Realized the older I get, I get more insecure

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  1. (icarus)
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    « Emi, tutto a posto? »
    « Sì, sì, tutto a posto, giuro. »
    « Cos'è che ti fa tanto ridere? »
    « No, niente, niente... Una cosa mia. » Émile si asciugò una piccola lacrima dall'angolo dell'occhio, trattenendo a stento una specie di sorriso beffardo. Era appena scoppiato in una risata tanto fragorosa da far voltare un paio di teste curiose nella sua direzione, al tavolo di Tassorosso. Diede un'ultima occhiata allo schermo del proprio cellulare, scuotendo leggermente il capo, per poi riporlo nella tasca ed emettere un sospiro profondo e apparentemente rilassato. L'occhio corse poi, quasi involontariamente, dall'altra parte del tavolo, dove un gruppo di suoi compagni di casata stavano chiacchierando animatamente tra un boccone e l'altro. Motivo di tanta ilarità da parte di Emi era stato un messaggio di Otis, che se ne stava proprio lì, a pochi metri, come se nulla fosse. Vedere quel nome apparire sullo schermo l'aveva stranito, e poi aveva riso, moltissimo, a crepapelle, rumorosamente, esageratamente, tanto da apparire matto ai suoi stessi compagni. Otis, lo stesso che a stento si era degnato di salutarlo dal suo ritorno a Hogwarts, lo stesso che l'aveva ignorato per mesi, adesso all'improvviso sembrava preoccuparsi per la fine che avrebbero fatto gli averi di Émile rimasti nella loro stanza. « Che pezzo di merda » sussurrò a denti stretti, guardandolo di sbieco a distanza. Idiota, ridicolo, pallone gonfiato. E a seguire una serie di svariati altri insulti che, per comodità ed esigenze di spazio, non riporteremo.

