raiden non glielo aveva mai nascosto, ma non aveva neanche mai fatto mistero di quanto gli piacessero certi indumenti più tipicamente femminili. C'era pur sempre una ragione se erano così popolari, no? A quel punto, dunque, si sfilò un cuscino quadrato da dietro la schiena, poggiandolo in terra, vicino ai propri piedi, per poi indicarle sia quella postazione improvvisata sia il bicchiere di whiskey che si trovava ancora sul tavolino. « Non te ne stare lì impalata. Siediti. Guarda che quel bicchiere l'ho preparato per te, mica per l'elfo. » Il tono di Raiden, genuinamente scherzoso, sembrava volerla quasi rassicurare che non ci fosse nulla di strano in quelle richieste - che fossero semplicemente cose dette tanto per dire, senza alcuno scopo specifico. Chiaramente dubitava che sarebbe stato quello l'effetto sortito, ma nonostante ciò non sembrò vacillare, stendendo le labbra in un sorriso caldo mentre si abbassava per picchiettare la mano sul cuscino, invitandola ulteriormente. Quando Mia lo raggiunse, avvicinò il proprio bicchiere a quello di lei, facendoli tintinnare in quello che doveva essere un piccolo brindisi prima di buttare giù un altro sorso. A quel punto calò nuovamente il silenzio, scandito solo dal tamburellare lento delle dita di Raiden sul bracciolo di pelle della poltrona. « Non hai risposto alla domanda che ti ho fatto prima. » disse ad un certo punto, con un tono piatto che voleva simulare una nota di tranquillità, come se stesse semplicemente buttando lì qualche parola in un discorso che non c'era. Abbassò lo sguardo su di lei, inclinando leggermente il capo senza lasciar cadere quell'espressione di presunta pacatezza dal volto. « O meglio.. ci hai girato intorno. Ho notato che lo fai spesso, di fronte a domande dirette. » Dal tono che usava, sembrava le stesse chiedendo della propria giornata, ma qualcosa in quell'atmosfera troppo calma stonava palesemente. Infatti sospirò, portandosi il bicchiere alle labbra per prendere un altro breve sorso prima di chinarsi in avanti, poggiando sulle ginocchia i gomiti scoperti dalle maniche arrotolate dello stretto dolcevita: una posizione che gli consentiva di guardarla in viso più da vicino. The problem is that when I ask you a question I expect you to answer. You know.. I thought I had married quite a smart and articulate girl. Was I wrong? Should I start assuming that you're a silly little thing who doesn't really know what she's talking about? La osservò in silenzio per qualche istante, come a volere che quelle parole si sedimentassero in lei, per poi tornare lentamente indietro con la schiena, appoggiandola alla poltrona. You said that you could be wicked too, but when I asked you what you meant by that word, you couldn't really give me an answer. Si strinse leggermente nelle spalle, rubando un altro rapido sorso dell'alcolico prima di passarsi la lingua sulle labbra per raccoglierne il sapore. So I ask you again, and this time I expect you to be very precise. You can think about it a bit if you need to. Pausa. What kind of wicked do you think I am - or was -, Mia? « Che tipo di persona - di uomo, forse - credi che io sia? »





     
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    Mia non aveva mai avuto nemmeno un dubbio nei confronti di Raiden. Sin da quando i due avevano cominciato un percorso di crescita insieme, il ragazzo non le aveva mai dato motivi di dubitare della sua fedeltà, o del suo desiderio nei confronti della moglie. C'era chi trovava quella cieca forma di fiducia stupida e decisamente sciocca. Delilah le aveva più e più volte detto che degli uomini non bisogna fidarsi. La sente la sua vocina fastidiosa: sono bravi e sono leali, ma sono deboli. Devi tenerli d'occhio sempre, altrimenti chissà cosa potrebbe succedere. Un momento e la tua vita potrebbe andare in rovina. Seppur Mia non avesse propriamente esperienze con una relazione seria e duratura, doveva ammettere che trovava quella concezione dell'amore davvero orribile. Era certa che Jeff e Delilah si amassero molto, ma il modo in cui conducevano la loro esistenza era semplicemente impensabile per Mia. Lei non si sentiva un censore; non doveva tenere d'occhio Raiden, non solo perché ciò significava vederlo come un essere privo di controllo e schiavo delle proprie pulsioni, ma significava anche in un certo qual modo ammettere anche di non aver scelto bene, di aver deciso di dedicare la propria vita a una persona che non era in grado di portare avanti lo stesso impegno che lei in primis si era presa nel momento in cui aveva deciso di stare con lui. Il giro di sospetto e tradimenti nelle coppie, Mia non l'ha mai capito, e ne ha sempre rifiutato la possibilità nella propria vita. Seppur Raiden fosse un bel ragazzo e facilmente potesse avere un certo ascendente sulle altre, ciò non era sufficiente affinché si sentisse nella posizione di abbandonarsi a una cieca forma di possessione e gelosia. Certo, si sentiva spesso pizzicata dalle attenzioni che il ragazzo riceveva, ma era puntualmente un sentimento relegato a tutte quelle ragazze che sembravano non capire i propri limiti. Ciò di cui spesso aveva più paura era deluderlo, non dargli abbastanza, non renderlo abbastanza felice; nel suo piccolo, temeva piuttosto di arrivare a far pentire Raiden della sua scelta. You always are, baby. There's no competition for you. Il Giappone amplificava quelle paure; sempre. Tant'è che annuì, circondandogli il busto in maniera scellerata, quasi avesse bisogno di dargli la prova tangenza dell'attaccamento che sentiva nei suoi confronti. Tutte quelle attenzioni, gli sguardi che ricevevano, i giudizi ma anche la persistenza delle storie pregresse che lo precedevano, sortivano un effetto davvero strano in Mia. Non certo un sentimento relegato alla paura di essere lasciata, quanto all'idea del fatto che quel posto potesse ricordargli in un certo qual modo certe cose non le avrebbe mai più avute. E se le volesse? Se ne sentisse ancora il bisogno ma fosse certo che nella nostra dinamica non le avrà mai? Quelle insicurezze sembravano attanagliarla spesso; non era certo una novità il fatto che Raiden avesse sempre trattato Mia con estrema pazienza, approcciandocisi con estrema cautela. Non dava mai l'idea di avere bisogno di nient'altro se non di ciò che lei era disposta a dargli; non tentennava mai, né c'erano momenti in cui aveva l'impressione che il ragazzo volesse di più, eppure, Mia viveva comunque con quel terrore. Con l'idea che in un certo qual modo la timidezza che evidentemente dimostrava nell'approcciarsi a lui sarebbe divenuta prima o poi un impedimento nel vivere serenamente la loro intimità. Il modo in cui lui si approcciava poi a quelle situazioni, destava in lei una costante curiosità, come se ci fosse sempre del non detto, cose e pensieri che il moro si teneva solo per lui in attesa che Mia fosse pronta. Tutti quei pensieri si amplificavano ogni qual volta tornassero in Giappone. In quei momenti, più che mai, Mia percepiva il bagaglio di vita accumulato da Raiden prima di conoscerla, tutte quelle cose che evidentemente aveva fatto e sperimentato, e che in una certa misura sperava volesse condividere anche con lei.
    A tutte quelle cose pensava spesso; e ci pensò anche mentre facevano ritorno a casa. Non diede grandi segnali di impazienza mentre svolgevano le loro solite faccende. Una volta tornati a casa, Mia si era dedicata ad Haru, occupandosi della sua cena e di cambiarlo, preparandolo per la notte. Il piccolo deve essersi divertito molto e deve aver dato molto filo da torcere al loro elfo domestico, poiché al loro rientro era già palesemente stanco e spazientito, al punto che fargli prendere sonno era stato più difficile del solito. Mi lo aveva comunque trattato con molta dolcezza e pazienza, dandogli modo di dare sfogo a tutti i suoi capricci, finché preso dal leggero canticchiare di Mia di una dolce ninna nanna si era addormentato tra le sue braccia crollando come un sasso. Sei così carino che potrei mandarti in un sol boccone, un sussurro quello di Mia, che la portò ad adagiare il piccolo nella sua culla e rimanere a osservarlo ancora per un po'. Era incredibile quanto un fretta crescesse e quanto in realtà diventasse di giorno in giorno ancora più perfetto. C'erano giorni in cui quasi non riusciva a crederci che quella piccola creatura era stata creata da lei e Raiden e che Mia, si era detta pronta a privarsene ancora per molto tempo, non più lontano di un anno prima. Posato un ultimo bacio sulla fronte del bambino e assicuratasi che stesse ben protetto al caldo, era uscita dalla stanza ben attenta a insonorizzarla come sempre facevano, così da evitare che i rumori esterni e non potessero svegliarlo. Messo KO il piccolo, era scesa di sotto con aria trionfante per la cena consumando il pasto in tranquillità si, ma non certo senza gettargli di tanto in tanto qualche occhiata di troppo. Il dolcevita che aveva comprato risaltava particolarmente le qualità fisiche di Raiden, tant'è che non soffermarvisi era davvero complesso. Era davvero bello ed estremamente attraente, al punto che, di tanto in tanto, la sua mente sembrava correre inavvertitamente verso lidi ben lontani dal tavolo dove stavano consumando il proprio pasto. Beh oddio.. non necessariamente troppo lontano. Nel guardarsi intorno di tanto in tanto, infatti, Mia sembrava piuttosto testare le possibilità della nuova abitazione in cui si trovavano. Così, passarono una cena piuttosto silenziosa, scandita per lo più da discorsi insensati e poco importanti, fatti per lo più di elogi verso il cibo, paragoni e battute sul banana split fallimentare e poco altro. Solo quando, concluso di sparecchiare, vide Raiden lasciare la cucina con due bicchieri e la bottiglia del wiskey buono, una che Jeff doveva aver pagato un po' troppo, e che Mia e Raiden si era detti avrebbero tenuto per una qualche occasione speciale, la sua espressione mutò sensibilmente. Why don't you go put on that nice nightie I bought you? Lo sguardo di lui la perseguitò durante tutto il tempo in cui lasciò il salotto della loro abitazione giapponese. Mentre si liberava dei vestiti, dandosi una veloce rinfrescata, aveva continuato a pensarci e ripensarci, rendendo piuttosto inutile il training autogeno che tentava di portare avanti, per scrollarsi di dosso la tensione. Cristo santo, Wallace. È pur sempre tuo marito. Ma questo di certo non aiutava affatto; che Mia e Raiden fossero estremamente a loro agio l'uno con l'altro, non significava che lei fosse del tutto in grado di controllare la tensione che provava ogni qual volta fosse evidente che l'atmosfera tra loro stesse cambiando. E forse non era nemmeno auspicabile. A Mia piaceva stare sulle spine, le piaceva metterci il proprio affinché quelle situazioni andassero esattamente così. See how pretty you look? Si era fermata poco dopo sulla soglia della porta scorrevole che portava in salotto portandosi i lunghi capelli tendenti ora al violetto scuro sulla spalla nuda. La camicetta che Raiden aveva scelto, era effettivamente carina, ma era anche dannatamente corta, al punto che era certa, sarebbe bastato un movimento di troppo per scoprire cosa ci fosse al di sotto. Niente. Un dettaglio, quello, che Mia sembrava aver calcolato nel novero delle libertà che voleva prendersi quella sera. Non sapeva però cosa dire, né cosa fare, così si lisciò semplicemente la camicetta, osservandolo con un'espressione curiosa e impaziente. « Non te ne stare lì impalata. Siediti. Guarda che quel bicchiere l'ho preparato per te, mica per l'elfo. » Era tesa, e di certo il tono del ragazzo non la aiutò a rilassarsi. In quei momenti, era piuttosto evidente che qualunque cosa Raiden facesse, aveva qualunque intenzione possibile tranne quella di rilassarla. Così, non appena si trovò di fronte a lui, lo fissò per qualche istante deglutendo, prima di sedersi nel punto indicato, prendendo il bicchiere silenziosamente. Seppur non dicesse nulla, fu evidente dal soffio di lei che qualcosa fosse mutato. Quella precisa postazione era stata precedentemente occupata dalla ragazza della casa del piacere; intimamente Mia era andata su tutte le furie nell'osservare quella scena quasi come se fosse un terzo incomodo. Ora lo osservava da quella stessa postazione, con i muscoli tesi e un palese senso di torpore che non riusciva a togliersi di dosso. « Non hai risposto alla domanda che ti ho fatto prima. O meglio.. ci hai girato intorno. Ho notato che lo fai spesso, di fronte a domande dirette. » « Di quale domanda stiamo parlando? » Chiese osservandolo con un'espressione docile, carezzandosi appena le punte dei capelli. « Ti ho detto quello che penso. » Forse avrebbe fatto meglio a rimanere in silenzio; l'ulteriore vicinanza tra i volti dei due non fece altro che svelargli il sospiro pesante di lei che difficilmente riusciva a trattenere, così come quelle palesi reazioni invisibili che le provocavano la pelle d'oca.
