{CHAPTER III} 1. The Fall - Ministero della Magia

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    « Tu ci stai andando? »
    « Chi non sta andando? Un evento astronomico irripetibile e una sentenza senza precedenti? Ho sentito che tutta la stampa sarà presente e tutti i ministeriali sono stati chiamati in servizio per assicurarsi che ogni reparto - anche i più inutili - funzionino a pieno ritmo. Sospetto si tratti solo di una scusa per essere certi che chiunque nel mondo magico assista alla condanna. Praticamente se non ci vai, vieni quasi automaticamente considerato sospetto. Hanno addirittura disposto la chiusura di tutte le attività un'ora prima dell'Eclissi. E' palesemente un modo per dirci che dobbiamo esserci. »
    « Uhm.. si. Forse si. Infatti, mia sorella mi diceva che la sua squadra resterà a Diagon Alley per assicurarsi che non ci siano disordini. Sai.. il Ministero vuole assicurarsi che nessuno se ne approfitti dell'assenza dei maghi nei quartieri e i villaggi magici per commettere infrazioni. Poi figurati, dopo l'attacco di quei villani.. io ho davvero molta paura che non abbiano fatto altro che provocarli. E poi questa guerra.. ho tantissima paura. Un tempo credevo di sapere perché questa guerra è in corso. Ma ora credo solo che.. ecco - io sono contenta che il Ministero prenda le giuste precauzioni. E' la prima volta che siamo al sicuro da molti anni. Certo.. c'è ancora tutta la faccenda di Hogwarts. »
    « Violenti ci saranno sempre. Non potevano prevederlo. Quella di Hogwarts è stata una coltellata alle spalle. Ma il Ministero reagisce. Io.. ho fiducia. Non è facile quando in gioco c'è la vita delle persone. Vorrei che tutti la pensassero allo stesso modo. »
    Solo una delle tante conversazioni a cui si poteva assistere quel sabato mattina. Attorno alle ore 10 Diagon Alley come qualunque altra zona della Londra magica e dei villaggi inglesi è in subbuglio. Nessuno vuole perdersi l'Eclissi. Per l'occasione, il Ministero ha sgombrato della presenza dei babbani le strade attorno all'entrata principale del Ministero della Magia, per permettere ai curiosi di accedere all'Atrio per osservare l'eclisse e presenziare al contempo alla storica condanna a morte dei colpevoli dell'attacco che ha sconvolto il Mondo Magico. All'interno dell'Atrio sono stati istallati diversi schermi magici che ne ricoprono le pareti e, al contempo, con un incantesimo davvero singolare, è stata predisposta sul soffitto dell'atrio la possibilità di osservare in tempo reale l'avanzamento dell'evento astronomico di cui tutti parlano. Non c'è mago o strega che vorrebbe perdersi un simile evento. Per l'occasione è stata predisposta la chiusura di tutte le attività magiche non essenziali e tutti i maghi hanno ricevuto un pass speciale per poter arrivare al Ministero. Nei giorni precedenti, dichiarazioni circa la possibilità di poter essere testimoni erano comparse ovunque sulla Wiznet e sui giornali. E' ormai comune credenza che assistere all'evento è quasi necessario, se non addirittura un obbligo. Il Mondo Magico deve essere a conoscenza del fatto che il Ministero della Magia si sta occupando della sicurezza dei maghi e che i crimini contro la rispettabilissima comunità inglese non resteranno impuniti. Voci di un possibile importantissimo annuncio da parte del Ministro in persona, hanno poi reso la possibilità di non presenziare quasi impossibile. Tutti vogliono vogliono sapere, esserci - per l'Eclissi e per il velo. In fondo, pochi hanno visto cosa succede quando un essere senziente cade tra le grinfie del Velo, e ancora meno sono quelli che hanno vissuto abbastanza a lungo da raccontarlo. E così, a un'ora dall'inizio della manifestazione, maghi di ogni angolo dell'Inghilterra giungono al Ministero attraverso ogni canale disponibile. Cammini, gabinetti, passaporte e cabine telefoniche. Mancano solo gli studenti di Portland. A loro, la crudeltà della morte è stata risparmiata. All'entrata creature e persone sospette vengono controllate. Nessuno crea scompigli al di fuori degli attivisti, presentatisi all'evento con cartelli contro la violenza sulle creature magiche. La loro ridotta presenza, tuttavia, sembra destare solo scherno. Sui grandi schermi, i due vampiri incatenati all'interno di gabbie dalle sbarre spesse, urlano e si dimenano. A volte ridono, a volte imprecano. Maledicono la società magica e ne condannano l'esistenza. Non un briciolo di rimorso, non una sola parola di scuse, nessun pentimento, nessuna richiesta di aiuto. Sul soffitto il sole alto ancora ben visibile come testimone di un evento che non si ripeterà mai più.

    A Londra, tutte le attività sono state chiuse e tutti i maghi inglesi si dirigono verso l'Atrio del Ministero dove sono stati istallati diversi schermi per assistere alla condanna a morte dei vampiri. Il soffitto dell'atrio è stato incantato invece per poter osservare l'eclissi in corso. Obiettivo del primo turno è raggiungere il Ministero tramite un qualunque canale predisposto dall'organizzazione. E' un evento estremamente insolito e raro e per i maghi, che non vedono una condanna a morte da decenni, non partecipare significa appoggiare silenziosamente l'operato dei vampiri. Se per curiosità o semplice apparenza, o ancora perché apertamente in disaccordo, la comunità magica al completo assisterà all'evento.
    Scadenza 1° turno: 21 settembre
    Durante un turno potete fare quanti post preferite. Qualora fosse necessario, il master interverrà anche prima. Se la partecipazione dovesse essere molto positiva, la scadenza del turno potrebbe essere anticipata.



     
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    Una giornata libera, all'intelligence, non era esattamente qualcosa che accadeva spesso. In seguito a giorni di lavoro instancabile e turni pressanti in cui tutti gli impiegati del dipartimento erano stati occupati a sbattere la testa su una serie di informazioni decontestualizzate, quel tana libera tutti appariva quasi insolito. « Sicuramente sono contento di vedere quattro mura diverse da quelle degli uffici di Azkaban. » aveva commentato al suo assistente durante il brunch, che avevano sfruttato come occasione per parlare di affari diversi rispetto a quelli del posto di lavoro (che in ogni caso non avrebbe potuto divulgare nemmeno volendo). Lo sguardo di Seojoon si era sporto oltre la finestra dell'elegante bistrot, guardando il cielo grigiastro che a breve si sarebbe fatto completamente scuro per l'eclissi imminente. Dentro di sé sapeva che qualcosa sarebbe accaduto - riusciva a sentirselo. Tutto il lavoro dell'ultimo mese, gli interrogatori ai veggenti, i plichi di documenti da cui ogni informazione classificata veniva opportunamente occultata per chi, come lui, nei servizi segreti lavorava ad un livello ancora basso; tutte queste cose avevano contribuito ad alimentare in Seojoon il sentore che quella non sarebbe stata una giornata qualunque, e che il Ministero della Magia fosse il luogo in cui trovarsi. D'altronde, le stesse cariche dello Stato li avevano invitati a presenziare, dunque c'era solo da supporre che si sarebbe trattato di un posto sicuro. Non che abbia chissà quale scelta, visto che mio padre mi crocifiggerebbe in pubblica piazza se non andassi ad ogni cagata indetta dal Ministero. « E anche un'eclissi. » Inclinò il capo di lato, scrollando lieve le spalle mentre si portava alle labbra il calice di champagne. « Il buio non manca ad Azkaban. » fu il suo commento disinteressato prima di cambiare argomento, ammazzando il tempo finché non arrivò il momento di incamminarsi verso il Ministero della Magia.
    Lo raggiunsero tramite il camino nel retrobottega di Magie Sinister, l'attività che Seojoon aveva rilevato in seguito alla presa di Hogwarts, e sebbene fossero ancora in anticipo, l'atrio era già gremito di maghi e streghe. Alcuni lavoravano lì, altri arrivavano da parti diverse del Regno Unito solo per l'occasione, ma tutti quanti sembravano indistintamente eccitati. « Credi che vedremo proprio l'esecuzione? » « No dai, secondo me taglieranno al momento clue. » « Beh ma allora che senso hanno i maxi-schermi, scusa? » « Per portare più soldi alla caffetteria del Ministero. » Sorrise tra sé e sé nell'origliare di passaggio quella conversazione tra due maghi dal forte accento irlandese. Nel farsi largo tra la gente, però, individuò un viso noto - uno che conosceva, seppur non di persona. « Voglio andare a salutare una persona. Se nel frattempo ti va di cercare un posto a sedere ti raggiungo dopo. » disse all'assistente, che si dileguò velocemente nella direzione opposta mentre Seojoon si incamminava verso la figura di Gregoir Olivander, a cui si affiancò silenziosamente. Per qualche istante non disse nulla, mantenendo gli occhi puntati sugli schermi che costeggiavano l'atrio. « C'è una certa poesia nel giustiziare due vampiri durante un'eclissi. » Fece una breve pausa, arricciando leggermente il naso. « Un po' troppo teatrale per i miei gusti, ma evidentemente è ciò che la gente vuole. » Stirò le labbra in un piccolo sorriso sarcastico, guardandosi intorno come ad indicare tutta quell'insolita affluenza. Un espediente di cui si approfittò per puntare infine lo sguardo sul viso dell'interlocutore, fingendo un piccolo stupore. « Lei deve essere Gregoir Olivander. » Si sporse in un piccolo inchino, che era prevalentemente un cenno del capo. « Seojoon Moon, piacere di conoscerla. Sono un grande ammiratore del lavoro degli Olivander: mio nonno ci ha sempre parlato della vostra famiglia come una grandissima fonte di ispirazione. » D'altronde la dinastia degli Olivander sorpassava di secoli quella dei Moon, iniziata solo relativamente di recente. « È qui più per ammirare l'eclissi o per assistere all'esecuzione? »

    Interagito con Greg

     
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    « Oggi non è un bel giorno per trovarsi qui. » Così si era annunciato il dio, senza convenevole alcuno. Il loro rapporto era un sali scendi continuo. Il più delle volte Ryuk era pressoché assente. A tratti Mun si chiedeva persino che il traghettatore fosse ancora un traghettatore. Non c'era giorno che non si interrogasse circa la sua presenza. Non si fidava di lui - ma non poteva nemmeno permettersi di non fidarsi di lui. Una sera Mun l'aveva affrontato faccia a faccia, solo per sentirsi dire che lei e il suo promesso dovevano a lui la possibilità di vedere un altro dannato giorno sulla faccia della terra. Non le aveva mai spiegato cosa ciò significasse, né Mun aveva avuto il coraggio di chiederglielo. Lei e Albus si erano trovati in sin troppe situazioni folli per provare a sfidare quella presenza che appariva stranamente innocua. Ryuk poteva mentire, oppure, poteva usare ancora una volta uno dei suoi sporchi giochi per tentare di guadagnarsi la sua fiducia, forse addirittura quella di Albus. Nonostante ciò doveva ammettere che in quei mesi nulla di ciò che rappresentava il loro precedente rapporto si era ripresentato. Ryuk non le aveva chiesto niente. Sembrava piuttosto comparire di tanto in tanto, come un muto osservatore. Grimmauld Place non era mai stato così in subbuglio. Diversi ribelli presenti a Londra erano infatti giunti e discutevano animatamente con Victoire Weasley da diverse ore. « Va.. tutto bene? » Forse chiederglielo era stato un errore. Vicky si era infatti seduta con una grossa tazza di caffè al tavolo della cucina scuotendo la testa. « Stamattina non abbiamo avuto notizie da Inverness. Ogni mattina un incaricato del centro di controllo si mette in contatto con noi per aggiornamenti. Questi giorni le comunicazioni si sono fatte particolarmente intense - in vista dell'Eclissi i loro sistemi di rilevazione sono impazziti e quindi abbiamo tentato di dare loro supporto in caso avessero domande rispetto a ciò che stava succedendo qui. » Mun annuisce. Ci sono molte cose che non sa rispetto alla logistica dei ribelli. Ognuno fa la propria parte. Finché è rimasta a casa lei si è occupata d'altro; da una parte il gruppo Peverell, dall'altro la burocrazia del nuovo stato. « Da stamattina c'è silenzio. Nessuno risponde. La passaporta d'emergenza con Grimmauld Place è stata tagliata fuori, il che significa che siamo completamente tagliati fuori. » È paralizzata. Quella notizia non le piace affatto. « La Wiznet? » Chiede mentre apre automaticamente la chat di Albus sul cellulare mandando velocemente un messaggio. È tutto apposto? Nessuna risposta. Si erano ripromessi di tenere sempre un occhio sul cellulare finché sarebbero rimasti separati. « Funziona, ma nessuno risponde. Non credo sia successo nulla, ma è comunque strano. Stavamo discutendo perché.. beh, c'è un solo altro modo per mettersi in contatto con Inverness. Ted però non ne vuole sapere. » « Il contatto certo. Un lycan.. » Per motivi di sicurezza Mun non aveva la più pallida idea di chi facesse parte della rete di Londra, né di quale fossero i loro spostamenti. « Mun. C'è solo un lycan a cui possiamo chiedere. » Oh. Oooooh! Ma certo. Non c'era da stupirsi sei di lycan a Londra non ce ne fossero. Per la loro razza, la città era troppo pericolosa, specialmente se non si spostavano in branco. Senza appoggi potevano al massimo rimanere dall'altra parte della barricata per pochissimo. Nessuno si fidava, poi, che il Ministero non avesse sviluppato tecnologie adatte a rilevare la presenza del Credo, e chissà quant'altro. Non si sarebbe stupita se le riserve d'acqua di tutto il mondo magico contenessero tracce di Aconito o chissà quale altra diavoleria. « Non se ne parla! Non ci vai al Ministero a cercare quel coglione. Se ti beccano siamo spacciati, Vic! Ti faccio solo un nome: Lizzie! Ti ricordi di Lizzie?? » Una vera e propria coppia sposata, quei due. « Ci penso io. » Asserì di scatto, Mun, intromettendosi tra i due. « Albus mi ammazza! Non esiste! » « Non metti piede a Londra da anni. Praticamente sei bella che arrestata. » Mun scosse la testa gettando uno sguardo veloce alla propria sinistra in un punto apparentemente vuoto. « L'idea è andare a questa - condanna, giusto? Beh.. fino a prova contraria ho ancora esperienza a muovermi tra i miei simili e.. - » E io ho dell'aiuto che voi due non avete. « So cosa sto facendo ok? Ho.. ho dell'aiuto. Io.. » « Certo, hai fatto un patto col diavolo di cui non sappiamo Mun? » Una battuta sarcastica. Non sapeva il giovane Lupin quanto fosse vicino alla realtà. « Qualcosa del genere. Avete scorte di Polisucco? »

