The Time Turner Ball

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    dauntless

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    « Questo è un problema per i noi ubriachi. Ci torneremo a quattro zampe.. o non ci torniamo proprio. Fortuna che ho messo le scarpe basse. Magari ci ridanno la tua vecchia stanza nello studentato. Così.. per un giro nostalgico. » Inarcò un sopracciglio, scoccandole un'occhiata divertita prima di volgere lo sguardo altrove, scuotendo il capo tra sé e sé e ridacchiando appena. In ogni caso non fu necessario rispondere, dato che il gruppetto a cui faceva testa Veronica entrò velocemente nella loro bolla, cambiando la traiettoria della serata. « Ciaooooo, posso avere un goccino anche io? » Notando il tentativo di Otis passare inosservato da Mia, Raiden diede un leggero colpetto col gomito al Tassorosso, passandogli la propria di bottiglietta. « Tieni, favorisci pure. » Indicò poi con un cenno del capo le ragazze intente a chiacchierare animatamente tra loro senza considerarli. « Io ormai ho accettato il mio ruolo da reggi-lume. » Ridacchiò, stringendosi leggermente nelle spalle. Era piuttosto normale: quando le ragazze si incontravano, tendevano facilmente a fare comunella, parlottare tra di loro e aggiornarsi sulle rispettive vite. A volte non so nemmeno se voglio davvero essere incluso. Dio solo sa cosa dicono di me quando non sono a portata d'orecchio. « Come funziona, qui? Andate di shot? Posso partecipare, così, tanto per farmi coraggio prima di affrontare il boss definitivo che è Madame Troney? Non so se posso recepire ciò che avrà da dirmi da completamente lucido. » Accolse la richiesta del ragazzo con un grosso sorriso, piazzandogli una mano sulla spalla con una pacca vigorosa e strizzandola amichevolmente. « Così ti voglio. Te l'avevo detto o no che stasera voglio farti ubriacare? » Si rivolse dunque al barista, ordinando altri due shot di tequila e richiedendo esplicitamente di riempire quello di Otis fino all'orlo. « Si è diplomato, mi raccomando, ci serve bello carico. » « Ah davvero? Congratulazioni allora. La vita comincia adesso, bello. » Serviti i bicchierini, il giovane Yagami fece cozzare il proprio contro quello di Otis, buttandone poi giù il contenuto in un solo fiato. « Ma infatti adesso che progetti hai? Oltre ad aggregarti a noi nei fine settimana e distruggerti il fegato, si intende. » Raiden non l'aveva visto molto spesso, ma da quello che Mia e Veronica gli avevano raccontato, Otis sembrava un ragazzo a posto, dunque gli avrebbe fatto solo piacere se fosse uscito con loro più spesso.
    Entrato nel tendone di Madame Troney, il giapponese si ritrovò costretto a mordersi l'interno delle guance per non scoppiare a ridere in faccia alla "veggente" e al tono decisamente sopra le righe che si dava. Lui che a quelle cialtronerie non ci aveva mai creduto non poteva fare a meno di trovare il tutto estremamente ridicolo. Ma in fin dei conti era pur sempre una festa della scuola, e per farsi quattro risate andava più che bene. « Io ho un leggero dejavu. Mi fa venire i brividi. Sta scoppiata.. » Il moro si strinse nelle spalle con un sorriso. « A me più che altro sembra una caricatura. Chissà da dove l'hanno pescata. » Spero che abbiano pagato poco. Mentre osservava Miss Troney intenta a predire un futuro estremamente vago e sommario a Nessie, una piccola idea scattò nella mente del giapponese, che si inclinò per sussurrare qualche parola all'orecchio di Mia. « Togliti la fede. » Le scoccò dunque un'occhiata eloquente, come a suggerirle di fidarsi di lui mentre, dal canto proprio, si sfilava l'anello dall'anulare e lo riponeva in una delle tasche della tuta da lavoro. « Il prossimo, su! Che non ho tutta la sera! » La mano del giapponese scattò in alto. « Io, Madame! » « Mi piace la tua passione. Prego, giovane. Avvicinati. » Cercando il più possibile di trattenersi dal ridere, il moro si fece avanti, sedendosi di fronte alla cartomante e mostrandole il palmo destro, che la donna iniziò a scrutare e palpeggiare, annuendo tra sé e sé come se vi vedesse chissà cosa. « Questa è la mano di chi ha fatto molta strada. Vedo terre lontane. Forse.. mh.. sì, sì, gli spiriti mi dicono l'Oriente. » Il giovane Yagami simulò un sospiro sorpreso. E lo hai dedotto solo da un'occhiata alla mia mano - nient'altro! Una professionista. « Un Oriente che è alle tue spalle, ma potrebbe anche essere nel tuo futuro, se vorrai. » Ma sì, non sbilanciamoci troppo. « Vedo bellezza e cultura, ma anche ostacoli. Forse ti senti diverso, estraneo. Forse percepisci di non appartenere del tutto al luogo in cui ti trovi. » Cose, quelle, che potevano essere dette più o meno di chiunque appartenesse ad un'etnia diversa da quella dominante. Si voltò quindi automaticamente verso gli amici alle proprie spalle. « È come se mi stesse leggendo dritto nell'anima. » Sgranò gli occhi, sciabolando le sopracciglia divertito prima di volgersi di nuovo in direzione della donna. « È il mio dono, caro. Ma dimmi, c'è qualcosa nello specifico che ti interessa sapere? » « L'amore, Madame. » proferì con slancio drammatico d'emozione. « Ah l'amore, l'amore! Ci ho proprio visto lungo: sei passionale. » « Ardo, Madame. » « Beh il tuo palmo mi dice che questa passione ti porterà un amore avventuroso e travolgente, che non scende a compromessi. Tutto o niente. Questa persona dovrà essere convincente. Una passione simile è difficile da tener ferma. Non sei tipo da legami stabili, mh? Hai costante bisogno di stimoli. » « Un lupo come me è difficile da ingabbiare, Madame. » La donna annuì con l'espressione di chi la sapeva lunga. « Si vede caro, si vede. » Sì infatti ci hai proprio preso. « Cerchi l'ideale e non ti accontenti. Lo ammiro. Ma devi scendere a patti con la concretezza per trovare l'amore e instaurare una connessione reale. Chissà, forse tra i presenti c'è la persona capace di catturare questo ardore ma ancora non l'hai vista - o meglio: non l'hai vista con gli occhi del cuore. » Ci fu un breve silenzio, dopo il quale Madame Troney scattò in piedi, facendolo sussultare. « ALZATI! ALZATI E GUARDA I TUOI COMPAGNI! GUARDALI CON GLI OCCHI DEL CUORE. LI VEDI? » Un po' spiazzato e un po' divertito, Raiden si guardò intorno. « Mh.. sì? » « NON SEI SICURO! TI VOGLIO SICURO! » « Li vedooooo! » disse quindi con tono leggermente più alto, cercando di trasmettere quella passione che Shel Troney richiedeva. « Siete tutti testimoni della rinascita del vostro amico. Prendetevene cura, correte al suo fianco! E se questo miracolo vi ha ispirato, alzatevi in piedi e venite avanti per rinascere. Chi di voi ha il coraggio di spogliarsi come questo giovane? »


    Interagito con Mia, Otis e in generale con il gruppo che sta nel tendone

     
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    « Facciamoci leggere questo maledetto futuro di merda! Tanto, peggio di così! » Stupita, Nessie sgranò gli occhi nocciola, rivolgendo ad Otis un’occhiata indagatrice. Io e Ronnie ci siamo allontanate solo un paio di minuti, che è successo? Annuì alle parole di Ronnie, leggermente preoccupata. « Guarda che non sei obbligato a farti leggere il futuro, se non vuoi. Puoi anche solo ascoltare il nostro. » Mormorò. rivolgendogli un delicato buffetto sul braccio; ormai conosceva il giovane Branwell asbbastanza bene da sapere che tendeva ad essere piuttosto scettico nei confronti dell’occulto. O magari ha paura che Madame Troney gli dirà che non ha chance con la Osbourne. Fu lo stesso Otis a interrompere i suoi pensieri, mentre si apprestavano a raggiungere il gruppetto in cui si trovavano Mia e Raiden. «Ness, ma ci hai parlato un po' con Émile? Vallo a salutare, se vuoi, a me non dà fastidio, eh» La Serpeverde lo fissò per qualche secondo, sul viso l’espressione di chi aveva improvvisamente intuito qualcosa di palese. Adesso sì che è tutto chiaro – è preoccupato per Émi! Lo sapevo che, sotto sotto, si vogliono ancora bene. Mica si smette di essere migliori amici così di botto! « L’ho intravisto da lontano e mi ha scritto un messaggio. Gli ho già promesso un ballo, più tardi. » Gli sorrise, scuotendo appena il capo. « È bello che ti preoccupi per lui, sai? Émi non lo ammetterebbe nemmeno sotto tortura, ma ne sarebbe contento. Sono sicura che gli manchi. » Gli confidò, in un misto di tenerezza e tristezza. Non voleva rovinare l’umore generale ma, durante il pic nic di pochi giorni prima, non aveva potuto fare a meno di notare quanto Émile apparisse più solitario – ed a tratti, spaesato – del solito senza Otis al suo fianco. « BUONASERISSIMA! » Ronnie la anticipò, gettando le braccia al collo di Mia, e Nessie scoppiò in una risata divertita. « NESSIE!!! ECCOLE LE MIE AMICHE! Mi siete mancante un botto! Cazzo, ma siete delle stragnocche! » Ricambiò la stretta soffocante, ritrovandosi a dondolare precariamente sui tacchi per mantenere l’equilibrio. Malgrado ciò, fece tesoro di ogni singolo istante di quell’abbraccio, inspirando il profumo familiare delle sue amiche. Le erano mancate moltissimo negli ultimi mesi e, ora che si trovavano tutte assieme, si sentiva finalmente a casa. « Finalmente! » Trillò, sciogliendo la stretta e afferrandole entrambe per mano. « Questo semestre senza di voi è stato un inferno! Ma da adesso si ripristinano le sedute di gossip settimanali, promesso? » Una domanda che, in realtà, non avrebbe accettato obiezione alcuna. « Ma è alcol? OH CHE FAI NON OFFRI, CAFONA? » Sgranò gli occhi nel vedere la sua coinquilina bere un generosissimo sorso dalla bottiglia di Mia. « Accidenti, Ronnie! Di questo passo Otis dovrà portarti a casa in braccio – io posso giusto portarti fino al pianerottolo ma non credo riuscirei a reggere le scale. » Ridacchiò, ricordando una sera in cui erano rientrate piuttosto brille ed avevano rischiato di inciampare diverse volte. Scosse il capo in segno di negazione quando la ex-compagna di stanza le offrì il proprio bicchiere. « Ho promesso di andare a pranzo dai nonni, domani. Non posso presentarmi con il post-sbornia. » Si giustificò, prima di salutare il resto dei presenti erivolgersi alla neo-laureata. « Ava, giusto? Congratulazioni! Deve essere fantastico aver finalmente finito con gli studi! » Allungò una mano nella sua direzione, per presentarsi. « Quasi mi dimenticavo… puoi chiamarmi Nessie. Io e Mia eravamo compagne di stanza ad Hogwarts. » Praticamente un secolo fà, ormai. « Qui quali sono i grandi gossip? A parte il comitato feste non sa organizzare una festa. » Nessie si strinse nelle spalle, prendendo le ragazze a braccetto per fare strada in direzione del tendone di Madame Troney. « Ecco, è quello che vorrei sapere anche io. L’ho chiesto ad Émile l’altro giorno, ma non mi ha saputo dire nulla. » Roteò gli occhi al cielo, esasperata. « Cioè. non ci credo che in sei mesi non sia successo nulla degno di essere raccontato. Su, su, vuotate il sacco. Nuove coppie? Rotture? Feste esagerate? Voglio sapere tutto. » Le incitò, prima di guardarsi attorno, momentaneamente confusa. A proposito di gossip… « Ma Shai non viene? » Domandò ad entrambe, certa che almeno una di loro avesse informazioni sull’amico. « BENVENUTI! BENVENUTI NEL TENDONE DI MADAME TRONEY. Cosa abbiamo qui? Un gruppo numeroso. Interessante.. interessante.. » Raggiunsero il tendone, accolti a gran voce da Madame Troney in persona. Per Merlino, è proprio uguale alle foto su Strega Moderna! «Allora? Chi vuole iniziare.» Nessie si guardò rapidamente attorno, un po’ troppo intimorita per offrirsi volontaria. Dopotutto, Madame Troney era un’ospite regolare ed indiscussa in una grandissima quantità di programmi di intrattenimento e, come se ciò non bastasse, curava rubriche di successo per diversi magazine. «Secondo me Veronica ci terrebbe davvero tanto a farsi leggere la mano ma ha vergogna a chiedere» Annuì alle parole di Otis, battendo le mani tra loro senza riuscire a contenere l’eccitazione. « Oh, sì! Sarebbe bello sapere di Ron- » Lo sguardo della donna, tuttavia, si posò proprio su di lei. «Tu.» Io? Fece per protestare ma l’altra la invitò ad avvicinarsi, irremovibile. Incerta, Nessie lanciò una rapida occhiata ad Otis, prima di avvicinarsi. Madame Troney la investì con un fiume di parole, parlando talmente veloce da impedirle di dire alcunchè. « […] Non importa, comunque, lo zodiaco è roba per babbani e adolescenti annoiati. Vediamo...» Madame le afferrò la mano, obbligandola ad avvicinarsi ulteriormente. A quella breve distanza, Nessie la osseravava con occhi spalancati, al pari di un coniglietto abbagliato dai fari di un’auto in corsa. «Oh, giovane fanciulla... Hai sofferto molto... Sei determinata, a volte fin troppo, e sei coraggiosa... Ma hai paura... C'è un ragazzo... Un ragazzo che è presente qui in questo momento... Ha occhi solo per te...» Un ragazzo? Qui? La Serpeverde trasalì appena, improvvisamente a disagio. « In realtà io ho già un ragazzo, si trova in Francia... » Tentò, venendo completamente ignorata dalla veggente. «C'è stato... Sì... C'è stato qualcosa... Un bacio? Più di uno forse... O così vorresti... È così, vero?» Per poco, Nessie non si strozzò. Un’ondata di calore la investì e il sangue si concentrò sulle guance pallide, improvvisamente paonazze. I ragazzi con cui aveva scambiato baci in passato non erano certo pochi ma, se si consideravano quelli con cui c’era stato qualcosa da quando aveva rimesso piede in Inghilterra, la lista si accorciava paurosamente fino a ridursi ad un solo, scomodo nome: Émile Carrow. Che poi, quello non è stato nemmeno un vero bacio. O forse sì? Deglutì, improvvisamente nervosa, lanciando un’occhiata furtiva in direzione di Veronica. Nonostante fossero passati anni non aveva mai trovato il coraggio di confidarle di aver baciato Émi a Saint Tropez e, come se non bastasse, il comportamento ambiguo del Tassorosso non faceva altro che alimentare i suoi sensi di colpa. Distolse lo sguardo rapidamente, non appena la Grifondoro si voltò nella sua direzione. « Mi sa che deve essersi confusa con qualcun altro. Non ho la minima idea di cosa sta parlando. » Commentò, con una risatina fin troppo nervosa, sventolandosi appena con la mano destra. Ha sempre fatto così caldo, qui dentro? Indietreggiò, ben felice di posizionarsi alla sinistra di Otis, dal lato opposto rispetto a Ronnie. « Io, Madame! » Osservò Raiden farsi avanti, inclinando il capo di lato, incuriosita. Seppur non lo conoscesse a fondo, non le sembrava il tipo da interessarsi a oroscopi e predizioni. Si sporse leggermente in avanti, assistendo a quella scenetta, rischiando di scoppiare a ridere. Fu costretta a voltarsi verso Otis, soffocando la risata contro la sua spalla. « Ma non è che Madame Troney si è fatta un goccetto di troppo? » Gli domandò, esterefatta. Non avrebbe saputo spiegarsi altrimenti quell’eccesiva teatralità. « Siete tutti testimoni della rinascita del vostro amico. Prendetevene cura, correte al suo fianco! E se questo miracolo vi ha ispirato, alzatevi in piedi e venite avanti per rinascere. Chi di voi ha il coraggio di spogliarsi come questo giovane? » Momentaneamente dimentica dei propri turbamenti, Nessie allungò il braccio fino a dare una spintarella a Ronnie, costringendola ad avanzare. Ridacchiò, nel vedere la sua espressione. « Dai, sarà divertente! » Si scusò, stringendosi nelle spalle con la sua miglior espressione innocente. Dopotutto, Madame Troney aveva promesso amore e felicità a tutti – vero o meno, non era certo una predizione sfavorevole. « Accomodati cara, accomodati! » La donna arpionò la mano di Veronica, costringendola ad avvicinarsi ulteriormente. « Ah, ti vedo scettica, mia cara. Percepisco la tua diffidenza… certo, l’essere concreti è un grande dono, ma in questo caso… temo proprio che si tratti di una ferita del passato, un evento che ha inevitabilmente intaccato la tua fiducia nel prossimo. » Pausa d’effetto, con tanto di sospiro mistico. « Sì, sì! Un difficile legame familiare, forse? Oppure un amore non corrisposto? » Nessie si irrigidì, afferrando spasmodicamente la mano di Otis senza nemmeno rendersene conto. « Ma certo! Un’amicizia si è incrinata a causa di sentimenti confusi. Lo vedo. Ti tormenti ancora al riguardo, non è vero? » Il groppo che attanagliava la gola di Nessie si fece più pesante. « Beh, non è colpa tua, mia cara. Altre persone sono coinvolte, e sono state le loro decisioni a spianare il tuo cammino e a permetterti di resistere alla tempesta. Tuttavia, dovresti prestare più attenzione… la tua fiducia in qualcuno dei tuoi cari potrebbe essere malripost- » Nessie scattò in avanti, afferrando la mano di Ronnie e togliendola da quella di Shel Torney. « Basta! » Esclamò, nervosa, guardandosi attorno con fare concitato. « Abbiamo capito l’antifona. Grazie per le dettagliate premozioni, Madame. » Si voltò verso il gruppetto, improvvisamente esagitata, ignorando la veggente offesa. « Che ne dite di andare a ballare? Questa canzone è fantastica e qui dentro fa un caldo mortale. » Si sventolò in maniera teatrale, avvicinandosi a Mia. « Ce l’hai ancora quel drink? Mi è venuta sete. » E, non appena la Serpeverde glielo porse, ne scolò il contenuto in un solo, generosissimo sorso.

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    […] Non avrebbe saputo dire come o quando si erano ritrovati in pista, ma l’alcol e la musica avevano cancellato qualunque sua preoccupazione. Avvolse Mia in una piroetta e la lasciò andare, sgusciando sotto il braccio di Raiden e, infine, abbracciò Veronica, costringendola a girare freneticamente sul posto. Il mondo intorno a lei aveva perso di significato, le immagini e i suoni si mischiavano in un universo completamente nuovo. « Otis. » Chiamò l’amico, aggrappandosi leggermente a lui, incerta sui tacchi. « Otis, questa canzone è viola. Lilla, azzurro chiaro e un po’ di magenta. Lo senti il ritortnello, sì? Ecco, quello è il magenta. » Chiuse gli occhi, scivolando completamente negli schizzi di colore che si dipingevano a suon di musica, e prese a tamburellare il ritmo sul braccio del Tassorosso. Infine, lo afferrò per mano, costringendolo a ballare sul posto come se fossero dei robot. Quando la canzone terminò, Nessie scoppiò in una risata. « Per Merlino, fa caldissimo! » Si lamentò, sventolandosi con entrambe le mani. « Vado un attimo a darmi una rinfrescata o finirò per sciogliermi. Qualcuno vuole un drink? Ve li porto appena torno. » Scribacchiò le ordinazioni nelle note del cellulare si allontanò dal gruppetto, facendosi largo tra la folla, in direzione della toilette. In prossimità dell’uscita delle serre, scorse Émile – da solo e con l’aria assorta. Gli si avvicinò di spalle, intenzionata a coglierlo di sorpresa, e si sollevò sulla punta dei piedi, coprendogli gli occhi con la mani pallide e insolitamente calde. « Indovina chi sono! » Sussurrò al suo orecchio, scoppiando in una risata leggera. Lo lasciò andare e gli sorrise, affascinata dal modo in cui le luci si riflettevano sul viso di lui. « Bella festa! Mi piace come avete decorato le serre, anche la musica non è niente male. » Si complimentò, prima di lasciare cadere lo sguardo sul travestimento di Émile. « Quindi cosa hai intenzione di diventare? Magizoologo o Medimago? » Domandò, allungando una mano ad afferrare il camice bianco, strattonandolo pigramente. « Il camice ti dona. Ti fa sembrare adulto. Tipo il Dottor MagicDreamy in Magic Anatomy, presente? » Ridacchiò, ripensando alla serie ambientata in un ospedale magico. « Però ti manca lo stetosc- stetoscopio. » Scandì la parola, un po’ troppo allegra per pronunciarla correttamente al primo tentativo. « Sai, quello strumento con cui puoi ascoltare il battito cardiaco? » Si portò una mano all’orecchio sinistro ed allungò l’altra nella sua direzione, posandola sul petto di Émile, all’altezza del cuore. « Mhhh, sì. Tutto nella norma, signor Carrow. Anche se le consiglio di andarci piano con tutte quelle Api Frizzole o le verrà un infarto prima dei trent’anni! » Scherzò, con aria di distinto rimprovero. La sua mano, tuttavia, era ancora lì, ferma sul cuore di Émi. Mosse appena le dita, avvertendo il calore della sua pelle attraverso la stoffa leggera della camicia. Gli sorrise, leggermente assorta. « Il tuo cuore fa così: bum, bum, bum. » Nonostante la musica, riusciva a sentirlo, sotto il palmo della mano. Era appena percettibile, ma disegnava sprazzi di rosa nella sua mente, piccole macchie delicate su uno sfondo di colori sgargianti, dal giallo all’arancione, che esplodevano ad ogni nota. Rise, di nuovo, senza un motivo apparente. « Sei rosa. Il tuo battito cardiaco, intendo. Mi piace, è uno dei miei colori preferiti. » Abbassò appena lo sguardo, leggermente imbarazzata. Probabilmente non avrebbe osato dire nulla di tutto ciò, da sobria. Allontanò la mano dal suo petto e la fece ricadere lungo il fianco, intrecciando le dita con quelle di lui. « Balliamo? » Propose, indietreggiando in direzione di un angolo non troppo affollato della pista, con la sensazione che il suo, di cuore, si fosse improvvisamente spostato sulla punta delle dita.

