« E tu studi troppo poco. » Alzò gli occhi al cielo e fece un gesto della mano, come a voler dare poca importanza a quelle parole.
Non tocchiamo l'argomento che è meglio. La verità era che i M.A.G.O. erano sempre più vicini, e la sua difficoltà di attenzione era diventata un serio problema per lui, oltre al fatto che non era minimamente in grado di organizzarsi lo studio in autonomia. Per i G.U.F.O. era stato tutto molto più semplice, con Otis e Louis che lo costringevano a studiare negli orari prestabiliti, creando nella sua vita una sorta di ordine. Ora, che si ritrovava a fare tutto assolutamente da solo, era molto più complicato: pareva distrarsi ad ogni occasione, e l'unico momento della giornata in cui era in grado di concentrarsi davvero era a notte fonda, quando gli stimoli esterni, per forza di cose, si esaurivano: così, nella piccola Sala Comune di Tassorosso, passava le nottate con una lucina fioca puntata sul libro di turno, e si sforzava con tutto se stesso di imparare qualcosa, oltre che di restare sveglio. Non stava conducendo una vita esattamente sana, in quel periodo, e pur essendone consapevole faceva finta che ciò non costituisse un problema.
« Mi stai tentando, lo sai vero? » Le sopracciglia del Tassorosso saettarono verso l'alto, ed un sorriso sornione gli incurvò le labbra, nel vedere la Grifondoro avvicinarsi di più a lui e puntare i suoi grandi occhi verdi nei suoi.
« Beh, era questo l'obiettivo dopo tutto. Sono contento che stia riuscendo » incalzò, ammiccante, tamburellando con le dita sul libro ancora aperto della ragazza. Quello che successe dopo fu probabilmente un caso, ma Émile, ripensandoci anche quella sera, non riuscì a non interpretarlo come qualcosa di significativo: successe che, proprio in linea diretta con il suo sguardo, alle spalle di Seline e ad una decina di metri di distanza, al tavolo di Tassorosso, sedeva Otis, che lo fissava. Un'occhiata, quella del compagno, che durò meno di un istante, ed entrambi volsero lo sguardo altrove non appena si accorsero dell'altro, ma che significò molto. Perché Emi in quel momento stava facendo una cosa
proibita, anzi, no, più che proibita:
illegale. Il punto era questo: Otis, che fino a pochi mesi prima era il suo migliore amico, aveva da sempre una cotta non indifferente per Seline. E come biasimarlo, d'altronde: la Grifondoro, con il suo fisico, e con i suoi bei lineamenti, era in grado di far voltare più di un capo tra i corridoi. Tra Émile e Otis però era sempre esistito un codice di comportamento, e siccome Otis era sempre stato convinto che prima o poi avrebbe fatto un passo avanti con la giovane Osbourne, Émile non si era mai fatto troppi problemi a farsi da parte. Niente di anormale: erano accordi scemi, talvolta fatti più per ridere che per altro, che facevano tra loro, rivendicando questa o quella ragazza, ma che il più delle volte non finivano da nessuna parte per nessuno dei due. Ora però la situazione era diversa. Con Otis non si parlavano praticamente più, e allora cosa lo fermava dal provarci con Seline? Una promessa fatta ad una persona che nemmeno lo salutava più a lezione? Era ridicolo. Aveva tutto il diritto di essere lì, di fare il carino con chi desiderava, con buona pace anche di Otis. E allora perché all'improvviso si sentiva così verme?
« Prima di uscire, dobbiamo superare quell'uomo lì. » « Mh, cosa? » Fu proprio Seline a distoglierlo da quei pensieri. Tornò a guardarla, curioso e leggermente intontito.
« Solitamente non rimane sempre qui e quando si allontana, rimane nel corridoio. » Seguì lo sguardo della ragazza, per individuare a pochi metri da quel tavolo un uomo in piedi, in disparte, che di tanto in tanto li osservava.
Che bizzarria, pensò.
« Ma che fa? » domandò, guardando accigliato l'uomo, ma prima che potesse formulare qualsiasi altro pensiero Seline lo prese per mano e lo trascinò via, approfittando di un momento di distrazione del personaggio in questione.
Si ritrovò a correre a perdifiato insieme a lei verso l'uscita, e poi ancora per qualche metro una volta fuori dal castello. Svoltarono finalmente l'angolo del muro di cinta, e solo allora si fermarono. Émile appoggiò le spalle al muro di pietra, ansimando, e si lasciò scivolare lentamente, fino a sedersi sull'erba umida.
« Ti sei ripreso? » Ridacchiò.
« Ma sì dai, cosa vuoi che sia una corretta breve... È stato tipo un mini riscaldamento di Quidditch. Certo, parecchio inaspettato, questo sì » rise, scompigliandosi con una mano i ricci ormai troppo lunghi per i suoi gusti.
« Ma mi vuoi spiegare chi era quel tipo? Che fa, se non stai dove ti dice lui ti schianta a distanza? » Ridacchiò, al pensiero di quella minaccia ridicola. Effettivamente quella era una cosa abbastanza insolita, e non ne capiva la ragione.
« Dopo avermi portata sulla cattiva strada, cos'altro hai in serbo per me? » Aggrottò la fronte.
« Ah, così io ti avrei portato alla cattiva strada? Guarda che sei stata tu a voler tirare le tende in due secondi dalla Sala Grande. È chiaro che non vedevi l'ora che ti venissi a salvare. Di' la verità » la incalzò, dandole una spallata amichevole.
« Ecco, dunque: prego. Direi che d'ora in poi ti puoi rivolgere a me come "mio salvatore", per dimostrarmi la tua gratitudine per questo pomeriggio di libertà. Mi sembra più che appropriato. » Annuì tra sé e sé, con convinzione.
« Coooomunque, qualcosa per te l'ho portata, milady, e che non si dica di me che non sono generoso, perché oggi ti ho salvato dalla noia e ti ho portato pure... ta daaaàn! Tutti i gusti più uno! » Mentre parlava, si era messo a frugare con attenzione nelle tasche della giacca di jeans (come al solito allargate magicamente, così da poter contenere qualunque cosa), e aveva tirato fuori un pacco di caramelle tutti i gusti più uno ed una bustina di plastica trasparente, contenente tre sigarette lunghe già perfettamente rollate. Sventolò la bustina sotto il naso della ragazza, così che potesse capire di cosa si trattava.
« Allora, che ne dici? » domanda retorica, perché lui aveva già tirato fuori la prima canna e, stretta tra le labbra, l'aveva accesa con un colpo di bacchetta. Attese che si accendesse a dovere, dopodiché aspirò profondamente ed espirò, con una nuvola di fumo biancastro che lasciò le sue labbra. Tese poi la sigaretta a Seline, perché la prendesse: non era del tutto certo che la Grifondoro fumasse quel genere di cose, ma condividerla sarebbe stato indubbiamente più piacevole.
« Andiamo, non puoi dire di no all'erballegra. » Le sorrise, porgendole la sigaretta con più convinzione.
Insomma, siamo arrivati alla fine dell'anno tutti vivi e vegeti, e ci aspettano ancora gli esami: come minimo ci meritiamo un pomeriggio per rilassarci.