One day more

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +2    
     
    .
    Avatar

    the devil inside;

    Group
    Creature Magiche
    Posts
    1,486
    Reputation
    +1,228

    Status
    Anonymes!
    Inizia così. Con la luce. I suoni, la folla. Tutti vogliono vedere. Tutti ne vogliono un pezzo. Il mondo comincia a girare sempre così. Con la luce. Ma qui il mondo è finito. Mia è rimasta fino all'ultimo a presidiare il portale. Seppur le abbiano detto diverse volte di andare, lei aveva ripetuto ancora e ancora che non si sarebbe mossa da lì senza Raiden e Logan. Di tanto in tanto controllava la loro posizione, si accertava che stessero ancora bene e aiutava gli ultimi feriti ad attraversare verso la zona sicura. Gli Auror, ormai decimati dalla battaglia e spaventato dall'enorme tumulto dei fuochi fatui si erano ritirati. Persino loro, fieri e vittoriosi, avevano compreso che Inverness era perduta. Solo uno sciocco sarebbe rimasto lì, tra creature oscure e macerie. Logan era stato il primo a tornare. Ma anche lui, per quanto avesse tentato di convincerla a lasciare il posto, si era scontrato con una volontà ferrea. Come un cane di guardia, Mia manteneva la sua postazione in attesa del ritorno di Raiden. Stava arrivando. L'aveva promesso. Recupero Beatrice e arrivo. Non era stata una bella scena. Recuperarla. Nonostante il tono d'arresa con cui aveva ordinato a tutte le squadre di battere in ritirata, era evidente non avesse gli stessi piani per se stessa. Aveva assistito a quelle urla di dolore in silenzio, a capo chino, immobile, in una muta forma di rispetto che doveva non rendere quel momento ancora più straziante. Non lo avrebbe mai dimenticato. Quel dolore aveva occupato ogni cellula del suo corpo espandendosi fino a che non ha lasciato più spazio per niente. Aveva voltato le spalle a Inverness varcando i confini del quartiere warlock completamente vuota, stanca e disorientata, osservando ancora mutamente il marito accompagnare Beatrice verso una delle abitazioni che uno dei responsabili del quartiere aveva indicato a lui e ai lycan che si trovavano assieme a lui. Per un istante non poté fare a meno di chiedersi dove sarebbe andata, che cosa avrebbe fatto Beatrice? La preoccupazione per quell'animale mitologico, che aveva sempre guardando con un po' di timore riverenziale, l'aveva portata a percorrere le sue alternative quasi come se si trattasse di se stessa. Senza Inverness cosa ci è rimasto? Quella roccaforte non era solo una città, non era solo un posto in cui dirigersi per affari e rifornimenti. Era il simbolo della loro civiltà e si ergeva fiera nello stesso punto da molto prima che i maghi avessero anche solo l'intuizione di stanziarsi e darsi un ordine costituito nelle stesse terre. Nella sua ingenuità, Mia si chiese perché. Perché di tutti i posti proprio il loro, perché di tutte le genti proprio i loro fratelli. Negli ultimi anni, evento astrale dopo evento astrale avevano visto il Branco dimezzarsi. Nonostante la loro forza e le loro capacità, ognuno di loro doveva ritersi fortunato anche solo ad essere vivo. « Sei ferita? » Una giovane ragazza con foglio di pergamena tra le mani le si affiancò porgendole una coperta. La osservava con un'espressione apprensiva; dalle liste che aveva con sé, doveva essere una delle warlock che registrata gli arrivi. « Puoi dirmi se Veronica Rigby è già arrivata? E Micolash Lynch-Lazare? Otis Branwell? E Agnès D'Arcy? » La ragazza controllò velocemente. « Non ho tutte le registrazioni; dovrai darci un po' di tempo per avere una lista completa. La metteremo in bacheca in piazza entro stasera. Otis Branwell però c'è. L'ho registrato io. Anche Veronica. Gli altri potrebbero essere stati regitrati da qualcun altro. Tieni duro. » Mia deglutì passandosi il dorso della mano sul viso, notando solo allora il sangue di cui era ricoperta. Rimase a fissare le tremanti dita insaguinate per diverso tempo prima di tirare un lungo sospirò deglutendo tra se e se. Fu il pianto di un bambino in mezzo alla folla a riportarla completamente alla realtà. I suoi piccoli versetti ancora rudimentali, li avrebbe riconosciuti ovunque. Si fece spazio tra le persone finché non incontrò gli occhi del piccolo. Il broncio frustrato, le morbide manine intente a rifiutare le braccia della nonna. Haru non ne voleva più sapere di stare là. « Haru! » Gli occhietti del piccolo presero a esplorare l'ambiente circonstante finché non incontrò quelli lucidi di Mia. Altrettanto fece Hannah e le rivolse un grande sorriso sollevato. « Raiden, Eriko e Hiroshi? » « Stanno bene - amore, sei stato proprio bravo. Sei stato bravissimo. » Seppur ancora agitato, il bambino sembrò ritrovare lentamente la propria pace nel rivedere la madre. Posò la testolina sulla spalla di lei e non volle più saperne si staccarsi. Era disorientato e non poteva certo dargli torto. Haru era abiatuato ad avere una certa routine e difficilmente mancava le ore di sonno o di gioco, così come gli orari dei pasti. Man mano che il tempo passava, le persone venivano ripartite nelle varie roccaforti del Credo. Raiden e Mia erano stato accolti in un piccolo monolocale di un warlock che non ce l'aveva fatta. Nello stesso palazzo erano finiti anche altri loro amici e parenti. E così, quando Haru prese a scalpitare energicamente, Mia comprese che era il tempo di andare. « Da - dadaaa! » Il piccolino le stava indicando una direzione specifica da cui poco dopo emerse Raiden. Non a caso, il piccolo Haru cerco di scivolare via dalle braccia della madre per raggiungere il papà e Mia, convinta che il marito avesse bisogno di quella gioia, glielo lasciò fare quando era sufficientemente vicino da permettere a Raiden di prenderlo al volo senza rischiare di vere il piccolo cadere. Lasciò loro qualche istante, tempo in cui li osservò stirando un piccolo sorriso rivolgendo uno sguardo pensoso al moro. Non era una bella giornata, ma era comunque fortunati di essere ancora vivi. « Andiamo a prendere qualche scorta. »
    Ci era voluta qualche ora prima che il quartiere warlock ritrovasse la propria pace. Giunti alla loro piccola sistemazione provvisoria, Mia e Raiden avevano fatto ciò che dovevano, meccanicamente, quasi come se tutto fosse completamente normale e loro si trovassero lì solo ed esclusivamente per una vacanza. Nutrito, cambiato e messo a dormire Haru, il gioco era fatto, ma in assenza di impegni o di cose imminenti da fare, era rimasto solo il silenzio. E nel completo silenzio era rimasta anche Mia in attesa che Raiden finisse di lavarsi e cambiarsi. Sul tavolino da caffè nel piccolo salottino aveva sistemato il cibo che avevano reperito, ma per quanto lo fissasse, non riusciva a convincersi di mangiare. Se ne stava lì, avvolta nella larga felpa scura che le era stata consegnata, stringendosi le ginocchia al petto come se volesse scomparire risucchiata dal divano. Sollevò lo sguardo solo quando Raiden rientrò. Nel breve periodo in cui era rimasta da sola, priva di qualcosa da fare, la sua mente si era arrovellata attorno a troppe domande a cui non c'era risposta. In poche ore, tutto ciò che conoscevano non c'era più, e tutto ciò che restava era una profonda incertezza, il dolore delle perdite e il vuoto di quel attuale nulla.
    Forse colta dall'improvvisa consapevolezza di essere al meno per il momento al sicuro, gli occhi divennero lucidi. Allungò le braccia come a invitarlo a sedersi accanto a lei e quando lo fece, Mia gli gettò le braccia al collo abbracciandolo fortemente. Rimase in quella posizione cercando di sopprimere le lacrime a lungo, aggrappandosi alla persona più importante della sua esistenza, come se ne andasse della propria vita. Pianse, silenziosamente, e poi, si staccò solo quanto necessario per poterlo guardare. Anche in quel momento non disse niente. Lo guardò solo incollando la fronte alla sua. Entrambi avevano i muscoli indolenziti; erano stanchi come dopo una giornata che durava da almeno settantadue ore. Ed erano sconfitti, con l'umore a terra. Persi. Di colpo Mia posò entrambi i palmi sulle guance di lui; un gesto che sembrava quasi voler verificare la sua presenza, il fatto che ci fosse davvero. Le accarezzava con mani pesanti, mentre piangeva guardandolo dritto negli occhi. Non c'era bisogno di dire niente. Era evidente avesse paura; ne aveva avuto ancora di più all'idea di non vederlo più, di saperlo ferito, o rinchiuso chissà dove. Mia e Raiden erano stati fortunati. Tanti altri non potevano dire lo stesso. Thank you. Disse di scatto in un sussurro mentre continuava a premere i palmi sulle guance di lui. Thank you coming back to us. Poteva sembrare stupido e scontato, ma alla luce di come erano andate le cose, nulla di ciò che avevano, loro stessi, la loro famiglia, i loro amici, era scontato. « Volevo raggiungerti ma all'Alveare le cose si sono complicate. » Per difendere la postazione avevano perso diversi uomini e ne avevano dovuti fare fuori altrettanti. In quegli istanti, protetta dal manto della lupa, Mia aveva perso il conto dei graffi e i morsi. Riusciva ancora a sentire il saporaccio del sangue - al solo pensiero lo stomaco sembrava chiuderlesi irrimediabilmente. « Si è complicato tutto.. » Ripeté abbassando lo sguardo. Fece una piccola pausa tempo in cui si passò la manica sugli occhi. « Raiden, noi adesso cosa facciamo? Casa nostra era lì.. è ancora lì - ci sono le nostre cose, i nostri cuccioli. » Al solo pensiero sembrò tornare sul punto di piangere. Noi non abbiamo fatto niente. Non ci meritiamo questo. Eravamo felici e ce lo meritavamo. Ci meritavamo di crescere la nostra famiglia in serenità. « Saranno spaventatissimi, sempre che quelle creature non abbiano fatto loro qualcosa - io non - non ci voglio nemmeno pensare. » Di colpo si coprì gli occhi con entrambe le mani provando un profondo senso di colpa. « Li ho abbandonati. Io dovevo portarli con me. Dovevo - » Non c'era nulla da fare. Se fosse stata da sola, avrebbe potuto fare diversamente, ma Mia aveva dovuto pensare prima ad Haru e al minimo indispensabile per poter portare con sé un bambino per qualche giorno. « Magari non l'hanno trovata, casa nostra. Magari è come l'ho lasciata. Con tutta la cucina sotto sopra.. » E lo scarico della doccia pieno di capelli, gli asciugamani a terra in lavanderia e la spazzatura fuori dalla porta d'entrata. Forse casa loro era ancora lì; forse a differenza di Inverness, nei boschi attorno a Loch Ness non ci sono proprio arrivati. Perché dovevano. Lì non c'era nessun simbolo. Solo una casa costruita con tanti sforzi e sudore.



