Sober friend

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    « In sostanza ci ha incastrati tutti per fargli un regalo. » Caleb Queen, ufficiale della brigata aerea, era proprio il tipo di persona da fare una cosa del genere. Raiden non poteva dire di essere chissà quanto vicino al ragazzo, ma evidentemente agli occhi dell'altro lo era a sufficienza da meritarsi un invito alla sua festa di compleanno super esclusiva. In realtà le linee guida di quell'esclusività erano piuttosto strane: a giudicare da quelli che aveva sentito, gli invitati erano per lo più i colleghi dello stesso dipartimento, gli amici stretti e gli ufficiali delle altre squadre. Insomma, una cosa mirata ad avere intorno sì i propri cari, ma anche gente di un certo livello. A rendere quell'ipotesi ancor più evidente era poi stata la clausola finale dell'invito mandato per gufo: non erano ammessi plus one, né imbucati. Non a caso Queen aveva affittato il Suspiria per l'intera serata, chiedendo espressamente ai buttafuori di non far entrare nessuno che non fosse nella sua lista. Tutte queste rogne per compiere venticinque anni non si erano mai viste. In altre circostanze, Raiden avrebbe declinato gentilmente l'invito, adducendo qualche scusa facile da propinare a qualcuno che conosceva così poco come Caleb, ma la sorella gli aveva fatto cambiare idea. « Dai, che ti frega? I soldi ce li hai. E poi non è che abbia chiesto di fargli chissà che. » Eriko, infatti, Caleb lo conosceva bene. A quanto pareva condividevano lo stesso umorismo acido - un fattore, questo, che pareva essere stato sufficiente a farli diventare buoni amici. E siccome Caleb si era messo in testa di voler bere anche l'acqua dei termosifoni, Eriko - che come ogni giapponese se ne intendeva di serate alcoliche - non aveva potuto far altro che assecondarlo e dargli manforte. Proprio qui entrava in gioco Raiden, il cui ruolo, per Eriko, doveva essere sostanzialmente quello dello choffeur. Prevedendo di bere parecchio, la giovane non se la sentiva di tornare a casa da sola, né tanto meno di smaterializzarsi, così aveva chiesto al fratello il piacere di accompagnarla alla festa per poi riportarla a casa sana e salva. Inutile dire che per quanto Raiden tenesse spesso e volentieri il muso duro, non era mai stato davvero capace di dire di no alle richieste di Eriko e dunque, pur se con l'impiego di qualche metodo coercitivo, alla fine aveva accettato. « Sì, ma è il principio. Cioè questo fa la festa super esclusiva fighetta invitando gente che a malapena conosce. Capisci che ti mette un po' in obbligo. » Eriko sbuffò, piazzando i piedi sul cruscotto della macchina - una mossa che, prevedibilmente, le attirò un'occhiataccia da parte del fratello. « Stai facendo passare questa festa come se fosse il met gala dei poveri. È un ufficiale - è normale che non si mischi troppo con le reclute. » « Ti faccio notare che tu sei una recluta. » Eriko scrollò le spalle. « Io sono un altro conto. » In tutta risposta Raiden alzò gli occhi al cielo. Eh certo, tu sei sempre speciale. Rimase per qualche istante in silenzio prima di aggiungere nuovamente « Comunque questa cosa che abbia vietato gli accompagnatori è una cafonata. Cioè, non che Mia ci tenesse ad esserci, però da invitato dovrei quantomeno avere la libertà di portare il mio partner se voglio. » Nonostante avesse lo sguardo puntato sulla strada, Raiden riuscì a percepire comunque l'alzata di occhi al cielo della sorella. « Penso che né tu né Mia morirete se per una sera state separati. » Da quell'osservazione, il giovane Yagami si sentì punto sul vivo. Sebbene la giovane coppia fosse propensa ad includersi l'un l'altro nelle rispettive uscite, Raiden riteneva comunque immeritata quell'immagine dipinta da Eriko: quella di una coppia appiccicosa che doveva sempre fare tutto insieme per forza. Non erano così, e c'erano moltissimi esempi di quanto entrambi mantenessero una certa indipendenza. « Non è quello il punto. È - » Eriko sbuffò, interrompendolo. « È il principio, lo so, l'hai ripetuto almeno trenta volte da quando ti è arrivato l'invito. Cazzo Raiden, tu vivi di principi. » « Beh mi pare che questo mio tratto caratteriale ti sia tornato comodo tante volte, quindi fossi in te farei meno la saccente. » Nel dirlo le scoccò un'occhiata eloquente, allungandosi poi per spostarle i piedi dal cruscotto. In tutta risposta, Eriko sbuffò nuovamente, alzando il volume della radio e abbassando il finestrino per godersi l'aria fresca della sera tardo-primaverile.
