A Feast for Crows

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    the devil inside;

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    Nonostante l'avessero buttata sul ridere, Mia non era rimasta del tutto tranquilla. Si era sentita uno schifo per esser stata così sconsiderata. Non aveva pensato, forse perché lei era nel fior fiore dell'età dell'innocenza. Quando la sua prima trasformazione era avvenuta era davvero piccola, viveva una vita completamente differente. Lontana da Hogwarts, da castelli sigillati, lontana dal grigio e da freddo. Chissà perché, nel suo far i calcoli in maniera sommaria, Mia aveva dato per scontato che per Raiden quelli erano tempi più semplici. Lei, quegli anni, prima della definitiva partenza per la Scozia li aveva rimpianto a lungo. Non è più così; adesso so che ogni cosa accade per un motivo. Accade affinché qualcos'altro possa realizzarsi. Tipo questo. Noi. Però, non posso dire di non aver rimpianto quel periodo, quella vita. A Mia mancava molto la propria casa, le mancava l'idea e il ricordo che ne aveva di quando era bambina. Una casa piena di persone, due genitori amorevoli, una comunità piena di brio. Molte cose erano venute in un certo qual modo meno. Le tante peripezie avevano col tempo logorato gli animi e messo a tacere anche gli spiriti più audaci. Le Logge avevano sottratto parte dei figli della comunità e con loro il futuro della Riserva. Altri ancora, come Mia, non avevano più fatto ritorno. Era strano quel loro mondo, specialmente negli ultimi anni. Tutto sembrava accadere affinché la nostra culla si deteriori. Veniamo braccati, bersagliati e sterminati. È così ingiusto. Così triste. Seppur si fossero lasciati abbastanza in fretta quell'argomento alle spalle continuando a chiacchierare di cose più divertenti, a notte fonda, Mia ci aveva pensato ancora. Ci aveva messo davvero tanto ad addormentarsi, rimuginando ancora e ancora sopra a quel silenzio, al cuore pesante con cui le aveva detto quelle poche parole. Si era chiesta, Mia, cosa fosse successo, come era davvero andata. Complicato può dire molte cose. Non voleva tuttavia insistere, né approfondire la rievocazione di una serie di ricordi di cui evidentemente Raiden non voleva parlare.[...] Non appena era giunti a casa dei nonni Yagami, Mia e Raiden erano stato letteralmente travolti da un uragano che li aveva colpiti in pieno prima ancora di accorgersene. « Mia, tesoro. Adesso che sei nella famiglia devi sapere che io tengo già da parte tutte le cosine da lasciarvi. Non è molto, però mi fa piacere che abbiate dei pensieri - qualcosa che possa ricordarvi di me quando non ci sarò più e che possa diventare un ricordo da tramandare a vostra volta. Ad Hanna ho già regalato delle cosine, al suo tempo. E adesso è giusto che lo faccia anche con te. Poi ovviamente è chiaro che la maggior parte di queste cose le lascerò ad Eriko - amore di nonna gliel'ho già detto che le lascerò tanti pensieri -, però ci sta ancora tempo per distribuirle, eh. » Le persone normali partivano dai convenevoli, una tazza di té, dei biscotti, qualche racconto sommario sulla parte di viaggio fino a quel momento trascorsa; non nonna Yagami. La donna aveva infatti messo al polso di Mia un braccialetto davvero grazioso che l'aveva portata a osservare il gesto dell'anziana con estremo affetto. Era evidente ci tenesse così tanto a che portasse quel gioiello, tanto che Mia non poté fare a meno di ringraziarla diverse volte in mezzo al discorso, finché la signora non passò già al prossimo cimelio da mostrare loro. « Queste sono perle vere. Molto belle. Me le ha regalate mio padre quando mi sono sposata. Hanno molto valore, eh, non sono di bigiotteria. Ma guarda quanto ti stanno bene! Con quegli occhi che hai risaltano proprio. » Doveva ammettere che erano veramente bellissimi. Le donavano davvero. « Mi piacciono tantissimo. Sono veramente molto belli. » Graziosi e discreti, nulla di praticamente vistoso, ma al contempo ad effetto. Riusciva a vederseli addosso con un bel vestito estivo color pastello e i capelli raccolti. C'era qualcosa di estremamente dolce e tenero nell'anziana signora Yagami, specialmente perché, per quanto si trattasse di regali che rispecchiavano la sua memoria, il suo accostamento alle sue future proprietarie sembrava essere fatto in maniera molto calibrata. Avrebbe potuto regalarmi quel grosso pendente che non avrei saputo con cosa mettere, e invece sa esattamente cosa regalare a ciascuna di noi. « Sarò felice di indossarli. Assieme al braccialetto. » Nonna Yagami, tuttavia, che aveva evidentemente piani diversi, ritrasse di colpo gli orecchini portando Mia a guardala con uno sguardo interrogativa. « Questi te li conservo e te li do quando mi fai il secondo nipotino. » Istintivamente, Mia sgranò appena gli occhi cercando di soffocare una risata, mentre le guance le si colorivano appena di un tenero rossore. « NONNA! » « Che c'è?! » « Questa è coercizione! Stai palesemente provando a corromperla coi gioielli per comprarti i nipoti! » Mia scosse la testa, cercando di rassicurare nonna Yagami in merito alla questione; la vecchia signora dal canto suo, tuttavia, sembrava tutto fuorché scossa dalle accuse del nipote. « E non funzionerà! » « Ma che coerci-ci-cosa e cosa?! Io non corrompo nessuno. Dico per dire. Lei sa che ha il regalino da parte, poi fa quello che le pare, no? » Assistere ai bonari battibecchi tra i due era sempre divertente. « Non dargli ascolto. Sono bellissimi. Vedremo cosa si può fare. » Fece l'occhiolino all'anziana signora, gettando uno sguardo furtivo in direzione di Raiden che era già in procinto di alzarsi. Stava scherzando ovviamente; Mia non era contraria ad avere altri figli, ma forse, in quel momento non solo non era il momento, ma avevano già sufficiente cose per le mani anche solo con Haru. Certo, le piaceva l'idea che potesse avere un compagno di giochi. La giovane Yagami era cresciuta assieme a Gabriel e Logan, coi quali si passava decisamente pochi anni di differenza. Era bello avere dei fratelli di età non troppo distante. In quel momento, tuttavia, non sarebbe stata in grado di convincersi ad avere un altro figlio di spontanea volontà, non certo perché non lo volesse quanto piuttosto perché sarebbe stato troppo impegnativo. Stava facendo fatica a lasciare il suo piccolo in giro alle cure di qualcun altro, e stava a malapena iniziando ad abituarsi a quell'idea con lui; ricominciare da capo allo stato attuale sarebbe solo stata una sofferenza. « Vedete, vedete, ma soprattutto fate, mi raccomando. » Se solo nonna Yagami avesse saputo, probabilmente si sarebbe tenuto quel commento per se stessa. « Aspettiamo qualcuno? Mi pare che ci siano tutti. » « Oh sì, tesoro. Ho invitato anche Misa e suo marito. Mi dispiaceva fargli passare il Capodanno da soli, sai. Poi con quel poco che rimani, pensavo ti avrebbe fatto piacere. » Magnifico. Fantastico! Mia sorrise automaticamente, alzandosi con fare abbastanza vago nella speranza di trovare qualcosa da fare. « Il regalo l'ho messo nello zaino. Ci pensi tu? Se ti va, amore. » No. Non mi va. « Ma si, te l'ho detto, non c'è problema. Dopo ci penso io. » Gli stirò un grosso sorriso, prima di stampargli un piccolo bacio sulle labbra, superandolo velocemente per dirigersi in cucina, dove se possibile sperava di chiudercisi per il resto della serata. Zitta e in cucina, ecco come sono arrivata. In verità, però, avrebbe fatto qualunque cosa pur di non doversi necessariamente sorbire l'imbarazzo di quell'incontro. Forse adesso, più che dalla presenza di Misa, quel disagio era dovuto al fatto che lei e Raiden ne abbiano parlato in maniera così aperta. La sua domanda diretta riecheggia ancora nella sua testa. Sei gelosa di Misa? Non riusciva a spiegarsi la ragione per cui si sentiva così. Raiden non le aveva mai dato motivo di sentirsi in alcun modo minacciata o a disagio rispetto a nessun'altra ragazza. E allora perché mi sento così? Forse perché in cuor suo non credeva fino in fondo alla parabola dei fratelli. Con dita un po' incerte raccolse un bicchiere dalla credenza versandosi due dita di sakè, per puoi buttarne giù un po'. « Mi dai una mano con la grigliata? Il pollame e i conigli non mangeranno da soli. » Il signor Yagami era una persona estremamente discreta. Non la stupì il fatto che non avesse detto nulla, nonostante la sua aria pensierosa avrebbe potuto innescare la curiosità di molti. Apprezzava sempre il suo modo di fare; era sempre gentile e disponibile, ma manteneva comunque una certa distanza e ritualità. Stranamente quel modo di fare, che pure era chiuso e un po' per le sue, non la faceva sentire a disagio. Semmai destava molte curiosità che non aveva avuto il coraggio di soddisfare. « Certo! Anzi. Se ti fidi ci vado io. Prenderei una boccata d'aria ben volentieri. » « È un po' sporco dillà. Sicura? » « Farò attenzione. » E così si era lasciata spiegare velocemente le poche mansioni di svolgere, annotandosi mentalmente tutti i passi da compiere per non deludere nonno Yagami. In verità era un lavoro semplice ma che le avrebbe portato un po' di tempo, un fattore che non intendeva affatto sottovalutare, soprattutto alla luce dell'idea che avrebbe potuto risparmiarsi almeno per un po' la compagnia degli ospiti. « Amore vado a darei da mangiare ai conigli. » Sembrava felice come una bambina all'idea; quella passeggiata sembrava averla rimessa di buon umore in fondo. Mai scelta era stata più sbagliata. Rientrata in casa per prendere il cappotto, aveva sbattuto contro nonna Yagami, la quale aveva ben pensato di fare la paternale al marito per aver anche solo pensato di mandare Mia là fuori da sola. « Ma no, guarda che mi sono offerta io. » « Sciocchezze l'hai fatto solo per gentilezza, è ovvio. Vecchio pigrone! Mia, tesoro di nonna, tu non devi fare proprio nulla. » Alla fine, le insistenze di Mia erano servite a far stare tranquilla solo in parte la nonna, al punto che in uno scambio che alla fine era risultato quasi infinito, era stata proprio Misa a offrirsi di accompagnarla. Fantastico. No ma, alla grande proprio. A quel punto non poteva sottrarsi, e così, eccola, al fianco della giovane a spostarsi sulla proprietà degli Yagami verso il recinto dei conigli. Tra evidenti ovvietà e discorsi sul tempo, la prima parte della breve camminata si era svolta in un palese disagio che l'aveva quasi fatta sudare freddo. Mia odiava sentirsi così, odiava doversi sentire quasi in dovere di sentirsi così in imbarazzo e a disagio rispetto a qualcun altro. « Allora come ti trovi a Tokyo? Raiden mi ha detto che è possibile restiate per un po'. Speravo di venire a trovarvi.. ma mi avete preceduta. » Mia annuì appena stringendosi nelle spalle. « Ah beh si non è detto. Cioè dipende.. abbiamo comunque responsabilità a casa.. però Tokyo è bella. Particolare.. credo mi piaccia. Non so però io se le piaccio altrettanto. » Misa sembrò osservarla con un'espressione pensosa prima di annuire. « Oooooh.. capisco.. » « No, cioè non mi fraintendere. Non è successo niente di che, le persone sono molto accoglienti e carine eh. Credo sia un problema mio.. » Con un tocco di bacchetta sistemò il cibo per le galline, osservando il pollaio come se lì potesse trovare una risposta al modo in cui si sentiva. « Non preoccuparti, Mia. Credo sia normale. Anche io mi sentirei così al posto tuo. Hai sposato un uomo molto importante per il Giappone.. anche uno molto carismatico, anche se non vuole ammetterlo. La gente gli vuole tanto bene; Raiden ha fatto davvero tanto per tutti noi. È solo questione di tempo. Non farci troppo caso a quello che dicono le persone.. fossi in te, non ci penserei affatto. » La mora compie una leggera pausa tempo in cui le rivolge un sorriso rassicurante. « Secondo me è un bene che abbiate deciso di stare più qua. Raiden è molto amato nel suo paese e.. dare un'opportunità al Giappone, lo farà solo contento. E poi la sua famiglia è tanto contenta di averlo vicino. Sono sicura che anche lui vedrà le cose in maniera diversa adesso. Ogni tanto me ne parla.. » Per un istante Mia corrugò la fronte annuendo tra se e se. Ho dato l'impressione che non voglio dare un'opportunità al Giappone? È questo quello che pensano? E soprattutto di cosa parla con te, di preciso. Per un istante la cosa sembrò darle fastidio; Raiden le diceva tante cose ed era sempre sincero con lei, ma erano altrettante quelle che non le diceva. Era come se il più delle volte sfruttasse proprio l'omissione pur di mantenere la pace. « Anche tu sei felice. » « Naturalmente. Vengo spesso qui.. a sua nonna manca molto. Anche al piccolo. Roraito. Un bravissimo ragazzo. Parla sempre tantissimo di Raiden quando è qui. » Per un po' non disse altro, spostandosi verso il piccolo rifugio dei conigli con l'animo più pesante. « Comunque anche io vivo lontana da casa. So cosa significata. Capisco che non è il massimo, ma facciamo entrambi del nostro meglio. » « L'America giusto? » Mia annuì. Ma dalle sue parole si rese conto che Misa non aveva ascoltato assolutamente ciò che diceva, o non aveva voluto ascoltare. « E la tua famiglia sta là? » « Mmmmh si. Quasi tutti. Per un po' mia madre è rimasta a Inverness con noi, ma qualche mese è tornata a New Orleans con mio fratello e la futura moglie. Lì la mia famiglia ha molte responsabilità. » « Responsabilità da primogenito.. beh allora sai cosa significa. » Non era certa di aver capito; o meglio. Non era certa che parlassero la stessa lingua. Così, continuarono quel giro parlando di cose ben più superficiali, finché tornate sul portico di casa, Mia non si ricordò del regalo. Le chiese di darle qualche istante mentre recuperava il set di matite che Raiden le aveva comprato. « Per te. Buon Natale, immagino. O buon anno. » Pausa. « Raiden dice che sei bravissima. Magari un giorno mi farai vedere qualcosa.. »
    Ci stava provando; sperava che quella potesse essere vista come un'apertura. Un tentativo. Un modo per connettere, come Raiden le aveva proposto di fare. Stirò un leggero sorriso e si sedette sul porticato magicamente riscaldato accanto a lei. Una volta tolto il fiocco del regalo, Misa sembrò rimanere per un attimo di sasso. Osservava quella scatola con un'espressione a dir poco intenerita, per non dire commossa, mentre ne accarezzava i bordi con infinita delicatezza, sbattendo le palpebre senza sapere cosa dire. Solo dopo qualche istante Mia si accorse del legger luccichio negli occhi di lei, la gioia con cui tastava il contenuto quasi come se si trattasse della cosa più bella che avesse mai ricevuto. « Raiden è troppo buono. Non sono così brava. Però grazie, è un pensiero bellissimo. » Forse Misa era semplicemente una persona molto emotiva, eppure agli occhi di Mia quella reazione apparve comunque un po' esagerata. « Siete stati davvero carini. Grazie davvero. Raiden! Raiden.. grazie.. » Si alzò di scatto rientrando in casa interrompendo la chiacchierata di Raiden con Kenichi e Hiroshi per ringraziarlo, mentre Mia dal canto suo si alzava cercando di trovare il proprio posto in mezzo a quello che ormai appariva un forte disagio. Incontrò per qualche istante lo sguardo di Eriko che, quando si accorse di essere stata scoperta, saltò sul posto e tornò in cucina ad aiutare la nonna a portare i Toshikoshi-soba in tavola. « Su che si fredda! Tutti a tavola. Mia, tesoro, su rientra che fa freddo. » Tra prelibatezze di ogni tipo, Mia tentò di tornare in sé annegando le sue turbe nel sakè e qualche bicchiere di vino. Ciò bastò affinché ritrovasse almeno un po' il buon umore e la voglia di socializzare. Continuava però a osservare Misa; lì, in quel ambiente, lontana dal posto in cui l'aveva conosciuta, sembrava diversa. Più naturale, più incline a ridere e scherzare, ad abbandonarsi ad aneddoti e ridere alle battute degli altri commensali. In mezzo a quelle persone, che doveva conoscere da sempre, sembrava più allegra, felice di trovarsi a quel tavolo. Ad un certo punto Mia si distaccò. Un po' per stanchezza, un po' per forse il troppo alcol e un po' perché era un po' infastidita, decise solo di remare avanti nella serata senza dire molto altro. « Questo cibo mi ha proprio soddisfatto. Benedette le mani delle donne di questa casa. » « In realtà hanno cucinato più Hiroshi e la nonna. » « Il nonno potrebbe seriamente offendersi per la mancanza di riconoscimento della sua grigliata. » « Se è per questo le nostre capacità di degustazione hanno proprio salvato la cena. » Mia ed Eriko si erano date battaglia tra chi provava di più i cibi prima di arrivare in tavola, e come al solito tutto ciò era stato motivo di altri bonari battibecchi. « Haru ci ha messo le urla. Sempre così collaborativo. Mi ricorda qualcuno.. non so proprio chi! » Esordì la giovane Yagami suscitando le risate di tutti e qualche suono dovuto alla tenerezza dell'immagine. « Quel bambino è un angelo! Proprio come il papà. Ve lo dico quest'estate quando è rimasto con noi.. un amore! Certo ha pianto un po' perché voleva la mamma e il papà, però alla fine è stato così buono! Raiden amore di nonna era uguale. Invece questa piccola peste! Incontenibile! Diglielo Misa come faceva Eriko quando era piccola. Viziatella! » Scosse la testa. « Nooo. Era brava anche Eriko. Però è vero! È molto tenero. Cresce a vista d'occhio. Quasi non ci credo che in due mesi è cresciuto così tanto. La prossima volta che lo vedrò starà correndo.. » C'era un filo di nostalgia nella voce di Misa; la mora osservò Raiden con quello che Mia immaginò dovesse essere uno sguardo d'intesa e di affetto. « I bambini sono un vero miracolo. Io lo dico sempre che le donne sono fortunate a poter passare così tanto tempo con i loro bambini. » Per un istante Mia si irrigidì. « Eh ma guarda che i bambini arrivano sempre quando vogliono loro, caro Kenichi. Ricordati bisogna solo impegnarsi. Io lo dico sempre a questi due - impegnarsi! E anche a Eriko e Hiroshi che si devono dare una mossa. » E così nonna Yagami decretò la fine della cena alzandosi e iniziando a sparecchiare. Mia volse lo sguardo verso Raiden osservandolo con uno sguardo eloquente, prima che la nonna li incalzasse a darle una mano con i mochi in cucina. « Ci penso io. Tu stai un po' con loro. Ne sarà felice. In fondo è venuta per stare un po' con te.. cioè con voi. » Gli diede una leggera pacca sul braccio, prima di dirigersi in cucina, attirata dal baccano che la nonna stava già mettendo su i piatti coi mochi. Mia seguì meccanicamente le istruzioni della nonna finché a causa della distrazione non fece cadere un piatto a terra. « Nonna forse è meglio se prendo un po' d'aria. Mi sa che ho bevuto un po' troppo. » « Copriti che fa freddo eh. E non andare troppo lontana che la campagna è buia! » E così dicendo, senza nemmeno scusarsi e ignorando ogni consiglio, uscì dalla cucina e si diresse verso l'esterno per tentare di prendere una boccata d'aria. In fondo Raiden aveva ragione. Era gelosa. Era gelosa marcia. Al punto che nemmeno la visione dei coniglietti presenti nel rifugio bastarono per sollevarla d'animo.