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    The problem is that when I ask you a question I expect you to answer. You know.. I thought I had married quite a smart and articulate girl. Was I wrong? Should I start assuming that you're a silly little thing who doesn't really know what she's talking about? Lo sguardo ancorato a quello di lui senza riuscire a spostarlo in alcuna altra direzione. Probabilmente se in quel momento l'avesse anche solo brevemente toccata,Mia avrebbe cominciato a tremare, scossa da quel pesante desiderio che la stava montando nel petto. You said that you could be wicked too, but when I asked you what you meant by that word, you couldn't really give me an answer. So I ask you again, and this time I expect you to be very precise. You can think about it a bit if you need to. What kind of wicked do you think I am - or was -, Mia? « Che tipo di persona - di uomo, forse - credi che io sia? » Per un istante Mia lo guardò dalla sua postazione con grandi occhi da cerbiatta innocente mordendosi appena il labbro inferiore. La sua mente sembrava saltare da un'ipotesi all'altra, da una situazione a un'altra, da un'idea a un'altra senza riuscire a mettere insieme nessun pensiero di senso compiuto. Era così che si sentiva quella ragazza? Era così che si sentivano le altre? Che fosse completamente in balia di quel momento era evidente dal modo in cui roteò la testa per tentare inutilmente di scrollarsi di dosso la tensione. Istinvamente tornò a guardarlo. Nulla era cambiato in quei pozzi colmi di lussuria che la seguivano come un animale famelico. Raiden pretendeva una risposta, ma Mia dal canto suo sentiva solo un pesante peso all'altezza dello stomaco che si estendeva fino a stringerle la gola in una morsa opprimente. Di colpo, con la mano leggermente tremante si portò il bicchiere alle labbra, ma invece di prenderne appena un sorso, Mia lo svuotò completamente, appoggiandolo in terra accanto a sè con uno scocco netto. Lo seguì con gli occhi per tutto quel tempo, indugiando ulteriormente una volta concluso il contenuto ambrato. Poi si massaggiò il collo stringendo i denti. Un lungo sospiro e poi tornò a guardarlo. When we are here, I keep watching you through other people's eyes. They respect you.. admire you. And it's not just here.. No. Non succedeva solo lì, ma succedeva soprattutto in Giappone. Non era certo una novità; nonostante la società giapponese avesse un certo tipo di ritualità, era evidente che vedessero Raiden in maniera diversa. Vi era nei loro gesti un profondo senso di gratitudine. If you asked for anything, they would give it to you. Pausa, tempo in cui lo osserva con estrema eloquenza. I keep thinking that soldiers had the same privilege before. You were young, handsome, successful and you could ask for anything. Why wouldn't you ask for a young girl's attention? Why wouldn't you claim her body.. asked her do.. things for you. Deglustisce. Like when you ask me - demanding - to wear whatever you like, or.. like that time when you did.. those things.. uhm.. in that changing room. Sometimes you keep making me wait just because you know I'll be ready whenever you ask me to. C'erano momenti in cui Raiden sembrava cambiare completamente, come se venisse travolto da una tale foga che superava ogni limite del pudore e del buon senso. Era difficile dire fino a dove sapesse o potesse spingersi, ma non poteva dire che non era curiosa di scoprirlo. C'erano momenti in cui sembrava godere così tanto del potere che aveva su Mia, non tanto perché si beasse del mero controllo che aveva su di lei, bensì perchè era evidente lei si fidasse a sufficienza da lasciargli campo libero in tutto. La giovane Yagami dal canto suo non se ne era mai pentita. Non si era mai sentita mancata di rispetto o aveva provato un reale disagio nel condividere quel tipo di intimità con lui. Piuttosto, si sentiva come se le desse prova del proprio amore, provando al contempo l'amore che lui provava nei suoi confronti nek dedicarlesi così tanto. I think those things are some kind of.. glimpses.. of you. Abbassa lo sguardo, giocando distrattamente con l'orlo del proprio vestito. You like me like that, don't you? Lo guardava dal basso verso l'alto con estrema eloquenza. Non era necessario aggiungere altro. Your.. silly little thing. Il solo ripetere quelle parole le lascia la bocca impastata, un palese senso di vertigini. You like that I am silly enough to do whatever you ask me to. Because you know best. Di scatto allungò la mano per accarezzargli con dolcezza la caviglia. I am.. I know I am. I'd do whatever, really.. just to be the only one, your favourite as long as I can. You can't even imagine the things I'd do for you. The good and the bad. There's nothing I wouldn't do to make you happy, keep you safe, satisfy you. Fully. Completely. Nel dire quelle parole si fece più vicina, strofinando con un senso di devozione la guancia contro l'interno coscia di lui, lasciandogli appena qualche morso colmo della possessione che sentiva di fronte ai tanti stimoli a cui era stata esposta negli ultimi giorni. But maybe you think I am too much of an angel.. for you. That's why you keep saying "baby steps, Mia". Maybe you don't feel challenged enough. Should I be sloppier? Non a caso, di scatto si staccò, spingendosi appena all'indietro col fondoschiena per osservarlo più da lontano. Ne ammirava l'immagine con infinita bramosia e altrettanta devozione. Allungata la mano sul tavolo, svitò il tappo del liquore, portandosi la bottiglia alle labbra con un espressione colma di sfida mentre saggiava le sue stesse labbra intinte di quel sapore forte. These clothes of yours, makes you seem nice and clean, respectable. You really feel like a good guy. Dove eyes and all. Lo squadrò dalla testa ai piedi deglutendo appena. But they reveal enough to let everyone know that if you wanted to stick your cock in your lover's mouth wherever you want, they would've nothing else to say other than "Thank you. Please, can I have more?" Portò nuovamente le bottiglia alle labbra, ma questa volta nel farlo allargò appena le gambe, abbastanza da lasciargli intravedere l'assenza dell'intimo prima di portarsi le ginocchia al petto sorridendo appena. Have I been precise enough for your standards? Because if not, I guess I did whatever I wanted, anyway.



     
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    Osservare gli ingranaggi muoversi dietro lo sguardo di Mia era per Raiden un'attività quanto mai divertente. Le domande che le poneva erano sì spesso frutto di una genuina curiosità, ma per lo più erano mirate a puntarle addosso il riflettore e renderla anche sin troppo consapevole della situazione in cui si trovava. Ai fini di ciò che aveva in testa, le possibili risposte di Mia avevano un importanza solo relativa, determinanti solo nel modulare le specifiche e i dettagli della situazione. Tuttavia il punto cardine era sempre il fatto stesso di porre quegli interrogativi, consapevole di quale atmosfera potessero creare. In circostanze del genere, il potere delle parole era immenso - sia nel riceverle che nel proferirle; un conto era immaginare qualcosa nella propria fantasia e un conto del tutto differente era dar voce a quelle stesse fantasie. Raiden sapeva bene cosa si provasse, e lo sapeva ancor meglio quando si trattava di Mia - qualcuno alle cui emozioni e sensazioni fisiche aveva un accesso diretto. Dar voce ai propri pensieri, in quei casi, faceva molto più di quanto un tocco o una carezza avrebbero mai potuto fare. Si beava delle espressioni di Mia, del modo in cui ragionava, osservando con più attenzione ciò che prima aveva sfiorato solo in maniera astratta. Chiederle di parlare significava chiederle di riflettere, di produrre nella propria testa certi scenari e sentire quali corde toccassero. E a me piace l'idea di creare certe reazioni in te senza dover nemmeno posare un dito sul tuo corpo. Si portò il bicchiere alle labbra, in attesa, compiaciuto da quel potere così pacifico e sottile da non richiedergli nient'altro se non la creazione di un semplice interrogativo. When we are here, I keep watching you through other people's eyes. They respect you.. admire you. And it's not just here.. If you asked for anything, they would give it to you. La fissava in silenzio, con il capo inclinato, in muta curiosità. Ai suoi occhi non c'era nulla di più interessante di vedersi tramite la prospettiva di lei. I keep thinking that soldiers had the same privilege before. You were young, handsome, successful and you could ask for anything. Why wouldn't you ask for a young girl's attention? Why wouldn't you claim her body.. asked her do.. things for you. Ed effettivamente non aveva torto. C'erano stati tempi in cui Raiden, consapevole del privilegio che deteneva, non si era fatto eccessivi scrupoli a coglierne i frutti. Uscito da Iwo Jima come un cane affamato che non vede cibo da settimane, era stato travolto dalla novità dello status che aveva acquisito e dalle possibilità che esso gli offriva. Non era solo la sua prospettiva ad essere cambiata, ma quella del mondo intero. Per quanto consapevole di essersi perso più di un'occasione ai tempi della scuola, era anche altrettanto consapevole di quante in più ne avesse in quel momento. Era chiaro come la luce del sole che le ragazze lo guardassero in maniera diversa, che vedessero in lui qualcosa in più rispetto a prima. Negli anni passati, il giovane Yagami era stato semplicemente un ragazzo carino ai loro occhi - gentile, studioso e con quel pizzico di charme in più che si tendeva sempre a vedere nei giocatori di Quidditch -; insomma, qualcuno per cui si poteva avere facilmente una cotta, ma che rimaneva sempre un proprio pari. Quella divisa, tuttavia, lo aveva elevato ad un livello superiore, uno che veniva naturalmente associato all'autorità e, sì, anche al potere. Il fascino che esercitava era dunque diverso, più radicato, quasi più tribale se si vuole. Perché anche sulla parità c'è una sottile differenza. Dire di volere una relazione alla pari non implica necessariamente che si desideri un proprio pari. La maggior parte delle ragazze non lo vogliono, non hanno interesse per qualcuno che si trova al proprio stesso esatto livello, perché tendono a vederlo naturalmente come inferiore, e dunque a non provare attrazione nei suoi confronti. Sono state educate a ricercare qualcuno che gli dia un senso di sicurezza e di stabilità. Spesso questo si traduce semplicemente in termini anagrafici, ma anche il punto in cui ti trovi nella vita e nella società è determinante. Al netto del proprio aspetto e della personalità che aveva, Raiden sapeva che non avrebbe mai avuto lo stesso successo tra le ragazze se fosse stato un garzone di bottega. La cosa, però, non sembrava disturbarlo - semmai la trovava in un certo senso naturale. Ma era pur sempre un ragazzo, ed era solo normale che con tutte quelle porte improvvisamente spalancate di fronte a sé, la sua immediata reazione fosse quella di voler provare tutto ciò che quel ricco banchetto aveva da offrirgli. Non se ne vergognava, e adesso, nel presente, nemmeno se ne pentiva. Like when you ask me - demanding - to wear whatever you like, or.. like that time when you did.. those things.. uhm.. in that changing room. Sometimes you keep making me wait just because you know I'll be ready whenever you ask me to. Il giovane Yagami non era mai stato un assetato di potere, non godeva intrinsecamente nel sapere di poterlo esercitare su qualcuno. Non era il controllo su Mia, ciò che lui bramava, quanto piuttosto l'idea di saperla volontariamente dedita a lui. Mia sceglieva di dargli le proprie attenzioni e il proprio corpo perché lo desiderava, e non perché le venisse imposto. Sapere di essere desiderato - o forse ancor più sapere di poter suscitare in lei quel desiderio - era quanto di più eccitante per il giapponese. Abituato alla condizione di essere colui che desiderava, colui che consumava l'altro con lo sguardo e sentiva scorrersi nelle vene il caldo torpore dell'eccitazione, l'idea di sapersi oggetto di quelle stesse sensazioni lo accendeva. I think those things are some kind of.. glimpses.. of you. Assottigliò leggermente le palpebre, incurvando gli angoli delle labbra in un piccolo sorriso tanto divertito quanto intrigato. Per quanto poco Mia sapesse delle esperienze passate di suo marito, con la propria risposta era andata straordinariamente vicina alla verità. You like me like that, don't you? Your.. silly little
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    thing.