    Malgrado le grasse risate e l'apparente indifferenza, Emi pensò per tutta la sera a quel messaggio. C'era più di un elemento, in quel testo, che non riusciva a digerire. Primo fra tutti, il porre una scadenza del tutto arbitraria. Se non ti fai vivo entro i prossimi due giorni. Chi era Otis, per stabilire certi confini temporali? Perché mai si sentiva in diritto di disporre così del tempo altrui? E se Emi avesse deciso di farsi vivo tre, quattro giorni più tardi? Che avrebbe fatto? Avrebbe forse barricato la camera per evitargli di passare a raccogliere i propri averi?
    In secondo luogo, c'era l'aspetto intimidatorio: gli elfi buttano via lo scatolone. Una vera e propria minaccia, la sua, a tutti gli effetti. Questo punto non lo reputava estraneo al comportamento solito di Otis, in fin dei conti col suo essere precisino tendeva sempre ad elargire consigli anche molto perentori su come era convinto dovessero essere gestite le cose, ma stavolta si era spinto decisamente troppo.
    Terzo, e indubbiamente più grave, la pretesa: fammi sapere e ci organizziamo. Chi doveva organizzarsi? E soprattutto, perché? Chi aveva deciso che Otis avrebbe fatto parte di
    quel processo, che sarebbe stato lui a decidere il quando e dove, e soprattutto lui a pretendere che si organizzassero? Era semplicemente ridicolo, non c'era altro modo per definirlo.
    Quella sera lo infastidiva tutto, di quella situazione: la richiesta fatta, il messaggio in sé, Otis stesso era un elemento di disturbo. Principalmente lo era per il semplice fatto di essersi infilato di nuovo tra i suoi pensieri, per la prima volta con questa prepotenza da settimane. Di norma, Émile a Oits non pensava già più, e gli andava benissimo così: era entrato in un nuovo equilibrio, scendendo a patti con la realtà e col fatto che fossero cresciuti entrambi, che le loro idee ora fossero banalmente troppo in conflitto per continuare ad essere amici. Era, quella, la storia più vecchia del mondo, ed era inutile oltre che controproducente piagnucolarci su.
    Una volta arrivato a Hogwarts, si era scoperto molto più freddo e distante nei riguardi dell'amico di quanto avrebbe immaginato. Ma anche questo significava crescere. E poi, Otis, a conti fatti, non gli mancava. Tutte le attività che un tempo svolgevano insieme non gli interessavano più: il fazzoletto dei Berretti Rossi se ne stava ormai da un po' a prendere polvere appeso alla testiera del suo letto, a Black Market non ci giocava più con lo stesso entusiasmo. O meglio, aveva provato a continuare insieme a Roy Finnigan, il suo nuovo compagno di stanza, ma si era annoiato presto, inevitabile con un compagno così schiappa come lui. A Mielandia continuava ad andarci, pur se da solo, dunque perché mai avrebbe dovuto sentire la mancanza di Otis quando ogni volta si ritrovava con il doppio delle caramelle? Era quasi incredulo di sé, eppure non sentiva nostalgia di nulla: della scrivania della stanza sempre piena di scartoffie e bozze di articoli (che mai avrebbero visto la luce perché nessuno andava mai bene), dei suoi concerti mattutini stonatissimi con il Koto, né del suo stupido e viscido ranocchio che per qualche ragione era più accettabile come animale domestico rispetto a Marv. Non gli mancavano le puzzette di Otis, le partite a scacchi magici in cui lo batteva sempre, e la sua fastidiosissima cotta per sua sorella Maddie. Per non parlare del senso di profonda serenità che aveva avvertito il giorno del primo aprile, nell'avere l'assoluta certezza che nessuno gli avrebbe teso alcun agguato. Era stata una liberazione, a conti fatti: poteva finalmente pensarsi autonomo per la prima volta, libero da qualsivoglia obbligo morale - tanto che, per festeggiare questa ritrovata libertà, aveva perfino deciso di provarci spudoratamente con Séline, la ragazza di Corvonero per cui Otis aveva una cotta stratosferica ormai da tempo.
    La vita senza Otis era, dunque, quasi meglio di prima: meno litigi, diatribe, ma soprattutto nessun grillo parlante dietro la propria spalla pronto a dirti cosa fosse giusto e cosa no. Certo, qualche inconveniente c'era, per carità. Ad esempio il fatto che c'erano dei pensieri che gli venivano in testa, di tanto in tanto, che non sapeva con chi condividere. Tipo il fatto che gli mancava sua sorella; o che Nessie era tornata, e lui, tanto per cambiare, aveva le idee confuse su di lei. Per non parlare, poi, della questione della scelta del college. Da mesi ormai Émile faceva avanti e indietro tra magizoologia e medimagia; da un lato c'era il suo grande amore per gli animali fantastici, dall'altro la sua ambizione di fare qualcosa di importante, rilevante per la comunità. Un giorno gli sembrava di aver sciolto la questione e scelto definitivamente l'indirizzo, e quello dopo era di nuovo punto e a capo. La saggezza di Otis avrebbe risolto in poco tempo tante questioni con cui Emi si arrovellava il cervello da settimane, ma questa non era che una scomodità come un'altra. Ce n'erano tanti di amici pronti a dargli consigli nel momento del bisogno, sarebbe stato stupido fossilizzarsi su una persona sola. Roy, ad esempio, aveva commentato la faccenda della scelta del college con una ponderatezza singolare: « Guarda, io ti direi di fare quello che ti piace. » A Émile sul momento erano cadute le braccia, ma stava imparando ad apprezzare anche Roy, e d'altronde tra amici ci si accetta per come si è. Era quella la regola importante di tutte, no? Che avrebbe dovuto farsene di un amico che non era in grado di accettarlo per le idee che aveva?
    E poi Otis a lui non mancava.


    Il giorno dopo



    émile con la éééééé
    online
    french kiss, toast, fries



    ho preso tutto prima mentre non c'eri
    12.23

    mi ha aperto il tuo compagno di stanza
    12.23




    Edited by (icarus) - 3/6/2023, 18:23
     
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3 replies since 29/5/2023, 19:16   119 views
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