     
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    Era stato Raiden ad accogliere Misa e il marito in casa, mostrando a Kenichi l'ambiente e versando poi ad entrambi una tazza di tè per farli riscaldare. Rispetto all'ultima volta che si erano visti, sembravano entrambi molto più a loro agio: era chiaro che quello fosse il loro ambiente e che non si sentissero di stare sempre sull'attenti. Fu più semplice, in quell'occasione, vedere il vero Kenichi: era un uomo simpatico e pacato, che portava i propri anni con una certa disinvoltura e sapeva mettere a proprio agio qualunque interlocutore. Chiese quasi immediatamente a Raiden di Haru e degli amici inglesi che, a detta sua, gli erano rimasti particolarmente simpatici. « Da quanto tempo siete qui? » « Siamo arrivati a Tokyo un paio di giorni dopo Natale. » rispose tranquillamente, senza dare troppe informazioni, mentre prendeva un sorso di tè a propria volta. « Cavolo, non vado a Tokyo da.. non saprei, almeno dieci anni. Secondo me neanche la riconoscerei, visto quanto cambia velocemente. Ma dimmi: Mia come si è trovata? È la prima volta che ci va? » Sospirò, il giovane Yagami, scrollando leggermente le spalle. « No, ci era già stata.. ma era una situazione particolare. Insomma, non l'ha vissuta veramente. » Fece una breve pausa. « In questi giorni l'ha vista un po' di più, ma non saprei.. è difficile. Le cose qui funzionano un po' diversamente e non è semplice ambientarsi. » Tanto Kenichi quanto Misa annuirono mestamente a quelle parole. C'era poco da fare: per quanto aperta e cosmopolita fosse Tokyo, sentirsi parte di essa non era un gioco facile nemmeno per chi in Giappone c'era cresciuto tutta la vita, figuriamoci per una straniera che era lì solo di passaggio. « Capisco, poverina. Non ha neanche molti punti di riferimento. Ma in fin dei conti, per quel che ci rimanete va bene così. » Misa storse leggermente le labbra a quelle parole, inclinando il capo di lato. « Beh però non si sa mai. Ci sta che voglia farla integrare di più, nel caso in cui in futuro dovessero passarci più tempo. È giusto anche che Haru non si senta un estraneo in casa propria. » A quelle parole, Raiden annuì, rivolgendo un sorriso all'amica. « Esatto. Infatti secondo me il problema è che qui conosce praticamente solo me e la mia famiglia. Non ha appigli, quindi è normale che non sappia come rigirarsi. » Capendo il potenziale delle proprie stesse parole, Raiden colse la palla al balzo dopo una breve pausa, rivolgendo lo sguardo all'amica. « A proposito, giusto qualche giorno fa mi diceva che le farebbe un sacco piacere conoscerti meglio. Sai, diventare amiche. Le hai fatto davvero una buona impressione, qualche mese fa. » Una bugia piuttosto grossa, ma in cui il giovane Yagami si sentì di gettarsi a fin di bene. Era convinto che a Misa avrebbe fatto piacere sentire quelle parole, e magari l'avrebbero aiutata a sbloccare un po' della propria timidezza e approcciare Mia in maniera genuina. In questo modo l'americana avrebbe potuto constatare da sé che tipo di persona fosse Misa e avrebbero poi riso insieme su quanto assurdo fosse stato guardarla con circospezione. « Davvero? Mi fa un sacco piacere. Sì, sarebbe carino conoscersi meglio. » La giovane gli rivolse un sorriso caldo, nascondendo poi le labbra dietro un sorso di tè prima che il discorso cambiasse su altre chiacchiere di circostanza. Chiacchiere che, tuttavia, furono di breve durata, interrotte presto dagli strepiti di una nonna Yagami che sembrava ben poco felice del compito che il marito aveva affidato a Mia. Sia mai che venga mangiata dai conigli. Per mettere pace alla situazione, e forse spinta dalle parole che Raiden le aveva rivolto poco prima, fu proprio Misa a farsi avanti per affiancare l'americana. « Beh comunque anche voialtri potreste alzare il culo invece di fare salotto e lasciare tutto il lavoro alle donne. Così per dire. » Il giudizio di Eriko, ovviamente, arrivò puntuale come un orologio svizzero, e sulla scia di un'occhiata eloquente di Raiden a Kenichi, i due si alzarono dal tavolino per presentarsi in cucina e chiedere come potessero aiutare. Nonna Yagami era impegnata nella preparazione della zuppa, Hanna si occupava di Haru, mentre Hiroshi Eriko preparava la tavola. A quel punto, visto che c'era davvero poco che rimanesse da fare, i due si rivolsero a Hiroshi. « In realtà i ravioli sono quasi pronti, quindi non è che sia rimasto molto. » Raiden e Kenichi si guardarono in silenzio, alzando poi le spalle. « Vabbè. Apriamo il vino? » « Apriamo il vino. » E così si erano tutti e tre riempiti i primi bicchieri della serata, chiacchierando serenamente del più e del meno. Kenichi faceva un sacco di domande su Haru, tanto che ad un certo punto fu proprio Hiroshi a dare voce a ciò che Raiden pensava ma che non voleva chiedere. « Quindi tu e Misa? Ne avete parlato? Di bambini, intendo. » Il giovane Yagami nascose la propria curiosità dietro un sorso di vino, stando tuttavia attento alle espressioni sul viso dell'uomo. Kenichi appariva come un uomo piuttosto riservato, che non condivideva troppe informazioni personali, ma sul suo volto si leggeva abbastanza chiaramente una velata mestizia. « Sì sì certo. Entrambi amiamo molto i bambini. » Ma? C'era chiaramente un "ma" sotteso in quelle parole. « Ancora non abbiamo ricevuto questa benedizione. A tempo debito, immagino. » Che qualcosa non quadrasse del tutto era piuttosto chiaro, ma Raiden non se la sentiva di spingere per ricevere risposte su qualcosa che non era affar suo, e Hiroshi sembrò pensare lo stesso, limitandosi ad annuire. « Sì beh, alla fine quando capita capita. L'importante è che siate sulla stessa lunghezza d'onda. » Il sorriso di Kenichi fu millimetrico. « Certo, sì, ovviamente. Lo siamo. » A quel punto, visto il silenzio che era calato, Raiden decise di cambiare discorso, virando sull'interesse di Kenichi per la pesca in modo da rimetterlo a proprio agio e farlo distrarre dal discorso figli. Non sapeva di preciso quale fosse il problema tra Misa e suo marito, né voleva approfondire troppo la questione, certo che se l'amica gliene avesse voluto parlare l'avrebbe fatto. E se non vuole farlo.. beh, ci sta. Certe cose sono intime. Come intime lo erano state anche prima della nascita di Haru; Raiden non aveva mai condiviso i propri problemi di coppia con gente al di fuori della famiglia, e non sentiva di doverlo fare. Avrebbe dunque capito benissimo se per Misa fosse stata la stessa cosa. « Raiden! Raiden.. grazie.. » La voce di Misa interruppe il discorso ormai virato sul lavoro, portando Raiden a rivolgerle un grosso sorriso nel notare il regalo tra le sue mani. « Ti è piaciuto? » Con gli occhi che le brillavano in un misto di felicità e commozione, la giapponese si strinse la scatola al petto come fosse il tesoro più prezioso in suo possesso. « Tantissimo! È un pensiero così bello. Non vedo l'ora di provarlo. » « Cos'è? » « Raiden e Mia mi hanno regalato un set di matite professionali. Sono bellissime. » Kenichi sorrise divertito, scuotendo il capo tra sé e sé come si farebbe di fronte a un bambino che mostra con fierezza il proprio disegno ai genitori. « Ah voi donne! Beata te che hai tempo di pensare agli scarabocchi, amore. » Nel dire quelle parole, le scompigliò affettuosamente i capelli, rivolgendo poi uno sguardo eloquente a Raiden e Hiroshi, i quali non sembrarono ricambiare la complicità che Kenichi si aspettava. Piuttosto, nascondendo a malapena il proprio disappunto nei confronti di quell'osservazione, Raiden fece schioccare la lingua contro il palato, volgendosi poi in direzione di Misa, a cui stese un sorriso decisamente più caloroso. « Quando le avrai provate, mandami qualcuno dei tuoi disegni. Non li vedo da un sacco. Scommetto che sarai migliorata tantissimo nel frattempo. » La giovane stese le labbra in un piccolo sorriso di muto ringraziamento, annuendo, sebbene un po' più abbattuta di prima. « Certo. Mi impegnerò. » A quel punto, attirati a tavola da nonna Yagami, il discorso cadde, ma non senza che Raiden lanciasse un'occhiata piuttosto spiazzata ad Hiroshi, il quale dal canto proprio ricambiò con uno sguardo altrettanto basito. Che Kenichi fosse un tipico uomo giapponese della proprio generazione non lo stupiva, ma a Raiden faceva piuttosto strano immaginare che a Misa andassero giù tranquillamente certi commenti. « Se lo sentiva Eriko! » fu il commento sottovoce di Hiroshi, a cui Raiden mostrò un'espressione costernata. « Lo strangolava. » « Minimo. » Una volta messi a tavola, l'umore sembrò distendersi naturalmente tra chiacchiere, battute e aneddoti, mettendo tutti i commensali a proprio agio. Dalla sua, Raiden limitò il più possibile il consumo di alcolici: voleva tenersi vigile nel caso in cui qualcuno lo avesse contattato da Tokyo o qualcosa non fosse andato per il verso giusto. Era più una precauzione che altro visto che regolarmente qualche lycan presente alla festa lo contattava per aggiornarlo e rassicurarlo che non stesse avvenendo nulla di strano. Un paio di bicchieri di sakè, tuttavia, se li concesse lo stesso - anche perché nonno Yagami non avrebbe accettato nulla di meno. Arrivati ormai verso la fine del banchetto, in attesa solo del dolce, il corpo di Raiden se ne stava più rilassato, seguendo con interesse e divertimento lo scambio di battute tra i propri familiari. « Nooo. Era brava anche Eriko. Però è vero! È molto tenero. Cresce a vista d'occhio. Quasi non ci credo che in due mesi è cresciuto così tanto. La prossima volta che lo vedrò starà correndo.. » Rivolse un sorriso affettuoso all'amica. « Lo porteremo a scorrazzare nel parchetto dietro casa dei tuoi. » A quelle parole, Misa scoppiò a ridere genuina. « Mio Dio! Ti ricordi quel vecchiaccio che ci cacciava sempre? Una volta te le voleva dare di santa ragione. Non ti ho mai visto correre come quando ha tirato fuori il bastone. » « Ah ci sta ancora? Ma aveva tipo duecento anni quando eravamo piccoli noi! » « Sì sì, e ha ancora le forze per fare il vigilante di quartiere. » Alzò gli occhi al cielo, Raiden, sbuffando una risata dalle narici al ricordo di quel vecchio rompipalle che sembrava odiare i bambini più di qualunque altra cosa al mondo. « I bambini sono un vero miracolo. Io lo dico sempre che le donne sono fortunate a poter passare così tanto tempo con i loro bambini. » Lo sguardo di Raiden corse immediatamente a Hiroshi, il quale lo stava già guardando. Oh comunque questo è il re delle uscite infelici. Poi volse lo sguardo a Misa, che sembrava aver istantaneamente perso il sorriso. « Eh ma guarda che i bambini arrivano sempre quando vogliono loro, caro Kenichi. Ricordati bisogna solo impegnarsi. Io lo dico sempre a questi due - impegnarsi! E anche a Eriko e Hiroshi che si devono dare una mossa. » Vedendo che Kenichi stava per aprir bocca, Raiden lo tagliò subito, cercando di evitare altri commenti fuori luogo. « Ah se aspetti Eriko buona fortuna. » Quelle parole diedero adito alla sorella di monopolizzare il discorso - cosa che fu solo un bene, dato che impedì a Kenichi di dire alcunché. Quando tuttavia Raiden fece per alzarsi e aiutare, Mia lo fermò. « Ci penso io. Tu stai un po' con loro. Ne sarà felice. In fondo è venuta per stare un po' con te.. cioè con voi. » Aggrottò leggermente la fronte nel percepire un cambiamento d'umore tanto nel tono quanto nella sfera emotiva di Mia, ma si limitò ad annuire, riprendendo posto. Tuttavia, nei discorsi che seguirono, Raiden non poté fare a meno di partecipare in maniera distratta, sempre teso ad aspettare che Mia tornasse a tavola. Quando non lo fece ma, piuttosto, la vide schizzare velocemente verso l'uscita, fu automatico per lui congedarsi brevemente dagli altri commensali. Nella strada per l'uscita, incrociò nonna Yagami, a cui chiese spiegazione del perché Mia fosse uscita. « Ha detto di aver bisogno di un po' d'aria. Mi sa che non è tanto abituata al saké, amore. Tutta colpa di tuo nonno che continuava a riempirle il bicchiere. Speriamo non si senta male, poverina. » Annuì meccanicamente alle parole della nonna, prendendo veloce il cappotto. « Vado a controllare. » A quel punto, uscito di casa, non gli fu difficile individuare la figura di Mia poco distante, intenta a fissare i conigli nel capanno. Sospirò,
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    avvicinandosi a lunghe falcate per affiancarla. « Hey.. così prenderai freddo. » proferì a bassa voce, cauto, prima di sfilarsi la giacca e avvolgerla attorno alle spalle della mora, stringendola delicatamente. Rimase per un po' in silenzio, aspettandosi forse che fosse lei a parlare, sollevandolo da ogni preoccupazione con qualche commento sul saké troppo forte. Ma a giudicare dalla sua sfera emotiva, non doveva essere l'alcool il principale problema. « Hey, amore, guardami dai. Che succede? Sei triste. » Inclinò il capo, ricercando lo sguardo di lei mentre le poggiava il palmo sulla guancia per tentare di deviarle il viso nella propria direzione. Guardarla in faccia non fece altro se non confermare che no, Mia non stava prendendo una boccata d'aria per smaltire l'alcool, ma per avere una pausa dai commensali. Sospirò, abbassando leggermente lo sguardo mentre si mordicchiava il labbro inferiore. Se l'era immaginata diversa, quella sera. Forse era ingenuo da parte sua pretendere che Mia trovasse così facilmente la propria dimensione in quel contesto, ma si trattava pur sempre della sua famiglia e delle persone a cui teneva. « È per quello che hanno detto la nonna e Kenichi? » Pausa. « Mi dispiace che ti abbiano messa a disagio. Qui.. beh lo avrai notato: la mentalità è un po' diversa. » Del fatto che il Giappone fosse un paese estremamente conservatore, Raiden non le aveva mai fatto mistero. Lui primo non si vergognava a definirsi come un uomo dalla mentalità abbastanza tradizionale, ma era anche vero che per gli standard del paese, Raiden avesse delle concezioni molto più progressiste. In queste differenze culturali, Raiden e Mia si erano imbattuti più e più volte; prima della nascita di Haru erano arrivati quasi ai ferri corti per quelle stesse motivazioni, e di certo il giovane Yagami non aveva intenzione di tornare a quella stessa situazione. Ne abbiamo parlato. Tanto. Anche troppo, ad un certo punto. Ormai la questione dovrebbe essere chiusa. « Però ci siamo già passati, amore. Lo sai come la penso. Quello che dicono gli altri per me non conta. Il nostro passo lo decidiamo noi e nessun altro. » Fece una breve pausa, ricercando il suo sguardo con più insistenza. « Mi piacerebbe se almeno di questo - di me - fossi sicura. » E dovrebbe essere questa la cosa più importante, no? Non quello che dice la nonna o le uscite a cazzo di cane di Kenichi. Sospirò, stringendola un po' più a sé e stampandole un piccolo bacio sulla tempia. « E comunque, se può aiutarti, non è qualcosa che ho attualmente nelle mie previsioni. Cioè.. in questo momento non avrebbe proprio senso per la nostra situazione. » Ridacchiò, sperando che la cosa potesse metterla in pace. « Cioè io fossi in mamma ci manderei a fare in culo se mi mettessero un altro neonato per le mani. Magari quando Haru sarà un po' più grandicello e andrà a scuola ci penseremo. » Per quanto fosse certo che Hanna provasse solo piacere a prendersi cura del piccolino mentre loro erano al lavoro, non se la sentiva comunque di chiederle troppo. In fin dei conti il figlio era pur sempre il loro e non era giusto scaricare così tante responsabilità su di lei. Sarebbe solo da irresponsabili. Abbiamo fatto le nostre scelte: non si può pretendere che siano gli altri a prendersene la responsabilità. Anche per questa ragione Raiden aveva insistito per mandare Haru all'asilo nido. « Però davvero, Mia.. prendi quello che dicono con le pinze. Non lo fanno con cattiveria, per loro è solo normale: è la loro mentalità, lo farebbero con chiunque. Nonna ha una certa età e Kenichi.. » Sospirò, scuotendo leggermente il capo. « ..è Kenichi. Anche quando parla a Misa ti lascia di sasso. Onestamente mi fa pure strano perché non ce la riesco a vedere.. però non sono affari miei. » Rimase per un istante in silenzio, rivolgendole poi un'occhiata curiosa. « A te ha detto qualcosa del marito? » Chissà, magari tra donne ne parlate più facilmente di queste cose.






     
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    Di tutte le cose che si potessero imputare a Mia, quella di essere poco flessibile era sicuramente una delle meno calzanti. La giovane Yagami sapeva essere impulsiva, spesso ingenua, a volte inopportuna; a volte peccava di faciloneria e superficialità. Non pensava molto prima di aprire la bocca e anche quando lo faceva, in buona fede, riusciva comunque a dire qualcosa di completamente sbagliato. Sapeva però adattarsi alle situazione e il più delle volte nei confronti degli ambienti nuovi era anche particolarmente curiosa. Le piaceva stare in compagnia e conoscere nuove storie, ascoltarle, aggiungere la propria prospettiva. Insomma, quanto a socialità e convivialità era una maestra sia nel adattarcisi, sia nel mettere gli a proprio agio. Mia sarebbe stata in grado di socializzare anche con un sasso, parlare dall'alba al tramonto senza mai stancarsi. Una people person, a volte anche troppo socievole. Di certo, alla luce di ciò, specie per una persona che la conosceva come solo Raiden poteva, quel comportamento doveva risultare alquanto strano, specialmente perché Mia era una persona a cui poco si confaceva il ruolo della drammatica. Non le piaceva fare scenate, né attirare l'attenzione solo per il gusto di essere rincorsa e pregata. Semmai, quel ruolo la metteva altamente a disagio, perché lo trovava assolutamente ridicolo e controproducente. Non si era mai fatta rincorrere da Raiden, né aveva mai tentato di portarlo dalla sua tramite quel tipo di coercizione psicologica. Solo che ora è troppo. Si; lo era. Le cose che non riusciva a reggere si erano accumulate durante la serata quasi a voler ricordarle istante dopo istante che ciò che credeva, e che non voleva raccontarsi nemmeno mentalmente, avveniva proprio sotto i suoi occhi. Quella sera però, vedeva le cose sotto un punto di vista differente; se prima aveva in un certo qual modo provato dispiacere nei confronti di una Misa potenzialmente innamorata di Raiden, ora il pensiero la disgustava. Non è proprio buona e cara come dice lui. Di questo non ne aveva certezza, eppure, una parte di sé continuava a pensare che tutte quelle reminiscenze che tirava fuori a intervalli regolari altro non erano che un modo per farla sentire da meno, per toglierle la terra da sotto i piedi. Io c'ero prima. Saprò sempre più di te, avrò sempre più strumenti di te. Con me non deve parlare. Io so già tutto perché l'ho vissuto assieme a lui. Di fronte a un Raiden che difficilmente si apriva e col quale parlare era sempre complesso, la presenza di Misa appariva inavvertitamente come una minaccia che Mia non riusciva a scrollarsi di dosso. La odiava; se avesse sentito anche solo un altro racconto sulla loro felice infanzia, probabilmente le sarebbe saltata alla gola. E così si era detta che fosse meglio uscire. Le uscite infelici di Kenichi poi, non erano state certo d'aiuto. Le ci volle qualche momento per avvertire la sfera emotiva di Raiden più vicina, e allora tentò di ricomporsi sospirando appena. « Hey.. così prenderai freddo. » Il freddo era l'ultima delle sue preoccupazioni, seppure l'alcol in circolo non aiutasse più di tanto la circolazione. Quando il moro le posò la giacca sulle spalle, stringendola appena, Mia chiuse gli occhi sentendosi già assalire da un profondo senso di colpa. Raiden non aveva fatto niente; non aveva sbagliato in alcun modo, eppure era comunque arrabbiata. Con lui, con la situazione, con il mondo. Perché la tua amica deve essere proprio lei? Perché non chiunque altro - uomo o donna che sia! Non riusciva a incolparlo del problema creatosi, seppur, la cecità di Raiden fosse un'importante parte del problema. Eppure, nonostante non avesse più alcun briciolo di compassione nei confronti del potenziale problema di Misa, Mia non riusciva comunque a ferire il marito. Sapeva che dirgli qualcosa in merito gli avrebbe fatto male. Probabilmente non capiresti neanche. Farei la figura di quella che ti impedisce di avere dei legami profondi. Io non ci riesco; non riesco a proibirti qualcosa, a dirti che una cosa che a te fa stare bene, a me fa stare uno schifo. E' una cosa così egoista. In quella situazione qualcuno doveva abbandonare qualcosa, ma Mia non riusciva a fare pace con l'idea che quello a dover rinunciare a una parte di sé fosse lui. « Ora sei tu a prendere freddo. » Constatò senza tuttavia voltarsi nella sua direzione, preferendo piuttosto volgere lo sguardo nel buio dell'aperta campagna. « Hey, amore, guardami dai. Che succede? Sei triste. » « No, dai Raiden, non ho niente. Ho solo bisogno di un minuto.. » Tentò di protestare inutilmente, sfuggendo alla presa di lui. Alla fine però rinunciò a quella lotta voltandosi verso di lui, senza tuttavia alzare lo sguardo nella sua direzione. Si passò piuttosto entrambe le mani sul viso, posando i palmi gelidi sulle guance in fiamme. « È per quello che hanno detto la nonna e Kenichi? » Pur mantenendo lo sguardo basso, Mia sgranò istintivamente gli occhi un po' seccata. L'idea che Raiden si era fatto della questione era come al solito lontana dalla realtà dei fatti. « Mi dispiace che ti abbiano messa a disagio. Qui.. beh lo avrai notato: la mentalità è un po' diversa. » Improvvisamente, un po' stanca e con uno spirito di aperta arrendevolezza, Mia sollevò lo sguardo verso Raiden guardandolo senza dire nulla. Un po' sperava di non dover sentire nuovamente il discorso su quanto il Giappone fosse diverso. Ti prego, non ricominciamo con questa storia. Ti giuro che non ne posso più di sentire quanto la tua patria farà di tutto per farmi sentire inadeguata. Da una parte capiva lo spirito protettivo di Raiden in merito, dall'altra però Mia si sentiva sufficientemente equilibrata da poter affrontare quelle cose con cognizione di causa. « Si l'ho notato. » Disse solo con un tono neutro. L'ho notato e come! A quel punto abbassò nuovamente lo sguardo, vergognandosi un po' della stanchezza e il disinteresse che dimostrava nei confronti di quell'argomento. « Però ci siamo già passati, amore. Lo sai come la penso. Quello che dicono gli altri per me non conta. Il nostro passo lo decidiamo noi e nessun altro. Mi piacerebbe se almeno di questo - di me - fossi sicura. » Per un istante si mostro apertamente confusa dal discorso di lui. Non capiva e non riusciva a trovare un nesso nel discorso di lui. « E comunque, se può aiutarti, non è qualcosa che ho attualmente nelle mie previsioni. Cioè.. in questo momento non avrebbe proprio senso per la nostra situazione. Cioè io fossi in mamma ci manderei a fare in culo se mi mettessero un altro neonato per le mani. Magari quando Haru sarà un po' più grandicello e andrà a scuola ci penseremo. » Ah. Che il pensiero di Raiden corresse subito alla questione dei figli non era certo innaturale. Mia, dal canto suo, non aveva provato un forte senso di pressione rispetto alla questione. Cioè dai, va bene tutto ma ne abbiamo appena fatto uno. Possono anche lamentarsi sul fatto che non ne facciamo già un altro, ma sono affari nostri. Non le prendo neanche sul serio. Forse l'unica cosa su cui si era risentita erano i commenti di Kenichi rispetto a quanto le madri potessero o dovessero stare coi loro figli - quella, era sì una cosa sentita da Mia, ma la linea di pensiero dell'uomo non si era comunque dimostrata sufficientemente valente di attenzione da essere effettivamente presa in considerazione. « Però davvero, Mia.. prendi quello che dicono con le pinze. Non lo fanno con cattiveria, per loro è solo normale: è la loro mentalità, lo farebbero con chiunque. Nonna ha una certa età e Kenichi.. è Kenichi. Anche quando parla a Misa ti lascia di sasso. Onestamente mi fa pure strano perché non ce la riesco a vedere.. però non sono affari miei. A te ha detto qualcosa del marito? » A quel punto Mia deglutì. Misa le aveva detto abbastanza cose, ma di certo nessuna di queste aveva a che vedere con Kenichi.
    « No. Non mi ha detto nulla del marito. » Lapidaria, vorrebbe semplicemente chiudere il discorso lì. Non ne vuole parlare; non vuole discutere né ha voglia di riprendere un discorso che prenderà una piega che la farà sembrare semplicemente una moglie gelosa. E se anche fosse, è così sbagliato? Nella concezione che Mia aveva di un rapporto, lo era. Cose del genere non facevano altro che incrinare le relazioni. Io non voglio essere Delilah. Lei vive nel terrore e lo trasmette anche al suo partner. Magari a Jeff va bene così, forse loro sono fatti per funzionare in questo modo - ma tra noi? Io non la voglio questa cosa. « Ok. Chiariamo una cosa. Tua nonna è adorabile. Le voglio un bene dell'anima. Non ha detto nulla di sbagliato e anche se fosse.. è una signora anziana. Non mi aspetto che capisca. » Non vivo su un altro pianeta. So come funzionano gli anziani; so che pensano unicamente a ciò che dà gioia a loro. « Non mi ha fatto sentire a disagio. » Pausa. « E tanto per capirci, se domani dovesse arrivarci un figlio, a me andrebbe bene. Non ne desidero uno attivamente, ma questo non significa che il discorso mi terrorizza. Posso affrontarlo senza dover guardare dall'altra parte. » Farei del mio meglio. Come ho già fatto. Come tenterò di fare sempre anche con Haru. Non pretendo di essere considerata la madre dell'anno, ma faccio del mio meglio per assicurarmi che il mio bambino stia bene e abbia tutto ciò di cui ha bisogno. Il modo in cui lo faccio potrebbe non essere di gradimento di tutti, ma questo è il modo in cui posso essere una buona madre. Conosceva bene il pensiero di molti circa le sue scelte; lei in primis ci stava male. Ma sapeva anche che se avesse fatto diversamente quella famiglia in cui voleva che ciascuno stesse confortevolmente avrebbe subito degli squilibri a cui Mia non voleva far fronte. Voleva essere una buona madre, senza smettere di essere se stessa, perché Mia era certa che rimanere esattamente la persona che era, l'avrebbe resa una buona madre. « Ci siamo già passati, appunto! So che possiamo farcela e so che un modo io e te siamo in grado di trovarlo. Mi basta questo. Tutto il resto è un discorso di ipotetici figli che non mi va di affrontare da capo. » Corrugò appena la fronte e lo osservò con un'espressione contrariata. Però certo che è assurdo il fatto che torniamo a parlarne sempre quando ci troviamo qui. L'unica ragione per cui l'ultima volta non è successo è perché Haru aveva appena un mese. Praticamente chiedermi di fare un altro figlio equivaleva a elevarmi a rango di incubatrice vivente. « Non devi rassicurarmi. Li voglio altri figli, Raiden. Non sarà tua nonna a farmi desistere con le sue pressioni sul volere altri nipotini subito. » Pausa. Che poi è pure un po' ingiusto nei confronti di Haru.We, adesso ha quasi sei mesi. Riesce a stare seduto da solo. È troppo autonomo. Ne vogliamo uno più bisognoso. « Però.. hai rotto il cazzo con questa storia della mentalità! Le nonne sono uguali ovunque! » Di colpo sbotta, osservandolo con un'espressione un po' esasperata. « E di uomini come Kenichi ne trovi dappertutto. » Non. È. Questo. Il. Problema. Però forse dovremmo veramente chiederci che cosa ci vede Misa. Ci vede qualcosa? « Misa non parla di Kenichi perché onestamente.. su suo marito non c'è molto da dire. È alla luce del sole. Ha però tantissime cose da dire sul mio. » Presa dal fervore del momento non era riuscita a fare a meno di rigettargli velocemente tutte quelle parole. Prima di accorgersene, erano già lì, tra loro, pesanti come un cumulo di rocce. Istintivamente abbassò lo sguardo sfregandosi nervosamente le mani. Lei parla solo di te. Difende i tuoi interessi. Ti difende. Da quello che dice sembra quasi si senta in dovere di difenderti da me. « Ha un sacco di cose da dire su certe cose e hanno tutte un po' il vago senso di questa.. mentalità. » Lo osservò con uno sguardo eloquente stringendosi nelle spalle. « Mentalità che sfuma quando si tratta di avere occhi solo per te. » Istintivamente scosse la testa soffiando pesantemente. « Vuoi sapere cosa mi dà fastidio della storia del quaderno? È il modo in cui ne parla.. il tono. Esattamente come le trecentoventordici altre cose che ti riguardano e che continua a tirare fuori sottolineando che lei è arrivata prima. » Più ne parlava, più la situazione la seccava enormemente. « Eddai su la sviolinata sulle matite e.. tutto il resto? E la cosa peggiore è che me accorgo perché è esattamente come mi sento io. Come ne parlo io. » Sbuffò leggermente passandosi una mano tra i capelli. « Se vuoi convincerti che una bellissima ragazza ha deciso di fare la badante perché ha un kink per i cateteri, fai pure. Io però non intendo sorbirmi discorsi su quanto perfettissimo è mio marito da una che appena trova l'occasione deve dirmi che la tua vita con me ti sottrae a un sacco di gente. » Pare che ti abbia sequestrato. Tu pensa! « Spiegami, Raiden, devo prendere con le pinze anche tutto questo? » O devo darle una capocciata?