     
    .
  2.     +1    
     
    .
    Avatar

    dauntless

    Group
    Ricercati
    Posts
    915
    Reputation
    +1,126

    Status
    Anonymes!

    Accettare la sconfitta aveva sempre un gusto amaro, ma quando accettarla significa anche veder bruciare tutto ciò che hai costruito, l'amarezza è solo il più triviale dei sentimenti che prendono residenza nel tuo cuore. Mentre lui e i pochi compagni rimasti portano via Beatrice da un'Inverness ormai in macerie, il dolore straziante che apriva in due il petto della sua alpha non poteva essere ignorato. Eppure doveva. Doveva rimanere in piedi e portare a termine il proprio lavoro se voleva far sopravvivere almeno un barlume di speranza. La speranza. Ho detto ai miei compagni che Tris deve essere portata in salvo perché è la nostra unica speranza di vedere la luce in fondo al tunnel. Ma non so nemmeno io se ci credo. Non in Tris, ma nel concetto di speranza. So però che gli altri ne hanno bisogno. E lui? Lui aveva bisogno di credere in qualcosa - in qualcuno? Nella possibilità di un riscatto? Forse sì, forse aggrapparsi all'idea che ci fosse ancora margine per recuperare quanto avevano perduto quella mattina gli dava modo di pensare che anche la sua famiglia sarebbe potuta tornare alla normalità, un giorno. E allora perché sentiva la disperazione di Tris più di quanto ogni altro semplice lycan stesse percependo in quel momento? Era forse perché lui più di chiunque altro sapeva cosa provasse - cosa significasse perdere tutto? Era forse perché in quella Inverness distrutta rivedeva la città ormai deserta e spettrale che un tempo era appartenuta ai cacciatori giapponesi? Guardare la propria città, il luogo che avevi sempre considerato il rifugio sicuro del tuo cuore, ridotta in rovina e devastata, è forse una delle esperienze più dolorose che si possano immaginare. È come assistere alla perdita di un familiare, al crollo di un mondo che hai sempre conosciuto e amato. Le strade che una volta erano piene di vita e risate ora erano deserte e avvolte nel silenzio. Gli edifici che erano stati testimoni di tante storie e avventure, ridotti a cumuli di macerie. I luoghi che avevi sempre considerato sicuri e familiari, irriconoscibili - come se fossero stati strappati via dalla realtà e gettati nell'oblio. Nella foga del momento, di combattere o fuggire, non avevi tempo di pensare a queste cose, ma le sentivi. Raiden le sentiva tutte in Tris come le aveva sentite quando i suoi compagni erano stati sterminati nel giro di pochi minuti. Catapultato nel quartiere warlock e travolto dalla folla di sfollati disperati, Raiden riconosceva in quei volti tutte le sensazioni che non avevano mai smesso di appartenergli. Le lacrime scendevano dagli occhi di quelle persone mentre riconoscevano nel ritorno di Beatrice e Raiden i resti di una comunità distrutta. La sensazione di impotenza era opprimente, la rabbia e la tristezza si fondevano in un mix doloroso di emozioni. Si chiedevano come tutto ciò potesse essere accaduto, come il mondo potesse essere così crudo da portare via ciò che nemmeno l'inferno stesso era riuscito a toccare. « Da - dadaaa! » Le braccia di Raiden si strinsero intorno alla piccola figura del figlio, chiudendo gli occhi mentre lo abbracciava a sé e cadeva a terra in ginocchio, lasciando andare quelle ultime energie che lo avevano tenuto in piedi. Esausto e sconfitto si aggrappò ad Haru come ad un salvagente in mare aperto, inalando il suo odore e premendo le labbra tra i suoi capelli mentre stentava a trattenere le lacrime di stanchezza per paura di contagiare l'animo puro del bambino con ciò che provava. « Sei stato bravissimo. Il soldatino più coraggioso. » mormorò quelle parole al suo orecchio con un groppo in gola, perché in cuor suo sapeva bene che quella non sarebbe stata la fine, ma solo l'inizio di qualcosa che ormai era fuori dal suo controllo e che non riusciva a prevedere. Era ciò che aveva sempre temuto: essere in balia degli eventi, alla mercé del giudizio altrui. « Andiamo a prendere qualche scorta. » Alzò lo sguardo per incontrare gli occhi di Mia, sul cui viso si fissò per diversi istanti prima di annuire, alzandosi in piedi con Haru ancora tra le braccia e stampando le labbra su quelle di lei. Si staccò solo per guardarla ancora, improvvisamente grato di poter ancora ammirare i suoi tratti - un privilegio che, se ne rendeva conto adesso, forse aveva dato per scontato.
    b1b433325cfc3eb108231f5808cabcb5ef10a63c
    [..] Sotto il getto freddo della doccia che gli lavava di dosso sangue e sporcizia, Raiden ebbe il tempo di razionalizzare quella giornata che di razionale aveva poco o nulla. In primis razionalizzò la sconfitta - una sconfitta così cocente e clamorosa da portare con sé una domanda terrificante: e adesso? Che non potessero stare per sempre al quartiere warlock era evidente, e di certo nessuno di loro aveva nemmeno intenzione di rimanerci, ma in assenza di un tetto era comunque meglio di nulla. Un tetto, tecnicamente parlando, poteva anche essere reperibile, ma il Ministero gli avrebbe davvero concesso di proseguire tranquillamente con le loro vite? Forse dovremmo tornare in Giappone. È l'unica. Lì saremo al sicuro e potremo vivere la nostra vita serenamente. Nella vecchia città c'è abbastanza posto per tutti, ma comunque non devono rimanerci per sempre - giusto il tempo di rimettersi in piedi e organizzarsi per rimettere in piedi Inverness. Ma per noi. Per noi può essere casa. Sapeva che non sarebbe stato facile, specialmente per Mia, ma era il posto più sicuro, e dopo quanto era accaduto, a Raiden interessava solo di tenere in salvo la propria famiglia. Questa volta siamo stati fortunati. Ma non è sulla fortuna che possiamo fare i conti. Era uscito dalla doccia con quell'intenzione: parlare con Mia e proporle il piano appena studiato, fiducioso del fatto che anche lei avrebbe convenuto fosse l'unica scelta logica. Quando però si trovò di fronte a lei, con gli occhi che lo guardavano colmi di lacrime, ogni razionalità sembrò come svanire, lasciando posto ad un mix di dolore e sollievo che lo portò a stringerla forte a sé, riempiendo di baci ogni centimetro del suo viso. Thank you. Thank you for coming back to us. Un ringraziamento che gli strappò il cuore, velando di una patina lucida i suoi occhi. Non voleva più vivere così. Non voleva più esporre la sua famiglia al dubbio e al dolore, alla costante paura che un giorno sarebbe uscito di casa e non sarebbe più tornato. Non era questo ciò che desiderava, non era questa la vita che aveva sempre sognato, ma era quella che qualcun altro aveva scelto per lui - la vita della persona che era stato obbligato a diventare. « Volevo raggiungerti ma all'Alveare le cose si sono complicate. Si è complicato tutto.. » Scosse il capo, passando le mani sulle guance di lei in ripetute carezze. « Non importa. È stato meglio così. » « Raiden, noi adesso cosa facciamo? Casa nostra era lì.. è ancora lì - ci sono le nostre cose, i nostri cuccioli. Saranno spaventatissimi, sempre che quelle creature non abbiano fatto loro qualcosa - io non - non ci voglio nemmeno pensare. » Era ancora tutto lì, e per quanto fosse logico supporre che i fuochi fatui non si fossero spinti lontano da Inverness, l'idea che i componenti più indifesi della loro famiglia fossero lasciati a loro stessi non poteva far altro che rattristarlo. « Domani mattina manderemo qualcuno. Sono abituati a uscire. Se anche dovessero essere scappati nel trambusto, sicuramente avranno già ritrovato la strada di casa. » O almeno, questo era ciò che Raiden voleva pensare, aggrappandosi alla speranza che tutti i cuccioli fossero sani e salvi da qualche parte, forse solo un po' spaventati. « Li ho abbandonati. Io dovevo portarli con me. Dovevo - » Vederla così lo distruggeva, e sapere di non poterci davvero fare nulla lo faceva stare solo peggio. « Ti prego non dire così. Non è colpa tua. Non potevi fare diversamente. » Mettere al sicuro Haru era stata la priorità, e questo non suscitava alcun tipo di biasimo. Se avesse avuto più tempo, sapeva che Mia avrebbe trovato il modo di portar via da casa anche le piante e i peluche, ma la gravità dell'emergenza e il poco preavviso le avevano dato a malapena tempo di portar via il necessario. « Magari non l'hanno trovata, casa nostra. Magari è come l'ho lasciata. Con tutta la cucina sotto sopra.. » Annuì, stampandole un bacio sulla guancia - il sapore della sua pelle che si mischiava al retrogusto salino delle lacrime che aveva versato. « È così. Li riavremo con noi, ne sono sicuro. Riavremo la nostra vita. » Forse diceva quelle parole per convincersene lui stesso, per credere che non fosse tutto perduto e che la quieta bellezza di ciò che avevano costruito insieme non fosse stata spazzata via nel giro di una mattinata. In quegli attimi di incertezza e paura, Raiden voleva solo aggrapparsi a quelle sicurezze: alla sua famiglia, all'amore che li univa e al desiderio di mantenere vivo il piccolo nido che avevano creato, costi quel che costi. Assistere alla distruzione di Inverness era stato per lui come un campanello di sveglia: un richiamo all'importanza di apprezzare ciò che aveva e proteggere ciò che amava. Era un promemoria struggente di quanto fragile fosse ogni struttura umana e quanto importante fosse difendere ciò che conta veramente. Una lezione di umanità che lo aveva colpito con la stessa forza di uno schiaffo in faccia, riportandolo alla realtà di cosa volesse veramente dalla propria vita. « Mia.. » disse quindi, in un filo di voce, guardandola negli occhi con l'intensità struggente di una confessione. « ..io non voglio più vivere così. Non posso più vivere così. » Scuoteva il capo, dilaniato dalla propria stessa ammissione - dal dover necessariamente accettare di avere un limite, di non farcela più. Avrebbe voluto essere più agguerrito, sentire dentro di sé la forza di rigettarsi in battaglia per restituire ad Inverness l'onore che gli era stato tolto. Aveva sempre messo l'onore al primo posto, il dovere era sempre stato l'ago della sua bussola, ma se questa bussola doveva portarlo a perdere la propria famiglia e infliggere loro un dolore che non augurava nemmeno al peggior nemico, allora preferiva sacrificare quei valori. « Non posso continuare a fare qualcosa che mi porta via da voi e non posso accettare il rischio di non sapervi al sicuro. » Mentre le mani tenevano il viso di lei, gli occhi sembravano implorarla in una muta preghiera. « Andiamocene via. Torniamo in Giappone. Viviamo una vita normale e diamo ad Haru un'infanzia serena. » L'infanzia che qui, lo sappiamo entrambi, non può avere. Appoggiò lentamente la fronte contro quella di lei, chiudendo gli occhi per bloccare le lacrime che volevano scendere. « Non ce la faccio più, Mia. Non ce la faccio più. Sono stanco di combattere e di perdere. » Ho perso troppo. Mi rimanete solo voi. Non mi interessa la gloria. Non mi interessa di essere guardato con rispetto o di essere tenuto in alta considerazione da tutti. Voglio solo avere la mia famiglia e sapere che siete al sicuro.