    Interagito con Otis, Ronnie, Ava, Mia, Raiden (e chiunque stava nella tenda, in pratica). Menzionato Shai.
    In qualche modo ha ta trascinando il gruppetto a ballare, è sbronza dunque avete libera scelta sul per come, quando e quanto sia accaduto nel mentre.

    Interagito con Emi, praticamente tutta l’ultima parte.
     
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    « Ma si dai, tanto che ci siamo. D'altronde qualcuno ha deciso di spendere tutto il budget in finte premonizioni invece di mettere su un po' d'alcol. Ma io dico. Ti pare che dobbiamo venire con le bottigliette da casa? » Annuì vigorosamente subito dopo aver buttato giù un generoso sorso dalla bottiglietta di Mia. « Ma infatti assurdo. Che poi nemmeno avessero chiamato una cartomante di quelle brave. Cioè Shel Troney è conosciuta proprio per sbagliarsi tre volte su quattro. » Non che Veronica ci credesse poi molto all'idea della divinazione in generale; pensava che per lo più si trattasse di suggestione, e che le persone che volevano crederci tendessero ad interpretare quelle premonizioni vaghe adattandole al proprio vissuto. « Accidenti, Ronnie! Di questo passo Otis dovrà portarti a casa in braccio – io posso giusto portarti fino al pianerottolo ma non credo riuscirei a reggere le scale. » In tutta risposta la giovane Rigby si strinse nelle spalle. « Alle brutte collasso sul pianerottolo e via, problema risolto. » « Oh, allora che mi sono persa? Noi ci siamo divertite un botto, vero? Qui quali sono i grandi gossip? A parte il comitato feste non sa organizzare una festa. » « Ecco, è quello che vorrei sapere anche io. L’ho chiesto ad Émile l’altro giorno, ma non mi ha saputo dire nulla. » Stirò le labbra nel sentire il nome di Emi. L'ultima volta che si erano parlati era stata la sera dell'attacco ad Hogwarts - una sera che per Ronnie era stata sufficientemente difficile da farle riconsiderare il proprio peso nella vita di molti suoi cari. Emi era stato forse il minore dei problemi, ma il suo prendere le difese di Asa dopo ciò che il Grifondoro aveva detto e la successiva partenza dell'amico le aveva lasciato un sentimento amaro nei confronti del giovane Carrow. E poi ha avuto pure la faccia di tornare come se nulla fosse. Dopo essersi allontanato da tutti. Per Ronnie, che nei confronti di Emi era stata leale al punto da mentire al proprio stesso migliore amico, quel comportamento era stato un vero e proprio smacco. « Beh lui cosa ti aspetti che sappia? È tornato l'altroieri a caso, dopo aver ghostato un po' tutti. » L'acidità nel tono dell'ex Grifondoro era evidente, ma fu svelta a cambiare discorso. « Comunque in realtà non è successo nulla di che se si esclude Fiona - quella di Serpeverde che stava con Joshua - che si è rifatta il naso. Ha detto che era per riparare il setto nasale ma io non ci credo. » Tra una chiacchiera e l'altra arrivarono dunque al tendone di Shel Troney, dove tutti presero posto a sedere su cuscini di colori disparati mentre la truffatrice cominciava a fare il suo spettacolino. « Cinque galeoni che ti legge la mano e ti dice che l'amore arriverà se soltanto sorridessi più spesso. » Ridacchiò. « O se fossi meno esigente, come dice mia madre. » Il che ha diversi strati di problematicità, se ci si pensa bene. « Allora? Chi vuole iniziare. » « Secondo me Veronica ci terrebbe davvero tanto a farsi leggere la mano ma ha vergogna a chiedere. » Veloce e precisa assestò una bella gomitata sulle costole di Otis, lanciandogli uno sguardo truce. « Traditore, te la faccio scontare. » Ma fortunatamente non fu lei la vittima della Troney, o almeno non subito. Piuttosto toccò a Nessie l'onore di essere chiamata al banco degli imputati. « [..] C'è stato... Sì... C'è stato qualcosa... Un bacio? Più di uno forse... O così vorresti... È così, vero? » A quelle parole, Ronnie fece seguire un fischio e una breve risata. « E mo' chi glielo dice a Raphael? » Subito dopo Nessie fu il turno di Raiden, che si offrì volontario a sottoporsi alle premonizioni tanto bislacche quanto sbagliate di una Shel Troney improvvisatasi santona. « [..] Siete tutti testimoni della rinascita del vostro amico. Prendetevene cura, correte al suo fianco! E se questo miracolo vi ha ispirato, alzatevi in piedi e venite avanti per rinascere. Chi di voi ha il coraggio di spogliarsi come questo giovane? » Non fece in tempo a finire il proprio applauso alla rinascita del giapponese che Nessie la spinse letteralmente in avanti, attirandosi uno sguardo truce da parte di Ronnie quando le attenzioni della cartomante si focalizzarono su di lei. « Ma io veramente non ho curiosità sul futuro. Sa, vivo alla giornata. » « Ah, ti vedo scettica, mia cara. Percepisco la tua diffidenza… certo, l’essere concreti è un grande dono, ma in questo caso… temo proprio che si tratti di una ferita del passato, un evento che ha inevitabilmente intaccato la tua fiducia nel prossimo. » Eh troppi ce ne sono stati, amica. « Sì, sì! Un difficile legame familiare, forse? Oppure un amore non corrisposto? » Scosse il capo con un sorriso fintamente dispiaciuto. « Nope. » « Ma certo! Un’amicizia si è incrinata a causa di sentimenti confusi. Lo vedo. Ti tormenti ancora al riguardo, non è vero? » Rimase per qualche istante in silenzio, con la fronte aggrottata. Era evidente che quelle parole la pungessero un po' sul vivo, ricordandole di come aveva rovinato stupidamente l'amicizia con Benjamin solo per una mossa avventata in un momento di debolezza. Non ci cascare. Sta andando a tentoni. « Un sacco di amicizie si incrinano per sentimenti confusi. È molto vaga questa lettura. » « Beh, non è colpa tua, mia cara. Altre persone sono coinvolte, e sono state le loro decisioni a spianare il tuo cammino e a permetterti di resistere alla tempesta. Tuttavia, dovresti prestare più attenzione… la tua fiducia in qualcuno dei tuoi cari potrebbe essere malripost- » Per qualche motivo, la stessa persona che l'aveva gettata in pasto a Shel Troney fu anche quella che intervenne per interromperla. « Basta! Abbiamo capito l’antifona. Grazie per le dettagliate premonizioni, Madame. » Un po' confusa, Ronnie guardò prima Nessie, poi Mia ed Otis, cercando di comprendere la situazione. Nel non trovare risposta, in cuor suo pensò che Nessie avesse compreso il disagio di Ronnie - d'altronde della situazione con Benjamin era al corrente anche lei - e che avesse deciso di mettere un freno alla donna prima che l'umore finisse per calare. « Tranquilla Ness, sono solo parole a vanvera di una cialtrona. Ripete chiacchiere che si adattano a chiunque. » disse sottovoce all'amica, stringendosi nelle spalle per farle capire che stava bene. A giudicare dall'espressione di Nessie, tuttavia, sembrava più lei quella ad aver accusato il colpo.
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    In mezzo alla pista, i pensieri della Rigby sembrarono lentamente scemare via, lasciando posto alla spensieratezza e alla voglia di divertirsi insieme ai propri amici tra risate, piroette e una Nessie piuttosto su di giri che sembrava vivere in un mondo tutto suo. « Vado un attimo a darmi una rinfrescata o finirò per sciogliermi. Qualcuno vuole un drink? Ve li porto appena torno. » « Per me un cuba libre. Però non dirgli cuba libre perché ti danno la coca cola. Quindi fai così: chiedigli prima uno shot di rum, poi digli di metterci un po' di ghiaccio e alla fine chiedigli se ti ci aggiunge un po' di coca cola. » Corso di sopravvivenza salva-portafoglio e anti-drink annacquati made in Rigby: garanzia di successo novantotto percento. Tuttavia, dopo aver visto l'amica allontanarsi un po' sbilenca in direzione dei bagni, la Grifondoro iniziò ad avere qualche dubbio sul fatto di averla lasciata allontanarsi da sola. « Ma secondo te ce la fa? Dovremmo andarle dietro? » chiese, avvicinandosi ad Otis a ritmo di musica e sporgendosi un po' per farsi sentire, sebbene il suo sguardo fosse ancora puntato nella direzione imboccata da Nessie. « Mi sembra un po' strana stasera, ubriachezza a parte. Te ne sai qualcosa? » Perché improvvisamente mi sembra come di non sapere più nulla dei miei amici e di stare indietro su tutto? « Beh se tra cinque minuti non la vedo, vado a cercarla. » Pausa. « Tu però balla come si deve, Otis, cazzo, sembra che te ne stai tenendo una grossa. » Fece dunque presa sulle braccia del ragazzo, sollevandole quanto poteva e guidandolo ad agitarle un po' in aria mentre rideva divertita. « Sciolto, dai. Sei un'araba fenice: rinasci come ci ha detto di fare Shel Troney. »

    Interagito con Mia, Nessie e Otis
    Citato Emi


     
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    « Emi, mi fai male. » Fu il divincolarsi di Sèline dalla sua presa, a far scattare qualcosa. Che stai facendo? « Oh... » « Mi dici che ti è preso? » « Ma sei impazzito? Ma che ti prende? » Emi aggrottò la fronte. Lui non credeva di essere impazzito: voleva semplicemente ballare e divertirsi in compagnia, come stavano facendo tutti gli altri a quella serata. Era chiedere troppo? Era davvero una richiesta assurda, quella di non essere lasciato da solo dalle sue amiche, la sera del ballo che lui aveva organizzato, oltre tutto? Era una pretesa eccessiva poter avere qualcuno al proprio fianco? « Mi prende che non mi dispiacerebbe vedere un po' di supporto, tutto qua! » rimbeccò, infastidito, rivolgendo un'occhiata d'accusa verso Nirvana. Non voleva incolpare Sèline, che in fin dei conti non c'entrava nulla. Ma Van... Perché proprio adesso, appena arrivata, sentiva questo bisogno incessante di andare da Otis? Lei che conosceva tutta la storia del loro litigio, tra l'altro! La risposta della Corvonero non tardò ad arrivare, e lo fece nella forma di una sberla ben assestata in pieno viso. Il Tassorosso si sforzò di accusare il colpo con tutta la dignità che aveva in corpo, senza fare troppe smorfie o scostarsi di un centimetro, per quanto l'amica l'avesse preso in contropiede. « Ritorna in te. » Émile prese a massaggiarsi la guancia con una mano, mentre continuava a fissare Nirvana nello stupore più totale. Non sapeva cosa dire: gli pareva incredibile quello che era appena successo. « Ok, ragazzi...cerchiamo di calmarci, va bene? » Sèline, con la delicatezza e la diplomazia che la contraddistinguevano, provò a frapporsi tra quelle occhiate di fuoco. « Io non so cosa stia succedendo e non voglio tanto meno essere messa in mezzo o schierarmi dalla parte di nessuno. Soprattutto non voglio vedervi litigare, non vi vedete da un pezzo e giá volete scannarvi? Siamo qui per divertirci, no? E allora divertiamoci! » Abbassò lo sguardo, seguendo la mano della Grifondoro che prendeva la propria con delicatezza, cercando di trascinarlo verso la pista, ma senza successo. I piedi di Émile all'improvviso sembravano diventati due incudini, inchiodati al pavimento e pesanti come non mai. « I-io n-non... » balbettò, in modo del tutto sconclusionato. « No, Sèl, non mi va di ballare, ti va se andiamo a sentire quel ragazzo suonare? Mi sembra particolarmente bravo. » Mh, sì, sarà meglio così. « A dopo. » Émile scosse lentamente il capo. « Credevo che fossi dalla mia parte » sussurrò sommessamente, come ultimo saluto a Nirvana. Restò poi a guardare le due ragazze che si allontanavano in silenzio, con i pugni serrati nascosti nelle tasche dei pantaloni e un peso nuovo nel cuore.

    « Questa roba è sempre più acqua e sempre meno alcol » « Eh sai, si fa quel che si può con quello che si ha! » La risposta piccata del barman non sembrò scalfirlo minimamente. Lui di quei drink annacquati ne aveva bevuti a sufficienza da sentirsi già fuori fase. Poggiò il bicchiere vuoto sul bancone, prima di esclamare: « Dai, fammene un altro » con aria rassegnata. Concedette un'occhiata alla tenda di Madame Troney, da cui venivano fuori grasse risate, e un'altra alla pista da ballo. Se non altro i suoi compagni sembravano starsi divertendo parecchio. A lui cosa rimaneva, di quella serata, se non l'alcol? Preso ad annegare nell'alcol e nell'autocommiserazione, si scoprì grato al pensiero che quello stupido ballo stesse volgendo al termine. Presto avrebbero eletto il Re o la Reginetta del ballo, e a quel punto avrebbe potuto tornarsene al proprio dormitorio e buona notte, mentre gli altri avrebbero probabilmente fatto qualche post-serata a Hogsmeade. A Émile poco importava: a quel punto, non vedeva l'ora di incontrare il proprio letto. Guardandosi intorno, cominciò a pensare che fosse anche il caso di dare una spintarella alla tabella di marcia della serata, considerato che poteva. In fondo non c'era niente di male nel cominciare a fare un annuncio e invitare i presenti a votare per il vincitore. Mentre meditava, intento a sorseggiare dal proprio bicchiere, un'espressione accigliata sorse sul suo viso: che fine aveva fatto l'urna per le votazioni? Sapeva per certo che la corona del viciniore si trovava nella serra numero 5, quella dietro il palco; ma l'urna? Lì non l'aveva vista. Ricordava vagamente di averla domandata ad Otis, insieme alle locandine, poiché lui con quelli del Giornalino erano stati gli ultimi ad utilizzarla, per qualche loro votazione interna o chissà cosa. Oddio, ma gliel'ho detto, vero? Un moto d'incertezza lo portò a tirare fuori il cellulare, e a scorrere velocemente la chat con il compagno di casata. Oddio, non gliel'ho chiesta. Oh, cavolo. Che fare? Le opzioni a questo punto erano due: numero uno, andare da Otis, scusarsi per il disguido, e offrirsi di salire personalmente al castello per recuperare l'urna, se il compagno fosse stato così gentile da prestargli le chiavi dell'aula della Redazione per soli dieci minuti; opzione numero due, fare lo gnorri. Come al solito, Émile scelse la via più semplice.


    Ad Émile furono sufficienti meno di due secondi per scoprire chi fosse la proprietaria delle mani che delicatamente gli avevano oscurato la vista. « Indovina chi sono! » Il soffio di quelle parole s'infranse sulla sua nuca, provocandogli un leggero brivido. Si voltò e sorrise quasi istantaneamente ad Agnès. Nel vederla, il suo umore subì un cambiamento drastico: la presenza della giovane D'arcy era sempre in grado di tirargli su il morale, e quella sera in particolare la sua apparizione fu quasi una manna dal cielo. Qualcuno almeno non si è scordato di me. « Tu es une petite Oscar! » le rispose scherzosamente, nel suo francese fluente, facendo riferimento al loro scambio di messaggi di poco prima. Le piaceva senz'altro, il look di Nessie (soprattutto quella profonda scollatura sulla schiena, che si era ritrovato a fissare più volte durante la serata), ma sentiva di preferirla quando era più naturale. « Bella festa! Mi piace come avete decorato le serre, anche la musica non è niente male. » Sorrise, soddisfatto del complimento. « Grazie! Ho visto che siete stati da Madame Troney. È stato interessante? » Dimmi almeno che non è stata un completo disastro, visto che è costata un quarto del budget! « Quindi cosa hai intenzione di diventare? Magizoologo o Medimago? » Émile impiegò qualche secondo ad elaborare quelle parole, perché troppo distratto dalla mano di Nessie, che nel frattempo gli strattonava delicatamente il camice: di certo l'eccessiva quantità di alcol ingerita non era utile in quel momento, ma cominciava a sentirsi un po' accaldato. « Cosa? Ah, sì... Uhm, non lo so ancora. Penso che di questo passo lancerò una monetina a Settembre. » Ridiamo per non piangere. Quello era l'argomento che più gli metteva ansia in quel periodo, e il fatto che si ripresentasse (per forza di cose) in diverse occasioni lo metteva in difficoltà.« Il camice ti dona. Ti fa sembrare adulto. Tipo il Dottor MagicDreamy in Magic Anatomy, presente? » Rise. « Con la sola differenza che Dottor MagicDreamy era bruttino. Io, al contrario, sono una visione angelica. » Mentre parlava si indicò il volto con entrambe le mani ed assunse un'espressione eloquente, come a voler dire: insomma dai, guardami, sono meglio io! « Però ti manca lo stetosc- stetoscopio. » Rise di gusto, tirando la testa all'indietro, divertito da quell'errore. « Stetoscopio » la corresse, senza riuscire a smettere di ridere. « Sai, quello strumento con cui puoi ascoltare il battito cardiaco? » « Sìì, è lo stetoscopio Ness! Ma tutto ok? Quanto hai bevuto stasera? » Parli tu poi! Lui non riusciva a tenere le palpebre del tutto aperte, rideva e s'incavolava senza motivo, tuttavia riuscì a notare facilmente l'allegria particolare di Nessie in quel momento. Restò a guardarla, compiaciuto, mentre le posava una mano sul petto e improvvisava un'auscultazione del suo cuore. « Mhhh, sì. Tutto nella norma, signor Carrow. Anche se le consiglio di andarci piano con tutte quelle Api Frizzole o le verrà un infarto prima dei trent’anni! » Spalancò la bocca, strabuzzando anche gli occhi in un'espressione teatralmente sconcertata, per poi rifilarle un buffetto sul fianco. « Ma come ti permetti! Senti chi parla, che l'altro giorno hai finito tu tutti i Calderotti che avevo comprato. E infatti quel vulcano che hai sulla fronte ne è la prova! » Rise, indicando un brufolo immaginario sulla fronte di lei. Ma poi si zittì subito dopo, perché qualcosa nell'atmosfera sembrò cambiare. Forse era la nuova canzone che invadeva la pista, forse la mano di Nessie che percepiva i battiti del suo cuore, forse gli occhi di lei. « Il tuo cuore fa così: bum, bum, bum. » In quel momento, fu grato delle luci rossastre che gli illuminavano il volto, che celavano così come stesse avvampando a quel tocco leggero. Portò una mano sopra quella di Nessie, chiudendola sulle sue dita. Se una parte di lui voleva scostarla immediatamente, per impedirle di avvertire il suo battito che accelerava, l'altra avvertiva una sorta di familiarità in quel gesto. « Sei rosa. Il tuo battito cardiaco, intendo. Mi piace, è uno dei miei colori preferiti. » Sorrise. « Non potevi scegliere un colore più... maschio? » scherzò, mentre lasciava che le sue dita trovassero gli spazi tra quelle di lei, in un incastro tanto naturale quanto quotidiano. Una volta sulla pista, si ritagliarono uno spazio in disparte, uno dei pochi angoli solitari non invasi dal chiasso della serata. Si ritrovarono a dondolare sul posto, per seguire le note lente e rilassate della canzone.
    Guidò sulle sue spalle le mani di Nessie, e portò le proprie a cingerle la schiena nuda. Quello fu un dettaglio a cui ripensò più volte mentre ballavano (decisamente più del dovuto): e cioè che non c'era niente a separare i suoi polpastrelli dalla pelle di lei. Ne avvertiva il calore, la morbidezza. Sentiva di poter carpire le reazioni di lei ad ogni proprio tocco. Impresse le dita alla base della sua schiena, attirandola di più a sé, in una specie di abbraccio. Non se la sentiva più di parlare: non avrebbe saputo cosa dire. Così poggiò la guancia sul capo di lei, e rimase fermo in quella posizione per minuti che parvero ore. Ebbe la sensazione che quei pochi istanti gli stessero donando la calma che aveva ricercato per tutta la serata - ma d'altronde così era Nessie. « Tu sei tipo il mio tranquillante personale » si ritrovò a osservare, sussurrandole quelle parole all'orecchio, prima di sbuffare in una leggera risata sottovoce. « Non so proprio come fai, ogni volta. » Si scostò leggermente, per poterla guardare. I loro nasi si sfioravano, i loro visi erano così vicini che Émile, se avesse voluto, avrebbe potuto contare tutte le lentiggini sulle guance di Nessie; non l'avrebbe fatto, perché della maggior parte ne conosceva già l'esatta posizione. La canzone, nel frattempo, volgeva al termine. Emi, quasi per caso, ne colse una frase. I don't wanna look at anything else now that I saw you. In quel preciso istante, pensò che in quel momento non ci fosse davvero nient'altro che valesse la pena di essere guardato, al di fuori di quegli occhi color nocciola. Quando si avvicinò per posare le labbra su quelle di Nessie, fu un gesto spontaneo, quasi di riflesso: come quel giorno al lago, senza pretese; ma, stavolta, all'avverarsi di quel contatto scoprì di non poterne fare a meno, di desiderare di più. Di voler scoprire altro di lei. Affondò le dita nella sua schiena e la strinse di più a sé, mentre accarezzava le sue labbra morbide con le proprie e le dischiudeva leggermente, attendendo il suo permesso per approfondire quel contatto.




