we've not yet lost all our graces

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  1. vanitatem
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    « … in queste condizioni. E invece di fare qualcosa per sistemare la questione, ecco di cosa si occupa l’opinione pubblica! » Il tono di voce più seccato del solito del vecchio Gaius spinse Freya a sollevare lo sguardo dai boccali di birra che stava riempiendo. Non era certo una sorpresa che il mago, uno storico residente di Hosgmeade di età imprecisata per cui il tempo sembrava essersi fermato, avesse qualcosa da ridire su chiunque e qualunque cosa; indipendentemente dall’argomento, Gaius McGinty aveva un’opinione e, come gli abituali avventori della Testa di Porco ben sapevano, l’avrebbe condivisa con qualunque persona che – volente o nolente – gli fosse capitata a portata di orecchio. Scuotendo la testa con aria di disapprovazione, l’uomo colpì la prima pagina della Gazzetta del Profeta, borbottando qualcosa sottovoce. « Criminiali. Nient’altro che criminali. » Freya si trattenne a stento dal roteare gli occhi al cielo; visti gli ultimi avvenimenti, un simile commento avrebbe dovuto essere tutt’altro che divertente ma, ormai avvezza alla teatralità dell’uomo, non poteva fare a meno di provare un minimo di ilarità nei confronti di una scenetta quotidiana in cui, di giorno in giorno, l’unico cambiamento era rappresentato dall’origine di tanto livore: gli studenti di Hogwarts, gli Warlock, l’aumento del prezzo dell’acquavite e i reumatismi erano solo alcune delle innumerevoli piaghe esistenziali di cui era stata resa partecipe nel corso della mattinata. « Mhh, non sembra avere l’aria di un assassino. Con quella faccia sembra più uno di quei fantocci del Ministero. » L’ennesimo cliente abituale, costantemente in disaccordo col vecchio McGinty, si era sporto ad osservare l’articolo, meditabondo. « Certo che no! » McGinty scosse il capo con disprezzo, colpendo con forza il malandato bancone di legno. « Credimi, quelli con la faccia pulita sono i peggiori. Li crescono nella bambagia, pieni di soldi e senza alcuna responsabilità. Si credono intoccabili. » Scolò con ingordigia l’ultimo sorso di birra e sbatté il boccale sul tavolo, mancando di pochi millimetri la mano del compagno. « HEY! » Prima ancora che l’uomo potesse reagire, Freya si avvicinò rapidamente, togliendo i boccali vuoti dalle mani di entrambi. Ci manca solo che se li tirino addosso e non avremo più un boccale privo di ammaccature. « Signori! » Cinguettò, rivolgendo loro il più dolce dei suoi sorrisi. « Temo che per stasera abbiate bevuto abbastanza. » McGinty fece per aprir bocca ma la Corvonero lo anticipò, rivolgendogli un piccolo buffetto sul naso. « Ssssh, Gaius! Non vorrai mica costringermi a chiamare Jones per farti accompagnare a casa; oppure dovrei mandare un gufo a Diane? » Per quanto sottile, l’accenno al buttafuori della Testa di Porco – un uomo sulla trentina, alto e nerboruto da far invidia ad un mezzo-gigante – e l’ancor più terrificante menzione della moglie, furono un deterrente immediato: McGinty si raddrizzò sullo sgabello, improvvisamente quieto. Proprio come pensavo. Un sorrisetto divertito si stirò sulle labbra di Freya mentre incrociava lo sguardo di Mike, intento a pulire un tavolo poco distante. « Ti ringrazio. Domani la prima birra la offro io. » Promise, con un rapido occhiolino, sfilandogli di mano la copia del giornale per scongiurare ulteriori dibattiti. Incuriosita, abbassò lo sguardo sull’articolo di copertina e, d’un tratto, si ritrovò a fissare il viso pallido e tirato di Thomas Montgomery; istintivamente, le iridi chiare corsero al titolo che svettava in cima alla pagina: Sentenza Montgomery: ad Azkaban, possibiltà di appello. La confusione all’interno del locale sciamò in un fastidioso ronzio di sottofondo, accompagnato dalla sensazione di avere lo stomaco attanagliato in una morsa quasi dolorosa. « M-mike » Chiamò, con voce roca; aveva iniziato a respirare più rapidamente, senza nemmeno accorgersene. « vado in pausa! » Gettò bruscamente il giornale nel cestino e si avviò verso l’uscita laterale del locale, appoggiandosi al muro di mattoni scrostati; rapide, le mani pallide e tremanti corsero alla tasca posteriore dei jeans, ripescando un piccolo sacchettino di plastica trasparente. Non senza difficoltà, versò parte della polvere bianca sul dorso della mano ed inspirò. Il bruciore all’interno della cavità nasale fu una distrazione transitoria, ben presto trasformata in effimera assoluzione: nel giro di pochi secondi, la foto di Thomas Montgomery sparì dai suoi pensieri – e con lui il senso di colpa.