    Il resto del tragitto era stato piuttosto tranquillo, punteggiato solo da qualche altro commento caustico o punzecchiatura - insomma, il normale modo di comunicare instaurato tra i due fratelli. Alla fine erano arrivati alla festa in orario - non troppo presto da essere i primi arrivati ma nemmeno troppo tardi da passare per maleducati. Raiden aveva fatto gli auguri al festeggiato, gli aveva consegnato il proprio regalo di circostanza e alla fine si era diviso da Eriko, preferendo parlare con i colleghi del proprio dipartimento e godersi la serata per quanto poteva. Agli occhi di chi lo conosceva era piuttosto strano vederlo così attento all'alcool: di solito il giovane Yagami aveva sempre un bicchiere in mano in quelle circostanze, e la sua soglia di tolleranza era ormai sufficientemente alta da potergli permettere di farlo. Tuttavia, in quanto autista scelto, quella sera si era dovuto moderare, ritrovandosi a rifiutare diverse proposte di cocktail e shot. Certo, un paio di birre non se le sarebbe fatto mancare, ma non voleva comunque esagerare. « Oh, aspettate, ci sta una mia amica. Forse si vuole unire anche a lei a freccette. ELLIE! » Per un istante a Raiden si gelò il sangue nelle vene, temendo che quella Ellie potesse essere niente meno che Elaine, la prima ragazza con cui era entrato in intimità ormai anni addietro. Nel vedere avvicinarsi una chioma bionda, tuttavia, tirò un sospiro di sollievo. Non che la situazione con Elaine fosse poi così drammatica, ma sarebbe comunque stato almeno un po' in imbarazzo a doverci condividere una serata. « Jack, tu la conosci già. Raiden.. tu.. » Rupert gli rivolse un'occhiata interrogativa, cercando di accertarsi della situazione. A quel punto, però, ci pensò lo stesso Yagami a scollare le spalle e stendere un sorriso cordiale alla bionda, allungando una mano nella sua direzione. « No, non penso che ci siamo mai conosciuti. Raiden, piacere. » Non la conosceva di persona, ma il suo viso gli era noto. Avendo vissuto per diverso tempo nella casa accanto a quella di Beatrice Morgenstern, sapeva a grandi linee chi lei fosse: Mia gli aveva raccontato tutto il gossip riguardo la situazione Watson-Morgenstern. Inoltre, facendo entrambi parte del branco, era difficile non sapere almeno le generalità l'uno dell'altro; tuttavia presentarsi era sempre buona norma in quelle situazioni. « Penso di averti vista, sai? » disse, in seguito alla presentazione di lei. « Forse all'asilo nido. Mi sa che hai portato qualche volta i bambini di Beatrice. » Fece una breve pausa, inclinando il capo di lato mentre proseguiva a spiegare. « Ho un bambino anche io. Vanno allo stesso nido. » « No ragazzi, non cominciamo. Stasera non si parla di poppanti, mogli, mariti o cose noiose di questo tipo. Ellie, ci stai per una partita a freccette? In quattro possiamo fare a squadre. » Raiden ridacchiò, volgendosi nuovamente verso la ragazza. « Che ne dici? Facciamo team nido? Non è per vantarmi, ma ho un'ottima mira. » « A posto, l'amico sobrio si è vantato, quindi direi che chi perde si beve un incendiario alla goccia. » In tutta risposta Raiden stese un sorriso sereno verso Jack, inarcando un sopracciglio. « Uno solo? » Si voltò quindi verso Ellie. « Mi sa che i nostri amici qui hanno paura di non reggere. »

     
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    “Forza Ellie, è soltanto un compleanno, solo un normalissimo compleanno”
    Eleanor stava cercando di mantenere la calma in tutte le maniere, mentre si stava portando alle spalle il quindicesimo vestito che “non le stava minimamente bene.”. Per non parlare dei suoi sospiri che erano così rumorosi che si sarebbero potuti sentire fino all’entrata del Suspiria. Inoltre, se Ellie non avesse fatto attenzione, probabilmente qualche puffola pigmea sarebbe rimasta soffocata sotto al cumulo di vestiti che si stava creando accanto allo specchio della sua camera. Poi, ogni tanto, giusto per dare la colpa a qualcuno, Ellie imprecava contro suo fratello, rimarcando, anche ad alta voce, quanto fosse irritante che non fosse lì a sostenerla e spronarla ad andare ad una festa di cui in realtà neanche le importava.