    [spoiler_tag][/spoiler_tag]1. Seline e Nirvana ❤
    2. Pensieri a caso + l'ammmmoremio Otis
    3. tutto per nessiepie ❤
     
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    Ignorare Otis si era dimostrata una fatica tutta a se stante. Il giovane Tassorosso sembrava, infatti, particolarmente temerario nel tentare di introdursi nei discorsi delle ragazze - un atteggiamento che portò Mia a mostrarsi ancora più esitante nei confronti di lui. Tu guarda se ancora non ha capito! Non considerava neanche il fatto che Otis potesse non aver afferrato il motivo per cui lo stava ignorando. « Ma Shai non viene? » Quella domanda sembrò farle brillare gli occhi di colpo. Il ritorno di Shai aveva mandato in visibilio sia Ronnie che Mia, infattj tirò fuori il cellulare e fece scorrere a Nessie alcune delle foto che l'amico aveva mandato loro. « Ooooh ecco cosa mi hai ricordato. Non vedo l'ora di rivederlo. Mi ha mandato questa oggi. Sta tornando. La banda riunita! » Una foto dall'aeroporto. « Non credo che fa in tempo però.. cioè immagino che ora sta in volo, infatti non risponde da un bel po'. Bello però! Torna giusto in tempo per il compleanno di Haru. Finalmente lo vede. Ah raga che poi non fate scherzi, prossima settimana, sabato, non prendete impegni che Haru compie un anno una volta nella vita. Dovete esserci. » Un promemoria che le ricordò inesorabilmente il rientro della madre. Una vera piaga considerando che Gillian tendenva a starle un po' troppo col fiato sul collo quando veniva a trovarli. Tra tante chiacchiere e un persistente bisogno di ignorare Otis quasi come se non esistesse, il gruppo giunse nella tenda dove successe letteralmente di tutto. « Togliti la fede. » Rimase leggermente sorpresa di fronte a quella richiesta. Ne valse però la pena, specialmente quando la scenetta si finalizzò in una degna dimostrazione della completa incapacità della veggente di azzecare anche solo una premonizione. « Siete tutti testimoni della rinascita del vostro amico. Prendetevene cura, correte al suo fianco! E se questo miracolo vi ha ispirato, alzatevi in piedi e venite avanti per rinascere. Chi di voi ha il coraggio di spogliarsi come questo giovane? » Mia dovette mordersi il labbro inferiore per non commentare quella scenetta sul momento, seppur quel preciso scambio di battute si prestava a più di una battuta inopportuna. Decise tuttavia di risparmiarsele per un secondo momento, ascoltando piuttosto il resto delle premonizioni, non certo meno approssimative e vaghe. L'oroscopo ha quasi più senso. Assurdo. Tutto sembrò andare per il meglio quanto meno finché Nessie non reagì in maniera un po' brusco di fronte ai vaneggi della veggente. « Abbiamo capito l’antifona. Grazie per le dettagliate premozioni, Madame. Che ne dite di andare a ballare? Questa canzone è fantastica e qui dentro fa un caldo mortale. Ce l’hai ancora quel drink? Mi è venuta sete. » Mia annuì velocemente, passandole il proprio drink ancora a metà, osservandola con un'espressione un po' perplessa. Cercò di gettare uno sguardo interrogativo in direzione di Veronica, che in verità sembrava confusa tanto quanto lei. « Tranquilla Ness, sono solo parole a vanvera di una cialtrona. Ripete chiacchiere che si adattano a chiunque. » « Infatti. Non dare troppo peso alle cose che dice. Hai visto che cosa ha detto di Raiden, dai. Non capisce niente. » Affermazioni che disse sottovoce, mentre osservava con un po' troppo insistenza la donna. Le sue occhiatacce evidentemente non dovevano essere passate inosservate. « E tu mia cara? Non sei curiosa di sapere cosa ti riserva il futuro? » « No grazie sto apposto così. » Tagliò corto, la giovane Yagami, scuotendo la testa. E si voltò a raggiungere il resto del gruppo prima che la donna potesse aggiungere altro in merito. « Lui però ci crede un sacco a queste cose. Ha pure la mamma veggente. Legga il suo di futuro. » Disse indicando Otis poco distante da lei, a cui mostrò con un aplomb infantile il dito medio. E tanti cari saluti all'ignorarlo. « Gli legga però pure il passato visto che ha la memoria corta. » Continuò prima di stringersi nelle spalle raggiungendo le amiche fuori dal tendone in attesa che tutti finissero con la madama. Non ci volle molto prima di ritrovarsi in pista insieme agli altri. Una condizione che durò relativamente poco visto che nel pieno della sua allegra sbronza, Nessie decise di abbandonarli. « Vado un attimo a darmi una rinfrescata o finirò per sciogliermi. Qualcuno vuole un drink? Ve li porto appena torno. » Mia osservò Ronnie ancora una volta prima di tornare a guardare il punto in cui l'amica scomparve rimanendo un po' di sasso. Ovviamente il silenzio nei confronti Otis continuò, decidendo piuttosto di parlare con chiunque tranne che con lui. « Ma secondo te è sicuro lasciarla andare da sola? Minimo sbatte la testa da qualche parte per quanto è rincoglionita. » Il codice delle amiche imponeva che nessuna di loro venisse lasciata da sola. D'altro canto però, anche Mia era parecchio su di giri, e in verità aveva voglia di andare a farsi un giro. « Va beh, se non torna tra un quarto d'ora e non risponde riaggiorniamoci. Noi magari andiamo a farci un giro. Volevo proprio andare a vedere quello specchio. Se volete - se vuoi venire, intendo. » Poi si girò verso Raiden. « A te va? » Pausa. « Dai voglio troppo vedere questa burinata. Minimo è pure più trash di Madame Shell Troney. » [...] Lungo il tragitto in compagnia di altri loro amici, ma un po' più indietro rispetto a loro, Mia sollevò lo sguardo sul volto di Raiden portandosi la propria bottiglietta ancora a metà alle labbra per poi mettersi la mano sul petto. « Ardo, Madame! » Asserì di colpo con un tono plateale scoppiando poi a ridere. « Ottima interpretazione, Capitano Yagami.. o dovrei dire, tuttofare Yagami? Non mi è ancora chiaro chi si è spogliato come te, però.. » Rimase un po' a pensarci sollevando lo sguardo verso l'alto come se stesse cercando chissà quale risposta arcana. Per un po' non disse niente, spostandosi tra i tanti partecipanti alla festa, ascoltando di tanto in tanto i discorsi dei loro rumorosissimi amici poco più avanti, che sembravano alticci almeno quanto Mia. Stava infatti iniziando a sentirsi decisamente più allegrotta e anche audace. « Non mi hai nemmeno detto se ti piace quello che ho scelto. Guarda che mi sono impegnata tantissimo a cercare qualcosa di carino. È nuovo eh! Ho fatto come hai detto tu. » Cioè non aveva badato a spese. In verità i gusti di Mia erano facilmente accontentabili, e seppur si fosse impegnata a farsi notare, compiendo il gesto estremo di privare la carta di Raiden di qualche uscita, la spesa non era stata davvero così superlativa. L'aveva però fatta sentire stranamente bene, tant'è che non aveva solo comprato il vestito; si era munita anche di un nuovo completo intimo ed era andata ad acconciarsi i capelli. Si era persino concessa diverse piccole spese tra negozi di dolciumi e un lauto pranzo a base di hamburger e patatine. Uno sforzo non indifferente. « Però, a questo punto devo dare per scontato che un lupo come te non si fa fregare da queste cose. » Sospirò, stringendosi nelle spalle. « Peccato. Speravo davvero che tu avessi voglia di vedere proprio tutto ciò per cui hai pagato. Altrimenti sarebbe un investimento inutile, no?» Dicendo ciò si portò la bottiglietta alle labbra, stringendosi nelle spalle. « Però io vorrei ringraziarti comunque. » Asserì osservandolo con i grandi occhini apparentemente innocui. « È stata una giornata molto divertente. È bello farsi coccolare ogni tanto, e le commesse mi hanno proprio viziato. » Pausa. « Dimmi però la verità, Raiden. Non sono abbastanza convincente per un tipo passionale come te? Quali altri stimoli mancherebbero, sentiamo. » Non poteva farci niente. Lo scambio tra il giapponese e la veggente era stato troppo troppo esilarante per non punzecchiarlo in merito.

    Interagito con Nessie, Ronnie, Otis e ultima parte Raiden.


     
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    «Tieni, favorisci pure» Sto per bere con Raiden? Sgranò appena gli occhi azzurri, deglutendo a fatica prima di accettare la bottiglietta di qualunque cosa Raiden stesse bevendo – pregando anche che non fosse troppo forte da fargli bruciare la gola e, peggio ancora, farlo tossire. «Ah, grazie! Che cos... Anzi, no, non lo voglio sapere!» Tentò con una risatina nervosa, prima di prendere un sorso decisamente troppo generoso. «Io ormai ho accettato il mio ruolo da reggi-lume» continuò il ragazzo, mentre Otis dovette sforzarsi per non trattenere la bevanda nelle guance e mandarla giù a sorsi. Ingoiò a forza, quindi, e questo portò chiaramente all'inevitabile: una pioggerella di alcol sputato mentre stava per affogarsi. Tossicchiò un paio di volte, avendo almeno la decenza di voltarsi dall'altra parte per contenere quanto più possibile i danni che stava arrecando alla sua immagine. «Però... Roba forte... Ah-ah... Buonissima.... Che... Che roba è...» «Così ti voglio. Te l'avevo detto o no che stasera voglio farti ubriacare?» «AH! Ah-ah... Ci sta...» Non ti puoi ubriacare di fronte a Raiden e perdere anche quel briciolo di contegno che ti è rimasto, cazzo «Ci sta! Cioè con moderazione, comunque...» Bisbigliò mentre il barman obbediva alla richiesta di Raiden di versare loro un paio di shot di tequila. «Ah, a me di più.. Ah-ah... Tu guarda... Ma non ce n'era bisogno...» «Si è diplomato, mi raccomando, ci serve bello carico.» Ed era esattamente quello che gli ci voleva, questo senza ombra di dubbio. Soltanto che in genere quando si ubriacava sceglieva meticolosamente il contesto, la situazione, la quantità di alcolici da ingerire per arrivare al punto desiderato, la compagnia... L'imprevedibilità degli shottini lo spaventava un po'. In genere preferiva la birra perché era un processo più graduale e quindi più controllabile, ma il tutto avveniva sempre in momenti specifici, per festeggiare qualche partita del Campionato di Quidditch a cui l'aveva trascinato Emi e che lui fingeva di capire solo per farlo contento, o quando lui e Ronnie si erano sfidati a chi riuscisse a reggere di più e chiaramente Otis era stato rovinosamente umiliato dopo la quarta birra. Si era mai ubriacato ad una festa in tutti quegli anni di liceo? In fondo adesso stava per andare al college, e non era forse quello il segno che fosse parte dei grandi anche lui, finalmente? Che lo invitavano a bere con lui, che volevano farlo sbronzare per divertirsi insieme? Sorrise di gusto, per la prima volta da un po' di tempo, mentre brindava con Raiden – il suo, tipo, idolo! Play it cool, dude. Bevve tutta la tequila senza neanche tossire, quella volta, prima di addentare uno degli spicchi di limone – probabilmente già spremuti – in giro sul bancone. « Ma infatti adesso che progetti hai? Oltre ad aggregarti a noi nei fine settimana e distruggerti il fegato, si intende» «Dici davvero?» Non potè fermarsi dal rispondere, prima di schiarirsi la voce, pregando un dio non specificato che Raiden non l'avesse sentito, e correggersi: «Allora il mio unico e solo programma, per il momento, è appunto distruggermi il fegato con voi!» Esclamò, assolutamente euforico, alzando al cielo un altro bicchierino di qualcosa che il barman continuava a servire. Era così la vita al college? Ma chi li paga poi?

    La scena di Nessie che si faceva leggere la mano da Madame Troney non era stata particolarmente divertente, per lui, perché aveva subito temuto il peggio, stupidamente pensando che la Troney avrebbe potuto percepire qualcosa del mondo che sapeva che l'amica si portasse dentro. Dal momento in cui Nessie si era seduta aveva avvertito una stretta alla bocca dello stomaco, il battito del cuore lo riusciva a percepire nella punta delle dita. Per qualche motivo, per quanto la sua Legilimanzia fosse assolutamente assopita perché si rifiutava categoricamente di utilizzarla, con Agnés c'era sempre stata una strana connessione, quasi percettiva più che cognitiva, una capacità unica di provare le stesse cose che sentiva lei – specie quando aveva paura, o era arrabbiata. Non era niente di così serio, non quella volta, eppure si mise a sedere un po' più dritto con la schiena, e smise di infastidire Ronnie spingendo il cuscino su cui era seduta con la punta del piede, ascoltando attento. «Mi sa che deve essersi confusa con qualcun altro. Non ho la minima idea di cosa sta parlando.» Quindi ci ha preso. Divertito, con un sorriso mal soppresso sul viso lentigginoso, Otis seguì con lo sguardo Nessie che si sventolava drammaticamente, fino a quando si sedette accanto a lui. Rimase a fissarla ancora per qualche istante, così. «Ci ha preso.» Verbalizzò alla fine, un angolo della bocca sollevato in un sorriso decisamente troppo sornione. Adorava quanto riuscisse a leggere Nessie, per quanto i mezzi che gli permettevano di farlo fossero poco... leali. «Ci ha preso in pieno, pure» gongolò alla fine. «Ma non è che Madame Troney si è fatta un goccetto di troppo?» «Oh, secondo me è assolutamente sbronza. O fatta di funghetti allucinogeni» annuì, allungandosi un po' sorreggendosi sui palmi delle mani aperti a terra. «Ma ciò non cambia che ci abbia preso in pieno» non potè fermarsi dall'aggiungere, ruotando la testa verso di lei con misurata lentezza e una sciabolata delle sopracciglia verso l'alto.
    Rise di gusto a ogni rimbeccata sarcastica di Raiden, forse più forte di chiunque altro in quella tenda, battendosi le mani sulle ginocchia al suo «un lupo come me è difficile da ingabbiare, Madame». Cercò di incrociare lo sguardo di Mia per ridere con lei, ma anche allora sembrò non vederlo, come fosse diventato trasparente. Bah. Ma non è che ho fatto qualcosa? La successiva scena di Raiden chiamato a spogliarsi insieme a loro sembrava uscito da uno dei sogni strani che Otis ogni tanto faceva sul ragazzo. Niente di così tanto strano, ma una volta se l'era sognato capo di una setta, una sorta di santone, vestito di bianco con un lungo camice e le mani giunte, che lo chiamava a sé... Forse aveva inalato qualche fumo tossico durante la lezione di Pozioni. Non aveva neanche completamente inteso cosa la veggente intendesse dire, il richiamo a quell'unirsi nella nudità di Raiden dal sapore vagamente orgiastico, per cui si limitò a osservare divertito e un po' brillo, le braccia a cingergli le ginocchia. Sentimenti confusi, eh, Ron, vecchia volpe? Sembrò dirle quanto fu il turno di Veronica, assottigliando lo sguardo nella sua direzione. «Di che parla?!» Mimò con la bocca quando incontrò gli occhi di Ronnie, che però sembrava altrettanto confusa, in un vortice di incertezze che fu interrotto da Nessie, che tagliò corto l'ispirata premonizione della veggente, dopo avergli preso la mano, evidentemente preoccupata. Ma perché nessuno gli diceva mai niente? Quindi ci aveva preso anche con lei, per questo sembrava così frettolosa nel chiudere? «Abbiamo capito l'antifona. Grazie per le dettagliate premonizioni, Madame.» Otis fece un inchino profondo in direzione della chiromante, facendo eco al saluto del gruppo. «Mi sento rinnovato di una nuova energia, libero, leggero, la ringrazio» «Lui però ci crede un sacco a queste cose. Ha pure la mamma veggente. Legga il suo di futuro». Il ragazzo rimase bloccato mentre si rialzava da quell'inchino eccessivamente reverenziale, immobilizzato mentre gli occhi saettavano in direzione di Mia e registravano il suo dito medio alzato. Ma che problemi ha stasera? I due non erano molto intimi, e sicuramente non erano soliti mandarsi a cagare en passant, così alla leggera e scherzosamente. O forse sì? Forse erano arrivati a quel punto del rapporto in cui poteva permettersi di insultarla e doveva solo sciogliersi un po' e smetterla di fare l'ingessato pomposo, come suo solito? Era così complicato comprendere il comportamento delle persone in generale, ma ancor di più quello delle ragazze della sua età o poco più grandi. Incapace di reagire, preso da tutti quei confusi pensieri, si tirò finalmente su, gli occhi che con lentezza comica si posavano sulla figura tarchiata della Troney, di fronte a lui, le braccia conserte. Dalle labbra gli fuoriuscì una risatina nervosa. Sembrava pronta a mangiarselo. «Ah, sì? E chi è tua madre? Forse la conosco, dimmi, dimmi» Stava pensando come evitare di farle il nome della persona che sistematicamente inviava lettere di reclamo al Salone della Perpetua intimando la segnalazione all'albo dei Chiaroveggenti per farla radiare dall'Ordine quando Mia continuò. «Gli legga però pure il passato visto che la memoria corta» «Ma che problema haiiiiii» non riuscì a trattenere tra i denti Otis, mentre ormai il gruppo era all'esterno del tendone, lasciandolo da solo con una tizia che gli ricordava sempre di più la strega Yubaba, de La città incantata. Indietreggiò con un sorriso tirato mentre lei allungava le mani per prendere le sue, nascondendole fulminee dietro la schiena. «Vieni, vieni, non avere paura... Non ti mangio mica...» Ma perché specificarlo allora. «Io devo... Proprio... Dovrei... Raggiungere glialtriokayarrivedercigrazieeeee» esalò, scampando alle grinfie dell'anziana signora.