     
    .
  3.     +1    
     
    .
    Avatar

    the devil inside;

    Group
    Creature Magiche
    Posts
    1,486
    Reputation
    +1,228

    Status
    Anonymes!
    « Domani mattina manderemo qualcuno. Sono abituati a uscire. Se anche dovessero essere scappati nel trambusto, sicuramente avranno già ritrovato la strada di casa. » Era difficile non sentirsi responsabile di fronte all'idea di aver lasciato abbandonate a loro stesse dei piccoli animaletti indifesi. Seppur i loro gatti fossero esseri particolarmente indipendenti, erano stati abituati a vivere sempre in compagnia, in un ambiente protetto e tranquillo. E Kei? Il coniglio.. Voleva tanto bene a tutti loro, Mia, e l'idea di non avere la più pallida idea di come stessero, la faceva stare davvero male. Kei era stato salvato da una delle peggiori situazioni possibili. Probabilmente è spaventato. Forse pensa che l'abbiamo abbandonato. Tuttavia, annuì, provando con tutta se stessa ad affidarsi alle parole di Raiden. Si. Domani chiediamo a qualcuno di accompagnarci. Perché Mia, a casa sua ci voleva tornare, anche solo per vedere che fine avesse fatto. Era pronta a vedere cosa ne era rimasto? Probabilmente no. « Li riavremo con noi, ne sono sicuro. Riavremo la nostra vita. » « Si. Riavremo la nostra vita. » A quel punto era evidente che i due stessero solo cercando di convincersi che era così. Ma in fondo, cosa altro avrebbero potuto fare? Disperarsi prima di capire in quale direzione sarebbero andate le loro vite era quanto mai controproducente, e in quel momento Mia era felice anche solo nel sapere la sua famiglia al sicuro. Aveva bisogno di aggrapparsi con le unghie e coi denti alla consapevolezza di essere ancora insieme a loro. Era per loro che aveva fatto ciò che aveva fatto. E per loro, Mia, si rendeva conto ora, di essere pronta a qualunque cosa. Non a caso deglutì, annuendo con decisione mentre tentava di tenere a bada le lacrime. « Mia.. io non voglio più vivere così. Non posso più vivere così. Non posso continuare a fare qualcosa che mi porta via da voi e non posso accettare il rischio di non sapervi al sicuro. » L'agonia nel tono della sua dolce metà la portò a crollare, mordendosi violentemente l'interno delle guance mentre tornava ad accarezzargli a propria volta le guance in un movimento specchio a quello di lui. Non sapeva nemmeno per quale bisogno avessero bisogno di quel contatto, ma le appariva così totalizzante, così dannatamente onnicomprensivo anche della più piccola necessità di entrambi. « E allora smettiamo. » Ti prego, smettiamo. Lasciamoci alle spalle tutto. Due anni fa non avevamo niente. Possiamo ricominciare da capo. Ovunque. Lontano da tutto, lontano da questo casino, da questa sofferenza. Era un pensiero egoistico, quello di Mia, ma una parte di sé continuava a dirsi pronta ad accettare che quella in cui si erano ritrovati non era la loro battaglia. Forse non era proprio così; gli anziani avrebbero detto che non si scappa dal proprio destino. Che in un modo o nell'altro altri fuochi fatui corrotti, tracce della loggia o maghi malintenzionati, sarebbero venuti a cercarli. Ma questa non era comunque la nostra battaglia. E se pure lo fosse, può una battaglia privarci davvero tutto? Siamo ancora nella condizione in cui possiamo e dobbiamo accettare che un cacciatore ha vita breve? Io non voglio avere vita breve. Voglio vivere tanti anni, vedere il mio piccolo crescere; voglio portarlo a vedere tanti posti, fargli vivere belle avventure. Voglio farlo assieme alla persona che amo di più al mondo. « Andiamocene via. Torniamo in Giappone. Viviamo una vita normale e diamo ad Haru un'infanzia serena. Non ce la faccio più, Mia. Non ce la faccio più. Sono stanco di combattere e di perdere. » Una vita normale.. lo sarebbe stata? Di questo Mia non ne aveva alcuna certezza, specialmente perché si sarebbe trovata così lontana da qualunque cosa conoscesse. L'idea di lasciare ogni certezza per ritrovarsi in un posto completamente nuovo, che non le aveva mostrato nemmeno poi troppa gentilezza la spaventava non poco. Ma in fondo le alternative non erano tantissime. Avrebbero potuto considerare New Orleans, ma lì, non avevano alcuna certezza di come sarebbero andate le cose. I lycan della zona avevano già sufficienti tensioni con numerosi gruppi di maghi e streghe distaccati dalle istituzioni americane, senza aggiungere le possibile ripercussioni di quanto accaduto in Inghilterra. L'America e il Regno Unito, operavano sempre a braccetto, e per quanto il governo americano avesse evitato di entrare in conflitto con le roccaforti dei lycan, di certo non aveva reso loro la vita facile, disponendo la registrazione obbligatoria di ogni uomo, donna e bambino nei registri del Ministero, e chiedendo loro la massima collaborazione nella compilazione di studi riguardanti le peculiarità della razza e della società dei lycan - tutte cose che erano state in parte gentilmente declinate. Di colpo riaprì gli occhi staccandosi appena per guardarlo meglio. Passò i pollici sotto gli occhi del moro raccogliendo il frutto di quel leggero luccichio, per poi annuire rivolgendogli un piccolo sorriso. « Si.. andiamo via. » Una vita normale le appariva ora come un lusso. Qualcosa di simile a ciò che lei ha vissuto a casa sua; una bella casa, gli animali, un orto, e tanta tranquillità. « Ci prendiamo qualche giorno per raccogliere le forze e aiutare chi ne ha bisogno e poi ce ne andiamo. Ovunque tu voglia - » Strinse le dita attorno ai suoi polsi per guidare le proprie mani ad intrecciarsi alle sue mentre abbassava lo sguardo deglutendo. « A me non importa dove andiamo se restiamo insieme. Se Haru può.. essere tranquillo e felice. Lui se lo merita. Si merita di crescere sereno. » Fa una piccola pausa tempo in cui cerca di rimanere calma, seppur ricordare le prime ore del mattino non l'aiuta affatto. « Era così agitato stamattina. E.. - io non voglio più strapparlo dal mio collo per passarlo a qualcun altro come oggi. Mi ha fatto tanto male.. lui piangeva un sacco, e io non sapevo cosa fare. » Nel obbligare Haru a lasciarla andare, Mia si era sentita a dir poco in colpa. Il piccolo era sempre tranquillo tra le braccia dei genitori, difficilmente faceva i capricci anche in situazioni fuori dalla confort zone. Finché sapeva di essere con la madre o il padre, il piccolo affrontava il mondo con cautela e diffidenza, ma anche con estrema curiosità. « Si fida tantissimo di noi. E io mi sento uno schifo perché.. non voglio più avere paura di tradire la sua - la vostra fiducia. » Aveva rischiato molto là fuori, Mia, e il solo pensiero di trovarsi ancora una volta messa con le spalle al muro in quella maniera la terrorizzava. Non si trattava più di mettere in pericolo solo se stessa, ma tutta la sua famiglia. Conosceva bene la sofferenza della perdita di un genitore; non voleva che Haru patisse la stessa sorte. E per questo, Mia si era attaccata a ogni sua possibilità con ogni fibra del proprio corpo.
    Image
    Today I've killed a man. Asserì di scatto con un espressione vuota, smarrita, completamente dilaniata da un senso di colpa che tuttavia sentiva solo in parte. Forse quello era più il tentativo di Mia di provare a sentire ciò che era giusto. And it wasn't the first time. Pausa. Last time, in Tokyo, I was so ashamed, I couldn't even convince myself to talk about it. But now.. I feel nothing. He was going to keep me from my baby.. from you. Istintivamente si passò entrambe le mani sul volto sospirando profondamente. I know it's not ok to feel like this, but now I know I'd do anything to be with you. I don't care what is to be done - but I can't live without you, Raiden. I just can't. E al solo pensiero che potesse succedere loro qualcosa, che potessero in qualche maniera ritrovarsi l'uno senza l'altro, lo sguardo di Mia si appannò di nuovo. I just want our home, and our baby - other babies.. - I want a home full of little needy minions that makes us laugh..and bring us joy. Tirò su col naso passandosi le dita sugli occhi. « Lo so che parliamo un sacco di quello che vogliamo - e magari tu ora non vuoi nemmeno le stesse cose.. non devi nemmeno volerle. Non è nemmeno importante quello che potremmo o non potremmo avere. Io però so che indipendentemente da quello che vorrai o quello che vorremmo, io voglio le cose con te. E non mi piace vederti stanco, e sconfitto.. e triste. » Si avvicinò un po' di più posandogli un bacio sulla fronte mentre si tirava a sedere un po' meglio per tornare a inglobarlo tra le proprie braccia circondandogli il collo. « In fondo questa non era casa di nessun dei due. Si stava bene - e noi.. stavamo bene. Ma non ci vogliono.. non ci hanno mai voluti. Io non voglio che Haru vada a scuola e venga visto come un appestato. È bello quello che siamo.. e lui deve esserne fiero. » Non voglio che Haru viva provando un senso di inferiorità rispetto ad altri compagni maghi. « Domani capiamo che aria tira. Ricerchiamo i nostri amici, capiamo cosa vogliono fare gli altri.. magari se non è pericoloso potremmo anche tentare di tornare a casa per recuperare qualche cosa. » In quella casa Mia e Raiden avevano pur sempre tantissimi ricordi. A lei sarebbe di certo piaciuto poterne recuperare almeno alcuni. « Ma poi.. facciamo quello che è meglio per noi. »