    Non era stato così semplice convincerli, ma alla fine la squadra al completo aveva acconsentito, fosse anche solo perché Mun aveva fatto notare loro che conosceva Percy Watson meglio di chiunque altri. Era pur sempre il suo migliore amico; i due ne avevano passate davvero tante insieme. Non mi venderà. Un atto di fiducia, in verità, uno che avrebbe concesso a ben poca gente. Doveva però sperare che il suo spirito di appartenenza, la famiglia, potesse riecheggiare nel suo petto sufficientemente da aprire il contatto quanto meno per assicurarsi che le cose andassero bene. E se così non fosse? Se qualcosa stesse succedendo per davvero? Non si sarebbe mai perdonata se in quel momento i suoi bambini fossero stati in pericolo. Loro e Albus. « Sai potresti sempre chiederlo a me, se sei così ansiosa. Ah.. mi ricordo quest'ansia. Un tempo era davvero distruttiva. » E poteva esserlo ancora. « Dovrei? Tanto non mi dici un cazzo. » « Una vera signora. Sai, Mun, visto che voi avvalerti dei miei servigi per non finire in una cella di Azkaban, potresti almeno mostrare un po' di rispetto. » Commentò con una nota ironica l'ombra alle sue spalle prima di scomparire. E Mun si gelò sul posto. Portò la boccetta di Polisucco alle labbra per poi sospirare e lasciare che l'intruglio facesse il suo corso. Si infilò quindi in una delle cabine telefoniche, percorrendo così la discesa verso l'atrio del Ministero dove fece del suo meglio per passare inosservata. Almeno finché, in un momento di distrazione non andrò a scontrarsi contro la spalla di una persona che non avrebbe potuto non riconoscere. Nate? Quindi era tornata a Londra. Per un istante lo osservò in maniera un po' troppo insistente, cercando comprendere da quello scambio veloce che tipo di persona fosse ora il suo buon vecchio caro amico. Tuttavia, si rese conto di non poter indugiare ulteriormente senza risultare scortese o sospetta, le allora tentò di abbozzare un leggero sorriso.
    « Mi scusi. Non l'avevo vista. Ho.. la testa tra le nuvole. » Sarebbe stato difficile non vederlo. Non era proprio una persona in grado di passare inosservata. Remò tuttavia dritto, cercando di non risultare strana in quello scambio, continuando a girovagare tra la folla, alla ricerca di una e una sola persona. Quando lo trovò, privo di alcuna compagnia e un po' in disparte, Mun gli si affiancò. « Giornata particolare, non trova? » Pausa. « Sembrano davvero.. feroci. » Indicò uno degli schermi su cui i vampiri continuavano a ruolare e imprecare. « Posso farle una domanda? Da coniuge a coniuge e buoni vicini di casa.. » Sospirò stringendo i pugni quasi avesse paura che Percy potesse non capire o peggio ancora decidesse di farle saltare la copertura. « Lei sente che casa sua è al sicuro.. oggi. Pensa che oggi.. con questa esecuzione e tutto il resto.. pensa che tutto andrà bene? » Come se nulla fosse, in pieno stile ritorno a quando erano bambini, Mun picchettò velocemente sul dorso della mano di lui la parola Inverness. « Io, non lo so. Non so se casa mia è al sicuro da oggi. Ho molta paura che questi eventi - altri di questi esseri.. potrebbero davvero fare del male ai miei bambini. » Sollevò lo sguardo nel suo deglutendo. « Io ne ho due di figli. Sono piccoli. Sono davvero.. preoccupata.. se dovesse continuare. »


    Interagito brevemente con Nate CIAO! e Percy.


     
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    « Aiutateci a fermare questa barbarie! Firmate la petizione! » « No alla discriminazione delle creature fantastiche! » « FERMATE QUESTA PAZZIA! » Mentre avanzava verso il centro dell'atrio del Ministero, l'attenzione di Nate venne catturata da un gruppo di streghe e maghi in disparte. Arrestò il passo e si fermò ad osservarli. Sistemati intorno ad un banchetto sbilenco, urlavano e brandivano diversi cartelloni di protesta. Non dovevano essere più di una quindicina. Sentì qualcuno di passaggio ridere alla loro vista, altri commentavano sottovoce. Una strega si fermò di fronte al banchetto, solo per sputare sul volto di uno di loro. Nathan corrugò la fronte. Sospirò, e andò oltre. Non aveva mai creduto nelle proteste, o nell'attivismo in generale: nel mondo che aveva conosciuto lui, le cose quasi mai si cambiavano urlando e scalpitando. La situazione era incresciosa, per carità, ma starsene lì a prendere insulti non era che un modo come un altro per mettersi in pericolo.
    Chiuse le dita intorno alla propria bacchetta, che teneva a portata di mano nella tasca del cappotto scuro. Si fece strada con una certa difficoltà tra lo sciame di persone che affollava l'entrata, intorno alla fontana dei Magici Fratelli. Gli occhi cerulei del ragazzo si posarono per qualche istante su quest'ultima, come se fosse la prima volta: si domandò per quale motivo nessuno, fino ad ora, avesse proposto di sostituirla. Le statue di quella fontana raccontavano una storia falsa, quella di un mondo in armonia - la stessa armonia che sarebbe crollata di lì a poche ore, quando il velo avrebbe accolto due rappresentanti delle Creature Fantastiche. Assorto nei suoi pensieri, fu colto di sorpresa dallo scontro con qualcuno. « Oh, mi perdoni » si scusò, distogliendo una volta per tutte lo sguardo dall'opera. Fu tuttavia interdetto dalla persona che si ritrovò di fronte, che pareva guardarlo con fare insistente. Nate inarcò un sopracciglio. « Le serve qualcosa? » domandò, con fare cordiale, alla donna di fronte a lui. Ne studiò i lineamenti, ma era abbastanza certo di non averla mai vista prima. « Mi scusi. Non l'avevo vista. Ho.. la testa tra le nuvole. » Lui sorrise, scuotendo lentamente il capo. « Nessun problema. Suggerirei di tenere gli occhi aperti, però. Oggi con questa folla non è la giornata giusta per avere la testa tra le nuvole. » E con queste parole si congedò, diretto verso un'area più tranquilla dell'atrio. Individuò presto Fitzwilliam, in un angolo in disparte. Quando gli si avvicinò, accennò ad un saluto con un cenno del capo, le labbra strette in una linea sottile. Non c'era granché da sorridere o di cui allietarsi, oggi. Sospirò profondamente, stringendosi nelle spalle, le mani affondate nelle tasche del cappotto. « Parmi un assurdo che le leggi, che sono l'espressione della pubblica volontà, che detestano e puniscono l'omicidio, ne commettono uno esse medesime, e, per allontanare i cittadini dall'assassinio, ordinino un pubblico assassinio. » Recitò a memoria quelle parole, senza specificare altro, certo che Fitz non avrebbe avuto difficoltà a coglierne la provenienza. In quelle settimane Nate era stato naturalmente attratto alla rilettura di Dei delitti
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    e delle pene
    , per ovvie ragioni. Gli pareva assurdo come fosse necessario dover consultare il pensiero di un illuminista italiano del '700 per trovare una sorta di conforto in quella situazione aberrante. Abbiamo perso ogni briciolo di civiltà. Il brusìo dell'atrio intanto continuava ad aumentare, mentre sempre più persone si univano a quell'evento. Volenti o nolenti. Alzò il capo, perdendosi per qualche momento ad osservare l'enorme schermo posizionato sul tetto dell'atrio, che avrebbe proiettato l'eclissi. « Che teatralità » commentò, senza riuscire a nascondere la propria repulsione per tutto ciò. « La scelta di sfruttare quest'eclissi, poi... Cosa dovrebbe rappresentare? Una rinascita, una nuova era... Eclissi di sole ed eclissi di democrazia, non è così? Se non erro esiste un quadro di Grosz che usa proprio l'eclissi come allegoria per parlare dello stato della democrazia tedesca alla vigilia dell'ascesa del nazismo. Era Grosz, corretto? » aggrottò le sopracciglia, chiedendo conferma a Fitz. Lui l'avrebbe saputo con certezza. Tornò ad osservare lo schermo che campeggiava sulle loro teste. « In ogni caso, mi pare una metafora azzeccata. » Sospirò, gettando poi uno sguardo tra la folla. Riconosceva qualche faccia del Ministero, ma la gran parte erano visitatori dall'esterno. « Hai visto Percy? O Greg? »


    [spoiler_tag][/spoiler_tag]interagito con Mun e Fitz
     
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    Nelle rare volte in cui vi si era recata, Freya non aveva mai visto l’atrio del Ministero della Magia tanto affollato. Ovunque si voltasse, gruppetti di curiosi, coppie e persino singoli individui tendevano il collo per osservare al meglio i due prigionieri, si sollevavano sulle punte, parlottavano tra loro con una sfumature di trepidazione nella voce – un vago sentore, persino nell’aria, di aspettativa ed eccitazione eguagliata unicamente dalla macabra curiosità che accomunava tutti i presenti. Tutti o quasi. Si ritrovò a pensare, lasciando scorrere gli occhi chiari sulla folla. D’altro canto, il motivo principale della sua presenza all'evento era diverso: era sempre stata affascinata dall'astrologia e l'Eclissi prometteva di essere uno spettacolo straordinario. Per un istante, gli occhi chiari si spostarono sul soffitto, lì dove un incantesimo mostrava in tempo reale l’avanzare del corpo celeste in direzione del sole. A causa degli ultimi avvenimenti di cronaca, nelle settimane antecedenti vi era stato un gran parlare – di politica, di giustizia - ed il suo singolare interesse per l'evento astronomico non le aveva impedito di notare il cambiamento di atteggiamento nei confronti delle creature magiche, corroborato e soppesato da diverse testate giornalistiche. Nel frattempo, la causa principale di tanto scalpore appariva desiderosa di attirare l’attenzione generale: riflessi negli schermi, i due vampiri erano visibilmente agitati, gridavano e maledicevano, intervallando scherni e maledizioni con moti d’ilarità inquietanti e privi di senno. Nel guardarli, Freya non riuscì a provare alcun tipo di compassione. Forse perché aveva già assistito ad un omicidio – uno in cui vi era, effettivamente, una vittima -, forse perché quelle creature avevano ucciso una ragazza innocente, non poteva fare a meno di sentirsi sorprendentemente apatica riguardo alla loro imminente morte. Era una sensazione strana, una calma che sembrava fuorviante dato il contesto dell'evento. In un certo senso, la loro morte sembrava una giusta punizione. Eppure, lucidamente, ciò che la preoccupava non era tanto la condanna dei colpevoli, quanto il possibile impatto di un tale precedente sulle conseguenze per altre creature innocenti. Est modus in rebus sunt certi denique fines, quos ultra citraque nequit consistere rectum, per dirlo con le parole di Orazio. Ogni mago o creatura aveva il diritto di essere giudicata individualmente per le sue azioni, non per la sua natura intrinseca, l'ignoranza e la paura erano un connubio pericoloso e contagioso, in grado di generare ingiustizie terribili di cui la storia del Mondo Magico si era già macchiata innumerevoli volte: bastava una singola scintilla, per appiccare un incendio. Mentre osservava il tumulto circostante, i suoi pensieri furono interrotti da una conversazione proveniente da una coppia di spettatori vicini. « È assurdo » disse l'uomo della coppia, con espressione disgustata. « le creature mettono a rischio la società magica. Dovrebbero essere tutti segregati, i censimenti e la registrazione non sono sufficienti. È palese che non siano in grado di vivere in un contesto civilizzato. » La donna al suo fianco annuì, stringendo le labbra fino a farle sbiancare. « Non dovrebbero nemmeno permettere agli ibridi di esistere.» Replicò, la voce carica di rabbia. « Sono una minaccia per la nostra comunità. » Gettò loro una rapida occhiata, voltandosi appena nella loro direzione. Stavano parlando liberamente, ad alta voce, nient’affatto preoccupati dall’essere circondati da orecchie indiscrete. « È colpa di politiche deboli e di chi pensa che le creature magiche debbano avere gli stessi diritti dei maghi. Siamo noi a dover essere protetti. » Inevitabilmente, un senso di disgusto la attraversò. Non era certo la prima volta che udiva parole dure e discrimininatorie, né si era mai illusa circa la crudeltà di cui era capace l’animo umano. Le parve, tuttavia, di aver accidentalmente sbirciato in un angolo oscuro della mente umana che preferiva rimanere nascosto, d’un tratto illuminato in pieno giorno. Persa nei propri pensieri, si accorse solo con qualche istante di ritardo che la coppia aveva notato la sua presenza. I loro sguardi si volsero verso di lei, e notarono immediatamente i capelli biondo argentei. Merda. Freya si irrigidì leggermente, consapevole che era ormai troppo tardi per fare finta di nulla. Con la coda dell’occhio, vide l’uomo portare una mano alla bacchetta, come se la sua stessa presenza li avesse spaventati: come se fosse una rappresentazione vivente di ciò di cui stavano discutendo. Davvero? Come se potessi effettivamente nuocerti in pieno giorno, in un luogo pieno di misure di sicurezza? Un sentore amaro, misto di disgusto e affronto, le affiorò sul fondo della gola. Deglutì a fatica, soffocando parole velenose e, con un movimento rapido, scivolò tra la folla. Avvertiva il loro sguardo su di sé, piantato nella nuca. Li distanziò quanto potè e, giunta in prossimità di una colonna, allungò una mano pallida a sfilare il cappellino in stile francese di una signora di mezz’età. Lo trasfigurò abilmente, con un colpo di bacchetta, e si riparò dietro la superficie di marmo. Semi-nascosta, sollevò i capelli in un raccolto maledstro e li nascose sotto il cappello a falda larga. Si concesse un respiro profondo, un senso di nervosismo che percorreva ogni centimetro del suo corpo. Mentre cercava di muoversi con cautela tra la folla, non prestò sufficiente attenzione al suo percorso e finì per sbattere contro qualcuno. Alzò lo sguardo di scatto, la mano destra già stretta attorno all’elsa della bacchetta. Ci vollero alcuni secondi prima che Freya si rendesse conto di chi si trovava davanti a lei. « Douglas? » La sorpresa e la paura iniziali si affievolirono rapidamente, tanto che Freya avvertì una punta di imbarazzo per aver reagito
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    tanto impulsivamente. Si raddrizzò, nuovamente rilassata – o quasi. « Non mi aspettavo di incontrarti qui. Non credevo ti interessassero gli eventi celesti. » Nel pronunciare quelle parole, gli occhi chiari si soffermarono sugli schermi, quasi ad intuire, implicitamente, quale fosse il reale interesse del giovane Douglas. « Ti trovo bene. » Commentò, scivolandogli accanto per occupare lo spazio accanto a Fitzwilliam Gauthier. Avrebbe voluto aggiungere altro ma quello non era il momento né il luogo adatto. « Gauthier. » Lo salutò, con ironica formalità. All’epoca di Hogwarts erano stati smistati nella stessa Casa e, nel corso del tempo, avevano scoperto di avere interessi comuni. Affondò la mano nella tasca della giacca di pelle ed estrasse due api frizzole, ancora perfettamente incantate. Le porse ai suoi compagni, accennando ad un sorriso. « Un penny per i vostri pensieri? » Scherzò, mentre lo sguardo tornava in direzione degli schermi, l’espressione apparentemente impassibile.