     
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    dauntless

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    « No. Non mi ha detto nulla del marito. » Storse le labbra, stringendosi appena nelle spalle in un misto di leggerezza e accettazione. Era pronto ad archiviare lì la questione Misa e Kenichi, mettendosi l'anima in pace sul fatto che certe cose non fossero affar suo e che se l'amica le avesse volute condividere con lui l'avrebbe fatto. Ci sta, certe questioni sono un sacco delicate. Poi quando c'entrano di mezzi i figli, anche il minimo intoppo diventa spinoso ed estremamente personale. Quando Raiden e Mia ci erano passati, il giovane Yagami aveva preferito non farne parola con nessuno; persino con Eriko e Hiroshi aveva dato informazioni centellinate, mettendoli a parte della situazione solamente a grandi linee. Poteva quindi capire come, anche a dispetto del forte legame che li univa, Misa potesse sentirsi a disagio a parlare di qualcosa di così intimo che riguardava la sua relazione. « Vabbè.. ci sta. Se ne vorrà parlare ne parlerà. » E con queste parole, per il giovane Yagami il discorso si poteva ritenere chiuso.. ma evidentemente Mia non era dello stesso suo avviso. « Ok. Chiariamo una cosa. Tua nonna è adorabile. Le voglio un bene dell'anima. Non ha detto nulla di sbagliato e anche se fosse.. è una signora anziana. Non mi aspetto che capisca. Non mi ha fatto sentire a disagio. » Il tono con cui l'americana gli rivolse quelle parole non sembrava rispecchiarne il contenuto, tanto che Raiden si ritrovò ad aggrottare la fronte e irrigidirsi appena per la sorpresa. Pur volendogli comunicare di non aver niente contro sua nonna e il modo in cui si era espressa durante la serata, Mia diceva tutto ciò con nervosismo e rabbia malcelata, lasciandolo a dir poco confuso. « E tanto per capirci, se domani dovesse arrivarci un figlio, a me andrebbe bene. Non ne desidero uno attivamente, ma questo non significa che il discorso mi terrorizza. Posso affrontarlo senza dover guardare dall'altra parte. » Ancor più confuso di prima, l'espressione aggrottata di Raiden prese una piega interrogativa. Non capiva del tutta da dove provenisse quell'atteggiamento, e di certo non gli piaceva sentirsi nella posizione di dover stare sulla difensiva senza avere la più pallida idea del perché. Io non capisco perché quando si apre questo discorso devo sempre sentirmi come se fossi sul banco degli imputati. Non importa quello che dico o come lo dico, ci sta sempre questa circospezione del cazzo. « Mh.. okay? Non capisco il tono accusatorio, ma va bene. » Era piuttosto certo di non aver fatto nulla di male: l'aveva sempre coinvolta nei discorsi, non le aveva detto nulla di sgarbato e in generale si era comportato come sempre. Tuttavia non poteva fare a meno di sentirsi in qualche modo attaccato dalla maniera in cui lei gli si rivolgeva. Quel suo atteggiamento lo mise subito sulla difensiva, portandolo automaticamente a ritrarsi e irrigidirsi. « Ci siamo già passati, appunto! So che possiamo farcela e so che un modo io e te siamo in grado di trovarlo. Mi basta questo. Tutto il resto è un discorso di ipotetici figli che non mi va di affrontare da capo. » « E come ti ho detto, nessuno te lo ha chiesto. Quindi non vedo proprio il problema. » A quel punto il tono di Raiden si era fatto più lapidario, segno evidente che la piega di quel discorso non gli stesse piacendo. Era arrivato da lei con le migliori intenzioni, cercando di rassicurarla su qualcosa che credeva potesse averla messa a disagio e dandole sia affetto che appoggio. Più di questo non avrebbe saputo cosa fare. « Non devi rassicurarmi. Li voglio altri figli, Raiden. Non sarà tua nonna a farmi desistere con le sue pressioni sul volere altri nipotini subito. » Alzò gli occhi al cielo, chiaramente piccato dalle parole di Mia che, al solito, davano la propria interpretazione riguardo i desideri e le aspirazioni di lui. « Vabbè, ho capito: me ne dovevo restare a tavola. Vedo che ancora una volta non ci siamo capiti e a questo punto mi sono anche stancato di dover ripetere sempre le stesse cose come un disco rotto. Tanto tu la tua idea ce l'hai già: potrei letteralmente tagliarmi le palle qui davanti a te e comunque non te la schioderei dalla testa. » Era sempre la stessa solfa: quando si entrava su quel discorso, Raiden era automaticamente quello che in un modo o nell'altra doveva convincerla ad avere figli. Cambiavano le circostanze e i particolari, ma la sostanza era sempre la stessa. « Cazzo ne parli
    come se fosse una cosa esclusivamente tua: come se per te un figlio fosse una responsabilità e per me un accessorio. Non ci pensi che magari anche io ho bisogno di tempo? Che non sto sempre lì appostato come un gufo ad aspettare il momento giusto per chiederti di sfornarne un altro? Seriamente, Mia, ogni tanto mi chiedo che cazzo di idea ti sei fatta di me. Pensi che solo perché vengo da un ambiente più conservatore allora penso soltanto a farti fare l'incubatrice? »
    Sbuffò una risata amara dalle narici, tanto incredulo quanto offeso. Raiden aveva la coscienza a posto per quel che riguardava la loro relazione: non aveva mai chiesto nulla a Mia, semmai l'aveva sempre incoraggiata a fare ciò che voleva, sostenendola il più possibile con i propri mezzi allo scopo preciso di garantirle quella libertà priva di condizionamenti. Il giovane Yagami era cresciuto con un modello diverso di famiglia, ma i suoi valori non erano vincolati a un mero ricalcare l'immagine che gli era stata proposta dalla società. Ai suoi occhi il matrimonio e la famiglia avevano un enorme valore, e risplendevano quando ogni membro al loro interno si dedicava all'altro con amore a altruismo. Senza quelle premesse, tutto ciò non sarebbe servito a nulla se non a creare una bella immagine per il pubblico. E a me del pubblico non frega un cazzo. Non mi importa se la gente pensa che abbiamo una relazione degenere o che il nostro non sia un vero matrimonio. A me importa che lo sia per noi, non per gli altri. « Però.. hai rotto il cazzo con questa storia della mentalità! Le nonne sono uguali ovunque! E di uomini come Kenichi ne trovi dappertutto. » « Però mi pare che la cosa ti condizioni abbastanza quando si tratta di me. » Un'osservazione piccata che le rivolse sul filo di un sorriso sarcastico. Fossi venuto da un altro paese, probabilmente tutto questo giudizio a priori non ci sarebbe stato. Anzi, magari avresti pure avuto paura che non fossi disposto a impegnarmi seriamente. « Misa non parla di Kenichi perché onestamente.. su suo marito non c'è molto da dire. È alla luce del sole. Ha però tantissime cose da dire sul mio. » L'espressione di Raiden mutò istantaneamente, facendosi a dir poco confusa. Sebbene ormai gli fosse più chiaro quale fosse il reale problema di Mia, gli riusciva comunque difficile arrivare a comprendere come Misa potesse averla irritata così tanto nel giro di poche ore. La fissava in silenzio, esortandola mutamente ad una delucidazione che, almeno ai suoi occhi, era necessaria, visto che Misa non aveva fatto altro che comportarsi in maniera genuina e amabile con tutti durante la serata. « Ha un sacco di cose da dire su certe cose e hanno tutte un po' il vago senso di questa.. mentalità. » « Tutto molto chiaro, Mia. » Non riuscì a trattenere quel lapidario commento sarcastico. Ha da dire cose su certe cose nella sua mentalità. Gravissimo. Propongo di ficcarle un calzino e in bocca e chiuderla nel fienile così non ti irrita più. « Mentalità che sfuma quando si tratta di avere occhi solo per te. » Sospirò pesantemente, alzando gli occhi al cielo e passandosi stancamente una mano sul viso. Ecco che ci siamo. « Ci hai parlato letteralmente per dieci minuti, Mia. Dieci. A tutto il resto ero presente anche io e non ha detto nulla di male. Onestamente dubito anche che lo abbia fatto quando eravate sole. » Se in altre circostanze Raiden avrebbe dato automaticamente più peso alle parole di Mia rispetto a quelle di qualcun altro, in quel caso non riusciva a farlo. Conosceva Misa da una vita: l'aveva vista alle prese con ogni possibile situazione e sapeva quale fosse la sua linea di comportamento. Letteralmente, per farti dire qualcosa di sgarbato da quella ragazza dovresti averle dato fuoco alla casa di famiglia. « Vuoi sapere cosa mi dà fastidio della storia del quaderno? È il modo in cui ne parla.. il tono. Esattamente come le trecentoventordici altre cose che ti riguardano e che continua a tirare fuori sottolineando che lei è arrivata prima. Eddai su la sviolinata sulle matite e.. tutto il resto? E la cosa peggiore è che me accorgo perché è esattamente come mi sento io. Come ne parlo io. Se vuoi convincerti che una bellissima ragazza ha deciso di fare la badante perché ha un kink per i cateteri, fai pure. Io però non intendo sorbirmi discorsi su quanto perfettissimo è mio marito da una che appena trova l'occasione deve dirmi che la tua vita con me ti sottrae a un sacco di gente. Spiegami, Raiden, devo prendere con le pinze anche tutto questo? » Rimase a fissarla per qualche istante in silenzio, con le braccia incrociate al petto e lo sguardo serio, quasi a volerla rendere più consapevole di ciò che gli aveva appena detto. Perché vorrei seriamente che ti ascoltassi da sola. Che ti rendessi conto di come suoni in questo momento. Poi, dopo diversi istanti, prese un sospiro, scioccando la lingua contro il palato. « Sai.. ci sta una singola ragione per cui non chiamo Misa qui, seduta stante, a farmi spiegare con te presente cosa vi siate dette in privato. Ed è perché sarebbe una cosa talmente umiliante e offensiva per lei, che mi farebbe sentire la peggior feccia del pianeta. » Fece una pausa, inclinando il capo di lato. « A maggior ragione perché ho il vago sentore che sarebbe uno sgarbo inutile. » Lo sappiamo entrambi che se pure dovessi risentire per filo e per segno il vostro scambio, non ci troverei nulla di male. Banalmente perché la problematica che stai tentando di portare avanti non esiste. « Tu sei partita con la convinzione che Misa provasse qualcosa per me e qualunque cosa avesse detto l'avresti comunque fatta quadrare in maniera tale da confermare questa idea. Hai deciso a priori che un'amicizia genuina tra me e lei non potesse e non dovesse esserci, e dunque ogni parola che dice e ogni gesto che fa lo distorci per farlo aderire a ciò che vuoi credere. » A giudicare dal modo in cui Mia aveva esposto il problema, il nocciolo era proprio quello. Fin dall'inizio, quando Raiden le aveva proposto di dare una chance a Misa, Mia aveva dimostrato di pendere verso quell'ipotesi; era partita subito prevenuta, ma il giovane Yagami aveva riposto le proprie speranze sul fatto che la propria parola fosse sufficiente a convincerla quanto meno a tentare di mettere da parte quel pregiudizio naturale. « Eriko ti ha trattata a pesci in faccia dal primo giorno e per te non è mai stato un problema. Misa invece, pur essendo decisamente più gentile, lo è. Perché? Perché non è mia parente di sangue? Nemmeno Hiroshi lo è, ma non mi sembri tanto sconvolta dal fatto che siamo così legati, quindi non comprendo perché sia così impensabile credere che Misa provi semplicemente un grande affetto nei miei confronti. Io lo provo per lei e ti sfido a mettere in dubbio la mia sincerità. » Dopo tutte le certezze che ti ho dato, con anche la possibilità di aver accesso ad ogni mia emozione, sarebbe davvero ironico metterlo in dubbio. « Senza contare che il fatto che a te non piaccia suo marito non ti dà il diritto di giudicare in maniera così superficiale la loro relazione. » È anche ironico che sia proprio tu a farlo, visto il modo in cui parlano di te nei giornali e come viene visto il nostro matrimonio di conseguenza. Uno si aspetterebbe più empatia. Le labbra di Raiden si tesero in un sorriso privo di sentimento, mentre sollevava leggermente le spalle. « Ma tanto a te tutte queste cose non importano. Misa mi conosce da anni e avrebbe avuto mille occasioni per fare qualcosa, ma non l'hai mai fatto. Anche questo, però, non ti importa. Dei fatti, di ciò che viene effettivamente detto, a te non importa assolutamente nulla, perché la tua interpretazione è più importante. Senza quella dovresti accettare il fatto che una ragazza, per giunta bella, mi voglia bene senza una valida giustificazione di parentela o sessualità. Dovresti anche accettare che, sì, questa persona mi conosce da più tempo di te e sì, ha visto parti della mia vita che tu non hai visto. » Fece una pausa, guardandola negli occhi con fermezza. « Se dovevi essere egoista, potevi scegliere di vederla come una risorsa, ma hai scelto di vederla come una minaccia. E su questo né io, né Misa né nessun altro possiamo farci nulla. » Si sentiva arrabbiato, ferito e spolpato. Ogni volta che veniamo qui, le cose vanno bene solo fin quando siamo noi due. Appena entra qualcun altro nell'equazione, in un modo o nell'altro si creano problemi. Ed è ingiusto, è così maledettamente ingiusto perché io non mi sono mai posto così nei confronti della tua di cultura o delle persone che ti girano intorno a casa tua. Invece io devo sempre giustificare tutto quanto, devo sempre fare i salti mortali per non farti sentire minacciata o a disagio. Non ti bastava attaccare le mie intenzioni, dovevi farlo anche con quelle della mia amica più cara. « Tu non le hai neanche dato una po-.. » Interruppe la frase a metà, percependo nella propria sfera emotiva un turbamento che non era più solo frutto delle sue emozioni e di quelle di Mia. Ogni senso si tese, individuando presto la fonte ormai nota di quell'improvvisa intromissione. « Ecco, Haru si è svegliato. » Non era cosa insolita che succedesse. I neonati lycan erano particolarmente legati ai genitori, in maniera quasi simbiotica, ed erano facilmente soggetti ai loro cambiamenti d'umore. Non c'era da stupirsi se un litigio tra Raiden e Mia avesse turbato il piccolino al punto di svegliarlo e farlo piangere. Così, senza aggiungere altro, Raiden girò i tacchi e tornò a grandi falcate verso casa. Nel corridoio incrociò Hanna, attirata anche lei dal pianto che da lì era ben più udibile. « Tranquilla, ci penso io. » La sorpassò velocemente, facendo i gradini a due a due per raggiungere la stanza del piccolino. Haru si dimenava tutto rosso in viso nella culla, dando piena voce ai propri piccoli polmoni. « Shh va tutto bene, non è successo nulla. È tutto a posto. » Lo sollevò dalla culla, stringendolo delicatamente tra le braccia per farlo appoggiare alla sua spalla mentre tentava di rassicurarlo con carezze sulla schiena. Normalmente Haru tendeva a calmarsi quasi immediatamente quando preso in braccio, ma in quel momento sembrava poco incline a lasciar perdere con tanta facilità. « Lo so, amore, è tutto strano e fa un po' paura. » Quei sentiment, d'altronde, dovevano essere piuttosto nuovi per il piccolo. Da quando era nato, Raiden e Mia avevano avuto solo piccoli battibecchi di natura domestica, era solo naturale che si sentisse spaventato di fronte ad emozioni così forti che non conosceva. « Ma va tutto bene, la mamma e il papà stanno bene. A volte capita di bisticciare. Scusa se ti abbiamo svegliato. » Mano a mano che lo cullava e che gli parlava con quel tono gentile, Haru cominciò lentamente a placarsi, sebbene fosse ancora chiaramente sconvolto e tendente a proteste vocali. « Ti racconto una storia? Mh sì, facciamo.. quando la mamma era incinta di te e si è arrabbiata col papà perché non aveva ricomprato il ketchup. Mi sembra un buon esempio, mh? Che ne dici? » E così cominciò a raccontare, girando in tondo per la stanza senza smettere di cullarlo.






     
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    Odiava essere fraintesa e odiava anche non essere in grado di essere chiara quando si trattava di questioni che non li vedeva sulla stessa lunghezza d'onda. Mia e Raiden non discutevano spesso; a nessuno dei due piaceva quella tensione, né l'evidente imbarazzo che si creava. Tenergli il muso era la cosa più difficile del mondo. E così, nel ritornare sulla questione dei figli, in una declinazione del tutto nuova e ribaltata, Mia alzò gli occhi al cielo scuotendo la testa. Non ci credo che vuoi davvero rigirarti il discorso in questa maniera. Sapeva quanto Raiden accusasse le questioni riguardanti quell'argomento e quanto alla luce delle ultime discussioni si sentisse in un certo qual modo tirato in ballo ogni qual volta la questione tornasse in quei termini. « Non ho mai detto che mi vedi come un'incubatrice, smettila. Non è questo il punto! » Non so nemmeno perché ne stiamo parlando. Immaginava che gli avrebbe fatto piacere sentirsi dire che non era affatto contraria all'idea di avere altri figli e che, non c'era affatto bisogno di correre ai ripari sulla questione. Speravo in questo modo la cosa ti facesse sentire meno.. non so. In dovere di fare qualcosa. Evidentemente ho sbagliato. Se ne dispiaceva molto all'idea di non riuscire mai a comunicargli le cose in maniera giusta e quanto seguì non fu altro che la conferma di ciò. Il discorso che seguì peggiorò solo la situazione portandola a passare completamente sulla difensiva. « Sai.. ci sta una singola ragione per cui non chiamo Misa qui, seduta stante, a farmi spiegare con te presente cosa vi siate dette in privato. Ed è perché sarebbe una cosa talmente umiliante e offensiva per lei, che mi farebbe sentire la peggior feccia del pianeta. A maggior ragione perché ho il vago sentore che sarebbe uno sgarbo inutile. » Mia alzò gli occhi al cielo sorridendo con una punta di caustico sarcasmo, sbuffando pesantemente. « Certo, sia mai che i sentimenti di Misa vengano feriti. Dei miei invece sticazzi, perché è evidente che lei è la povera vittima delle mie follie. » Ecco perché non ne dovevo parlare. Sapevo che sarebbe finita proprio così. Tu non mi stai neanche ascoltando. Non vuoi sentire. Non t'interessa, perché anche solo considerare l'idea significherebbe metterti in discussione. « Tu sei partita con la convinzione che Misa provasse qualcosa per me e qualunque cosa avesse detto l'avresti comunque fatta quadrare in maniera tale da confermare questa idea. Hai deciso a priori che un'amicizia genuina tra me e lei non potesse e non dovesse esserci, e dunque ogni parola che dice e ogni gesto che fa lo distorci per farlo aderire a ciò che vuoi credere. » « Dio mio Raiden, sul serio, ma ti senti? Sarebbe troppo difficile pensare pensare che quello prevenuto sei tu, vero? » Mia non riusciva a credere che Raiden volesse davvero pendere in quella direzione. Si sentiva offesa e poco considerata. Ora si che sono triste e arrabbiata. In cuor suo non riusciva a trovare una sola ragione per la quale dovesse difendere a spada tratta Misa senza nemmeno ascoltarla. Provava un intrinseco senso di colpa di fronte alla situazione, forse perché non avrebbe dovuto dargli conferma di quello che, evidentemente, Raiden già pensava. Se è vero che io cerco ogni prova utile per dare regione a ciò che penso, è altrettanto vero che tu non vedevi l'ora di dirmi alla prima occasione utile che sono gelosa marcia della sua esistenza. « Eriko ti ha trattata a pesci in faccia dal primo giorno e per te non è mai stato un problema. Misa invece, pur essendo decisamente più gentile, lo è. Perché? Perché non è mia parente di sangue? Nemmeno Hiroshi lo è, ma non mi sembri tanto sconvolta dal fatto che siamo così legati, quindi non comprendo perché sia così impensabile credere che Misa provi semplicemente un grande affetto nei miei confronti. Io lo provo per lei e ti sfido a mettere in dubbio la mia sincerità. Senza contare che il fatto che a te non piaccia suo marito non ti dà il diritto di giudicare in maniera così superficiale la loro relazione. » Istintivamente scosse la testa sgranando gli occhi. « Infatti! Chiediti perché improvvisamente tua moglie, che non ti ha mai fatto scenate immaginarie, di colpo è così infastidita da questa roba. Ma nooooo non ce lo chiediamo, perché è evidente che in realtà il mio intento è chiuderti in uno scantinato e impedirti di vedere le persone a cui tieni. È proprio così, Raiden, hai capito tutto. » Sei incredibile. Quello che stai insinuando è incredibile. Eppure Mia ci era stata attenta a non diventare una persona incline ad una serie di comportamenti che odiava o non gradiva particolarmente. A quel punto non aveva più voglia di discutere, perché era evidente Raiden non volesse accettare nient'altro se non la sua versione. « Ma tanto a te tutte queste cose non importano. Misa mi conosce da anni e avrebbe avuto mille occasioni per fare qualcosa, ma non l'hai mai fatto. Anche questo, però, non ti importa. Dei fatti, di ciò che viene effettivamente detto, a te non importa assolutamente nulla, perché la tua interpretazione è più importante. Senza quella dovresti accettare il fatto che una ragazza, per giunta bella, mi voglia bene senza una valida giustificazione di parentela o sessualità. Dovresti anche accettare che, sì, questa persona mi conosce da più tempo di te e sì, ha visto parti della mia vita che tu non hai visto. » Di fronte a quelle parole, la frustrazione ebbe la meglio portandola ad abbassare gli occhi e mordersi il labbro inferiore, terribilmente ferita. Si sentiva come se le fosse stato fatto un terribilmente torto; quella lettura era effettivamente ingiusta. Mortificata e con l'umore a terra, non riuscì a dire nient'altro, annuendo solo mentre giocherellava distrattamente con le proprie dita, nella stessa maniera in cui solitamente avrebbe fatto con quelle di Raiden. Seppur si dispiacesse di aver perso tante cose in sua compagnia, non era l'idea che qualcun altra ci fosse stato a infastidirla; il problema è che quando qualcuno inizia a puntualizzare tutte le cose che non sei e tutti i momenti in cui non c'eri, inizi a pensare che forse quella persona un po' vorrebbe che tu non ci fossi. « Se dovevi essere egoista, potevi scegliere di vederla come una risorsa, ma hai scelto di vederla come una minaccia. E su questo né io, né Misa né nessun altro possiamo farci nulla. Tu non le hai neanche dato una po-.. » « Non me ne frega un cazzo! Non voglio più asco- » Scosse la testa, Mia, non volendo neanche ascoltarlo, parlandogli volutamente sopra, alzando i toni per sovrastarlo prepotentemente, finché di colpo il silenzio non colpì entrambi colti da una sensazione di evidente fastidio che si infranse nelle indoli di entrambi. « Ecco, Haru si è svegliato. » Percepì quelle parole come accusatorie, al punto che dovette mordersi la lingua per andargli contro facendogli notare che la colpa non era soltanto sua. Decise tuttavia di spostare lo sguardo di lato, colta da un senso di vergogna e senso di colpa che la portò a sentirsi così giù di morale al punto da non riuscire nemmeno a raggiungere il figlio. Rimase lì, blocca sul posto per diverso tempo finché alcune lacrime non iniziarono a scendere sulle guance di lei in maniera incontrollata, al punto che, quando i passi leggeri di Eriko la raggiunsero quasi non se ne accorse. La mora si schiarì la voce, spostando lo sguardo di lato, quasi volesse concederle un po' di privacy. « La nonna.. ha chiesto.. se rientri.. » Una scusa che probabilmente si rendeva conto da sé non reggeva affatto. « Si si adesso arrivo. » Istintivamente si voltò di profilo, asciugandosi le lacrime con il colletto della giacca di Raiden. Aveva il suo profumo; sapeva di lui. Di fronte a quel pensiero improvviso, la lite le apparve stupida e insensata, tanto quanto tutto ciò che tentava di frapporsi nella loro serenità. Eriko, dal canto suo non aveva intenzione di andarsene; un comportamento che le apparve così strano rispetto al solito. Si appoggiò piuttosto alla staccionata iniziando a sfregarsi le mani concitatamente mentre sollevava il cielo verso l'alto. « Eriko, non c'è bisogno. » Nonostante la sintonia tra le due non fosse tanta, Mia ed Eriko erano pur sempre due lycan. Sapeva esattamente per quale ragione fosse lì; non devi però sentirti obbligata. Non sei mai stata gentile con me. « Di cosa? Sto solo ammirando le stelle. Nei villaggi magici è tutta un'altra cosa. » E poi il silenzio. Anche Mia volse lo sguardo verso l'alto. Effettivamente la mora aveva ragione. Metteva un senso di calma e di pace. Ti schiarisce le idee. Guardi il cielo è ti ricordi che sei immensamente piccolo. Come un filo d'erba in mezzo tanti altri. È confortante. Anche se noi non siamo proprio dei fili d'erba qualunque. « Hai sentito? » Chiese dopo un po' rompendo quel confortante silenzio. « Tu non senti? » Chiese di scatto volgendo lo sguardo verso nella direzione di Mia. « Solo perché facciamo finta di non sentire non significa che non sentiamo. » Già. C'erano certe cose che sembravano rientrare in una dimensione estremamente intima; una bolla in cui nemmeno il resto del branco riusciva a entrare. Forse faceva parte del rituale che li aveva legati, o semplicemente rientrava nel costante contatto che li teneva insieme indipendentemente dalle forze sovrannaturali di cui i lycan rivestivano l'unione tra due stirpi. « Ho sempre pensato che foste un po' troppo drammatici, però, devo dire che.. non ha senso. » Mia sbuffò scuotendo la testa. Anche tu dirai che sono pazza, allora? Fantastico. « Lascia perdere, Mia. La tua ostinazione è.. - concentrati su altro. Abbiamo del lavoro da fare. Qui. A Inverness. Abbiamo tanto lavoro. Il resto è.. » Era evidente Eriko cercasse le giuste parole. Anche questo era insolito. « ..non è importante. » Più facile a dirsi che a farsi. « A me invece sembra lo sia.. molto. » « Nessuno ama vedersi strappare le cose.. le persone. » Eriko la osservò con uno sguardo eloquente. Era evidente cosa intendesse, seppur Mia non poté esserne del tutto sicura. Pur trattandolo sempre in maniera un po' distaccata, Raiden è sempre stato una figura importantissima per la ragazza. Non doveva essere facile rendersi conto che, per quanto la amasse, Eriko non era più costantemente la priorità del ragazzo. « Dovresti saperlo meglio di chiunque altri. » Il piccolo sorriso trionfante sul volto della cognata la portò a realizzare. Eri.. lì? Aveva senso; in fondo Raiden doveva pur mantenere il contatto con qualcuno se voleva tornare in Giappone. « Va beh fai come ti pare. » La giovane Yagami girò sui propri tacchi pronta a rientrre, ma Mia fu più veloce, fermandola sul posto. « Eriko.. » Arricciò appena il naso affondando le mani nella tasca della giacca. Lo sguardo con cui la osservò sembrava chiederle in maniera piuttosto categorica una cosa piuttosto specifico. Non chiedere, Mia. Non chiederglielo. « Secondo te gli sto strappando qualcosa? Rispetto a prima.. com'era prima? Io non lo so.. è che qui ho l'impressione che tutti mi stanno dicendo la stessa cosa. » Che lo distolgono dalla sua famiglia. Dai suoi doveri. Dalla sua patria. Persino dalla sua vita, dai suoi amici. Eriko sospira. « Prima era solo. » Pausa. « È divertente però: la gente dice un sacco di cose ovunque. Perché qui è diverso? »

    Non si dissero altro. Eriko rientrò prima che Mia potesse farle altre domande inopportune o invadenti. La sincerità di Eriko l'aveva sorpresa. Nonostante i modi distaccati, quello era il momento in cui l'aveva maggiormente mostrato gentilezza ed empatia. Probabilmente, al contrario di ciò che diceva costantemente, non voleva che Raiden soffrisse, o forse sotto sotto Mia stava iniziando a starle, se non a cuore, almeno un po' simpatica. Doveva essere i continui battibecchi, il fatto che nonostante tutto l'ex Serpeverde non si era mai lasciata scalfire dalle parole della giapponese. Non lo sapeva, e forse non era nemmeno importante. La sua domanda però lo era. Perché qui è diverso? Lo era; immagino che il motivo sia l'importanza che questo posto ha. Le persone. Misa. Non pensava che Raiden potesse essere manipolabile, né che l'opinione di alcune di quelle persone potessero fargli cambiare idea, eppure, una parte di sé temeva che potesse accadere. Prima era solo. Semplicemente così. Nel tono di Eriko c'era una nota amara; non era certa si riferisse al fatto che il giovane Yagami fosse semplicemente da solo, e non in dolce compagnia. Piuttosto, quell'affermazione sembrava riferirsi a qualcos'altro. Forse al fatto che prima, non si concedeva nemmeno di non esserlo; con gli di Iwo Jima ci aveva dovuto combattere anche Mia. Sfondare quel muro era complesso, a tratti quasi impossibile. Non importava quanta compagnia e attenzioni avesse; prima, Raiden era comunque solo. Non c'era da stupirsi se si aggrappasse così veemente a uno dei pochi brandelli appartenenti a una vita diversa, in cui suo padre era ancora vivo, e lui era davvero un bambino felice. Riusciva Mia a strappargli quel pezzo? Una parte di sé non riusciva nemmeno a contemplarne l'idea; un'altra tuttavia, non poteva fare a meno di rimuginare tanto sulle parole di lui quanto su quelle di Misa, su tutta la situazione, sul fatto che non riuscisse ad accettare l'idea che i suoi pensieri e parole fossero ingiustificate. Così, rientrò dal retro, remando dritta verso l'ala della casa in cui la nonna aveva assegnato loro la stanza più bella. La voce di Raiden proveniva tuttavia dalla stanza adiacente, quella in cui avevano sistemato con cura Haru. Percepì immediatamente le indoli di entrambi; prima quella del bambino, ancora un po' agitato, e poi quella del padre che dal canto suo sembrava ben intenzionato a tenere a freno le proprie emozioni raccontando al piccolo una storia che Mia conosceva bene. Quel ricordo sembrò scaldarle il cuore. Ero così arrabbiata. Non so nemmeno perché ce l'avessi così tanto con il mondo. Ormoni, frustrazioni, preoccupazioni. Scostò appena la porta solo per ritrovarsi di fronte a un Haru ancora troppo sveglio sulla spalla del padre. Gli occhietti del piccolo corsero subito verso di lei, portandola a sentirsi ancora più in colpa. Non ebbe tuttavia il coraggio di entrare. Temeva che una nuova lite lo avrebbe solo sconvolto ulteriormente. Sembrava così spaventata, così tremendamente disorientato. Per un attimo Mia lo osservò con un'espressione addolorata, come se non avvicinarsi le facesse male fisicamente. Ma nonostante questo, remò dritta verso la camera da letto, chiudendosela alle spalle. Con la giacca di lui ancora addosso, si raggomitolò in un angolo, nella speranza che il mondo e quella lite, i suoi sentimenti negativi, l'agitazione di Haru e Misa scomparissero dalla sua vita. [...]
    Rimase così per diverso tempo. Quando molto dopo la porta si aprì, lasciando intravvedere la figura di Raiden, Mia si asciugò istantaneamente gli occhi osservandolo con un'espressione ingrugnata. Non aveva voglia di parlarci dopo quello che aveva sentito, eppure, al contempo aveva voglia di prenderlo a calci e pugni chiedendogli spiegazioni sul motivo per cui aveva deciso di essere così duro nei suoi confronti. « Non voglio privarti di niente. » Asserì di colpo a voce bassa, deglutendo appena, mentre giocherellava con la zip della giacca di lui. « Fai quello che vuoi, però non aspettarti che a me stia bene che la tua migliore amica mi sbatta in faccia quanto deve renderti felice il fatto che io stia dando un'opportunità al Giappone, permettendoti.. - io ti ho permesso, pensa! » Sbuffò appena alzando gli occhi al cielo. « ..di stare con la tua famiglia. Come se ti avessi sequestrato e costretto a stare altrove. Non ci credo neanche che mi hai proposto di fare amicizia con una persona che evidentemente mi vede come un impedimento. » Pausa. Ti prego dimmi che ho frainteso. Dimmi che non ho sentito bene. Devo aver sicuramente capito male. La barriera linguistica. E tante altre cose, ovviamente. « E ancora.. non ho mai messo in dubbio i tuoi sentimenti.. magari anche i suoi sono in buona fede. Però questo non scusa il fatto tu abbia deciso comunque di mettere i suoi sentimenti prima dei miei. Perché Misa è timida e ha bisogno di amici. Ed è sola e ha perso tanto e questo e quello.. » Abbassa lo sguardo sul viso scoccando la lingua contro il palato. « Sei così accecato dal tuo affetto che non riesci proprio a capire perché le sue parole hanno un peso e perché potrebbero effettivamente colpirmi. » Deglutì. « Se vuoi trovarle una scusa, puoi dire che vuole comportarsi da sorella protettiva, ma non dirmi che tutto quello che dice e fa è un mio problema di interpretazione, perché a questo non ci sto. » Corrugò la fronte osservandolo con insistenza. « Io non ho mai voluto privarti di niente.. specialmente di una persona a cui tieni.. » La voce le si spezza mentre gli dice quelle cose. « Ed è così ingiusto da parte tua insinuarlo - dire praticamente quello che dicono tutti - » Parlava in maniera sconnessa, terribilmente mortificata da tutte le implicazioni di quel discorso. « La cosa peggiore è che tu hai ben pensato di tessere le lodi di Misa con me, perché io sono prevenuta, ma scommetto che non hai proprio sentito il bisogno di fare la stessa cosa con lei perché lei avrebbe sicuramente visto il buono che c'è in me. Grazie tante! » Pausa. « Vuoi che ti dica che sono gelosa? Si - ok, toh, te l'ho detto: sono gelosa. Perché tu sei sempre dalla mia parte, tranne in questo. In questo usi due pesi e due misure. » Pausa. « Come tutte le cose che ti rendono prevenuto. Tipo che ti ho detto che voglio altri bambini e mi hai risposto che non mi vedi come un'incubatrice. » A quel punto abbassò lo sguardo mordendosi il labbro inferiore. « Mi chiedo come cazzo è possibile interpretare in maniera negativa un sono sicura di noi e non ho paura se dovesse arrivarci un altro figlio. » Istintivamente si coprì il volto cercando di trovare il giusto modo per chiarire almeno quella questione prima che fosse diventata l'ennesimo problema. « Ero arrabbiata perché hai pensato il problema fosse quello, ma questo non rende meno vero o sincero il fatto che io - Mia Yagami - voglio altri figli con te o che non mi fa paura l'idea di averne uno con te oggi, o domani, o tra dieci anni. Almeno su questo sono stata abbastanza chiara oppure mi dirai che non vuoi essere visto con una fabbrica di seme? »