     
    .
  4.     +2    
     
    .
    Avatar

    dauntless

    Group
    Ricercati
    Posts
    915
    Reputation
    +1,126

    Status
    Anonymes!

    « Si.. andiamo via. Ci prendiamo qualche giorno per raccogliere le forze e aiutare chi ne ha bisogno e poi ce ne andiamo. Ovunque tu voglia - A me non importa dove andiamo se restiamo insieme. Se Haru può.. essere tranquillo e felice. Lui se lo merita. Si merita di crescere sereno. » Annuì piano, mantenendo la fronte appoggiata a quella di lei. Il fatto che Mia concordasse su quel punto lo faceva sentire un po' più sollevato, ma gli eventi della giornata non gli permettevano comunque di tranquillizzarsi. C'erano troppe cose da fare, troppe variabili imprevedibili. Tuttavia, almeno per il momento, la cosa più importante era che fossero al sicuro e sulla stessa pagina. Sapeva che questa loro decisione avrebbe deluso più di una persona, forse attirandogli anche diverse antipatie, ma per quanto la cosa lo facesse star male e fosse vissuta da lui come un fallimento, le sue priorità erano chiare: la famiglia veniva prima di qualunque altra cosa. Forse potrei dare di più ai miei simili. Avrei ancora qualcosa da dare, immagino, se mi sforzassi a trovarlo dentro di me. Ma penso anche di aver saldato il mio debito d'onore, e adesso è il momento di pensare alle persone verso le quali ho preso un impegno concreto. Ci sarebbe sempre stato per Inverness, la sua fedeltà non avrebbe mai vacillato, ma non poteva più permettersi di stare in prima linea come aveva fatto fino a quel momento. « Era così agitato stamattina. E.. - io non voglio più strapparlo dal mio collo per passarlo a qualcun altro come oggi. Mi ha fatto tanto male.. lui piangeva un sacco, e io non sapevo cosa fare. Si fida tantissimo di noi. E io mi sento uno schifo perché.. non voglio più avere paura di tradire la sua - la vostra fiducia. » Quell'immagine fu come una coltellata nel petto. Haru era ancora piccolo, aveva bisogno dei suoi genitori, di attenzioni, di un ambiente tranquillo che gli permettesse di crescere in maniera serena. Una guerra - considerata anche la posizione che la sua famiglia aveva al suo interno - non era di certo il contesto adatto per garantirgli queste condizioni. In cuor suo sapeva di non poter sfuggire del tutto agli eventi e sapeva che la razza a cui appartenevano avrebbe sempre condizionato il loro percorso in un modo o nell'altro, ma sentiva comunque il dovere di fare tutto ciò che potesse per evitargli una vita priva di stabilità e piena di paura. Today I've killed a man. Era sorpreso? Da un certo punto di vista sì, perché conosceva bene le posizioni di Mia. Dall'altro, tuttavia, sapeva anche che situazioni estreme potevano portare a risultati altrettanto estremi. And it wasn't the first time. Last time, in Tokyo, I was so ashamed, I couldn't even convince myself to talk about it. But now.. I feel nothing. He was going to keep me from my baby.. from you. Strinse piano il viso di lei tra le proprie mani, strofinando il naso contro il suo. It's okay. You did what you had to do. I know it's heavy, but there is no shame in that. D'altronde cos'altro poteva fare? Lasciarsi catturare - o peggio? Erano in guerra, e dovevano sopravvivere. Se ciò significava togliere la vita a qualcun altro che quella sopravvivenza la minacciava, allora doveva essere così. I know it's not ok to feel like this, but now I know I'd do anything to be with you. I don't care what is to be done - but I can't live without you, Raiden. I just can't. Tirò su col naso, aprendo gli occhi per fissarli in quelli di lei, così vicini da poterne distinguere ogni sfumatura e pagliuzza. I can't either. proferì in un filo di voce piegato dall'emozione. Non poteva riassumere in poche parole quanta forza ci fosse in quella risposta e quale fosse davvero la portata di ciò che sentiva, ma sapeva che Mia potesse percepirlo, che potesse sentire quanto profondi fossero l'amore e la devozione che Raiden provava nei suoi confronti. I just want our home, and our baby - other babies.. - I want a home full of little needy minions that makes us laugh..and bring us joy. E lo voleva anche lui. Voleva tutte quelle cose più di qualunque gloria o soddisfazione carrieristica. Voleva avere la propria famiglia, godersi ogni momento insieme, curare ogni loro bisogno e guardare i loro figli crescere e affermarsi come individui. Ma soprattutto voleva tutte quelle cose con Mia, perché era lei a dargli un senso ed era il loro rapporto a creare quel desiderio così profondo. « Lo so che parliamo un sacco di quello che vogliamo - e magari tu ora non vuoi nemmeno le stesse cose.. non devi nemmeno volerle. Non è nemmeno importante quello che potremmo o non potremmo avere. Io però so che indipendentemente da quello che vorrai o quello che vorremmo, io voglio le cose con te. E non mi piace vederti stanco, e sconfitto.. e triste. » Annuì, tirando nuovamente su col naso per cercare di scacciare via quella patina acquosa che gli velava gli occhi, e stampandole poi un bacio sulla tempia. Of course I want these things. You know I do. You know how much I want to have a family: me and you, and our minions. Una piccola risata commossa gli increspò le labbra nel ripetere quel termine con cui lei si era espressa. Nulla lo aveva reso più felice dell'arrivo di Haru nella loro vita, e sapeva che lo stesso sarebbe stato in futuro, per qualunque cucciolo sarebbe arrivato nel loro piccolo nucleo. « In fondo questa non era casa di nessun dei due. Si stava bene - e noi.. stavamo bene. Ma non ci vogliono.. non ci hanno mai voluti. Io non voglio che Haru vada a scuola e venga visto come un appestato. È bello quello che siamo.. e lui deve esserne fiero. Domani capiamo che aria tira. Ricerchiamo i nostri amici, capiamo cosa vogliono fare gli altri.. magari se non è pericoloso potremmo anche tentare di tornare a casa per recuperare qualche cosa. Ma poi.. facciamo quello che è meglio per noi. » Sospirò, annuendo in maniera più decisa. « Sì. Facciamo così. » sentenziò, consapevole del fatto che non sarebbe stato semplice spiegare la loro decisione. Ma dobbiamo davvero spiegarla? È così impensabile e inaccettabile il desiderio di proteggere la propria famiglia? In cuor suo sperava che i compagni lo avrebbero capito e non li avrebbero biasimati per quella scelta, ma non poteva esserne certo al cento percento. Prese dunque un profondo respiro, facendo scivolare il braccio intorno alla vita di Mia per guidarla gentilmente più vicina a sé, aiutandola a spostasi per sedere a cavalcioni su di lui. A quel punto le circondò la vita con entrambe le braccia, stringendola a sé in un abbraccio che ricercava quella vicinanza e quell'affetto in maniera totalizzante. Le labbra del giapponese cercarono ogni centimetro raggiungibile, posandosi adoranti su quelle di Mia, sul suo collo e sul suo petto, incapace di lasciarla andare da quella presa che sembrava volerla inglobare in sé per fondersi in un'entità unica. « Ti amo. Ti amo tantissimo, Mia. » Glielo ripeté più e più volte, scandendo ogni frase con un bacio. Mai come in quel momento si era reso lucidamente conto di quanto fosse fortunato ad avere lei, il suo amore, il loro bambino. Poteva perdere tutto, ma non loro.