    Interagito con Nate e Fitz, ciaociao
     
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    Carcere di Massima Sicurezza di Azkaban

    Il sistema fognario di Azkaban era, se possibile, due volte peggio delle celle in cui erano confinati i prigionieri. L'intricata rete sotterranea risaliva, come il resto dell'edificio, a prima del 1800 – e si vedeva. Thomas cercava per la maggior parte del tempo di non pensarci, di portare al termine il proprio ingrato incarico senza dire una parola, limitandosi ad ascoltare l'inutile chiacchiericcio degli altri detenuti – che tuttavia di frequente mancavano dell'entusiasmo vitale che ti fa venire voglia di aprire la bocca e dialogare con altre persone; la maggior parte delle volte era così che riconoscevi i nuovi arrivati: avevano ancora voglia di lamentarsi, borbottare, o fare a botte con gli altri. Da un paio di settimane a quella parte i lavori forzati di manutenzione e pulizia degli scarichi della prigione erano stati gentilmente animati dall'incessante discussione sui due vampiri che si erano uniti alle loro fila, a quanto pareva un caso che doveva aver fatto un certo scalpore nel mondo magico. «Li hai visti arrivare, quindi?» «Non proprio. Ho visto che li portavano nell'ala del braccio della morte. Per qualche giorno sono rimasti lì, penso che volessero darli in pasto ai dissennatori. Ci sono rimasti per poco però. Non smettevano di sbraitare. Non è del tutto insolito, per due condannati al bacio...» Tom sbuffò, coprendosi bocca e naso come poteva con il tessuto della tuta arancione. Con lo spazzolone faceva defluire l'acqua accumulata lungo gli infiniti tunnel, illuminati soltanto da sfere luminose incantate che volteggiavano sulle loro teste. Stava facendo il doppio del lavoro quella mattina, per colpa loro. «E secondo te perché vogliono ucciderli proprio durante l'eclissi?» Continuò a bisbigliare il più giovane dei due. L'altro si strinse nelle spalle. «Ce la faranno vedere?» «Che ti cambia?» Interruppe sbottando Thomas, avvicinandosi ai due pur continuando a svolgere il proprio lavoro. «Noi qua non vediamo il sole neanche quando a Londra spacca le pietre. Che differenza fa una cazzo di eclissi solare» continuò senza chiederlo davvero, prima di schioccare la lingua, amareggiato. «Pensa a finire il lavoro, piuttosto, che altrimenti non usciamo più da questa merda». Davvero? Stiamo a chiedere se ci lasceranno guardare il sol e le altre stelle? Ad Azkaban? «Qualcosa sta succedendo, però. Stamattina le guardie erano decimate, hanno mandato via un sacco di Auror superflui dal carcere verso la Scuola di Hogwarts, qualcosa del genere» Hogwarts? Auror? «Le guardie qui pensano che siamo troppo rincoglioniti per sentirli parlare, cazzo. Sentiamo tutto.» Sentiamo ma non capiamo niente. Siamo fuori dal mondo, spettatori non paganti, non serviamo a niente. Non servite a niente. «Detenuti 93298, 91027, 103124. Con me.» Non aveva più alcuna percezione del trascorrere del tempo, non avrebbe saputo neanche in che mese fossero se non fosse stato per le visite saltuarie con i suoi avvocati che gli davano una parvenza di contatto con l'esterno – ma persino lui si rendeva conto che era troppo presto per concludere le tre ore di lavori forzati che gli spettavano quella mattina. Espirò in modo secco, resistendo all'impulso di fare domande, limitandosi a sperare che nessuno avrebbe avuto ulteriori motivi per rompergli il cazzo. Poggiò lo spazzolone al muro, e seguì l'Auror. «Possiamo sapere dove ci portate?» Spostò lo sguardo sul ragazzo, la sua lingua lunga per una volta utilizzata a fin di bene, e poi di nuovo sulla guardia, che avanzava dando loro le spalle. «Il Ministero vuole premiarvi per la buona condotta.» Nel petto di Thomas il cuore sembrò raddoppiare il numero di battiti. Serrò i pugni, deglutendo. Che premio? «Avrete l'opportunità di assistere all'eclissi solare di oggi direttamente dal Quartier Generale, a Londra.» È uno scherzo. «Mi scusi... ma perché La guardia si voltò per qualche secondo a guardarlo, arrestando il passo. «Non ti sta bene? Preferisci rimanere qua?» E Tom chinò il capo, scuotendolo. Devo pure dire grazie.

    Londra

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    Fu la luce del sole la sensazione più magnifica di tutte. L'aria leggera, e la luce, e gli odori, odori familiari e senza nome, Tom avrebbe potuto mettersi a piangere. Dopo tre anni rivedeva il mondo esterno, e anche se la ragione era tanto insulsa quanto inquietante – specie con la nozione che il Ministero stesse spostando gli Auror più mobilitabili dirigendoli verso Hogwarts – tanto bastava per poterne godere. Eppure faceva paura quella sensazione, era sadica persino, e quella gioia durò soltanto qualche minuto prima di venire spenta dalla consapevolezza che quella franchigia fosse a scadenza, e tornare indietro sarebbe stato difficile più del primo giorno, più del primo anno. Forse avrebbe dovuto rifiutare.
    Lui e gli altri tre detenuti a cui era stata concessa l'uscita erano scortati e, chiaramente, disarmati. A Thomas pareva chiaro che soltanto un imbecille avrebbe tentato la fuga trovandosi letteralmente all'interno della sede del Ministero della Magia, ma le forze dell'ordine tendevano a reputarli stupidi ed amavano esercitare il loro potere ricordando loro quanto poco fossero realmente in controllo della propria vita, in qualunque occasione possibile. Il Quartier Generale appariva gremito di gente. A chiunque capitasse di intravedere Thomas Montgomery sarebbe stata chiarissima la sua pseudo-nuova condizione – se non ne era già al corrente dalle copertine della Gazzetta, grazie tante, pa'.. Era come fare una sfilata in piazza, di fronte a tutta Londra – no, di più, di fronte a tutto il mondo magico della Gran Bretagna. Passivamente, Thomas si chiese se avrebbe visto suo padre, e un sorrisetto sadico non poté che comparirgli sulle labbra; successe proprio mentre una strega anziana si fece da parte per far spazio a lui e a tutta la combriccola di prigionieri, e la colse a fare un'espressione scioccata, terrorizzata persino. A quel punto avrebbe voluto scoppiare a ridere, ma si limitò a chinare il capo, le mani legate da un Incarceramus decisamente superfluo. Perché cazzo portarli lì se non per umiliarli? Che cosa poteva mai esserci di interessante in una maledetta eclissi solare per tre criminali che non vedevano il sole da anni, tanto da farlo valere come premio?
    Presero posto in un angolo appartato dell'enorme atrio del Ministero, attorno alla Statua della Fontana dei Magici Fratelli. Almeno avevano avuto la decenza di non trasportarli lì in delle gabbie, come dei cazzo di animali da zoo. Fu solo quando si fu abituato a riavere attorno una quantità tale di persone, rumori, colori e odori che i suoi sensi si acquietarono, e li vide, dal lato opposto dell'atrio: Nate, Fitz, Freya. Li fissò a lungo, finché uno di loro non percepì il suo sguardo insistente, che quasi li penetrava. Vestiti bene. Puliti, ordinati. Liberi. Serrò la mascella per qualche istante, e riconobbe ciò che stava provando: invidia. Dopo di che fece un cenno con la testa, lento e ossequioso. E poi aspettò.


    Salutati con un cenno Nate, Fitz, e Freya )-:
     
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    « Mettiti in contatto con la rete di Londra e trovateci un passaggio sicuro. Da Inverness o da qualunque altro posto. Quando Inverness verrà messa in sicurezza vengo a Londra. » « Fai attenzione.. e tieni al sicuro Ellie. Queste situazioni per lei possono essere pericolose. » Era iniziata così quella mattina, con la comunicazione da parte di Tris che Inverness fosse sotto attacco. Quando l'aveva vista materializzarsi di fronte ai propri occhi aveva immediatamente capito che qualcosa non stesse funzionando per il verso giusto: i due concordavano sempre giorni e orari precisi per aprire il contatto, e il fatto che una persona precisa e scrupolosa come lei avesse scelto di ignorare le norme che si erano posti per ragioni di sicurezza poteva solo significare che l'emergenza era non solo reale, ma ai limiti del catastrofico. Da lì non c'era modo di sapere se Inverness avrebbe resistito o cosa il futuro riservava per loro, ma era chiaro che la copertura tenuta anche nei confronti degli alleati ribelli non fosse più la priorità per il giovane Watson. Non poteva inviare un gufo a Grimmauld Place: sapeva di essere controllato e questo non avrebbe fatto altro che mettere in pericolo lui e chiunque si trovasse all'interno della base ribelle londinese. Così, infilandosi velocemente il cappotto, era uscito svelto di casa, diretto verso il Ministero ma con in mente una tappa intermedia sulla strada. Era entrato in una grande libreria babbana, acquistando un'edizione impreziosita della Gerusalemme Liberata e chiedendo della carta regali a parte. A quel punto aveva tirato dritto verso il Ministero della Magia, superando la folla grazie al privilegio dell'ingresso riservato ai dipendenti. Aveva rivolto qualche cenno di saluto, sprecandosi in piccole chiacchiere di circostanza con i colleghi prima di fare verso il bagno. Chiuso dentro il piccolo cubicolo, estrasse velocemente il tomo dalla busta, aprendolo sulla prima pagina bianca per tracciare alcune parole con la bacchetta. "Al mio caro amico Greagoir Olivander, accetta questo regalo come simbolo della mia lealtà immutabile. Custodiscilo come hai custodito il nostro legame e quello con i nostri amici comuni. Ho perso i loro contatti, ma sono certo che tu riuscirai a rintracciarli velocemente per ricongiungerci al più presto. Il tuo compagno, Percy." A quel punto chiuse il libro e con un altro colpo di bacchetta vi avvolse intorno la carta da regali, tirando lo sciacquone prima di uscire dal bagno.
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    « Carissimo! Speravo proprio di trovarti qui. » Lo aveva fatto passare come un incontro casuale, sebbene avesse perlustrato tutto l'atrio alla ricerca del giovane Olivander, in compagnia del primogenito dei Moon. « Ti ho portato il tuo regalo di compleanno. In estremo ritardo - su questo dovrai perdonarmi. » Che ci fosse qualcosa sotto, a quel punto doveva essere già evidente a Greg, non solo perché Percy non dimenticava alcuna ricorrenza - men che meno il compleanno di un amico stretto, a cui ovviamente aveva già fatto recapitare un presente a tempo debito -, ma anche perché l'evento ricadeva a Novembre, quindi sarebbe solo risultato assurdo. « Però spero che apprezzerai la dedica. » Non disse altro, rivolgendogli un'occhiata eloquente da cui sperava che Greg cogliesse tutta la sua urgenza. « Con permesso. » E così, si dileguò dai due, mettendosi in un punto in disparte della sala, sufficientemente visibile dalla posizione in cui si trovava l'amico così da offrirgli l'opportunità di ritrovarlo alla svelta. Ti prego Greg, scarta quel cazzo di libro il prima possibile. « Giornata particolare, non trova? Sembrano davvero.. feroci. » Ecco, ci mancava solo la persona a caso che attacca bottone. Stirò le labbra in un sorriso di circostanza. « Sono vampiri. È una condizione che non può essere redenta. » « Posso farle una domanda? Da coniuge a coniuge e buoni vicini di casa.. » Aggrottò la fronte, confuso, voltandosi a guardare la donna in faccia solo in seguito a quelle parole. Non la conosceva, non aveva idea di chi fosse, ma dal modo in cui parlava, lei invece sembrava conoscerlo molto bene. « Lei sente che casa sua è al sicuro.. oggi. Pensa che oggi.. con questa esecuzione e tutto il resto.. pensa che tutto andrà bene? » Quel modo di parlare in codice, quella scelta così specifica di parole dalla precisa dualità, cominciarono a far germogliare in Percy il seme del dubbio. Potrebbe..? « Io, non lo so. Non so se casa mia è al sicuro da oggi. Ho molta paura che questi eventi - altri di questi esseri.. potrebbero davvero fare del male ai miei bambini. Io ne ho due di figli. Sono piccoli. Sono davvero.. preoccupata.. se dovesse continuare. » Amunet? Fu il picchiettare della parola Inverness, alla luce degli indizi lasciati nel discorso e del modo in cui parlava, a fargli pensare che quella potesse essere proprio lei, Amunet Carrow. Che ci fai qui? Sospirò, puntando lo sguardo sugli schermi che trasmettevano le immagini dei due vampiri. « Penso che non siamo mai stati al sicuro.. da questi esseri. Lo abbiamo creduto - forse addirittura hanno lasciato che ci credessimo - ma la verità è che siamo sempre stati le loro prede. Giocano con noi come i gatti giocano col topo, fin quando non si stancano e decidono di mangiarci. » Fece una pausa, riflettendo sulle parole successive. La richiesta di Mun era specifica, e doveva rispondere. Non sapeva se gliel'avesse rivolta per testare la sua conoscenza dei fatti o per altri motivi, ma doveva rispondere lo stesso. « No, non mi sento al sicuro. Oggi più che mai sento che casa mia è in pericolo. Non è nemmeno una sensazione, in realtà. È una certezza. » A quel punto, nella stessa modalità in cui lei gli aveva comunicato di cosa parlasse, Percy picchiettò un'altra parola sul dorso della sua mano: attacco. « Immagino non esista un porto sicuro di questi giorni. Ma qualcuno su cui contare.. una sorta di rete, per i miei cari, quello basterebbe. Credo che in questo momento sia ciò di cui la nostra società ha bisogno. »

