Realized the older I get, I get more insecure

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  1. (icarus)
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    « È FINITA CAZZOOOOOOOOO » « Ohi, stasera ci sei? » « Mi raccomando, alle 10 al Gazebo. Sì Constantine, il Preside ci ha dato il permesso. Dormi sogni tranquilli. » « SIAMO NOIIII I CAMPIONI DELLA SCUOLA SIAMO NOIIIII » « No guarda a me è andato tutto una merda e a settembre mi troverete sotto i ponti di Hogsmeade, ma tutto a posto. » « Neil non dimenticare la burrobirra stasera! E anche quello che sai tu! »

    Dire che Émile Carrow era euforico sarebbe stato un eufemismo gigante quanto l'avvincino che aveva dovuto affrontare alla prova pratica di Difesa Contro le Arti Oscure. Dal momento in cui aveva messo piede fuori dall'aula dell'ultimo esame (Erbologia, una palla infinita), non aveva smesso di saltellare a destra e a manca, urlare e importunare chiunque gli capitasse a tiro. Con quei suoi exploit era riuscito a stranire perfino chi lo conosceva ed era di norma abituato alla sua natura espansiva. Per quel che lo riguardava, quella giornata era diversa dalle altre e quella gioia doveva necessariamente essere maggiore di qualunque altra provata, perché i MAGO si facevano una volta sola nella vita, quella sensazione di libertà che provava in quel momento non sarebbe più stata la stessa. Perciò eccolo che correva in giro, abbracciava tutti, faceva vane promesse su quanto si sarebbero divertiti e sulle cose che avrebbero fatto in quell'estate prima del college. Non gli pareva vero di essere lì, in quel momento che aveva immaginato così tante volte, e che nella sua testa aveva sempre dipinto come una scena di pura e assoluta gioia. Adesso si dimenava, correva per i corridoi, stappava bottiglie di spumante in cortile, eppure aveva l'impressione che avrebbe potuto essere più felice di così. Era strano, ma si sentiva come in cima ad una lunga scala ripida, e riusciva a vedere il panorama che stava dall'altra parte, certo, era bello... ma gli mancava ancora qualche gradino per poter godere a pieno della vista. Ecco, si sentiva esattamente così: qualche gradino più in basso rispetto a come avrebbe dovuto essere.
    Partecipò ai festeggiamenti, e fu tra i più rumorosi come suo solito, ma non poteva fare a meno di sentire una specie di vuoto dentro, che non sapeva bene da dove partisse. Probabilmente era solo esausto, si disse: le settimane precedenti erano state un inferno. Studiare per i MAGO si era rivelato mille volte più complesso di quanto immaginasse, niente a che fare con la passeggiata che erano stati i GUFO. Per prima cosa, si era ritrovato a studiare tutto da solo, senza Otis che era sempre stato la sua ancora di salvezza nello studio - e lui in solitaria non brillava mai. Si distraeva, alzandosi dalla sedia alla prima occasione, o semplicemente perdendosi a guardare il muro di fronte a sé per ore. E quando si costringeva a fissare il libro, le lettere cominciavano a vorticare nella sua testa senza che riuscisse ad attribuirvi un senso, perché di concentrarsi non se ne parlava. Per fortuna, dopo due settimane di osservazione del muro studio inutile, il suo compagno Nick Davis era corso in suo soccorso. Nick era il classico ragazzo dalle mille risorse: quello che ti procurava l'erba, le carte di Black Market truccate, ma anche una giustificazione con la firma identica a quella di tuo padre quando serviva. In quel caso, dopo le richieste supplicanti di Emi, il Grifondoro era entrato nella sua stanza sbattendo la porta, con un sorriso a trentadue denti e l'aria di chi stava per svoltare la vita del proprio interlocutore. E in effetti, così era stato: il giovane aveva frugato nella propria tasca e aveva tirato fuori un barattolo in vetro, contenente una manciata di piccole pastiglie azzurre. « Il segreto di ogni studente » aveva esclamato, entusiasta, incoraggiando Emi a provarne una. « Vedrai, con queste qui sei a posto fino agli esami. Altro che Pozione della Memoria! » Emi la Pozione della memoria l'aveva provata, ed era stato un mezzo fiasco: certo, era riuscito a concentrarsi per un po', ma alla fine dei conti aveva dato ragione a Nick - quelle pastiglie magiche erano tutt'altra roba. Nick non aveva voluto rivelargli cosa ci fosse dentro, né se l'assunzione fosse effettivamente legale: sapeva solo che le aveva recuperate tramite un amico di un amico che aveva un negozio a Knockturn Alley, e che l'anno precedente durante la sessione d'esami erano spopolate tra gli studenti del college. Emi non tardò a scoprirne i motivi: gli bastava prenderne una per raddoppiare, se non triplicare, la quantità di studio svolta in un pomeriggio - per non parlare della concentrazione! Ogni forma di iperattività sembrava svanita, e all'improvviso era per lui sorprendentemente semplice trascorrere ore di fronte ad un libro, a memorizzare concetti e svolgere esercizi. Quelle pillole furono talmente miracolose da risolvere anche il fastidioso ostacolo del sonno: all'improvviso, semplicemente non ne aveva più. Tolto di mezzo quest'impiccio, poteva studiare tranquillamente anche di notte, dove la concentrazione raggiungeva picchi massimi, raggiungendo così una ventina di ore sui libri al giorno senza che gli pesasse più di tanto.
    Ora, però, dopo quattro settimane di cura dello studio costante e ripetitiva (era arrivato ad assumere anche quattro pillole al giorno, e non era proprio certo che fosse consigliato) era possibile che il suo fisico stesse cominciando ad accusare qualche colpo; anche perché, va da sé che qualche effetto collaterale l'aveva avuto: roba da niente, per carità - aveva un mal di pancia costante, ogni tanto aveva le vertigini, e aveva perso sei chili nel giro di un mese a causa della diarrea quotidiana. Però tutto sommato ne era valsa la pena.