    Al moro non sfuggirono le sensazioni che il corpo di Mia provò nel ripetere quelle parole - sensazioni che erano lo scopo esatto per cui le aveva chiesto di rispondere in maniera esaustiva alla propria domanda. You like that I am silly enough to do whatever you ask me to. Because you know best. I am.. I know I am. I'd do whatever, really.. just to be the only one, your favourite as long as I can. You can't even imagine the things I'd do for you. The good and the bad. There's nothing I wouldn't do to make you happy, keep you safe, satisfy you. Fully. Completely. Sorrise al contatto di lei, guardandola dall'alto della propria posizione senza fare assolutamente nulla per interromperla se non bagnarsi di nuovo le labbra con il whiskey, godendone il sapore con gli occhi puntati sulla scena di fronte a sé. But maybe you think I am too much of an angel.. for you. That's why you keep saying "baby steps, Mia". Maybe you don't feel challenged enough. Should I be sloppier? Scosse leggermente il capo, sbuffando una piccola risata dalle narici a quelle parole, come se l'americana avesse avanzato un'ipotesi estremamente comica. I actually say that for you, baby. You tend to be kinda careless in what you ask for, but as you said: I know best. Le rivolse un'occhiata eloquente, osservando ogni suo movimento con estrema attenzione e curiosità. These clothes of yours, makes you seem nice and clean, respectable. You really feel like a good guy. Dove eyes and all. But they reveal enough to let everyone know that if you wanted to stick your cock in your lover's mouth wherever you want, they would've nothing else to say other than "Thank you. Please, can I have more?" Lo sguardo del moro si abbassò istintivamente sull'intimità di lei quando gli venne concesso uno scorso. La prevedibile reazione fu quella di sentirsi il sangue bollire nelle vene, spinto dal desiderio di mettere via il bicchiere e saltarle addosso come un animale affamato. Tuttavia si trattenne, stringendo leggermente la mascella e allungando meglio le gambe di fronte a sé per far fronte alla crescente scomodità. Have I been precise enough for your standards? Because if not, I guess I did whatever I wanted, anyway. Annuì piano, con un tenue sorriso ad aleggiargli sulle labbra. You've been really good. Thank you, baby. Proferì quelle parole con tono pacato, portandosi ancora una volta il bicchiere alle labbra, questa volta per buttare giù ciò che ne rimaneva prima di alzarsi in piedi con uno slancio fluido e raggiungere il tavolino, posandovi il vetro ormai vuoto. Come se nulla fosse, prese la bottiglia di whiskey, assicurandosi che fosse ben chiusa, per poi radunare entrambi i bicchieri usati. Now please, be a good girl and go wait for me in the bedroom. I'll be right back once I'm done with this. Le scoccò un sorriso gentile, voltandosi in direzione della cucina. Se la prese con comodo, Raiden, riponendo la bottiglia nella credenza e lavando con anche troppa cura i due bicchieri prima di rimetterli al loro posto. Si prese anche il tempo di controllare che porte e finestre fossero ben chiuse e che le luci nelle varie stanza fossero spente. Solo a quel punto, deciso di averla fatta attendere a sufficienza, si diresse verso la camera da letto. Accostata la porta alle proprie spalle, si avvicinò al materasso con passi misurati, fermandosi al capo opposto rispetto alla testiera. Con gli occhi puntati su di lei e un sorriso dall'aria rassicurante sulle labbra, picchiettò un paio di volte il palmo sul limitare del materasso, invitandola così a sedersi in quel punto. Quando fu sufficientemente vicina, con le gambe che penzolavano giù dal letto, Raiden si sporse lentamente nella sua direzione, appoggiando un palmo accanto a lei per tenersi in equilibrio mentre le posava un bacio leggero sulle labbra. Sorry to have kept you waiting. In realtà, dispiaciuto non lo era per niente, visto quanto tutte quelle mosse fossero evidentemente studiate per tenerla sulle spine. La mano libera si poggiò leggera sul ginocchio scoperto di lei, carezzandone la pelle con la punta delle dita, in un contatto così delicato da far venire la pelle d'oca. Un contatto, quello, che rimase altrettanto leggero anche quando le dita risalirono lente lungo l'interno coscia di lei, premendovisi solo con delicatezza per farla divaricare un poco quando giunse all'orlo della camicia da notte. Gli era sempre piaciuto prendersi il proprio tempo sul corpo di lei, dilatare quelle sensazioni con tocchi leggeri per sentire ogni suo nervo tendersi alla ricerca delle sue mani. Adorava sentire l'eccitazione crescere sotto la sua pelle, percepire con precisione il modo in cui il calore andava pian piano a concentrarsi sul suo basso ventre, intorpidendola. Gli piaceva ancora di più quando, dopo tutta quella preparazione, le sue dita si decidevano finalmente a raggiungere il punto più sensibile; come in quel momento, quando le sue labbra si allargarono a scoprire i denti in un sorriso tanto trionfante quanto luciferino nel sentirla pronta ad accoglierlo. Le dita del moro giocavano con lentezza sull'intimità di lei, percorrendola con tocchi leggeri, desiderosi di saggiarne ogni punto e ricoprirsi dei suoi umori. Se le portò infatti alle labbra, ruotandovi la lingua intorno per raccoglierne le tracce di Mia. God, you really have the sweetest pussy on Earth. Sapeva di averla stuzzicata per tutto il pomeriggio proprio con in mente quell'esatto risultato, e non si poteva dire di certo scontento di quanto ottenuto. Le aveva volontariamente negato il proprio tocco per arrivare lì, a quel momento, a renderla più sensibile anche al minimo contatto. Dal canto suo, Mia doveva aver ormai capito quanto remunerativa potesse essere la pazienza, ed era stata al gioco di buon grado. Agli occhi del giovane giapponese, il piacere di Mia era ben più importante del proprio, forse perché in primis era lui a trarre godimento dal provocarle quelle sensazioni. Era sempre stato così, fin dalle sue prime esperienze, Raiden aveva sentito il bisogno viscerale di provocare piacere più di trarne. Le dita del ragazzo tornarono lentamente all'intimità di lei, continuando quel gioco lento mentre pian piano la spingeva sempre più indietro col proprio corpo: prima incollando le labbra sulle sue in un bacio famelico, inclinandosi sempre più su di lei, poi poggiando un ginocchio sul materasso e infine l'altro nello spazio tra le sue gambe, fin quando la schiena di Mia non fu completamente distesa. I tocchi si fecero sempre più intensi, scanditi da quel bacio interrotto solo dai respiri gradualmente più affannosi. You're so ready baby, I can't help myself. Parole che scandì con voce rauca sulle sue labbra, mugolando al contatto sempre più umido con la sua intimità. Parole a cui diede anche un seguito, afferrandole i fianchi per ribaltarla sul materasso e tirarla verso di sé in modo da sollevarle il bacino all'altezza del proprio. Uno schiocco sonoro risuonò nella stanza quando il palmo di Raiden si infranse con precisione chirurgica sulla natica scoperta di lei, seguito subito dall'eloquente e breve suono della zip. Ci fu un breve istanze di silenzio, spezzato a malapena dal sospiro del ragazzo, che passò un palmo lungo la schiena della mora, sotto il tessuto sottile della camicia da notte. Un lieve gemito sfuggì dalle sue labbra quando la punta dell'intimità scivolò lungo l'apertura di lei. I really wanted to take my time with you, love. Disse piano, facendo scivolare lentamente la propria intimità contro quella di Mia, ricoprendola dei suoi umori. Movimenti pacati, che tuttavia venivano traditi dalla pressione che le dita esercitavano sul suo gluteo. But you are so wet and sensitive right now. It's irresistible. Esalò quell'ultima parola con voce roca dal desiderio, spingendosi a varcare l'ultima barriera rimasta tra i loro corpi mentre un gemito sommesso gli abbandonava le labbra. Il primo affondo fu lento, desideroso di godersi ogni centimetro di quell'intimità che lo accoglieva pian piano in sé, ma durò poco, seguito subito da uno schiocco più forte che fu solo il primo di tanti altri. Con una mano strinse saldamente il fianco di lei, mentre l'altra andò ad afferrare tra le dita il tessuto della camicia, arricciandolo sulla sua schiena per scoprirla quasi completamente. Stringeva la seta con forza, almeno tanta quanta ne impiegava per affondare le dita sul suo fianco e dare più spinta a quei contatti tanto famelici da diventare man mano più animaleschi. C'era qualcosa di estremamente soddisfacente nell'appropriarsi di un'apparenza così tenera, qualcosa che non sapeva spiegare e che pure sembrava soddisfarlo e al contempo renderlo più affamato.