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    Gli girava già la testa, a quel punto, l'odore nauseante del tendone misto a quei due (o tre?) shot vuotati uno dietro l'altro a stomaco vuoto che facevano effetto. In qualche modo era riuscito a ritrovare il gruppetto, ancora poco distante dal tendone, e un po' arrancando si era infilato tra la folla accaldata. La temperatura non aiutava: nella serra, nonostante la sera e il clima rigido della Scozia, si avvertiva la presenza di tutti quegli adolescenti mezzi sbronzi e ammassati. Aveva cominciato a boccheggiare, mentre faticava a tenere il ritmo di una musica decisamente troppo lenta per una festa come quella, quando Nessie si era aggrappata a lui. «Otis. Otis, questa canzone è viola. Lilla, azzurro chiaro e un po’ di magenta. Lo senti il ritornello, sì? Ecco, quello è il magenta.» Lui le tenne le mani, abbassandosi appena per arrivare a guardarla negli occhi, un'espressione divertita – la stessa di prima – sul volto. «Terra chiama Nessie. Ci sei? Non potevi chiamarmi e condividere qualsiasi cosa sia che ti sei fumata?» Scherzò, una leggera punta di preoccupazione inevitabilmente presente nell'appurare che l'amica fosse completamente disinibita, a quel punto, gli occhi chiusi, ondeggiante. Spostò le mani sulle spalle di lei, un proposito vago ma determinato, nella nebbia che oscurava i suoi pensieri, di tenerla d'occhio il più possibile. Ma fu proprio allora che Agnés decise di allontanarsi dal gruppo. «Io non prendo niente, ma te la senti di uscire da sola?» «Ma secondo te è sicuro lasciarla andare da sola? Minimo sbatte la testa da qualche parte per quanto è rincoglionita.» Due modi molto diversi di metterla, ma erano d'accordo. Rivolse a Mia uno sguardo un po' preoccupato, ma lei lo liquidò senza badarci troppo. Va bene, seconda nota mentale: capire che problema Mia abbia con te. Mi pare personale, a questo punto. Avrebbe dovuto chiedere a Raiden? E quando sarebbe stato più opportuno parlarne? Sentiva già la questione preoccuparlo al punto di rovinargli quella leggera sbronza che cominciava a salirgli. «Ma secondo te ce la fa? Dovremmo andarle dietro?» Fece eco alle sue preoccupazioni Ronnie, mentre Otis registrava vagamente che Mia e Raiden si fossero allontanati. «Pensavo lo stesso... Non so, alla fine è solo un po' sbronza, no? Che può succederle? Ci sono anche i prof in giro, credo... La Stone e Eliphas, no?» Le rispose chinandosi appena per parlarle all'orecchio, mentre disperatamente cercava di mantenersi in movimento, in quello che avrebbe dovuto assomigliare ad una sorta di ballo che però pareva più un rimbalzo della testa scattante e nevrotico. «Mi sembra un po' strana stasera, ubriachezza a parte. Te ne sai qualcosa?» Si limitò a fare spallucce, non riuscendo propriamente a fare conversazione con la musica forte e il calore che montava. Cambiò mossa, a quel punto, i pugni alzati in aria che agitava a tempo di musica – o ci provava – nel tentativo di apparire più disinvolto. «Tu però balla come si deve, Otis, cazzo, sembra che te ne stai tenendo una grossa» Si immobilizzò, sgranando gli occhi. «Faccio così cagare, dici?» Si afflosciò, sgonfio come un palloncino, le braccia penzolanti. «Come si faaaaaaaa». «Sciolto, dai. Sei un'araba fenice: rinasci come ci ha detto di fare Shel Troney.» Inspirò profondamente, desiderando soltanto di potersi andare a sedere ma consapevole che Veronica l'avrebbe menato senza alcuno scrupolo di fronte a tutti se l'avesse mollata in pista. «Un'araba fenice.» Ripetè, facendosi coraggio. Prese a ondeggiare col busto, in una sorta di mossa serpentesca, lo sguardo affilato puntato su Veronica. «Così?» Allargò le braccia, come spalancando le ali, occupando decisamente troppo spazio e invadendo quello altrui sulla pista. Fu durante uno dei suoi sinuosi movimenti arabeggianti che qualcuno si scontrò contro di lui, versando il contenuto del proprio bicchiere sul vestito nuovo di zecca di Otis. Proprio mentre stava cominciando ad avvertire lo spirito della danza, l'impeto della liberazione, forse adesso capiva davvero che cosa ci trovassero di tanto divertente le persone nell'andare a ballare! – «OOOOPSSS» Ah. «E ma allora ditelo che c'è una cospirazione contro di me che ad ogni festa mi devo far versare qualcosa addosso e la facciamo finita, vengo col grembiule e basta, dio santo».

    Si era allontanato per andarsi a tamponare quanto più possibile il vestito, ormai chiaramente rovinato, facendo segno a Ronnie che sarebbe tornato subito. Stava approfittando per bere un altro po', annusando i bicchieri sparpagliati sui tavoli per appurare che contenessero alcool, giusto per mantenere quella piacevole sensazione di ebbrezza e non doversi rendere conto di quanto disastrosa fosse quella serata, per certi versi. «Ma chi è che si porta dietro l'assenzio a una festa di fine anno? Dio mio, uno non penserebbe che a Hogwarts stiamo a sti livelli...» Mentre il viso gli si contorceva in un'espressione disgustata, estrasse automaticamente il cellulare dalla tasca dei pantaloni. Un po' rallentato nei movimenti, mise a fuoco il nome di Émile. «E mo che vuole questo» biascicò, deglutendo. Gli aveva scritto qualche minuto prima. Corrugò la fronte in un'espressione perplessa, e ci gli volle qualche minuto per capire di cosa stesse parlando il ragazzo. «L'urna... Ma quale urna. Tu-non-mi-hai-detto-di-nessuna-urna...» digitò scandendo ad alta voce, per poi scandagliare la stanza con lo sguardo, decidendo che messaggiare fosse troppo complicato, in quel momento. Dopo quella che gli parve un'infinità a fare da vedetta, finalmente individuò le figure di Emi e di Nessie – ovviamente Emi e Nessie – vicino all'uscita della serra. Con passo barcollante gli si avvicinò, consapevole di star per rovinare un momento potenzialmente abbastanza privato. Otis non era uno sprovveduto, e le uniche due persone a cui non sembrava essere evidente quando quei due si piacessero erano proprio loro. Si schiarì la gola, a qualche passo di distanza da loro – forse un po' troppo distante. Quindi avanzò, ripetè il gesto, e stavolta si girarono a guardarlo. «Desolato per l'interruzione di questo momento molto atteso ma anche molto prevedibile, diciamocelo, nessuno qui è sorpreso...» fece, come rivolto ad una platea inesistente. «Vi faccio i miei più cari auguri. Ma comunque. Sarò breve: anche se tu vorrai fingere di avermi detto qualcosa su questa presunta urna io posso assicurarti che non è assolutamente così» si rivolse infine a Émile, un comportamento ossequioso e un linguaggio raffinato per compensare quanto poco lucido fosse, mentre a stento riusciva a tenere ferma la testa. «Tuttavia» aggiunse, prima che Émile potesse interromperlo. «Puoi usare questa» improvvisò, afferrando una ciotola di patatine e vuotandola sul tavolo, porgendola al ragazzo. «Mi rendo conto dell'ontologica crisi in cui versavi e di quanto assolutamente necessario e illuminante sia stato il mio intervento, al punto da spingerti a dovermi scrivere – invece di venirmi a parlare direttamente, tra parentesi – e a dovermi far interrompere un momento tra voi due che potevo anche risparmiarmi di venire a rovinare. Quando vuoi, a disposizione.»


    - Interagito con Raiden < 3
    - Interagito con Nessie e Mia
    - Interagito con Nessie, Mia, Ronnie
    - Interagito con Nessie e Emi e interrotto momento sbaciucchio skstelo
     
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    « Non potevi scegliere un colore più... maschio? » Una risata leggera sfuggì alle labbra della Serpeverde mentre lo invitava a seguirla, in un angolo meno affollato delle serre. Conosceva Émile abbastanza bene da rendere quella risposta prevedibile, se non addirittura scontata. Guidata dal ritmo lento della musica, avanzò di un passo nella sua direzione, i grandi occhi nocciola fissi sul viso di Émi; le piaceva come veniva illuminato dalle luci, colorato al contempo dalla musica come un dipinto che, d’un tratto, aveva preso vita. Un brivido le attraversò la schiena quando le mani calde di Émile le cinsero i fianchi, guidandola in un abbraccio assai meno formale. Non era certo la prima volta che ballavano assieme o che si trovavano così vicini ma, nonostante ciò, Nessie arrossì leggermente mentre il suo battito cardiaco si faceva più rapido. Sin da quando aveva memoria, il rapporto con Émile era sempre stato caratterizzato da gesti affettuosi eppure, con l’arrivo dell’adolescenza, talvolta aveva avuto la sensazione che il loro legame si stesse evolvendo in modi inaspettati, lasciando spazio a un turbinio di sentimenti complessi e ambigui, che rendevano quei gesti tanto dolci quanto confusi. Dondolando lentamente a tempo di musica, si ritrovò a trattenere il respiro quando le dita di Émile le accarezzarono la pelle sensibile della schiena, in un gesto semplice e incredibilmente intimo al contempo. Con le guance in fiamme, reclinò il capo nell’incavo della sua spalla, ritrovandosi a respirare l’odore rassicurante della sua pelle, misto a un sentore più persistente, di bagnoschiuma o – forse – dopobarba. Se si fosse trattato di qualcun altro, sarebbe fuggita rapidamente da quel contatto – non si era mai sentita a proprio agio quando un tocco estraneo si soffermava troppo a lungo attorno ai fianchi o sotto ai vestiti – ma la vicinanza di Émi era tranquillizzante, tutt’altro che insistente. Socchiuse gli occhi e intrecciò le dita dietro il suo collo, solleticandogli la nuca, in una posizione più comoda. Con la coda dell’occhio riusciva a scorgere parte del profilo di Émile, le ciglia sfocate in lontananza, la punta del naso, lo scivolo dell’arco di cupido, fino alle labbra e alla curva del mento. C’era un ché di pacifico in quel momento, come se, all’improvviso, il resto del mondo fosse scomparso, ridotto alla melodia di quell’unica canzone. Il tempo sembrò rallentare, quasi fermandosi, mentre danzavano senza fretta, lasciando che quell’istante si estendesse all'infinito. « Tu sei tipo il mio tranquillante personale » Un sorriso fece capolino sulle labbra di Nessie, mentre il respiro caldo di Émi si infrangeva sulla pelle nuda della spalla, in una carezza rovente. Non avrebbe saputo come spiegarlo, ma comprendeva ciò che stava cercando di dirle. « Non so proprio come fai, ogni volta. » Ogni centimetro del suo corpo a contatto con quello di lui le sembrava bruciare, avvolto in un incastro perfetto. Forse ho bevuto troppo. Si ritrovò a pensare, nel momento in cui sollevò il viso in direzione di lui, trovandolo più vicino di quanto aveva immaginato. Per qualche istante, si perse nei suoi occhi castani, talmente scuri nella penombra da non riuscire a distinguere la pupilla dall’iride; eppure, Agnés ne conosceva ogni sfumatura, dai caldi riflessi color miele quando erano illuminati dal sole alle pagliuzze olivastre, che facevano capolino poco prima di un temporale. Durò solamente pochi secondi, ma parve un momento sospeso nel tempo, lento e inafferrabile al contempo. Intuì cosa stesse per accadere ancor prima che Émile potesse muoversi e, quando il giovane Carrow si sporse nella sua direzione, Nessie non indietreggiò. Al contrario, si sollevò sulla punta dei piedi, avvicinandosi a lui per facilitare quel contatto. Al principio, fu un bacio tenero, lento e delicato, in cui si sfiorarono appena, quasi con timidezza, come se volessero scoprire l'una nell'altro qualcosa di prezioso e delicato. Quando la presa di Émile sulla sua schiena si fece più salda, Nessie la accolse con un leggero sospiro, spostando una mano sulla sua spalla per mantenre l’equilibrio e affondando l’altra tra i ricci scuri sulla nuca. Avvertiva il cuore battere veloce, sempre più rapido, come un uccellino in gabbia, eppure la sua vicinanza rendeva l'incertezza meno spaventosa. La tensione si sciolse, lasciando spazio a una passione crescente: maldestramente aggrappata al suo camice, Agnés schiuse le labbra in un bacio più profondo, adulto. Gli lambì le labbra con la punta della lingua e cercò la sua, sfiorandola con dolcezza. Attorno a loro, il mondo sembrava essere svanito, sostituito unicamente dal calore delle carezze di Émile, il sapore delle sue labbra e il ritmo – quasi assordante - con cui il cuore sembrava volerle fuggire dal petto. Le loro labbra si separarono solo per un attimo, per respirare. Con il respiro affannato, Nessie appoggiò la fronte contro quella di lui, un contatto naturale e semplice che trasmetteva una profonda intimità. Forse era colpa dell’alcol, della musica o della festa, ma in quel momento tutto sembrava perfetto. Non vi era alcun bisogno di cercare il significato di quel momento, perché il significato era già lì, nel calore di quell'abbraccio, nella dolcezza dei baci e nell'intensità dello sguardo reciproco. Si erano semplicemente abbandonati a quell’istante, senza pensare al passato o al futuro, immersi nel presente: finalmente in sintonia, come se avessero sempre saputo di appartenere l'uno all'altra. Sollevò una mano ad accarezzargli la guancia, l’ombra di un sorriso dipinta sulle labbra, quando un colpo di tosse piuttosto insistente riportò entrambi bruscamente alla realtà. Voltandosi di scatto, Nessie si accorse solo in quel momento che, ad un passo di distanza, Otis li stava fissando. Merda. Inspiegabilmente, un’ondata di panico l’avvolse, tanto che la Serpeverde indietreggiò di scatto di un paio di passi, nemmeno si fosse scottata. « O-otis! » Balbettò, con le guance paonazze. Ma proprio ora doveva venire qui?! A giudicare dall’espressione sul viso del Tassorosso – e dalla vicinanza – le probabilità che non avesse assistito all’intero bacio erano pressoché pari a zero. Cielo, che figura! «Desolato per l'interruzione di questo momento molto atteso ma anche molto prevedibile, diciamocelo, nessuno qui è sorpreso...» Prego? Fece per interromperlo, senza successo. Al contrario, la sensazione di profondo disagio si fece più pressante, tanto che Nessie iniziò a tormentarsi nervosamente le dita. « Un’urna? Di che stai parlando? » Domandò, confusa. Qualunque cosa fosse, ai suoi occhi non giustificava quell’assurdo comportamento. Dopotutto, sei stato proprio tu a dirmi di venire a salutare Émile. « Otis! » Sgranò gli occhi, esterefatta, nel vedere il giovane Branwell sospingere una ciotola vuota in direzione dell’ex-migliore amico. Che assurdità! Quell’intera situazione non aveva senso, si stavano semplicemente comportando in maniera infantile. « Adesso basta! » Sbottò, seccata e imbarazzata al contempo. « E mi riferisco a tutti e due. » Specificò, spostando lo sguardo dall’uno all’altro. « Siamo ad una festa, ed alle feste ci si dovrebbe divertire. E io non mi sto divertendo affatto – anzi, nessuno di noi si sta divertendo. » Scosse il capo, facendo dondolare i lunghi capelli scuri. « È già abbastanza triste che non possiamo passare la serata insieme perchè voi due – entrambi – siete troppo cocciuti ed infantili per fare pace, come se non bastasse ora state persino cercando di infastidirvi in ogni modo possibile e immaginabile. » Roetò gli occhi al cielo, esasperata. « Sapete qual è la verità? Vi mancate a vicenda. Ma, ovviamente, non siete abbastanza maturi da ammettere di aver agito di impulso o di aver detto qualcosa di avventato. Non sia mai che uno dei due decida di fare il primo passo, noooo. » Gesticolò con le mani, in maniera piuttosto tetrale. « Meglio comportarsi come studenti del primo anno e punzecchiarvi con qualunque scusa, per il solo gusto di ottenere un minimo di attenzione dall’altro. » Sbuffò, infastidita e sin troppo brilla per frenare la lingua. « Flash news per entrambi: siete ridicoli! Questa faccenda è durata fin troppo, è ora di piantarla. » Incrociò le braccia al petto, avanzando di un passo in direzione di entrambi. Nonostante fosse notevolmente minuta, rispetto a loro, non sembrava affatto intimorita. « Io sono stanca di questa storia! Sono tornata da Parigi da nemmeno una settimana e tutta questa ostilità mi esce già dalle orecchie! » Si voltò verso Otis, assottigliando lo sguardo. « Mi aspetto delle scuse, Otis Branwell. » Sollevò un dito, anticipando la risposta. « Non ora. Quando sarai sobrio e abbastanza lucido da renderti conto di quanto sei stato imbarazzante. » E con un’ultima occhiataccia in direzione di entrambi, si allontanò a grandi passi in direzione del bar. Scansò a spallate deciso un paio di ragazze, e raggiunto il bancone, ordinò due shot di rhum che mantenne sollevati sopra la testa, fino a quando non individuò Veronica. « Lo so che mi avevi chiesto un cuba libre, ma al momento ho bisogno di bere - in fretta. » E, fidati, anche tu ne hai bisogno. Fece scontrare il bicchierino contro quello della coinquilina e lo finì in un solo sorso. La gola le andò in fiamme, facendole lacrimare gli occhi. Che schifo. Si inumidì le labbra, improvvisamente nervosa. « Ronnie... » Iniziò, giocherellando con il bicchierino. « C’è una cosa che volevo dirti. In realtà, non volevo farlo qui ma ci penso già da un po’ e… non lo so, non mi piace tenere dei segreti con te. Mi sembra… sbagliato. » Esitò per un istante, indecisa. Non voleva rovinarle la festa ma la stupida lite tra Èmile e Otis le aveva fatto realizzare che non poteva andare avanti così. Ogni giorno in cui avrebbe taciuto, non avrebbe fatto altro che peggiorare le cose. Prese un profondo respiro, nervosa. « LapersonadicuiparlavaShellTroenysonoio. » Biascicò, tutto d’un fiato. « Io non… non sono stata una buona amica. H-ho baciato Èmi stasera e, in verità, è successo anche l’altro giorno al lago – in realtà è stato lui a baciare me, ma non ha importanza. » Abbassò lo sguardo, gli occhi nocciola umidi di lacrime. « L-la prima volta è stata a Saint Tropez, dopo che… dopo che voi vi siete lasciati. » La fissò per un istante, colma di vergogna. « L’ho saputo da Louis Paciock. Èmi ha detto che non è stato niente di importante, m- » La voce le si spezzò, interrotta da un singhiozzo. « Mi dispiace, Ronnie! Sono un’amica o-orribile, g-giuro che farò di tutto per farmi perdonare... D-dimmi cosa posso fare e lo farò! » Afferrò le mani della Grifondoro, con aria supplichevole, mormorando scuse incomprensibili.

    Interagito con Emi #signorailimoniii
    e Otis #cockblocker #vietatoscopare
    Infine ha raggiunto Ronnie per un shot e #confessionale

    Anche Nessie ha scelto la violenza, come volevasi dimostrare.
     