    Interagito con Tris (in telematica all'inizio), Greg e Mun



    Edited by psychomachia - 19/9/2023, 12:37
     
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    Prunella e Algarnon si fecero strada tra la folla, con Prunella che agitava nervosamente la sua borsa ricamata con motivi floreali, sperando di non urtare nessuno con i suoi movimenti maldestri. Indossava un abito dai colori sgargianti, decorato con fiori magici che cambiavano colore continuamente. Era chiaro che aveva fatto uno sforzo speciale per l'occasione, anche se il risultato era un po' eccentrico, come spesso accadeva quando Prunella cercava di apparire elegante. Algarnon la seguiva pazientemente, con un sorriso indulgente sul volto, indossando un abito scuro e sobrio che contrastava con l'esplosione di colori di sua moglie. Il suo atteggiamento era rilassato, come se fosse abituato a seguire Prunella nelle sue strane avventure.
    Prunella Featherbottom aveva fatto molte cose nella sua vita, ma assistere a un evento di questa portata al Ministero della Magia non era certamente una di esse. Nonostante l'aria di normalità che circondava la sua esistenza, quel sabato mattina aveva portato un'incredibile svolta nella sua routine quotidiana.
    Mentre emergevano dai gabinetti, Prunella lanciò un'occhiata sospettosa a un gruppo di maghi in piedi accanto a un lampione. Avevano uno sguardo strano negli occhi, e questo la fece sobbalzare. Potevano essere dei vampiri infiltrati? La sua mente, solitamente tranquilla e assorta nei suoi pensieri mediocri, cominciò a fantasticare su teorie del complotto. Si fece un cenno col capo per rassicurarsi, poi proseguì.
    La folla nell'Atrio era oltre ogni immaginazione. Prunella si sentì come un pesce fuor d'acqua, persa tra una moltitudine di maghi dall'aria seria e concentrata. Era difficile credere che fossero tutti lì per assistere a un momento così solenne.
    « Guarda un po', sembra proprio che il mondo magico si sia unito oggi » sentì dire a qualcuno poco distante.
    Prunella si voltò verso Algarnon e disse con un sorriso un po' sornione: « Sì, sembra proprio così. E sai, Algarnon, se solo tutti questi maghi avessero il mio pollice verde, forse non avremmo bisogno di eventi come questo per unire le persone. »
    Le persone intorno a loro discutevano animatamente degli avvenimenti della giornata, e Prunella cercò di ascoltare alcuni frammenti di conversazione mentre avanzava. Ma le parole dei presenti sembravano lontane e confuse, e presto la sua attenzione si spostò su pensieri più immediati.
    Quella sera Rosaria, la fidanzata di loro figlio Rufus, si sarebbe unita per la prima volta a loro per cena. Era un momento epocale. Ora, quella sì che era una vera emergenza. Iniziò a fantasticare su quali verdure utilizzare per creare un pasto memorabile per la loro ospite serale, Rosaria. Era l'occasione perfetta per impressionare la ragazza. Avrebbe potuto usare le zucche dalla forma strana cresciute nel suo orto incantato o forse optare per le carote che cambiavano colore quando tagliate. Sarebbe stata una cena memorabile, anche se fosse finita per essere "memorabile" nel senso più letterale del termine.
    La strega buffamente mediocre sorrise pensando a come Rosaria avrebbe apprezzato il suo sforzo culinario, anche se, come spesso accadeva, il risultato finale sarebbe stato piuttosto... unico.
    Prunella guardò intorno con occhi curiosi, cercando di cogliere l'atmosfera del momento. Era ovvio che tutto il mondo magico era in fermento per quell'evento epico, ma Prunella, con la sua mentalità semplice, si sentiva un po' sopraffatta da tutta quella grandiosità. Era come se si fosse imbucata a un grande evento di cui non capiva appieno l'importanza.
    « Sai, Algarnon » sussurrò Prunella mentre si inerpicava tra la folla, « non so... forse i due vampiri si meritano una punizione, ma non so quanto sia giusto ucciderli. Comunque, stasera c'è la cena con Rosaria... dobbiamo davvero far colpo su di lei. Ma cosa cucinare? È la vera emergenza nella mia testa, sai? » Algarnon la guardò, sorridendo, e Prunella tornò a fantasticare su quale pietanza cucinare per la serata speciale.
    « Rosaria è così sofisticata » rifletté tra sé, « devo assolutamente fare una buona impressione su di lei. Ma cosa cucinare? Forse un piatto a base di zucca, o forse delle carote magiche... o forse un po' di entrambe? Magari potrei aggiungere una salsa segreta che ho appena inventato. Oh, sì, quello farà colpo su di lei! » Prunella annuì e prese la mano di Algarnon. Anche se la giornata era eccezionale sotto molti aspetti, c'era qualcosa di rassicurante nella normalità delle loro conversazioni e nell'amore che li univa.
    Prunella non poté fare a meno di pensare che, mentre il mondo magico si concentrava su eventi così epici, forse, in fondo, aveva ragione a continuare a dedicarsi alle cose ordinarie che le davano gioia. Forse era quella la chiave per vivere felici e soddisfatti, senza farsi troppi problemi sulla complessità del mondo magico e le sue questioni morali. Non poté fare a meno di chiedersi cosa sarebbe successo dopo, ma sapeva che, con il supporto di Algarnon, avrebbe affrontato qualsiasi cosa le aspettasse, incluso lo stufato di verdure per cena.


    [spoiler_tag][/spoiler_tag]Interagito con Algarnon.
    Prunella è entrata al Ministero con Algarnon dai gabinetti. Ha provato a fare qualche considerazione intelligente sulla questione vampiri, ma si è subito stancata perché stasera viene Elettra a cena e non sa che cucinare. She's got priorities
     
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    Mancano pochi minuti a mezzogiorno quando d'un tratto la terra su cui posa il Ministero della Magia inglese comincia a tremare. Dapprima è solo un accenno, appena percepibile se non come un vago disturbo. Poi continua, in un crescendo sempre più evidente, mentre alcune voci si levano da ogni angolo del Ministero. Gli Indicibili, che mai prima di allora avevano rivelato le proprie identità ai non autorizzati, improvvisamente sembrano non curarsi più di quel protocollo, spinti da un'urgenza che trascende le leggi degli uomini. « STA ACCADENDO! LE PROFEZIE SI STANNO COMPIENDO. NON È UNO SCHERZO, NON È UN'ESERCITAZIONE. IL PRESCELTO STA PER USCIRE DAL VELO! » « RIMANETE CALMI. IL TERREMOTO È SOLO IL SUO ULTIMO PRESAGIO. » Mentre la notizia si sparge per tutto il Ministero, fogli la cui autenticità è comprovata dallo stampo dell'Ufficio Misteri cominciano a moltiplicarsi e piovere ovunque all'interno del Ministero - specialmente nell'atrio, tra le persone accalcate e confuse. Sembra quasi impossibile non intercettare almeno uno di quei fogli, dove è segnata una lista di quelle che sembrano vere e proprie profezie:

    CITAZIONE
    PROFEZIA N°6902 - Todrick Pendergast (1499 d.C.)

    Colui che morì tra i pari
    Varcherà la soglia
    In un tuono alato.
    Il sole splenderà
    Col Verbo del Prescelto.

    PROFEZIA N°7333 - Seraphina Blackthorn (1518 d.C.)

    Ma nell'abisso oscuro, in mezzo al caos e alla distruzione,
    La resurrezione giungerà, un seme d'amore nel cuore del destino.
    Il Prescelto, un'ombra luminosa, riscatterà il mondo dal suo triste lamentare.

    PROFEZIA N°17002 - Ignatius Hallowcross (1876 d.C.)

    Come il sole e la luna si congiungono in un bacio d'amore,
    Il prescelto si alzerà, il suo nome scritto nella pietra dell'eternità.
    Nel silenzio dopo il tuono, il destino svelerà il suo volto,
    Guidando il cammino della speranza, in questo tempo storto.

    PROFEZIA N°28810 - Sibilla Cooman (2002 d.C.)

    Nel momento in cui il terremoto scuoterà la terra,
    Il prescelto emergerà, un falco bianco alla guerra.
    E il mondo intero con le sue mani guiderà.

    Sotto il cielo oscurato dal passaggio dell'astro lunare sopra quello diurno, una forte scossa della terra apre una crepa sul pavimento dell'atrio, lì in quella zona vuota transennata in corrispondenza della parte di tetto scoperchiata per l'eclissi. Un mattone alla volta si apre la voragine che affaccia sul tetro anfiteatro da cui sorge il misterioso Velo della morte. E poi silenzio. La terra si ferma. Sotto il pallore giallastro dell'eclissi, il momento di statica tensione dà tempo alla nuvola di polvere e calcinacci di diradarsi. Il tempo sembra fermarsi nell'attesa di respiri trattenuti. Tutti aspettano qualcosa - qualcuno: colui che è stato annunciato da segnali e profezie. Di colpo, una mano emerge dal Velo, aggrappandosi tenace alla pietra dell'arco che incornicia il Velo da cui nessuno ha mai fatto ritorno. Poi un'altra. Un piede muove il suo primo passo oltre quella soglia, seguito dal gemello. E in un ultimo slancio naturale, la figura di un uomo si erge di fronte alla porta tra vita e morte. Qualcuno il cui volto è noto ad ogni mago e strega del Regno Unito. « Ma è.. » « Abbiamo visto il suo corpo. » Eric Donovan. In carne ed ossa. Nel silenzio colmo di incredulità e stupore, un rumore sordo riecheggia tra le mura del Ministero. Un crac secco, che apre una profonda crepa sulla sommità dell'arco, in quella pietra millenaria da sempre creduta indistruttibile. « Era vero. Era tutto vero. Il Prescelto è lui. » Mentre quelle parole si spargono per il Ministero tra mormorii increduli e concitati, il Ministro Campbell, presente nella stanza della morte per l'esecuzione, fa un passo avanti verso Eric Donovan. Non dice nulla. Piega un ginocchio e poi l'altro, poggiandoli a terra al cospetto del Prescelto. Un gesto che crea un effetto domino, portando le più alte cariche dello Stato Magico Inglese a fare lo stesso. Lo sguardo di Eric, però, si alza sopra di sé, prima sull'eclissi in cielo e poi sui volti degli spettatori affacciati sulla voragine. Un sorriso gentile si dipinge sulle sue labbra, lo stesso del ragazzo prodigio dei Falcons di cui tutti amavano seguire le peripezie a cavallo della scopa. Solleva lentamente una mano, sventolando in un cenno di saluto che sembra nascondere quasi un piccolo imbarazzo, quasi fosse un imbucato ad una festa esclusiva. Una piccola risata. « Mi sento un po' osservato. Ci ho perso l'abitudine. »

    - Poco prima di mezzogiorno (ora dell'eclissi), il terreno sotto il Ministero della Magia inglese inizia a tremare, causando preoccupazione e confusione tra i presenti
    - Gli Indicibili annunciano con urgenza che le profezie si stanno avverando e il Prescelto sta per emergere dal Velo della Morte
    - Fogli contenenti profezie autentiche iniziano a piovere all'interno del Ministero
    - Una crepa si apre nell'atrio (in un punto transennato dove non si trova nessuno), aprendo una voragine che affaccia sulla stanza della morte
    - IL PRESCELTO esce dal Velo della Morte e la sua riapparizione è seguita dall'aprirsi di una crepa nell'arco che racchiude il velo