     
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    You've been really good. Thank you, baby. Now please, be a good girl and go wait for me in the bedroom. I'll be right back once I'm done with this. Lo osservò con un'espressione piuttosto incuriosita cercando di capire se intendesse qualcosa di diverso da quello che aveva effettivamente detto. Evidentemente però, Raiden voleva davvero che salisse di sopra. Decise quindi di far leva sulle proprie braccia e alzarsi; gli gettò un ultimo sguardo, prima di scuotere la testa e decidersi di seguire le sue istruzioni senza discutere troppo. Una volta nella stanza corse quasi automaticamente verso il bagno. Si diede una sistemata allo specchio, osservando la propria immagine in maniera quasi ossessiva, quasi volesse tentare di trovare qualcosa che non andava. Era sempre la solita Mia; nel bene e nel male. Ma era anche diversa - non che lo fosse diventata nello spazio di tempo trascorso dalla mattina prima. Appariva tuttavia più matura, più consapevole, forse semplicemente con più certezze. Si sciacquò velocemente la faccia, tentando di raffreddare le guance in fiamme, per poi spostarsi verso la stanza da letto dedicandosi a piccoli dettagli che potessero distrarla. Nell'attesa, tuttavia, continuò a chiedersi quando Raiden sarebbe arrivato, cosa stesse facendo. Una parte di sé era estremamente tentata di piombargli in testa e chiedergli che fine avesse fatto. Tuttavia, non ne ebbe il coraggio, un po' perché c'era qualcosa di estremamente piacevole in quel torpore e un po' perché, nell'attesa continuava a pensare a ciò che si erano detti. La sua voce profonda continuava a risuonarle nella testa, fino al punto di spararle lungo la spina dorsale piccole scariche elettriche che aumentavano il senso di quell'attesa. Era incredibile come nell'assenza ci fosse così tanta presenza, come pur non essendoci, Raiden era sempre nella su testa. Così, quando giunse in stanza, Mia schiuse appena le labbra osservandolo con estrema attenzione. Hey.. Un saluto timido e un po' impacciato che non rovinò tuttavia l'atmosfera. Semmai, sembrò darne ancora più legittimità: Mia lo aspettava esattamente come ci si sarebbe aspettati, sulle spinte, particolarmente tribolante e curiosa. Si sedette nel punto in cui le venne indicato e lo osservò con un'espressione estremamente docile. « Ci hai messo un po'. » Disse di colpo con leggerezza prima di rispondere al suo bacio sporgendosi appena nella sua direzione. Sorry to have kept you waiting. In tutta risposta Mia inclinò appena la testa sospirando, provando un senso di vertigine non appena la mano di lui la sfiorò per la prima volta. Sapeva esattamente per quale ragione l'avesse fatta attendere così tanto. Era esattamente quello: voleva sentirla sciogliersi come un ghiacciolo al sole di fronte a un semplice sfioramento. E le sue reazioni non erano da meno. Per quanto tentasse di contenersi, la verità era che stV impazzendo prima ancora di essere stata stiorata. You're not. But I forgive you. Un sussurro che la portò ad avvicinare le labbra all'orecchio di lui, lasciandogli un leggero bacio sulla guancia prima di volgere lo sguardo verso la traiettoria delle sue dita che si spostavano sempre più in alto. La voglia di implorarlo di toccarla era tanta, ma tentò comunque di mantenere la calma, soffiando con gentilezza sul suo viso. Posò la tempia contro il petto di lui, strofinandovi la guancia con un senso di infinita dolcezza, mentre lentamente le dita del ragazzo tastavano la sua eccitazione. Please, I need you so bad. I waited for you a lot. La verità è che a Mia piaceva essere una brava ragazza, essere lodata per averlo aspettato a sufficienza, essere ricompensata per averlo ascoltato e così via. Con altrettanta gentilezza e fermezza fermò la mano sul cavallo dei suoi pantaloni, tastandone l'eccitazione con un mugolio che si infranse contro i suo petto prima di alzare lo sguardo a osservarlo. Sentirlo così pronto senza aver fatto oltre ad acconsentire a quello palese stuzzicarsi era molto soddisfacente, e lo era ancora di più alla luce del fatto che i suoi tocchi era stato tanto minimi quanto leggeri. I've missed you so bad. Un lamento che non si vergognò affatto di trasmettergli. Mia e Raiden erano rimasti quasi costantemente insieme per tutto quel tempo, eppure, la mancanza della vicinanza fisica si stava facendo sentire adesso più che mai. C'erano momenti in cui stargli lontano era semplicemente impossibile. Mia sentiva di aver bisogno di quei momenti come dell'aria, non solo perché la ricongiungevano a lui, fungendo da valvola di sfogo per tutte quelle tensioni quotidiane che volenti o nolenti si facevano sentire, ma anche perché in un modo o nell'altro era un modo per dimostrargli quanto il desiderio di lui non scemasse mai. Durante la giornata appena passata, Mia non aveva fatto altro che pensare a lui, in attesa che fossero finalmente soli, lontani da occhi indiscreti, lontani da tutte quelle cattive vibrazioni che ricevevano. Ne osservò e si beò dei suoi movimenti con estrema attenzione, andandogli incontro consapevole di volerne di più, e quando ne saggiò il sapore con così tanta bramosia, Mia si inumidì automaticamente le labbra osservandolo con se fosse rimasta nel deserto priva di una goccia d'acqua o un briciolo di cibo per settimane. Era famelica e scossa da un desiderio profondo, viscerale. Quel momento, in un certo qual modo tenero, era solo il crescendo di qualcosa che sentiva sarebbe esploso nel petto di entrambi con incredibile violenza. God, you really have the sweetest pussy on Earth. Un po' alla volta risalirono lungo il materasso, mentre cercava le sue labbra con costante desiderio, protraendosi verso di lui come un cucciolo smarrito. Si aggrappava ricercandolo, mordendone desiderosa le labbra, attirandolo a sé con estremo slancio, finché trovatasi a faccia in giù lungo materasso, si allungò appena come un gattino pronto a fare le fusa prima di spingere il fondo schiena nella sua direzione. You're so ready baby, I can't help myself. Uno scocco che la fece trasalire appena prima di ridacchiare, e poi il suono della zip dei pantaloni che la portò a volgere lo sguardo oltre la spalla per osservarlo. Amava quella visuale; la rendeva così pronta da non riuscire a fare altro se non protrarsi sempre di più verso di lui. I really wanted to take my time with you, love. But you are so wet and sensitive right now. It's irresistible. Il contatto tra le sue rispettive intimità la mandò in estasi, al punto che andargli incontro divenne un gesto obbligato e mandatorio. Così presa da quel momento incrinò appena la schiena abbandonandosi a un mugolio più profondo. Fuck, babe you feel so good. Non era una frase fatta, per quanto potesse sembrarlo. La verità è che in quel incontro-scontro Mia vedeva tutto l'amore e la dedizione che si dedicavano a vicenda. Gli andava incontro con la stessa foga con cui lui andava incontro a lui, sprigionando tutta la foga che sentiva il bisogno di sfogare già da un po'. La scarica che sentiva arrivare dal corpo di lui la accendeva di un forte bisogno di accoglierlo, stringersi attorno a lui fino a quasi non volerlo più lasciarlo andare. Tale era la tensione che stava costruendo nel suo basso ventre che non riusciva a fare altro se non sprigionarne il piacere tramite versi sempre più acuti che si univano al leggero tremolio delle cose. Quell'attesa rese il suo climax anche troppo veloce. Sapeva non fosse nemmeno a metà dell'opera, e sapeva che avrebbe dovuto impegnarsi decisamente di più per sortire lo stesso effetto in lui, eppure, ben presto Mia dovette spostarsi di lato, tremolante e colta da leggeri spasmi che la resero ancora più sensibile. Si scostò appena ansimando fortemente mentre, guancia incollata contro il materasso, lo osservava con un sorriso soddisfatto e al contempo malizioso, beandosi di quell'immagine di lui così eccitante. You are so good to me. Chiuse per un istante gli occhi facendogli segno di dargli un istante. Si dimenava pigramente come un gattino scosso dall'estasi delle sue stesse pulsioni, senza fare troppo caso a quanto fosse scomposta, a quanto quella scena poteva sembrare incasinata. Poi, tornò a osservarlo. In quelle vesti, coi pantaloni sbottonati e una palese eccitazione, Raiden appariva come l'essere più dannatamente attraente che avesse mai visto. And you're so fucking hot.. Era orgogliosa di lui, di loro, del modo in cui volenti o nolenti erano così bravi ad amarsi e prendersi cura l'uno dell'altro. Si prese infatti solo un istante prima di sollevarsi sui gomiti e poi in piedi sul letto andandogli incontro per spingerlo all'indietro di nuovo in piedi. How the hell did I managed to have such a hot husband? I guess I kind of win the lottery. Si tuffò sulle sue labbra come una bestia senza controllo, premendo contro l'intimità di lui con tocchi pesanti e bramosi, stuzzicandone il punto più sensibile con bramosia, finché, giunta in prossimità di una delle poltrone che giaceva nella camera da letto, lo spinse all'indietro facendo leva sulle cosce di lui per abbassarsi ad avvolgere appena la punta dell'intimità di lui con le labbra risucchiandone la rotondità con decisione, per poi percorrerne la lunghezza da cima a fondo. My turn to fuck you. Difficile dire da dove quell'audacia arrivasse. Quei percorsi creati nella testa di lei dalla sua stessa immaginazione, che forse non si avvicinavano neanche lontanamente all'effettivo vissuto del ragazzo, avevano sortito un effetto completamente inaspettato. L'idea dell'esistenza di quelle ragazze, unita all'immagine di lui, ancora vestito di tutto punto nei rispettabilissimi vestiti che Mia aveva scelto, creavano in lei una voglia matta di possederlo, di affermare con ogni cellula del suo organismo che Raiden le apparteneva tanto quanto lei apparteneva a lui. Posò una mano sul suo petto intenta a mantenerlo ben incollato allo schienale della poltrona mentre saliva a cavalcioni sulle sue gambe. Un momento più tardi le labbra di lei si avventarono su quelle del moro in un bacio profondo fatto di morsi e gemiti sempre più evidente dovuti al contatto superficiale delle loro rispettive intimità. Andò avanti per un po', logorando tanto la propria volontà quanto quella di lui; gli umori di entrambi congiunti dalla passione, mentre i movimenti cambiavano ritmo, talvolta più pigri, altre volte più veloci. I love all of this so much. Sometimes all I can think about is you fucking me everywhere, always. Incollò la fronte contro la sua, osservandolo con grandi occhi colmi di una forma di innocenza che celava un forte senso di malizia mentre il piacere smosso da quella frizione si faceva sempre più evidente. I never get enough of you. Of you calling me names, spoiling me, making me be so good for you to fuck. Ricercò ben presto quel ricongiungimento, posizionandosi attentamente sopra di lui, per poi scendere lentamente ad avvolgerlo completamente mentre intrecciava le dita di entrambe le mani alle sue. Una mossa che si sarebbe rivelata micidiale, poiché nell'esatto momento in cui il bacino di lei entrò in contatto con quello di Raiden, portò automaticamente quel intreccio di mani sopra la testa di lui incatenandole con una risatina trionfale. I told you, you need a little challange. Un sussurro famelico che la portò poco dopo a ricercare le sue labbra mentre si muoveva inizialmente con una certa lentezza, muovendosi pigramente sopra di lui. Ad ogni scocco però, sentiva il bisogno di aumentare di ritmo e avvolgerlo con sempre più convinzione, finché presa dalla fame di inseguire quel piacere non lasciò andare le sue mani cercando un appiglio più tangibile contro le spalle di lui. Stringeva la sua maglia tra le dita, muovendosi sempre più velocemente. Il fruscio dei tessuti addosso ad entrambi sembrava aggiungere paradossalmente un elemento in più, come se quel filtro li rendesse ancora più disperati di raggiungere quel momento ultimo. Non aveva riserve Mia; gemeva contro il viso di lui guardandolo negli occhi quasi come se volesse strappargli gli occhi dalle orbite per mostrargli esattamente quanto la facesse impazzire, quanto bello fosse ai suoi occhi e quanto la sua sola presenza la mandasse letteralmente al manicomio. Uno scocco dopo d'altro, la giovane era intenzionata a non fermarsi, mettendoci tutta la buona volontà a mantenere il ritmo, a farlo sentire esattamente come lui faceva sentire lei così tante volte. Senza scampo, schiava di quell'unione e quelle sensazioni a cui entrambi contribuivano e che insieme smuovevano verso una forma di soddisfacimento che andava ben oltre quello fisico. Almost there.. Un soffio che si trasformò ben presto in una serie di versi sempre più incalzanti, grondanti del desiderio di condurlo verso il momento ultimo che giunse contemporaneamente in un'esplosione di umori e versi di fronte ai quali Mia non ebbe scampo. Affannata e scossa da scariche profonde, lo osservava colta da una forma di estasi e devozione senza precedenti. Ogni volta, io ti amo solo di più. Non riesco a fare a meno di volerti ancora di più, come se questo nostro stare insieme fosse un pozzo senza fondo. Per quanto viaggiamo io non vedo la fine, e non voglio nemmeno farlo. Non si staccò dal loro contatto, semmai trattenne la possibilità di rimanere così ancora di più, mentre lentamente si avvicinava a baciarlo con foga e desiderio, poi lungo la mascella e ancora su fino a stuzzicargli l'orecchio, accarezzandogli i capelli sulla nuca. Soffiava sulla sua pelle con un senso di affanno ma anche di soddisfazione. E per un po' non disse nient'altro.
    « A volte vorrei solo fuggire. Stare sempre così. » Asserì di scatto, sollevando lo sguardo a osservarlo mentre incollava la tempia contro la sua spalla. « In un modo o nell'altro, ovunque andiamo, ci sono solo guai. » Pausa. Lasciò che quelle parole si sedimentassero tra loro. In quei momenti, Mia avrebbe solo voluto non staccarsi mai. « Vorrei una casa piena di gattini, e cagnolini, e.. » Di scatto scosse la testa abbassando lo sguardo colta da una leggera risata intrisa di tenerezza. « ..e bambini. Piccoli con le calzine, che ridono e gattonano in fila indiana dietro a Kei. » Perché gli stesse dicendo tutto ciò non lo sapeva. Forse perché era esattamente ciò che voleva. Ciò che sentiva fosse giusto per loro. Di scatto scivolò via dal contatto delle loro intimità, sorridendo appena con una leggera smorfia di imbarazzo. Si sollevò appena quanto fosse necessario per sistemargli l'intimo senza sistemargli la zip. Will you please brush my hair? Lo osservò con un'espressione colma di attesa. I'd like a braid. Everything should stay in place.. for later. Deglutì appena mentre si alzava, raggiungendo una delle buste rimaste accanto all'armadio, tirando fuori la spazzola per capelli che aveva comprato. Era un bel oggetto, sbrilucciccoso, di un colore pastello davvero carino. Today, while you were trying on your new clothes - these ones - all I was thinking about was how much I would have liked to have you.. taste you. Si innudì istintivamente le labbra osservandolo con grandi occhi attenti e vigili. I can do it by myself if you don't want to, but you do it better. Di scatto si inginocchiò di fronte a lui, sbattendo le palpebre con insistenza. I want a nice tight braid. In case you get too rough.