    I don't know what I was thinking
    Reaching out beyond my grasp
    Lifting up these wings to try to take to the sky
    As if I wasn't tied to this fifty-ton past



    Il sollievo che il ricongiungimento coi loro cuccioli gli aveva donato era stato di breve durata. Già dal giorno successivo alla disfatta molte notizie avevano iniziato a circolare riguardo ciò che li attendeva. La Gazzetta del Profeta sbandierava la fine della guerra e l'inizio di una tanto desiderata pace che avrebbe inaugurato per tutti una nuova vita fondata sulla serenità, ma fu subito evidente che questa nuova vita non sarebbe stata un regalo elargito a tutti indiscriminatamente. Di voci ne giravano tante - più o meno ufficiali o confermate - ma il minimo comune denominatore era lo stesso: le creature magiche non avrebbero avuto la stessa libertà di cui avevano goduto fino a quel momento, e ad alcuni individui specifici non sarebbe stata elargita alcuna misericordia. Già solo da quelle vaghe informazioni il cuore di Raiden aveva iniziato lentamente ad affondargli nello stomaco, facendo serpeggiare sotto la sua pelle i brividi di una paura che non era pronto a veder prendere forma reale. Ogni notizia era un lento rigirarsi del coltello nella ferita aperta; ogni paese che dichiarava la propria solidarietà e dichiarava l'intenzione di allinearsi alle norme inglesi era per lui un ulteriore muro calato a chiudergli ogni possibile strada. E infine quell'articolo, quello che lo nominava direttamente, sbandierando al mondo intero il destino che gli sarebbe toccato - quello fu il colpo di grazia. L'editto ministeriale era stato pubblicato alle prime luci dell'alba e presto era arrivato in ogni angolo del mondo magico. Ricercati. Non sapeva quante volte avesse letto quella parola, quella lista; probabilmente a sufficienza da consumarle con il proprio solo sguardo. Ogni volta i suoi occhi ricominciavano a scorrere quelle righe nella speranza di scoprire che fosse un incubo o un'allucinazione, che in realtà il suo nome non fosse tra i primi di quella lista, affiancato da una taglia consistente. Qualunque programma avessero fatto lui e Mia, qualunque sogno o speranza avessero esternato in quei giorni, era stato tutto distrutto in un colpo solo, senza dargli nemmeno il tempo sufficiente a realizzarlo. Eppure ormai era evidente: aveva perso tutto. Tutto ciò che contava, tutto ciò che gli dava felicità o anche solo un senso di esistere, Raiden lo aveva perso. Ecco dove lo aveva portato l'onore. Riusciva quasi a sentire la risata di Hichiro risuonargli nelle orecchie; ovunque fosse, quel diavolo doveva essere davvero felice in quel momento. E mentre Hichiro se la rideva, a Raiden veniva da piangere, mai più certo come in quel momento che la sua vita fosse andata in frantumi. Quando i responsabili del quartiere warlock li avevano convocati - lui e gli altri ricercati - Raiden sapeva già cosa gli sarebbe stato detto, e per questo non sembrò avere alcuna reazione quando le parole misero in chiaro che la comunità non sarebbe stata né con loro né contro di loro, ma che per ovvie ragioni non avrebbero potuto ospitarli oltre la fine della giornata. Molti di loro non avevano avuto alcuna reazione, forse perché già consapevoli da giorni di ciò che li attendeva, ma il pianto disperato di Jeff gli aveva spezzato il cuore. Lui era tra i ricercati con la taglia più bassa, ma la sua situazione non era comunque diversa rispetto a quella degli altri: si trattava di scegliere tra Azkaban o una vita in fuga - un concetto a cui forse i più esperti di loro erano già preparati in qualche forma, ma di certo non Jeff. « Io non so cosa fare. Non ho nemmeno finito il Corso Auror. Non ho-non ho gli strumenti, Raiden. Mi troveranno. Forse dovrei consegnarmi. Se mi consegno e mi comporto bene magari avrò uno sconto di pena e tra qualche anno mi faranno uscire. » Gli occhi di Raiden si erano posati sull'amico in un misto di dolore e pietà. Jeff non si meritava quel destino. « Non ti ci mando ad Azkaban, Jeff. » aveva proferito in un filo di voce, poggiandogli una mano sulla spalla nella speranza che quel contatto potesse dargli almeno un po' di conforto. « Ci guarderemo le spalle. » We are in this shit together, okay? Non sapeva quanto ciò potesse consolarlo o convincerlo, ma che altra scelta avevano? « Adesso vai dalla tua famiglia, va bene? Passa la giornata con loro e stasera ci vediamo ai varchi. » Con questa promessa si erano divisi, andando ciascuno per la strada di casa propria - se casa si poteva chiamare quella dimora provvisoria che avrebbe dato loro riparo solo per qualche altra ora. Mentre percorreva la via che lo avrebbe riportato all'appartamento che gli era stato assegnato quel familiare senso di amarezza cominciò pian piano ad affiorare sempre più chiaramente nei suoi pensieri. Non era inevitabile che andasse così? Come un cane al guinzaglio, legato ad un palo: poteva muoversi e illudersi di avere la propria libertà in quell'area stabilita, poteva credere che non ci fossero muri di fronte a sé a fermarlo dall'andare avanti, ma prima o poi - se avesse tentato - il guinzaglio lo avrebbe strattonato indietro, rendendo ben chiara la situazione. Raiden era sempre stato al guinzaglio, ma forse per un momento si era illuso che non fosse così - che si fosse liberato dalle costrizioni di quella vita in cui era stato cacciato contro la sua volontà. Hichiro glielo aveva sempre detto: non poteva scappare, non sarebbe mai riuscito ad evadere. Non importava quanto provasse a fuggire da se stesso e dal suo passato, prima o poi sarebbe stato sempre strattonato indietro. Non so cosa mi aspettassi. Non so come mi abbia portato ad illudermi che questa volta sarebbe stato diverso. Questa volta, tuttavia, a fargli più male era l'idea di non essere solo - di star portando inevitabilmente a fondo con sé anche qualcun altro, qualcuno che senza di lui non avrebbe provato un simile dolore.
    7158cc997758b0619a4210b95ae15adcec23e65a
    Probabilmente quei suoi sentimenti, quell'amarezza mista a disperazione e senso di colpa, lo avevano preceduto nell'entrare dalla porta, tanto che quando incrociò lo sguardo di Mia trovò subito la conferma a quelle paure. Sapeva già, ovviamente. La notizia gli era già arrivata. « Gli warlock ci hanno dato fino alla fine della giornata. » fu tutto ciò che riuscì a dire, con la voce bassa e roca che graffiava contro le pareti della sua gola asciutta. Avrebbe voluto piangere, ma non riusciva a fare nemmeno quello. Si sentiva solamente vuoto, e disperato. Sapeva ci fosse un solo modo per procedere, il più doloroso di tutti. Mosse alcuni passi nella stanza, avvicinandosi al divano per mettersi a sedere, i gomiti appoggiati sulle ginocchia e le mani conserte di fronte alle labbra mentre gli occhi fissavano un punto imprecisato. « So già cosa pensi, Mia. » disse dopo un po', conservando lo stesso tono di prima. Scosse il capo. « Non posso lasciartelo fare. Non è giusto. Haru.. » la sua voce sembrò spezzarsi alla menzione del figlio, riempiendogli gli occhi di una patina acquosa che tentò di scacciare via, deglutendo contro il groppo in gola. « ..Haru non può vivere in fuga. E non può avere due genitori ricercati, rischiando di perderli entrambi. » Non riusciva nemmeno a guardarla negli occhi, consapevole che se lo avrebbe fatto, la sua volontà avrebbe vacillato e sarebbe crollato. Tirò su col naso. « Ci sono solo io in quella lista. E devo fare quello che è giusto per la nostra famiglia. » Per proteggervi entrambi. « So cavarmela. L'ho già fatto. Ti chiedo solo.. » Prese un profondo respiro, cercando di combattere contro il senso di panico all'idea di allontanarsi dalle persone che più amava al mondo. « ..ti chiedo solo di non insistere, per piacere. » aggiunse in un filo di voce, in una preghiera che sperava Mia avrebbe accolto per risparmiarlo da un'agonia ulteriore.

