we've not yet lost all our graces

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  1. roman candle
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    «Sei innocente. Non dovresti essere qui.» Strinse le labbra, soffocando la leggera ma insistente fitta che quelle parole, quel pensiero generavano ogni volta che venivano formulate. Eppure normalmente chi le aveva pronunciate non aveva veramente idea di che cosa stesse dicendo: i suoi avvocati, Nate, ribadivano continuamente l'ingiustizia di quella situazione, in un modo che assomigliava più ad una presa di posizione, ad una dichiarazione che non ammetteva eccezioni, sei innocente e basta, per tenere a bada ogni traccia di dubbio che potesse non essere così, come un mantra a cui affidarsi e da ripetere finché la realtà non avesse cominciato ad assomigliare alla versione delle cose che ci si racconta. Per loro che Tom fosse davvero innocente o meno contava poco: se lo era per loro, se se ne convincevano con sufficiente determinazione allora prima o poi avrebbero potuto convincere anche il Wizengamot e tutti gli altri, perché l'unico obiettivo era la libertà, che fosse giustamente meritata o meno. Lo percepiva, Tom, quel leggero velo di negazione che aleggiava sulle loro conversazioni, l'oggetto di tutto quel macello, l'omicidio, mai veramente menzionato, mai veramente questionato, forse per paura di come avrebbe reagito, forse perché non importava davvero; a volte Thomas avrebbe voluto chiedere ai suoi avvocati se ci credevano davvero, che era stato tutto un errore, soltanto per vederli confermare la sua ipotesi, e sentirli dire qualcosa tipo “non importa cosa pensiamo noi, ma cosa pensa la giuria”, come un meccanismo di difesa che ignorasse le parti scomode della realtà, come se in fondo che Tom avesse o non avesse ucciso quella babbana importasse poco. Lo facevano sentire come un criminale. Ma di cosa pensavano loro, alla fine, a lui interessava poco: stavano svolgendo il loro lavoro, e spesso e volentieri dovevano essersi trovati a difendere gente che quei crimini li aveva commessi davvero. Il modo migliore per ottenere quello che volevano era agire come se Thomas fosse innocente – a prescindere da che lo fosse davvero o meno. Ma con Freya era diverso. In quella dichiarazione di innocenza Tom lesse la reale assoluzione: non come se. E fece ancora più male, perché in quella frase c'era tanta consapevolezza della verità quanto della conseguente ingiustizia. Era l'unica persona al mondo che sapesse quanto tutto ciò fosse sbagliato oltre a lui. Qualcuno lo capiva, e si sentì irritato da quel bruciore familiare, il cuore che batteva appena più forte, acceso di rabbia. Deglutì, serrando appena la mascella. Tu lo sai quanto avrebbe voluto dirle, ma pensò che l'avrebbe fatto sembrare disperato, quel suo bisogno di essere compreso e aiutato lo disgustava, e disgustava che fosse inevitabilmente così, che la vita l'avesse condotto a trovarsi in una posizione di estrema dipendenza dagli altri e dal loro aiuto. Non voleva essere compatito, più di tutto. Forse fu per questo che le rivolse la domanda su Kadmus, poco dopo – quella semplice constatazione di Freya che aveva messo in luce la sua condizione da vinto che aveva fatto scattare in lui il bisogno di controbattere. «No», le rispose evidentemente seccata. Era stata una mossa un po' da stronzo, se ne rendeva conto – del resto il rapporto con il ghermidore, Thomas lo sapeva bene, era stato strettamente professionale e anche piuttosto manipolatorio. Era stato persino un po' geloso, però, quando Freya li aveva raggiunti, qualche giorno dopo che Tom si era unito al gruppo di ghermidori, al fianco di quel maiale di Kadmus. Geloso e preoccupato, non poteva negarlo, sia per il tipo di persona che la ragazza avrebbe dovuto accompagnare, che per l'idea che lui le avrebbe messo le mani addosso con ogni probabilità, che per l'idea che Freya avesse voluto seguirlo fino ad un altro continente, e capì che non doveva trattarsi di una regolare prestazione lavorativa, per lei. L'aveva guardata a lungo, quando era arrivata all'accampamento arrangiato che avevano messo su quella sera, in una delle innumerevoli foreste della Pennsylvania di cui Thomas non ricordava più il nome. Aveva aspettato di appurare nel suo sguardo che lei l'avesse riconosciuto, prima di porgerle la mano e presentarsi lo stesso, per evitare domande o gelosie da parte del capo. Freya l'aveva fatto sentire un po' meno perso, in quei mesi, un ricordo di casa, della vita che aveva avuto prima di partire, il rapporto tra i due che era andato a mutare sempre di più dai tempi delle pomiciate maldestre e frettolose negli sgabuzzini di Hogwarts o le sveltine nelle aule vuote e polverose. Avevano