     
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    Raiden era cresciuto con la testa riempita dalle immagini che i fumetti gli propinavano. Tra quelle pagine ruvide, che nei loro punti saliente accumulavano incrostazioni capaci col tempo di farle appiccicare a coppie di due, i giovani giapponesi avevano imparato con un'ottica sessuale anche alle cose più piccole. Ogni parola poteva significare altro. Ogni disegno ravvicinato sugli occhi grandi di una ragazza, senza alcuna didascalia, rendeva per loro evidente uno stato d'animo pur se taciuto. Raiden aveva imparato così a guardare alle proprie controparti femminili: a flash, a immagini e pezzi che per quanto espliciti lasciavano sempre spazio alla fantasia allo stesso modo in cui il bordo del fumetto si faceva limitare dallo spazio bianco che lo incorniciava. C'era l'immagine - l'evidenza, l'atto, il tangibile - e poi c'era il margine - qualcosa che apparteneva solo a lui e che stava alla sua testa riempire. Eppure quelle immagini si imprimevano. Restavano nella sua retina, così radicate da sovrapporsi alla realtà ogni qualvolta la incontrasse. Ogni suo movimento sembrava ricalcare quel pattern implicitamente appreso: l'attenzione sul fruscio di una stoffa, la focalizzazione estrema sulle dita che sfiorano appena un ginocchio, la risposta nello sguardo muto della propria controparte. C'era in lui un'estrema attenzione a tutti questi piccoli dettagli apparentemente insignificanti e alla fine tutto quanto, esattamente come in quei fumetti, andava a sommarsi in un gioco che alzava continuamente la posta fino a sfociare nella catarsi estrema. Anche lì, in quel momento, preso dalla passione e dall'urgenza di andarle incontro, Raiden sembrava notare ogni più piccolo dettaglio, sfruttandolo per la propria eccitazione e per quella di Mia. Ogni risposta, per quanto piccola, del corpo di lei ai suoi contatti veniva registrata, colta e rispedita al mittente con un intensificarsi del ritmo, uno scocco sui glutei o un qualsiasi altro gesto. Sapere di darle piacere, di avere il potere di creare certe reazioni, per Raiden era quanto di più inebriante. Sentire le pareti intime di lei contrarsi, stringendosi intorno alla sua intimità quasi a non volerla lasciar andare, significava per lui la soddisfazione estrema. Più del proprio stesso piacere, non c'era niente di più appagante di percepire il corpo di Mia contrarsi in quei leggeri spasmi, sprigionando dal bassoventre un calore dolce capace di intorpidire qualunque altro senso. Il fatto che quel climax fosse arrivato così velocemente, ben prima del suo, a lui non importava; anzi, il sorriso compiaciuto sulle sue labbra rendeva piuttosto evidente quanto invece ne fosse fiero. I guess you really were needy after all, mh? Inarcò il sopracciglio, scoprendo i denti in un sorriso malizioso, accarezzando gentilmente le gambe di lei. You are so good to me. And you're so fucking hot.. Sbuffò una piccola risata dalle narici, chinandosi in avanti per posarle un bacio sulla caviglia e poi un altro sull'incavo del ginocchio. How the hell did I managed to have such a hot husband? I guess I kind of win the lottery. Ridacchiò, lasciandosi poi travolgere dal bacio di lei e dai suoi tocchi, a cui rispose con altrettanta foga fino a ritrovarsi intrappolato tra la comodità della poltrona e il desiderio di Mia. Un gemito forte abbandonò la gola del moro nel sentire le labbra di lei sul proprio punto più intimo, facendo ripartire la foga di averla che gli ribolliva nelle vene già dal pomeriggio. My turn to fuck you. Bastò il primo contatto per riaccendere nel moro il desiderio possessivo che lo aveva mosso fino a pochi istanti prima. Ad ogni bacio affamato e ogni movimento umido sulla sua intimità, Raiden sentiva salire in sé un senso di vertigine, accompagnato dal bisogno disperato di avere di più, di entrare nel suo corpo e reclamarlo come proprio. Le mani tremanti dal desiderio vagavano sulla pelle di lei quasi a volervi scavare fino ad infilarsi al di sotto; viaggiarono sulla schiena e sulla seta, scoprendole il seno con urgenza famelica per ricercare con le labbra quelle rotondità morbide. Sapeva di non poterla stuzzicare troppo su quel punto, ma voleva comunque prendersi ciò che poteva. I love all of this so much. Sometimes all I can think about is you fucking me everywhere, always. I never get enough of you. Of you calling me names, spoiling me, making me be so good for you to fuck. Quando Mia scese su di lui, infrangendo l'ultima barriera, il gemito di Raiden rimbombò sonoro tra le mura della stanza, portandolo ad inarcare il bacino per andarle incontro fino in fondo. Nemmeno si rese conto del fatto che le sue braccia fossero state condotte dietro il capo, per quanto era intossicato da quel piacere. I told you, you need a little challange. Un sorriso di malizia famelica si stagliò sull'espressione del moro quando sollevò lo sguardo negli occhi di Mia, inumidendosi poi le labbra gonfie di quei baci. Don't be shy, baby. Ride my cock like the good little slut that you are. Inutile dire che l'americana non si fece ripetere quella richiesta due volte, impostando subito un ritmo tanto pressante quanto dolorosamente lento nel modo in cui ricercava la profondità estrema di ogni contatto. Ogni scocco, inesorabilmente accompagnato da mugolii, sospiri e gemiti, scandiva la crescita di quella tensione che lo rendeva sempre più sensibile ad ogni tocco. Non si nascondeva, Raiden: mostrava il suo desiderio e la sua disperazione senza vergognarsene. Con mugolii di piacere, ricercava ogni centimetro del corpo di Mia sotto le proprie mani, accompagnandone i movimenti per raggiungere quel climax ormai così vicino da annebbiargli la mente. Non appena sentì ancora una volta l'intimità di Mia stringersi attorno a lui, il giovane Yagami raggiunse la disfatta, gettando il capo all'indietro mentre si abbandonava a quel piacere intenso. Toccato quell'apice, i movimenti dei due si fecero pian piano più pigri, rallentando il passo fino ad arrestarsi per riprendere fiato. Con il cuore che gli martellava ancora nel petto, avvolse le braccia intorno alla figura di Mia, stringendola dolcemente a sé per prolungare quell'idillio con una serie di baci colmi di affetto e desiderio. « A volte vorrei solo fuggire. Stare sempre così. In un modo o nell'altro, ovunque andiamo, ci sono solo guai. » Appoggiò il mento sul capo di lei, stirando le labbra in una linea dai tratti un po' malinconici mentre la cullava al proprio petto. « Vorrei una casa piena di gattini, e cagnolini, e.. e bambini. Piccoli con le calzine, che ridono e gattonano in fila indiana dietro a Kei. » Tuttavia quelle parole, che inevitabilmente evocavano immagini ben precise nella sua testa, riuscirono a farlo sorridere, sciogliendosi in un'espressione dolce dettata dal calore che instillavano nel suo cuore. « Anche io lo vorrei, amore. » disse a bassa voce, premendo leggermente le labbra contro i suoi capelli mentre le carezzava docilmente la schiena. « A volte vorrei soltanto mandare tutto affanculo e concentrarmi solo su di noi, sulla nostra famiglia. » Quelle parole erano tanto veritiere quanto portatrici di un triste sentimento che Raiden percepiva nel quotidiano. Voleva dare solo il meglio alla propria famiglia, e questo per lui significava anche e soprattutto dedicarsi al lavoro con diligenza, facendo sì che i suoi frutti potessero regalare una vita confortevole a Mia ed Haru. Allo stesso tempo, però, sapeva quanto quell'impegno fosse poco conciliabile con la presenza che voleva avere nelle loro vite. Non si può essere in due posti contemporaneamente, questo lo sapeva, e sapeva anche di dover stabilire una gerarchia di priorità nei propri desideri - sicuramente, da questo punto di vista, garantire una vita serena e con poche preoccupazioni alla propria famiglia aveva la meglio - ma non poteva frenarsi dal volere di più. « Vorrei passare più tempo con voi. Essere più presente. » confessò a bassa voce, prendendo un respiro mentre la stringeva un po' più a sé. « Ho paura di perdermi un sacco di cose. » Lasciò scivolare la presa delle proprie braccia per darle modo di scostarsi, stendendole un sorriso dolce. Will you please brush my hair? I'd like a braid. Everything should stay in place.. for later. Gli occhi del ragazzo guizzarono con una tiepida luce di malizia in quelli di Mia, incurvando un angolo delle labbra. Today, while you were trying on your new clothes - these ones - all I was thinking about was how much I would have liked to have you.. taste you. I can do it by myself if you don't want to, but you do it better. I want a nice tight braid. In case you get too rough. Rimase in silenzio per un singolo istante, annuendo poi con aria di pacata convinzione. Sure baby, turn around. Nel dirlo, le fece cenno col dito di voltarsi, in modo da averla seduta di schiena di fronte a sé. Dal suo canto, si fece più avanti sul limitare della sedia, divaricando le gambe quanto bastava ad incorniciare la figura di lei ed esserle abbastanza vicino da potersi dedicare con cura a quel lavoro. Delicatamente le scostò i capelli dietro le spalle, piazzandovi la mano al di sotto per cominciare a passarvi lentamente la spazzola. Ci si dedicava con pazienza, accertandosi di non lasciare indietro alcun punto e di districare tutti i piccoli nodi formatisi durante la giornata. Lo faceva in silenzio, con dedizione, concentrandosi su quell'opera come se fosse la cosa più importante della sua intera giornata. Era rilassante dedicarsi a lei in quel modo, con pacatezza, curandosi di qualcosa che ai più poteva forse apparire insignificante ma in cui Raiden metteva tutto il proprio affetto. Preso dalla scia dei pensieri che l'immagine di fronte a sé gli evocava, si ritrovò a
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    sorridere tra sé e sé. You know why I love this girly stuff so much? Le pose quella domanda con tono pacato, non troppo basso, ma abbastanza da non interferire con la serenità del silenzio in cui si trovavano. Le sue mani si muovevano lentamente, raccogliendole i capelli per dividerli in ciocche da intrecciare. Not just because it's objectively pretty and feminine. But mostly because the only reason for you to wear them is me. Raiden non aveva mai fatto mistero di quanto certi indumenti o pratiche esercitassero un certo fascino su di lui. Gli piacevano tutte quelle cose che venivano comunemente associate alla sfera femminile - una camicetta da notte come quella che indossava, una gonna, dei colori pastello, ma anche cose come permettere ad un ragazzo di offrire la cena o regalare dei fiori. Gli piacevano perché facevano parte di un immaginario ben specifico che richiamava a dei ruoli con cui si sentiva a proprio agio. Nell'adottare quel copione, Mia permetteva a lui di sentirsi apprezzato tanto quanto Raiden permetteva lo stesso a lei. Non poteva farci nulla: trovava naturalmente attraente tutto ciò che riguardava l'idea della femminilità, forse perché nel definire l'altro da sé, poteva anche definire se stesso. I know you, baby. I know you wouldn't normally choose any of the things I pick for you. But you still put them on for me to enjoy. You doll up for me to look. Just for me. Questa consapevolezza lo faceva sentire bene, forse a maggior ragione in virtù del fatto che Mia non fosse il tipo di persona da agghindarsi per chiunque e per qualunque occasione. Lo rendeva speciale e lo faceva sentire importante, desiderato. I won't lie: it feels so fucking good. Non aveva bisogno di specificare quanto per lui fossero secondarie cose frivole come i vestiti, le acconciature e il trucco. Mia lo sapeva bene: Raiden si era innamorato di lei senza alcun bisogno di tutto ciò. Ma ciò non significava che non trovasse quelle cose piacevoli e soddisfacenti. Mentre chiudeva la treccia, si chinò verso di lei, posandole un bacio leggero sulla spalla per poi migrare sul suo collo scoperto mentre le mani ormai libere le carezzavano dolcemente le braccia. Isn't it nice, mh? sussurrò piano al suo orecchi, con tono tanto tenero quanto malizioso. That girly shit you said you didn't like. The attention that comes with it. Doesn't it feel good? Doveva essere bello, stare in quella posizione: sapere di essere bella e di avere qualcuno disposto a fare letteralmente qualunque cosa per compiacerti. Raiden non le aveva mai nascosto il potere che aveva su di lui, né aveva mai voluto farlo; anzi, semmai le aveva solo fornito più strumenti per sfruttarlo. In un certo senso, interiormente, se ne prendeva anche il merito, come se sentisse di averla resa più donna alla stessa maniera in cui lei lo aveva reso più uomo. Non avrebbe saputo spiegarlo a parole, né dare una forma precisa a quella soddisfazione che sentiva; ma era lì, e prendeva forma come quella treccia ordinata che adesso poggiava delicata sulla schiena di lei. Maybe I just conditioned you to like them. Il sussurro di Raiden sfiorò appena la pelle di lei, suggellato da un bacio leggero dietro il suo orecchio. The flowers. Un altro bacio sul suo collo. The nice dinners. Poi un altro sull'attaccatura con la spalla. The cute dresses that make me so dizzy. Inspirò con forza, in una reazione automatica per equilibrare l'eccitazione che sentiva crescergli in corpo. I guess I just love to have such a pretty thing on her knees for me. Le parole si infransero contro la pelle scoperta di Mia un istante prima che le dita del ragazzo si posassero sul suo mento, guidandolo a voltarsi nella propria direzione per avventarsi sulle sue labbra, famelico e paziente al contempo. Un bacio di possesso, che comunicava quel sentimento ben più di quanto le parole avrebbero mai potuto, e che Raiden prolungò fino a sentirsi il sangue ribollire nelle vene. A quel punto, ben più impaziente, si alzò in piedi con uno slancio fluido, piazzandosi di fronte a lei. Lo sguardo puntato verso il basso, nei suoi occhi, la diceva lunga riguardo il modo in cui le dita le carezzavano la guancia, tracciando i contorni del suo profilo prima di muoversi con gentilezza verso la sua nuca. Open you mouth, baby. Un ordine dal tono carezzevole, quello che le rivolse mentre la mano libera scendeva sotto l'elastico dei propri boxer, passandosi la mano lungo l'intimità un paio di volte prima di liberarla dalla stoffa e avvicinarla alle labbra di lei. Let me ruin this pretty face of yours. I'd love to see how my cum looks on you. Parole che sembravano stagliarsi in netto contrasto rispetto al tono zuccheroso e al sorriso da cui scaturivano. Presto le dita del giovane fecero presa sulla treccia di lei, avvolgendone la lunghezza intorno al pugno chiuso mentre spingeva la propria intimità tra le labbra di Mia, dandole modo di impostare il ritmo che voleva nella consapevolezza che presto o tardi non avrebbe saputo trattenersi dal riprendere il timone.