    Il problema, che purtroppo non riguardava solo suo fratello in procinto di essere colpito da un fulmine, era che la strega ormai non era più abituata ad andare alle feste perché, da ormai qualche anno, si era ritirata a vita privata a fare la zitella di campagna con tutta la sua fattoria. In questa maniera, nonostante il suo psicologo non fosse per niente d’accordo, Ellie riusciva a schivare molte delle problematiche che derivano dalle interazioni con gli esseri umani. Tutte quelle conversazioni che la portavano da un estremo all’altro della sua sfera emotiva, rendevano la sua vita davvero molto complicata. In qualche secondo poteva passare dall’essere felice all’essere arrabbiata con il mondo per solo una conversazione con una persona, oppure, quello che odiava di più, era passare dall'avere sentimenti per qualcuno all’essere apatica, completamente e schifare quel povero lui o lei che aveva di fronte. Per questo le relazioni con i suoi animali erano decisamente più semplici da gestire, anche se aveva sbalzi di umore e finivano a “litigare”, nessuno se la prendeva a male ma, anzi, tornavano ad essere sereni come prima. Loro amavano lei e lei amava loro, con tutta sé stessa, anche se a volte dava più attenzioni alle puffole invece che agli asticelli.
    Per rimarcare quanto siano importanti per lei le sue creature potrei portare in gioco anche il suo cane, addestrato appositamente per aiutarla a controllare i suoi attacchi di panico. Per cui, perché intraprendere questa strada verso l’essere umano? Perché stare male?. La prima risposta che Ellie darebbe è: perché mi hanno costretto. Però, in realtà, sapeva perfettamente che stava intraprendendo quel percorso per sé stessa, per riuscire a controllare meglio le sue emozioni ma soprattutto la sua magia.
    In quell’ultimo anno, infatti, aveva fatto davvero tanti progressi, sia grazie alla comunità lycan, con la quale si era un minimo riappacificata interiormente, che per la vicinanza alle due creature più belle del mondo, che erano i due gemelli di Beatrice e suo fratello. Il perché i due gemelli invece di farla stare peggio la rendevano una persona migliore, ancora Ellie in realtà doveva capirlo. Però, finchè funzionava e non perdeva la calma, non si poneva troppe domande.
    Quindi, il dover andare ad una festa in cui conosceva davvero poche persone, rappresentava per lei sia una sfida, perché avrebbe dovuto affrontare dei lycan che avrebbero cambiato il suo stato emotivo ad ogni frase, sia un modo per migliorare ed integrarsi al meglio nella comunità. Una spalla, comunque, le avrebbe fatto comodo, anche perché non poteva andare in giro a dire "sì, scusate, sono un po’ matta…roba da nulla, ma voi continuate pure” se ad un certo punto le fosse scappato da ridere a crepapelle, anche se la battuta faceva pena, o se si fosse messa a piangere per una storia neanche troppo triste di un tizio a caso. Il suo problema funzionava un po’ come la balbuzie, veniva fuori nei momenti più scomodi.
