Realized the older I get, I get more insecure

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  1. the educator
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    Sarebbe mai riuscito a sentirsi, almeno una volta in tutta la sua vita, veramente fiero di un suo scritto? Per Otis, scrivere un articolo era un compito non particolarmente difficile, ma il suo innato perfezionismo gli rendeva complicato farsi andare bene le prime stesure di un pezzo, che andava sottoposto a riletture costanti in condizioni differenti affinché potesse verificarne la qualità da ogni angolazione. Andavano letti a mente prima di tutto, poi ad alta voce (preferibilmente decantati di fronte a qualcuno che potesse ascoltarlo e che lo facesse davvero, non soltanto fingendo di star prestando attenzione interrompendo la lettura di Otis con dei “mmh, mmh” palesemente cadenzati in modo da riempire ogni sua pausa come facevano tipicamente Émile o Ronnie. Non chiedeva mai niente a nessuno, ma quando lo faceva quelli che dovevano essere i suoi migliori amici entravano in uno stato simil dissociativo e si assentavano completamente. Era così noiosa la sua scrittura?) I test proseguivano con riletture da ubriaco, una prova assolutamente necessaria che più di una volta si era rivelata capace di lasciar emergere le dissonanze tra le parole o la presenza di termini troppo complicati o astrusi. Quel pomeriggio, seduto da alla tavolata dei Tassorosso con la fronte corrugata e la penna incastrata dietro l'orecchio, stava sperimentando la condizione numero tre: come suona quando hai il cervello completamente ridotto in poltiglia da tre ore continuative di ripetizione degli appunti di Demonologia; estremamente specifica, potreste dire, ma lo stato di completa lobotomizzazione in cui verteva il giovane Tassorosso dopo aver cercato di capirne qualcosa di una materia che studiava ormai da più di un anno ma di cui continuava a non comprendere neanche fondamenti era estremamente utile per provare ad entrare nella testa di un lettore stanco dopo una giornata di lavoro o dieci. Sospirò sonoramente, gli occhi azzurri arrossati e assonnati – aspetto che avevano avuto incessantemente negli ultimi sei mesi – che tracciavano linee invisibili sul fo
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    glio di fronte a lui senza veramente decifrare i simboli rappresentati come parole ma piuttosto come insieme di lettere. L'articolo gli piaceva, in fondo, lo reputava valido e sopratutto necessario. Ciò che gli piaceva di più, poi, era la storia che raccontava, la giornata trascorsa con Eliphas, l'esperienza impagabile che quell'opportunità gli aveva permesso di vivere. Sperava che la meraviglia che aveva provato in prima persona potesse essere comunicata tramite le sue parole, ma la responsabilità che sentiva pesargli sulle spalle acuiva quel perfezionismo innato e incessante che lo portava a concedersi “solo un'ultimissima revisione e poi basta”. Avere qualcosa a cui tenere così tanto e da prendere così seriamente era perfettamente normale per Otis, che non conosceva la leggerezza neppure nei campi della vita che dovrebbero essere più divertenti; tuttavia, mentre si passava una mano sul viso e poggiava la penna sul tavolo, si ritrovò a chiedersi se tutta quella sua intensità non potesse cominciare a fargli male, e se non gli servisse un'uscita dal Castello, una festa, una partita a Mario Kart con Ronnie o una serata a giocare a D&d per decompressare un po'. Era sempre così serio, ultimamente. Aveva la singolare sensazione, piuttosto rara alla sua età, di star crescendo e di starsene rendendo perfettamente conto. In un flash, gli tornò alla mente una sera d'inverno di qualche anno prima, la discussione con Emi, il peggior acquazzone di quell'anno fuori, la percezione che l'amico fosse diventato troppo grande troppo presto – o troppo presto per lui – la paura di fronte alle cose che cambiano. Eppure non sembravano saper fare altro che quello, Hogwarts occupata, i M.A.G.O. che si avvicinavano, la possibilità di scrivere un articolo per il gruppo Peverell, pubblicato non soltanto su carta stampata ma anche digitale, il mondo dell'Università, il tirocinio, tutto. Tutto senza il suo migliore amico, tra l'altro, il suo letto occupato da quello sfigato di Oliver Byrne, che si