    Scadenza turno: 28 Settembre



     
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    Renato Featherbottom si trovava nell'atrio del Ministero della Magia, gli occhi fissi sul cielo mentre attendeva l'inizio dell'eclissi solare. La sua mente era in parte assorta nei dettagli matematici dell'evento, calcolando l'orario esatto in cui la luna avrebbe coperto il sole, ma allo stesso tempo sentiva un'ansia sottostante che lo faceva agitare leggermente le mani. Era a conoscenza del fatto che, proprio durante l'eclissi, si sarebbe svolta davanti a tutti la pubblica esecuzione di due vampiri criminali, un fatto che aveva scatenato un acceso dibattito nella comunità magica.Questo dettaglio aveva aggiunto un'ulteriore tensione alla giornata di Renato. Mentre osservava il cielo, notò che sua madre e suo padre erano posizionati più lontano, intenti a discutere con altre persone, probabilmente colleghi o amici. Renato aveva preso la decisione di rimanere in disparte e tornare al lavoro il prima possibile dopo lo spettacolo. Aveva sempre avuto difficoltà a socializzare in eventi come questo, preferendo la solitudine delle sue sfide enigmatiche e dei suoi numeri. Le preoccupazioni di Renato riguardavano principalmente il ritorno alla normalità dopo l'eclissi. Aveva una serie di compiti da svolgere al Ministero e non voleva perdere tempo prezioso. Tuttavia, un'atmosfera strana e tesa iniziò a diffondersi nell'atrio mentre il terremoto improvviso scosse il suolo. Renato si sentì sbalordito e impaurito mentre l'atrio si riempiva di voci preoccupate. L'annuncio degli Indicibili lo sconvolse ulteriormente, facendogli percepire la gravità della situazione. Le profezie e le liste di presagi sembravano provenire direttamente dal mondo delle leggende, ma ora si stavano realizzando di fronte ai suoi occhi. Uno dei suoi colleghi si avvicinò, visibilmente scosso, e disse: «Renato, non ho mai visto nulla del genere! Questi eventi sono davvero straordinari. Cosa ne pensi?» Renato, ancora in uno stato di shock, rispose con voce tremante: «È incredibile, non so cosa pensare. Dobbiamo stare calmi e cercare di capire cosa sta succedendo.» Iniziò a muoversi verso la direzione in cui aveva visto i suoi genitori poco prima. La sua mente razionale gli diceva che doveva cercare risposte, capire il significato di quelle profezie e perché le autorità magiche stavano reagendo in modo così straordinario. Mentre si avvicinava ai suoi genitori, vide che anche loro erano preoccupati e confusi. Prunella e Algernon Featherbottom erano immersi in una discussione animata con un gruppo di amici. Esitante, provò a chiedergli: «Mamma, papà, avete visto cosa sta succedendo? Cosa sappiamo di queste profezie e di quel Prescelto?» Prunella rispose: «Renato, è tutto così confuso! Sembra che il mondo magico stia attraversando un momento senza precedenti. Stiamo cercando di capire da cosa sia scaturito tutto questo.» Il padre continuò: «Sì, Renato, sembra che il Prescelto stia per uscire dal velo, ma non sappiamo cosa significhi. Tutti qui sembrano molto preoccupati.»
    Renato annuì, sentendosi sollevato di aver almeno trovato qualche informazione. La sua mente logica aveva bisogno di risposte e di comprendere la situazione. Mentre continuava a osservare l'atrio del Ministero, sapeva che questa era una giornata che avrebbe cambiato tutto per la comunità magica, e non vedeva l'ora di scoprire il significato di quegli eventi straordinari.

    Renato ha zero paura gliene fotte un cazzo di niente deve tornare a LAVORAREEEEEH per lui letteralmente è un "spettacolo" o "evento sociale" ok king
    Interagito con collega png + mamma e papà – ho fatto parlare Prunella e Algernon, letteralmente la sorgente dei suoi dialoghi è la stessa di Renato quindi ho pensato non fosse una mossa scorretta visto che tecnicamente parlando il player è lo stesso lol fatemi sapere però se volete che cambi!
    Lui è tranqui franki si chiede solo se dopo si torna a lavoro oppure può prendersi la giornata ben tornato Eric daje tutta big fan of your work
     
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    « Parmi un assurdo che le leggi, che sono l'espressione della pubblica volontà, che detestano e puniscono l'omicidio, ne commettono uno esse medesime, e, per allontanare i cittadini dall'assassinio, ordinino un pubblico assassinio. » Non ebbe bisogno di voltarsi verso il proprio interlocutore per sapere di chi si trattasse. La tonalità della voce di Nathan gli sarebbe risultata nota e famigliare ovunque. Troppo tempo avevano condiviso insieme; troppe avventure. Anche quelle che preferiamo tacere e far finta che non siano mai accadute. Fitzwilliam trovava quella manifestazione quanto mai beffarda. Non avrebbe voluto assistervi, ma la rete dei ribelli presente a Londra gli aveva fatto capire che esserci era la cosa migliore. Altri sotto copertura erano presenti - pochi, i meno in vista, quelli che come lui avevano la possibilità di camminare alla luce del sole senza preoccuparsi di suscitare il sospetto ad ogni passo. Il messaggio di Alena sullo schermo del cellulare l'aveva messo in palese stato di agitazione; non poteva però darlo a vedere. Cosa stesse succedendo, Fitz non lo sapeva, così aveva tentato di chiederlo direttamente ad Alena, che, senza gran sorpresa non aveva idea di cosa stesse succedendo. "Mantieni la calma, Alena. Fai come abbiamo già parlato, intesi?" Odiava averla lasciata lì, ma portarla a Londra era ancora più pericoloso. Così l'aveva affidata ai suoi amici e ai suoi cari. Alena sapeva cosa dovesse fare e sperata che almeno in situazioni vagamente allarmanti si sarebbe fidata di quanto Fitz le aveva specificamente ripetuto almeno un centinaio di volte. In caso di pericolo cerchi i Potter o un qualunque lycan o loro uomo. Gli fai presente che sei mia sorella. Sapranno cosa fare. Intesi? E così sperava che avrebbe fatto. « Non approvi che il Ministero si prenda cura di noi? È per la nostra sicurezza. » Una palese provocazione che lo portò a volgere lo sguardo in direzione dell'amico stirando un piccolo sorriso. È il peggior posto per essere un dissidente. Specialmente quando sei Nate Douglas e coi dissidenti non ci vuoi stare. « Che teatralità La scelta di sfruttare quest'eclissi, poi... Cosa dovrebbe rappresentare? Una rinascita, una nuova era... Eclissi di sole ed eclissi di democrazia, non è così? Se non erro esiste un quadro di Grosz che usa proprio l'eclissi come allegoria per parlare dello stato della democrazia tedesca alla vigilia dell'ascesa del nazismo. Era Grosz, corretto? In ogni caso, mi pare una metafora azzeccata. » Fitz rimase in silenzio, osservando attentamente Nate. Il suo intuito su questioni politiche lo aveva sempre sorpreso; quel tipo di analisi gli risultavano quanto mai naturali. Le sue parole avevano colpito nel segno, toccando una corda sensibile nel suo essere. Era vero, c'era qualcosa di straordinario nell'aver scelto quell'eclissi come momento per questo passaggio. Era come se il cielo stesso stesse assistendo a un'importante trasformazione. Se non alla morte, sicuramente alla trasformazione della loro democrazia. Quelle parole risuonarono nella sua mente, evocando l'immagine del quadro di George Grosz. Una rappresentazione visionaria di un'epoca turbolenta, in cui l'eclissi diventa una metafora potente per lo stato della democrazia. Annuì lentamente, sentendo una sorta di risonanza tra quelle parole e la situazione che stavano vivendo. « Proprio lui. » Pausa. « Sì, era Grosz. Hai una memoria eccezionale » disse con una nota di leggero stupore. « La scelta di sfruttare questo momento non può essere casuale. Tra l'altro è un evento che non potevano proprio perderci. E noi siamo qui, al centro di tutto.. » Ad assistere a un'esecuzione. E chissà a quale altro annuncio di cui non potevamo proprio farne a meno. « Hai visto Percy? O Greg? » Volgendo lo sguardo nella sala, casualità, li vide parlare in mezzo a tante altre persone portandolo a sollevare le sopracciglia sospirando. Percy e Greg erano ancora un tasto dolente per lui. Il primo per questioni ideologiche, il secondo per questioni decisamente più personali.
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    « Li hai risentiti? Io sono tornato da Olivander per riparare la bacchetta. Greg c'era.. » Voleva abbandonarsi a confidenze rispetto a quanto successo nell'emporio. Forse non era il momento. Ma un po', la curiosità nei confronti di un eventuale incontro tra Greg e Nate c'era. Si chiedeva se in verità era solo lui ad aver dato troppo peso a quella separazione. Forse perché per lui non era solo un allontanamento tra amici, forse perché in fondo, c'erano momenti in cui si aggrappava ancora a quanto bene sapessero stare insieme quando non erano in conflitto o una zona grigia poco chiara. Al party si aggiunse Freya. « Gauthier. » « Quanta formalità. » Commentò affabile salutando l'ex compagna, rivolgendole un piccolo sorriso. Di tanto in tanto controllava il cellulare. Nessuna traccia di Alena. Accidenti! « Un penny per i vostri pensieri? » Fitz si strinse nelle spalle accettando il dono della bionda. « Non penso. Non hai sentito? Non siamo autorizzati. Dobbiamo solo assistere. » Guardare. Forse tenere a mente cosa succede quando si attacca apertamente lo Stato Inglese. Questo Stato Inglese. Era pensieroso Fitz, e in quella scia di pensieri vorticanti spostava gli occhi scuri nell'ampio ambiente senza posarsi su nessuno in particolare. Quasi nessuno. Nell'incontrare lo sguardo del vecchio compagni di scorribande Fitz si mostrò sorpreso per davvero. Era più magro, sciupato. Lo hanno liberato? Senza dire niente? A giudicare dalle persone in piedi accanto a lui e il gruppo in cui si trovava, doveva trattarsi di qualcos'altro. Non a caso, fece un cenno di saluto neutro all'amico. Colpì la scarpa di Nate con la propria in maniera molto casuale, spostando lo sguardo in un'altra direzione come se fosse la cosa più naturale. Non si girò verso l'amico al proprio fianco e tentò di parlare in maniera piuttosto normale. « Fai finta di niente ma se guardi per bene credo ci sia Thomas a ore nove. No - ho detto ore nove.. più a sinistra, Nate. » E così lo guidò finché non fu certo che lo avesse visto. « È ancora recluso, giusto? » Le sue informazioni in merito erano via via sbiadite man mano che la sua permanenza a Inverness si faceva più prolungata. Negli ultimi mesi a Londra gli era stato piuttosto difficile informarsi sulle condizioni di alcuni - specialmente perché nessuno ne parlava più di tanto. [...] Non ebbero poi molto tempo di aggiornarsi su questioni legali relegate alla situazione del giovane Montgomery perché qualcosa successe di colpo. Qualcosa di inaspettato che gli fece gelare il sangue nelle vene. Una parte di Fitz pensò immediatamente alla cosa più traumatica che aveva mai dovuto affrontare. Ecco ora si apre tutto e noi finiamo di nuovo all'inferno. Se lo aspettava. Si aspettava ormai qualunque cosa. « STA ACCADENDO! LE PROFEZIE SI STANNO COMPIENDO. NON È UNO SCHERZO, NON È UN'ESERCITAZIONE. IL PRESCELTO STA PER USCIRE DAL VELO! » « RIMANETE CALMI. IL TERREMOTO È SOLO IL SUO ULTIMO PRESAGIO. » Una signora poco distante da loro prese a urlare, mentre molti altri tentarono di abbandonare i propri posti. Venne colpito in faccia da una delle tante pergamene che svolazzavano all'interno dell'Atrio, trovano quei versi quanto mai strampalati. Il pavimento si apre sotto la zona transennata su cui si è fatto domande sin dal principio, e infine resta completamente attonito. Sugli schermi e sotto di loro si sta svolgendo la stessa scena. Una che, chi come Fitz si era diretto verso Berlino a bordo di un treno fuori dalle grazie divine, poteva solo far rabbrividire. Gli alti rappresentati del Ministero inginocchiati davanti a lui. « Non è possibile. » Forse erano tutti sotto uno strano incanto. Forse era l'eclissi. In ogni caso quella rivelazione, l'uscita di una persona - e non una qualunque - dal Velo. « Nathan, correggimi se sbaglio: stavamo andando a Berlino quella volta che abbiamo visto prelevare il corpo di un noto giocatore dal treno su cui stavamo viaggiando? » Non ci credo. Era impossibile. Se di una cosa era certo è che ciò che era morto non poteva essere davvero riportato in vita. Minimo a questo ora esplode la testa, ci spunta un demogorgone e ci uccide tutti. « Restiamo vigili. Se necessario, cerchiamo di ricompattarci agli altri. » Se di vita o morte si trattava, allora non esistevano fazioni che tenessero. Dovevano sopravvivere.

    Interagito con Nate e Freya. Salutato Tom, bro resisti.
    Nominati Percy e Greg.