    Però, adesso era il momento di scegliere quel maledetto vestito e smaterializzarsi alla festa, alla quale neanche avrebbe potuto bere, perché altrimenti avrebbe interferito con i farmaci e il suo percorso di maturazione sarebbe andato a puttane. L’Ellie di un tempo non si sarebbe fatta grossi problemi a prendere qualche bicchiere e far finta che nulla fosse successo, ma adesso che si stava impegnando, non voleva assolutamente fare dei passi indietro sulla via della guarigione. Quindi, la sobria e zitella zia Ellie, dopo aver scelto un carinissimo vestito rosso corallo preso completamente a caso del mucchio di abiti per terra, si truccò un minimo, prese la borsetta e il regalo e si smaterializzò all’entrata del Suspiria.
    Dire che fece un grosso respiro prima di entrare forse era poco, ma per fortuna, per tranquillizzarsi, Ellie portava sempre con sé una delle gomme da masticare blu prese da Mielandia che sapevano di menta piperita.
    Appena entrata, con gli occhi spipati, andò dal festeggiato e pregò con tutta sè stessa che non aprisse il regalo di fronte a lei.
    “Ei! Buon compleanno, ti ho fatto un piccolo regalo, è da parte mia e di Percy, spero ti piaccia! Cioè non è niente di che davvero, ma non si sa mai!”
    Una macchinetta, Eleonor era una cazzo di macchinetta che andava a dritto con le parole senza farle passare dal cervello. Via di qui, via di qui, via di qui.
    Alla velocità della luce, per uscire da quella conversazione a dir poco imbarazzante, Ellie si fece strada tra gli invitati dando le spalle al ragazzo, facendo dei sorrisi qua e là come per dire “Ciao, ma non ti avvicinare, grazie”.
    Se avesse potuto cambiarsi i vestiti o addirittura faccia, lo avrebbe fatto senza alcun problema. Peccato che ancora la tecnologia magica non fosse ancora così avanti. Certo che potrebbero farlo un upgrade della pozione polisucco, non è così difficile…

    Quindi, immersa nei suoi pensieri e scaricando la tensione tutta sulla gomma da masticare, che neanche uno scaricatore di porto nei suoi giorni più gloriosi, Ellie ordinò una buonissima coca cola. Però, a chi glielo avesse chiesto avrebbe detto “rum e cola”, non perché sentisse il bisogno di mentire spudoratamente ma per ambientarsi all’aria che stava tirando alla festa.
    Però, ad un certo punto, mentre era sovrappensiero, Ellie sentì il suo nome provenire dalla sua destra, sussultò e per un momento si chiese chi potesse conoscerla, non tanto da invitarla a freccette, quanto da chiamarla “amica”. Amica? Io? Di qualcuno?. Perciò, presa soprattutto dalla curiosità, la strega si girò per vedere chi fosse la persona che voleva attirare la sua attenzione.
    Dopo uno sguardo interrogativo durato qualche secondo abbondante, Ellie si ricordò di aver conosciuto sia Rupert che il suo amico qualche mese prima proprio al quartier generale. Ellie aveva perso la sua scopa per fare le simulazioni ed i ragazzi erano stati così gentili da portarla nel luogo in cui era stata spostata. Poi, si erano incontrati anche altre volte, soprattutto per pura casualità, ma le erano rimasti così simpatici che effettivamente qualche parola era riuscita a scambiarla volentieri. Per questo decise, con un sorriso sincero, di avvicinarsi ai due soprattutto per vederli giocare, di certo non per partecipare che altrimenti avrebbe dovuto cominciare a battere ogni singola persona del locale. Infatti, per Ellie, che era da quando aveva 18 anni che faceva tiro con l’arco, giocare a freccette era proprio un gioco da ragazzi, quasi poteva farlo ad occhi chiusi e girata di spalle, soprattutto da sobria. Però, non le piaceva mettersi al centro dell'attenzione, per questo non ci aveva più giocato da quando aveva smesso di andare nei locali e si era ritirata a vita privata.
    “Nah ragazzi non gioco, vi posso guardare però..”