    And for a little while I had a little leeway
    I took my time like taking a drug
    Running wild pretending I didn't know that I was always heading
    For the moment when I'd feel the tug
    Of the tether pulling me back


     
    .
  5.     +1    
     
    .
    Avatar

    the devil inside;

    Group
    Creature Magiche
    Posts
    1,486
    Reputation
    +1,228

    Status
    Anonymes!
    La gioia che aveva provato nel rivedere i loro gattini e il loro cane, era stata oscurata dalla notizia della definitiva scomparsa del coniglio. L'amarezza di quella perdita, l'aveva portata a passare gran parte della giornata a curarsi della sua famiglia. Aveva fatto un bel bagno a Kei e aveva ripulito Mochi e Ringo di tutti i detriti impigliati nel loro pelo. Le dispiaceva per il loro cucciolo passato a miglior vita; quello era stato uno dei primi regali che Raiden aveva fatto a Mia. Risvegliava sempre bei ricordi, di momenti spensierati, quando i due erano due freschi sposini che si accingevano a cominciare la loro vita insieme. Quella giornata, Mia la ricordava bene. Raiden l'aveva svegliata presto per portarla a pranzo fuori in quella bella fattoria delle Highlands. Tempi più felici; niente massacri, niente occupazioni. L'unico grande dramma era al massimo chiedere a Raiden di firmarle la pagella di fine anno, scegliere l'indirizzo di studio per il college, e decidere come conciliare la sua vita da collegiale con la sua dimensione di giovane sposina. Ora tutte quelle difficoltà, litigare su ipotetici figli non ancora venuti al mondo, scontarsi su incompatibilità culturali e caratteriali, apparivano così stupide. Alla luce delle voci che correvano nel quartiere warlock, era sciocco pensare che avevano davvero litigato per cose così futili. Con la Gazzetta del Profeta tra le dita tremanti, Mia realizzò che sarebbe ben volentieri tornata indietro nel tempo solo per cambiare tutto quanto, ogni cosa. Ogni lite che li aveva portati a un regime del silenzio, ogni momento in cui si erano allontanati, ogni parola detta con rabbia, ogni giudizio. Avevano avuto troppo poco tempo; la felicità e la serenità che avevano vissuto era stata troppo poca. Erano passati a malapena due anni dalla perdita di tutti i lycan giapponesi. Ancora meno da quando avevano dovuto ricostruire da capo una società completamente devastata da quella perdita e da tutte quelle che si sono susseguite dopo. We live on borrowed time, suo padre glielo diceva spesso, e Mia, che ai tempi era troppo giovane per comprendere il peso di quelle parole, pensava di avere tutto il tempo del mondo. Ma questo? Questo andava oltre l'umana sopportazione. L'idea di far cozzare costantemente la sua semplice, scomposta quotidianità, con il grande disegno delle cose, iniziava ormai a starle stretto. E così, riposta nervosamente la Gazzetta sul piccolo tavolo nel salottino di quella provvisoria abitazione, il piano era già fatto. Scappiamo. Sì. Andiamo da qualche parte in campagna. Lontano da tutto. Ricostruiremo tutto da capo in un posto dove nessuno ci conosce. Cambiamo identità, storia, vita. Non importa. L'importante è rimanere insieme. Non avrebbe più rivisto sua madre, o i suoi fratelli, o i suoi amici, ma loro capiranno. Capiranno, sì. E poi, troveremo comunque un modo per vederci ogni tanto. Non tutta la civiltà dei lycan è crollata. Ricostruiremo le nostre reti, troveremo un modo per ritornare a essere ciò che eravamo. Segreti. Nascosti. Lame nella folla. Era solo questione di tempo prima che il Credo ritrovasse la confidenza persa. E allora le cose sarebbero tornate come prima. Forse diventeremo un po' pionieri di una nuova Riserva. Come hanno fatto anche i nostri avi. Nulla sarà perso. Noi non ci perderemo. Fantasie, quelle di Mia, che si scontrarono, tuttavia, con la triste realtà dei fatti. Quando Raiden venne convocato per una riunione importante, e altrettanto accadde con Jeff, comprese che qualcosa si stava smuovendo. Aveva trovato Delilah in lacrime, avvinghiata alla sua bambina sulle scale della palazzina che condividevano assieme a tanti altri superstiti. « Non preoccuparti, Lilah. Troveremo un modo.. noi.. ricostruiremo tutto, vedrai. » Ma Delilah si era messa a piangere ancora più disperatamente, portando Mia a sentirsi estremamente in colpa. Forse in quel momento non bisognava dire niente. « Hanno preso Stacey, messo sui manifesti Raiden e Jeff - Bartosz è gravemente ferito.. non lo so Mia. A me sembra che hanno vinto loro. » Antonio non era mai stato così scuro in viso; era sempre allegro, forse una delle persone più ottimiste che conoscesse. « Hanno addirittura un morto che cammina a elargire opere di carità. Accidenti, persino mia madre ci è cascata. E lei è sempre stata di sinistra! Dice che se continuo a fare il rivoluzionario a buffo non torno più a casa. Come se avessi quindici anni.. » Vederli tutto così sconfitti non aiutava il suo umore, ma Mia non poteva abbattersi. Non poteva darsi vinta. Lei avrebbe lottato per la sua vita, per la sua famiglia. « E quindi qual è la tua soluzione? » « Fare come dicono. » « E quindi Jeff dovrebbe consegnarsi?? Jeff è un padre di famiglia, Antonio! È una brava persona. Non ha fatto niente! TU SEI UN VERO INSENSIBILE! Non ti voglio neanche parlare. Vergognati! Sono i tuoi amici. VIGLIACCO! » La discussione era continuata così per un po', finché Lilah non aveva girato i tacchi rientrando nella propria abitazione lasciando Antonio e Mia da soli. « Su una cosa ha ragione, sei un vigliacco. Ad Azkaban ci sta la tua ragazza, ma tu vuoi fare come dicono. » Vaffanculo Antonio. Vaffanculo al Ministero. Vaffanculo a questo schifoso mondo di merda che distrugge puntualmente tutto. E così era rientrata, ritrovandosi un Kei addormentato sul lettone accanto ad Haru, con Ringo e Mochi incollati al suo fianco. Non sapeva che cosa avessero visto quei poveri cuccioli, ma era evidente che di qualunque cosa si trattasse li aveva portati a rimettere in prospettiva il loro comportamento nei confronti dei coinquilini a quattro zampe con cui condividevano gli spazi. Chiuse la porta della camera, per evitare di svegliare il bambino e decise di mettere su dell'acqua per un tè. Il discorso avuto con Antonio l'aveva innervosita più del dovuto, ed ora voleva solo dimenticarsene e tornare a pensare al suo piano di fuga. Che fosse preoccupata per la riunione dei ricercati con gli warlock era evidente. E se non dovessimo nemmeno avere il tempo di scappare? Se in cambio della propria libertà dovessero decidere di consegnargli? Per un istante quella paura sembrò farle tremare gli arti in maniera incontrollabile. No. Non lo farebbero. Gli warlock non farebbero mai gli interessi dei maghi. Si sono uniti a noi proprio per questa ragione. Eliphas le aveva spiegato diverse volte che gli warlock non vedevano di buon occhio ciò che il Ministero stava progettando - un progetto che a dirla tutta nessuno aveva capito fino in fondo, ma che era evidente a tutti non fosse roba pulita. Ne avevano avuto la conferma con le notizie sull'uscita dal velo di un morto - il Messia. Un evento quello che la lasciava alquanto scettica, non solo perché conosceva bene i giochi della Loggia, ma anche e soprattutto perché la stessa Mia era uscita da una voragine grigia dopo una lunga sparizione. Sticazzi che hanno visto il suo cadavere. Io proprio non me la bevo. Mi pare tanto una cazzata. Certo, adesso ogni stronzo che esce dalla Loggia è Messia.