     
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    dauntless

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    Era sul finire del proprio racconto quando un cigolio della porta lo distrasse momentaneamente, facendo deviare il suo sguardo in quella direzione. Aspettandosi di vedere Mia, rimase leggermente stupito quando al suo posto trovò Misa con una tazza fumante in mano e l'aria spaesata di chi era sul punto di tornare indietro. « Oh scusa, non volevo disturbare. » « No tranquilla, si è appisolato. Lo stavo giusto per mettere nella culla. Dimmi pure. » La mora rimase sulla soglia, titubante, guardandosi intorno con aria leggermente confusa. « Mh.. in realtà stavo cercando Mia. Dato che non tornava ho pensato si sentisse poco bene, quindi le stavo portando una tisana calda. » Le labbra del giapponese si stesero in una linea che voleva essere un sorriso, ma forse ne aveva poco lo spirito, a giudicare dalla nota amara che vi aleggiava. Tipico tuo. Vederla lì impalata, con quella tazza calda e l'aria di chi non aveva la più pallida idea di cosa stesse realmente accadendo lo faceva star male. Per Raiden era impossibile associare quella persona che si trovava davanti con quella che Mia voleva dipingere. Ai suoi occhi, Misa era sempre stata una ragazza di buon cuore, sempre attenta ai sentimenti altrui e al loro benessere; non riusciva a credere che quella persona fosse in grado di ferire volontariamente qualcun altro. Sospirò, facendo attenzione al modo in cui si muoveva per sistemare Haru nella culla senza svegliarlo proprio ora che era riuscito a placarlo. « Lascia stare, Misa, non è il caso. » disse semplicemente, scuotendo il capo tra sé e sé. Per quanto una parte di lui volesse mandarla da Mia, così da mostrarle che tipo di persona era realmente Misa, la parte più razionale sapeva che non avrebbe portato a nulla di buono. L'americana non era decisamente nel giusto stato d'animo, e la presenza della ragazza l'avrebbe solamente infastidita di più. In seguito alle parole di Raiden calò un silenzio più lungo del dovuto - uno che il giapponese sapeva ben decifrare. « È.. successo qualcosa? » Il tono di Misa era titubante, incerto della propria posizione. Probabilmente non sapeva se fosse legittimo chiedere o se al contrario stesse oltrepassando una qualche soglia di intimità di cui non era al corrente. Dal canto suo, Raiden non era di certo in una posizione migliore. Non sapeva cosa risponderle. Voleva dirle la verità e confidarsi con lei come aveva sempre fatto, ma al tempo stesso aveva paura di ferirla e di mettere in imbarazzo Mia. Rimboccate le coperte ad Haru, tirò un altro sospiro, passandosi le mani sul volto in un moto di stanchezza mentre indietreggiava di qualche passo per appoggiarsi con le spalle al muro. « Sì e no. Cioè.. c'è stata una sorta di incomprensione. Qui è tutto molto diverso e credo che Mia stia un po' accusando il sentirsi come un pesce fuor d'acqua. » Era chiaro che, proprio in virtù della sua vaghezza, quella risposta non la convincesse troppo. « Oh capisco.. mi dispiace. » Fece una pausa, durante la quale tamburellava piano le dita sulla ceramica. « Mi sembrava si stesse divertendo. Forse.. non so, potrei farle un po' compagnia.. farla sfogare. » No fidati è l'ultima cosa che vuoi fare. « Misa, davvero, è meglio di no. Non è proprio il caso. » A quel punto era chiaro che ci fosse qualcosa di più, e per quanto la giovane fosse riservata e attenta a non oltrepassare il limite, le riuscì impossibile trattenersi. « Raiden.. perché ho l'impressione che tu non me la stia dicendo tutta? » Inclinò il capo di lato, cercando lo sguardo dell'amico, che dal suo canto lo teneva basso sui propri piedi. Perché hai ragione, ecco perché. « Cioè, se è una cosa privata lo capisco, davvero. Non devi parlarmene per forza. Però ecco.. lo sai che ti ho sempre ascoltato. » Il moro annuì piano, più a se stesso che a lei, mordicchiandosi l'interno del labbro inferiore mentre cercava le parole giuste. Sapeva di doverle almeno in parte la verità: non sarebbe stato giusto mandarla via di lì ignara, esponendola magari ad una nuova incomprensione che Mia che avrebbe potenzialmente potuto scatenare un litigio ancora più grosso. Al tempo stesso, però, non era semplice dirle in qualche modo tra le righe che sua moglie non la gradiva. « Il fatto è che Mia si sente un po'.. mh.. sulla difensiva intorno a te. Non so cosa vi siate dette quando eravate sole e non ho capito troppo bene cosa le abbia dato fastidio. Ma diciamo che il succo della situazione è che è un po' sospettosa. » Il silenzio che calò in seguito a quelle parole non lo stupì. Sapeva che a prescindere da quanto avesse indorato la pillola, Misa ci sarebbe comunque rimasta male. Come poteva non rimanerci male? Raiden era pur sempre il suo migliore amico da una vita, e Mia era sua moglie: non esserle gradita creava una problematica piuttosto evidente e di certo avrebbe condizionato molto il suo modo di fare. Il primo suono ad interrompere quel silenzio tombale fu un lungo sospiro e poi il rumore di un sorso. La tisana calda, alla fine, se la stava bevendo Misa. « La capisco. » la voce della giapponese era appena un filo, ma decisa. « Onestamente, quando prima mi hai detto che Mia voleva fare amicizia con me, l'ho trovato strano. Cioè, ti ho dato il beneficio del dubbio, però non sono così ingenua, Raiden. Lo so anch'io che nessuna donna direbbe mai una cosa del genere. » Fece una pausa, stirando un sorriso mesto che voleva forse tentare di sdrammatizzare. « O magari la direbbe pure, però con la voce di tre ottave più acuta e il tic all'occhio. » Nonostante le circostanze poco felici, quelle parole riuscirono comunque a strappargli una risata sbuffata dalle narici, portandolo a lanciarle un'occhiata eloquente. « Fidati, Mia non è quel tipo. » Misa annuì, prendendo un altro sorso della tisana fumante. « Sì, ha dato anche a me questa impressione. Per questo mi è sembrato strano. E in tutta onestà non la biasimo. Probabilmente anche io mi sentirei alla stessa maniera se fossi al suo posto. » « Lo so. Davvero, Misa, lo so. Le ho detto la stessa cosa. Per questo volevo farvi conoscere meglio: perché così avrebbe capito da sola che non ha nulla da sospettare. » La mora stirò le labbra in una linea retta, sollevando lo sguardo negli occhi dell'amico in un misto di tristezza e pietà. « Raiden.. » Sapeva cosa quel tono preannunciasse, e non erano mai buone notizie. « ..devi accettare il fatto che non le piacerò mai. » Sospirò, Misa, un lungo sospirò che la portò a sollevare lo sguardo al soffitto e deglutire l'amarezza della propria stessa sentenza. « Noi. Noi ragazze.. ci piace sentirci speciali - uniche - per la persona che amiamo. Vogliamo essere quelle che la conoscono meglio di chiunque altro.. e non è una posizione che può essere condivisa con altre donne, capisci? Quando succede qualcosa di simile, beh, ci sentiamo minacciate. » Sì ma io cosa ci posso fare? Non posso cancellare il passato. Non posso cancellare tutto ciò che ho vissuto e i rapporti che ho avuto. Siamo cresciuti insieme: non lo abbiamo scelto, è semplicemente andata così e non c'è nulla che io possa fare per cambiarlo. « Ho capito, però le cose stanno semplicemente così. Non voglio nemmeno sentirmi come se dovessi nasconderle il nostro rapporto. Guarda tuo marito! Lui questa situazione la vive benissimo, quindi evidentemente è possibile. » A quelle parole, Misa inclinò il capo di lato, assottigliando leggermente lo sguardo con aria un po' divertita. « Credi di piacergli? » Cascato letteralmente dal pero, l'espressione di Raiden mutò. « Ah no? » Una breve risata abbandonò le labbra di Misa, che scosse il capo tra sé e sé e si avvicinò per dargli un paio di colpetti sulla guancia con fare bonario. « Raiden, mio marito è semplicemente arrivato ad un'età abbastanza avanzata da sapere che gli amici vanno tenuti stretti e i nemici ancora di più. Se la fa andare bene solo perché tu qui non ci sei mai, ma non credere che la situazione di Mia mi sia poi così nuova. La sua famiglia, i suoi amici, tutti quanti.. non glielo fanno mai dimenticare. Non è semplice. Quando ti chiedono di tua moglie ti chiedono sempre di un altro uomo. Un uomo con più successo di te, più ricco di te, più giovane di te, più bello di te. Come la prenderesti tu? » Non bene, direi. Sospirò, annuendo piano. « E tu che hai fatto? » In tutta risposta, Misa si strinse nelle spalle, prendendo un altro sorso. « Nulla. Ho tenuto il punto. Il mio affetto non è negoziabile. »

    Durò poco oltre la conversazione con l'amica. Complice anche ciò che gli aveva appena detto riguardo al marito, Raiden non volle trattenerla troppo a lungo. Sia mai che questo viene su con tutto quel sakè in corpo e mi sfida a duello per aver parlato con sua moglie in una stanza semi-chiusa, Haru come unico testimone omertoso alla losca faccenda. Così, accertatosi che il bimbo avesse preso sonno e la situazione fosse sotto controllo, il giovane Yagami decise di cercare Mia e tentare di risolvere la questione in maniera più lucida. Parlare con Misa gli aveva giovato: confessarle l'accaduto sembrava avergli tolto almeno una parte di peso dalle spalle, dandogli modo di affrontare la situazione in modo diversa e con almeno un pensiero in meno di cui preoccuparsi. Quando aprì la porta della stanza, trovandola distesa sul letto col cappotto ancora avvolto intorno alle spalle, inizialmente non disse nulla. Si limitò semplicemente a chiudere la porta alle proprie spalle, avvicinandosi poi al letto per sedersi su un angolo. Rimase in silenzio, a guardarla in volto senza sapere veramente cosa dire. L'unica cosa che fece fu avvicinare una mano alla sua guancia per raccogliere alcune lacrime. Aveva gli occhi gonfi, e la visuale non poteva far altro che rattristarlo. Io non so davvero cosa fare, Mia. Lo so che non posso convincerti, ma vorrei veramente che tu capissi. « Non voglio privarti di niente. Fai quello che vuoi, però non aspettarti che a me stia bene che la tua migliore amica mi sbatta in faccia quanto deve renderti felice il fatto che io stia dando un'opportunità al Giappone, permettendoti.. - io ti ho permesso, pensa! ..di stare con la tua famiglia. Come se ti avessi sequestrato e costretto a stare altrove. Non ci credo neanche che mi hai proposto di fare amicizia con una persona che evidentemente mi vede come un impedimento. » Sospirò, abbassando lo sguardo mesto. Era chiaro che quel tempo trascorso dall'interruzione di Haru in poi non avesse in alcun modo placato il suo umore. « Mia.. » cercò di prendere parola, tentando il più possibile di mantenere un tono basso e pacato, ma l'americana non gli diede modo di continuare. « E ancora.. non ho mai messo in dubbio i tuoi sentimenti.. magari anche i suoi sono in buona fede. Però questo non scusa il fatto tu abbia deciso comunque di mettere i suoi sentimenti prima dei miei. Perché Misa è timida e ha bisogno di amici. Ed è sola e ha perso tanto e questo e quello.. » Non poteva non sentirsi ferito da quelle parole. Sebbene fosse Misa il vero e proprio bersaglio, Raiden non riusciva comunque a svincolarsene. Era sempre stato così: Misa aveva nel suo cuore lo stesso spazio che occupava Eriko, e qualunque attacco nei loro confronti, Raiden lo sentiva come anche proprio. L'aveva difesa perché questo era ciò che aveva sempre fatto, in ogni situazione, mosso dall'affetto e dalla certezza che aveva nei confronti di quella persona. A ben vedere, Raiden non era legato a molte persone in maniera così profonda, ma quando succedeva dava sempre il massimo. E ha ragione Misa: l'affetto non è qualcosa che puoi negoziare. « Sei così accecato dal tuo affetto che non riesci proprio a capire perché le sue parole hanno un peso e perché potrebbero effettivamente colpirmi. Se vuoi trovarle una scusa, puoi dire che vuole comportarsi da sorella protettiva, ma non dirmi che tutto quello che dice e fa è un mio problema di interpretazione, perché a questo non ci sto. Io non ho mai voluto privarti di niente.. specialmente di una persona a cui tieni.. Ed è così ingiusto da parte tua insinuarlo - dire praticamente quello che dicono tutti - La cosa peggiore è che tu hai ben pensato di tessere le lodi di Misa con me, perché io sono prevenuta, ma scommetto che non hai proprio sentito il bisogno di fare la stessa cosa con lei perché lei avrebbe sicuramente visto il buono che c'è in me. Grazie tante! » Aggrottò la fronte, visibilmente rabbuiato da quell'accusa così palese e dal fatto che Mia desse tanto per scontato che lui non avesse tessuto le sue lodi alla migliore amica. Se leggessi le lettere che ci mandiamo, vedresti che tre quarti parlano di te e di quanto sia felice della nostra vita. Ma va bene così, rimani pure nelle tue convinzioni se preferisci. Che siano fondate o meno poco importa, no? « Vuoi che ti dica che sono gelosa? Si - ok, toh, te l'ho detto: sono gelosa. Perché tu sei sempre dalla mia parte, tranne in questo. In questo usi due pesi e due misure. Come tutte le cose che ti rendono prevenuto. Tipo che ti ho detto che voglio altri bambini e mi hai risposto che non mi vedi come un'incubatrice. Mi chiedo come cazzo è possibile interpretare in maniera negativa un sono sicura di noi e non ho paura se dovesse arrivarci un altro figlio. » Si irrigidì istintivamente a quelle parole, in una reazione quasi meccanica che il suo corpo si era stranamente abituato a ricevere ogni qualvolta quel discorso venisse aperto. « Ero arrabbiata perché hai pensato il problema fosse quello, ma questo non rende meno vero o sincero il fatto che io - Mia Yagami - voglio altri figli con te o che non mi fa paura l'idea di averne uno con te oggi, o domani, o tra dieci anni. Almeno su questo sono stata abbastanza chiara oppure mi dirai che non vuoi essere visto con una fabbrica di seme? » Rimase in silenzio, forse più a lungo del dovuto, cercando di richiamare a sé tutta la calma che aveva in corpo per cedere il meno possibile alla forte frustrazione che sentiva. Chiuse gli occhi, poggiando pollice ed indice sul ponte del naso e tirando un lungo respiro prima di cominciare a scandire le parole con sin troppa calma. « Mia. » Pausa. « Prima di procedere oltre vorrei che questo punto fosse molto, molto, molto chiaro. » Altra pausa. « L'unico motivo per cui ti ho parlato di questa faccenda è perché non volevo che ti sentissi a disagio. Punto. Non devi rassicurarmi di nulla. Non dobbiamo parlare di nulla. Anzi, non voglio parlare di nulla perché in tutta onestà non mi interessa parlare di figli. Ne abbiamo uno in carne ed ossa a cui riusciamo a malapena a dedicare tempo sufficiente. Averne altri non è proprio nei miei pensieri al momento. Non è una mia preoccupazione. Non è qualcosa di cui voglio accertarmi. Ok? » Proferì quelle parole con estrema lentezza, scandendole come a voler far sì che ciascuna di esse si sedimentasse bene. Perché forse questa cosa è poco chiara ma a me non serviva alcuna rassicurazione. Non la stavo cercando e non mi interessa averla. « E con questo voglio chiudere il discorso figli dicendo che se ce ne sarà un altro, ne parleremo a tempo debito, programmandolo come due adulti responsabili. Non adesso. » Adesso non ha alcun senso. Con un cenno della mano, allontanò dunque la questione come a volerle lasciar intendere che per lui fosse archiviata e che non avesse alcuna intenzione di discuterne ulteriormente. « Il problema principale è Misa. » Per te, almeno, è questo. Sospirò, alzando lo sguardo al soffitto mentre tamburellava piano le dita sul materasso. « La stessa Misa che ho incrociato mentre ti stava per portare la tisanina calda perché era preoccupata che non ti sentissi bene. » Lasciò che il silenzio seguente parlasse da sé prima di riprendere parola, volgendo lo sguardo nella sua direzione. « Io non ero lì con voi. Non posso sapere in quale contesto e con quali parole specifiche ti abbia detto ciò che tu sostieni. Però la conosco da ventiquattro anni quindi ho la presunzione di dire che almeno un minimo la conosco. Per questo te ne parlo con sicurezza e prendo le sue parti - come dici tu. Potrei capire la tua rabbia se ti avessi smerdata davanti a tutti quanti. Però non puoi pretendere che ti dia sempre ragione anche quando non sono d'accordo con ciò che dici. Per me stare dalla tua parte non significa questo. » Si strinse nelle spalle, inarcando le sopracciglia. « Onestamente stento a credere che volesse dipingerti come un impedimento alla mia vita in Giappone. Le ho parlato della nostra situazione, sa benissimo i motivi per cui vivo in Inghilterra e sa anche che si tratta di una mia scelta. È chiaro che lei e la mia famiglia mi preferirebbero qui. Se proprio vogliamo vederci della malizia posso concederti questo: che magari volesse tastare il terreno per vedere se avessi intenzione di trasferirti o se più in generale ci fosse questa possibilità in ballo. Ma davvero, Mia, non capisco cosa ci sia di così brutto. » Con Misa non c'erano mai stati segreti: Raiden le aveva raccontato di come si sentisse riguardo la propria situazione e di rimando l'amica non gli aveva nascosto il suo desiderio di vederlo tornare un giorno in pianta stabile. Però non ci ho mai visto nulla di strano. Anche a me piacerebbe averla intorno più spesso, ma questo non significa che io covi astio o chissà che. « Non lo so, io ho trovato carino che ti raccontasse tutti quegli aneddoti. L'ho sentita come una cosa dolce proprio perché tu in quei momenti non c'eri. È una delle poche persone che può darti una finestrella sul mio passato, e il fatto che te l'abbia data mi è sembrato tenero. Conoscendola, immaginava ti facesse piacere sapere un po' più cose su di me. » Ma evidentemente tu non l'hai visto così e tutto questo piacere, a conti fatti, non te l'ha dato. Sospirò, prendendosi qualche momento per riordinare i pensieri a fronte aggrottata. « E a me fa piacere riviverle. » A questo ci hai pensato? Ci hai pensato al fatto che Misa è pur sempre la mia di migliore amica? Hai pensato che magari voglia solo sfruttare il poco tempo che ha a disposizione per stare con me prima che riparta? « Le mie radici sono qui. Il mio passato, i miei affetti, la mia storia.. sta tutto qui. In Inghilterra sono piombato nelle vite altrui a conti già fatti. Non ho nulla alle mie spalle da guardare con affetto. Questo puoi capirlo. Puoi capire la nostalgia di casa e di tutte quelle cose e quelle persone che ti danno conforto. Allora puoi capire anche che per una volta all'anno mi possa far piacere ritrovarle e sentirmi un po' meno scollegato. » Deglutì, scrollando il capo come a voler cacciar via quella tenaglia di nostalgia che gli prendeva lo stomaco ogni qualvolta aprisse il discorso. Non aveva mai nascosto a Mia quei suoi sentimenti, gli stessi di cui avevano parlato anche la sera prima. Non ne sentiva il bisogno. Volse quindi lo sguardo a lei, fermo. « Lo so che per te Misa non sarà mai una persona importante. Probabilmente non ti piacerà mai. Però è la mia migliore amica ed è importante per me. Mi vuole bene. Potrà sembrare strano, ma far star bene me le interessa più di ferire te. » Le parole del giovane erano cariche di una certezza ferma che non potrebbe essere descritta a parole. Misa era sempre stata un punto fermo nella sua vita, ma lo era diventata a maggior ragione dopo la morte di suo padre e ancor di più in seguito all'uscita di Iwo Jima. In quei momenti, specialmente dopo il secondo, Raiden si era sentito spesso solo - insignificante per le vite altrui. Misa era stata l'unica persona al di fuori della propria famiglia che lo aveva sempre fatto sentire importante anche al di là di quale spilla avesse appuntata sulla divisa. Molte persone possono essere interessate a te, ma alla fine dei conti sono poche quelle per le quali sei realmente importante. Misa è una di queste. Non mi ha mai abbandonato, nemmeno quando sarebbe stato più semplice farlo. Ha continuato a starmi vicina anche quando non volevo parlare, anche quando i suoi tentativi venivano respinti - lei continuava comunque a provarci con pazienza perché ci teneva veramente. E io non posso semplicemente dimenticarlo. « Hai detto che non vuoi privarmi di nulla, ma poi hai continuato col parlarmi malissimo di una persona che evidentemente mi sta a cuore, accusandola di cose che ai miei occhi sono abbastanza gravi. Quindi ti chiedo, in tutta onestà, quale sia il fine ultimo di questo sfogo. O meglio: c'è un fine ultimo? Perché dire "fai quello che vuoi ma non aspettarti che a me stia poi così bene" non mi suona come una cosa molto onesta. » E neanche come una cosa corretta, a dirla tutta. Che dovrei fare? Come dovrei sentirmi? Che cosa dovrei aspettarmi da una premessa del genere se non l'implicito avvertimento che forse è meglio che io non faccia davvero ciò che voglio?!