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    Per un motivo o per un altro, in seguito all'avventura nel tendone della cartomante, il gruppetto si era lentamente andato a disfare. Prima Nessie alla ricerca del bagno, poi Mia e Raiden che erano Mia e Raiden - e a riguardo Ronnie aveva smesso di farsi domande ormai da anni -, e in seguito Otis a cui era stata fatta una doccia d'assenzio in mezzo alla pista. In attesa del ritorno dell'amico, Ronnie era rimasta a ballare insieme ad altri dei partecipanti alla festa di laurea, commentando di tanto in tanto la musica o qualche outfit interessante di persone che vedeva passare di fronte a sé. Ad intervalli irregolari controllava l'orario, guardandosi intorno per vedere se Nessie fosse in vista, ma di lei ancora nessuna traccia. Passati ormai quasi dieci minuti decise che fosse il caso di andare a cercarla e così, dato un paio di colpetti sulla spalla di Delilah per attirarne l'attenzione, si avvicinò al suo orecchio, cercando di sovrastare la musica con la voce. « Ehy, io vado a cercare Ness e vedo se ha bisogno d'aiuto. Dillo ad Otis quando torna. » Se torna. « Va bene, tengo il cellulare vicino. Se hai bisogno di una mano scrivimi o fammi uno squillo. » Sorrise alla mora, annuendo velocemente prima di dileguarsi tra la folla nel tentativo di uscire dalla calca e avere la strada più facilitata - oltre che una visuale migliore. Tecnicamente il piano di Nessie era quello di andare in bagno per poi passare a prendere i drink, dunque come prima cosa puntò al bar, dove fortuna volle che la individuò subito. « Ness! Stavo cominciando a preoccuparmi. Stai bene? » Dalla faccia non sembrava: aveva un'espressione piuttosto turbata. Ronnie le appoggiò dunque una mano sulla spalla, chinandosi per guardarla in volto con aria preoccupata. « Lo so che mi avevi chiesto un cuba libre, ma al momento ho bisogno di bere - in fretta. » « Dovresti bere un po' d'acqua. » disse, scoccandole uno sguardo eloquente dopo aver fatto tintinnare il bicchierino col suo e averne bevuto il contenuto. Domani mi aspetta un bel mal di testa. Sicuro. Cento percento. Deglutì il rhum un po' a fatica, cercando di ignorare il bruciore mentre si voltava verso il barista per chiedere un paio di bottigliette d'acqua fresca. « Tieni. Fidati, ne hai bisogno. » Disse all'amica, porgendole una delle due prima di stappare la propria e buttarne giù metà in lunghi sorsi. « Ronnie... C’è una cosa che volevo dirti. In realtà, non volevo farlo qui ma ci penso già da un po’ e… non lo so, non mi piace tenere dei segreti con te. Mi sembra… sbagliato. » Istintivamente la Grifondoro aggrottò la fronte, un po' confusa. Non sapeva quali grandi segreti potesse nasconderle Nessie: la coinquilina era sempre stata un libro aperto, e in linea generale dubitava che avesse fatto qualcosa di così spregevole da dover essere tenuto nascosto. Cioè sei la persona più gentile e innocente che conosco. Cosa mai avrai potuto fare? Usare per sbaglio la mia crema idratante? « LapersonadicuiparlavaShellTroenysonoio. » « Ness, scusa ma non ti seguo. » Sarà stato forse per il fatto che anche Ronnie fosse un po' su di giri, o forse semplicemente perché non riusciva a vedere Nessie in una situazione di difetto nei confronti di qualcuno, ma pur pensandoci sopra non aveva la più pallida idea di ciò a cui l'amica potesse riferirsi. « Io non… non sono stata una buona amica. H-ho baciato Èmi stasera e, in verità, è successo anche l’altro giorno al lago – in realtà è stato lui a baciare me, ma non ha importanza. » Ci vollero diversi istanti prima che la confusione negli occhi di Veronica si tramutasse in realizzazione, poi in dubbio. A volte tendeva a dimenticare di quella parentesi di vita in cui aveva finto di essere la ragazza di Emi. Come dovrei reagire? Dovrei essere arrabbiata? No, non credo. Non posso arrabbiarmi con lei per una cosa che non è neanche vera. Però non posso nemmeno dirle la verità perché ne va di.. Fu solo in quel momento che la vera e propria realizzazione la colpì. « Aspetta aspetta, mi stai dicendo che Emi ti ha baciata? Cioè è stato proprio lui a baciare te, ho capito bene? Più volte? » « L-la prima volta è stata a Saint Tropez, dopo che… dopo che voi vi siete lasciati. » Ah quindi neanche una momentanea confusione. « L’ho saputo da Louis Paciock. Èmi ha detto che non è stato niente di importante, m- Mi dispiace, Ronnie! Sono un’amica o-orribile, g-giuro che farò di tutto per farmi perdonare... D-dimmi cosa posso fare e lo farò! » Per qualche istante, Veronica rimase in completo silenzio, con lo sguardo vacuo fisso su un punto imprecisato della pista. Stappò veloce la bottiglietta d'acqua, vuotandone ciò che ne rimaneva in un movimento meccanico. Più il suo cervello macinava quelle informazioni, più sentiva la rabbia montarle in petto. Non era arrabbiata con Nessie, ovviamente: lei non aveva fatto nulla di male, ed era evidente che si fosse sentita una merda per fin troppo tempo. E per cosa? Per la stronzata di un bugiardo patologico. Si sentiva arrabbiata e stupida, perché quella stronzata era stato il vero e proprio punto di inizio della sua amicizia con Emi, ma anche perché aveva mentito a tutti i suoi amici più stretti per coprirlo. Dunque ho fatto tutto questo per.. nulla? E se pure ciò che Emi le aveva detto fosse ancora valido, la situazione non migliorava affatto, perché sarebbe solo significato che per coprire le sue bugie stava prendendo in giro una persona che non se lo meritava. Tirò su col naso, scuotendo il capo mentre tornava con lo sguardo a Nessie, a cui distese un sorriso. « Ness, non hai fatto niente di male. Non sono arrabbiata, davvero. E Louis ti ha detto la verità: quello che c'è stato tra me ed Emi non contava nulla. » Assolutamente nulla, a quanto pare. « Però, se accetti un consiglio: vacci con i piedi di piombo. Èmile dice un sacco di stronzate - ma tipo tante, davvero tante, e non vorrei che ci finissi nel mezzo, ok? » Pausa. « Tipo me. » Rise - una risata di due ottave più alta del dovuto, dal tono amaro - mentre sollevava le spalle con un'espressione che non sembrava tanto divertita quanto volesse simulare. « Anzi, la sai una cosa? Mi sono stancata di coprire quella testa di cazzo. Ti ha messa in una situazione di merda. Cazzo, ti ha fatta sentire come se fossi un'amica orribile nei miei confronti. Non fa altro che creare problemi su problemi su problemi e non si prende una responsabilità che sia una. » Fece una pausa. « Hai detto che vuoi fare di tutto? Perfetto, vieni con me. Voglio che questa situazione si risolva una volta per tutte. »

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    « Toh, guarda che fortuna! Ci sta pure Otis. Allora siamo proprio tutti al completo. » esordì, quando individuò la figura di Emi più in disparte rispetto alla calca; con lui, anche Otis - a cui Ronnie aveva mandato un veloce messaggio poc'anzi chiedendogli dove fosse. D'altronde, anche il migliore amico era tanto coinvolto in quella storia quanto lo erano lei e Nessie. « Come ai vecchi tempi: i miei migliori amici e il mio ex ragazzo. » Sospirò, avvolgendo un braccio intorno alle spalle di Otis e un altro intorno a quelle di Emi, voltandosi a guardare il primo. « Se ci pensi, era davvero un quadretto con il potenziale di finire in tragedia. E invece è andato tutto così.. liscio, no? » Un po' strano, non credi? « In men che non si dica era finita. Nessun rancore, nessun sentimento ostile. Quasi come se io ed Èmile non fossimo mai stati insieme. » A quel punto si voltò in direzione del giovane Carrow, rivolgendogli un sorriso che per quanto ampio aveva dei tratti palesemente ostili. « Forse è il momento di dirglielo, non credi? È una storia così divertente. No anzi, glielo dico io perché sicuramente la racconto meglio di te. » Fece scivolare velocemente via le braccia dalle spalle dei due, congiungendo le mani in uno schiocco. « Praticamente era tutta una cazzata. Cioè non è mai successo. Un giorno Emi arriva, chiede di parlarmi in privato e mi dice che ha bisogno di una finta fidanzata. Giustamente io gli ho chiesto come mai, visto che.. beh.. se dovevo mentire a tutti i miei amici più stretti, doveva essere almeno per una buona ragione. E in una qualche maniera viene fuori che è gay ma non è pronto ad uscire allo scoperto - specialmente con te, Otis. Era tutto per te. » Rise amara. Cazzo quanto sono stata deficiente. « E per quanto ti ho coperto, Emi? Mesi? Sì, come tua ragazza qualche mese. Poi per tutto il resto direi qualche anno. Solo per venire a scoprire oggi che Nessie qui presente si stava torturando per i sensi di colpa perché a quanto pare tanto gay non lo sei. » Inclinò il capo di lato, fissando Emi dritto negli occhi. « O forse sì e stai solo giocando? Quale delle due? » Sbatté un paio di volte le palpebre, a mostrare un'innocenza che ovviamente non c'era. « Sono davvero curiosa perché sai, noi prima di quel momento non ci frequentavamo molto. E stupidamente ho sempre pensato che quel giorno sia stato l'inizio della nostra amicizia. Non so.. ho trovato bello il fatto che ti fossi fidato di me - non capita spesso -, e per anni mi sono sentita in dovere di ricambiare quella fiducia, anche a costo di mentire a persone che conoscevo da una vita. » Ma immagino che a questa storia non ci sia mai fine per me: ogni singola cazzo di persona nella mia vita finisce inevitabilmente per deludermi. A un certo punto cominci a pensare che sia colpa tua per aver aspettative troppo alte sul prossimo. « E a questo punto mi chiedo per cosa l'ho fatto. Ti importa anche solo qualcosa dei presenti? Perché li ferisci in continuazione, Emi. Ad ogni cazzo di opportunità. Comportandoti come se nemmeno te ne rendessi conto. Ed è stancante. È stancante da vedere, pensa quanto lo sia da provare. »

    Prima parte: interagito con Nessie
    Seconda parte: interagito con Emi, Otis e Nessie


     
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    Al giapponese non sfuggirono le frecciate di Mia dirette ad Otis e quell'atteggiamento che prima aveva catalogato come una semplice svista o una maggiore concentrazione sulle amiche, iniziò ad apparire strano anche a lui, che inclinò leggermente il capo di lato lanciando alla moglie un'occhiata confusa. Lo stesso Otis, apparentemente, sembrava condividere quegli stessi dubbi riguardo il motivo del trattamento riservatogli. Tuttavia, da brava persona che sapeva farsi gli affari propri, decise di non immischiarsi e aspettare eventualmente di parlare con Mia in separata sede per capire cosa fosse accaduto tra lei e l'amico.
    [..] « Comunque alla fine nessuno di voi ha avuto il coraggio di spogliarsi come me, giusto per dire. » commentò ironico una volta usciti dal tendone di Madame Troney, avviandosi verso la pista da ballo assieme agli altri. Alla fine era stato divertente, anche se avrebbe volentieri assistito ad altri voli pindarici della veggente riguardo Mia. Evidentemente, però, quelle previsioni dovevano aver colpito sul vivo alcuni del gruppo, e dunque se ne erano andati. Anche per questa ragione il giovane Yagami stava tentando il più possibile di sdrammatizzare, deviando il corso della conversazione su battute e cose più leggere. La musica, tuttavia, sembrò mettere d'accordo tutto e placare gli animi - specialmente quello di Nessie, che sembrava davvero su di giri. « Penso di non averla mai vista così.. sciolta da - bo, tipo da quando la conosco. » disse a Mia e Veronica, approfittando del fatto che avessero aperto il discorso dell'ubriachezza di Nessie. « Va beh, se non torna tra un quarto d'ora e non risponde riaggiorniamoci. Noi magari andiamo a farci un giro. Volevo proprio andare a vedere quello specchio. Se volete - se vuoi venire, intendo. A te va? » Annuì, stringendosi veloce nelle spalle. « Dai voglio troppo vedere questa burinata. Minimo è pure più trash di Madame Shell Troney. » « Perché no?! » Così, presa la mano dell'americana e reclutati altri amici per quella spedizione, il gruppetto cominciò ad avviarsi fuori dalla calca della pista. « Ardo, Madame! » Rise, facendo eco a Mia. « Non vi ho neanche fatto pagare i biglietti. Spettacolo gratuito. Non c'è di che. » Si era divertito, e forse era addirittura quello che si era divertito più di tutti. « Ottima interpretazione, Capitano Yagami.. o dovrei dire, tuttofare Yagami? Non mi è ancora chiaro chi si è spogliato come te, però.. » Le scoccò uno sguardo malizioso con la coda dell'occhio, inarcando un sopracciglio. « Pare che sia rimasto solo in questa nudità. » Lupo solitario dall'inizio alla fine, insomma. « Non mi hai nemmeno detto se ti piace quello che ho scelto. Guarda che mi sono impegnata tantissimo a cercare qualcosa di carino. È nuovo eh! Ho fatto come hai detto tu. Però, a questo punto devo dare per scontato che un lupo come te non si fa fregare da queste cose. Peccato. Speravo davvero che tu avessi voglia di vedere proprio tutto ciò per cui hai pagato. Altrimenti sarebbe un investimento inutile, no? » In realtà l'outfit di Mia, Raiden l'aveva notato eccome. Semplicemente non si era mai creata l'occasione di commentarlo, visto che erano sempre stati in gruppo e tra una cosa e l'altra c'era sempre stato qualche altro discorso di mezzo. Così, cogliendo la palla al balzo di essere un po' in disparte rispetto agli altri, il giovane Yagami rallentò ulteriormente il passo, ridacchiando alle parole della mora mentre le faceva passare un braccio attorno alla vita, pizzicandole il fianco. « Però io vorrei ringraziarti comunque. È stata una giornata molto divertente. È bello farsi coccolare ogni tanto, e le commesse mi hanno proprio viziato. » Mentre procedevano fuori dal centro della festa a passo rallentato, Raiden si chinò verso il suo orecchio in modo da farsi sentire sopra la musica. « Hai ragione, sono stato un cafone. Solo che non volevo esserlo ancora di più davanti agli altri.. se capisci cosa intendo. » Rise, scoccandole un piccolo bacio tra i capelli. « Mi rendi difficili gli sforzi di socialità, amore. Sei molto bella stasera. » « Dimmi però la verità, Raiden. Non sono abbastanza convincente per un tipo passionale come te? Quali altri stimoli mancherebbero, sentiamo. » Alzò leggermente gli occhi al cielo mentre scuoteva
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    il capo tra sé e sé con un sorriso sulle labbra, fermandosi poi nel mezzo del tragitto - ormai lontani dalla pista e dalla maggior parte delle persone, ma non del tutto isolati. Si voltò quindi nella sua direzione, poggiandole entrambe le mani sui fianchi per guidarla a fare altrettanto. « Sono passate solo poche ore, amore. Stai già in crisi d'astinenza da attenzioni? » la punzecchiò con un finto broncino ironico sulle labbra, facendo tuttavia scorrere le mani dietro la sua schiena per portarla più vicina a sé prima di sciogliersi in un sorriso. « Però ammetto che è una cosa molto carina e potrebbe funzionare. » Sollevò il mento, mostrandole un sorriso più smagliante prima di chinarsi in avanti per darle un bacio sulle labbra, rimanendovi per diversi istanti prima di staccarsi solo quanto bastava ad appoggiare la fronte contro quella di lei. « Hai tutta la mia attenzione. Come mi faccio perdonare? » Mentre dalle casse cominciava a risuonare una canzone più lenta - che Raiden non conosceva ma in cui riconobbe la voce di Taylor Swift -, il giapponese cominciò a ondeggiare sul posto, cullando la ragazza in quei movimenti accennati che forse li facevano apparire un po' strani fuori dalla pista. « Possiamo ballare un pochino mentre ci pensi. Che ne dici? » Ridacchiò, appoggiando la guancia alla tempia di Mia e stampandole un piccolo bacio tra i capelli.

    Citato Otis e Nessie. Interagito con Mia

     
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    Le ultime parole di Emi fecero restare Van così male che non ebbe neanche la forza di girarsi per controbattere. Infatti, alzò solamente il dito medio, senza aggiungere nient’altro, giusto perchè non poteva andarsene senza aver avuto l’ultima parola.
    Ma poi, che voleva dire con « Credevo che fossi dalla mia parte »? Ah scemooo, proprio perchè lo sono ho cercato di farti ritornare in te ed anche con le buone maniere a dirla tutta. Dovrebbe solo ringraziarmi, almeno non ho mirato più in basso, poteva finire molto peggio. Ma poi perchè è così agitato, neanche avessi detto chissà che cosa. In fondo, non poteva davvero credere che tutte le mie attenzioni rimanessero su di lui, cioè… anche gli altri dovrò pur salutarli prima o poi, scambiarci quattro parole. Ma poi cosa c’entra Sel in tutto questo? Perché l’ha presa con forza in quella maniera? Deve esserci sotto qualcosa… dopo glielo devo chiedere…Sì, glielo chiederò.
    Il flusso di pensieri, che stava prendendo due sale IMAX nella mente di Nirvana, cessò quando la licantropa cominciò a notare che la maggior parte delle persone alla festa si stava accalcando sotto il palco per assistere all’assolo di Rohan. Fu proprio in quel momento che Van poté finalmente scollegarsi per qualche secondo dalle sue parapippe mentali, per assistere una delle migliori esibizioni che aveva visto fino ad allora ad Hogwarts.
    “Ma chi è?”
    La domanda totalmente spontanea venne rivolta alla sua amica Sèl, la quale Van ormai considerava come le pagine gialle di tutta Hogwarts. Non c’era modo che la sua amica non potesse conoscere almeno il nome di un ragazzo come lui, bello, affascinante, con dei tatuaggi da paura e dei piercing che gli davano quel fascino da ribelle rockettaro, che Van tanto gli invidiava. Per quanto la strega potesse assumere una forma simile, quando prendeva in mano la sua chitarra elettrica, non avrebbe mai avuto il coraggio di sfoggiare quel fascino davanti ad una folla così maestosa. In fondo, Hogwarts era come una piccola città, ed il solo pensare di poter scazzare una nota, ma soprattutto di dover rivelare quella piccola parte di sé stessa, la faceva entrare nel panico. Pertanto, Van restò a fissarlo solo per qualche secondo in più, ferma, mentre tutto il resto della folla intorno a lei ballava e saltava sulle note della canzone. Soltanto quando i suoi occhi si incontrarono con quelli di Rohan, Van si paralizzò e con le palpebre completamente spalancate e l’unico filo di voce che le rimaneva, si sarebbe girata verso Sèl per annunciare il momento perfetto per una capatina nelle serre. “Vado a fumare una simil sigaretta, vuoi venire?”
    A quel punto, senza rivolgere più lo sguardo verso il palco per l’imbarazzo, Van si defilò, riuscendo ad uscire dalla folla poco dopo i mille “scusa”, “scusami”, “permesso”.
    Così, dopo un sospiro di sollievo, Van arrivò davanti ad una delle serre e, con molta discrezione, mise la mano sopra la maniglia della porta, per poi rimanere ferma dopo aver sentito un forte rumore. All’interno c’era per forza qualcuno e tra l’altro occupato a fare cose strane perché…andiamo, i vasi non si rompono mica da soli. Però, fu proprio in quel momento, mentre Van stava letteralmente girando su sé stessa per andarsene, che un uragano di tulle rosa le passò davanti così da aprire la porta a calci.
    La licantropa rimase per qualche secondo decisamente interdetta, tanto che, cercando di dare ascolto al suo cervello e non al suo istinto, continuò a dare le spalle alle serre pronta a lasciare quel posto per andarsi a fumare la sua erba allegra da tutt’altra parte…. però… la voce di nonna Rosa continuava a rimbombarle per la testa e purtroppo, se c’era una cosa che le aveva insegnato, era “mai farsi i cazzi propri”.
    Quindi, Van fece capolino dalla porta e rimase ad ascoltare la discussione, senza fiatare. Peccato che quello a cui assistette, la mise così sull’attenti che la pancia cominciò a farle male per l’agitazione. Infatti, dopo aver capito che il ragazzo stava palesemente avendo un attacco di panico, mentre barbie principessa si stava preoccupando soltanto se stava bevendo o meno, Van prese alla lettera le parole di nonna Rosa e si fece strada all’interno della stanza.
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    “Scusate, davvero, non vi vorrei interrompere…ma, mi sembra che più che altro stia avendo un attacco di panico in piena regola.”
    Mentre diceva queste parole, Van si affrettò a prendere una delle brocche utilizzate per annaffiare le piante, per poi andarla a lavare nel lavandino per qualche secondo e riempirla di acqua, dalla quale il ragazzo avrebbe potuto bere, se gli fosse servito, almeno per rallentare un po’ il battito e diminuire l’affanno. Per quanto le facesse male il ricordo, anche Van, non troppo tempo fa, era proprio nelle stesse condizioni di Neal, ripiegata su sé stessa dal dolore, alla ricerca di aria e qualche modo per non pensare di poter morire da un momento all’altro.
    “Guarda, prova a bere un po’, dovrebbe farti bene.”
    Van si avvicinò ai ragazzi e passò la brocca a Neal, nella speranza che non fosse così schizzinoso da non riuscire ad accettare il suo gesto. Fosse stata nelle sue condizioni, probabilmente la licantropa avrebbe accettato anche l’acqua del bong. (esperienza orribile fatta davvero a capodanno).
    A quel punto, la strega si sarebbe messa davanti al ragazzo e, come se fosse una sua abitudine, avrebbe cercato di tranquillizzarlo, facendosi vicina a lui, stringendogli le mani, in modo che lui potesse scaricare tutto il suo malessere su di lei. Van, purtroppo non aveva mai avuto il piacere di poter avere qualcuno che facesse quello che stava facendo lei per Neal. Nessuno si era preso cura di lei, forse perché, come aveva fatto lui, Van cercava sempre il modo per rifugiarsi da qualche parte per non farsi vedere. Per questo si sentì in qualche maniera responsabile per Neal, tanto da non far caso neanche alla skinship, che Nirvana tanto odiava.
    “è tutto a posto. Non sta succedendo niente, vedi? Siamo qui per te. Non stai morendo, non stai soffocando, non c’è niente e nessuno che qui ti voglia o possa fare del male. Credimi, è tutto nella tua testa. Respira.”
    Van cominciò a inspirare ed espirare lentamente per aiutarlo a tranquillizzarsi, nella speranza che qualsiasi cosa avesse preso, non avesse effetti gravi che potessero nuocere alla sua salute, soprattutto mentre lei era lì con lui. Anche perché sì, sapeva come contrastare un attacco di panico ma non un'overdose.
    “Com’è che ti chiami?” Chiese rapidamente Van, restando totalmente calma e guardando allo stesso tempo la ragazza, per cercare una risposta da lei, nel caso Neal non ci fosse riuscito.