    Fu uno schiacciante malessere a distrarla da quei pensieri. Di colpo sentì ogni passo all'interno della stanza pesante come se avesse piombo ai piedi. Lo stomaco sottosopra e una profonda tristezza. Il grave peso della sconfitta tornò alla ribalta come un macigno che le faceva raggomitolare lo stomaco. Lì, in quelle emozioni che non le appartenevano, ma la cui fonte riconosceva senza dubbio alcuno, c'era di tutto. Tristezza, dolore, sconfitta, rabbia, accettazione, amarezza, perdita.. lacrime. Si portò le dita sotto gli occhi solo per rendersi conto che stava piangendo. Una reazione che seppur non avesse considerato, sgorgava da tutta quella scia di emozioni non proprie, confermate dal vociferare persistente tra i membri del branco. Che casino. Non ci voleva. Avevano deciso di buttarli fuori. Oggi stesso. « Ci serve più tempo.. » Non importa. Hanno deciso così. Se beccano i ricercati qui dentro è finita per tutti. Senza contare che ormai abbiamo un altro posto. Un posto che Mia non aveva minimamente considerato. Per lei Iron Garden non esisteva; non era esistito neanche prima che le liste dei ricercati fossero rese ufficiali. Per la giovane Yagami la scelta era sempre stata una - andare via, lontano. E basta.
    Image
    Ma a giudicare dalle emozioni di Raiden non appena rientrò, lui, non la vedeva alla stessa maniera. Seppur non riuscisse a sentire la sua scia di pensieri, poteva percepirla. E infatti, lo osservò con uno sguardo dilaniato, incollando la schiena contro la parete opposta del salottino, quasi volesse proteggersi da quelle emozioni, dalle sue parole, da qualunque cosa sarebbe arrivata. Il piano di fuga di poche ore prima ridotto in frantumi, disintegrato. « Gli warlock ci hanno dato fino alla fine della giornata. » Lei deglutì annuendo. « Non importa. » Disse spavalda tentando di convincersi che Raiden non era così triste e abbattuto perché aveva fatto considerazioni diverse senza di lui. Voleva pensare che si trattasse solo di una tristezza relegata al fatto che avevano meno tempo. Ma non importa. Prendiamo Haru e i cuccioli, saliamo su una macchina e andiamo. Non abbiamo niente. Cosa mai dovremmo preparare? « So già cosa pensi, Mia. Non posso lasciartelo fare. Non è giusto. Haru.. ..Haru non può vivere in fuga. E non può avere due genitori ricercati, rischiando di perderli entrambi. » Una coltellata nel petto avrebbe fatto meno male. Scosse la testa sollevando lo sguardo dilaniato nella sua direzione colta da un improvviso senso di panico. « Non se ne parla.. » Tu non puoi farci questo. Lo osservava incredula. Non poteva nemmeno credere all'idea che Raiden lo stesse anche solo considerando. naso. « Ci sono solo io in quella lista. E devo fare quello che è giusto per la nostra famiglia. So cavarmela. L'ho già fatto. Ti chiedo solo.. ti chiedo solo di non insistere, per piacere. » Tremava; tramava, Mia, come una foglia al vento, spogliata di ogni sua certezza. Perché di una cosa era certa, indipendentemente da tutto il resto. Che lei e Raiden sarebbero rimasti insieme. Non importava quanto difficili potessero diventare le circostanze. Loro avrebbero trovato un modo. « Raiden.. » La voce di lei un sussurro tremolante, velato dalle lacrime scaturite dal panico e dalla disperazione. In balia di emozioni che non riusciva a controllare. Non sembrava avere alcun controllo su se stessa. « Raiden guardami, cazzo! » Gli si rivolse in maniera tutto fuorché gentile. Era disperata, al punto da non riuscire nemmeno a soppesare le sue reazioni, il modo in cui gli si rivolgeva. Solitamente per quanto arrabbiata, Mia manteneva una certa delicatezza con Raiden. Non lo trattava mai male, non era mai brusca con lui. Immaginava fosse il suo modo per invertire la rotta di tutti quegli anni passati sotto lo stesso tetto con Ichiro Nakamura. Mia non voleva che nemmeno le loro liti fossero brusche. Potevano anche litigare, ma potevano farlo senza dover alzare la voce, senza doversi fare davvero del male. « Guardami.. ti prego. » Scoppiò a piangere mentre invertiva la rotta, correggendo il suo stesso comportamento. « Non puoi - non puoi farmi questo. » Perché Mia, a una vita in fuga poteva sopravvivere; avrebbe fatto la brava, sarebbe stata cauta. Nessun passo falso. Niente impulsività. A tutto ciò poteva prepararsi. Ma a tornare a vivere una vita senza Raiden non era pronta. « Io non ti lascio da solo.. io - te l'ho promesso. » Voi vi amate. E di questo legame avrete bisogno. Prendetevi cura l'uno dell'altra. Soprattutto nella cattiva sorte. Così aveva detto padre Matthew e Mia l'aveva promesso. A Raiden aveva promesso così tante volte di prendersi cura di lui, di stargli accanto, di aiutarlo. Gli aveva promesso che sarebbe stata più gentile, che avrebbe ascoltato di più, che sarebbe stata più paziente. « Io te l'ho promesso davanti a mio padre, Raiden - quello che un giorno ha deciso di andare a fare il cazzo di eroe e non è più tornato. » La paura strisciava sotto la sua pelle mettendo in moto meccanismi a lungo sopiti. La paura dell'abbandono, la solitudine, lo smarrimento. I can't lose you too. I can't leave you alone. I just - can't. Parlava a scatti, Mia, come se qualcosa si fosse inceppato nel suo cervello. I can't. I won't. Non poteva, non lo avrebbe fatto. Lo disse diverse volte tra i singhiozzi, dilaniata e sconfitta. Mia non riusciva a respirare all'idea di lasciarlo andare, di tornare a temere che un giorno Raiden sarebbe semplicemente scomparso dalla sua vita. « È perché pensi che non riuscirei a farcela? Io posso farcela, te lo giuro. Farò la brava, farò tutto ciò che mi chiedi. Prometto che ti ascolterò e farò quello che dici. Starò con Haru, sempre e - e mi occuperò di tutto ciò che serve. Non dovrai preoccuparti per me, posso cavarmela. E poi ti guarderò le spalle. Possiamo guardarci le spalle a vicenda. » Con uno slancio, di colpo, si ritrovò in ginocchio di fronte a lui ricercando disperatamente il suo sguardo. Era pronta a implorarlo, pregarlo fino a prostrarsi ai suoi piedi. « Raiden, ti prego, non lasciarmi qui da sola - non ce la faccio a lasciarti andare. » Tutto ciò a cui pensava era a quanto sarebbe stato solo. Non riusciva a sopportarlo. Mia gli aveva promesso che non lo avrebbe mai lasciato da solo. « Io non voglio che tu stia da solo. » L'idea di saperlo solo, chissà dove, a vivere chissà come le spezzava il cuore. « Possiamo trovare un posto, come abbiamo parlato. Non deve cambiare nulla. Loro.. loro non ci troveranno. » Avvolse le braccia attorno alla sua gamba posando la tempia contro il suo ginocchio. « Non ci troveranno.. »