     
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    « Il problema principale è Misa. La stessa Misa che ho incrociato mentre ti stava per portare la tisanina calda perché era preoccupata che non ti sentissi bene. » Di fronte a quelle parole, Mia lo osservò con un'espressione sospettosa. Se stai cercando di farmi sentire in colpa, non ti sta riuscendo più di tanto bene. È pure da infami dirmi questa cosa solo per rinfacciarmi il fatto che non esercito nei confronti di Misa la stessa gentilezza che esercita lei. Mia, dal canto suo, era convinta che qualunque forma di gentilezza la giapponese ostentasse, non cambiava assolutamente il fatto che si era sentita attaccata dalle parole di lei. Lei non sa niente - assolutamente niente di me, di noi, di quello che siamo diventati, non solo come coppia ma anche come parte di una società più grande. Pensa che io ti stia frenando dal fare chissà cosa, e ti sottraggo da chissà quale dovere, quando non ha la più pallida idea di quali siano i nostri doveri. « Io non ero lì con voi. Non posso sapere in quale contesto e con quali parole specifiche ti abbia detto ciò che tu sostieni. » « Ciò che io sostengo. » Ripeté le parole di lui con ironica amarezza sorridendo appena, seppur il suo stato d'animo era tutto fuorché incline all'allegria. « Però la conosco da ventiquattro anni quindi ho la presunzione di dire che almeno un minimo la conosco. Per questo te ne parlo con sicurezza e prendo le sue parti - come dici tu. Potrei capire la tua rabbia se ti avessi smerdata davanti a tutti quanti. Però non puoi pretendere che ti dia sempre ragione anche quando non sono d'accordo con ciò che dici. Per me stare dalla tua parte non significa questo. » Annuì tra se e se mordendosi l'interno delle guance, tentando di tenere a freno le proprie parole, prima di iniziare a urlargli contro come una bestiolina ferita. Che cosa c'era da dire d'altronde? Raiden aveva reso la sua posizione abbastanza chiara. La prossima volta che mi chiederai se una cosa mi dà fastidio mi terrò la cosa per me. « Onestamente stento a credere che volesse dipingerti come un impedimento alla mia vita in Giappone. Le ho parlato della nostra situazione, sa benissimo i motivi per cui vivo in Inghilterra e sa anche che si tratta di una mia scelta. È chiaro che lei e la mia famiglia mi preferirebbero qui. Se proprio vogliamo vederci della malizia posso concederti questo: che magari volesse tastare il terreno per vedere se avessi intenzione di trasferirti o se più in generale ci fosse questa possibilità in ballo. Ma davvero, Mia, non capisco cosa ci sia di così brutto. Non lo so, io ho trovato carino che ti raccontasse tutti quegli aneddoti. L'ho sentita come una cosa dolce proprio perché tu in quei momenti non c'eri. È una delle poche persone che può darti una finestrella sul mio passato, e il fatto che te l'abbia data mi è sembrato tenero. Conoscendola, immaginava ti facesse piacere sapere un po' più cose su di me. » Si immagino proprio che la bellissima, altruista Misa pensava proprio a me quando ne parlava. A quel punto non aveva più voglia di protestare, né sembrava esserci nulla da fare in merito. « E a me fa piacere riviverle. Le mie radici sono qui. Il mio passato, i miei affetti, la mia storia.. sta tutto qui. In Inghilterra sono piombato nelle vite altrui a conti già fatti. Non ho nulla alle mie spalle da guardare con affetto. Questo puoi capirlo. Puoi capire la nostalgia di casa e di tutte quelle cose e quelle persone che ti danno conforto. Allora puoi capire anche che per una volta all'anno mi possa far piacere ritrovarle e sentirmi un po' meno scollegato. Lo so che per te Misa non sarà mai una persona importante. Probabilmente non ti piacerà mai. Però è la mia migliore amica ed è importante per me. Mi vuole bene. Potrà sembrare strano, ma far star bene me le interessa più di ferire te. » « Ci puoi scommettere. » Un'affermazione caustica che esala istintivamente prima ancora di potersi frenare. Una parte di sé non trova giusto, né costruttivo accanirsi con la situazione. Di base, indipendentemente da quello che immagina o pensa, Misa è un'entità che coesiste a migliaia di chilometri da casa loro. Però lui la ascolta. Guardalo. È pronto a battersi col pugno sul petto e mettere la mano sul fuoco per lei. Non importa cosa io dica, o quanto possa sentirmi mortificata dal suo comportamento. Lui la difenderà comunque. Se ti dicessi che Eriko è una stronza probabilmente mi daresti ragione, ma se dico che lo è Misa allora no, non può essere. Se prima mi sentivo in colpa per quanto mi stesse sul cazzo, perché non ci vedevo nulla di male, tu di certo sei riuscito a farmi cambiare idea. « Hai detto che non vuoi privarmi di nulla, ma poi hai continuato col parlarmi malissimo di una persona che evidentemente mi sta a cuore, accusandola di cose che ai miei occhi sono abbastanza gravi. Quindi ti chiedo, in tutta onestà, quale sia il fine ultimo di questo sfogo. O meglio: c'è un fine ultimo? Perché dire "fai quello che vuoi ma non aspettarti che a me stia poi così bene" non mi suona come una cosa molto onesta. » A quel punto assottigli lo sguardo e sollevò nuovamente lo sguardo nel suo. Con non poca frustrazione corrugò la fronte alzando lo sguardo nel suo osservandolo come se volesse seriamente urlargli contro finché l'udito di entrambi avrebbero ceduto. « Onestà? Mi parli di onestà proprio tu! » Scosse la testa osservandolo con un'espressione mortificata. « Un paio di giorni fa mi hai chiesto se fossi gelosa, ma la verità è che non importa cosa ti avrei risposto. Al primo cenno di cedimento tu mi avresti comunque giudicata. » Fece una leggera pausa, tempo in cui deglutì raddrizzando le spalle. « Se anche fossi uscita con lei e fossi tornata a casa dicendo che comunque non mi ci trovo o non mi va giù, tu le avresti comunque trovato una scusa dandomi della prevenuta. No dai Mia non ci credooooo, è un problema tuo - questo avresti detto! È questo il problema principale. » Mi sembra di stare a un processo e di dovermi difendere da una persona contro la quale non ho alcuna chance. La sua moralità e le sue intenzioni saranno sempre migliori delle mie. Cazzo, è così frustrante. Non era facile fare i conti con quei sentimenti, né con quel fastidio, semplicemente perché non si erano mai presentati in quella forma. Sì, c'era stata Gabriela, ma la situazione era decisamente differente e la loro relazione era a un punto ben diverso. « Tu non hai mai voluto sentire cosa io ho da dire in merito, esattamente come questa sera. Metti in dubbio le mie parole come se ti dicessi stronzate con il preciso intento di separarti dalla tua preziosa amica del cuore. È questo ciò che pensi di me.. la malizia è tutta dalla mia parte. Immagino sia questo il fine ultimo vero? Non potrei aver semplicemente voglia di sfogarmi - giustamente con te non posso farlo.. ho capito. » A quel punto si morde il labbro inferiore sorridendo appena. È la prima volta che sento di non poter parlare con te di qualcosa. È triste. A me rende molto triste. Tu sei il mio complice. Io con te parlo di tutto. « Non ti passa nemmeno per l'anticamera del cervello che proprio in virtù di tutte queste cose di cui tu mi hai parlato, lei potrebbe avere più di una ragione per marcare il suo cazzo di territorio. No - perché questo fa parte della mia mentalità. Pure Eriko ha pisciato attorno al vaso - ma se lo fa Misa e non mi va giù è un problema, perché oi perché Eriko sì e Misa no. Eriko è pure più stronza. » È così ingiusto puntare il dito e farmi sentire come se non stessi rispettando mai i tuoi sentimenti e i tuoi desideri. Non faccio altro che cercare di capirti, conoscerti, comprendere cosa ti sta a cuore. Appena però batto ciglio e una cosa semplicemente mi fa strano, ovviamente non capisco. Misa non è tua sorella. Puoi dirmi quello che vuoi, ma Misa non è tua sorella. Non è la stessa cosa. Ed in ogni caso, Eriko e Misa si comportano in maniera molto differente. Ci hai proprio tenuto tantissimo a impugnare la spada in sua difesa. « Ma non posso farci proprio nulla - non farò nulla. Da parte tua però mi aspettavo giusto un po' di comprensione. » Abbassò lo sguardo scuotendo la testa. Si sentiva scoraggiata e stanca, ma soprattutto si sentiva in colpa. Forse sarebbe stato meglio non dire niente. Se non ne avessi parlato adesso non si sarebbe posto il problema e non staremo litigando. Quell'empasse la metteva in grave difficoltà, specialmente perché non aveva mai sentito di non poterne parlare con Raiden di qualcosa. Misa, però, a quanto pare, è off topic. Che senso ha poi parlarne se tanto secondo te mi sto inventando tutto? A quel punto, infatti era certa non avrebbero trovato un punto di incontro e continuarne a parlarne significava solo continuare la discesa lungo una strada lungo la quale Mia insisteva nel mantenere il punto, e Raiden a sua volta. Erano testardi, e temerari, e per quanto queste fossero il più delle volte delle ottime qualità, in certi casi li metteva in aperto scontro. « Non importa. » Disse solo con fare scoraggiata a quel punto osservandolo amareggiata per un'ultima volta prima di superarlo e prendere immettersi nel bagno chiudendosi la porta alle spalle. Frustrata oltremisura, si buttò sotto il getto bollente dell'acqua, rimanendoci più del dovuto, lasciando che l'acqua le schiarisse i pensieri. Molto dopo, tornata in stanza si accorse di essere da sola; così saltò sotto le coperte, raggomitolandosi nella sua parte di letto ancora più triste di prima. [...] Fu un sonno agitato e scalpitante, quello di Mia. Non ricordava molto di quello che aveva scombussolato così tanto il suo risposo durante la notte, ma si svegliò comunque con la palese sensazione di aver portato avanti una lunga battaglia. Ciò che tuttavia era più strano era la fonte di calore che la scaldava. Nonostante si fosse addormentata sul limitare del letto ora era raggomitolata contro il petto di Raiden, le dita strette contro l'avambraccio di lui. Una vicinanza non adeguata in seguito alla lite del giorno prima. Così, non appena alzò lo sguardo per accettarsi che stesse ancora dormendo, scattò di colpo all'indietro, deglutendo, corrugando la fronte, cercando di fare la vaga di fronte a reazioni che, nel sonno, evidentemente non era stata in grado di controllare. Scesa dal letto, lo osservò per un istante con fare torvo, senza dire assolutamente nulla. Non ci parlo con te. E così fece infatti. Raccolse velocemente dalla valigia un paio di indumenti comodi e dopo essersi chiusa nel bagno per cambiarsi, lasciò la stanza senza dire assolutamente nulla. Era ancora abbastanza presto, ma non sufficientemente da non percepire la fame e l'impazienza di Haru che si stava già intrattenendo con la nonna nella stanza accanto. « 'Giorno! » Disse solo salutando la suocera, ancora un po' assonnata, mentre prendeva in braccio il piccolo, impaziente di lasciare la sua stanzetta. « Buongiorno pasticcione. Stai meglio oggi? Abbiamo fame? Uhm? Se fai il bravo oggi andiamo a vedere i conigli di nonno Yagami. Che dici? Li vuoi vedere i conigli? » E continuò così mentre Hanna si apprestava a chiamare tutti a tavola per la colazione. Non disse molto; piuttosto cercò un angolino più tranquillo in cui sistemarsi col piccolo, vicino al caminetto, apprestandosi a dargli modo di mangiare, mentre tutti attorno a loro sceglievano tra le tante cose preparate da nonna Yagami la propria colazione.
    « Mia, tesoro, cosa mangi a nonna? » « Finiamo qui e arrivo. » Asserisce con gentilezza, sorridendo all'anziana signora. « Tanto mangio solo un po' di riso in bianco. » « Non esiste. Raiden amore di nonna, falla mangiare a questa poveretta. È così magra. Mia ma tu a casa mangi? » L'anziana signora era decisamente un cliché delle nonne in questo senso. « Dai nonna siediti. Ci pensiamo noi. Hiro sta portando il pesce. » E infatti, giunto il pesce alla piastra, tutti potevano servirsi di ogni ben di dio possibile. Mia dal canto suo osservò Haru con un'espressione intenerita. Il bambino, perso nella sua colazione, la osservava con due occhioni grandi e curiosi. « Ho pensato tutta la notte al discorso dell'Imperatore. Misa poverina era così preoccupata, povera anima, non le regge certe cose. Un anno pieno di sfide e decisioni difficili. Forse dovremmo andare tutti al tempio per l’hatsumode. » Fu in quel momento che Haru sembrò dimenarsi appena, portando Mia a sospirare, mentre il bambino iniziava a piangere. Ecco fatto. « Belli di nonna perché non andate su al santuario per la giornata. Portate qualche omaggio e poi state un po' in silenzio. Fate vedere a Mia le onsen naturali sulle montagne e la foresta e noi ci godiamo un po' Haru. Potreste portare anche Misa e il marito. » Ovviamente, tutte scuse per passare del tempo col piccolo di casa. Mia dal canto suo però, provò un senso di indesiderata curiosità in merito. « Mah. Una scolaresca proprio. Io passo. » Hanna non sembrò approvare il comportamento della figlia. « Però ci possono andare Raiden e Mia. Fate omaggio agli antenati e pregate.. bello no? » Un giro spirituale quando spiritualmente Mia e Raiden erano tutto fuorché apposto. « Boh non so.. siamo appena arrivati.. magari volete stare un po' insieme.. non so.. » « No ma infatti più di vent'anni non sono stati sufficienti. » A quel punto Mia gettò uno sguardo veloce a Raiden per cercare di tastare il suo stato d'animo, senza tuttavia dire niente tranne un veloce « Scegli tu. » Piuttosto vago, atto quanto meno a dare la parvenza che fosse tutto normale tra loro. « Io provo a farlo calmare. È un po' nervoso, scusate. »



     
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    dauntless

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    « Onestà? Mi parli di onestà proprio tu! Un paio di giorni fa mi hai chiesto se fossi gelosa, ma la verità è che non importa cosa ti avrei risposto. Al primo cenno di cedimento tu mi avresti comunque giudicata. » « Ma chi ti sta giudicando, scusa? Sei tu quella che mi ha fatto una scena lì fuori. » In tutta onestà non riusciva a capire per quale ragione Mia fosse così tanto sulla difensiva, né per quale motivo sentisse la necessità di tessere tutte quelle dietrologie su dei comportamenti che non avevano nulla di allarmante. « Se anche fossi uscita con lei e fossi tornata a casa dicendo che comunque non mi ci trovo o non mi va giù, tu le avresti comunque trovato una scusa dandomi della prevenuta. No dai Mia non ci credooooo, è un problema tuo - questo avresti detto! È questo il problema principale. » Quelle parole lo fecero subito scaldare, portandolo a scuotere la testa con veemenza e una linea sulle labbra che più che un sorriso sembrava indicare quanto scocciato fosse. « Eh no Mia, non funziona così. Non puoi sostanziare le tue critiche con scenari ipotetici del cazzo. Tolto il fatto che quest'occasione non c'è nemmeno stata, ma un conto è venirmi a dire che con Misa non ti ci trovi a livello personale e un conto è accusarla di scorrettezza e malafede sulla base di una supposizione che è tutta tua. » Ma tu guarda! Adesso devo essere colpevole pure delle ipotesi che ti crei nella tua testa. Scosse il capo, sbuffando una risata amara dalle narici come se non credesse alle proprie stesse orecchie. « Tu non hai mai voluto sentire cosa io ho da dire in merito, esattamente come questa sera. Metti in dubbio le mie parole come se ti dicessi stronzate con il preciso intento di separarti dalla tua preziosa amica del cuore. È questo ciò che pensi di me.. la malizia è tutta dalla mia parte. Immagino sia questo il fine ultimo vero? Non potrei aver semplicemente voglia di sfogarmi - giustamente con te non posso farlo.. ho capito. » Al profondo sospirò che tirò seguì un respiro altrettanto profondo. Passandosi le mani sul viso in un moto di frustrazione, il giovane Yagami appoggiò i gomiti sulle ginocchia, sconfitto in quello che sembrava un discorso inesauribile su cui avrebbero solo continuato a girare in tondo. Sorrise tra sé e sé, amaro, nell'accettare le parole di Mia. A posto. Dunque è questo: ti vuoi sfogare. Così, perché semplicemente la cosa non ti va giù e non puoi farci nulla, quindi perché non sfogarsi a caso, no? Più di spiegarle il contesto dell'amicizia con Misa, più di rassicurarla e di farle capire che la distanza culturale potesse in qualche modo incidere sulla comunicazione, Raiden non avrebbe davvero saputo che altro fare. Sentiva di aver fatto tutto ciò che era in suo potere per salvaguardare la situazione e farla sentire a proprio agio, ma alla luce di quell'exploit era evidente che niente di tutto ciò fosse sufficiente. « Non ti passa nemmeno per l'anticamera del cervello che proprio in virtù di tutte queste cose di cui tu mi hai parlato, lei potrebbe avere più di una ragione per marcare il suo cazzo di territorio. No - perché questo fa parte della mia mentalità. Pure Eriko ha pisciato attorno al vaso - ma se lo fa Misa e non mi va giù è un problema, perché oi perché Eriko sì e Misa no. Eriko è pure più stronza. » « E giustamente a te non passa per l'anticamera del cervello che forse il tuo averci parlato cinque minuti possa essere una base poco affidabile per un giudizio accurato. Ma in fin dei conti io la conosco solo da ventiquattro anni, che vuoi che ne sappia, no? » A quel punto il tono sarcastico di Raiden era più palese che mai. Che senso aveva discuterne? Che senso aveva prendere sul serio la cosa quando Mia non si voleva nemmeno sforzare a comprendere la situazione? A te è bastata una mezza cena per decidere che Misa è il nemico pubblico numero io e qualunque cosa io ti dica è assolutamente inutile. « Ma non posso farci proprio nulla - non farò nulla. Da parte tua però mi aspettavo giusto un po' di comprensione. » Annuì. « Chiaro. Me lo annoterò. Più comprensione. » A quel punto non voleva più darle importanze, non a quel proposito quanto meno. « Non importa. » Infastidito com'era, attese a malapena che Mia si chiudesse la porta del bagno alle spalle per alzarsi dal limitare del letto e uscire dalla stanza, scendendo al piano inferiore dove gli altri erano ancora radunati a bere e chiacchierare. « Tesoro di nonna, tutto a posto? Dov'è Mia? » « È di sopra che si sta facendo la doccia. » « Ma scende, vero? Le ho lasciato il dolce e poi tra poco è mezzanotte. » Scrollò le spalle, stirando tuttavia un sorriso gentile in direzione dell'anziana. « Tranquilla nonna, se se la sente scende. » « Ma si è sentita male? » « Oddio che ansia, nonna. Lasciala stare questa povera ragazza! Guarda che altrimenti non ti vengono più a trovare. » Tra una battuta e un'altra, Eriko riuscì a deviare con successo l'attenzione della signora di casa, dando modo a Raiden di farsi gli affari propri e versarsi un altro bicchiere di saké in compagnia dei familiari. Probabilmente, in un modo o nell'altro, tutti dovevano aver capito che qualcosa era accaduto, perché non gli fecero ulteriori domande in merito a Mia. La maggior parte, compreso Raiden, si aspettava che prima o poi l'americana sarebbe scesa al piano inferiore per riunirsi ai festeggiamenti, ma quando non avvenne nessuno ne fece un dramma e nonna Yagami comprese che forse non era il caso di pressare ulteriormente Raiden a riguardo. Allo scoccare della mezzanotte il giovane Yagami partecipò al brindisi d'augurio e dopo qualche minuto - tempo necessario a non risultare troppo scortese - si dileguò con la scusa di essere stanco e appesantito da tutto quel cibo, salutando familiari ed ospiti con la promessa di rivedersi il giorno seguente. Si coricò a letto di fianco a Mia, senza dire assolutamente nulla né accertarsi del se fosse sveglia o meno; semplicemente si infilò in abiti più comodi sotto le coperte, chiudendo gli occhi nel silenzio generale della stanza.
    [..] Anche la mattina seguente, sceso al piano inferiore per la colazione, non rivolse parola all'americana, prodigandosi piuttosto a ringraziare la nonna ed Hiroshi per il cibo e ad informarsi riguardo i loro programmi per la giornata. « Ho pensato tutta la notte al discorso dell'Imperatore. Misa poverina era così preoccupata, povera anima, non le regge certe cose. Un anno pieno di sfide e decisioni difficili. Forse dovremmo andare tutti al tempio per l’hatsumode. Belli di nonna perché non andate su al santuario per la giornata. Portate qualche omaggio e poi state un po' in silenzio. Fate vedere a Mia le onsen naturali sulle montagne e la foresta e noi ci godiamo un po' Haru. Potreste portare anche Misa e il marito. » Non disse nulla, riempiendosi la bocca di cibo per mascherare il proprio silenzio. Sì immagino che le farebbe proprio un sacco piacere. Una constatazione sarcastica, quella che fece tra sé e sé. In realtà per Raiden era sempre andata così: da bambino, il primo giorno dell'anno, andava sempre al tempio in compagnia dei nonni, dei genitori e della famiglia Minakata, e in seguito i più giovani delle famiglie avevano preso l'abitudine di andare insieme per conto proprio in modo da farsi una bella scampagnata e incontrare magari qualche compagno di scuola. Insomma, Misa aveva sempre fatto parte di quella tradizione, ma con Mia ancora palesemente arrabbiata l'idea non suonava più tanto allettante. Il boccone di pesce che mandò giù, dunque, sembrò più amaro del solito. Odiava il fatto che quella stupida discussione gli avesse fatto perdere il desiderio di vivere le proprie tradizioni con le persone a cui teneva: lo trovava ingiusto e di certo non voleva dargliela vinta. « Scegli tu. Io provo a farlo calmare. È un po' nervoso, scusate. » Scrollò le spalle con noncuranza. « Non visito il tempio da qualche anno, quindi io vado. Tu non sei obbligata se non vuoi. » Che Raiden fosse così freddo nei confronti di Mia non era cosa comune nemmeno agli occhi di chi, come i nonni, li vedeva solo pochissime volte all'anno, e infatti non fu una sorpresa se in seguito alle parole del ragazzo calò un certo gelo. Pochi secondi ma pesanti, finché nonna Yagami - da sempre avversa al silenzio - non si schiarì la gola. « Sì anche Hanna è rimasta a casa tante volte perché ha un'altra religione. Spero di non averti offesa, cara. Però è aperto a tutti. Se ti va anche solo di vedere il santuario e il paesaggio va bene lo stesso. » Sì, buttiamola sulla religione, vah. « Tu però non andarci da solo, amore di nonna. Hiroshi lo accompagni tu? » « Io in realtà pensavo di andarci domani mattina. Oggi ci sarà un sacco da fare col pranzo e si è fatta già una certa ora. » Il giapponese scosse il capo, ingoiando il boccone di pesce. « No, tranquilli, ci vado con Misa e suo marito. È andata così per ventiquattro anni, non vedo
    perché questo debba essere diverso. »
    « Visto nonna? Ha pure un adulto che lo supervisiona. » « Ci vorrebbe anche a te, lingua biforcuta che non sei altro. Magari uno che ti sposi pure. » Lasciato spazio ai battibecchi tra nonna e nipote, Raiden radunò le proprie stoviglie e le sciacquò velocemente, dirigendosi poi in silenzio verso il piano superiore per farsi una doccia fresca e cambiarsi d'abiti. Prima di entrare sotto la doccia, tuttavia, non mancò di scrivere un messaggio a Misa per avvisarla del fatto che il solito piano sussistesse e che potessero incontrarsi da lui tra una mezz'oretta per partire tutti insieme (d'altronde era di strada). Una volta uscito dalla doccia, scelse dalla valigia alcuni vestiti comodi e puliti per la camminata che lo aspettava. Aveva quasi finito di vestirsi ed era sul punto di scendere nuovamente di sotto quando la porta della stanza si aprì, rivelando Mia - che probabilmente voleva a propria volta un cambio. Per un po' non disse nulla, limitandosi ad allacciarsi la cintura e sistemarsi meglio i capelli di fronte allo specchio, ma nel giro di pochi minuti il silenzio sembrò far risalire a galla tutta la rabbia e tutto il disappunto accumulati la sera prima. « Certo che almeno per la mezzanotte potevi farti viva. Neanche la buonanotte. Bah. » Posso pure capire che Misa ti sta sul cazzo e che eri girata di palle con me, ma non vedo proprio perché la debba scontare anche il resto della mia famiglia. Sotto sotto c'è rimasta di merda pure quella stronza di Eriko, figuriamoci. Fece una pausa. « Visto che non tornavi gli ho detto che non ti eri sentita bene, però te lo dico, Mia: se deve essere così, la prossima volta ci vengo per i cazzi miei qui in Giappone. » Si sistemò velocemente la felpa, ruotando poi nella direzione dell'americana per puntare lo sguardo duro sul viso di lei. « Svegliati perché non ruota sempre tutto intorno a te. » Ma forse è colpa mia. Cazzo, ti ho davvero viziata troppo e adesso ecco il risultato: appena ti ritrovi con una pedina fuori posto punti i piedi e fai i capricci al pari di una bambina. La oltrepassò a lunghe falcate per avvicinarsi al comodino e prendere i pochi oggetti personali che gli servivano, gettandoseli noncurante nelle tasche. « Cominciamo da oggi. Ecco, se devi essere irrispettosa, meglio che rimani a casa. Resta pure nella tua stanza se vuoi tenere lo stesso comportamento infantile di ieri sera. Io però non ho intenzione di rinunciare alle mie tradizioni per stare al capezzale di una persona che chiaramente non vuole ragionare. » Riempitosi le tasche di ciò che gli serviva, si voltò nuovamente, raggiungendola per guardarla faccia a faccia in totale serietà. « Non ti sta simpatica Misa? Va benissimo. Come ti pare. Guarda, neanche ti chiedo più di conoscerla. Però le cose sono due: o impari a fartela andare giù quando veniamo qui - che è tipo una volta all'anno, ricordiamolo -, oppure sono affari tuoi. » Sollevò l'indice tra di loro, frenandola subito dal dire alcunché. « E non provare nemmeno a ritirare fuori la roba della comprensione perché dopo la figura di merda di ieri sera ho esaurito la pazienza per provare a comprenderti. Sono incazzato, Mia. Sono molto incazzato, perché almeno un "buonanotte e grazie per la cena" la mia famiglia se lo meritava. E nonostante questo, stamattina ti hanno comunque trattata coi guanti gialli. » Fece una pausa. « Fossi in te penserei a qualcosa, e pure velocemente. Perché non ti faranno mai pesare un cazzo, ma questo non significa che sia giusto comportarsi così. »