     
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    Non appena Raiden toccò i suoi capelli la tranquillità che si era venuta a creare durante quel breve momento mutò. Uno dei tanti motivi per cui gli aveva fatto quella richiesta era proprio l'amarezza intrinseca che si era venuta a creare con la confessione di lui. Al giovane Yagami piaceva davvero tanto prendersi cura della sua famiglia. A volte lo percepiva come un bisogno viscerale, al punto che Mia non poteva fare a meno di offrirgli ogni occasione utile per farlo sentire bene. Al contempo, quelle attenzioni la gratificavano, in un modo che non sapeva nemmeno quantificare del tutto, né descrivere completamente. La verità è che amava la sua dedizione, che la spingevano al contempo a dare il meglio di sé, a ricambiarlo con dedizione. Pensava avessero qualcosa di speciale, di irripetibile. Nella sua adolescenza, Mia non aveva mai visto un uomo premuroso, né uno che volesse vivere per la sua famiglia in maniera così viscerale. Sapeva che prima o poi il momento in cui sistemarsi, trovare qualcuno con cui condividere anche solo un brandello della propria vita sarebbe arrivato, ma le personalità con cui era entrata in collisione fino a quel momento, non l'avevano mai fatta desiderare qualcuno al punto da volergli dedicare tutta la sua propria esistenza. Con Raiden le cose andava proprio così. Non poteva fare a meno di volerlo quasi come se ne dipendesse la propria vita. E' così; è così che mi sento, come se questa cosa definisse ciò che sono e ciò che diventerò. Immagino che il punto era proprio questo; trovare qualcuno per cui il compromesso valesse la pena. Qualcuno con cui fare compromessi, che in verità non sembravano nemmeno tali. Sentire le carezze di lui sui propri capelli era una delle cose che maggiormente amava. Mia tendeva a chiederglielo sempre più spesso; a volte con note più maliziose, a volte semplicemente perché sentiva il bisogno di sentirsi semplicemente amata. Amava il modo in cui si prendeva cura di lei, quella maniera devota con cui la trattava, attento a non provocarle dolore nemmeno di fronte ai nodi più ostinati. C'era pazienza e un ferreo controllo nei movimenti di lui, anche in seguito alle palesi provocazioni di lei, e tutto ciò, mandava Mia in estasi. Creava un senso di tensione impercettibile, che le montava in mento fino a scaldarle le interiora, creando aspettativa e desiderio nel suo bassoventre. You know why I love this girly stuff so much? Not just because it's objectively pretty and feminine. But mostly because the only reason for you to wear them is me. Seppur non potesse vederla, le labbra di Mia si incurvarono appena. Era orgogliosa di sentire quelle parole, per lo più perché ci teneva davvero molto a risultare in un certo modo agli occhi di Raiden. Faceva del suo meglio per piacergli, non certo perché pensava fosse una cosa dovuta, bensì perché le piaceva come la guardava. I like being cute for you to watch. Un'ammissione che non la mise assolutamente in imbarazzo. Spesso, Mia si era sentita come un oggetto. Durante le uscite assieme alle sue amiche, aveva avuto più e più volte di essere vista ma non davvero guardata. Era come se la sua apparenza fosse l'unica cosa che contasse. Un mero involucro che doveva muoversi in un certo modo, fare determinate cose solo per il mero soddisfacimento dei desideri altrui. Si sentiva apprezzata, come se in quello scambio, il desiderio di lui veniva ricambiato da tutte quelle attenzioni e l'amore che riceveva. C'era un sentimento estremamente egoistico nel dargli tutte quelle libertà; perché Mia sapeva, qualunque cosa avesse affatto avrebbe ottenuto esattamente l'apprezzamento che desiderava. Raiden la faceva sentire forte, e seppur spesso la trattasse come fosse una cosa piccola ed estremamente preziosa, da custodire con cura e coltivare con estrema cautela, paradossalmente da quel trattamento Mia traeva la forza per svelare la sua femminilità, le sue qualità più remote, i suoi pregi. La faceva sentire coraggiosa, autorizzata a dare sfogo ad ogni piccolo pensiero e sentimento, con la consapevolezza che nessuno di questi sarebbe stato considerato non valente di attenzione o cura. E questo, prestare attenzione, farla sentire come se ciò che provava e sperimentava fosse lecito, era più importante di qualunque altra cosa. I know you, baby. I know you wouldn't normally choose any of the things I pick for you. But you still put them on for me to enjoy. You doll up for me to look. Just for me. I won't lie: it feels so fucking good. Istintivamente, non appena le labbra di lui si posarono sulla propria pelle, raggiunse con delicatezza la sua nuca, carezzandogli con dolcezza i capelli sfuggiti dalla presa dell'elastico. Era bello solleticare quelle morbide ciocche, accarezzare la sua pelle, consapevole del fatto che quei leggeri tocchi dei polpastrelli di lei, gli provocavano dolci brividi lungo la spinta dorsale. Amava provocargli quelle reazioni, sapere che il suo tocco, per quanto morbido e delicato suscitava in lui un effetto così evidente. Amava il modo in cui la desiderava, amava sapere quanto Raiden fosse schiavo del tocco di lei, tanto quanto lo era lei lo era del suo. Isn't it nice, mh? That girly shit you said you didn't like. The attention that comes with it. Doesn't it feel good? Un leggero mugolio fuoriuscì dalle sue labbra; un suono colmo di attesa e di desiderio che si unì al lento annuire della mora. Si torceva sotto la voce suadente di lui come un cucciolo fiducioso, incapace di provare diffidenza nei confronti della mano che l'accarezzava. Maybe I just conditioned you to like them. The flowers. The nice dinners. The cute dresses that make me so dizzy. I guess I just love to have such a pretty thing on her knees for me. Avrebbe voluto rispondergli, ma prima ancora di rendersene conto veniva travolta da un bacio al quale rispose roteando appena il proprio busto per andargli incontro. C'era un muto desiderio che si stava fortemente istaurando tra i due, talmente istintivo da travolgerli senza pietà alcuna. L'impeto delle labbra di lui la portarono a ricercare ulteriormente la sua vicinanza, soffiando sul suo viso e lasciando che ognuna di quelle sensazioni confluissero da uno all'altro. Erto finalmente di fronte a lei, lo osservò con grandi occhi attenti. I like this.. Asserì di scatto osservandolo attentamente. Nel dirlo, si inumidì le labbra osservando i movimenti di lui con estrema attenzione. Being here. On my knees. For you. Non si vergognava, Mia, di ammettere che le piaceva trovarsi così al suo cospetto. Raiden non l'aveva mai fatta sentire inferiore, né il trattamento che le riservava in quel momenti la portava a provare un qualche sentimento negativo rispetto alla situazione che vivevano. Semmai, era lei stessa a volerlo. Provava un sordido piacere nel donargli piacere. Da quando aveva scoperto quanto tutto ciò gli piacesse, quel rituale sembrava appagarla ulteriormente. Era eccitante vederlo così perso, osservarlo contorcersi e andarle incontro con così tanta foga. Dal punto di vista di lei, quello era il momento in godersi pienamente le reazioni di lui, vederlo davvero ed entrare in contatto con la sua natura più istintiva senza avere alcun tipo di distrazione. Era uno spettacolo tutto per i suoi occhi, e Mia amava goderselo senza remora alcuna, non a caso, quando prese a stuzzicare la propria intimità la mora sorrise osservandolo con occhi colmi di desiderio e attesa. Open you mouth, baby. Let me ruin this pretty face of yours. I'd love to see how my cum looks on you. Sbatté le palpebre un paio di volte osservandolo con un'espressione candida prima di stirare un leggero sorriso. Don't ruin it to fast. Let me have some fun, ok? Quelle parole, colme di sfida, furono le ultime che si concesse prima di avvolgerlo con delicatezza, permettendogli di superare la barriera delle sue labbra che si strinsero automaticamente attorno al suo punto più sensibile, che stuzzicò sufficientemente senza spingersi troppo oltre per diverso tempo. Le piaceva prendersi il suo tempo, vederlo gettare la testa all'indietro; osservava le sue spalle tendersi, la voglia con cui tentava a tratti di spingere il bacino in avanti, ma quanto meno in una prima fase, Mia dal canto suo tendeva sempre a frenarlo, frapponendo il palmo contro le spinte di lui. Ridacchiava mentre passava dal percorrerne la lunghezza, allo stimolarne la base e poi ancora aiutarsi con le mani a creare diversi tipi di stimolazione contemporanei. Non gli lasciava mai troppo scampo, ma tentava sempre di fermarsi dal diventare troppo pesante prima del tempo. In quei momenti, nonostante tutta la dedizione e l'innocenza che dimostrava nell'assumere la sua parte, esercitava una piccola dose di sadismo nel tendere i suoi muscoli più del dovuto per poi fermarsi. Sapeva tutto ciò lo portasse sempre più vicino a perdere l'autocontrollo, e quello, per Mia era il momento più bello. Do you know why I enjoy this so much? Durante il breve momento di pausa, stuzzicò appena la sommità della sua eccitazione con la punta della lingua, raccogliendone senza remora alcuna gli umori. Do you know why I beg you to let me choke on your cock? Lo stimolava con lentezza, lasciando scorrere il palmo dalla sommità alla base, senza dargli modo di fare altro se non tentare di raggiungere di nuovo la bocca di lei. Mia dal canto suo ne bacio solo punta con un movimento che appariva quasi impacciato. Lo era, ed era volutamente così. Answer me.. please.. daddy. Stava giocando con il fuoco, ma era una sensazione così piacevole. Dopo esser stata stuzzicata per un intero pomeriggio, avere la capacità di prendersi la rivincita era una sensazione trionfante. Sapere quanto la desiderasse la portava a voler portare quel piccolo siparietto alle sue estreme conseguenze, a cui si preparava, ma sempre in maniera relativa. Raiden aveva la capacità di sorprenderla, anche con l'impeto di quelle situazioni. Lasciò guizzare fuori la lingua sul suo punto più sensibile, quasi volesse obbligarlo a non rispondere in maniera del tutto razionale, provando un piacere sordido nel vederlo perdere sempre di più il controllo. I enjoy this because you can't really help yourself. It's nice to see I'm the only one who can ease this unbearable weight. Posò un altro bacio mentre lasciava scorrere il palmo sulla sua eccitazione. Nell'impeto di quel desiderio, tirò i suoi pantaloni e l'intimo verso il basso, lasciandosi così campo libero per baciarlo, morderlo, stuzzicarlo lungo tutta la zona circostante alla sua intimità. Ok, I'm ready to play nice now. E questa volta non si frenò più, Mia, andandogli incontro con tutta se stessa, inglobandolo quanto più possibile, cercando di bearsi ad ogni occasione delle sue reazioni, quasi come se portarlo all'apice del piacere fosse la cosa più importante e ne dipendesse la vita di entrambi. Poi cedette il passo, sollevando gli occhi sul viso di lui mentre con occhi grandi e una muta preghiera lo lasciava andare andare fino in fondo cercando di trattenere quel leggero pizzicore agli occhi che iniziò a farsi sentire ben presto. Seppur non fosse necessariamente confortevole Mia sembrava restarne ogni volta estasiata, scossa da un costante piacere che la portò a ricercare il contatto con propria intimità, mentre gemeva con sempre più decisione contro quella di lui, sentendo un forte desiderio di provare su se stessa lo stesso piacere di lui. Le vibrazioni delle proprie intense manifestazioni, furono forse il tassello definitivo. Intenso e scombussolante, quel climax arrivò anche troppo in fretta. Mia non si impose, lasciandogli la libertà di sostenere fino alla fine la linea che più desiderava, assecondando i suoi movimenti e la foga con cui entrambi viaggiavano sulle vette tumultuose di quel piacere. Poi si prese un attimo per guardarlo. Sospirò e gli rivolse un grande sorriso mentre riprendeva fiato. Era felice; vederlo così, sapere che ognuno di quegli spasmi erano dovuti a lei, la faceva sentire bene, soddisfatta, orgogliosa. Per un po' rimase ancora lì, a fissarlo esattamente da quella posizione, accarezzandogli con dolcezza la coscia, e lasciandogli qualche altro bacio sulla pelle all'altezza dell'inguine e dell'interno coscia, permettendosi l'impeto di un veloce quanto istintivo morso prima di tentare di darsi una veloce sistemata piuttosto sommaria. Ricercò ben presto nuovamente le sue braccia tra le quali trovò la sicurezza e l'amore che tanto desiderava ricevere e dare di rimando. [...]