    Il viaggio verso Azkaban non fu né breve, né piacevole; più il traghetto si allontanava dalla terraferma, più il cielo si scuriva, ricoperto grossi nuvoloni grigi e carichi di piogga. Non che Freya si fosse aspettata qualcosa di diverso. Anche se non aveva mai raggiunto i confini della prigione, le testimonianze di coloro che vi avevano soggiornato – o meglio, dei pochi ancora in grado di fornirne una lucida descrizione – erano abbastanza vivide da fornirne un resoconto accurato; nonostante ciò, la realtà era ancor più spaventosa. Da lontano, Azkaban si stagliava come una fortezza, le cui mura triangolari sembravano emergere direttamente dalle profondità dell'oceano, come un sinistro monolito in mezzo alle onde tumultuose. Costruita con pietra grigia e spoglia, evocava una sensazione di disperazione e oscurità, come se ogni mattone fosse stato posto lì con il solo scopo di imprigionarvi l'anima di coloro che osavano varcarne la soglia. Un’onda più violenta delle precedenti si abbattè contro la sponda della nave e Freya si aggrappò alla balaustra del traghetto, strizzando gli occhi per ripararsi dalla pioggia. Ogni singolo centimetro della sua cute era ricoperta da pelle d’oca, come se il suo stesso corpo le stesse urlando di scappare. È troppo tardi per tornare indietro. Lo era da almeno due anni – dal momento in cui le porte di Azkaban si erano chiuse alle spalle di Thomas. « Si tenga forte, Miss. Stiamo per approdare. » La voce del comandante venne quasi inghiottita dal vento mentre, spingendo con forza il timone, indirizzava il traghetto contro il molo di legno scuro e scivoloso. Stretta nel mantello, avanzò rapidamente fino all’entrata, rivolgendo un rapido cenno di saluto ad una delle guardie. All’interno, l’odore di alghe e salsedine era più mite; sebbene l’ambiente fosse tutt’altro che accogliente, Freya provò un barlume di sollievo nel non trovarsi più alla mercé del vento urlante che le sibilava nelle orecchie e la pioggia che le inzuppava i capelli. Un secondino la accompagnò fino alla portineria, dove una seconda guardia le intimò di firmare il registro e prese in consegna i suoi pochi affetti personali. « Potrà ritirarli al ritorno. Prosegua a destra, Hawkins la accompagnerà alla sala adibita ai colloqui. » L’uomo le scoccò un’ultima occhiata, a metà tra il morboso e l’incuriosito. « Il contatto fisico è vietato e, per la sua incolumità, le suggerisco di non dare troppa confidenza ai detenuti. » Nel pronunciare quell’ultima frase, fece cenno ad un collega – Hawkins, probabilmente – di affrettarsi ad aprire l’ennesimo cancello. All’interno del labirinto della prigione, perse ben presto il senso dell’orientamento; i corridoi erano tutti uguali, bui e fiocamente illuminati da candele poste sin troppo in alto lungo le tetre pareti di pietra gelida. Infine, dopo aver attraversato un numero non ben precisato di cancelli, Hawkins spalancò la porta di un’ampia stanza circolare. All’interno, pochi visitatori erano accomodati a coppie in diversi tavoli di legno scuro e malandato; appoggiate alle pareti, alcune guardie controllavano la sala. « Aspetti qui. » Richiudendo la porta con un rumore metallico, Hawkins sparì nell’ombra. Freya tentennò, guardandosi rapidamente intorno con aria guardinga prima di sistemarsi nel tavolo vicino all’uscita, le spalle rivolte verso il muro. Intrecciò le dita sul tavolo, fissandole senza realmente vederle. Quando aveva deciso di recarsi ad Azkaban, lo aveva fatto d’istinto. Era stata una decisione improvvisa, profondamente emotiva e completamente priva di logica. Si era tormentata per giorni al riguardo, in bilico tra ciò che era prudente e ciò che era onesto. Era stata persino tentata di chiamare Eren, ma conosceva il fratello abbastanza bene da sapere quale sarebbe stata la sua reazione se lo avesse messo al corrente di quanto era accaduto e di come, la sua sola testimonianza, avrebbe potuto rovesciare la sentenza di Thomas. È un’idea del cazzo, Freya. Pensi davvero che Montgomery farebbe lo stesso, per te? Loro non sono come noi. Loro cadono sempre in piedi. Non infognarti in quella merda. La voce di Eren nei suoi pensieri venne bruscamente cancellata dal gemito stridulo del chiavistello di ferro. Freya alzò il capo di