    Affermò Ellie, alzando la mano in segno di resa, mentre si avvicinava ai ragazzi. Purtroppo, visto che c’erano decisamente troppe persone presenti, la lycan non credeva che il terzo ragazzo fosse con loro. Fu solo quando Rupert si rivolse a Raiden, che Ellie quasi non si gelò sul posto, neanche fosse stato uno dei suoi ex.
    Ellie, muoviti che altrimenti crederanno che vi conoscete di già, datti una mossa.
    Però i due ragazzi non sembravano particolarmente attenti, tanto che cominciarono a sbuffare e pregarla di giocare insieme a loro. Peccato che in quel momento Ellie, come se le avessero lanciato un geloraggio in piena regola, si era completamente fermata e l’unica cosa che potè fare, oltre a cercare di scansare lo sguardo di Raiden, era ridere mentre gli altri ridevano, in un modo così macchinoso che, se si fosse vista, si sarebbe fatta paura da sola.
    Per fortuna che il ragazzo, invece, sembrava molto più spigliato di lei, tanto da farsi avanti e presentarsi, come avrebbe voluto fare anche lei se il panico non l’avesse invasa pochi secondi prima.
    “Raiden piacere…” “Eleanor, o Ellie, come preferisci!”
    Riuscì a rispondere la strega, mentre nella sua testa risuonava il suo nome, come la scritta “DVD” sullo schermo del televisore. Raiden…Raiden, Raiden, Raiden. Oh..merda
    “Oh…aspetta…credo di conoscerti”
    Come al solito, Ellie non riuscì a mettere un freno alle sue parole, anche se, rispetto a come le erano suonate in testa, le uscirono molto più educate. In ogni caso, la sua memoria era riuscita a tirare fuori Raiden dal cilindro e purtroppo, come le accadeva spesso, nient’altro di buono. Infatti, il ricordo di Raiden, nonostante fosse molto sfocato, era di lui che usciva dalla casa accanto a quella di Bea, spesso…troppo spesso, come se addirittura lui ci vivesse lì. L’imbarazzo più totale la sovrastò. Che figura di merda… Dire che ai tempi Ellie fosse una mocciosa con la quale non si poteva minimamente ragionare era dire poco. Chissà cosa aveva ascoltato, a quali situazioni terrificanti aveva assistito… Ellie non poteva neanche pensarci. Per fortuna che lui si ricordava di tutta una versione diversa di lei: la docile e tranquilla zia Ellie.
    “Ah sì! Hai ragione, mi sembra di averti visto anche io lì..eheh. In effetti sono la sorella di Percy, anche se al momento non dovrei dirlo, perché tutti hanno una reazione a dir poco indignata al riguardo“
    Affermò la strega portandosi immediatamente una mano davanti alla bocca e roteando gli occhi al cielo. Mannaggia a Merlino, perché devo dire sempre ogni cosa.
    “Perdon, non riesco a mettere un freno alle parole e a volte….diciamo sempre”
    La verità, la dura verità che tutti sapevano, Ellie se la poteva anche tenere un po’ per sé e magari non nominare l’innominabile. Ah, ricordati che devi essere assolutamente arrabbiata con lui…arghhhh. Ah, aspetta ma lo sono già, non c’è bisogno di fingere.
    “Insomma, non so se lo sai, ma il cancellamento dalla memoria di tutta l’organizzazione dei lycan quando esci da Inverness, l’hanno messo apposta per me…ma shhh, è un segreto”
    Autoironia, la bella e vecchia, ma soprattutto efficiente, autoironia. “Se sai i tuoi punti deboli, sfruttali, padawan” Dicevano le parole del suo psicologo, anche se non riprese proprio alla lettera.
    “Eddai, Ellie non raffreddare così la conversazione!” Sbuffò Jack già un po’ brillo con le freccette in mano pronto a giocare per la vittoria. “Giochiamo forza, sereni, brilli e contenti”
    “E va bene… se proprio insistete, però sono cavoli vostri se poi perdete eh, io vi ho avvertito” “uuuhhh, cavoli, che paura”
    Ma che cazz..