    Stesi a letto silenziosi e ben più stanchi, Mia sorride appena mentre gli accarezza i capelli ormai sciolti con gentilezza. « Sai, credo che una parte di me continua a vederti qua perché uhm.. io ero certa che ci saresti tornato. » Una confessione a notte fonda, mentre osserva un punto vacuo nel buio della stanza. « Cioè non quando ci siamo sposati. Prima però si.. non volevo poi tanto ammettere che tu me lo avessi detto - però, credo che dentro di me sapevo che avrei fatto l'accollo. » Ridacchiò appena scuotendo la testa. « Conoscendomi probabilmente avrei trovato una scusa per.. farti visita? È così che avevo detto. La mamma sarebbe andata su tutte le furie pensando che volessi fuggire di nuovo e niente.. alla fine ti avrei chiesto asilo politico. » Già. Erano tante le variabili in gioco, ma Mia era certa che avrebbe fatto carte false per tornare a vederlo. Sin dalla prima sera, né le notizie su Gabriela, né tanto meno quelle sulla sua partenza, sul fatto che non volesse un rapporto esclusivo non l'avevano frenata dal vederlo, o volerlo meno. « Tu.. non hai davvero il desiderio di tornare? Dico in pianta stabile. » Si stringe nelle spalle. Non è una domanda a trabocchetto. È sinceramente curiosa di sapere cosa ne pensa. « A me a volte New Orleans manca. Mi manca tantissimo; è come se fossi stata estirpata e trapiantata altrove senza assicurarsi se avessi radici abbastanza forti per prosperare. Forse alla fine è andata proprio così.. un po' me lo meritavo. Davo un sacco di dispiaceri ai miei genitori. E niente.. ora l'unico posto in cui non mi sento così è a casa nostra.. quando siamo insieme. Non credo che potrei tornarci.. - a New Orleans, dico - vivere circondata da quei ricordi - boh, non mi va. Però in in mondo ideale ci avrei visti tanto bene. » In seguito a come erano andate le cose, però non poteva pensare a tornarci. La ferita era ancora tanto scoperta. « Anche per te è lo stesso? Giuro che non mi offendo se fosse così. » Non poteva saperlo, ma era comunque curiosa di conoscere il suo parere, di sapere cosa pensasse, come si sentisse. « Comunque credo ti avrei seguito anche solo perché parliamo così bene. Cioè io parlo e tu ascolti - ma insomma, è andata così dall'inizio. Mi hai sempre ascoltata. » Pausa. « Avrei dovuto cercarti - trovarti subito. Ci sono stati momenti in cui mi sarebbe piaciuto davvero tanto conoscerti. Saresti stato.. prezioso. » Immagino però che le cose succedono al momento giusto se devono succedere. « Per te com'è stata la prima volta? Quando ti sei trasformato.. eri qui? »


     
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    Don't ruin it too fast. Let me have some fun, ok? Sorrise sornione, umettandosi le labbra mentre si beava della scena di fronte a sé senza riuscire a staccarne lo sguardo. Ogni contatto mandava scosse elettriche al suo sistema nervoso, facendolo tendere come una corda di violino alla mercé di Mia. Gli piaceva lasciarle quella libertà, darle modo di stuzzicarlo e di vedere coi propri occhi quanto fosse completamente assuefatto da lei e dal suo tocco. Era ben consapevole di quanto potere Mia avesse su di lui: avrebbe facilmente potuto manipolarlo a fare qualunque cosa, e lui glielo avrebbe lasciato fare. Eppure quella consapevolezza non lo spaventava, né lo portava a desiderare di nascondersi - piuttosto gliela mostrava, mettendola su un piatto d'argento quasi a volerla tacitamente invitare a servirsene come meglio credeva. Una fiducia cieca, quella che provava nei confronti della moglie e che lo portava puntualmente ad arrendersi nelle sue mani. Anche in quel momento, tra i mugolii frustrati di un contatto che sfuggiva sempre al diventare totalizzante, Raiden le concedeva senza remore lo spettacolo soddisfacente della propria impazienza e del desiderio misto a disappunto. Do you know why I enjoy this so much? Do you know why I beg you to let me choke on your cock? Le parole di lei sembravano solo peggiorare la situazione, dilatando le sue pupille in un pozzo di desiderio che voleva solo sfogare l'eccitazione montante in corpo. Answer me.. please.. daddy. Palesemente spazientito, stirò le labbra in una linea retta, sbuffando frustrato dalle narici. I don't know baby, maybe because you like to keep your mouth busy all the time. Un commento pungente, il suo, ma pregno di evidente malizia. Il sorrisino che le stirò in seguito ne fu solo la conferma. I enjoy this because you can't really help yourself. It's nice to see I'm the only one who can ease this unbearable weight. Lo sguardo di Raiden, fisso negli occhi di Mia, sembrava volerla invitare a dare anche un seguito, a quelle parole. Ok, I'm ready to play nice now. Un gemito più forte abbandonò le labbra del giapponese nel momento in cui quelle di Mia si ricongiunsero alla sua intimità, impostando un ritmo frenetico che Raiden assecondava stringendo le dita intorno alla treccia di lei. Il senso di vertigine non fece altro che aumentare quando i movimenti del ragazzo divennero quelli predominanti, dandogli modo di controllare il ritmo di ogni spinta e contatto. Fuck you feel so good, I'm so close baby. Parole appena udibili per quanto strozzate, ma che proferì comunque come avvertimento finale. Quando il suo piacere cominciò a salire esponenzialmente lungo la nota vetta del climax, Raiden si tirò indietro giusto in tempo, lasciando che l'intensità di quell'appagamento sgorgasse libera. L'intensa soddisfazione di vedere i propri umori su di lei esercitava una forza irresistibile ai suoi occhi, rendendo quel piacere se possibile ancora più potente, al punto da fargli tremare le gambe per l'intensità di quello scombussolamento. Lentamente la presa sui capelli di lei si allentò, così come la tensione dei suoi muscoli. Mentre si lasciava andare, cedendo alla debolezza delle gambe per sedersi scompostamente in terra, le dita scivolarono a lasciarle carezze gentili sul braccio e le ginocchia, mentre un piccolo sorriso placido si faceva spazio sulle sue labbra. Cosa lei pensasse, Raiden non poteva saperlo. Non poteva sapere se avesse superato il limite, se si fosse pentita o meno, ma confidava sul fatto che qualunque fosse la situazione, Mia avrebbe trovato il modo di comunicare con lui. Appoggiata la tempia sulla poltrona, rimase a fissarla per diversi istanti in silenzio, mordendosi il labbro inferiore sull'orlo di un piccolo sorriso. I won't lie.. it looks pretty on you. Forse ancora meglio di quanto avesse inizialmente immaginato.