parlato tanto, forse più di quanto Thomas avesse mai fatto con una ragazza – e di conseguenza più di quanto avrebbe voluto, ma non gli era mai pesato. Sopratutto gli piaceva ascoltarla. Ora che l'aveva rivista, se ne rendeva conto adesso, non aveva provato quelle stesse sensazioni di cinque anni prima, quasi dimentico di quanto i due avessero condiviso. Provò quasi imbarazzo, in quel momento, all'idea di quanto le avesse mostrato di sé in un momento della sua vita in cui non aveva alcuna difesa, alcuna precauzione, alcuna sovrastruttura: erano stati due ragazzi persi, in un Paese distante migliaia di chilometri, senza un posto, senza un'idea di chi fossero né qualcuno che volesse suggerirglielo, e paradossalmente ebbri di una libertà che almeno Tom, dal canto suo, non avrebbe mai più provato. E ora erano lì, ad Azkaban, e lui era un detenuto a cui lei era venuta a far visita. Perché? Sicuramente non poteva servirle qualcosa, non era nella condizione di offrirle favori, ma l'idea che potesse trattarsi di nient'altro che un legame che li univa o che l'aveva spinta fin lì era talmente distante da non essere neanche concepibile: ciò che avevano condiviso, per quanto impreciso fosse nella sua memoria, era stato sicuramente limitato, contestuale, di passaggio, sia per lui che per lei, no? Quale interesse poteva nutrire una persona nei suoi confronti che non fosse finalizzato al raggiungimento di qualche tornaconto personale, in fondo? Voleva aiutarlo, forse, per sentire di aver agito nel modo eticamente più corretto? Si sentiva forse in colpa, responsabile perché Tom era dentro e lei era una testimone? Solo l'idea lo faceva sentire così tremendamente piccolo, piccolo e necessitante.
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    Le domande che le pose successivamente, rispetto alla possibilità che avesse accettato la protezione del MACUSA, furono assolutamente pragmatiche nella loro natura, diversamente rispetto alle precedenti. Fu per questo che fu molto sorpreso dalla reazione della ragazza, che sembrò molto più piccata dall'insinuazione che avesse accettato dei soldi per proteggersi che non dalle suggestioni un po' di cattivo gusto su lei e Kadmus. «Se così fosse dubito che sarei qui. Probabilmente sarei in qualche luogo soleggiato, al caldo, con un cocktail in mano.» «Non ci sarebbe niente di male, in questo» sentì il bisogno di precisare. Nessuno l'avrebbe mai potuta biasimare per aver cercato di trarre profitto da una situazione di merda come quella. Eppure lei gli sembrò determinata a precisare che fosse oltraggiosa anche solo l'idea. «È per questo che non hai mai fatto il mio nome? Pensavi avessi accettato un accordo per lasciarti marcire qui dentro?» «L'hanno fatto tutti gli altri, Freya.» Pronunciò con voce atona. «Perché tu non avresti dovuto? Non ti avrei biasimato né giudicato.» Fece spallucce. Non mi serve il tuo sacrificio. «È quasi comico, sai? Ho saputo del primo processo troppo tardi per poter essere d'aiuto in alcun modo. Merlino solo sa quanto mi sono sentita in colpa. Ogni volta che vedevo un articolo sul giornale mi veniva da vomitare.» Espirò con un colpo secco, passandosi la lingua sui denti. Le aveva fatto pena. «E nel mentre, tu hai deciso super partes che mi hanno pagata per farmi stare in silenzio, e che ho accettato senza battere ciglio.» Scosse la testa, soffocando una risatina incredula, e fece per risponderle prima che lei riprendesse a parlare. «Nessuno mi ha contattata, ma anche se lo avessero fatto non avrei accettato. Il fatto che sia disposta ad accettare denaro per altro, non significa che la mia morale è in vendita. Sappiamo entrambi che sono ben lontana dall’essere una persona moralmente ineccepibile, ma ciò non vuol dire che non sappia distinguere tra cosa è giusto e sbagliato.» «Ma non è sbagliato, Freya. Non ha alcun senso ragionare in termini così binari su cose come questa, e anzi troverei più naturale agire secondo il proprio tornaconto personale, così come hanno fatto tutti in questo caso, visto quanto c'è in ballo. Certamente per me è una merda, certamente dal mio punto di vista ciò che hanno fatto è dannoso, nocivo, diciamo pure sbagliato se vogliamo parlare di morale, ma è così che gira il mondo, così che funzionano le cose. Non puoi avercela con l'uomo per la sua natura, né puoi cambiarla. A tutti è stata data un'opportunità e hanno deciso di coglierla, e non c'è vergogna in questo, né amoralità.» Anche tu, del resto, adesso sei qui per un tuo tornaconto personale, e cioè tenere a bada il tuo senso di colpa, ripulirti la coscienza visto che non riesci a non tormentarti per qualcosa che in fondo non hai neanche voluto tu, pensò, ma si astenne dal dirlo, un briciolo di