     
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    « Non visito il tempio da qualche anno, quindi io vado. Tu non sei obbligata se non vuoi. » Di colpo Mia si sentì arrossire. Non aveva mai provato un tale imbarazzo di fronte alla famiglia di Raiden; forse perché la tensione tra i due era evidente e nessuno poteva ignorarla. La giovane Yagami osservò il marito con un'espressione colma di frustrazione. Se solo avesse avuto più fegato gli avrebbe urlato contro seduta stante intimandolo a smetterla di comportarsi in quella maniera davanti a tutti; forse a quel punto sarebbe stata la cosa più saggia, specialmente perché la situazione era in ogni caso sin troppo imbarazzante per tutti. « Sì anche Hanna è rimasta a casa tante volte perché ha un'altra religione. Spero di non averti offesa, cara. Però è aperto a tutti. Se ti va anche solo di vedere il santuario e il paesaggio va bene lo stesso. » Le sarebbe piaciuto andarci. Le sarebbe piaciuto davvero tanto. Mia aveva sempre provato un misto di curiosità e intrinseco desiderio di avvicinarsi il più possibile alla realtà di Raiden. Faceva del suo meglio per portare quella linea di condotta anche a casa loro, per adattarcisi per farlo sentire più confortevole anche lontano da casa. Sapeva che il giovane Yagami soffrisse la lontananza da casa; il suo cibo, le sue abitudini, i posti che avevano reso speciale quanto meno la sua infanzia. Forse le parole di Misa della sera prima l'avevano colpito così nel profondo anche per questa ragione. In fondo, in cuor suo, Mia sapeva che l'unica ragione per cui il marito aveva ruotato su se stesso di centottanta gradi era lei e non erano poche le volte in cui si sentiva in colpa. Se non ci fossi stata io, probabilmente ora saresti a casa tua. Se anche Inverness avrebbe richiesto la tua partecipazione a questo e quell'altro, probabilmente tu avresti trovato un modo per tornare a casa. Hanno contribuito sì a liberare il tuo popolo, e di certo tu di rimando non ti saresti sottratto dal fare la tua parte, ma l'avresti fatto senza privartene di tutto questo. Tutte ipotesi, ovviamente. Mia non poteva sapere cosa Raiden, nella sua versione più libera e privo di responsabilità avrebbe deciso di fare. Di certo però, non aveva mai negato quanto desiderasse tornare a casa sua. « Tu però non andarci da solo, amore di nonna. Hiroshi lo accompagni tu? » « No, tranquilli, ci vado con Misa e suo marito. È andata così per ventiquattro anni, non vedo perché questo debba essere diverso. » Forse perché ora un po' diverso lo è? Intenzionata a ignorarlo e ingoiare il rospo, strinse Haru al proprio petto dirigendosi verso la zona notte della casa, decidendo di passare diverso tempo col bambino aiutandolo a fare un po' di esercizi nella palestrina, finché un po' frustrato, il piccolo crollò in un profondo sonno stringendo il suo pupazzo coniglio con un'espressione imbronciata. Era evidente fosse ancora sconvolto dalla sera prima e di certo, lo stato d'animo dei genitori non lo aiutava affatto. Pensò molto a quella situazione. A come uscirne ritrovando la serenità di tutta la sua famiglia. Forse una giornata fuori avrebbe aiutato la situazione. Però ci dobbiamo andare con Misa. Mio dio, che palle. Ritornò nella propria stanza per darsi una sistemata poco dopo e per cambiarsi soprattutto la maglietta sporcata doverosamente da Haru che aveva deciso di vomitarle con poca grazia addosso. Rovistò all'interno della valigia gettando di tanto in tanto uno sguardo con la coda dell'occhio in direzione di Raiden., non sapendo bene cosa fare. Non andare al tempio significava dare un lasciapassare a tutta quella situazione; andarci equivaleva invece al passare un'intera giornata con i racconti non richiesti di Misa, e la troppa misoginia del marito. Certo che però a questo punto mi interessa veramente di non fare la cafona? Se anche dovessi risultare acida, qual è la cosa peggiore che potrebbe succedere? Mio marito che decide di continuare a riservarmi il trattamento del silenzio? L'idea però la intristiva e la faceva sentire come se stesse fallendo nel spiegargli le ragioni per cui gli aveva parlato di tutta quella faccenda sin dal principio. « Certo che almeno per la mezzanotte potevi farti viva. Neanche la buonanotte. Bah. Visto che non tornavi gli ho detto che non ti eri sentita bene, però te lo dico, Mia: se deve essere così, la prossima volta ci vengo per i cazzi miei qui in Giappone. » Con un maglione ancora tra le mani si voltò verso di lui osservandolo con uno sguardo stanco e amareggiato. « Potevi dire la verità. » Tagliò corto osservandolo appena prima di tornare a rovistare nervosamente nella propria valigia. « Ah no, non potevi. Sia mai che feriamo i sentimenti della povera Misa. Con me invece ti permetti tranquillamente di dirmi che non mi porti più in Giappone. » Sulla scia di quelle ultime parole gli gettò addosso il maglione stringendo le labbra in un'espressione frustrata. Mi stai veramente trattando così solo perché la tua amichetta non mi va giù. Io non ho parole. Non ci credo. Non ci stai nemmeno provando. « Svegliati perché non ruota sempre tutto intorno a te. » « No. Infatti gira tutto attorno a Misa da un paio di giorni a questa parte. » A quel punto non le interessava di quanto fosse odiosa nelle sue risposte. Mia non aveva più tolleranza e pazienza nei confronti di quell'atteggiamento, né intendeva cedere di fronte alla palese sensazione di essersi sentita attaccata semplicemente perché gli aveva detto quello che pensava. « Cominciamo da oggi. Ecco, se devi essere irrispettosa, meglio che rimani a casa. Resta pure nella tua stanza se vuoi tenere lo stesso comportamento infantile di ieri sera. Io però non ho intenzione di rinunciare alle mie tradizioni per stare al capezzale di una persona che chiaramente non vuole ragionare. » Di fronte a quelle parole alzò gli occhi al cielo e tornò a scavare nella propria valigia senza alcuna ragione logica. Aveva solo bisogno di fare qualcosa. Io. Io sono irrispettosa. Non Misa che non si fa i cazzi suoi. Ma per piacere, Raiden, o tu proprio non hai capito un cazzo, oppure fai solo finta perché devi mantenere il punto. In ogni caso mi sono proprio rotta il cazzo. « Non ti sta simpatica Misa? Va benissimo. Come ti pare. Guarda, neanche ti chiedo più di conoscerla. Però le cose sono due: o impari a fartela andare giù quando veniamo qui - che è tipo una volta all'anno, ricordiamolo -, oppure sono affari tuoi. » Schiuse le labbra per dire qualcosa ma venne immediatamente zittita dall'ammonimento di lui che, se possibile, la infastidì ancora di più. « E non provare nemmeno a ritirare fuori la roba della comprensione perché dopo la figura di merda di ieri sera ho esaurito la pazienza per provare a comprenderti. Sono incazzato, Mia. Sono molto incazzato, perché almeno un "buonanotte e grazie per la cena" la mia famiglia se lo meritava. E nonostante questo, stamattina ti hanno comunque trattata coi guanti gialli. Fossi in te penserei a qualcosa, e pure velocemente. Perché non ti faranno mai pesare un cazzo, ma questo non significa che sia giusto comportarsi così. » Schiuse le labbra guardandolo come se fosse sul punto di azzannarlo sul posto. Ogni qual volta tornassero a discutere di quella faccenda la situazione sembrava solo peggiorare, e di certo, il fatto che Raiden le puntasse in quella maniera il dito contro imputandole ogni colpa possibile, non faceva altro che farle ribollire il sangue nelle vene. « Tu - tu sei arrabbiato e hai esaurito la pazienza? Tu! Non ti devi azzardare, Raiden! Non ti nascondere dietro alla tua famiglia, non ci provare neanche. » Di colpo fu Mia a puntargli il dito contro, inclinando la testa di lato. « Ogni volta che torniamo qui è sempre la stessa cazzo di storia. Mi devi far sentire sbagliata - sono sempre quella che non capisce, che non ci arriva. Sono quella irragionevole e irrispettosa. Sono quella che ti offende o ti mortifica in un modo o nell'altro. » Non voglio figli ed è un problema. Li voglio ed è un problema lo stesso. Qui per te tutto è un cazzo di problema. Strinse i denti e lo osservò con un'espressione amareggiata, ferita. « Non mi chiedere le cose se pensi che la mia risposta non ti piacerà. Ieri sera ci hai proprio tenuto a sbattermi in faccia l'esatta ragione per cui non mi va giù: non importa cosa io dica o cosa potrebbe darmi fastidio, la tua amica sarà sempre l'impunita ed io la stronza che vuole separartene. Come se ci provassi gusto. Come se fossi un mostro che vuole isolarti in una bolla. » Fece un passo nella sua direzione deglutendo. « Fai quello che ti pare, ma smettila di farmi sentire in colpa per il modo in cui mi sono comportata, perché ieri nulla mi avrebbe resa più felice che stare insieme a te e alla tua famiglia. Ma tu - tu hai deciso di dirmi tutte quelle cose. Se tu sei bravo a fare finta di nulla, complimenti. Io no. » Scosse la testa e si inumidì le labbra. Stava facendo del suo meglio per non alzare la voce. Le salterei alla gola per quanto è stata stronza. Con quella vocina del cazzo e tutti quei "non ti preoccupare". « Sai.. fino a ieri sera credevo che la cosa peggiore fosse Misa che piscia attorno al vaso. Non avevo però ancora visto te che le trovi scuse. E onestamente che faccia così perché vuole fare l'amica protettiva o per altre ragioni, non m'interessa. » Tu sei mio marito. Nessuno deve convincermi di quale sia la cosa giusta per te. Non è mai stato un problema. Nessuno - nemmeno la tua famiglia si è mai permessa di farmi sentire come se ti impedissi di fare il tuo dovere verso chissà cosa e chissà chi. È assurdo poi! Tu non ne hai bisogno - sai benissimo qual è la cosa giusta per te. Per noi. La sola idea di ripensare alle parole della giapponese le faceva ribollire il sangue nelle vene. E per giunta ha pure fatto la finta apprensiva dopo essersi letteralmente messa a piangere per quattro matite colorate in croce e dopo la manfrina sul maschio primogenito che deve sacrificarsi per la patria.
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    « La cosa che mi fa più incazzare è che dopo tutto questo tempo, nonostante non ti abbia mai dato ragioni per pensarlo, tu metti in dubbio solo quello che dico io, ma non il fatto che anche lei potrebbe aver fatto qualcosa. D'altronde il Giappone è crudele con gli stranieri, Eriko anche, la mentalità, la nonna, le puttane - letteralmente chiunque - ma Misa no. Ma fammi il piacere. Se volevi togliermi i dubbi sul fatto che non avessi nulla di cui preoccuparmi ci sei proprio riuscito. Complimenti. » Praticamente la tua risposta è come t'incazzi ti scazzi. Incredibile! A quel punto il più grande problema per Mia era proprio quel palese impuntarsi di Raiden non screditare qualunque sua emozione per difendere Misa. Le dava fastidio e invece di aiutarla a superare l'intoppo, non faceva altro che accrescere la sua rabbia nei confronti della questione. I never asked you to chose between me and her, neither did I ask you to talk shit about her and I never blamed you for the things I don't like about - this. I just felt like my feelings weren't your priority back there. And since, as you said, you're seeing her once a year but you fuck me everyday I tought you would care. I'm your wife but you treat me like I'm your enemy - un-fucking-believable. Di scatto gli diede le spalle togliendosi la maglietta gettandola nella cesta dei panni sporchi. Senza pensarci troppo afferrò una felpa comoda piuttosto comoda superandolo velocemente per dirigersi verso il bagno e ripulirsi per bene. Uscì un istante dopo, osservandolo con un'espressione dispettosa. « Sai una cosa? No. Non ci resto a casa - tanto meno resterò in camera mia. E se non vuoi più portarmi in Giappone, perfetto. Mi ci porto da sola. » If you're going to blame me because I want your attention and I'm not ok with how others approach you sometimes, that's really not my problem. Maybe what you expect is for me to smile when girls you fucked are on their knees in front of you or be perfectly fine when your students and collegues drool around you. Or you want me to just be ok when your best friend pictures you as the most wonderful man on Earth. I know it's not your fault and you are not doing anything wrong, but it doesn't mean I'm fine! Lo osservò con un'espressione contrariata soffiando pesantemente. That's my place. Pausa. I'm your girl. Fece un altro passo nella sua direzione e incrociò le braccia al petto. I don't share. And if you feel upset because yesterday I gave you no - goodnight kiss -, good! You did nothing to deserve it. Di scatto lo superò ricercando un elastico per i capelli per legarseli. Next time put your fingers to better use instead of pointing them against me.



     
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    dauntless

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    « Tu - tu sei arrabbiato e hai esaurito la pazienza? Tu! Non ti devi azzardare, Raiden! Non ti nascondere dietro alla tua famiglia, non ci provare neanche. » Strabuzzò gli occhi, seriamente sconcertato da quanto Mia potesse essere sfacciata riguardo l'intera situazione. Nascondermi dietro la mia famiglia? Mai sei seria? Non provi nemmeno il più blando senso di colpa? Agli occhi del giapponese era piuttosto evidente dove lei avesse sbagliato in quella faccenda. Per quanto potesse essere arrabbiata o giù di corda, il comportamento che aveva tenuto la sera prima sul finale non aveva alcuna giustificazione. « Vorrei vedere se lo avessi fatto io a casa tua, come avresti reagito. Ma ti sembra una cosa normale? Cazzo, Mia, sei proprio una bambina. » Perché quella reazione solo a loro poteva essere abbonata: ai bambini, quelli troppo piccoli da non avere una reale nozione di rispetto ed educazione e ancora incapaci di controllare i propri sentimenti al punto da sapere anche quando era il momento di metterli in secondo piano. A un bambino si poteva passare un simile comportamento, aspettandosi poi che i genitori - in qualità di educatori - lo mettessero in riga e gli insegnassero a non ripeterlo. Ma io non sono tuo padre, né ho la responsabilità di educarti. Queste cose le dovresti sapere da sola. Non ci dovrebbe nemmeno essere bisogno che sia io a fartele notare. « Davvero non ho parole, nemmeno ti riconosco. » In fin dei conti Mia, per quanto esuberante, non si era mai comportata in maniera scorretta nei confronti della sua famiglia, dunque quella sua reazione gli era arrivata come un fulmine a ciel sereno. In cuor suo aveva sperato che l'americana si fosse resa conto da sola del proprio errore e che almeno dopo averglielo fatto notare avrebbe fatto un mea culpa; ma evidentemente era ancora ben intenzionata a tenere la propria faccia tosta fino in fondo. « Ogni volta che torniamo qui è sempre la stessa cazzo di storia. Mi devi far sentire sbagliata - sono sempre quella che non capisce, che non ci arriva. Sono quella irragionevole e irrispettosa. Sono quella che ti offende o ti mortifica in un modo o nell'altro. » « Sei incredibile, sei davvero incredibile. » Scosse il capo, sbuffando un'amara risata esterrefatta prima di dirigersi a passi veloci verso la valigia, frugandovi all'interno alla ricerca della giacca a vento per prenderla e infilarsela con strattoni innervositi. C'erano poche persone veramente capaci di fargli saltare i nervi, ma Mia era di certo una di queste nei suoi momenti peggiori. « Non mi chiedere le cose se pensi che la mia risposta non ti piacerà. Ieri sera ci hai proprio tenuto a sbattermi in faccia l'esatta ragione per cui non mi va giù: non importa cosa io dica o cosa potrebbe darmi fastidio, la tua amica sarà sempre l'impunita ed io la stronza che vuole separartene. Come se ci provassi gusto. Come se fossi un mostro che vuole isolarti in una bolla. » A quelle parole, Raiden alzò platealmente gli occhi al cielo. Odiava il modo in cui Mia dipingeva tutta quella situazione, come se lui e Misa fossero una sorta di morbosa accoppiata platonica. Le voleva bene, certo, e prendeva le sue difese quando lo riteneva necessario, ma non aveva mai visto quella storia come una guerra in cui le fazioni erano composte da Mia da una parte e lui e Misa dall'altra. La stai facendo davvero più tragica di quanto non sia realmente. « Fai quello che ti pare, ma smettila di farmi sentire in colpa per il modo in cui mi sono comportata, perché ieri nulla mi avrebbe resa più felice che stare insieme a te e alla tua famiglia. Ma tu - tu hai deciso di dirmi tutte quelle cose. Se tu sei bravo a fare finta di nulla, complimenti. Io no. » Sbuffò un'altra risata esterrefatta, guardandola da sotto le ciglia come se davvero non si capacitasse di cosa lei stesse dicendo. « Davvero, Mia? Era davvero così difficile stringere i denti per dieci cazzo di minuti? Giusto il tempo di fare un brindisi, dire "tanti auguri, grazie per la serata e per il cibo, buonanotte" e poi tornare in camera. Era troppo da chiedere? Mia nonna ci teneva un sacco a questa serata. Non siamo mai qui. Per lei è un miracolo passare una festa insieme e si è impegnata tantissimo a cucinare, preparare tutto e farti sentire a tuo agio. Non sarà perfetta, va bene, ha una certa età, ma un minimo di rispetto se lo merita, specialmente perché ti ha accolta come una della famiglia sin dal primo giorno. » Quelle cose non erano scontate, non da dove veniva lui e soprattutto non per le generazioni più anziane. Essere trattati come parte della famiglia in maniera così immediata era un privilegio raro che Mia non poteva comprendere. In Giappone, normalmente, le cose non funzionavano a quella maniera: i matrimoni dovevano essere esaminati dalle rispettive famiglie con grande anticipo, e anche solo un giudizio storto poteva mandare tutto a monte, senza nemmeno contare quanta diffidenza ci fosse nei confronti degli stranieri. Mia era stata fortunata, e tutti quei lunghi passaggi le erano stati risparmiati per una serie di circostanze passate e presenti. Tuttavia ciò non significava che la sua famiglia fosse meno appartenente alla società che la circondava. Quella cultura esisteva ancora in loro, sebbene più mitigata dall'influenza che il matrimonio tra Haru e Hanna aveva avuto sulle loro vite. E per tutto il resto, erano tanto giapponesi quanto chiunque altro: il rispetto - specialmente nei confronti delle persone più anziane - era un fattore importantissimo, e venir meno alle norme che lo codificavano comportava un'enorme offesa. « Loro non ti diranno mai nulla perché sono buoni e perché non vogliono rovinarsi il piacere di averci qui, specialmente dato che succede una volta ogni morte di papa. Ma anche perché sanno che non sei giapponese e che già fatichi abbastanza con quello che trovi fuori dalla soglia di casa loro. Però questo non significa che tu abbia il diritto di mancargli di rispetto sotto il loro stesso tetto. » Era chiaro che la questione fosse estremamente seria per Raiden, e il fatto che tenesse dei toni duri nei confronti di Mia era solo un'ulteriore prova di quanto ci tenesse a farle capire l'importanza di azioni di quel tipo. In cuor suo non pensava di essere irragionevole, né riteneva che altrove si agisse in maniera differente: per questo era quasi sconvolto dalla leggerezza con cui l'americana trattava il tutto, senza sentirsi neanche un po' in difetto. « Sai.. fino a ieri sera credevo che la cosa peggiore fosse Misa che piscia attorno al vaso. Non avevo però ancora visto te che le trovi scuse. E onestamente che faccia così perché vuole fare l'amica protettiva o per altre ragioni, non m'interessa. » « Sembri proprio Delilah quando parli così. Hai passato anni a prenderla per il culo e guardati adesso. » E forse proprio per questo pensavo che le cose sarebbero andate diversamente: abbiamo sempre parlato di quanto Delilah fosse eccessiva e drammatica nella sua gelosia, di quanto ingigantisse le cose e di quanto sproporzionate fossero le sue reazioni - soprattutto alla luce del fatto che Jeff non ha chiaramente alcuna intenzione di andare da nessuna parte. Pensavo che fossimo sulla stessa lunghezza, che avresti capito e che avresti quanto meno tentato di conoscere Misa un po' meglio. E invece alla fine io tutta questa differenza non la vedo. « La cosa che mi fa più incazzare è che dopo tutto questo tempo, nonostante non ti abbia mai dato ragioni per pensarlo, tu metti in dubbio solo quello che dico io, ma non il fatto che anche lei potrebbe aver fatto qualcosa. D'altronde il Giappone è crudele con gli stranieri, Eriko anche, la mentalità, la nonna, le puttane - letteralmente chiunque - ma Misa no. Ma fammi il piacere. Se volevi togliermi i dubbi sul fatto che non avessi nulla di cui preoccuparmi ci sei proprio riuscito. Complimenti. » Roteò gli occhi, passandosi le mani sul viso e tra i capelli in un moto di stanchezza e frustrazione. Non era un mistero che Raiden odiasse girare troppo intorno alla stesso punto. Aveva sempre mal sopportato quel tipo di discorsi: lunghi ed estenuanti, che mai arrivavano ad un cero e proprio punto. « Cazzo Mia, quante volte ti devo ripetere che non sto mettendo in dubbio quello che tu dici? Non dico che ti sei inventata una cosa di sana pianta, dico solo che magari hai interpretato le parole di Misa in maniera diversa rispetto a ciò che lei intendeva. Tutto qui. Anche perché ti sfido a dirmi che lei ti abbia detto quelle esatte parole, che ti abbia proprio scandito a chiare lettere che sei un peso e mi trattieni lontano dalla mia famiglia. Serio: dimmi che è così e allora andrò a confrontare Misa a riguardo. » Ma non è così, vero? Perché lei non ti ha mai detto una cosa del genere. Semplicemente ti ha detto qualcosa che poteva potenzialmente suonare così e tu hai deciso di dargli quell'impronta perché era più facile trovarle qualcosa di sbagliato piuttosto che sforzarti a superare il tuo preconcetto. Sollevò un sopracciglio, gettandole un'occhiata quasi di sfida, come ad attendere che lei gli dicesse proprio che sì, Misa l'aveva trattata apertamente a pesci in faccia, sapendo tuttavia che non sarebbe stato quello il caso. I never asked you to chose between me and her, neither did I ask you to talk shit about her and I never blamed you for the things I don't like about - this. I just felt like my feelings weren't your priority back there. And since, as you said, you're seeing her once a year but you fuck me everyday I tought you would care. I'm your wife but you treat me like I'm your enemy - un-fucking-believable. Alzò gli occhi al cielo, scuotendo il capo con aria costernata mentre faceva ricadere le braccia lungo i fianchi. Non c'era modo di cavarne un ragno dal buco: più Raiden tentava di mantenere il discorso sulla praticità, più Mia evadeva nei massimi sistemi senza nemmeno ascoltarlo. « Sai una cosa? No. Non ci resto a casa - tanto meno resterò in camera mia. E se non vuoi più portarmi in Giappone, perfetto. Mi ci porto da sola. » Quelle parole sembrarono strappargli una risata tanto genuina quanto sarcastica. « Comincia a studiare il giapponese, allora, che con buongiorno e buonasera non vai molto lontano principessa. » Anche in quell'aspetto, Mia era stata indubbiamente privilegiata: poter parlare la lingua come una nativa senza doverla imparare ma stando semplicemente accanto a lui l'aveva certamente aiutata in più di un aspetto. Tuttavia bastava che quel contatto venisse meno per lasciarla completamente persa in un paese che era storicamente avverso agli stranieri e all'attecchimento di altre lingue - persino di una tanto diffusa quanto l'inglese. Erano davvero poche le persone capaci di parlare bene l'inglese, e molto di queste si rifiutavano di farlo per principio oppure non si sentivano a proprio agio ad utilizzarlo. Mia non sarebbe arrivata nemmeno al bancone di una caffetteria con le conoscenze di giapponese che aveva. If you're going to blame me because I want your attention and I'm not ok with how others approach you sometimes, that's really not my problem. Maybe what you expect is for me to smile when girls you fucked are on their knees in front of you or be perfectly fine when your students and collegues drool around you. Or you want me to just be ok when your best friend pictures you as the most wonderful man on Earth. I know it's not your fault and you are not doing anything wrong, but it doesn't mean I'm fine! That's my place. I'm your girl. I don't share. And if you feel upset because yesterday I gave you no - goodnight kiss -, good! You did nothing to deserve it. Next time put your fingers to better use instead of pointing them against me. Le parole di Mia sembrarono sortire un effetto contrastante nel giovane Raiden, che ancora ribolliva di rabbia nei suoi confronti per il modo in cui si era comportata e ancor di più per la sua negligenza a riconoscere i punti in cui aveva sbagliato. Istintivamente allungò un braccio verso quello di Mia, tirandola in maniera poco graziosa per il polso in modo da farla girare nuovamente nella propria direzione e poterla guardare in faccia - gli occhi scuri puntati in quelli di lei quasi a volerla inchiodare lì sul posto mentre con la mano libera le stringeva la mascella in modo da tenerle il viso fermo di fronte al proprio. « Quindi è questo il problema, mh? Che hai ricevuto un po' meno attenzioni? » Fece una pausa, scuotendo leggermente il capo tra sé e sé. So you thought it was an appropriate reaction to start acting out like a fucking brat. Like those kids who throw temper tantrums when they go to another kid's birthday party because they want a present as well, and when they don't get what they want they need to ruin the party for everyone else. Fece una pausa, fissandola in silenzio più a lungo del dovuto. Bad news is I'm not going to put up with your bullshit, Mia. You wanna come? Fine, suit yourself. But you either put your big girl pants on and apologize to my family for being an ungrateful brat or else. Tanto lo sguardo quanto il tono di Raiden erano tremendamente seri, e sembravano nascondere un qualche tipo di minaccia che si asteneva dallo specificare. Anche quando sentì il suono acuto del campanello, rimase lì dov'era, intensificando appena la presa sulla sua mascella. I'm not playing around, Mia. I'm fucking serious. La trattenne così per un altro istante, lasciando poi di colpo la presa e sorpassandola per dirigersi verso la porta della stanza. « Ricordati che stiamo andando in un tempio. Non voglio scene. » E detto ciò, si chiuse sonoramente la porta alle spalle, dandole tempo di ultimare i propri preparativi mentre scendeva al piano di sotto per salutare gli ospiti.
    [..] La camminata per arrivare al tempio non era lunga né solitaria: diverse persone erano uscite di casa col loro stesso obiettivo, mischiandosi a una coda eterogenea che non faceva altro che infittirsi mano a mano che si avvicinavano alla meta e che gli abitanti degli altri villaggi si univano dalle strade secondarie. Kenichi sembrava di buon umore (almeno per quanto Raiden potesse saperne di lui), forse perché quella mattina non si era dovuto svegliare ancor prima dell'alba per andare a pescare: aveva animato molto la conversazione, spiegando a Mia la consuetudine dell'hatsumode e le particolarità più interessanti del paesaggio che scorreva intorno a loro. Misa, d'altro canto, era stata più riservata; agli occhi di Raiden era palese come la consapevolezza di essere nel target di Mia la facesse essere più cauta nell'esprimersi. Spesso e volentieri rimaneva in silenzio, aggiungendo solo qualche dettaglio o commentando con qualche generica banalità. « Guarda che le puoi parlare. Non ti trasforma in pietra se la guardi negli occhi. » le disse ad un certo punto sottovoce, sfruttando un momento in cui Kenichi sembrava aver preso Mia a parlare in maniera più totalizzante. In tutta risposta, Misa stirò un tenue sorriso. « Lo so. È che non voglio farvi litigare ancora e non so bene cosa dire senza.. mh, fare casino. » Annuì. Capiva bene come dovesse sentirsi in quella situazione, e la sua non era di certo una posizione facile. « Ma senti.. posso chiedervi cosa vi siete dette quando eravate sole? » La giapponese ci pensò un po', scrollando poi le spalle. « Niente di che in realtà. Abbiamo parlato un po' del fatto che non è facile per lei ambientarsi qui in Giappone e io le ho detto che non deve dar peso alle sciocchezze. Poi che altro? Mh.. che siamo tutti felici di avervi qua e che questa situazione può essere un'opportunità. E.. credo che sia tutto. » « Mh.. capisco. E l'hai vista turbata? » « Oddio, non la conosco così bene. Avrei detto che fosse tranquilla, ma poi ieri sera tu mi hai detto quelle cose, quindi non ne ho idea. » Annuì, stirando le labbra. « Tranquilla, non importa. Grazie. » In realtà non sapeva cosa di diverso si sarebbe mai potuto aspettare, ma aveva comunque voluto farle quelle domande per sentire entrambe le campane e assicurarsi di non aver parlato a sproposito. Ma in fin dei conti poteva solo essere così. In tutti questi anni che la conosco, mai una volta l'ho vista comportarsi da arpia nei confronti di nessuno. Così, esaurito quel discorso, si riunirono con naturalezza al discorso degli altri due, raggiungendo pian piano il tempio. Fecero la fila in silenzio, come da usanza, passando poi alcuni istanti in contemplazione prima di lasciare il posto e dirigersi verso il banchetto dove la miko vendeva gli oracoli. « Questi sono gli omikuji che ti dicevo prima, Mia. Praticamente estrai un bastoncino e dentro ci trovi un biglietto con scritta la tua fortuna in vari ambiti. Se è positiva, di solito la tieni con te fino all'anno successivo, altrimenti puoi legarlo ad un albero del santuario nella speranza che non si avveri. » « Gli ultimi anni mi è sempre capitata sfiga. Speriamo che questo sia diverso. » Uno in fila all'altro estrassero il proprio omikuji, leggendolo tra sé e sé. « Mezza fortuna. Beh, non c'è male. Lo accetto. A voi come è andata. » « Mezza benedizione. Beh, non c'è male. Lo accetto. A voi come è andata? » « Quasi maledizione. Aaah non la schiodo. Sono almeno cinque anni che mi capita sempre simile. » « AAAAH! Io ho avuto grande benedizione! » « Che dice? » In tutta risposta, Misa si strinse il foglietto al petto, sollevando il mento con aria sbarazzina. « No non ve lo faccio vedere. Ve lo dirò l'anno prossimo se si è avverato. » Istintivamente, Raiden lanciò un'occhiata complice a Kenichi, che tuttavia non sembrò ricambiarla. A quell'atteggiamento, il giovane Yagami aveva dato un'interpretazione ben precisa, e proprio per questa ragione aveva ricercato lo sguardo del marito di Misa, ma evidentemente questo o non aveva avuto la sua stessa idea oppure non voleva condividere la cosa con lui. Ci sta, in fin dei conti non sono affari miei e a quanto pare per lui sono il nemico. « Mi chiedo che altro puoi desiderare. Diventeremo ricchi? » « Tanto queste robe sono sempre generiche. Ma vedremo. A te cosa è capitato, Mia? Se ti è uscito qualcosa a metà possiamo andare a comprare un omamori per compensare quella particolare categoria. Io me ne compro qualcuno ogni anno. » Si voltò nella direzione della moglie, cercando di leggerne la reazione sul viso. Con l'occasione, Misa sembrò prendere un po' più coraggio, avvicinandosi di qualche passo all'americana e rivolgendole un sorriso mentre le passava le dita su una ciocca di capelli. « Vendono anche i kimono. Possiamo prendercene due e ti aiuto a fare i capelli, che ne dici? Le starebbe un sacco bene il kimono, vero Raiden? » « Assolutamente. » Scoccò uno sguardo a Mia, sollevando un sopracciglio. « Se ti va. Tante ragazze lo fanno. » « Oh sì e ci stanno anche un sacco di bancarelle intorno con cibo buonissimo. Possiamo anche dividerci: le donne vanno ad agghindarsi e noi prendiamo da mangiare? » Avrebbe voluto commentare le parole di Kenichi con una battuta, ma per non andargli ulteriormente in antipatia decise di mordersi la lingua, roteando il capo in un cenno che non era né un sì né un no. « A loro la scelta. » Ma quel loro era evidente rivolto ad una persona singola, dato che tutti gli occhi erano puntati su Mia in attesa di una risposta.