    [..] « Sai, credo che una parte di me continua a vederti qua perché uhm.. io ero certa che ci saresti tornato. Cioè non quando ci siamo sposati. Prima però si.. non volevo poi tanto ammettere che tu me lo avessi detto - però, credo che dentro di me sapevo che avrei fatto l'accollo. Conoscendomi probabilmente avrei trovato una scusa per.. farti visita? È così che avevo detto. La mamma sarebbe andata su tutte le furie pensando che volessi fuggire di nuovo e niente.. alla fine ti avrei chiesto asilo politico. » Le labbra di Raiden si incurvarono in un piccolo sorriso divertito nel pensare ad una Mia pronta a fare i bagagli e seguirlo senza troppe remore in un altro paese. Per quanto assurdo potesse sembrare, era paradossalmente qualcosa di molto Mia, tanto che il giovane Yagami non stentava a credere alle sue parole. Lì, accoccolato a lei per il semplice piacere di sentire il suo corpo vicino al proprio, Raiden stava bene, e tutte quelle problematiche apparivano ormai non solo lontane ma addirittura motivo di sorriso. « Tu.. non hai davvero il desiderio di tornare? Dico in pianta stabile. » Sospirò, stringendosi nelle spalle e al contempo stringendola di più a sé. Non la trovava una domanda scomoda, né qualcosa a cui faceva fatica a rispondere - era solo naturale che Mia potesse chiedergli qualcosa del genere. « Il desiderio? Sì. Cioè, quello immagino che ci sarà sempre. È il mio paese, ci sono cresciuto. Però ci sono cose a cui tengo di più.. e c'è anche la realtà. » Il desiderio non è tutto, e ad un certo punto bisogna imparare a fare compromessi con la vita. « Al momento non è neanche qualcosa a cui penso troppo. Se mai ce ne sarà bisogno, immagino che lo affronteremo a tempo debito, insieme. Ma non è una cosa che vedo nella mia vita a breve termine, ecco. » Le parole uscirono dalle sue labbra con piena sincerità. Raiden non sentiva bisogno di nascondersi riguardo quell'argomento: era chiaro che il suo cuore sarebbe sempre stato in Giappone e che una parte di lui avrebbe sempre desiderato tornarci, ma non aveva modo di sapere dove le loro vite li avrebbero portati - sapeva solo che nessun luogo sarebbe mai stato veramente casa per lui senza Mia e Haru: erano loro, la sua priorità. « A me a volte New Orleans manca. Mi manca tantissimo; è come se fossi stata estirpata e trapiantata altrove senza assicurarsi se avessi radici abbastanza forti per prosperare. Forse alla fine è andata proprio così.. un po' me lo meritavo. Davo un sacco di dispiaceri ai miei genitori. E niente.. ora l'unico posto in cui non mi sento così è a casa nostra.. quando siamo insieme. Non credo che potrei tornarci.. - a New Orleans, dico - vivere circondata da quei ricordi - boh, non mi va. Però in in mondo ideale ci avrei visti tanto bene. » Annuì, un po' mestamente. Nessuno meglio di lui poteva capire ciò che Mia provava: quel senso di nostalgia mista a dolore. Forse a variare era solo l'ottica, o le conclusioni ultime che ciascuno dei due ne traeva, ma la radice di quei sentimenti era pressoché la stessa. « Anche per te è lo stesso? Giuro che non mi offendo se fosse così. » Nella penombra, con lo sguardo puntato al soffitto, il giovane Yagami appoggiò la guancia tra i capelli di lei, facendo scorrere distrattamente le dita lungo il suo braccio. « In un certo senso. » Fece una breve pausa. « Qui ho molti ricordi. Belli, ma anche brutti. Eppure quando torno è come se tutte quelle cose orribili svanissero un po' sullo sfondo. Non so come spiegarlo. Qui mi sento parte di qualcosa anche al di fuori del branco. È.. casa. Sì, immagino di poterla solo descrivere così: è casa, con la sua bellezza ma anche con le sue contraddizioni. » Perché sono pur sempre delle contraddizioni che conosco. Dell'Inghilterra non poteva dire lo stesso. Immagino che la nostra percezione a riguardo sia per forza di cose diversa. Tu sei stata strappata dal tuo paese, ma ti sei trovata in una cultura simile alla tua, tra persone che in te non percepivano la diversità. Per me non è così. Io sono un estraneo e lo sono agli occhi di tutti in maniera palese. E anche per me è tutto estraneo. « Anche ad Inverness mi sento a casa, adesso. Però beh.. è diverso. » Scrollò lievemente le spalle, per quanto quella posizione glielo consentisse. Non credeva fosse necessario spiegarle quel sentimento perché era certo che lei provasse lo stesso. Casa, aveva imparato, poteva rappresentare più luoghi contemporaneamente. « Comunque credo ti avrei seguito anche solo perché parliamo così bene. Cioè io parlo e tu ascolti - ma insomma, è andata così dall'inizio. Mi hai sempre ascoltata. Avrei dovuto cercarti - trovarti subito. Ci sono stati momenti in cui mi sarebbe piaciuto davvero tanto conoscerti. Saresti stato.. prezioso. » Sorrise tra sé e sé, stampandole un bacio tra i capelli in quella che forse era una risposta silenziosa. « Per te com'è stata la prima volta? Quando ti sei trasformato.. eri qui? » La domanda di Mia richiamò velocemente il ricordo di quel periodo. Erano stati pochi giorni, forse poco più di una settimana, ma per Raiden era sembrato un tempo infinito. Chiuso in una stanza senza porte o finestre, con estranei da ogni parte del mondo che si materializzavano ai suoi occhi senza offrire consolazione ma solo il dubbio insidioso di essere impazzito, il giovane Yagami ricordava solo sprazzi di quella disperazione. Era come se la sua mente gli avesse fatto il piacere di rimuovere quanto successo, annacquandolo al punto da rendere quelle immagini volatili solo un lontano eco che sembrava appartenere alla vita di qualcun altro. « Ero ancora a Iwo Jima. » disse soltanto, con tono piatto, sprofondando poi in un pesante silenzio, più lungo del dovuto. « Non ricordo cosa stessi facendo. Credo un'esercitazione. Da noi era pieno giorno, quindi lo hanno visto tutti. » E sulle prime, l'esercito non la prese di certo con filosofia. Per giorni e giorni i lycan sull'isola erano stati isolati, studiati, tenuti d'occhio fin quando qualcuno non aveva semplicemente deciso di sfruttare quel materiale a proprio favore. Tra le poche cose che ricordava con lucidità, c'era la totale convinzione che aveva sentito in quei momenti: che lo avrebbero ucciso. In quella cella, Raiden aveva accettato l'idea che fosse solo una questione di tempo prima che qualcuno entrasse e mettesse fine alla sua miseria. Che altro avrebbero potuto fare, d'altronde? Lasciarlo a piede libero? Fare finta di nulla? La cosa più logica e razionale che potesse pensare in una situazione del genere era esattamente quella. Io credo che ogni lycan nel mondo avesse paura. In un modo o nell'altro eravamo tutti spaventati perché non sapevamo più chi fossimo - sapevamo soltanto che le nostre vite sarebbero cambiate, che ci piacesse o meno. Però qua non era la stessa cosa. Penso che noi non avessimo paura del cambiamento, ma solo dell'impotenza. Ci sentivamo come se fossimo in fila per il patibolo. Sospirò, scrollando le spalle con fare noncurante. « È stato.. complesso. Come un po' tutto quanto, ad Iwo Jima. Ma sono ancora qua per raccontarlo, quindi immagino di non aver avuto la peggio. » Rimase per un istante in silenzio, sciogliendosi poi in un sorriso nel darle un leggero buffetto sulla spalla. « A voi della riserva vi vedo correre tra le paludi e ululare al cielo. Sicuramente con qualche sparo in sottofondo perché onestamente non ci credo che nessuno abbia messo zampa sulla proprietà privata di qualche fiero americano. » E così, con una risata e qualche bonaria presa in giro, Raiden cambiò discorso, lasciando che il resto della notte li avvolgesse in conversazioni più leggere fin quando non presero entrambi sonno.

    Il piano per la serata di Capodanno era stato preparato a puntino. Messo al corrente il Primo Ministro del pericolo incombente, la sicurezza intorno all'evento era stata incrementata esponenzialmente. Come previsto, diversi funzionari avevano deciso di non presentarsi, lasciando tuttavia che la notizia non venisse divulgata al pubblico. Il maggiore esponente governativo, che invece non poteva sottrarsi, aveva fatto in modo che la propria famiglia venisse portata in un posto sicuro e che intorno a lui ci fosse una scorta ben più fitta di quanto originariamente previsto. All'evento non sarebbero mancati lycan e warlock, e Raiden aveva dato ordine categorico di tenerlo aggiornato su qualunque sviluppo, così da potersi eventualmente smaterializzare in loco se necessario. Dalla sua, la piccola famiglia Yagami era rimasta fedele al piano originario: passare un paio di giorni a casa dei nonni insieme al resto della famiglia. Chiaramente anche lì erano state attuate misure di sicurezza più stringenti, e il giapponese aveva dovuto accettare la presenza di una scorta, pur con il compromesso che questa sarebbe rimasta a distanza debita per non calare troppa preoccupazione sul resto della famiglia. Per raggiungere la destinazione, la macchina gli era stata espressamente vietata - un viaggio lungo, d'altronde, li avrebbe esposti a una probabilità maggiore di imprevisti. Per l'occasione, dunque, era stata appositamente creata una passaporta monouso che li collegasse direttamente alla casa dei nonni Yagami in maniera discreta, senza attirare l'attenzione di troppe persone. Piombati dunque nel salotto in tarda mattinata, i tre vennero immediatamente accolti dall'esuberanza della padrona di casa e dal più sereno benvenuto del marito. Non ebbero nemmeno il tempo di poggiare i propri averi che la nonna già li stava stropicciando, riempiendoli di informazioni riguardo la loro sistemazione, il programma della giornata e più o meno tutto ciò che le passasse per la testa. « Ah e prima che mi dimentico, venite venite. Le cose poggiatele pure dove capita, ci penso dopo io a prepararvi la stanza. » Il moro rivolse un'occhiata alla moglie, sciabolando le sopracciglia mentre prendeva un lungo sospiro eloquente. Chi pensa che i giapponesi siano tutti silenziosi, riservati e sulle proprie non ha mai incontrato mia nonna. Con una certa rassegnazione seguì l'anziana verso il tavolino basso del salotto, prendendo posto esattamente dove la donna gli indicò e osservandola in silenzio mentre armeggiava prima con la teiera - riempiendo a tutti un bel bicchiere di tè verde fumante - e poi con una scatola di legno su cui erano intagliati articolati ghirigori dipinti di un ormai sbiadito colore dorato. L'anziana la poggiò sul tavolo con una certa solennità, rivolgendo ad entrambi un sorriso eloquente di cui tuttavia Raiden non riusciva a cogliere la motivazione. Poi, con altrettanta solennità, la donna ne scoperchiò la parte superiore, rivelando quello che sembrava un ordinato portagioie. Trattandosi di una famiglia piuttosto umile, non c'era nulla di sfarzoso, ma era chiaro che i gioielli al suo interno fossero le poche cose di valore che fosse riuscita ad accumulare in una vita intera. « Mia, tesoro. Adesso che sei nella famiglia devi sapere che io tengo già da parte tutte le cosine da lasciarvi. Non è molto, però mi fa piacere che abbiate dei pensieri - qualcosa che possa ricordarvi di me quando non ci sarò più e che possa diventare un ricordo da tramandare a vostra volta. Ad Hanna ho già regalato delle cosine, al suo tempo. E adesso è giusto che lo faccia anche con te. » Nel dirlo, estrasse da uno scomparto un bracciale sottile, in oro, con alcuni delicati punti di luce. Era grazioso, e qualcosa che Mia avrebbe facilmente potuto indossare. Non a caso l'anziana non fece troppi complimenti nel chiedere all'americana di darle il polso, così da poterlo allacciare e riempirla di complimenti su quanto le stesse bene e quanto fosse felice di vederglielo indosso. « Poi ovviamente è chiaro che la maggior parte di queste cose le lascerò ad Eriko - amore di nonna gliel'ho già detto che le lascerò tanti pensieri -, però ci sta ancora tempo per distribuirle, eh. » Nel dirlo lanciò un'occhiata furtiva a Mia, poi a Raiden, simulando poi una certa nonchalance nel portare alla loro attenzione un paio di orecchini: due punti luce brillanti che pendevano a goccia da una perla. « Queste sono perle vere. Molto belle. Me le ha regalate mio padre quando mi sono sposata. Hanno molto valore, eh, non sono di bigiotteria. » Come se nulla fosse, li avvicinò al viso di Mia, scansandole i capelli dietro le orecchie per provarglieli senza tuttavia metterglieli veramente. « Ma guarda quanto ti stanno bene! Con quegli occhi che hai risaltano proprio. » Le lasciò tutto il tempo di guardarsi allo specchio, riempiendola di ulteriori complimenti e imboccandone altrettanti a Raiden prima di ritrarre la mano e sorriderle
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    sorniona. « Questi te li conservo e te li do quando mi fai il secondo nipotino. » « NONNA! » Il rimprovero di Raiden arrivò immediato, storpiato tuttavia da una lieve risata perché - doveva ammetterlo - per quanto diretta, l'anziana aveva dei metodi piuttosto divertenti di convincimento. « Che c'è?! » chiese stupita, sgranando gli occhi in un'espressione di pura innocenza. « Questa è coercizione! Stai palesemente provando a corromperla coi gioielli per comprarti i nipoti! » Alla tua età! Ma non ti vergogni?! Fece una pausa, sollevando poi l'indice di fronte a sé davanti all'espressione da impunita di sua nonna. « E non funzionerà! » ci tenne a sottolineare, mentre quella gli mostrava uno sguardo innocente e vagamente offeso. « Ma che coerci-ci-cosa e cosa?! Io non corrompo nessuno. Dico per dire. Lei sa che ha il regalino da parte, poi fa quello che le pare, no? » A quel punto, rassegnato, il giovane Yagami alzò gli occhi al cielo, rimettendosi in piedi per andare con la scusa di andare a controllare Haru, che nel frattempo era diventato il prevedibile centro delle attenzioni del resto della famiglia. Un suono acuto alla porta, tuttavia, lo portò a fermarsi a metà strada, rivolgendo lo sguardo confuso alla nonna che si apprestava a nascondere velocemente tutto il bottino. « Aspettiamo qualcuno? Mi pare che ci siano tutti. » « Oh sì, tesoro. Ho invitato anche Misa e suo marito. Mi dispiaceva fargli passare il Capodanno da soli, sai. Poi con quel poco che rimani, pensavo ti avrebbe fatto piacere. » A quella rivelazione si sentì immediatamente un idiota per non averci pensato lui stesso ad invitarli. Ecco, avrò fatto la figura dello stronzo che arriva in sordina e non gli dedica neanche cinque minuti. « No no, hai fatto bene. » A quel punto, mentre si avvicinava alla porta di casa, rivolse un'occhiata a Mia, un po' per accertarsi che non fosse a disagio e un po' suggerirle ciò di cui avevano già parlato. « Il regalo l'ho messo nello zaino. Ci pensi tu? » Una richiesta, quella, che arrivò accompagnata da un'occhiata eloquente. Forse, a ben pensarci, quella era l'occasione migliore: metterla insieme da sole dal nulla poteva risultare strano ad entrambe, ma farle avvicinare in un'ambiente disteso e circondate da altre persone con cui già avevano confidenza poteva rivelarsi la carta vincente per un legame più naturale. « Se ti va, amore. »





     
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