    Sorvolando con un grandissimo sguardo interrogativo la risposta di Jack, Ellie posò il bicchiere di coca, pronta a lanciare qualche freccetta fuori dal cerchio, giusto per non sentirsi troppo al centro dell’attenzione e non farli morire di imbarazzo.
    In ogni caso, visto che la la strega era pronta per un 4vs4, quando Raiden le chiese di fare squadra con lui, Ellie sussultò, come se avesse completamente cancellato la sua presenza. In un primo momento lo guardò confusa ma poi annuì, anche se non troppo convinta.
    “Ah, certo! nessun problema!”
    Si riprese la strega, annuendo fermamente più volte, anche se effettivamente cominciò a provare un po’ di imbarazzo, dato che Raiden sapeva più cose su di lei, senza neanche conoscerla, che l’intero squadrone. Forse, se fosse stata con uno degli altri ragazzi probabilmente sarebbe andato tutto meglio, ma ehi, Ellie era lì per mettersi alla prova, no? Stupido psicologo.
    Poi, quando Raiden si vantò delle sue capacità a lanciare freccette, Ellie cominciò a ridere per la casualità della situazione.
    “Allora direi che le squadre sono un po’ squilibrate perché sono discretamente brava anche io”
    Affermò la strega, le cui parole altro non fecero che alimentare la sfida tra i due gruppi. “Ah, guarda Jack, un’altra spavalda. Ci stiamo.” Ci stiamo a che? pensò tra sé la strega, mentre Raiden neanche riuscì a terminare la proposta per la scommessa. Maremma pupazza dobbiamo vincere per forza..
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    « Mi sa che i nostri amici qui hanno paura di non reggere. »
    “Ah ah.. ma davvero?” affermò Ellie sgranando gli occhi, mentre i due ragazzi si davano pacche sulle spalle, pronti per iniziare la partita. “Ok, dai, comincio io”
    Jack in pole position davanti al tirassegni, si concentrò e riuscì a beccare un 40, un 30 e un altro 40. La fortuna, per ora, era ancora dalla loro parte.
    “è perché è brillo, o fa schifo così di suo?” chiese a Raiden, senza neanche girarsi, mentre guardava Jack tirare con una scordinatezza fuori dal normale. Peccato che, anche se non aveva una gran precisione, l’udito era ancora ben presente.
    “OH, che dolor. Non mi dire questo.” Il ragazzo fece un gesto teatrale portandosi la mano al petto, per poi passare le freccette al gruppo lattanti e pannolini.
    “Vuoi partire te?”
    Chiese con un sorriso Ellie, mentre andava a riprendere il bicchiere di coca lasciato in disparte, che aspettava soltanto lei. In ogni caso, da quello che vedeva, sarebbe stato sicuramente un gioco da ragazzi.
     
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    Quando Raiden menzionò le proprie abilità nel lancio delle freccette, non poté fare a meno di notare che Ellie scoppiò a ridere, ravvivata improvvisamente da quella che sembrava sicurezza. « Sembra che le squadre siano un po' sbilanciate, dato che anch'io sono discretamente brava. » affermò, alimentando ulteriormente la sfida tra i due gruppi. Rupert non perse tempo a rispondere, commentando la situazione con uno spirito da competizione, forse sorpreso dal fatto che Ellie sembrasse così a suo agio in quella dinamica. « Ok, dai, comincio io. » Fu Jack a farsi avanti per primo, prendendo le freccette con un sorriso sicuro sulle labbra, il suo sguardo sfavillante di determinazione. Guardò Raiden e gli fece un cenno di sfida, dimostrando che non aveva intenzione di lasciarlo vincere facilmente. « Preparati a vedere cosa può fare un mago con una mano ferma e un occhio affilato. » Quelle parole fecero ridere di gusto il giovane giapponese, che roteò gli occhi in ironica condiscendenza, incrociando poi le braccia al petto mentre osservava il compagno approcciarsi al punto di tiro. Quaranta, trenta, quaranta. Bene, ma non benissimo. « È perché è brillo, o fa schifo così di suo? » rise, voltandosi in direzione della Watson per lanciarle un'occhiata complice. « Non so se ci sia una risposta giusta per il suo orgoglio. Se fosse così da sobrio