    - citato Emi
    - interagito con Sèl e dato una bella occhiata a Rohan
    - interagito con Alena e Neal

     
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    Assistere allo schiaffo di Van sul volto di Emi, fu uno spettacolo per il quale non aveva prenotato nessun biglietto. Odiava vedere le persone litigare perché facevano riaffiorare in lei i ricordi sui litigi fatti con i suoi genitori. Ricordava perfettamente le sensazioni che provava ogni qualvolta i suoi si arrabbiavano con lei: sentiva il sangue ribollirle nelle vene, le budella che si attorcigliavano e una voglia matta di gridare tutto quello che non aveva mai avuto il coraggio di dire per paura di mancare loro di rispetto. Si allontanò insieme alla sua amica senza dire una parola, limitando a guardare il tassorosso con un'espressione confusa e delusa sul volto. «Che gli è preso?» I suoi pensieri erano rivolti ancora al ragazzo, il quale aveva assunto un comportamento che mai gli aveva visto prendere. Le era sembrato totalmente un'altra persona mentre le stringeva il polso e la tirava a sè con prepotenza, quasi a voler imporre il posto in cui Sèl sarebbe dovuta rimanere. Proprio non lo capiva, era sempre stato gentile nei suoi confronti e non aveva mai azzardato a imporle niente. Sbuffò e si concentrò sulla sua amica che era momentaneamente rapita da qualcuno al di là del palco. «Vaaaan? Ci sei?» Passò una mano davanti allo sguardo nocciola della corvonero e poi cercò di capire chi avesse mai la fortuna di aver attratto in quella maniera la sua migliore amica. Si mise in punta di piedi e con le mani si teneva alle spalle di Van, cercando di fare perno su di lei. Le bastarono pochi minuti per capire di chi si trattava. «Quello è Rohan Santos.»Ammise con un leggero cambio di tono nella sua voce. Tutte le ragazze ad Hogwarts erano rimaste affascinate dal nuovo arrivato e Sèline non era da meno. «Classe '00, viene da Rio, nuovo acquisto dell'Accademia.» Iniziò ad elencarle tutte le informazioni che aveva captato negli ultimi mesi da alcune ragazze che si erano, inevitabilmente, invaghite del ragazzo. Beh, come dar loro torto. «Frequenta il corso di pozionistica e lavora al "Suspiria"come butta fuori...credo.» Se la sua memoria non l'aveva abbandonata all'improvviso, doveva essere tutto corretto. «E di tanto in tanto suona in qualche locale e...Van?» La richiamò dal suo persistente stato di trance. «Sta venendo da questa parte e credo ti abbia adocchiata...ricomponiti, gli stai letteralmente sbavando davanti. Vuoi che ti passi un secchio?» Scoppiò a ridere prima di assistere alla scena degli sguardi dei due che si incrociavano. Ah! Quanto avrebbe voluto che accadesse la stessa cosa con il suo adone greco...chissà se era presente anche lui alla festa. «Certo, andiamo! Ho anche io una cosina nella borsa.» Emi gliene aveva prestate due qualche giorno fa e Sèline non aveva ancora avuto il tempo di fumarsele in santa pace, per via dei troppi impegni che doveva portare a termine. Fu felice di poterlo fare in compagnia della sua amica, la quale non era ancora a conoscenza della nuova abitudine della grifondoro. Giunte nei pressi delle serre, entrambe si guardarono dopo aver sentito un rumore provenire da dietro una delle porte.«Lo hai sentito anche tu?» Cosa poteva essere stato? Un topo? Un folletto? «Ma Van, aspetta...magari lor-» Ma prima che potesse completare la frase, la corvonero era già entrata nella serra e aveva svelato cosa conteneva la stanza: un mucchio di vetri rotti, Barbie magia delle feste e un ragazzo che non se la stava passando molto bene. «Dobbiamo fare qualcosa.» Lei non ne aveva la più pallida idea e fu sorpresa dal fatto che la sua amica sapesse esattamente cosa fare, così la guardò stupita mentre si preoccupava di lavare una brocca prima di passarla al ragazzo, per poi sedersi accanto a lui per cercare di tranquillizzarlo. «Ciao! Sai cosa è successo?» Domandò a quel punto alla ragazza vestita a mò di bambolina di porcellana. «Comunque hai un vestito davvero fa - vo - lo - so. Dove lo hai preso?» In quel momento ne desiderò uno tutto per sè e immaginò di correre per le scale di villa Osbourne mentre il principe dei suoi sogni la inseguiva, supplicandole di non andare via. «Sono Sèline, piacere.» E allungò la mano verso la ragazza prima di riportare lo sguardo su Van e il ragazzo ancora seduto per terra. «Come stai? Se vuoi apro un po' le finestre così entra più aria.» Domandò con gentilezza, questa volta riferendosi al ragazzo.

    – Citato Emi
    – Interagito principalmente con Van❤️
    – Nelle serre ha interagito con Alena e Neal.
     
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    La musica nel frattempo era cambiata, e le note delicate che avevano accompagnato il ballo di Nessie ed Émile erano lentamente sfumate per far spazio a quelle di una canzone dal ritmo più incalzante: la pista intorno riprese a scatenarsi, ma i due giovani, persi in quel momento, non si mossero di un centimetro. Emi si lasciò trasportare da quel bacio, dalle carezze di Nessie, dalla sua pelle che gli bruciava sotto i polpastrelli. Le dita di lei, intrecciate tra i suoi ricci, gli provocavano nuovi brividi sulla nuca ad ogni tocco. Le loro labbra avevano scelto una danza lenta e bramosa, fatta di contatti delicati, e di sospiri leggeri a pochi centimetri dall’altro, appena il tempo per riprendere fiato prima di incontrarsi di nuovo.
    Ad Émile parve così perfetto, quell'incastro, da rendere quasi ridicolo ogni suo tentennamento, ogni anno trascorso a far finta di niente e a mettere da parte il pensiero di Nessie, che sempre ritornava. Come era possibile che avessero sprecato così tanto tempo, quando era tutto così facile? Si allontanò dalle labbra di lei solo a malincuore, senza però palesare l'intenzione di sciogliere quell'abbraccio. Rimase fermo a guardarla, specchiandosi in quelle iridi color nocciola. Seguì con lo sguardo il profilo del suo nasino all'insù, per poi posarsi sulle gote leggermente arrossate, e la sagoma delle sue labbra morbide. La guancia gli bruciava sotto il tocco delicato di lei. Sei bellissima, pensò, ma non ebbe il tempo di dirlo ad alta voce perché un colpo di tosse alla loro destra li interruppe.
    « O-otis! » Non è vero. Émile chiuse gli occhi; si costrinse ad affondare i denti nel labbro inferiore, mentre inspirava ed espirava profondamente dai polmoni. Non può essere veramente lui. Mentre il corpo di Nessie scivolava via dalla sua presa, si concesse di puntare gli occhi sul Tassorosso, che per qualche motivo aveva ritenuto quello fosse un buon momento per fare due chiacchiere. « Ma-si-può-sapere-che-vuoi » mormorò a denti stretti, tentando di frenare qualunque istinto violento gli montasse dentro. « Desolato per l'interruzione di questo momento molto atteso ma anche molto prevedibile, diciamocelo, nessuno qui è sorpreso... Vi faccio i miei più cari auguri. » In quel momento, capì che era molto facile trasformare il desiderio in ferocia. Se un istante prima tutto ciò che sognava era di poter stare con Nessie, accarezzarla e tenerla stretta a sé, ora si sentiva solo impaziente di poter staccare la testa dal corpo di Otis. « Ma comunque. Sarò breve: anche se tu vorrai fingere di avermi detto qualcosa su questa presunta urna io posso assicurarti che non è assolutamente così. » Gli ci volle qualche secondo per collegare tutti i punti di quel discorso. Ah, già. Si era dimenticato quasi immediatamente di quel messaggio, inviato al giovane Branwell in un momento di noia e insofferenza generale. Ed ecco le conseguenze, che come sempre si presentano con un tempismo magistrale. « Tuttavia puoi usare questa » Emi seguì i movimenti del Tassorosso, mentre svuotava maldestramente una ciotola di patatine sul tavolo e gliela porgeva. Suo malgrado, conosceva Otis fin troppo bene, tanto da poter azzardare ad indovinare il numero di drink che aveva mandato giù per raggiungere quel livello d'ebrezza. « Mi rendo conto dell'ontologica crisi in cui versavi e di quanto assolutamente necessario e illuminante sia stato il mio intervento, al punto da spingerti a dovermi scrivere – invece di venirmi a parlare direttamente, tra parentesi – e a dovermi far interrompere un momento tra voi due che potevo anche risparmiarmi di venire a rovinare. Quando vuoi, a disposizione. » In tutto quel discorso i segnali della poca - se non quasi del tutto persa - sobrietà di Otis erano veramente tanti: ma Émile scelse di ignorarli, in primo luogo perché in quel momento era più semplice assecondare l'ira che man mano cresceva, piuttosto che dare spazio alla comprensione, e infine perché anche lui aveva alzato parecchio il gomito nelle ultime ore, e risolvere con diplomazia anche una banale scaramuccia come quella gli pareva impossibile. Guardava Otis, e gli pareva di vedere dinnanzi a sé la personificazione di tutti i suoi problemi. « Senti, ora hai proprio rotto il cazzo » cominciò, facendo un passo nella sua direzione, ma non fece in tempo a raggiungerlo perché Agnès si frappose fra loro due.
    « Adesso basta! » Ben detto. « E mi riferisco a tutti e due. » Come, prego? Stava guardando Otis con la stessa soddisfazione di un bambino che viene difeso dalla mamma durante un litigio con il fratello, ma nell'udire quelle ultime parole si voltò di scatto verso Nessie, colto alla sprovvista. « Siamo ad una festa, ed alle feste ci si dovrebbe divertire. E io non mi sto divertendo affatto – anzi, nessuno di noi si sta divertendo. » Fissò Nessie, senza nascondere la propria delusione. « Io mi stavo divertendo, sinceramente. » Ma quelle parole non contarono nulla, perché la ragazza era ormai partita in quarta. « È già abbastanza triste che non possiamo passare la serata insieme perchè voi due – entrambi – siete troppo cocciuti ed infantili per fare pace, come se non bastasse ora state persino cercando di infastidirvi in ogni modo possibile e immaginabile. Sapete qual è la verità? Vi mancate a vicenda. Ma, ovviamente, non siete abbastanza maturi da ammettere di aver agito di impulso o di aver detto qualcosa di avventato. Non sia mai che uno dei due decida di fare il primo passo, noooo. » Per Émile era impossibile ascoltare quelle parole attivamente. Come un bambino che viene rimproverato per qualcosa che non ha fatto, aggrottò le sopracciglia con aria contrariata e scostò lo sguardo, puntandolo sul fondo della pista. In quel discorso, lui non c'entrava. A lui Otis non mancava più, e se anche fosse stato diversamente, era certo che lui a Otis non mancasse più. Non c'erano primi passi da fare. Ma poi questo cosa c'entra? « Meglio comportarsi come studenti del primo anno e punzecchiarvi con qualunque scusa, per il solo gusto di ottenere un minimo di attenzione dall’altro. Flash news per entrambi: siete ridicoli! Questa faccenda è durata fin troppo, è ora di piantarla. » Quelle parole lo colpirono, ma non aveva la lucidità di elaborarle a pieno in quel momento. Per ora esisteva soltanto il fastidio, o meglio l'odio puro che provava nei confronti del ragazzo che gli stava davanti, in quel ridicolo completo a pois che avrebbe tanto voluto tagliuzzargli a colpi di bacchetta. « No, Ness, dai, ti prego... Non andare... » Ogni tentativo di trattenere la ragazza fu invano. A malincuore, la guardò divincolarsi dalla presa della sua mano (perché in quella serata questa scena era già un deja vu?) e con un sospiro la seguì mentre si faceva strada tra la pista. « Sei contento, ora? » Si avventò su Otis, puntandogli i palmi sul petto per spintonarlo pesantemente. Non ci vedeva più. « Ma ce la fai a non fare il pezzo di merda per una sera? Dico una? » Un'altra spinta. Le patatine che Otis aveva gettato per terra scricchiolavano sotto i loro passi. « Non ti basta avermi tolto il saluto? Avermi tolto tutti gli amici? Ti devi proprio prendere tutto? Anche Nessie? » Scosse piano il capo, lo sguardo incredulo. La persona che aveva davanti, era la stessa che un tempo avrebbe giurato gli sarebbe stata accanto per sempre; adesso doveva combattere l'istinto di prenderlo a pugni.
    Stava per aggiungere qualc0s'altro, ma l'arrivo di Ronnie - accompagnata da Nessie - interruppe quel confronto. « Toh, guarda che fortuna! Ci sta pure Otis. Allora siamo proprio tutti al completo. » Anche lei doveva essere ubriaca. Quando gli circondò le spalle con una mano, Emi si divincolò immediatamente, scocciato. « Oh, ma cosa vuoi anche tu ora?! » esclamò, guardandola scocciato. Dopo che anche lei aveva bellamente deciso di togliergli il saluto, di certo non poteva prendersi questo tipo di confidenze a proprio piacimento. Sulle prime, Émile nemmeno ascoltò i deliri della Grifondoro: piuttosto guardava Nessie, in cerca di un modo anche non verbale per comunicare con lei: desiderava scappare da quella situazione, ma non voleva ignorare quello che era appena successo con lei. « Quasi come se io ed Èmile non fossimo mai stati insieme. » A quelle parole il Tassorosso parve destarsi. Ah, già. L'ex fidanzato di cui parla sarei io. Di norma tendeva a dimenticarsi di quel dettaglio del suo passato, una stupidaggine combinata quando aveva quindici anni e un po' troppa inventiva. Per coprire le sue uscite notturne con i compagni del Clavis, quando Otis gli aveva chiesto spiegazioni si era inventato di avere una ragazza: così, il primo argomento che era certo avrebbe messo a tacere il suo compagno di stanza - anche lui allora quindicenne e altrettanto imbarazzato dalle questioni di cuore. Chi era la fortunata? Ronnie, il primo nome che era balenato nella mente del ragazzino, e così quella prima, piccola, bugia era stata succeduta da una lunga serie di menzogne, fino ad arrivare a oggi. Émile ormai non ripensava più a quella vecchia questione, perché a quasi diciannove anni compiuti le faccende amorose (vere o false che fossero) di un quindicenne erano ormai acqua passata, e semplicemente pensava che tutti se ne fossero dimenticati. Ma a quanto pare no. « Praticamente era tutta una cazzata. Cioè non è mai successo. Un giorno Emi arriva, chiede di parlarmi in privato e mi dice che ha bisogno di una finta fidanzata. Giustamente io gli ho chiesto come mai, visto che.. beh.. se dovevo mentire a tutti i miei amici più stretti, doveva essere almeno per una buona ragione. E in una qualche maniera viene fuori che è gay ma non è pronto ad uscire allo scoperto - specialmente con te, Otis. Era tutto per te. » Émile cominciò ad avvertire un groppo alla gola. Non era tanto il fatto che Ronnie avesse deciso di raccontare tutto (perché proprio ora, poi?), quanto più che avesse deciso di menzionare quel dettaglio. Che Emi fosse gay era una conclusione che Ronnie aveva raggiunto un po' da sola, facendo due più due con gli elementi che lui le aveva dato; e per quanto le sue motivazioni fossero ben diverse, qualcosa di vero, nel segreto che aveva lasciato custodire a Ronnie, c'era perfino. E forse lei aveva avuto modo di notarlo prima ancora che lui stesso riconoscesse quell'aspetto di sé. « E per quanto ti ho coperto, Emi? Mesi? Sì, come tua ragazza qualche mese. Poi per tutto il resto direi qualche anno. Solo per venire a scoprire oggi che Nessie qui presente si stava torturando per i sensi di colpa perché a quanto pare tanto gay non lo sei. O forse sì e stai solo giocando? Quale delle due? » Guardò Nessie, il cuore che improvvisamente parve precipitargli nello stomaco. Sentiva le guance avvampare, insieme alle mani sudate. Avvertiva una strana rabbia montare al centro del petto, che si univa al senso di vergogna che Ronnie aveva scatenato. Non era così che voleva si sapesse. « Puoi smetterla, per favore? » provò a dire a Ronnie, mantenendo una certa calma, sebbene la sua voce tremante tradisse il suo stato d'animo. « Sono davvero curiosa perché sai, noi prima di quel momento non ci frequentavamo molto. E stupidamente ho sempre pensato che quel giorno sia stato l'inizio della nostra amicizia. Non so.. ho trovato bello il fatto che ti fossi fidato di me - non capita spesso -, e per anni mi sono sentita in dovere di ricambiare quella fiducia, anche a costo di mentire a persone che conoscevo da una vita. » Sospirò, abbassando il capo e puntando lo sguardo sul terriccio umido sotto le sue scarpe. Si sentiva un verme. In quel momento, si accorse di non aver mai riflettuto più di tanto sul sacrificio che aveva chiesto a Ronnie in quegli anni - Nessie era pur sempre la sua migliore amica. E quella storia aveva davvero trattenuto Nessie nei suoi confronti? Che coglione che sei. Con le mani infilate nelle tasche dei pantaloni, prese a pizzicarsi nervosamente le cosce, in preda all'agitazione e alla vergogna. « E a questo punto mi chiedo per cosa l'ho fatto. Ti importa anche solo qualcosa dei presenti? Perché li ferisci in continuazione, Emi. Ad ogni cazzo di opportunità. Comportandoti come se nemmeno te ne rendessi conto. Ed è stancante. È stancante da vedere, pensa quanto lo sia da provare. » Il cuore gli batteva forte nel petto. Si sentiva accerchiato, sentiva gli occhi di tutti puntati contro, ed era asfissiante. Si portò una mano sull'addome, mentre il respiro si faceva più affannato. Perché stava reagendo così? Di quelle persone, ormai, non doveva importargli più.
    Quanto meno, di Otis non gli importava. Lui aveva palesemente fiutato qualcosa di poco convincente in quella storia sin dal primo giorno, ma tra i due esisteva un tacito accordo in merito: nessuna domanda, nessuna spiegazione. Era certo che non sarebbe stato sorpreso della storia di Ronnie, così come non lo sarebbe stato il discorso della sua sessualità. Per quanto Emi avesse sempre evitato di parlarne apertamente, Otis era troppo puntiglioso e attento ai dettagli per non sospettare qualcosa. Di Ronnie, non doveva più importargli nemmeno. L'aveva ferita, in quegli anni, come lei diceva? Ben le stava, si disse, perché lei aveva trovato il modo di ferire lui. In quel momento gli importava solo di Agnès, i cui occhi nocciola erano come fuoco su di lui. Hanno rovinato tutto, continuava a ripetersi. « Ness, io... » provò, ma non sapeva cosa dire. Le parole gli morivano in gola, bloccate da quel fastidioso nodo che rischiava di farlo esplodere in una reazione molto poco dignitosa. Inspirò ed espirò. Da qualche parte doveva cominciare. « Sì, ok. Era tutta una cazzata, come ha detto Ronnie. Mi dispiace per aver mentito, ma ero piccolo e... deficiente, e non sono riuscito a trovare una soluzione più matura di questa. » Si strinse nelle spalle. Non poteva cambiare il passato, ma era consapevole di aver fatto una cazzata. Ora più che mai. Ma come spiegare il tutto? Poteva giustificare una menzogna ormai smascherata con una mezza verità? Per quanto la sua cotta per Louis ai tempi fosse reale, non era quello il motivo per cui si era sentito costretto di mentire a Otis,
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    e ciò lo rendeva comunque un bugiardo seriale. Ma rimanere in silenzio sulla questione, che Ronnie per prima aveva sollevato come una provocazione, non era possibile. Strinse le braccia al petto, per poi guardare Ronnie. « Sono... Mhm, sono bisessuale. » Lo disse con un fil di voce, le gote che arrossivano leggermente. Si accorse che era la prima volta che pronunciava quelle parole ad alta voce. Non se ne vergognava, eppure si sentì profondamente a disagio nel fare quella confessione: forse perché non era ricercata da parte sua, quanto più sentiva di non potersi esimere dal dirlo. Costretto dalle circostanze. Spostò lo sguardo da Ronnie a Nessie, ben attento alle reazioni di quest'ultima. « In quel periodo avevo una cotta per Louis. E mi piacevi tantissimo anche tu, Nessie. Quello che è successo a Sainte Maxime... Era tutto vero, per me, così come lo è stato stasera. Non stavo mentendo. È solo che ero confuso, non ci capivo niente... » Si sentì uno schifo. Non erano menzogne, quelle, ma non era nemmeno tutta la verità. Ma del resto quella non avrebbe mai potuto rivelarla. Tornò a rivolgersi verso Ronnie. Per tutto il tempo evitò attentamente di posare lo sguardo su Otis, forse per la troppa vergogna, o forse semplicemente perché temeva che, nonostante quell'anno di silenzio trascorso tra loro due, gli sarebbe stato ancora sufficiente guardarlo negli occhi per un istante per capire tutto ciò che gli passava per la mente. « Non so che dire, Veronica. Mi dispiace se vi ho ferito in continuazione. Se vi ho stancato. Sono stato evidentemente una merda, senza rendermene conto. Ma di questa merda avete comunque trovato il modo di disfarvene, no? » Si strinse nelle spalle, mentre l'indice scorreva da lei a Otis, e poi di nuovo su di lei. Del ragazzo non poteva cogliere le reazioni, in quanto fermo nella sua visione periferica. « Io avrò ferito voi, ma voi avete di certo trovato il modo di ricambiare. Non è vero Ronnie? » Avvertiva una morsa allo stomaco, un groviglio di nervosismo, stanchezza, rabbia e vergogna. « Per ultimo questo coming out in pubblica piazza che mi sarei volentieri evitato. Ma, visto che ormai io e voi due non siamo più amici, direi che siamo a posto così, non trovate? »