     
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    La stretta sul polso portò Mia a tentare di dimenarsi appena, senza tuttavia protestare apertamente. Non gli avrebbe dato la soddisfazione di mostrarsi sorpresa. Lo osservò piuttosto con uno sguardo di sfida, anche quando Raiden le inchiodò lo sguardo con la presa poco delicata sulla mascella. Che fosse arrabbiato era evidente, ma alla rabbia di lui si scontrava con quella della mora che si mischiava alla testardaggine e ostinazione nel non volergli concedere nulla. Solitamente di fronte a una lite, dopo un po', Mia tendeva ad ammorbidirsi. Odiava litigarci e trovarsi in quello stato di perenne tensione. Questa volta però mi hai proprio pestato la coda. E ora arrivi qua a darmi lezioni di vita quando l'unica cosa che non avresti dovuto fare è scagliarti apertamente contro di me a favore di una tipa che è palesemente losca. « Quindi è questo il problema, mh? Che hai ricevuto un po' meno attenzioni? » Si e no. Di certo Mia era abituata a ricevere da parte di Raiden davvero tante attenzioni. Il problema però era piuttosto relegato al fatto che non gradiva affatto Misa come persona e ci avrebbe messo la mano sul fuoco sul fatto che non avesse propriamente la buone intenzioni che voleva decantare. Tu puoi dire quello che ti pare, ma quello non era il discorso di una persona che volesse dare una mano, né era un discorso motivazionale tale da infondere fiducia e coraggio. Stai qui a farmi tutti questi discorsi sulla tua amica del cuore, insinuando che quella prevenuta sono io, quando è evidente che nemmeno da parte sua c'è tutta questa voglia di conoscermi. Dal punto di vista di Mia, nessuna delle due era propensa nei confronti dell'altra - e se la giovane Yagami un motivo ce l'aveva, il motivo di Misa non esiste. Aveva tentato di fare la sua parte in Scozia, ma a dirla tutta, una volta constato che la giapponese non aveva il minimo interesse di conoscere lei e i loro amici, inizialmente aveva semplicemente pensato che le sue compagnie non erano di suo gradimento. A distanza di tempo, tuttavia, iniziava a pensare che a Misa interessasse solo ed esclusivamente di Raiden e tutto il resto fosse un contorto a cui dovesse adattarsi semplicemente perché faceva parte della sua vita. Una vita che evidentemente non trovava nemmeno poi tanto adeguata, considerato che tentava di convincere Mia del fatto che il suo dovere fosse altrove. So you thought it was an appropriate reaction to start acting out like a fucking brat. Like those kids who throw temper tantrums when they go to another kid's birthday party because they want a present as well, and when they don't get what they want they need to ruin the party for everyone else. Istintivamente Mia tentò di dimenarsi, intenzionata a sfuggire alla presa del moro soffiando pesantemente. Bad news is I'm not going to put up with your bullshit, Mia. You wanna come? Fine, suit yourself. But you either put your big girl pants on and apologize to my family for being an ungrateful brat or else. « Certo. Perché le tue reazioni sono così controllate. » In un raptus di rabbia gli rispose a tono senza curarsene minimamente di cercare una risoluzione in merito allo stato d'animo di entrambi. Ciò che trovava assurdo non era certo l'idea di chiedere scusa - di aver involontariamente offeso la famiglia di Raiden se ne dispiaceva profondamente; tuttavia, ciò che trovava decisamente più assurdo, era che Raiden sembrasse ignorare in ogni maniera possibile la ragione per cui tutto ciò era cominciato. Or else what huh? Soffiava pesante mentre lo osservava con uno sguardo torvo, incapace di dimenticarsi della maniera in cui si era scagliata contro di lei semplicemente perché aveva sentito il bisogno di sfogarsi rispetto a una situazione che a lei non piaceva. Il campanello suonò, ma nonostante ciò nessuno dei due distolse lo sguardo. Sembrava una battaglia a chi resisteva di più a quel senso di opprimente pressione. I'm not playing around, Mia. I'm fucking serious. « Ricordati che stiamo andando in un tempio. Non voglio scene. » Avrebbe voluto aggiungere altro, la giovane Yagami, ma di colpo si ritrovò da sola nella stanza sconvolta e scioccata nel realizzare di aver appena assistito a una tale scenada parte di Raiden. Il giapponese, che da sempre l'aveva trattata con tatto e delicatezza, non si era mai spinto così oltre, tant'è che per un istante, Mia dovette lasciarsi cadere sul letto per prendere fiato, passandosi nervosamente una mano tra i capelli. « Come si permette! Io non ho parole! Non ho veramente parole per descriverlo. Che stronzo! » Di colpo, spostando lo sguardo alla propria sinistra, si trovò stesa sul letto accanto a Savannah, mezza nuda e il palese fiatone di chi si era dedicato recentemente ad attività decisamente più piacevoli. « Per una che è letteralmente legata a bono spaziale da forze cosmiche, certificati del comune, figli, comunità sovrannaturali, tasse e bollette, ti lasci colpire abbastanza facilmente da una povera scappata di casa. » Mia si voltò nella sua direzione, osservandola con un'espressione incredula. « Lascia stare, ok? Mi sembra che tu abbia comunque cose migliori da fare. » La bionda si alzò gettandosi addosso una maglietta, prima di osservarla con un'espressione pensierosa. « Però, se proprio vogliamo dirla tutta, Misa ha ragione. Tutta questa roba ha comunque meno significato. Stiamo parlando del Giappone. Per lui non è una roba così - è il Giappone. » Di fronte al tono drammatico della giovane, Savannah, che qualche anno e parecchia esperienza in più ce l'aveva, scoppiò a ridere scuotendo la testa. « Misa è innamorata di Raiden e si sta giocando l'unica cartuccia che ha - il Giappone - come dici tu. » Di fronte a quelle parole Mia rimase spiazzata. « Allora ho ragione! Lo vedi che ho ragione? Cazzo è così palese! Così fottutamente palese! » « Si ma ciò non toglie che tu sei stupida. Cioè oddio - a giudicare da un po' di cose capisco.. piccola volpe! Però.. non prenderla troppo sul serio sta cosa. Tu stai lì a pensare a quante cose sa questa poveraccia, e quante cose ha vissuto, e il Giappone, e tutte cose. Nel frattempo dillà ci sta la sua miniatura uscito da lì sotto. Puoi letteralmente sentire ogni cosa che sente lui; se volessi potresti letteralmente fargli una sega mentre sta parlando con lei. Cavolo nemmeno se voleste stareste in grado di voltarvi veramente le spalle. E in più, qualunque cosa si dica, Misa avrà pure il Giappone ma tua hai il Branco. E poi non c'è competizione. Cazzo la definisce una sorella. » Mia scosse la testa già decisamente più incerta su quello che pensava, ma non per questo meno ostinata a cedere. « Non è bello però sentirsi sbattere sempre in faccia - » If I were you, I'd be more concerned about how good it felt to have your big boy angry around you. But I'm not you. You wanna be whiny and fussy? Good for you guys, but at least make it worth. Trust me, Mia. « Guarda le cose nella giusta prospettiva. Sticazzi di cosa vuole quella là. Mi sembra più importante cosa vuoi tu.. e lui. » « Ma io non - non è vero! Ma cosa dici.. » Savannah annuì alzando gli occhi al cielo, interrompendola prima ancora che potesse aggiungere altro, specialmente perché il suo viso, rosso come un peperone valeva più di mille parole. Yeah, sure, as you say! You do you, girl. I have more important things to do. Honestly I was just passing by. And I only do so when things get interesting. Just saying. E così, la bionda scomparve prima che Mia potesse aggiungere altro, lasciandola in un palese clima di stupore e imbarazzo che la portò a stendersi sul materasso coprendosi il volto con entrambe le mani. [...]
    Prendere un po' d'aria non era stata poi un'idea così cattiva. Nonostante il freddo, il sole e la lunga passeggiata avevano influito in maniera positiva sull'umore di Mia al punto da riuscire persino a intrattenere una conversazione più lunga di cinque minuti con Kenichi. Restava comunque per le sue e si impegnava il più possibile a mostrarsi indifferente nei confronti di Raiden. La riuscita di quel proposito era tuttavia un altro paio di maniche. Di tanto in tanto non poteva fare a meno di gettargli occhiate e sguardi insistenti, quasi sperasse di poter vedere l'ammorbidirsi dei bollenti spiriti di prima. Faceva del suo meglio per ascoltare i racconti di Kenichi e socializzare; rideva alle sue battute e ogni tanto si spingeva addirittura a dire la sua, seppur, nella maggior parte dei casi le risposte erano tanto millimetriche quanto pesate. Rispetto al solito, era evidente che l'energia che portava nelle conversazioni e nelle situazioni conviviali era completamente assente. Quello spirito era maggiormente evidente ogni qual volta nella conversazione si aggiungevano Misa e Raiden, ai cui discorsi Mia non si unì mai. Se vuole stare con la sua amica ci stesse. Sia mai che mi rinfaccia il fatto che non può rammentare il suo passato e le sue tradizioni. Da una parte, odiava non sentirsi sufficientemente a suo agio da poterlo fare; Savannah aveva ragione. Si tagliava fuori volutamente quando, al massimo la situazione doveva essere completamente ribaltata. Il grado di complicità che Mia e Raiden avevano raggiunto, non poteva certo essere superato da nessuna amicizia, e quella, non era certo certo una convinzione da dover confermare. Eppure, in un certo qual modo, Mia lì si sentiva fuori, come se non potesse entrarci fino in fondo. Non si sentiva come se Misa volesse tenerla volutamente fuori, ma col suo comportamento in un certo qual modo la portava comunque a starsene alla larga. Forse perché rimuginava ancora troppo sul modo in cui Raiden l'aveva difesa, forse perché in fondo si era convinta del fatto che qualunque cosa avesse fatto o detto, doveva farsela andare bene a prescindere, anche nel momento in cui la sua amica in primis teneva un preciso atteggiamento: lei qui è a casa sua, sa che può farsi spazio con facilità. Non fa nulla per tenere gli altri alla larga dalla sua bolla, ma non prova nemmeno a inserirli. Mentre si raccoglievano in preghiera, Mia pensò a tutte quelle cose, gettando solo ad un certo punto uno sguardo in direzione della ragazza. La sorprese osservarli da oltre la figura del marito, prima di distogliere lo sguardo, piegare il capo e tornare alle proprie preghiere. Si spostarono poco dopo nella zona dei diversi banchetti tipici, di fronte ai quali Kenichi si sentì ancora una volta in dovere di spiegarle da capo il rito dei omikuji. Così, quando giunse il suo turno estrasse a propria volta il proprio dispiegandolo tra se e se alzando appena le sopracciglia sorpresa. « Mezza benedizione. Beh, non c'è male. Lo accetto. A voi come è andata? » « Quasi maledizione. Aaah non la schiodo. Sono almeno cinque anni che mi capita sempre simile. » « AAAAH! Io ho avuto grande benedizione! » « Che dice? » Ancora un po' concentrata sul proprio biglietto sollevò lo sguardo solo nel notare lo scambio tra i restanti partecipanti. « Mi chiedo che altro puoi desiderare. Diventeremo ricchi? » « Tanto queste robe sono sempre generiche. Ma vedremo. A te cosa è capitato, Mia? Se ti è uscito qualcosa a metà possiamo andare a comprare un omamori per compensare quella particolare categoria. Io me ne compro qualcuno ogni anno. Vendono anche i kimono. Possiamo prendercene due e ti aiuto a fare i capelli, che ne dici? Le starebbe un sacco bene il kimono, vero Raiden? » Si irrigidì di colpo nel veder la giovane giapponese toccarle i capelli, al punto che fece un grosso sforzo nel non ritirarsi nell'esatto momento in cui le dita di lei raggiunsero le proprie ciocche. « Assolutamente. Se ti va. Tante ragazze lo fanno. » « Oh sì e ci stanno anche un sacco di bancarelle intorno con cibo buonissimo. Possiamo anche dividerci: le donne vanno ad agghindarsi e noi prendiamo da mangiare? » « Portate anche la clava per procacciare il cibo? » Una domanda posta con leggerezza che la portò a ridere appena; non era certa che gli altri due avrebbero capito la sua battuta, ma in fondo era certa che Raiden dal canto suo l'avrebbe compresa perfettamente. Poco dopo scosse la testa, seppur non riuscisse a sentirsi in colpa per quella battuta, nonostante lo sguardo un po' perplesso di Kenichi. « Te lo spiega Raiden se ha voglia. » Ma probabilmente non lo farà, perché non capiresti comunque, caro Kenichi, e anzi, troveresti anche un po' fuori luogo che una giovane donna prenda sul ridere il desiderio di un uomo di procacciare il cibo da mettere in tavola per la sua amata. Infine acconsentì alla proposta dell'uomo dividendosi. E così prese a muoversi in mezzo alle bancarelle lasciando che Misa iniziasse a raccontarle questa e quell'altra cosa circa le tradizioni e i vari oggetti che vedevano lungo il loro percorso. Poi, ad un certo punto, mentre si erano fermate davanti a una bancarella di gingilli davvero graziosi, gli occhi grandi della ragazza si spostarono con una certa insistenza a richiamare la sua attenzione. « Mia.. posso farti una domanda? » La giovane Yagami la osservò senza sapere esattamente cosa dire. Piegò appena il capo lasciandole intendere di sì. Tuttavia, la giapponese sembrò indugiare per qualche istante mordendosi il labbro inferiore. « Ieri sera.. ho fatto qualcosa di male? » « No.. » Tagliò corto tornando a osservare un grazioso braccialetto, senza sapere cosa aggiungere. « Perché Raiden mi ha chiesto cosa ci siamo dette ieri ed io.. non so. Quando non ti ho vista tornare.. » Di colpo Mia si ritrovò al fianco di Raiden in fila davanti a una delle tante bancarelle del cibo. « Le hai chiesto cosa ci siamo dette ieri? Allora sei proprio stronzo! Cioè tu non dai quattro soldi su quello che dico io. » Sbuffò scuotendo la testa svanendo dalla fila per tornare a osservare Misa.
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    « Hai pensato di portarmi un té per trovare un altro momento in cui rigirare il dito nella piaga e ricordarmi che sono il motivo per cui Raiden non si trova qui a fare il suo dovere. » La ragazza sgranò gli occhi arrossendo appena. Evidentemente doveva averla spiazzata, al punto che fu evidente non trovasse le parole per spiegarsi in maniera differente. È quello che pensi, non è vero? « Io.. no-non volevo dire questo. » Compie una leggera pausa, Misa, tempo in cui deglutisce e si massaggia nervosamente il collo. « Mi dispiace di averti mortificata, Mia. Dicevo solo che sono felice tu abbia deciso di dare un'opportunità al Giappone. Credo che le persone saranno sempre meno avverse se vedranno il tuo impegno e vi vedranno sempre più spesso qui. In fondo nessuno se lo aspettava - è comprensibile che chi non vi conosce trovi tutto un po' insolito. Per questo dicevo di dar tempo alle cose. Raiden.. è scomparso dalle nostre vite per diverso tempo e poi, quando è tornato è stato solo naturale pensare che sarebbe rimasto. Tutti erano sotto shock quando hanno dato la notizia del suo trasferimento in Inghilterra. » La ragazza la osserva con un'espressione pensosa ma pur sempre sincera. « So che è una sua scelta.. però.. magari se tu trovassi nel tuo cuore la pazienza di tollerare questi momenti di avversità, potrai riportarlo a casa, nel posto che ama, tra le persone che gli vogliono bene. Magari non te la senti o pensi sia impossibile, ma io ci credo. Ecco cosa volevo dire. » Di fronte a quelle parole Mia fu colpita da una realizzazione che non aveva minimamente contemplato. Inizialmente aveva trovato le parole di Misa altamente manipolative; tu però ci credi davvero - non che cambiasse il risultato. Di fronte a quelle parole, Mia avrebbe solo voluto fare dieci passi indietro, scappare, se possibile nascondersi sotto un sasso e rimanerci finché il mondo non fosse scomparso. Nessuno ti ha detto che io non ci sto provando ma tu lo stai dando per scontato. Forse perché non sono abbastanza funzionale rispetto a questo posto. Il problema è che a volte Mia non si sentiva funzionare rispetto a nessun posto, e ciò la feriva. Inesorabilmente sentire quei discorsi la faceva sentire come se non fosse abbastanza, come se in un modo o nell'altro fosse un impedimento. Posò al proprio posto il braccialetto prima di compiere un passo in direzione di Misa. Mai due persone erano sembrate così diverse a confronto. « Ascoltami molto attentamente Misa. Non so che idea ti sei fatta di me, ma voglio che sia molto chiaro che non gradisco le tue convinzioni o supposizioni. O quelle di chi pensa queste cose, indipendentemente dalla ragione che le smuove. » Fece una leggera pausa prima di ricercare il suo sguardo. « Io ho diciannove anni e sono cresciuta in America. Sono stata quasi espulsa da Ilvermorny e quasi bocciata a Hogwarts. Non sono la strega più brillante del mondo, né la guerriera più brava. Non sono una madre modello, né una moglie da manuale. Non parlo il giapponese e a quanto pare sono pure cafona. A volte sono veramente una persona merda. Ma nonostante questo, quando Raiden è tornato in Giappone io ero al suo fianco. La notte della liberazione io ho lottato con le unghie e coi denti affinché il Giappone tornasse libero. » Strinse i denti osservandola con estrema serietà. « Magari non avevo le stesse ragioni di molti altri, ma l'ho fatto comunque. E a lotta conclusa, per tornare a casa dalla mia famiglia mi sono sporcata le mani per la prima volta nella mia vita - e mi perseguiterà per sempre. Non sono fiera di ciò che ho fatto, ma sono fiera di ciò che sto diventando. » Pausa. « Io sono questa, e se il Giappone non riesce ad accettarlo, dovrà comunque farsene una ragione, perché fino a prova contraria di cognome faccio comunque Yagami, e se qualcuno ha qualche dubbio in merito può cercarlo in tutti i registri che vuole. » A quel punto volse lo sguardo alla propria sinistra, là dove una lunga fila di stampelle cariche di kimono le aspettavano. « Forse se invece di parlare di te e mio marito di continuo mi avessi chiesto anche solo mezza cosa su di me, ora non mi diresti di esercitare tolleranza, né insinueresti che non ho mai dato opportunità al Giappone. Anche perché dubito Raiden ti abbia detto queste cose sul mio conto. » Alcune cose non le sa nemmeno lui. E, in ogni caso, non è da lui dipingermi in questo modo. L'idea di essere vista in quella maniera, come una che in un certo qual modo portava Raiden non solo a vivere altrove ma anche a reprimere se stesso la feriva intensamente. Seppur iniziava a comprendere che le intenzioni di Misa non avessero un fine malizioso, ciò non toglieva il fatto che fosse prevenuta e che un certo qual modo tendeva a vedere Mia come una presenza ostile e dannosa nella vita del giapponese. « Ti prego di scusarmi se ho lasciato intendere tutto ciò. Non vorrei che le cose andassero così tra noi. Tengo molto alla felicità di Raiden. » In tutta risposta Mia le diede le spalle ancora un po' contrariata, decidendo di ignorarla e iniziare a scorrere la fila di kimono finché non ne trovò uno di suo gradimento, abbastanza morbido e in cui potesse muoversi a proprio piacimento. Non si era fatta acconciare i capelli in maniera troppo vistosa, preferendo una semplicemente coda alta che la proprietaria del negozio aveva abbellito con un grande fiocco azzurro in tinta con il resto dell'abito. Da quel momento le due non fecero più parola dello scambio. Anche quando andarono nuovamente incontro a Raiden e Kenichi, fu come se nulla fosse successo. Seppur non parlassero più di tanto, la situazione sembrava più distesa. Non lo fu tuttavia quando Mia incontrò lo sguardo di Raiden sollevando appena il mento. Ce l'aveva ancora a morte con lui. « Vuoi per caso un minuto per chiederle se l'ho maltrattata? Chiedo.. sia mai che non ti sei accertato della sua versione. » « Mmmm quanto buon cibo. » Disse di colpo avvicinandosi al tavolo da picnic dove i due li stavano aspettando. Così presero presero posto attorno al tavolo, ma bastò che Mia prendesse tra le mani le bacchette affinché Kenichi la osservasse con un'espressione più insistente. « Sai, volevo dirtelo da ieri. Fai fatica perché non le tieni in maniera corretta. Ora ti faccio vedere.. c'è un segreto.. » E così ecco Kenichi che le spiega come tenere le bacchette e quale secondo lui e la posizione più comoda. Per una volta Mia non protesta, anzi sembra dargli corda, annuendo alle parole dell'uomo con un'espressione cordiale seppur vorrebbe cavarsi gli occhi dalle orbite. « Aaaaaaah! Ecco, ora tutto quadra. Quindi questa non deve proprio muoversi. Capito capito.. » Kenchi sembrò particolarmente orgoglioso dell'aiuto che aveva dato a Mia. Tant'è che la ragazza, posando una mano sulla coscia del marito, gli mostrò la nuova presa che era uguale identica a quella che aveva già imparato a mantenere quasi alla perfezione. « Quella sotto non si muove. Non l'avevo mica capito.. potevi spiegarmelo meglio. » « È tutta esperienza. Potrai usarla col vostro piccolo quando gli insegnerai le cose. » « Ovviamente. » A quel punto si gustò per un po' il cibo in silenzio prima di rivolgersi a tutti gli altri. « È vero che ci sono le terme? »