     
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    Quando lo sguardo esanime di Harry Potter sparì dalla sua visuale, fu il nero. Forse la sensazione umana più vicina era quella di precipitare lentamente negli abissi oscuri dell'oceano. Un luogo silenzioso e tranquillo, in cui la luce del sole non riesce a penetrare. Non era annegamento, no, riusciva a respirare - o forse, più precisamente, di respirare non ne aveva la necessità. Non percepiva alcuna sensazione corporea se non quella di fluttuare in una caduta eterna all'interno di quel mare silenzioso. Ma un suono c'era: un singolo suono a cui si avvicinava gradualmente, come un battito cardiaco. Dapprima appena percepibile, poi sempre più evidente, stabile, forte. C'era qualcosa, qualcosa di grande, più grande di lui. « Dio? » Quale altro pensiero potrebbe venire alla mente se non proprio quello? « Dio? » « Tu sei.. Dio? » Silenzio. « Io sono.. un'idea. » Non avrebbe saputo descrivere con precisione ciò che vedeva in quell'oscurità fitta. A prima vista lo avrebbe accomunato ad un organo interno al corpo, ma dalle dimensioni talmente grandi da sembrare più un mostro marino. « Sono una tua idea. Come tu sei una mia idea. » Pausa. « Un'idea che appartiene a tutti, e a cui tutti appartengono. Guardati intorno. » « Che cos'è? » « Un oceano di emozioni. Tutti gli esseri umani hanno nel profondo della loro anima una consapevolezza comune che trascende l'individualità. La loro consapevolezza comune come specie. Quella parte oscura è questo oceano. Io sono nato da questo oceano. » Questo significa che siamo noi ad averti creato? Significa che gli umani hanno desiderato questo? Questa cosa terrificante? « Questo sembra.. l'inferno. » « Ma tu lo hai visto, l'inferno. Sai come è fatto. » « Sì.. ma non lo ricordo. » « No. Non puoi. La tua mente umana non potrebbe comprenderlo. » Come poteva? Come poteva razionalizzare qualcosa che andava al di là della comprensione? Qualcosa che per lui, come per ogni altro uomo, poteva essere nient'altro che.. un'idea: l'idea del male. « Questa che tu vedi è solo la superficie di multipli strati. Di una consapevolezza che accomuna tutti gli uomini. Ma non è l'inferno. Tu sai.. che questo posto è terribilmente umano. » Sì, lo sento. Violenza e solitudine. Egoismo e dolore. Questo posto ne è pieno. E io mi sto inabissando. Tutto questo è in me.. posso sentirlo. Non è esterno. Mi appartiene. Un'appartenenza che andava al di là di una logica comprensione, ma che lo rendeva spaventosamente consapevole di quanto fosse umano. Prima di allora non aveva mai riflettuto su quella che sembrava una condizione quasi scontata, un default. Ma il fatto che la propria natura lo accomunasse a milioni di altre persone, rendeva davvero la stessa più triviale? Di certo non rendeva quell'abisso meno profondo, o meno oscuro. « Posso chiederti perché sei nato? » Ci fu silenzio, un lungo istante interminabile di silenzio in cui Eric sentì di sapere la risposta prima ancora che gli venisse detta. « Gli umani.. desiderano motivazioni. Cause per il dolore, cause per la tristezza, per la vita e soprattutto per la morte. Perché soffrono? Perché muoiono in modi assurdi? Perché il male colpisce chi non se lo merita? Desiderano una ragione che trascenda la loro conoscenza. » « Il destino. » « E io lo diventai, poiché è quello che loro hanno desiderato. Obbedisco alla loro volontà, guidandola. » « Il mio destino, dunque.. sei tu che l'hai guidato? » Sei tu che hai sistemato ogni cosa affinché fosse in questo modo? Che mi hai fatto passare per così tanto dolore? E mi stai dicendo che, in una qualche forma, è questo ciò che io ho voluto? Una domanda a cui non era certo di volere risposta. Gli avrebbe dato sollievo, sapere che nulla di ciò che gli era accaduto era sua responsabilità? Gli avrebbe dato pace morire con la consapevolezza che non avrebbe potuto far nulla di diverso? Che lui, come ogni uomo, nel profondo, desiderava solo ciò: un destino? « Sì. » La risposta riecheggiò nell'abisso, scandito da quel battito cardiaco che adesso sembrava acquisire sempre più un significato. « Il tuo destino era arrivare qui, a questo punto. » Sforzarsi a capire qualcosa più grande di sé, qualcosa che la sua mente poteva concepire solo come un'idea astratta, era un tormento. Lo stesso tormento che sentiva in quelle acque, tanto umane quanto paradossalmente distanti da qualunque accezione di terreno. « Per cosa? » Qual è il senso? Perché proprio io? Io che non sono assolutamente nessuno. Il mio talento più grande in vita era volare a cavallo di una scopa, lanciando una pluffa tra gli anelli nella speranza di segnare. Non sono mai stato speciale, non nell'ottica di una predestinazione - di uno scopo più alto. « Per fare.. ciò che vuoi. Perché la mia volontà coincide con la tua. » Quale era però la sua volontà? Cosa voleva? Cosa desiderava davvero? Una fine, forse. Una fine alla sofferenza. Una spiegazione che potesse giustificare tutto ciò che gli era stato inflitto e dar tregua al suo animo. « Tu sei stato scelto per decidere. Se inabissarti e porre fine a tutto, o se spiccare il volo così in alto da non sentire più ciò che affligge e logora. »
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    Volare. Ricordava quanto gli piacesse volare. Provava un senso di libertà ogni qualvolta staccasse i piedi da terra. C'era qualcosa di estremamente bello nel librarsi in aria, lontano da tutti i problemi, da tutto ciò che gli mancava, da tutto ciò che lo feriva. Sentire i polmoni gonfiarsi di ossigeno pulito, di un'aria incontaminata capace di sprigionare serenità in ogni cellula del suo corpo. Da lassù vedevo tutto così piccolo, come in miniatura. E anche i problemi sembravano più piccoli. Se sali abbastanza in alto, vedi tutto diversamente. Nel suo complesso. Riesci a distanziarti quanto basta da capire - da sentire i tuoi stessi pensieri. Chiuse gli occhi, mentre le scene della propria vita gli passano davanti. Le gioie più intense, i dolori più paralizzanti. Rivide quel ragazzino spensierato che saliva per la prima volta a cavallo di una scopa, determinato a salire più in alto di tutti i suoi compagni. Rivide lo stadio colmo di visi sorridenti, gli applausi, le urla che scandivano il suo nome. Rivide il primo bacio, il primo ballo con Tris, le risate assieme a Malia, i compagni di stanza. Rivide il momento in cui pronunciò alla radio quelle parole che, lo sapeva, gli avrebbero cambiato la vita: “E infine dedico questa partita a chi, paura, non ce l’avrà per sempre.. perché ovunque tu sia, non sei solo.” Paura e solitudine - rivide anche quelle. Il modo in cui la vita di sua madre gli venne strappata sotto gli occhi. La disperazione di dover fuggire, nascondersi. L'inconsolabile consapevolezza di quanto vani fossero stati i suoi sforzi. E il dolore di morire da solo, senza nessuno a tenergli la mano o dirgli che sarebbe andato tutto bene. Una singola lacrima sgorgò dall'occhio di Eric, fluttuando di fronte a lui come sospesa in quell'oceano. « Che senso dare alla tua ultima lacrima, solo tu puoi deciderlo. » Ora ho capito. Ho capito che l'uomo ha bisogno di qualcosa di superiore a sé, qualcuno che ne guidi le sorti. Dio. Il destino. Il karma. Un prescelto. Non importa come decida di chiamarlo perché è una sua idea, e lui l'ha creata a immagine dei propri desideri inconsci. Finché ci sarà un disegno, una predestinazione a cui non è possibile opporsi, quell'abisso oscuro che è la nostra coscienza comune sarà al sicuro dalla più terrificante delle domande: e se fossi io, ad aver creato tutto questo? Se fossi io.. il Dio del mio abisso? Riaprì gli occhi, fissando la creatura che aveva di fronte. « Io voglio volare. » « Se questa è la tua scelta, se è questo ciò che davvero vuoi, dovrai perdere ciò che tiene legate le tue ali.. e ricordare. » Aveva scelto? Era quella la sua decisione? Rifiutare la morte per sfidare il limite che ad ogni umano veniva imposto. « Sì. È il mio desiderio. » « E allora così sia. » Di colpo gli occhi di Eric si spalancarono, investito dai ricordi di tutto ciò che aveva vissuto, di tutto ciò che aveva dimenticato - in vita e in morte. Di tutto il senso di quel dolore e dell'obiettivo finale. Spogliato della gioia, del dolore, della paura. Libratosi così in alto da vedere ciò che solo un angelo poteva capire. Lo vedo. Il disegno. Finalmente lo vedo. E so cosa devo fare.

    [..] Riusciva a percepirlo, il battito palpitante della stanza, di tutti gli animi che albergavano nel Ministero. Era una sensazione così nuova e diversa da qualunque altra cosa avesse mai provato in vita. Una consapevolezza che le parole non potevano tradurre ma che traspariva talmente accecante da brillare anche sotto il buio di quell'eclissi. Ed era.. esattamente come avere le ali. « IL MESSIA, IL MESSIA. » « Oh sì, è proprio lui! Un segno divino. » I due vampiri, rinchiusi all'interno delle rispettive gabbie, si buttarono in ginocchio, mossi dalla disperazione dell'opportunità. Patetici. « È venuto qui per salvarci, vero? Per fermare questa barbarie e risparmiarci. » Lentamente il giovane Donovan scese i gradini antistanti il velo, avvicinandosi alle due gabbie tenute nella penombra. Gli occhi neri come un abisso scuro si posarono sui visi delle due creature, uno alla volta. Così intensi da scavare a fondo in chi, teoricamente, un'anima non l'aveva. Simile che riconosce il simile. « In questo edificio ci sono innocenti che non meritano le pene che gli sono state inflitte. » Fece una pausa. Una che forse, per un istante, i due vampiri interpretarono come un segno di speranza. « Ma non siete voi. E io non sono qui per mostrare pietà a chi non ne ha avuta. » Si allontanò dunque dalle due gabbie, procedendo in prossimità delle cariche dello Stato, a cui fece cenno con un sorriso di alzarsi. « Vi prego, non riservatemi queste riverenze. Non ce n'è bisogno. Procedete con il vostro lavoro. » E detto ciò, fece per allontanarsi in direzione degli ascensori. « Dove sta andando? » « Di sopra. Tra le persone. Dove dovrei trovarmi. » E fu lì che andò, nell'atrio gremito del Ministero, dove ogni presente lo fissava come se avesse appena visto un morto camminargli davanti - il che era ironicamente accurato. Nel passaggio incrociò alcuni visi conosciuti, stendendo un sorriso gentile in direzione di Elizabeth Branwell, a cui rivolse un cenno di saluto. « Tesoro di nonna, mi spieghi cosa sta succedendo? È vero che qualcosa è uscito dal velo? » Era diretto verso un punto specifico, ma nel tragitto, la sua attenzione venne catturata da quella voce. Si voltò, individuando un'anziana stanca e ricurva, appoggiata al braccio della giovane nipote. I suoi occhi velati erano fissi su un punto imprecisato, a riprova della sua cecità. Con un sorriso, Eric si fece più vicino, prendendo tra le mani quelle della donna. « Signora.. sono io. Sono io che sono uscito. Mi chiamo Eric, Eric Donovan. » « Oh cielo, non sarai mica quel poveretto che avevano fatto secco a capodanno? » Rise, divertito da quel modo di mettere le cose. « Eh sì, sono proprio quel poveretto. Ma immagino che il Signore mi abbia voluto dare una seconda chance. » « Eh caro mio, quanto ne avrei bisogno anche io! Ma il Signore ha un piano per tutti. E pregherò. Prega anche tu. » Sorrise, scostando una mano da quella presa per posarla sugli occhi dell'anziana donna. « Facciamo un patto: se vedrà il mio viso, pregherà anche lei per me. » La donna rise, un po' amara, ma quando la mano di Eric si scansò dai suoi occhi, le sue palpebre si aprirono in muto stupore. Si guardò intorno, voltandosi da ogni parte, e quando i suoi occhi si posarono sul viso della nipote, pianse. « VEDO! VEDO! SIA LODATO, SIA LODATO, RIESCO A VEDERE! » Tra i ringraziamenti e i baci, Eric ci mise un po' a dileguarsi dalla presa dell'anziana e della nipote, anch'essa in lacrime di gioia. Ma alla fine, riuscitoci, proseguì verso la meta che si era prefissato: un piccolo gruppetto di carcerati strettamente controllato da quelle che individuò subito come guardie di Azkaban. Si fermò di fronte a loro, rimanendo per qualche istante in silenzio mentre ne scrutava i vari volti prima di fissarsi su uno in particolare. Inclinò il capo di lato, sorridendogli bonario. « Thomas Montgomery? » La guardia al suo fianco fu più pronta dell'interessato a rispondere. « Sì. Detenuto presso il carcere di Azkaban. » Annuì, facendo un passo più vicino al ragazzo. « So che non sei colpevole di ciò di cui ti hanno accusato. Stai scontando una pena ingiusta. E questa umiliazione.. » Scosse il capo. « ..è solo un ulteriore smacco che non meriti. » Si voltò dunque di nuovo verso la guardia. « Liberatelo per piacere. » « Non poss- » Non fece nemmeno in tempo a finire la frase che il Ministro della Magia in persona arrivò a passo veloce. « Fate quello che dice. » « Ma signore.. » « Ora. » E con un clac, le catene strette intorno ai polsi di Thomas si aprirono.

    Prima parte: gli acidi che mi sono calata hanno fatto effetto, quindi se volete un trip sulla genesi di questo villain, trovate tutto lì
    Seconda parte: salutato Betty, miracolato una vecchia cieca e interagito con Thomas. Non c'è di che.

    DISCLAIMER // da ora in poi considerate Eric come un semi-png. Per ovvi motivi non potrò ruolarlo come un vero e proprio pg perché.. beh, sarebbe da powerplayer, so no. Questo non toglie che possiamo farci role e quant'altro. Semplicemente il suo ruolo sarà soprattutto quello di servire trama e fare quanto necessario a darvi un villain messia <3