    [spoiler_tag][/spoiler_tag]MADONNA RAGA CHE PARTO
    scusate il ritardo e la lunghezza
    interagito con Ronnie, otis, Nessie ❤
     
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    Alla fine, per forza di cose, senza volerlo, si era trovato effettivamente a interrompere un momento di intimità tra i suoi due amici. Per sua fortuna non li aveva colti proprio a metà della pomiciata più libidinosa a cui quella serra avrebbe dovuto assistere quella sera, ma ci era andato molto vicino. Di per sé, questo sarebbe stato pronto a giurarlo, a Otis non interessava rovinare il divertimento di Émile e Nessie, anzi, se non fosse stato piuttosto sbronzo sarebbe stato capace di sentire il proprio entusiasmo per la coppia tormentata, vedere l'epilogo di quei mesi, anni di tormenti in cui lui era stato lo psicologo ora dell'uno – ai tempi, e comunque non senza una certa reticenza nell'affrontare quel tipo di argomento, i sentimenti – ora dell'altra – molto più spesso e facilmente. Se fosse stato completamente lucido, anzi, Otis si sarebbe fermato un po' prima, forse considerando l'opzione di ripassare più tardi, senza bisogno di dirigersi immediatamente verso la coppia dopo aver letto il messaggio di Émile. Ma quello che non avrebbe confessato a nessuno, neanche a se stesso, era che in fondo, per quanto alcool avesse in circolo in quel momento, era stata più di tutto l' irritazione, il fastidio, misti ad un'inconfessabile invidia, nell'appurare l'inaffondabile capacità di Émile Carrow di fare semplicemente il cazzo che gli pareva e avere, ancora una volta, un ambito e imbattuto successo con le ragazze che a Otis proprio non riusciva a venire naturale. Nessie non era una delle tante, e le ragazze non erano un numero, una quota da raggiungere, questo Otis lo sapeva bene; eppure l'immagine del compagno di casata che soltanto un'ora prima – volendo essere generosi – si strusciava maldestramente contro Séline Osborne proprio davanti ai suoi occhi, dopo averle fatto la corte come un imbecille per settimane, il tutto senza mostrare un minimo di pudore o di ragionevole vergogna nel violare così apertamente e impudentemente il bro code, mista all'immagine che adesso gli si palesava davanti, di occhi dolci e carezzine con Agnés D'Arcy – la stessa Agnés che era evidentemente innamorata di lui dai secoli dei secoli, mentre lui boh, “non lo so, ci devo pensare, è come una sorella per me”, avevano creato un cocktail risultante in un'acidità di stomaco senza precedenti. E non era soltanto colpa dei quattro shot di tequila. Irritato, quindi, da quell'eccesso di ingordigia che aveva mostrato il suo ex compagno di stanza, mista alla consapevolezza che l'avesse scomodato soltanto per fare di lui un capro espiatorio qualora non avesse trovato una soluzione al problema dell'urna, la mente completamente annebbiata dalle femmine per poter pensare lucidamente – un lusso che invece Otis non poteva concedersi, riuscendo imperituro a mantenerle intatta – rimase impalato esattamente dove si trovava anche quando i due si voltarono evidentemente seccati nella sua direzione. «Senti, ora hai proprio rotto il cazzo» Otis inclinò la testa, sfidante, lo sguardo fisso in quello di un Émile che pareva pronto a morderlo come un cane rabbioso. Vediamo se ne sei capace fu il pensiero infantile e anche piuttosto insolito per una personalità pacifica come quella di Otis. Se Émile si sentiva pronto a mettersi a tu per tu con lui fino a quel punto, lui non sarebbe stato da meno. Conosceva vita, morte e miracoli del ragazzo che gli stava di fronte – pensò, non senza un punta di dolore che sembrò attraversargli un polmone – e sapeva benissimo che non avrebbe mai avuto il coraggio di fare a botte. Si ricordava ancora la rissa di qualche Natale prima. «Ah sì? Sapessi quanto hai rotto il cazzo tu a me, Carrow» disse senza battere ciglio, assottigliando appena lo sguardo mentre Émile compiva un primo passo nella sua direzione. A quel punto alzò le sopracciglia, un'espressione quasi divertita oltre che sbigottita, una sorta di sei serio? che proseguì in un sorriso incredulo che non riuscì a trattenere, sbuffando dal naso. «Ma che vuoi fare, Émile?» Gli chiese, in fondo sincero, non intimidatorio, come invece suonarono le sue parole. Cosa pensava di fare, con quel passo? Qual era il suo intento? Spaventarlo? Sentiva di dover arrivare ad intimarlo di allontanarsi affinché Otis si togliesse di torno? O voleva fare sfoggio della propria mascolinità davanti ad Agnés, come una sorta di pavone col petto tronfio? L'avrebbe lasciato in pace volentieri se soltanto Émile gliel'avesse permesso, invece di scrivergli con ogni pretesto immaginabile, ora per una stupida locandina che poteva perfettamente farsi da solo – visto che poi ci aveva tenuto a fare in modo che tutti pensassero che fosse andata così – ora per una stupida urna che anche un uomo con la clava in mano avrebbe potuto associare ad un qualunque contenitore concavo. E stava per farlo, voltandosi con un secondo risolino sprezzante e scuotendo la testa, prima di essere bloccato da Nessie. «Adesso basta!» Ma basta cosa? «E mi riferisco a tutti e due Otis deglutì, arrestandosi dov'era, tornando a rivolgere il viso verso i due, la mascella serrata. Quella ramanzina, forse, era capace di irritarlo persino di più di quel patetico tentativo di fare a botte di Émile. Ma che ne sai, tu? «Siamo ad una festa, ed alle feste ci si dovrebbe divertire. E io non mi sto divertendo affatto – anzi, nessuno di noi si sta divertendo.» «Io mi stavo divertendo, sinceramente» «Forse ti sta dicendo che baci male» rimbeccò Otis, elargendo un sorriso stiratissimo quanto finto. «È già abbastanza triste che non possiamo passare la serata insieme perché voi due – entrambi – siete troppo cocciuti ed infantili per fare pace, come se non bastasse ora state persino cercando di infastidirvi in ogni modo possibile e immaginabile. Sapete qual è la verità? Vi mancate a vicenda.» Secondo me la verità è proprio che Émile è un coglione di prima categoria, però okay. «Ma, ovviamente, non siete abbastanza maturi da ammettere di aver agito di impulso o di aver detto qualcosa di avventato. Non sia mai che uno dei due decida di fare il primo passo, noooo. Meglio comportarsi come studenti del primo anno e punzecchiarvi con qualunque scusa, per il solo gusto di ottenere un minimo di attenzione dall’altro. Flash news per entrambi: siete ridicoli! Questa faccenda è durata fin troppo, è ora di piantarla. [...] Mi aspetto delle scuse, Otis Branwel» Non era giusto. Otis non aveva fatto niente per punzecchiare nessuno, dal suo punto di vista, e le opportunità le aveva avute, e anche parecchie. Il flirt spudorato con Séline, in sala grande? L'essersi venuto a prendere tutte le proprie cose rimaste in camera senza neanche degnarsi di mostrare la faccia? La discussione per la locandina? Otis aveva chinato la testa di fronte a tutte quelle cose, una per una, senza mai reagire alle provocazioni, perché semplicemente non era parte di lui essere reattivo. Era stato zitto e aveva lasciato fare, in nome di un'amicizia passata, in nome del quieto vivere, in nome di qualcosa che adesso non riusciva nemmeno più a ricordare. Chi glielo aveva fatto fare, per poi finire comunque a essere additato come il cattivo della storia? Per una volta che aveva deciso di rispondere, e tra l'altro l'aveva fatto comunque finendo con l'aiutare quel cretino di Émile? Il ragazzo tacque, livido di una rabbia bruciante simile a quando si viene rimproverati dalla maestra prendendosi la colpa di uno sgarro commesso da qualche altro compagno, troppo prepotente o troppo amico per poterlo pubblicamente accusare. Solo che Otis avrebbe compiuto diciannove anni di lì a un paio di mesi. Tutto ciò era ridicolo! Non era colpa sua, per niente di tutta quella storia. Tacque mentre Nessie girava i tacchi e se ne andava, fissandosi la punta delle scarpe macchiate con un'espressione contrita, la pelle che sembrava andare a fuoco e la sensazione che sarebbe esploso se qualcuno l'avesse toccato. Si sentiva umiliato e accusato, la questione banalizzata, resa una stupida parabola sull'orgoglio. «Sei contento, ora?» Il cuore gli batté più velocemente, la testa ancora bassa, mentre non riusciva che ad augurare il peggio del peggio alla persona che gli stava di fronte. Dopo tutto ciò che ho fatto per te. Anche quando mi hai gettato via perché pensavi che non fossi un amico degno di questo nome, pensavi fossi una “persona diversa”, anche allora non ho fatto altro che volerti bene. E in questo modo ti ho lasciato fare, ti ho sempre lasciato fare. Quando lo spintonò, il corpo di Otis si mosse come inanimato, molle, come un fantoccio, il capo ancora chino. «Ma non ce la fai a non fare il pezzo di merda per una sera? Dico una» Provò a spingerlo di nuovo, ma Otis afferrò il polso di una mano del ragazzo, e lo bloccò, gettandolo di lato. «Non mi toccare, Émile, non sai neanche quello che stai facendo» disse, tentando ancora una volta di tenere a bada se stesso, di incassare, di essere calmo per entrambi. Un modo di colludere, quello, che continuava a rispettare il patto implicito della loro amicizia. Otis la testa, Emi il braccio. Otis la calma, Emi l'impulso. Provava rabbia aggiuntiva nel rendersi conto che questo era ciò che stava facendo: continuando a ubbidire a quella loro dinamica. Aveva la sensazione che quando avrebbe smesso di farlo allora sarebbe davvero finita tra lui e quello che considerava suo fratello. «Non ti basta avermi tolto il saluto? Avermi tolto tutti gli amici? Ti devi proprio prendere tutto? Anche Nessie?» A quel punto aveva smesso di cercare di fare a botte. Otis deglutì: lui non aveva ancora avuto modo di sfogarsi. «Non so per quanto tempo ancora avrai bisogno di utilizzare me come agnello sacrificale, come token su cui scaricare tutte le tue colpe. A me non dà fastidio, perché so che niente di tutto ciò di cui mi accusi è la verità. Io ho la coscienza apposto, perché con te sono sempre stato un amico esemplare, ed è in nome di quell'amicizia che io ti permetto di parlarmi così e di trattarmi così, perché so che tu ne hai bisogno. Altrimenti dovresti ammettere le tue colpe e responsabilità, e finché non sarai pronto a farlo non ti preoccupare, puoi continuare a usare me come cattivo della storia. Qualunque cosa ti serva per andare a dormire tranquillo la notte. Fammi sapere quando decidi di crescere e di guardarti allo specchio per quello che sei. Un bambino egoista e capriccioso, che non sa scegliere, e non sa ammettere i propri errori.» Quest'ultima frase fu l'unica che pronunciò guardandolo in faccia, disinibito e incattivito dall'alcool, ma col solito bizzarro aplomb di quando beveva. Quelle erano specifiche verità che tutti noi apprendiamo nei rapporti di intimità, osserviamo nella vulnerabilità che l'altro ci concede di conoscere, e che custodiamo sapendo che siano segreti da rivelare alla persona interessata soltanto in casi di estrema necessità, quando la nostra onestà ci sembra l'unica medicina, da somministrare con incredibile cura e meticolosamente selezionando le parole giuste. Otis le aveva usate per ferire. Aveva preso quei segreti e glieli aveva sputati in faccia. Poco dopo averli pronunciati aveva già cominciato a sentirsi in colpa.
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    Quando arrivò Ronnie Otis aveva ancora la testa china e si mordicchiava l'interno delle guance. Avrebbe voluto avere un altro po' di tempo, solo un altro po', per chiedere scusa ad Émile, anche se sapeva che lui non avrebbe fatto lo stesso. Si sentiva cattivo e vendicativo. «Toh, guarda che fortuna! Ci sta pure Otis. Allora siamo proprio tutti al completo.» Soltanto dopo registrò che anche Ronnie e Émile non si parlavano più. Sollevò appena la testa, inclinandola verso Ronnie, guardandola dall'alto vista la differenza di statura tra i due. «Come ai vecchi tempi: i miei migliori amici e il mio ex ragazzo.» Aggrottò la fronte mentre lei gli passava un braccio attorno alla vita, stranito dal modo in cui aveva deciso di formulare la frase e presagendo tempesta dal tono di voce della Grifondoro. «Che fai qui?» Si sentiva svuotato, non voleva più guardare la faccia di Émile ma non voleva tornare a casa. Voleva continuare a divertirsi, in qualche modo disperato, rimanere aggrappato a quell'ultima sera da liceale. Ronnie ignorò la sua domanda. «Se ci pensi, era davvero un quadretto con il potenziale di finire in tragedia. E invece è andato tutto così.. liscio, no?» Tutto risaliva a più di tre anni prima, e Otis ricordava in modo confuso. La storia tra i due era sempre stata molto bizzarra, nata all'improvviso e in segreto – a quanto pare per volere di lei – e terminata senza che lui ricordasse neanche il momento esatto né la motivazione, ora che ci pensava; immaginava si trattasse di un paio di mesi. Ai tempi erano piccoli, alle prime esperienze, e aveva sempre considerato la storia tra i due una sorta di errore di percorso, quelle interferenze che a volte capitano tra i circuiti dell'amicizia e dell'amore. Il resto del tempo aveva cercato di ignorare la faccenda, che in qualche modo lo faceva sentire a disagio per la sua natura segreta e perché entrambi erano come fratelli per lui – l'idea che sentimenti romantici avessero spazio in un gruppo così familiare l'aveva messo a disagio. E poi c'era stata la sensazione di solitudine, ai tempi non ancora così familiare: sentire che il mondo matura, si scopre, si innamora, e tu invece rimani fermo dove sei. «Forse è il momento di dirglielo, non credi? È una storia così divertente. No anzi, glielo dico io perché sicuramente la racconto meglio di te». Otis spostò lo sguardo su Émile, incerto, e poi di nuovo di Ronnie. Ascoltò la rivelazione che fosse tutto finto con un vago senso di nausea allo stomaco, non tanto per l'importanza della questione, ormai di poco conto, ma perché anni dopo la fine della loro amicizia c'erano ancora cose da scoprire, segreti tenuti, altri modi in cui Otis era stato escluso o trattato da stupido. «E in una qualche maniera viene fuori che è gay ma non è pronto ad uscire allo scoperto - specialmente con te, Otis. Era tutto per te.» Gay? Ma Otis sapeva che a Émile piacessero anche i ragazzi. Chiunque lo guardasse sufficientemente da vicino interagire con chiunque nel team di quidditch dei Grifondoro o dei Serpeverde avrebbe intuito che Émile avrebbe voluto poter giocare per la loro squadra in più di un senso. Perché mentirgli e trovarsi una fidanzata di copertura? Stava con un ragazzo e usava Ronnie per giustificare le scappatelle notturne? Sentiva di non poterglielo dire? Ma che importa, arrivati a questo punto? «Solo per venire a scoprire oggi che Nessie qui presente si stava torturando per i sensi di colpa perché a quanto pare tanto gay non lo sei. O forse sì e stai solo giocando? Quale delle due?» Ah.. Mancava un'opzione, nell'elenco di Veronica, che Otis conosceva da tempo, anche se non aveva mai avuto conferma da Émile, perché fondamentalmente l'aveva capito a prescindere, che a lui piacessero sia maschi che femmine. Ed era così riservato sulla faccenda che non aveva mai voluto chiedere apertamente, ma spesso aveva cercato di far capire al ragazzo che lo sapeva, tipo chiedendogli cosa ne pensava di un ragazzo, se lo trovava carino, o facendogli domande improvvise su chi, secondo lui, baciasse meglio, se i maschi o le femmine. «Ron...» «Puoi smetterla, per favore?» Si trovò a pregare che rallentasse un attimo, perché c'era andata molto più vicina di quanto pensasse. «Ti importa anche solo qualcosa dei presenti? Perché li ferisci in continuazione, Emi. Ad ogni cazzo di opportunità. Comportandoti come se nemmeno te ne rendessi conto. Ed è stancante. È stancante da vedere, pensa quanto lo sia da provare.» Strinse le labbra, passandosi la lingua sulle gengive. Mise una mano sul petto di Ronnie, all'altezza del cuore, come a invitarla a calmarsi. Va bene così. Non era per proteggere Émile, o forse non solo; era per cercare di ristabilire un equilibrio, prendere tutti un respiro profondo. La guardò come ad assicurarsi che si fosse rasserenata, togliendo la mano solo quando sentì il cuore di lei rallentare un po'. Non poteva dire di non essere d'accordo con le sue parole. Émile era stato incasinato, in quegli anni, più di quanto Otis potesse immaginare. E se davvero era tutto stato messo a punto pur di non dire a lui la verità, allora doveva esserci sotto qualcosa di talmente grosso da non poterlo dire neanche a chi consideri tuo fratello – perché non c'erano dubbi, nella mente di Otis, che l'amicizia tra i due un tempo fosse stata genuina. Qualunque cosa fosse apparteneva ad anni prima, e si sentì nuovamente in colpa, perché sapeva che il ragazzo avrebbe utilizzato quest'episodio come ennesimo strumento per vittimizzarsi e rendere loro i cattivi, e perché in fondo ci si sentiva, cattivo. «Sono...» «Non devi dirlo se non ti va» sentì di dover specificare Otis, ancora intento a cercare di riparare la situazione, giusto o sbagliato che fosse. Conosceva la riservatezza di Émile sulla questione. «Mhm. Sono bisessuale.» Annuì, stringendo nuovamente le labbra. Ascoltò la versione della storia del ragazzo che comunque spiegava solo parte delle cose, ma ormai non gliene importava più a sufficienza per indagare. « Non so che dire, Veronica. Mi dispiace se vi ho ferito in continuazione. Se vi ho stancato. Sono stato evidentemente una merda, senza rendermene conto. Ma di questa merda avete comunque trovato il modo di disfarvene, no?» Eccolo di nuovo a fare la vittima. Prese un respiro profondo, sospirando. «Io avrò ferito voi, ma voi avete di certo trovato il modo di ricambiare. Non è vero Ronnie? Per ultimo questo coming out in pubblica piazza che mi sarei volentieri evitato. Ma, visto che ormai io e voi due non siamo più amici, direi che siamo a posto così, non trovate?» «Ronnie non l'ha fatto per ferirti. Non poteva sapere. Nessuno ha cercato di ferirti.» Si strinse nelle spalle, consapevole che quella fosse una verità solo in parte, e che comunque sarebbe stato inutile; ma volle provarci lo stesso. «Ti sei chiuso in questa narrativa di persecuzione in cui il mondo ti odia e ti allontana ma sei tu che mandi tutti via. Sei stato tu ad allontanare me. Forse hai cominciato a farlo anni fa quando hai mentito sullo stare con Veronica e hai mantenuto la bugia per tre anni e mezzo.» Fece una risatina incredula. «Comunque è nel passato, e tu solo sai perché l'hai fatto, e va bene così. Mi dispiace se ti ho ferito, Émile.» Lo guardò negli occhi, che lo evitavano, nel pronunciare quest'ultima frase, attesa da quella che sembrava un'eternità, che scivolò via con una facilità estrema, quasi ridicola, paradossale, non perché non fosse sincera, o forse proprio perché lo era così profondamente, sebbene intrisa di rassegnazione. «Mi spiace che siamo dovuti arrivare a questo» allargò le braccia, indicando la scena in cui si ritrovavano adesso. «Ma adesso il liceo è finito, e non dobbiamo più vivere sotto lo stesso tetto, e potrai liberarti delle persone che “si sono volute disfare di te”. È finita, sei libero.» Concluse, vagamente teatrale, ingoiando il rospo che sembrava risalirgli su per la trachea. Guardò l'orologio da polso, tirando sul col naso. «Mi sa che è arrivato il momento di annunciare il Re o la Reginetta del ballo».
    Interagito con Emi, Nessie, Ronnie
     