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    scatto, mentre il cuore iniziava a battere rapidamente, talmente in fretta da rendere assordante il rumore del sangue che le circolava nelle tempie. Si sentiva inquieta, spaventata e – soprattutto - colpevole. Per una frazione di secondo, gli occhi chiari perlustrarono la stanza, alla spasmodica ricerca di un luogo in cui nascondersi. Che idea del cazzo. Che grandissima idea del cazzo. Con i nervi a fior di pelle, si rialzò di scatto, urtando la sedia e facedone stridere i piedi sul pavimento, appena in tempo per scorgere il profilo di Thomas avvicinarsi nella penombra, accompagnato da Hawkins. « Hey. » Sussurrò, a voce talmente bassa da risultare quasi inudibile. Strinse spasmodicamente le mani tra loro affondando le unghie nella carne tenera del palmo. Scioccamente, non aveva pensato a cosa dire – come spiegare la sua presenza ma, soprattutto, l’assenza che l’aveva preceduta. Dopo le notti trascorse a rigirarsi nel letto, sospesa in un sonno leggero ed inquieto, aveva ingenuamente pensato che fare la cosa giusta avrebbe espiato, o per lo meno alleviato, la sensazione di angoscia che le opprimeva il petto; ora che si trovava davanti a Tom, però, quel peso sembrava esser aumentato mille volte. Affondò i denti nel labbro inferiore e, stringendo le dita tra loro fino a farle sbiancare, sollevò infine lo sguardo lucido ad incontrare quello del Serpeverde. Mi dispiace. Quel contatto durò un istante; Freya si slanciò nella sua direzione, sollevandosi sulle punte per stringerlo in un abbraccio, quasi volesse sincerarsi che fosse vivo e non il fantasma del giovane che ricordava. « Niente contatto! » La voce di Hawkins rimbombò nella stanza, facendola sobbalzare, e Freya si allonatanò di un paio di passi. « Per una visita coniugale ci vuole un certificato di matrimonio, perciò vedete di tenere le mani dove posso vederle. A meno che non vogliate cimentarvi in uno show dal vivo. » La Corvonero tirò le maniche umide del cardigan a coprirle i pugni, tirando la stoffa fino a danneggiarne l'elasticità - una brutta abitudine che si portava dietro fin dall'infanzia, ogni qualvolta si sentiva schiacciare dalla pressione. Deglutì e fece un cenno impacciato in direzione del tavolo, accomodandosi sulla sedia. Non sapeva cosa dire, ma sapeva di dover essere la prima a rompere il silenzio. Almeno questo, te lo devo.. « Mi dispiace di non essere venuta prima. » Pronunciò le parole senza guardarlo, gli occhi fissi sul tavolo. « Sono tornata in Inghilterra solo poco prima del... del casino di Hogwarts. Per un po' non ho potuto lasciare Hogsmeade e - » E tu non hai chiesto il mio aiuto. Perché non lo hai fatto? Si era posta quella domanda innumerevoli volte da quando aveva saputo della sentenza, nel profondo spaventata dalla risposta. Sapevi che non sarei venuta? Si strinse nelle spalle, le labbra tremanti. « Ho visto l'articolo sul Profeta. Dicono che sono disposti a riaprire il processo. » Prese a tamburellare con il dito indice sul legno logoro, schiudendo le labbra alla ricerca di qualcosa da dire. D'un tratto, si sentiva schiacciare tra i sensi di colpa e l'assoluta apatia, come se tutto ciò che stava accadendo non fosse altro che frutto della sua fantasia. Era sempre stata brava ad estraniarsi, ad allontanarsi dalle conseguenze delle proprie azioni sino a dimenticarle - tuttavia, in quel momento era impossibile girarsi dall'altra parte. Sollevò appena lo sguardo, senza riuscire ad andare oltre il profilo della sua mascella. Era più magro di quanto ricordasse, incredibilmente pallido. « Come stai? » Domandò infine, interrompendo quel primo filo di pensieri, nell'impacciato tentativo di guadagnare un po' di respiro.


    Chiedo venia per questo aborto di post, mi farò perdonare giuro.
     
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5 replies since 30/5/2023, 23:13   227 views
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