    « Neil vai a prendere un'altra cassa di burrobirra? Qua sta finendo tutto, sono degli animali! » urlò, dall'altra parte del bancone, mentre versava l'ennesima pinta ad un compagno. Era stata una festa un po' improvvisata, quella, organizzata a tavolino la mattina stessa, e per questo motivo i membri del comitato in prima persona si erano ritrovati a servire i compagni. Ad Émile però faceva piacere, aveva un sacco di energia in corpo da liberare, e rimanere così attivo gli era più che utile. « Il prossimo. » « Ciao! » Quando sollevò il capo, e si ritrovò di fronte Otis, rimase per un attimo interdetto. « Ciao! » Che fare? Cosa dire? Avrebbe dovuto far finta di niente? Gli rivolse un sorriso a labbra strette, e proprio in quell'istante vide l'espressione gioviale morire negli occhi del compagno, quando si accorse chi aveva davanti.
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    « Ah. Ciao. » Quel tono distaccato lo riportò alla realtà. Afferrò un bicchiere vuoto appena lavato, e prese ad asciugarlo con uno strofinaccio, tanto per darsi qualcosa da fare. « Dimmi pure. » « Una pinta di burrobirra, per piacere » Annuì e si apprestò a seguire gli ordini, compiendo movimenti meccanici. « Bella festa. Avete organizzato bene. » « Grazie! È stata veramente una cosa fatta proprio all'ultimo, quindi è tutto un po' improvvisato, ma mi piace l'atmosfera che si è creata » ammise, visibilmente contento. Guardò Otis, in quel frangente, e gli sorrise. Un sorriso sincero, spontaneo. Non seppe perché, però gli sembrò un momento come un altro. Quella battuta di Otis, breve e di certo circostanziale, gli parve come una specie di spiraglio: una piccola toppa della porta in cui spiare con un occhio, di nascosto, per scoprire che le cose avrebbero potuto essere semplici, come scambiare due parole davanti a una burrobirra. Una volta riempito il boccale, lo poggiò sul bancone, proprio davanti a lui. « Grazie. Quant'è? » Si strinse nelle spalle, per poi congedarlo con un gesto della mano. « Lascia stare, ne abbiamo presa un casino, avanzerà di certo. » Gli sembrò maleducato farlo pagare quella birra, nonostante tutto. Da quando erano amici, Otis non aveva mai pagato a nessuna delle feste organizzate da Emi, e cambiare proprio ora quella tradizione sarebbe stato un po' da stronzi. « Come- » « Ci... vediamo in giro. Buon lavoro. » -sono andati gli esami? Deglutì, mentre quella domanda gli moriva in gola, e restò in silenzio a guardare Otis che se ne andava. Chissà perché aveva pensato che avrebbero potuto conversare pacificamente, nonostante tutto. Gli occhi fissi sulla schiena del Tassorosso che si allontanava, sentiva la rabbia montare e una specie di groppo in gola. E un vuoto nello stomaco. All'improvviso, gli parve di capire meglio le sensazioni di quella mattina. Ora lo vedeva: era quasi in cima a quella scalinata, ma seduto sugli ultimi gradini, a impedirgli di andare avanti, di godere il panorama mozzafiato che si sarebbe meritatato... c'era proprio Otis. Si sfregava le mani con malizia e lo guardava, soddisfatto di fungere da impedimento alla sua felicità. Lo vedeva, mentre chiacchierava e scherzava con i suoi nuovi amici, davanti a quella birra che gli aveva stupidamente offerto, e buttava nel cesso anni di amicizia; di confidenze, di risate, di lealtà. Lo guardava e non lo riconosceva più. Voleva solo buttarlo giù da quelle scale.
    Non seppe perché fece quello che fece più tardi. Forse era la rabbia, forse l'alcol o forse semplicemente il fatto che non gliene importava più niente. Aveva trascorso il resto della serata a servire birra e a lanciare occhiatacce infastidite alla serenità che pareva emanare il suo ex migliore amico, e a un certo punto sentiva che avrebbe potuto esplodere. Fatto sta che vide Seline Osbourne, in compagnia di qualche amica, poco distante da dove stava proprio Otis. E fu proprio quella vicinanza a far scattare la decisione: sfruttò la prima occasione per prendersi una pausa e avvicinarsi alla ragazza, cingerle la vita con una mano e stamparle un sonoro bacio sulla guancia, il tutto nella maniera più plateale possibile. « Ma sai che sei proprio splendida stasera, Osbourne? » si complimentò, gettando una fugace occhiata alle spalle di lei, lì proprio dove stava il diretto interessato. E giù con altri complimenti e moine, d'altronde negli ultimi tempi Émile sembrava essere diventato campione del nobile sport di fare lo scemo con le ragazze. Ciò che aveva scelto di fare adesso ad Otis, però, provandoci platealmente con la ragazza che storicamente piaceva a lui, aveva un significato importante. Si vergognava di se stesso, perché due anni prima lui stesso avrebbe considerato una mossa del genere come un terribile oltraggio: ma ora semplicemente non gli importava più. Al contrario, desiderava vedere Otis arrabbiarsi, rovinare quell'idillio che lui non meritava. Ripagare il favore.


     
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3 replies since 29/5/2023, 19:16   119 views
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