sarebbe imbarazzante, ma se gli bastasse una birra per essere brillo forse sarebbe anche peggio. » In tutta risposta, Jack gli diede un pugno sul braccio, facendolo sciogliere in una risata divertita. « Certo, adesso vediamo cosa fanno i fenomeni. » « Vuoi partire te? » Annuì, stringendosi nelle spalle con noncuranza mentre si rimboccava le maniche della camicia, facendosi poi passare le frecce dall'amico. Si avvicinò al tirassegni, prese una profonda boccata d'aria e si concentrò. Le freccette sembravano un'estensione della sua volontà, guidate da un'energia interna che lui conosceva bene. Lanciò la prima freccia e colpì il centro del bersaglio, seguita da un sessanta e un altro quaranta. Un sorriso trionfante si dipinse sul suo viso. « Scusate, sono un po' arrugginito. » sciorinò con falsa modestia, scoccando uno sguardo di sfida al gruppo di compagni prima di fare un passo indietro, tornando accanto ad Ellie, verso la quale sollevò la mano destra per farsi dare il cinque. « Team asilo nido è vivo, i morti siete voi. » Mentre gli sguardi dei presenti si alternavano tra Ellie e Raiden, era evidente che l'atmosfera si stava surriscaldando. L'amichevole sfida tra i due gruppi stava assumendo una dimensione più seria, alimentata dal desiderio di dimostrare le proprie abilità. Intanto, Jack cercava di nascondere la sua frustrazione dietro una facciata giocosa. « Ma guarda un po', sembra che abbiamo un vero professionista qui. » scherzò, cercando di distogliere l'attenzione dal fatto che la sua performance non era stata all'altezza. « Ed è solo l'inizio, signori. » intervenne Raiden, lanciando un'occhiata complice a Ellie. La partita continuò, e mentre le freccette di Rupert volavano, l'energia competitiva aumentava. Questa volta la squadra avversaria non rimase indietro, e il ragazzo riuscì a colpire il bersaglio, segnando poi un quarantacinque e un quaranta. La squadra di Ellie e Raiden poteva ancora considerarsi in testa qualora la descrizione che la ragazza aveva fatto delle proprie abilità si fosse rivelata veritiera, ma il distacco non era grande e un errore avrebbe potuto significare la loro sconfitta (assieme ad una serie di prese in giro). « Mh sembra proprio che la vostra squadra abbia qualcosa da dimostrare adesso. » « Eh attento a mettere troppe aspettative su una Watson, che poi magari ci delude come il fratello. » Forse era stata leggerezza, forse
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    Jack era davvero soltanto brillo, o forse era talmente stupido da credere che un'uscita del genere potesse essere considerata una battuta divertente. Ma nessuno rise. A quelle parole, Raiden si voltò incredulo verso il compagno, come se si aspettasse di aver capito male, o che da un momento all'altro se le rimangiasse. In realtà Jack sorrideva come se non avesse nulla di male e si aspettasse che tutti capissero il proprio umorismo. Sicuramente quella sua uscita infelice non aveva cattive intenzioni, ma questo non significava che fosse meno bassa e inappropriata. Raiden non sapeva quale fosse il rapporto tra Ellie e Percy in seguito a ciò che il fratello aveva fatto, ma si trattava pur sempre di suo fratello. E Raiden, che una sorella l'aveva e gli voleva un bene cieco, sapeva che al posto della bionda non avrebbe preso affatto bene quello scherzo. Istintivamente si spostò ad occupare lo spazio che divideva i due, mentre Rupert dietro di lui dava una vigorosa gomitata al compagno, dicendogli qualcosa sottovoce. « È un coglione. Non dargli retta. Il neurone solitario non gli permette di rosicare e fare battute divertenti allo stesso tempo. » proferì alla bionda, guardandola con occhi dispiaciuti mentre cercava di decifrarne l'umore dalla sua sfera emotiva, nella speranza che quella battuta infelice non avesse fatto troppi danni. « Per piacere, dagli il colpo di grazia. » disse quindi, pronto a lasciarle spazio verso l'area di lancio.

     
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