     
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    Se fino a qualche giorno prima Raiden avrebbe visto quell'occasione come perfetta, adesso la sola idea di lasciare Mia e Misa da sole non lo faceva stare per nulla tranquillo. Lo sguardo d'intesa che l'amica gli aveva lanciato prima di dividersi era stato ricambiato da quello che era poco più di un tenue sorriso. Certo, Misa era al corrente del fatto che ci fossero dei problemi che la riguardavano, ed era chiaro che il suo fosse un tentativo di rammendarli prima che potessero creare ulteriori incomprensioni, però era anche vero che non conosceva Mia a sufficienza. Tu puoi andare lì con tutte le buone intenzioni del mondo, ma finché l'arrabbiatura è ancora calda, dubito che otterrai un risultato positivo. Tuttavia lui non era nessuno per mettersi in mezzo, e in cuor suo sperava che l'affabilità dell'amica sarebbe in qualche modo riuscita a placare almeno un po' l'animo di Mia - che comunque, ne era certo, non avrebbe ammesso tanto facilmente l'errore. Sospirò, annuendo alla decisione comune delle ragazze e affondando le mani nelle tasche del giaccone mentre seguiva Kenichi tra il flusso di persone che confluivano in direzione delle bancarelle adibite allo street food. « Stanno diventando affiatate, eh? » Cristo santo, Kenichi, per la tua età sei davvero stupido. Stirò le labbra in quello che doveva assomigliare vagamente ad un sorriso, limitandosi ad annuire. « Magari mia moglie comincerà a scriverle a lei tutte quelle lettere. Dico bene? Mi sono sempre chiesto dove trovassi il tempo per risponderle. Sai.. con una famiglia e un lavoro bello impegnativo, mantenere una corrispondenza così fitta deve essere impegnativo. » L'uomo parlava con tono allegro, simulando una complicità che - almeno alla luce di ciò che Misa gli aveva rivelato - non doveva essere per nulla genuina. Stai tastando il terreno. Ci sta. In risposta, Raiden scrollò leggermente le spalle. « In realtà non mi pesa. Con Mia ci dividiamo bene i compiti in casa, quindi non è difficile organizzare le giornate. E per scrivere circa una lettera a settimana non ci vuole molto. » « I pro e i contro di sposare un'americana, vero? » Ridacchiò, Kenichi, lasciando Raiden perplesso a guardarlo con aria interrogativa. Quando l'interlocutore colse quella confusione, si affrettò subito a spiegare. « Beh da un lato ti fa sgobbare in casa anche se sei quello che sostanzialmente porta il pane in tavola. Dall'altro però ti concede di avere corrispondenze con altre donne: una giapponese ti ammazzerebbe per qualcosa del genere. » Il giovane Yagami si schiarì la gola, avvicinandosi ad un chiosco che serviva diverse pietanze e mettendosi in fila. « Beh in verità sgobbare in casa non lo vedo come un contro. Cioè, ci vivo anche io, quindi è una mia responsabilità. Non è neanche così pesante quando ti dividi le cose da fare e non lasci ammucchiare il lavoro. Con Haru, poi, mi fa piacere.. fosse per me ci passerei più tempo. » In maniera molto diplomatica, Kenichi si strinse nelle spalle, stendendo un sorriso gentile. « Immagino sia una cosa delle nuove generazioni. Poi tu sei anche emigrato, quindi ha senso. Io personalmente sono per una divisione più tradizionale. Sai, si fa meno confusione e in un certo senso è più semplice gestire tutto. Penso che l'uomo si debba occupare di lavorare sodo per sostenere la famiglia e la donna debba curare la casa. È equo, no? Quando tutti fanno tutto è un casino e non si è più né carne né pesce. » Raiden non stentava a comprendere la posizione di Kenichi, ancora molto diffusa anche tra i giovani in Giappone. Non lo biasimava nemmeno. In fin dei conti ognuno aveva la propria idea di come la famiglia dovesse funzionare, e finché c'era rispetto per le vite altrui e comunione nella coppia, non vedeva quello stile come inerentemente sbagliato. In fin dei conti anche Misa era sempre stata piuttosto tradizionale da quel punto di vista, quindi non credeva che la cosa le pesasse. Semplicemente, speravo trovasse qualcuno che la sostenesse di più nei suoi interessi. Qualcuno che magari fosse un po' più affine a lei. « Non lo trovo sbagliato. Credo che queste cose si decidano nella coppia; in fin dei conti ogni famiglia è diversa: l'importante è stare sulla stessa lunghezza d'onda. » « Oh sì, certo, assolutamente. Ma più che altro dico.. ti ci vedi a fare questa vita a lungo termine? Insomma, adesso sei giovane, sei andato in un paese in cui le donne hanno una mentalità molto aperta, quindi posso capire l'eccitazione. Però hai pensato a questa cosa in prospettiva? » Per un istante Raiden rimase a bocca aperta. Kenichi era sempre stato estremamente gentile e rispettoso nei suoi confronti, ma in quell'occasione stava superando ogni limite, sfiorando la linea dell'aperta offesa. Stava sul punto di rispondergli quando la proiezione di Mia lo interruppe. « Le hai chiesto cosa ci siamo dette ieri? Allora sei proprio stronzo! Cioè tu non dai quattro soldi su quello che dico io. » Alzò gli occhi al cielo, roteandoli platealmente. « Non sapevo che solo la tua versione dei fatti fosse degna di essere ascoltata. » A quel punto si voltò in direzione di Kenichi, spazientito tanto dalla mancanza di rispetto di lui quanto dai capricci della moglie. « Sì, ci ho pensato. Io e Mia abbiamo deciso insieme come impostare le nostre vite e siamo ben consapevoli di come vogliamo gestire la nostra famiglia. Come hai detto tu: il mio compito è sostenerla, e per come la vedo io, questo non si riduce a mettere il pane sul tavolo. È mio dovere supportare le sue decisioni individuali e valorizzarla. In occidente hanno un detto che trovo molto calzante: happy wife, happy life. » In tutta onestà avrebbe voluto dire anche di più, cominciando dal rendere chiaro il fatto che sapesse bene il motivo di tutte quelle domande e insinuazioni inopportune. Puoi dormire sonni tranquilli, Kenichi, non ho intenzione di arrivare un giorno dal nulla e rubarti la moglie. Tuttavia non aveva intenzione di entrare in aperto conflitto con il marito di Misa, in primis perché non voleva mettere in difficoltà l'amica, e poi perché si trattava pur sempre di una persona che avrebbe rivisto una volta ogni mille. Insomma: non ne valeva la pena. Comunque Kenichi sembrò cogliere l'antifona, quanto meno a giudicare dal tono del ragazzo, e lasciò perdere il discorso, virando su quello che era un argomento più urgente: cosa ordinare. Questo consentì a Raiden di balzare di tanto in tanto nella sfera di Mia, controllando la situazione per essere certo che non si verificasse nulla di spiacevole. Quando le ragazze li raggiunsero al tavolo che avevano occupato, il giovane Yagami lanciò un'occhiata relativamente torva alla moglie. Per quanto poco avesse avuto modo di seguire lo scambio privato tra Mia e Misa, non aveva apprezzato particolarmente i toni. « Vuoi per caso un minuto per chiederle se l'ho maltrattata? Chiedo.. sia mai che non ti sei accertato della sua versione. » « Mmmm quanto buon cibo. » « Non ne ho bisogno. Ho sentito a sufficienza con le mie orecchie. Non capisco proprio perché ti ostini a mortificarla. » Inforcò le proprie bacchette, cominciando a pizzicare qua e là dalle diverse pietanze che avevano ordinato. Ci stava un po' di tutto, così da accomodare tutti i gusti e garantire una buona quantità di cibo per rifocillarsi. Non prestò troppa attenzione a ciò di cui si stava parlando, almeno finché Mia non la richiamò posandogli una mano sulla coscia.
    « Quella sotto non si muove. Non l'avevo mica capito.. potevi spiegarmelo meglio. » « Mh ero rimasto che potevi fare tutto da sola senza aiuto. » Per la prima volta, Kenichi sembrò ridere genuinamente a qualcosa che diceva Raiden, forse perché l'aveva interpretata in maniera totalmente diversa da quella intesa. « È tutta esperienza. Potrai usarla col vostro piccolo quando gli insegnerai le cose. » Scoccò un'occhiata a Misa, che dal canto suo mangiava in silenzio con lo sguardo puntato sul proprio cibo. In un certo modo sembrava più rilassata di prima, forse perché quanto meno aveva avuto modo di parlare con Mia del problema che la riguardava, ma conoscendola non doveva vedere l'ora di tornare a casa propria: era solo brava a nasconderlo per il bene comune. « È vero che ci sono le terme? » Neanche ci provò a rispondere, lasciando a Kenichi tutta la soddisfazione di spiegare le caratteristiche del proprio paese. « Oh sì, ce ne stanno diverse. Una è proprio qui vicino: è bellissima, tutta all'aperto. Credo che l'accesso sia aperto anche agli stranieri, sai? » « Con l'asso nella manica che è Mia, ci ritroveremmo una vasca tutta per noi. » commentò ironico, sollevando le sopracciglia nel mettersi in bocca un pezzo di okonomiyaki. Se infatti era vero che da qualche anno a quella parte la maggior parte delle onsen accettavano clienti stranieri, era altrettanto vero che i clienti giapponesi non li gradivano particolarmente, e spesso in loro presenza sceglievano di cambiare vasca o addirittura di andarsene. « O meglio - vi ritrovereste. Io non posso entrare. » Nel dirlo, sollevò appena la manica destra, portando l'attenzione alla ragione di quella frase. Raiden aveva un braccio completamente tatuato e in molte onsen veniva severamente vietato l'ingresso a persone tatuate; il suo, per giunta, non era nemmeno piccolo, quindi le chance che facessero uno strappo alla regola erano molto basse. « È da molto tempo che non ci vado, non ricordo se anche loro hanno questa regola. Ma in caso possiamo chiedere. In fin dei conti sei Raiden Yagami, non ti lascerebbero fuori. » In tutta risposta, il moro storse il naso, sottolineando quanto poco avesse fiducia in quell'eventualità. « Sarò anche Raiden Yagami, ma le regole valgono pure per me. » « Magari ti chiedono di nasconderlo con un incantesimo. » « Tentare non guasta. Però posso chiederti come mai hai deciso di farti tutti quei tatuaggi? So che in occidente va molto di moda, però non puoi non aver messo in conto che nel tuo paese fossero malvisti. » Oh comunque tu i cazzi tuoi proprio mai. Poggiò le bacchette di fianco al piatto, sollevando lo sguardo negli occhi di Kenichi. « Il mio paese - quello che ho servito per anni - mi aveva dichiarato morto e mandava sicari per accertarsi che lo fossi davvero; ho pensato che in caso di ritorno potesse sopportare qualche tatuaggio. » Misa si piazzò subito in mezzo nel vedere il marito pronto a ribattere: posò una mano sul braccio di Kenichi, come a volerlo intimare a non rispondere, e precedendolo per accertarsi che non lo facesse. « Ma certo che può. E sono sicura che faranno entrare anche Mia senza problemi. Altrimenti ci perdono loro a rifiutarvi come clienti. »
    [..] Il ragionamento di Misa si era rivelato azzeccato: in Giappone i favoritismi avevano la meglio sull'applicazione di regole che dovevano riguardare tutti. La nazionalità di Mia non si era rivelata un problema, dato che l'onsen accettava tranquillamente clienti stranieri, e l'atteggiamento fin troppo ossequioso dei proprietari nei confronti di Raiden aveva finito per sminuire l'importanza della regola riguardante i tatuaggi. Tuttavia, per una questione di rispetto, il giovane Yagami aveva insistito affinché sia il proprio sia quello di Mia venissero coperti con un incantesimo. D'altronde, a coscienza propria, non avrebbe gradito dare agli eventuali altri clienti l'impressione che si sentisse al di sopra delle regole. I proprietari diedero loro degli asciugamani e li indirizzarono verso gli spogliatoi, indicando poi sommariamente dove avrebbero potuto immergersi una volta usciti. Le regole erano sempre le stesse: potevano indossare gli asciugamani nel tragitto dallo spogliatoio alla vasca, ma dovevano lasciarli da parte per entrare nell'acqua. Trattandosi di un'onsen abbastanza piccola, c'era solo una vasca, e dunque i clienti non sarebbero stati divisi per sesso. I due uomini uscirono dallo spogliatoio con l'asciugamano legato in vita, ricongiungendosi poi alle rispettive mogli e avviandosi insieme in direzione della vasca fumante che affacciava completamente sul panorama rurale. A sembrare più in imbarazzo di tutti, prevedibilmente era Misa, che si teneva l'asciugamano ben stretto addosso e procedeva con gli occhi puntati a terra. Dal canto suo, Raiden con la nudità non aveva alcun problema, anche perché se pure ne avesse avuti, stare all'interno del branco ti toglieva per forza quel senso di pudore. Infatti, una volta giunto alla vasca lasciò cadere l'asciugamano senza troppi convenevoli, lavandosi sotto l'acqua del rubinetto per poi immergersi nelle terme, seguito a ruota da tutti gli altri. Chiaramente si era voltato quando era stato il turno di Misa, risparmiandole quell'imbarazzo. Kenichi fece a propria volta lo stesso con Mia. Non che quelle azioni contassero molto al di là della formalità, visto che fino a prova contraria l'acqua era pur sempre trasparente. Le onsen, come Kenichi aveva ampiamente spiegato a Mia, erano un luogo pensato per il relax e avevano una lunga storia spirituale alle spalle, dunque - sebbene parlare fosse concesso - bisognava rigorosamente farlo a bassa voce. Che tuttavia Raiden fosse poco interessato a conversare, questo era evidente, e lo sottolineò ulteriormente appoggiando schiena e gomiti sul bordo della vasca di pietra, chiudendo gli occhi per godersi il bagno in silenzio. Una pace che tuttavia ebbe vita breve, dato che Kenichi sembrava in vena di tener banco. Spiegò a Mia tutta la tradizione delle onsen, le curiosità, le norme di comportamento e più o meno qualunque cosa gli passasse per la testa. « Mi sono appena reso conto che tu e Kenichi avete davvero un sacco di cose in comune. Parlare ininterrottamente è la prima. » disse a un certo punto, rivolgendosi a Mia tramite la propria proiezione, noncurante del fatto che il marito di Misa stesse ancora nel pieno dei suoi sproloqui. « Fare supposizioni a caso sulle persone è la seconda. » Fece una pausa, inalando i vapori caldi dell'acqua mentre stendeva più comodamente le gambe di fronte a sé. « Mi sorprende che sia venuto qui così di buon grado, dato che a quanto pare mi vede come il nemico numero uno per la virtù di sua moglie. » Rimase in silenzio un altro po', lasciando che le parole di Kenichi scivolassero in sottofondo senza tuttavia ascoltarle veramente. « Lui però lo nasconde un po' meglio, glielo devo concedere. » « Però devo proprio farti notare una cosa, Mia. Non ci hai detto cosa c'era scritto nel tuo omikuji e non ti ho vista appenderlo agli alberi. Non sarai anche tu come mia moglie, a cui piace tenere tutti questi segreti. » Sorrise tra sé e sé, Raiden, aprendo gli occhi solo per voltarsi in direzione di Mia, stendendo le labbra in un sorriso apparentemente innocente. « Ti ha previsto l'arrivo del principe azzurro? Senza clava, ovviamente. »



     
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    « Non ne ho bisogno. Ho sentito a sufficienza con le mie orecchie. Non capisco proprio perché ti ostini a mortificarla. » Paradossalmente, quello scambio sembrò distendere un po' gli animi. Non era certa che Misa avesse compreso il punto di vista di Misa, né che l'avrebbe convinta a starsene al proprio posto, ma di certo almeno aveva dato un'idea piuttosto chiara alla giapponese delle cose che evidentemente a Mia davano fastidio. Per l'americana, cercare di adattarsi al regime delle norme comportamentali giapponesi era già abbastanza difficile senza che anche le persone vicine al marito dessero un giudizio sommario e parziale della loro dinamica. « Per la stessa ragione per cui tu ti ostini a mortificare me. » Ricongiungersi a Raiden diede solo adito a una nuova ondata di passivo-aggressività da parte di entrambi che si tradusse in una serie di brevi quanto sciocchi battibecchi che sembrarono deliziare Kenichi, il quale, a quel tipo di comportamento doveva essere più che abituato. Non Mia però, non a caso lo fulminò all'istante non appena le parole di lui giunsero alle sue orecchie. « Mh ero rimasto che potevi fare tutto da sola senza aiuto. » Arrossì appena, osservandolo con un'espressione palesemente infastidita. « Ma guardali come fraternizzano. » Spero almeno tu sia molto fiero di te. Fu proprio Mia a decidere di cambiare argomento, specialmente perché, dall'alto del suo non avere figli, Kenichi aveva aperto una lunga parentesi sull'educazione dei figli, in particolare il loro, una che di certo non si frenò nemmeno quando il discorso passò sulle terme. Se inizialmente i lunghi discorsi dell'uomo erano stati ben accetti, quanto meno perché riempivano i silenzi imbarazzanti degli altri, il fatto che lui si ostinasse a spiegare ogni cosa a Mia, stava iniziando a diventare snervante. « Oh sì, ce ne stanno diverse. Una è proprio qui vicino: è bellissima, tutta all'aperto. Credo che l'accesso sia aperto anche agli stranieri, sai? » « Con l'asso nella manica che è Mia, ci ritroveremmo una vasca tutta per noi. » Istintivamente il boccone le andò di traverso portandola a tossicchiare appena. « E perché scusa? » Trovava quelle parole estremamente offensive e senza senso. Perché mai avrebbero dovuto trovarsi da soli a causa di Mia? Il giapponese sembrò correggere il tiro abbastanza in fretta dando a Mia un'idea evidente del motivo per cui in verità nessuno dei due era adeguato alle terme giapponesi secondo la cultura del posto. Lei era straniera mentre lui era il giapponese più lontano dalla sua cultura possibile. « Tentare non guasta. Però posso chiederti come mai hai deciso di farti tutti quei tatuaggi? So che in occidente va molto di moda, però non puoi non aver messo in conto che nel tuo paese fossero malvisti. » « Il mio paese - quello che ho servito per anni - mi aveva dichiarato morto e mandava sicari per accertarsi che lo fossi davvero; ho pensato che in caso di ritorno potesse sopportare qualche tatuaggio. » Seppur non volesse darlo a vedere, quello scambio portò Mia a dispiacersene molto. Seppur il Giappone tentasse di farle credere che lei e Raiden fossero qualcosa di passeggero, che prima o poi lui sarebbe tornato esattamente dove tutti pensavano fosse il suo posto, la verità è che lo stesso Giappone lo giudicava pesantemente e sotto sotto non approvava affatto le sue scelte. Raiden era un simbolo, era tanto amato e grazie all'impegno che ci aveva messo per liberare la sua patria, le persone tendeva a chiudere un occhio su di lui. Ciò non significava che quel atteggiamento sarebbe durato in eterno, né che i suoi privilegi sarebbero rimasti tali indipendentemente dalle sue scelte. Ovunque andiamo, qualunque cosa facciamo, le persone tenteranno sempre di ricondurci a qualcosa di altamente funzionale, qualcosa che conoscono e con cui sanno fare i conti, non è così? È questo ciò che accade sempre. E Mia, che in Inghilterra non aveva sempre avuto vita facile, ne sapeva qualcosa. Istintivamente deglutì abbassando lo sguardo sul proprio pasto senza dire nient'altro. Nonostante l'arrabbiatura nei confronti di Raiden e le loro incomprensioni, non riusciva a non stare male. Fino a quel momento aveva sempre accusato i colpi subiti in quel paese come profondamente personali. Credevo volessero attaccare me e basta. Perché non sono ciò che si aspettavano. E forse in parte era così, ma quella era solo una parte della verità. Ovunque andasse, negli occhi delle persone leggeva quel profondo senso di diffidenza e derisione dettato, riusciva quasi a sentire le loro voci mentre la definivano l'americana - non aveva però considerato che quello stesso giudizio si infrangeva automaticamente anche su di lui. Così, nonostante la voglia di chiacchierare di Kenichi e i discorsi estremamente generici dell'intero gruppo, Mia cadde in una forma di mutismo selettivo evitando di dire molto lungo il tragitto. Non fede domande né partecipò troppo attivamente ai discorsi degli altri, carpendo solo in parte i loro discorsi. Continuava a pensare allo scambio di prima tra Raiden e Kenichi così come a tutti gli eventi che in un modo o nell'altro li avevano visto come protagonisti di giudizi tanto in Giappone quanto altrove. Ovunque, Mia e Raiden non era sufficientemente conformi. C'era sempre qualcosa che non andasse. Il mondo non era pronto ad accettare il fatto che le loro diversità potessero essere superate, e di conseguenza quegli stessi problemi tendevano a portarli a discutere e non comprendersi a sufficienza. Seguì gli altri all'interno del piccolo complesso lasciando i più esperti a intercedere. Non commentò né l'incanto di disillusione castato tanto sul braccio di Mia quanto su quello di Raiden, né le parole di infinito ringraziamento dei presenti in merito al fatto che venisse data loro la possibilità di accedere alla struttura. A volte Mia tendeva a dimenticare che non ovunque le cose si svolgevano nelle medesime maniere. Le consuetudini americane non erano uguali a quelle inglesi, né a quelle giapponesi e non c'era nulla di male nel fatto che non tutti erano uguali. Il problema non è mai la diversità in sé, ma la mancanza di accettazione del bagaglio culturale altrui. Così, decide di tornare un po' di più in sé e affrontare quell'esperienza con la curiosità che la contraddistigueva in quelle circostanze. Separatasi quindi da Raiden e Kenichi, seguì Misa nello spogliatoio delle donne dove Misa le spiegò con gentilezza le norme comportamentali più importanti delle terme. In un certo qual modo il confronto di prima sembrava averla scaricata di parte della frustrazione che provava, al punto che accolse le parole della ragazza con meno ostilità e reticenza rispetto a prima. « Aspetta.. ci andiamo senza niente? » Misa la osservò con un piccolo sorriso timido e per niente incoraggiante. « È un posto molto tradizionale. Ma non temere. Le persone portano molto rispetto in queste situazioni. » Certo non temere. Non sarà affatto imbarazzante ritrovarci tutti nudi nella stessa vasca. Ma figuriamoci. Ma che roba è. Una parte di sé rimase un po' sconvolta all'idea, non solo perché era imbarazzante a prescindere trovarsi nuda in presenza di diversi perfetti sconosciuti, ma anche perché tutte nella stessa vasca ci sarebbero stati Misa. E Kenichi. Misa e Kenichi. Kenichi e Misa. Fece del suo meglio per non mostrarsi preoccupata dalla questione; in quello, Mia era piuttosto brava. Seppur fosse parecchio nervosa all'idea, quando giunsero nei pressi della grande vasca comune,tirò un sospiro e attese il proprio turno studiando le mosse dell'unica persona che avrebbe potuto osservare in quelle circostanze senza sembrare inopportuna. Raiden dal canto suo non sembrava minimamente disturbato né dall'idea di esporsi, né tanto meno del fatto che gli altri lo fossero attorno a lui. Ne emulò quindi i movimenti dirigendosi verso le doccette, per poi immergersi a sua volta velocemente nell'acqua calda, spostando appena lo sguardo in direzione di Raiden mentre si portava le ginocchia al petto pee cercare di proteggersi il più possibile in quella situazione tanto strana quanto insolita per lei. Le sarebbe piaciuto affrontarla in maniera diversa; si rendeva conto solo allora quanto coraggio riuscisse a infonderle e quanto banalmente più sicura si sentisse quando provava tutte quelle cose nuove insieme a lui. Ascoltò poco e niente i discorsi di Kenichi. A dirla tutta trovava piuttosto inopportuna la voglia dell'uomo di discorrere mentre si trovavano lì, nudi e senza alcun filtro. Mia associava i discorsi in una vasca d'acqua calda a un'esperienza molto intima; una che, a dirla tutta era accaduta solo con Raiden. Percepiva quindi la voce bassa di quell'uomo come una forma di intrusione. « Mi sono appena reso conto che tu e Kenichi avete davvero un sacco di cose in comune. Parlare ininterrottamente è la prima. Fare supposizioni a caso sulle persone è la seconda. Mi sorprende che sia venuto qui così di buon grado, dato che a quanto pare mi vede come il nemico numero uno per la virtù di sua moglie. Lui però lo nasconde un po' meglio, glielo devo concedere. » Istintivamente lo sguardo di Mia in proiezione lo incenerì sul posto. Trovava quelle affermazioni a dir poco inopportune e cattive senza ragione alcuna. « Magari ha le sue ragioni. Nessuno ti dà il diritto di giudicare in maniera così superficiale la loro relazione. » Poi, di colpo, stirò un sorriso affilato scoprendo la fila di denti bianchi lasciando scorrere lo sguardo sulla figura di lui. La proiezione di Mia si spostò dal fianco di lui per farsi spazio a cavalcioni sulle gambe del moro, osservandolo con un'espressione colma sfida. « Non sapevo ti desse così tanto fastidio. Buono a sapersi. Forse dovresti cercarti una persona che parla meno, non credi? Più gentile.. più carina.. sia mai che le venga in mente di sfidarti. » Posò le mani ai bordi della vasca sopra le sue spalle osservandolo più da vicino prima di far lasciar scorrere lo sguardo sull'intimità di lui. Non voleva certo rendere la questione troppo evidente, ma quella tensione era comunque piacevole. « Almeno non dovresti prenderti la briga di ascoltare. » Strinse i denti osservandolo con un espressione ferita prima di distanziarsi. « Però devo proprio farti notare una cosa, Mia. Non ci hai detto cosa c'era scritto nel tuo omikuji e non ti ho vista appenderlo agli alberi. Non sarai anche tu come mia moglie, a cui piace tenere tutti questi segreti. » Di colpo, il silenzio e la tensione creata tra i due venne spezzata dall'interferenza di Kenichi che la portò a sospirare un po' spazientita mentre si passava una mano sul viso. In tutto quel tempo, Mia, nella sua versione più tangibile era rimasta inerme con gli occhi chiusi e le ginocchia incollate al petto, annuendo di tanto in tanto alle parole dell'uomo senza dargli troppa corda. Eppure sei un tale ficcanaso che non si direbbe proprio qualcuno possa tenerti mezzo segreto, coso. « Ti ha previsto l'arrivo del principe azzurro? Senza clava, ovviamente. » « Adesso ti interessa? In tanto qualcuno ha deciso di chiederlo anche a me, visto che tu eri troppo occupato a curarti del biglietto di Miss-Grande-Benedizione. » Detto ciò sbuffò e scomparve dal suo cospetto per tornare completamente in sé, nella vasca da bagno. In verità il suo biglietto era generico quanto tutti gli altri. Quasi-piccola-benedizione, qualunque cosa significhi. Tuttavia, lo aveva etichettato come qualcosa di cui non curarsene, né il momento le aveva permesso di scherzarci o interrogarsi maggiormente sul suo significato. Puntando quindi lo sguardo avanti si strinse nelle spalle. « Non hai da preoccuparti, caro, mi sono abituata alla clava. Non vado da nessuna parte. » Dicendo ciò gli diede una leggera pacca sulla coscia sotto l'acqua osservandolo con un'espressione apparentemente serena. « In ogni caso io sono sempre vissuta senza preoccupazione alcuna. Sono sempre stata estremamente fortunata. Non ho niente altro da desiderare. Era una predizione positiva però.. immagino. » Scostò lo sguardo dal moro lasciandosi sfuggire una leggera risata apparentemente sciocca, che tuttavia nascondeva dell'amarezza. « Beh con tutta la fortuna del mondo, qualcosa in più si può sempre desiderare. Voi in America crescete con tanti sogni e tante libertà. E' vero anche per le ragazze - soprattutto per le ragazze! » Era davvero ironico che a dirlo fosse proprio Kenichi che aveva liquidato con così poca grazia il biglietto di Miss-Grande-Benedizione. Per quanto non le stesse a cuore, né la sua presenza le fosse gradita, in quel momento assestare anche solo un piccolo colpo a Kenichi sembrò darle più gusto. « Qualcosa come ad esempio una grande benedizione? » Doveva averlo lasciato un po' di stucco perché per un istante Kenichi non disse proprio niente. Borbottò solo dopo un po' qualcosa sotto voce, ma per lo più non disse molto altro, né tentò di istruire ulteriormente Mia circa niente di particolare - semmai sembrò riservarle un trattamento più freddo. Il bagno continuò in perfetto silenzio, permettendo così a Mia di volgere lo sguardo verso la campagna innevata a chiazze, stringendosi un po' di più le ginocchia al petto. Rifletté a lungo sul da farsi senza dire altro. Usciti dalla vasca, dopo essersi assicurata di non fare altri passi falsi, Mia si avvolse velocemente l'asciugamano addosso, per poi ripercorrere la strada verso lo spogliatoio a testa bassa. Si scambiò qualche chiacchiera di circostanza con Misa, rimanendo per lo più sulla superficie, finché, giunta al momento di cambiarsi decise di saltare nuovamente nella sfera di Raiden, poggiandosi con non chalance contro l'armadietto di legno accanto a quello in cui il giovane aveva riposto i propri vestiti. Gli si piazzò davanti cercando di guardarlo dritto negli occhi deglutendo appena. Per qualche istante non disse nulla, seppur fosse evidente che qualcosa da dire ce l'aveva. « Ci ho riflettuto. Hai ragione. » Disse di colpo incrociando le braccia al petto. « La tua famiglia non se lo meritava. È stato ingiusto da parte mia. » Poteva sembrare un'offerta di pace. Dal silenzio che ne seguì pareva avesse finito, ma nonostante ciò non si mosse, né tornò alle sue faccende. « Però voglio che ti sia molto chiaro che tu le mie scuse non te le meriti. L'unica cosa che mi aspettavo da te era un po' di empatia, cazzo. » Deglutì scuotendo la testa. « Sei stato cattivissimo con me, per nessuna ragione. Oggi poteva essere completamente differente e invece tu ci hai tenuto a ignorarmi e riempirmi di battute sarcastiche per tutto il giorno. Mi hai paragonata a quel bruto! Vaffanculo! » Pausa. « L'unica cosa che hai ottenuto è convincermi di aver ragione su tutta la linea. » Oh - and just to be clear, you don't get to say I'm a spoiled brat when you do whatever's in your power to piss me off. If I didn't know you, I'd say you enjoy provoking me. Please excuse me for not being the dumb tangue-tied bitch you tought, Sir. Lo squadrò dalla testa ai piedi e scomparve in un batter d'occhio, tornando a rimettersi i propri vestiti, per poi dirigersi verso l'uscita. Il breve giro di ricognizione tra le bancarelle, permise a Mia di comprare qualche pensierino per i nonni e Hanna, un piccolo gingillo per Hiroshi ed Eriko e persino una piccola collanina per Haru. Anche Misa si era permessa di comprare qualche cosa prima di riprendere la strada verso casa, durante la quale Kenichi diede loro l'ennesimo colpo di grazia. « Ah le donne.. spendono e spandono. Che rovina. Ma si sa, né con loro, né senza di loro. » Un commento al quale Mia decise di non rispondere. Fece solo esattamente ciò che si era programmata, una volta tornata a casa, consegnando un bel mazzolino di fiori alla nonna e ad Hanna, restando un po' insieme a loro per scusarsi della sera prima, decidendo di ignorare di proposito Raiden. Salì nella stanzetta del piccolo di casa in fretta e furia solo diverso tempo dopo, quando Mia era riuscita a finire di raccontare quanto fatto durante la giornata e quanto era stata bene con Raiden e i suoi nuovi buonissimo amici Misa e Kenichi.
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    Trovare padre e figlio insieme, non fu certo ciò che si aspettava. Gli occhi di Haru, un po' disperati a causa dello sforzo compiuto ad alzarsi sulle proprie bracine, rotolare e stare seduto, furono pronti a intercettare quelli della mamma, iniziando a piangere non appena la videro. Una strategia che il piccolo ormai conosceva bene pur di avere la pappa e concludere prima i suoi esercizi. Mia si precipitò da lui velocemente allungando le mani per prenderlo in braccio; nonostante solitamente gli avrebbe dato il tempo di finire, quel giorno, la giovane Yagami avrebbe fatto di tutto per dare sui nervi a Raiden. I'm here bunny. Are you hungry? Did daddy put you through torment? Il bambino, trovato il morbido del seno della mamma incollò la guancia contro la pelle di lei osservandola con un'espressione tanto attenta quanto angelica. Haru era un ammaliatore viziatissimo. Otteneva sempre ciò che desiderava, e non c'erano nemmeno dubbi su quale fosse la ragione. He did huh? Don't pay attention to him. Daddy's just mean today. Soooo mean, for no reason. Ci parlava come se Raiden non fosse là e come se il bambino potesse seriamente sentirlo o capire. Il piccolo infatti sorrise, portando Mia a scoppiare a ridere a sua volta, mentre lo aiutava a sistemarsi per mangiare. Fu solo quando il bambino iniziò fu troppo impegnato a pensare al suo spuntino che mia decise di alzare il dito medio in direzione di Raiden, inclinando la testa di lato. « Ci penso io a farlo dormire. Fortunatamente almeno tuo figlio gradisce quanto parlo. Tu puoi andare a raccoglierti nel silenzio un po' dove ti pare. Magari ti ricordi come si fa a non essere un completo insensibile. »


     
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