consapevolezza del fatto che in fondo ciò che aveva portato Freya a incontrarlo potesse andare oltre la lavata di faccia e la quiete personale, ma troppo orgoglioso per concepire che qualcuno potesse semplicemente avere a cuore la sua causa per nessun motivo se non la cura. «Io ero lì, Thomas. E sappiamo entrambi che non sei stato tu a uccidere quella donna. Il punto è che... non dovresti essere qui. Non hai ucciso nessuno a non meriti di essere rinchiuso qui dentro. Non so esattamente perché sono venuta, o se è stata una buona idea. Ho mancato il primo processo di poco, non volevo che accadesse un’altra volta – non se posso essere utile.» Si passò una mano sul viso, sospirando, sentendosi improvvisamente stanco. Capiva bene che quel senso di imbarazzo, di dignità calpestata era qualcosa con cui avrebbe dovuto fare i conti e superare. Le cose stavano così: lui aveva bisogno di aiuto, aveva bisogno di una mano, aveva necessità che qualcuno – e non chiunque, ma proprio Freya – testimoniasse in suo favore. Ma questioni di indole personale a parte, Tom non era ancora del tutto sicuro che avrebbe funzionato. «Perché non mi hai menzionata come testimone?» Si mordicchiò l'interno delle guance, posando lo sguardo su di lei per qualche secondo, per poi abbassarlo, e rialzarlo istanti dopo. «Ho supposto che i casi potessero essere due. Che avevi accettato i soldi e che volevi viverti la tua vita in pace, lontana da tutto questo casino, come chiunque con un po' di sale in zucca avrebbe fatto» – fece, stringendosi nelle spalle – «oppure che non li avevi accettati, e in tal caso coinvolgerti nel processo sarebbe stato controproducente per entrambi, perché tu non hai idea dello schifo e del marcio che c'è dietro questo caso, Freya.» Aveva soltanto fatto bene i conti e aveva capito che non gli sarebbe convenuto, oppure aveva voluto proteggerla? «Se ti avessi menzionata come testimone la tua intera vita sarebbe stata scandagliata alla ricerca di informazioni che potessero metterti fuori gioco. Saresti stata esposta ai media, alle indagini off the record, e avrebbero senz'altro trovato qualcosa. Saresti finita a picco, e l'esito finale non sarebbe cambiato.» E questa era stata una scelta strategica oppure una mossa di tutela dell’altro? O addirittura c’entra dentro una quota di malsano masochismo nel chinare la testa e immolarsi? Accettare la perdita senza combattere e in segreto aspettare la punizione per qualcosa che neanche lui riusciva a perdonarsi, in fondo? «Tutt'ora ti dico, non credo cambierebbe qualcosa. Non sono sicuro che esista un modo per te di renderti utile, mi dispiace per te.» Non potè astenersi dall'aggiungere, aggrappato a quell'orgoglio che lo faceva sentire una merda a essere soltanto un progetto per il quale rendersi utili, perché rimarcavano la sua dipendenza. Provò nostalgia per i tempi in cui lui e Freya non erano altro che due ragazzini che si piacevano a tal punto da vedersi alle spalle di un compagno del Clavis per lui, e da scegliere uno dei migliori amici del suo pseudo-ragazzo per lei; delle scappatelle notturne, quando Thomas non era mai stato sconfitto, e non aveva bisogno di niente e di nessuno, ed era libero di scegliere, così tanto da scegliere sempre male, e farlo di proposito. «Anche se...» cominciò poi, inspirando profondamente, il petto irrobustito che si gonfiò in quel respiro. «Forse qualcosa sta cambiando, in effetti. Tu da sola, come testimone, potresti essere facilmente messa a tacere. Ma con Nate stiamo pensando di agire su più fronti.» Tamburellò con le dita sul tavolo, lo sguardo che continuava a vagare sulla figura di Freya. Poteva fidarsi? «Posso metterti in contatto con lui, e ti può tenere aggiornata sulla faccenda. Ma Freya» – esitò, la fronte corrugata – «io voglio che ti sia chiaro che io non ti chiederei mai di buttare la tua vita nel cesso per me. Non lo voglio, questo tipo di sacrificio. Non te l'ho chiesto due anni fa e non te lo sto chiedendo adesso. Voglio che ci ragioni. E che non agisci soltanto perché senti che sia la cosa giusta da fare. Io per agire nel modo più giusto adesso sono chiuso qui dentro.» Si sciolse appena, in una risatina roca. «Per me è difficile accettare un aiuto così... Così disinteressato.» Confessò, ingoiando il rospo. «Non vivrei bene con me stesso se pensassi che ti sei sentita costretta, da me e dalla pena che posso farti chiuso qua dentro o da qualcos'altro che ti spinge, inspiegabilmente, a volerti infilare in questo casino.» La fatica che gli costò dover pronunciare quelle parole fu resa più leggera soltanto dall'umiliante consapevolezza che con Freya, ormai, avesse scoperto quasi tutte le proprie carte.
     
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