infilava le dita del naso e poi lanciava le caccole quando pensava di non essere visto. Quando avevano iniziato a cambiare? C'era stato un singolo momento che aveva dato il via oppure era successo lentamente, insidiosamente, goccia per goccia, dal primo temporale, tre anni prima, durante quel litigio, fino ad arrivare ad ora? Sentì l'impulso di sollevare la testa, e fu strano rendersi conto che, proprio mentre elaborava quei pensieri, Émile era a pochi metri da lui, e lo stava guardando, prima di girarsi fulmineo nella direzione opposta appena i suoi occhi incontrarono quelli di Otis. Non si salutavano neanche più, se non assolutamente forzati dalla prossimità. Era una storia stupida e insensata, o forse profonda e complicata, una delle due. Lo confondeva, quello stallo, e ancor di più lo confondeva la sensazione di strana competizione che si era creata in lui rispetto all'amico, anche se sapeva che la miccia, per quella reazione, era stata data dalla lettera che gli aveva spedito quasi un anno prima e a cui lui non aveva mai risposto. Chi diavolo si crede di essere? Ancora ricordava le parole esatte che aveva usato: “Te lo confesso, Otis, speravo di leggerti diverso, in questa tua lettera.” L'intero tono paternalistico con cui l'aveva trattato, deluso a tratti, come se fosse portatore di una saggezza, di una secolare conoscenza sul modo in cui funzionano le cose che a lui, Otis, sfuggiva. Proprio lui, che lo aveva costretto a convivere con uno stramaledetto purvincolo per tutto il quarto anno – dopo averglielo fatto trovare nella DOCCIA, per inciso! Cosa ne sapeva, lui, di come funzionava il mondo? Da quale piedistallo poteva permettersi di giudicarlo? E adesso, poi, trovare anche il coraggio di metterci piede, ad Hogwarts, il covo di quelle persone che aveva definito lui stesso “idiote”! Era a conoscenza di ciò che si dicesse sul conto del suo ex migliore amico, a scuola. Si limitava ad ascoltare, a rispondere per rimettere le persone al loro posto quando esageravano – perché la lealtà per Otis era la prima cosa in assoluto – ma non si era impegnato particolarmente a difenderlo. Non gli faceva piacere che adesso lo escludessero tutti, e a tavola, quando lo vedeva mangiare con il capo chino nel suo piatto mentre tutti, attorno, chiacchieravano animatamente tra di loro, gli saliva uno strano groppo alla gola. Ma gli bastava ripensare a quella frase, quel “speravo di leggerti diverso”, per scrollarsi di dosso quella sensazione.
    Preso da quei pensieri, rimase a guardarlo un po' di sottecchi, fingendo di scarabocchiare qualcosa, prima di ritrovarsi proprio a fissare la scena di Émile Carrow che si sedeva accanto a Séline Osbourne, Grifondoro. La stessa Séline Osbourne su cui Otis aveva fantasticato, ad alta voce e non, sin dal quarto anno. La stessa che Émile aveva definito “niente di che, comunque meno carina di una Nessie o di una Ronnie”, sentendosi rispondere “sicuramente meno bella di tua sorella” con conseguenti fendenti scansati a stento. La stessa, ancora, che si era fatto giurare, mano sul mazzo di Black Magic Falcons Edition, che avrebbe sempre lasciato a Otis, essendo che a lui neanche piaceva più di tanto. Che il Tassorosso avesse poi effettivamente agito o meno, al riguardo, era cosa ben poco pertinente alla questione. Semplicemente non c'era stato modo, ecco tutto, ma mica quelle promesse avevano una scadenza. Incredulo, lo guardò passarsi una mano sudicia tra i capelli, la schiena appena più dritta in quell'atteggiamento da pavone che assumeva quando gli piaceva una ragazza. Sicuramente la sta invitando al ballo. O ha intenzione di farlo. Scosse la testa involontariamente, provando puro shock. Tutto questo teatrino non aveva nemmeno avuto la decenza di farlo di nascosto.

    Un'ora dopo



    Otis Branwell
    Otispocus
    online
    No chiamate


    [18.34] > non so quando hai intenzione di venirti a recuperare le tue cose
    > ma se non ti fai vivo entro i prossimi due giorni gli elfi hanno detto che buttano via lo scatolone
    > quindi mi sa che ti conviene
    > quindi invece di metterti a fare il cascamorto lurido
    > fammi sapere e ci organizziamo
     
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3 replies since 29/5/2023, 19:16   119 views
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