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    Per chissà quale strano motivo, la reazione di Veronica non fu quella che Nessie aveva immaginato. « Aspetta aspetta, mi stai dicendo che Emi ti ha baciata? Cioè è stato proprio lui a baciare te, ho capito bene? Più volte? » La Serpeverde annuì, tirando leggermente su col naso e soffocando un singhiozzo. Più che arrabbiata, Veronica sembrava pensierosa. Deve essere lo shock. Appena avrà realizzato tutto non vorrà parlarmi mai più. « Ness, non hai fatto niente di male. Non sono arrabbiata, davvero. E Louis ti ha detto la verità: quello che c'è stato tra me ed Emi non contava nulla. » Come? Fu il turno della Serpeverde di increspare le sopracciglia, palesemente confusa. « Ma... » La sua debole protesta si spense nel nulla nel momento esatto in cui Veronica riprese a parlare. « Però, se accetti un consiglio: vacci con i piedi di piombo. Èmile dice un sacco di stronzate - ma tipo tante, davvero tante, e non vorrei che ci finissi nel mezzo, ok? » Nessie battè le palpebre, scacciando una lacrima che era rimasta impigliata nelle ciglia scure. Forse era colpa dell’alcol, ma d’un tratto si sentì stupida: non avrebbe saputo spiegarsene il motivo, ma aveva la sensazione di non riuscire a comprendere pienamente ciò a cui Veronica si riferiva. Dopotutto, che a Émile piacesse lavorare di fantasia lo sapevano tutti; ma, di fatto, si trattava solo di stupidi scherzi infantili. O forse no? Poteva esserci dell’altro, di cui non era a conoscenza? Qualcosa che, a giudicare dalla sua reazione, aveva ferito Ronnie profondamente. « Anzi, la sai una cosa? Mi sono stancata di coprire quella testa di cazzo. [...] » Nessie si irrigidì leggermente, presa in contropiede da come, d’un tratto, la situazione si era completamente ribaltata. Dal principio, si era aspettata che la rabbia di Veronica si sarebbe scagliata contro di lei – non contro Émi. « Ronn- » Iniziò, cercando di calmarla, prima che lo sguardo della Grifondoro si posasse nuovamente su di lei. Non aveva mai visto Veronica tanto arrabbiata, prima d’ora. Eppure aveva la sensazione che non si trattasse puramente di ira, ma di qualcosa di diverso. Tristezza, forse amarezza. « Hai detto che vuoi fare di tutto? » Dopo qualche istante di esitazione, Nessie annuì. È vero. L’ho promesso. « Perfetto, vieni con me. Voglio che questa situazione si risolva una volta per tutte. » La seguì tra la folla fino a raggiungere Émi, nel punto in cui lo aveva lasciato poco prima. Anche Otis era ancora lì e, gettandogli una rapida occhiata, Nessie intuì che la tensione tra i due non si era affatto alleggerita. Forse questa non è una buona idea. Non sapeva cosa Ronnie avesse in mente, ma dalla sue parole aveva compreso che le sue intenzioni non erano del tutto pacifiche. Ma se Èmi ha davvero mentito, non posso darle torto. In realtà, una parte di lei era morbosamente curiosa. Desiderava sapere – ma soprattutto, capire - cosa stesse succedendo. Per un istante, spostò rapidamente lo sguardo su Èmile, approfittando del momento in cui Veronica lo abbracciò. Lo vide divincolarsi, chiaramente infastidito, ma quando gli occhi del Tassorosso virarono nella sua direzione, Agnés si affrettò a fissare i propri su Ronnie, non senza un moto di panico. Non sapeva cosa fare; chi guardare o se intervenire. Non voleva ignorare Èmi ma, al contempo, voleva essere una buona amica per Veronica – e, conoscendo la giovane Rigby, doveva avere un buon motivo per essere tanto furiosa. Che cosa hai combinato stavolta, Èmi? « Forse è il momento di dirglielo, non credi? È una storia così divertente. No anzi, glielo dico io perché sicuramente la racconto meglio di te. » Confusa, Nessie lanciò una rapida occhiata in direzione di Otis, cercando di appurare se lui, per lo meno, fosse a conoscenza di ciò a cui Veronica si stava riferendo. Sul viso dell’amico, però, riconobbe la medesima confusione che provava in quel momento. « Praticamente era tutta una cazzata. Cioè non è mai successo. Un giorno Emi arriva, chiede di parlarmi in privato e mi dice che ha bisogno di una finta fidanzata. Giustamente io gli ho chiesto come mai, visto che.. beh.. se dovevo mentire a tutti i miei amici più stretti, doveva essere almeno per una buona ragione. E in una qualche maniera viene fuori che è gay ma non è pronto ad uscire allo scoperto - specialmente con te, Otis. Era tutto per te. » Parzialmente stordita dall’alcol e dalla musica, Agnés impiegò qualche istante più del dovuto a comprendere quelle parole. « In che senso, “non è mai successo”? » Domandò, spostando infine lo sguardo su Èmi, con espressione accusatoria. E da quando sei gay? Una volta raggiunta la pubertà, Èmile non aveva fatto altro che correre dietro alle ragazze; dapprima, lamentandosi di come non lo considerassero abbastanza, di quanto essere un membro dei Berretti Rossi lo rendesse sfigato e, in seguito, di come la notorietà acquisita col Quidditch lo avesse reso più popolare. Mai, nemmeno una volta, Èmile aveva accennato alcun interesse nei confronti di un rgazzo. Le aveva persino chiesto il numero di telefono di Katie, la sua amica del corso di musica, e poi era stato il turno di quella stupida di Pauline. Ma non solo: ricordava chiaramente, forse fin troppo, quando lo aveva visto mangiarsi la faccia a vicenda con la Zabini, alla festa di Natale. Un moto di fastidio, forse persino gelosia, accompagnò quel pensiero, presentandosi come una morsa dolorosa alla bocca dello stomaco. Durò pochi istanti, prima che Nessie realizzasse qualcosa di assai più doloroso: Èmi non si fidava di lei. Non poteva essere diversamente, altrimenti perché mai si era sentito abbastanza a suo agio nel confidarsi con Veronica, ma non con lei? Puntò lo sguardo su di lui, quasi sfidandolo a sostenerlo. Nella penombra, gli occhi nocciola erano lucidi di rabbia e delusione. Pensavo fossimo amici. Ero convinta che ci dicessimo tutto, noi due. Me lo avevi promesso. D’un tratto, si sentì nuovamente come a Saint Maxime, quando il segreto della – finta – relazione con Ronnie non aveva fatto altro che portare a galla altre menzogne, una dopo l’altra. E a quanto pare non sono ancora finite. « [...] Solo per venire a scoprire oggi che Nessie qui presente si stava torturando per i sensi di colpa perché a quanto pare tanto gay non lo sei. » Avvertendo lo sguardo di Èmi su di sè, Nessie puntò il proprio sul pavimento. Fu una scelta da codarda – forse persino meschina – ma, in quel momento, non voleva guardarlo. Si sentiva arrabbiata e ferita, ma soprattutto stupida: come se avesse improvvisamente realizzato quanto la sua presenza fosse piccola e insignificante, nella vita di Èmile. « Ness, io... » Sollevò lo sguardo su di lui, lentamente, quando fu certa di aver represso le lacrime. L’ultima cosa che voleva era piangere. « Sì, ok. Era tutta una cazzata, come ha detto Ronnie. Mi dispiace per aver mentito, ma ero piccolo e... deficiente, e non sono riuscito a trovare una soluzione più matura di questa. » Si limitò a fissarlo, apparentemente impassibile. Aveva almeno un milione di domande che le affollavano la mente ma, in quel momento, non aveva intenzione di aprir bocca. Non avrebbe ingoiato il proprio orgoglio tanto facilmente, né avrebbe concesso ad Èmile di udire la sua voce tremare. Veronica ha ragione. Non fai altro che dire una bugia dietro l’altra, ti inventi talmente tante menzogne da perderne il conto. E per cosa? Da qualche parte, dentro di sé, provò un barlume di soddisfazione nel vedere il suo migliore amico – poteva ancora considerarlo tale? - in difficoltà. Te lo sei meritato. Ti sta bene. Se lo ripetè mentalmente con inaspettata freddezza, tentando di soffocare il senso di colpa che iniziava pian piano a farsi largo dentro di lei. «Sono...» «Non devi dirlo se non ti va» Le iridi nocciola si posarono rapidamente su Otis, in un monito silenzioso. Deve dirlo eccome. Qualunque cosa sia, meritiamo delle spiegazioni. Io merito delle spiegazioni. Ora che il vaso di Pandora era stato scoperchiato, aveva tutta l’intenzione di scavare fino a toccarne il fondo. Una volta per tutte. « Mhm, sono bisessuale. » A dispetto del distacco che si era imposta, Agnés non riuscì a reprimere un moto di compassione. Quella confessione l’aveva presa alla sprovvista e, per quanto Èmile fosse nel torto, condividere qualcosa di tanto intimo avrebbe dovuto essere una scelta personale e non forzata. Era edivente che non fosse stato facile per Èmile ammetterlo davanti a tutti. Sospirò silenziosamente, mentre la sua espressione si addolciva leggermente. Come siamo finiti in questo casino?« In quel periodo avevo una cotta per Louis. E mi piacevi tantissimo anche tu, Nessie. Quello che è successo a Sainte Maxime... Era tutto vero, per me, così come lo è stato stasera. Non stavo mentendo. È solo che ero confuso, non ci capivo niente... » La sua parte più superba avrebbe voluto ignorare quelle parole, bollarle come nient’altro che l’ennesima bugia atta a scatenerare la sua compassione ma, suo malgrado, Nessie non riuscì a rimanere impassibile. All’improvviso, singoli e bizzarri avvenimenti di diversi anni prima iniziarono ad avere senso: il modo in cui Èmile sembrava infastidito – quasi geloso – ogni volta che Nessie aveva menzionato Louis, i punzecchiamenti e le prese in giro dopo l’appuntamento di San Valentino con il Corvonero e, per ultimo, il segreto dell’albero di Natale. Come ho fatto a non accorgermene? « Non so che dire, Veronica. Mi dispiace se vi ho ferito in continuazione. Se vi ho stancato. Sono stato evidentemente una merda, senza rendermene conto. Ma di questa merda avete comunque trovato il modo di disfarvene, no? » Istintivamente, Agnés fece un passo in avanti, nel tentativo di placare gli animi. « Non dire così, Èmi. Nessuno pensa che tu sia una merda. » Spostò lo sguardo su Otis e Veronica, alla ricerca di un minimo di comprensione. Ciascuno a modo loro doveva essere ferito e arrabbiato ed avevano ogni diritto di sentirsi così. Al contempo, una parte di lei sperava che fossero abbastanza clementi da non infierire ulteriormente – non quando Èmile aveva perso l’intera battaglia. «Ronnie non l'ha fatto per ferirti. Non poteva sapere. Nessuno ha cercato di ferirti.» Annuì appena, scoccando una rapida occhiata in direzione della coinquilina. In quel momento, non era certa di cosa le passasse per la testa. Conosceva Ronnie abbastanza bene da sapere che non avrebbe mai voluto mettere consapevolmente qualcuno nella scomoda posizione in cui aveva messo Èmile: vulnerabile ed accerchiato, con le spalle al muro. Allo stesso modo, sapeva che il suo legame con Èmile si era incrinato in seguito alla battaglia di Hogwarts, pericolosamente scalfito da quell’ultimo confronto. Scosse il capo, tra sé e sé, sentendosi spaventosamente impotente. Se solo avesse potuto, avrebbe sistemato la situazione con un colpo di bacchetta: fuso insieme i cocci infranti di quelle amicizie spezzate con un semplice reparo. La realtà, però, era assai più complicata. « Otis ha ragione. È il momento di annunciare i vincitori. »
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    Si avvicinò di un passo al giovane Carrow, accennando ad un debole sorriso. « Gli studenti stanno aspettando e non credo che nessuno di noi sia nelle condizioni di spiegarsi oltre, per stasera. Io no di certo. » Accennò ad una risatina, che suonò più forzata di quanto avrebbe voluto. « Ti serve un’urna, no? » Non attese risposta e agitò la bacchetta, trasfigurando la ciotola in un contenitore di vetro assai più elegante, con il dorso intarsiato. « Ecco, questa dovrebbe andare bene. » La porse ad Èmile, rivolgendogli una leggera pacca di incoraggiamento sul braccio. Si allontanò di qualche passo e si voltò verso Ronnie ed Otis. Si sentiva improvvisamente stanca, esausta. « I-io credo che andrò a casa, a breve. Voi pensate di restare? » Domandò, spostando lo sguardo dall’uno all’altra.

    Tutto per Otis, Ronnie ed Emi <3


     
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    « Dimmi un po', ma tu chi cavolo ti credi di essere! » Il botto che fece la porta nell'aprirsi di scatto, seguito immediatamente dalla voce di Alena Gauthier, furono sufficienti a far sussultare il ragazzo che, in un tentativo di nascondere l'ampolla di distillato, perse la presa sulla stessa. Forse per l'intervento di qualche divinità ancora dalla sua parte, o forse per semplice istinto di sopravvivenza, i suoi riflessi si rivelarono comunque sufficientemente svelti da riacciuffarla al volo prima che si infrangesse sul pavimento. « Che hai? Ti senti male? » « Puoi andartene per piacere? » proferì in un soffio di voce tra i denti, forse troppo poco udibile visto che la moretta gli si avvicinò lo stesso, allungando addirittura una mano verso la sua fronte. « Non è che hai di nuovo la febbre? » Il contatto con la pelle di lei lo fece sussultare ancora, provocandogli una scossa di varie sensazioni miste tra loro e indistinguibili. Era panico? Fastidio? Il ricordo intangibile di un dolore che il suo corpo custodiva ancora nella memoria? Qualunque cosa fosse, lo portò a scansarsi con la stessa rapidità di un gatto impaurito. Un muto "non toccarmi" che forse non aveva nemmeno bisogno di essere esplicitato. « E quello cos'è? Oddio, mai sei ubriaco Neal? Stai bevendo alcol? Guarda che non va bene! Non va bene per niente! Siamo troppo piccoli, ti farà male... Dobbiamo andare in infermeria. Vedrai che ti daranno una Pozione per farti stare meglio. » Più Alena parlava e più il ritmo martellante nelle tempie del ragazzo si faceva intenso, aumentando esponenzialmente il dolore alla testa, la rabbia, la frustrazione e il senso di soffocamento. « CHE COSA VUOI DA ME? » Sbottò a un certo punto, immediatamente dopo le ultime parole della ragazza. Non era nemmeno certo che lei avesse finito di parlare, ma di cosa avesse da dire nemmeno gli importava. « Non sei mia madre, non sei la mia ragazza, non sei nemmeno una mia amica. Quindi non capisco perché non mi lasci stare, cazzo! » Mentre le rivomitava addosso quelle parole, lo sguardo di Eric rimaneva fisso negli occhi di lei, carico di una rabbia e un'esasperazione così profonde che non potevano in alcuna maniera logica essere veramente dirette ad Alena. In fin dei conti la povera Corvonero non aveva fatto nulla se non trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato, con tutti i dubbi e la confusione che era più che lecito avesse. Ed Eric non era arrabbiato con lei, così come non era arrabbiato con nessuno nello specifico. L'unica ragione per cui la Gauthier si ritrovava ad essere bersaglio della sua frustrazione era semplicemente il fatto di essere lì, in quel momento. « Te lo dirò in maniera molto diretta, ok? Non-mi-piaci. Hai capito? È sufficiente? È.. » cercò di annaspare altre parole, boccheggiando contro l'aria che sembrava mancare ad ogni sillabala che le sue labbra pronunciavano. Con passo nervoso cercò di allontanarsi da lei mentre tentava con dita tremanti di aprire la fiala. « Scusate, davvero, non vi vorrei interrompere…ma, mi sembra che più che altro stia avendo un attacco di panico in piena regola. » Eccone un'altra. Ci sta una cazzo di festa là fuori e tutti qui devono venire? « Sto benissimo, grazie per l'interessamento. » Rispose brusco, riuscendo finalmente a stappare l'ampolla e buttarne giù il contenuto. Il tremore fece cadere alcune gocce ai lati delle sue labbra, ma il grosso della pozione riuscì ad arrivare alla destinazione desiderata. Una volta esaurito il contenuto, Eric chiuse gli occhi, passandosi il dorso della mano sulla fronte sudata e prendendo grossi respiri come in un tentativo di velocizzare il processo del distillato. « Guarda, prova a bere un po’, dovrebbe farti bene. » Sentiva la gola secca. Aveva sete, ma scosse comunque il capo, rimanendo ad occhi chiusi mentre cercava di concentrarsi su quei respiri ed ignorare il bruciante senso di umiliazione che provava all'idea di essere accerchiato in un momento così vulnerabile. Tuttavia quando percepì un paio di mani sulle proprie non poté fare a meno che aprire gli occhi, fissando la ragazza in viso con un misto di paura, incertezza e rabbia che la pozione iniziava solo relativamente ad attutire. Nonostante ciò ritrasse svelto le mani dalla presa, indietreggiando istintivamente. « È tutto a posto. Non sta succedendo niente, vedi? Siamo qui per te. Non stai morendo, non stai soffocando, non c’è niente e nessuno che qui ti voglia o possa fare del male. Credimi, è tutto nella tua testa. Respira. Com’è che ti chiami? » Eric. Mi chiamo Eric Donovan. E non so se faccia più ridere o piangere il fatto che io non possa rispondere nemmeno alla più semplice e basilare delle domande - ad un semplice "come ti chiami?". Rimase in silenzio, come se nemmeno avesse sentito quelle parole. Piuttosto, mentre la ragazza le proferiva, gli occhi di Eric avevano vagato da lei ad Alena e poi all'altra ragazza presente. Si sentiva come nudo sotto i loro sguardi, terrorizzato da cosa pensassero, da come lo vedessero. Forse erano solo preoccupate per un compagno di scuola, forse volevano davvero aiutarlo e basta, ma in cuor suo Eric non poteva fare a meno di sentirsi paralizzato da quel raggelante senso di irrazionale paura che lo accompagnava quotidianamente. Ma se anche volessero aiutarmi.. cosa possono fare? Nulla. Non possono nulla. Nessuno può nulla. « Come stai? Se vuoi apro un po' le finestre così entra più aria. » Mentre la pozione cominciava lentamente a fare effetto ed Eric acquisiva più lucidità, la consapevolezza di aver fatto un errore a ritenersi in grado di reggere quella festa si insinuò sempre più come una certezza matematica. « Mi dispiace, ho.. » Si bloccò, alla ricerca di una scusa plausibile. Gli angoli delle sue labbra tremarono in un apatico sorriso di circostanza. « ..forse mi hanno tirato uno scherzo. » Per la fiala vuota che teneva ancora in mano, però, una scusa non ce l'aveva. La ripose velocemente nel taschino della giacca. « Scusate se vi ho fatte preoccupare per nulla. » Pausa. « Lo era - nulla. Sul serio. » Quanto fosse credibile a quel punto non lo sapeva, ma nemmeno gli interessava. Voleva solo andarsene da lì il prima possibile ed evitare altri contatti, sperando che la fine dell'anno accademico gli desse l'opportunità di stare più tempo da solo e tentare di risolvere almeno in parte quei problemi che gli impedivano di vivere in maniera normale. « Credo sia meglio che me ne vada a dormire. » disse quindi, con lo sguardo già puntato verso la porta. Prima di raggiungerla, tuttavia, lanciò una breve occhiata alla Gauthier. « Mi dispiace. » mormorò. Si sentiva mortificato per averle urlato contro, e sapeva di non poterle fornire alcuna giustificazione a riguardo, ma forse ciò avrebbe reso le cose più facili per entrambi. In fin dei conti, non sono davvero la persona che cercavi. Stirò le labbra in una linea che doveva ricordare forse un sorriso di scuse, per poi voltarsi in direzione della porta e uscire svelto nella speranza di arrivare in camera propria senza essere seguito o incontrare nessuno.

    Interagito con Alena, Van, Seline



     
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