     
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    « Sì, era Grosz. Hai una memoria eccezionale » Le sopracciglia di Nate si curvarono in un'espressione di finta modestia, un sorriso divertito che affiorava sulle labbra, come a voler dire all'amico: e ci mancherebbe. L'appassionato ed esperto d'arte era sempre stato Fitz, indubbiamente. Ma quando quell'opera d'arte in particolare, dalla valenza simbolica e politica così importante, era rimasta impressa nella mente di Nate sin dal momento in cui l'aveva incrociata nei propri studi. « La scelta di sfruttare questo momento non può essere casuale. Tra l'altro è un evento che non potevano proprio perderci. E noi siamo qui, al centro di tutto... » Annuì, in assenso con le parole di Fitz. « ...a fare il loro gioco » continuò il pensiero dell'amico. Si guardò intorno, scrutando tra la folla, tra i volti familiari e quelli sconosciuti, tutti pronti ad assistere all'evento del secolo. Era palese ad entrambi come quella non fosse una giusta punizione per un omicidio, quanto più una palese messa in scena, studiata nei minimi dettagli. Il Progetto Minerva non si smentiva mai.
    Quei discorsi lasciarono spazio a questioni più personali, quando la conversazione virò sugli amici di vecchia data dei due compagni. « Li hai risentiti? » « Mi sono visto un paio di volte con Percy. Ha lasciato la Morgernstern. » Abbassò la voce mentre parlava. Seguì lo sguardo di Fitzwilliam, per poi individuare i due interessati insieme in fondo alla sala. « Greg avrei voluto rivederlo, ma non c'è stata l'occasione... » Sospirò. Ora che erano tutti impegnati con il lavoro, era semplicemente più complicato trovarsi come una volta. « Io sono tornato da Olivander per riparare la bacchetta. Greg c'era... » « E...? » Scrutò l'espressione di Fitz, curioso. Aveva in qualche modo sempre saputo che tra i due compagni esistesse un legame diverso. Ma qualunque potenziale condivisione fu interrotta dall'arrivo di Freya, che si accomodò accanto a loro.
    « Douglas? » Nate inclinò leggermente il capo, per osservare meglio la ragazza. « Ma tu guarda chi si rivede. » Completamente per caso. O forse no. Non vedeva Freya dai tempi di Hogwarts, ed il suo tempismo nel ritrovarlo proprio in quella circostanza gli sembrò esageratamente azzeccato. « Io e te dobbiamo farci una chiacchierata quando avrai tempo, Thysen. » E sai benissimo a cosa mi riferisco. Era emerso nelle ultime settimane che Freya avrebbe potuto giocare un ruolo chiave nel processo di Tom, e per quanto quest'ultimo si dimostrasse riluttante ad accettare il suo aiuto, Nate e gli avvocati del ragazzo erano di tutt'altro avviso. « Non mi aspettavo di incontrarti qui. Non credevo ti interessassero gli eventi celesti. » Si strinse nelle spalle. « È che ho un debole per le condanne a morte » fece, sarcastico.
    « Un penny per i vostri pensieri? » Il Serpeverde accettò di buon grado l'ape frizzola offerta da Freya, e la gustò in silenzio. Lasciò che il sapore acidulo della caramella invadesse il suo palato, mentre lo sguardo si perdeva in un punto imprecisato tra la folla. « Non penso. Non hai sentito? Non siamo autorizzati. Dobbiamo solo assistere. » Scoppiò a ridere, Nate. Una risata secca ma fragorosa, capace di attirare l'attenzione di alcuni degli spettatori seduti accanto a loro. Fitz aveva sempre avuto un senso dell'umorismo tanto pungente quanto brillante. Si sporse leggermente in avanti, per scrutare meglio l'espressione della ragazza, seduta alla sua destra, accanto a Fitz.« E tu Freya, a che pensi? » ribaltò la domanda, sinceramente curioso di conoscerne la risposta. Freya era sempre stata una ragazza particolarmente misteriosa per lui - e ora che conosceva qualche dettaglio in più sul suo passato, aveva la sensazione che quel mistero fosse diventato ancora più intrigante.
    « Fai finta di niente ma se guardi per bene credo ci sia Thomas a ore nove. » Thomas? Che ci faceva lì? Lo sguardo scattò verso l'alto, e iniziò a scrutare con una certa frenesia tra la folla. « Dove? » chiese, con fare incalzante. Non poteva essere. « No - ho detto ore nove.. più a sinistra, Nate. » Seguì le indicazioni di Fitz, spostando lo sguardo alla propria sinistra, e finalmente lo vide. Era come lo ricordava dall'ultima visita: i capelli completamente rasati, il viso incavato, la figura visibilmente più esile di come la ricordava. Accanto a lui, altri prigionieri di Azkaban (era evidente dall'abbigliamento) e un paio di guardie preposte alla sorveglianza. « Sì, è lui » confermò, con una specie di sospiro affranto. Riuscì a cogliere lo sguardo di Thomas per un secondo appena, il tempo di rivolgergli un breve cenno della mano. Ma perché portare lì anche i detenuti di Azkaban? E metterli lì, alla mercé di tutti. Ogni cosa che fanno sembra vogliano mettere in piedi un teatrino... « È ancora recluso, giusto? » Annuì. « Sì, ma ci stiamo lavorando. Potremmo avere una possibilità di tirarlo fuori, con quest'ultimo appello alla corte Wizengamot. Volevo parlarne anche con te, perché... »
    I due non riuscirono a completare il discorso, perché ciò che successe dopo zittì l'intero atrio del ministero. Un solco nella terra, le urla, i fogli con il sigillo del Ministero. Si sporse oltre la spalla di Fitz, per leggere ad alta voce dal foglio che aveva recuperato. « Colui che morì tra i pari... » Aggrottò la fronte. « Ha a che fare con la convocazione dei veggenti? » Una domanda retorica, la sua, la cui risposta era quanto mai certa. Il suo significato, però? Scrutò ancora per qualche istante quei versi, prima che l'attenzione di tutti fosse catturata da ciò che stava accadendo sugli schermi. Una figura che riemergeva dal velo della morte... « Ma quello è... » Fitz lo anticipò. « Non è possibile. » Eric Donovan. Impossibile confondere quel volto. Nate l'aveva sognato più volte, dopo l'infernale Capodanno di qualche anno prima. In quegli anni aveva sempre avuto la sensazione che il nome del giocatore di Quidditch fosse ormai impresso in maniera indelebile nella sua anima, perché, nonostante il tempo trascorso, sentiva ancora un importante senso di responsabilità per la sua morte. Lo fissò attraverso lo schermo, paralizzato. Quel volto, quegli occhi, lo perseguitavano da anni. « Nathan, correggimi se sbaglio: stavamo andando a Berlino quella volta che abbiamo visto prelevare il corpo di un noto giocatore dal treno su cui stavamo viaggiando? » Il ragazzo non poté far altro se non annuire, gli occhi cerulei ancora incollati sullo schermo. « Non è reale » disse ad un tratto, convinto. « Deve essere un incantesimo di illusione. Deve... » si guardò intorno, mentre le parole gli morivano in gola. Mentre Eric Donovan faceva il proprio ingresso nell'Atrio del Ministero in carne e ossa, tra la folla in subbuglio, Nate realizzava. Non può essere. Un Incanto di Illusione, per quanto potente, non può controllare tutte queste teste. Tutto ciò non aveva senso.
    « Restiamo
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    vigili. Se necessario, cerchiamo di ricompattarci agli altri. »
    Guardò Fitz, rivolgendogli un secco cenno d'assenso. Una parte di lui voleva lasciare l'edificio immediatamente, inorridito e incredulo rispetto a ciò a cui stava assistendo. Ma d'altra parte sentiva la necessità di rimanere, capire. Vide il Ministro della Magia inchinarsi di fronte ad Eric Donovan. Lo stesso Donovan che lui ed i suoi amici avevano visto per l'ultima volta come un corpo freddo ed esanime. Vide Donovan - o il Messia, così qualcuno lo chiamava già - avvicinarsi ad una vecchietta cieca e farla riacquisire la vista. Scambiò delle occhiate allarmate con Fitz e Freya. Non può essere vero. « Deve esserci... Deve esserci una spiegazione plausibile. »
    « Thomas Montgomery? » Nate spalancò gli occhi. Sempre più inquieto, si allungò oltre alcune teste davanti a lui, per vedere meglio. « Liberatelo per piacere. » « Fate quello che dice. Ora. » L'intero atrio era in silenzio, come coperto da una coltre di ghiaccio. I tre ragazzi guardarono le catene ai polsi di Tom spezzarsi ed il detenuto avanzare, libero, con il benestare del Ministro della Magia in persona - lo stesso che per quattro volte aveva rifiutato la richiesta di appello degli avvocati di Tom, nel corso dell'anno precedente. Ora si piegava come una specie di servo di fronte alle parole di un morto.
    « Andiamo via. » disse, quasi di scatto. Guardò Fitz, poi Freya, nella speranza che entrambi avvertissero il medesimo senso d'urgenza che sentiva lui. Se qualcuno è in grado di mettere tutta questa paura al Ministro della Magia in persona, preferirei non restarci nella stessa stanza. Ne aveva viste, di cose spaventose, Nate. Aveva trascorso mesi della sua vita nel Lockdown, in mezzo alle trappole mortali più inimmaginabili. E forse proprio in virtù di quell'esperienza, aveva imparato a fidarsi dei propri istinti. « Non so cosa diavolo stia succedendo ma forse è il caso di capirlo da un'altra parte. » Guardò Fitz. C'eri anche tu, a Berlino. L'abbiamo visto insieme quel corpo esanime. Non c'era dubbio. Se c'erano delle persone che potevano confermare con certezza la morte di Eric Donovan, erano i passeggeri di quel treno. E se esisteva una regola aurea della magia - che trascendeva ogni cosa, perfino il confine con la Magia Oscura - era che i morti non resuscitavano. Mai. In nessuna occasione. Con nessun mezzo. « Freya? Bisogna recuperare Tom. » Accennò al ragazzo, che ora se ne stava con gli occhi di tutti puntati addosso. Freya in quel momento gli parve la persona più indicata ad accompagnare il giovane Montgomery via da lì. Guardò di nuovo Fitzwilliam. « Aspettiamo un diversivo e andiamo verso i gabinetti. » Mentre parlava, indicò le uscite in questione. Poco distante da lì, c'erano Percy e Greg. Hai ragione tu. Forse è il caso di ricompattarci.



    [spoiler_tag][/spoiler_tag]Interagito con Fitz e Freya.
    Tom: I see you, I love you, I miss you bro #nohomo
    Nate se ne vuole scappare a gambe levate perché qua stanno tutti FUORI DI TESTA CI STANNO GLI ZOMBIE CHE CAMMINANO
     
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    Si fidava sufficientemente dell'intuito di Percy da pensare che gli indizi che gli aveva dato erano sufficienti affinché potesse comprendere chi gli stava parlando. Ma poteva fidarsi di lui? Posso fidarmi di te? Probabilmente il dio della morte l'avrebbe avvertita. Era piuttosto certa che l'abnegazione di Ryuk altro non era che sopravvivenza. In passato, non si era certo fatto scrupoli nel darle il tormento e guidarlo in direzioni sbagliate, ma ora, la sua completa mancanza di volontà nell'ostacolarla, le faceva pensare che avesse bisogno di lei tanto quanto lei aveva bisogno di lui. Stava comunque ben cauta dal dargli troppa fiducia e tentava sempre di pensare prima con la propria testa prima di affidarsi a qualunque informazione o aiuto di quell'essere. Il passato non è mai davvero solo passato. Ed evidentemente quel pensiero doveva essere molto divertente, poiché Ryuk rise sonoramente. « Penso che non siamo mai stati al sicuro.. da questi esseri. Lo abbiamo creduto - forse addirittura hanno lasciato che ci credessimo - ma la verità è che siamo sempre stati le loro prede. Giocano con noi come i gatti giocano col topo, fin quando non si stancano e decidono di mangiarci. » La mora deglutì. Sta succedendo qualcosa. Tu sai cosa succede? « Non specificamente. » E perché mai? Che le stesse dicendo una bugia? Sapeva e non voleva dirglielo? Non ebbe spiegazioni in merito, e così decise di ascoltare Percy. « No, non mi sento al sicuro. Oggi più che mai sento che casa mia è in pericolo. Non è nemmeno una sensazione, in realtà. È una certezza. » Attacco? Di chi. Chi sta attaccando? Minerva? Avevano davvero le risorse per penetrare le difese dello Stato di Inverness? Mun sapeva che i lycan avevano lavorato affinché molte delle difese utilizzate dalla Città Santa venissero applicate ovunque nei territori occupati. E allora com'era possibile, se la città fosse inespugnabile? Non importava. Il solo pensiero le strinse il cuore in una morsa. Puoi almeno dirmi se Lily e Jay stanno bene. « Loro si. » Una risposta che seppur la sollevasse, non la lasciava tranquilla su tanti altri versanti. Albus? I loro amici? La loro famiglia? « Immagino non esista un porto sicuro di questi giorni. Ma qualcuno su cui contare.. una sorta di rete, per i miei cari, quello basterebbe. Credo che in questo momento sia ciò di cui la nostra società ha bisogno. » Dobbiamo avvertirli. Dobbiamo uscire. Io devo tornare da Albus. « Devo andare. » Un sussurro sconsolato, quasi impercettibile, destinato solo al giovane Watson al proprio fianco. Mai come in quel momento si sentì impotente e lontana dalla propria metà. Non era solo preoccupata; era spaventata. Una paura che non provava da parecchio tempo; stretta nella culla di Inverness, Mun era certa che nulla sarebbe mai accaduto. Prima della sua partenza, pochi giorni prima, l'unica preoccupazione era rivolta al suo viaggio, e non certo a quanto sarebbe successo a casa. In fondo, nulla di male era accaduto per secoli nelle Highlands, né nessuno era riuscito a minacciare la solidità di quelle mura. « Lei si fida davvero della nostra società? Crede che sia ancora possibile appartenere a qualcosa? » Perché la lealtà di Percy, doveva pur sempre testarla. Per molto tempo chiunque a Inverness l'aveva considerato un traditore. Mun era stata disorientata da quel comportamento. Percy era sì un uomo dedito al suo tornaconto personale, ma era tutto fuorché un cattivo giocatore. Io e te, sappiamo perfettamente da molto tempo che proteggere Inverness è la mossa migliore per la nostra salvaguardia personale. Non si tratta di ideali, di salvare l'umanità. Si tratta di salvare se stessi dalla Loggia. Non era mai stata fedeltà cieca, quella di Mun, né relegata a chissà quale legame di lealtà a priori. In quel tipo di strategia, la piccola Carrow non aveva mai creduto, e se Inverness non fosse stata in linea con il suo bisogno di stabilità e sicurezza, di certo non vi avrebbe puntato. « Le reti si basano sulla fiducia reciproca. Lei pensa davvero che ci sia una qualche possibilità di - condividere - una rete? Ad essere del tutto onesta ho vissuto troppo a lungo in questa società per non essere al corrente degli intrighi che la animano, e l'ambizione che la divora. Tutto il contrario di ciò che lei sembra desiderare così ardentemente. » Pausa. « O ciò di cui pare abbia bisogno. Mi sbaglio? » Andiamo Percival. Se devo rompere il protocollo, ho bisogno del tuo aiuto. Se sbaglio, qui, con te, non si fideranno mai più di me. Ed io ho bisogno di tornare a casa. Devo tornare dalla mia famiglia. Doveva tornare a casa. Immediatamente. Ma seppure avesse provato di muoversi tra le persone per raggiungere una delle cabine telefoniche che portavano al piano di sopra non ci sarebbe riuscita. L'improvviso terremoto la portò ad aggrapparsi alla manica del giovane Watson osservandolo con un'espressione disorientata. Qualunque inglese che si rispetti, nato e cresciuto da quelle parti, sapeva che l'Inghilterra era una delle zone meno probabili in cui assistere a un terremoto. La concomitanza con l'arrivo dell'eclissi non presagiva certo un fenomeno casuale. « Uhm.. non si mette bene. » Tra la miriade di fogli che svolazzarono sopra le teste di tutti i presenti, la piccola Carrow ne afferrò uno velocemente, leggendone velocemente il contenuto con un'espressione se possibile ancor più confusa. « In mezzo al caos e alla distruzione, la resurrezione giungerà, un seme d'amore nel cuore del destino. Il Prescelto, un'ombra luminosa - nel momento in cui il terremoto scuoterà la terra, il prescelto emergerà? » Osservò Percy come se il biondo potesse sapere qualcosa che a lei sfuggiva. « Che cos'è questa cosa? » « Amunet dobbiamo andare. » Lapidario, l'ordine di Ryuk passò comunque in secondo piano di fronte allo stupore di vedere uscire dal Velo della Morte una persona in carne ed ossa. Di quel tipo di stranezze, Mun si stupida relativamente. Ha visto persone riemergere da oltre qualche tenda o dalle interiora di un muro di mattoni - il Velo della Morte, che Mun in primis aveva attraversato, altro non era che l'ennesimo portale che aveva la capacità di comunicare con l'immagine specchio del loro mondo. Ciò che la lasciò completamente di sasso, però, fu la persona che vi emerse. E che poco dopo essere comparsa sugli schermi attraverso il velo della morte, giunse nell'Atrio tra i comuni mortali. « Impossibile! » Asserì completamente sotto shock di fronte a quella apparizione. Ma lo era? Impossibile? Con tutto ciò che avevano vissuto, con tutto ciò che era successo, alla luce dell'esperienza che era stato lo stesso treno, poteva veramente non credere a ciò che stava vedendo.
    « Mun dico sul serio. Devi uscire da qui dentro subito. AMUNET! » L'urlo del dio della morte sembrò risvegliarla alla realtà, mentre qualche goccia di sangue le usciva dal naso. Era rimasta come rapita da quella immagine angelica, la gentilezza e la cortesia con cui si rivolgeva alle persone. Il trattamento reverenziale che il Ministero gli aveva mostrato. Si portò le la mano sotto le narici, fermando quell'improvviso flusso che la portò a staccare gli occhi dal Messia. « Esci. Addesso. SUBITO! » La testa le vorticava, non a sufficienza da svenire e fare una scenata, ma sufficientemente da risultare pallida come un fantasma. Tremava tutta, colta da quell'improvviso malessere che non sembrò scomparire nemmeno quando il dio della morte scomparve. Non aveva mai visto Ryuk spaventato, né aveva mai notato nel suo comportamento una tale emergenza. « Signore, io.. non mi sento molto bene. » Lo osservò con, un'espressione colma di emergenza. Picchettò velocemente sul suo dorso della mano una sola parola. Pericolo. Qualunque cosa avesse spinto Ryuk a scappare era tutto fuorché cosa pulita. Chi fa scappare con la coda tra le gambe un maestro della macchinazione e dell'intrigo? Solo un morto che cammina. Ma quello non era solo un morto. Era un morto eretto a messia, un prescelto di fronte al quale le alte cariche dello stato si inchinavano, risputato direttamente dalla bocca della Loggia Nera. Ma questo, cosa ci fosse oltre il Velo, cosa quest'ultimo significasse, lo sapevano in pochi, e ancora meno erano coloro che avevano le capacità di comprendere che quello era tutto fuorché un miracolo. Eppure, sembrava così angelico. « Le dispiacerebbe aiutarmi a raggiungere l'uscita? Sono da sola. Temo che nel mio stato potrei non farcela. C'è troppa gente. » Grimmlaud. Ora. E poi lo osservò solo sgranando gli occhi. Mun doveva avvertirli. E doveva tornare a Inverness il prima possibile. Se qualcosa sarebbe successo ad Albus non se lo sarebbe mai perdonato.

    Interagito con Percy.



     
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    « Siamo venute qua insieme. Ci siamo divise ai cancelli. Lei è andata verso il campo da Quidditch per cercarti, ma ancora non è tornata. » Émile trasalì. Sì guardò indietro, verso l'entrata della Sala Grande, ma l'enorme confusione non gli permetteva di distinguere tra i volti. C'era un mucchio di teste che si muovevano in maniera disordinata, e di Nessie nessuna traccia. « Vado a prenderla » fece, convinto, appena prima che Ronnie lo colpisse con l'ennesima notizia preoccupante della giornata. « OTIS È A INVERNESS?? » Il suo tono di voce gli fu sufficiente ad intendere che la posizione del loro amico non era per niente favorevole. Ebbe quasi paura a chiedere. « Ha dormito a casa sua stanotte... Che è successo lì? » « Emi, Inverness è sotto attacco da stamattina. » « Oh merda. »
    Non aveva aspettato che Ronnie finisse di parlare, che aveva già tirato fuori il telefono e l'aveva portato all'orecchio. Rispondi, cazzo. Ad ogni squillo a vuoto, l'ansia montava dentro. Se Inverness era già sotto attacco da diverse ore, perché nessuno aveva notizie di lui? Significava solo una cosa: non era al sicuro. « Non risponde » si lamentò, il volto contrito dalla preoccupazione. Sospirò, scambiando un'occhiata preoccupata con la ragazza. « Vado a vedere se trovo Nessie. Nel frattempo chiediamo in giro se qualcuno l'ha visto. Io so che doveva tornare qui stamattina per il giornalino. Magari è qui in mezzo alla folla e non lo vediamo. » Magari...
    Cominciò ad avviarsi verso l'entrata, ma attraversare quel fiume di persone era molto più facile a dirsi che a farsi. Infilandosi tra i corpi ammassati, sgomitò un paio di volte, ma l'uscita gli restò completamente inaccessibile: tanto più quando fu evidente che i fuochi fatui non erano più il problema principale di Hogwarts: erano arrivati gli Auror, e con loro il caos vero. Una pioggia di incantesimi sorvolava le loro teste, mentre Auror e Ribelli lottavano in un campo di battaglia tutto fuorché deserto. Gli studenti più piccoli piangevano, i grandi ricambiavano il fuoco subito. « Protego! » Émile castò un Incantesimo di Protezione per riparare sé stesso e alcuni ragazzini Serpeverde da una scarica rossastra, probabilmente deviata da qualcuno. Merda, io lo sapevo che sarebbe finita così. Continuava a ripeterselo, Emi, i denti serrati e la rabbia che montava.
    Aveva quasi raggiunto l'entrata del castello, quando venne spinto da qualcuno in tutt'altra direzione. « Ahio- no, io devo andare di là! » protestò, indicando gli anelli del campo da Quidditch, visibili oltre il grande portone del castello. « Avanti avanti, non c'è tempo da perdere. » « June! » Quando riconobbe sua cugina, tirò un sospiro di sollievo. Non nutriva grandi preoccupazioni per lei - era certo che in queste situazioni era in grado di cavarsela perfettamente, esperta com'era - eppure fu grato di ritrovarsela davanti, viva e vegeta e con tutti gli arti attaccati addosso. « Attraversate il portale. Vi lascerà a Londra, dove uno dei nostri warlock vi guiderà al sicuro. » « Io devo andare al campo di Quidditch! Ci sta Ness- » Ma era troppo tardi, perché appena si voltò, davanti a lui non vide più l'entrata del castello, ma un muro di mattoni ed una fila ordinata di cassonetti, tutti recanti uno stemma a lui ben noto, ed una scritta scura: City of London.

    Il mago che avevano davanti parlava in maniera concitata. Émile riuscì a capire la metà delle sue parole: aveva la mente annebbiata, e sentiva il cuore battergli sempre più forte, come prima di un attacco di panico. « Svelti, entrate in quella cabina del telefono e non fatevi notare. Il Ministero è sicuro: ci sta un sacco di gente e riuscirete a confondervi. Tenete il profilo basso e parlate con meno persone possibile, ma rimanete compatti. » « Io devo tornare a Hogwarts! Ci stanno i miei amici, non so come stanno. » Il mago gli mise entrambe le mani sulle spalle, tenendolo fermo sul posto, seppur con delicatezza. Émile non seppe spiegarsi il perché, eppure quel contatto fu in grado di infondergli uno strano senso di calma. Si sentiva ancora agitato, ma fu in grado di respirare più regolarmente, lo sguardo perso nel punto in cui il portale si era già chiuso. « Ti assicuro che stiamo facendo di tutto per evacuare gli studenti. Ci prenderemo cura dei tuoi amici. » Lo guardò, colto da un misto di sensazioni contrastanti. Riconoscenza e gratitudine, per chi li aveva appena salvati da una tragedia; rabbia e rancore, per chi, ai suoi occhi, era comunque responsabile di quell'attacco. « Siete stati voi. È tutta colpa vostra. Se non aveste invaso Hogwarts... Non sarebbe successo niente... » mormorava quelle parole scuotendo il capo, le prime lacrime che gli pungevano gli occhi. Il peso al centro del petto si faceva sempre più ingombrante. Continuava a pensare ad Otis. E se qualcosa di veramente brutto fosse accaduto? E se l'ultimo saluto che aveva rivolto al suo migliore amico fosse stato davvero il grugnito infastidito della sera prima? « Dovete andare. Ora. » Il mago, malgrado la reticenza di Émile, non parve scomporsi. Le sue parole, cordiali ma risolute, non diedero spazio a nuove repliche.
    Fu trascinato dentro al Ministero dalle sue accompagnatrici - sua cugina e Betty Branwell - quasi fosse un peso morto. L'unica cosa che riuscì a fare, fu infilare Gert nel proprio zaino, prevedendo che avrebbe attratto più di un'occhiata. Mentre lo sistemava in un angolino per lui comodo, sopra alla propria sciarpa di Tassorosso, notò la pustola, ancora di un rosso vivo. Ciò tuttavia non gli parve bizzarro: sua cugina June era nota per essere una Ribelle, e se la persona sbagliata l'avesse notata tra la folla, era certo che avrebbero passato un brutto quarto d'ora - nella migliore delle ipotesi. Io lo sapevo che finiva così. Scuoteva la testa, incredulo e ancora sotto shock, mentre discendevano verso l'atrio in una delle cabine telefoniche. « Nessie è rimasta al campo di Quidditch... » Si morse il labbro, mentre picchiettava insistentemente con un piede sul pavimento. Spostarsi da un campo di battaglia ad un ascensore silenzioso nel giro di un paio di minuti era un'esperienza quanto mai bizzarra: il silenzio di quell'ambiente ristretto ora gli pareva assordante. Nella testa gli riecheggiavano le voci dei suoi compagni, le urla degli Auror... lo squillo incessante del telefono di Otis. « Voi avete notizie di Inverness? Sapete se l'hanno evacuata? » domandò, apprensivo, rivolto alle sue compagne di viaggio. Ma non ci fu altro tempo per discutere, perché le porte della cabina si aprirono sullo spazio dell'atrio del Ministero, luogo dove risultava pericoloso anche solo pensare la parola Inverness.
    Quando iniziarono ad avanzare tra la folla, qualcosa stava succedendo: i presenti parevano agitati, qualcuno urlava. I tre procedevano ai margini della grande sala, a passi cauti, attenti a non fare nulla che potesse attirare attenzioni di alcun tipo. Mentre camminavano, fu impossibile non notare la miriade di fogli sparsi in giro: alcuni per terra, altri nelle mani dei presenti, altri svolazzavano ancora in giro. Émile ne raccolse uno, e ne lesse appena qualche riga. « Il Prescelto? » lesse, a voce bassa, mostrando poi il foglio a June e Betty.
    Quando alzò lo sguardo verso il centro dell'atrio, Émile vide qualcosa di ancora più sconvolgente di ciò che stava accadendo a Hogwarts: in mezzo alla folla, il Ministro della Magia si inchinava al cospetto di una persona a lui ben nota, una i cui tratti somatici avrebbe probabilmente riconosciuto al buio, e ad occhi chiusi. Era il personaggio di cui possedeva più doppioni delle figurine della Lega di Quidditch. Era il suo idolo. Era Eric Donovan. Solo che era diverso: ora alcuni lo chiamavano "Messia", ma perché Messia?, altri si inchinavano, tutti zittivano mentre parlava. E, cosa più importante, lui ora era vivo. « Ma voi non eravate sul treno quando è morto? Non avevate visto il corpo? » Una miriade di domande iniziarono ad affollare la mente del ragazzo, ed evidentemente non era l'unico, perché intorno il brusio si faceva sempre più rumoroso. « Quello è Thomas Montgomery » disse a voce bassa, alle due ragazze. « È l'amico dei miei cugini. Stava in carcere perché ha ucciso uno in America. E ora lo liberano così... » Solo perché lo sta dicendo Eric Donovan... « Ma che significa? » Guardò prima June, poi Betty. « Ma siamo sicuri poi che era morto morto per davvero, Donovan? » sussurrò. « Perché io mi ricordo di aver letto che il corpo era scomparso... Magari l'hanno scambiato per un altro. Cioè, se sta là sopra non può essere morto! » Mica si può resuscitare davvero. Se sei morto, sei morto e basta. Non si torna indietro. Per qualche ragione, quel pensiero gli fece tornare alla mente ciò che si era lasciato alle spalle. Con discrezione, lanciò un'occhiata rapida allo schermo del cellulare: nessuna notizia. Da nessuno. Si sentì inutile, perso in mezzo a quella folla, senza poter fare nulla per aiutare i propri amici dall'altra parte del paese. Fece perciò l'unica cosa che poteva fare: cercarli, nella speranza che prima o poi si facessero vivi. Ness, sto bene. Sono a Londra. Per favore dimmi che stai bene anche tu. Guardò la nuvoletta azzurra comparire nella chat con la ragazza, il cuore sempre più pesante. Poi tornò alla schermata precedente. Il pollice scorse in basso, ed Emi guardò scorrere una lunga lista di nomi prima di ritrovare quello che cercava. Scrisse poche parole di getto, l'angoscia che montava nel petto. Otis ti prego dimmi che sei vivo.


    [spoiler_tag][/spoiler_tag]- HOGWARTS: Interagito con Ronnie, provato a contattare Otis
    - MINISTERO: interagito con Betty e June. Mandato messaggini a Nessie e Otis perché è morto di paura e non sa che altro fare.
     
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