     
    .
  6.     +1    
     
    .
    Avatar

    dauntless

    Group
    Ricercati
    Posts
    915
    Reputation
    +1,126

    Status
    Anonymes!

    « Raiden.. Raiden guardami, cazzo! Guardami.. ti prego. » Non ce la faceva. Non voleva leggere sul suo volto le emozioni che sentiva già nel suo animo; non voleva vedere quel dolore lancinante che le piegava la voce riflesso anche nei suoi occhi. Decidere di allontanarsi non era stato semplice, e non era di certo una scelta che aveva preso a cuor leggero, ma sapeva che fosse l'unica opzione giusta. Come poteva chiedere a Mia di seguirlo in una vita del genere? Come poteva pretendere di trascinarvi all'interno anche Haru, che aveva poco più di un anno? Per quanto il suo egoismo lo tentasse a cedere al desiderio di stare insieme a loro, la ragione e il senso del dovere lo obbligavano a mettere il benessere della sua famiglia prima di se stesso. « Non puoi - non puoi farmi questo. » Si morse l'interno delle labbra, abbassando il capo tra le mani, forse per farsi scudo da tutte quelle emozioni - tanto le proprie quanto quelle che provenivano da lei. Voleva piangere, voleva buttarsi a terra in posizione fetale e singhiozzare fin quando non si sarebbe addormentato per mancanza di forze. Ma quello era tutto tranne che il momento adatto per crollare. Una parte di lui, tuttavia, non poteva fare a meno di prendersela con se stesso e con la propria stupidità. Se solo non si fosse lasciato trascinare da quel maledetto onore, se fosse stato egoista un po' prima, adesso non si troverebbe in quella situazione. O forse era proprio quello il destino che si era scelto. Forse non voleva ammettere a se stesso che dopo l'iniziale obbligo della leva, avesse puntualmente scelto ogni volta di essere ciò che diceva di odiare. Quella visione, quell'allucinazione che lo aveva colpito anni prima, quando lo avevano avvelenato con una pugnalata all'interno della sua stessa stanza di studentato, forse diceva di lui più di quanto fosse disposto ad ammettere. "Non puoi fermarti. Non puoi nasconderti. Puoi solo continuare a uccidere, e uccidere ancora, e ancora e ancora. Questa è l'unica strada: non ne esistono altre. Sei stato tu a desiderarlo, a sceglierlo. Volevi arrivare al palazzo e conoscevi le alternative: camminare sui loro cadaveri o unirti ad essi." Era vero? Aveva ragione quella voce? Era stato lui a scegliere giorno dopo giorno quel destino di morte, dolore e violenze, accettando implicitamente il rischio che quel sangue potesse arrivare a schizzare anche sulle sue scarpe? Forse sì. Forse era proprio lui, il problema. « Io non ti lascio da solo.. io - te l'ho promesso. Io te l'ho promesso davanti a mio padre, Raiden - quello che un giorno ha deciso di andare a fare il cazzo di eroe e non è più tornato. » « Ci siamo promessi tante cose, Mia. » proferì con tono piatto e roco, quasi un bisbiglio che graffiava la propria strada a forza fuori dalla gola. « Ho promesso di proteggervi e di garantirvi una vita serena. E al momento allontanarmi è l'unico modo per farlo. » Alle emozioni cercava di controbattere con la ragione, con quella fredda razionalità che gli aveva permesso di arrivare al punto in cui era arrivato. La stessa che gli aveva insegnato Hichiro, che Iwo Jima aveva consolidato e che aveva sempre dovuto applicare nel lavoro. Non era mai stato semplice, ma non era mai nemmeno stato così difficile e doloroso come lo era adesso. I can't lose you too. I can't leave you alone. I just - can't. I can't. I won't. Poteva percepire la paura di Mia, il panico, quella sensazione di claustrofobia che le rendeva difficile articolare l'immensità del suo dolore. Gli spezzava il cuore, affondandovi il coltello e rigirandolo nella ferita come il più crudele degli assassini. Gli occhi del giapponese bruciavano, pizzicati da quelle lacrime che si ostinava a reprimere pur di mantenere saldo il controllo necessario a portare a termine quella giornata. Si davano sempre così tanto amore, che la sola idea di non poterlo più fare appariva terrorizzante. Piccoli gesti come addormentarsi abbracciati, darsi un bacio al risveglio, regalarsi una carezza innocente nel mezzo della routine quotidiana - tutte quelle cose che facevano senza nemmeno rifletterci e che forse davano per scontate, adesso dimostravano la loro essenzialità. Adesso che si trovava a dover affrontare lo spettro della solitudine e del distacco forzato, solo adesso capiva quanto avesse bisogno di tutti quei piccoli indizi dell'affetto che Mia provava per lui e viceversa. « È perché pensi che non riuscirei a farcela? Io posso farcela, te lo giuro. Farò la brava, farò tutto ciò che mi chiedi. Prometto che ti ascolterò e farò quello che dici. Starò con Haru, sempre e - e mi occuperò di tutto ciò che serve. Non dovrai preoccuparti per me, posso cavarmela. E poi ti guarderò le spalle. Possiamo guardarci le spalle a vicenda. » Non era pronto allo slancio di Mia - a vederla crollare ai suoi piedi dalla disperazione, abbracciandogli le ginocchia implorante. Non era pronto e nessuno avrebbe potuto prepararlo. Poteva solo volgere il capo di lato, chiudendo gli occhi nell'ennesimo tentativo di bloccare quel dolore che gli stringeva il cuore in una morsa d'acciaio, dilatando il vuoto che sentiva nello stomaco. « Non è questo. Lo sai che non è questo il motivo. » Doveva saperlo. Da qualche parte, ovunque si trovasse quell'ultimo barlume di razionalità che custodiva, Mia doveva essere consapevole del fatto che quella fosse l'unica scelta. « Non posso trascinarvi in questa vita. Lo capisci? E se del tuo bene non te ne importa nulla, pensa quanto meno a quello di Haru. Lo sai che non è giusto. » A parti inverse, anche tu mi chiederesti la stessa cosa. Anche tu mi chiederesti di rimanere qui a proteggerlo e prendermi cura di lui. « Raiden, ti prego, non lasciarmi qui da sola - non ce la faccio a lasciarti andare. Io non voglio che tu stia da solo. Possiamo trovare un posto, come abbiamo parlato. Non deve cambiare nulla. Loro.. loro non ci troveranno. Non ci troveranno.. » Mia dipingeva un'immagine allettante, piena di speranze irrealizzabili e utopie, uno scenario fondato quasi esclusivamente sul desiderio di rimanere uniti. E Raiden avrebbe voluto crederci, avrebbe voluto essere sufficientemente ingenuo da abbandonarsi a quella tentazione. Ma la realtà era ben diversa dalle illusioni di cui Mia voleva nutrirsi pur di non accettare l'inaccettabile, e Raiden purtroppo lo sapeva sin troppo bene. Eppure, anche in quella certezza matematica, le parole di Mia suscitavano il loro effetto: una tensione disperata tra la consapevolezza della loro finzione e il desiderio di crederle. E in quella disperazione, sbottò. « Pensi che voglia farmi pregare, Mia? Pensi che sia quello di cui ho bisogno? Un po' di convincimento? » Quelle parole vennero rigurgitate fuori dalle sue labbra in un singhiozzo. Le guance erano asciutte, ma gli occhi gonfi e arrossati che si puntarono in quelli di lei per la prima volta tradivano facilmente le lacrime represse. « Come se - come se per me fosse facile andarmene quando non ho nemmeno avuto il tempo di portare Haru al parco giochi, o di sentirgli dire che mi vuole bene. » La voce del giapponese si spezzò su quelle parole, sul dar voce a tutto ciò di cui lo stavano privando e all'incertezza di quanto si sarebbe perso. Nessuno poteva garantirgli che quella situazione si sarebbe risolta sufficientemente in fretta, e l'idea di perdersi anni interi della vita di suo figlio lo faceva impazzire. Lo avrebbe odiato? Sarebbe arrivato a biasimare le sue scelte e rinfacciargli la vita a cui lo aveva costretto? Sarebbe stato uno sconosciuto ai suoi occhi, poco più che uno spettro? Forse era presto per porsi quelle domande, ma era inevitabile farlo. E magari anche tu un giorno ti stancherei di aspettarmi - di essere la moglie di un ricercato. Vorrai di più, vorrai qualcuno che ti dia sicurezza, qualcuno che banalmente ci sia. E io non potrò farci nulla, non potrò impedirtelo. Non potrò trattenerti per sempre. « Sono la stessa cazzo di persona che voleva sposarti una seconda volta e avere altri bambini insieme. L'unico motivo per cui ti ho chiesto di non insistere è perché mi fa male essere quello che parla del futuro che ci aspetta, quando è chiaro anche a un idiota che questo futuro non include me. » Ammetterlo ad alta voce lo rendeva solo più reale, e dunque anche più doloroso. Gli spezzava il cuore, e per lo più si sentiva costretto a razionalizzare qualcosa che non era ancora pronto ad affrontare. Lo sarebbe mai stato? Probabilmente no, ma era troppo dolore per un giorno solo - l'ultimo che era certo di poter trascorrere insieme alla donna che amava e a suo figlio. « Te lo chiedo ancora. Come cortesia. Per me. » Tirò su col naso, stringendo tra le proprie dita i polsi di Mia nel tentativo di comunicarle la propria serietà e di sciogliere al contempo quella presa implorante sulle sue ginocchia. « Mi rimangono poche ore insieme a voi e non voglio passarle a litigare. » Gli occhi colmi di lacrime la fissavano in una muta supplica, una che non si sarebbe mai augurato di rivolgerle. Pregarla di lasciar perdere, di non combattere per rimanere uniti a tutti i costi, ma semplicemente di mostrargli pietà, era qualcosa di cui si vergognava. « Per piacere. » rincarò, a tono più basso, stringendo tremante la presa sui suoi polsi mentre una piccola lacrima fuggiva dal suo sguardo pieno di agonia, scendendo lenta fino a raggiungere il mento e cadere in una goccia sulle dita di Mia. Se me ne devo andare, voglio almeno farlo col ricordo ben impresso di come ci si sente, ad essere amati e avere tutto.

     
    .
  7.     +2    
     
    .
    Avatar

    the devil inside;

    Group
    Creature Magiche
    Posts
    1,486
    Reputation
    +1,228

    Status
    Anonymes!
    « Ci siamo promessi tante cose, Mia. Ho promesso di proteggervi e di garantirvi una vita serena. E al momento allontanarmi è l'unico modo per farlo. » Probabilmente non avrebbe dovuto aspettarsi nulla di diverso da Raiden. In situazione simili, il giovane Yagami tendeva in maniera spontanea al sacrificio e nulla poteva distoglierlo dalla possibilità di portare il peso del mondo sulle spalle assieme a qualcuno. Di fronte a quella frustrazione si sentiva impotente e non sapeva come distoglierlo da una decisione che si sembrava essere irremovibile. Vorrei che ne avessi parlato con me prima. Che avessimo deciso insieme. Vorrei che avessi almeno tentato di darmi una scelta. Sapeva che non avrebbe potuto convincerlo del contrario, che con molta probabilità ogni tentativo di farlo ragionare sarebbe stato inutile. Mia, dal canto suo, non riusciva a convincersi che la cosa migliore fosse separarsi. In fondo, se oggi quelli come noi vengono isolati lontani dalla comunità magica, chi ci assicura che resteremo al sicuro? Chi ci assicura che saremmo davvero al sicuro? Nessuno. Non avevano alcuna garanzia e loro stessi erano l'unica cosa a cui potevano affidarsi. E se Haru non fosse al sicuro nemmeno là? Chi ci assicura che il nostro piccolo vivrà davvero una vita normale lì dentro? Mia avrebbe fatto in ogni caso del suo meglio, ma anche con tutte le sicurezze del caso, che comunque non erano state loro garantite, vivere senza un padre era comunque sufficientemente infelice come destino. Alla presenza di Raiden, era abiatuato; lo cercava sempre, lo amava così tanto da piangere disperatissimo ognuno qual volta non rispettasse i loro soliti programmi per un qualunque contrattempo. « Pensi che voglia farmi pregare, Mia? Pensi che sia quello di cui ho bisogno? Un po' di convincimento? Come se - come se per me fosse facile andarmene quando non ho nemmeno avuto il tempo di portare Haru al parco giochi, o di sentirgli dire che mi vuole bene. » Scosse la testa, Mia, stringendo la presta sulle gambe di lui ancora di più. Un abbraccio disperato, straziante. Una muta preghiera che si univa al dolore di lui. Le si spezzava il cuore a vederlo così; così frustrato, disperato, arrabbiato, smarrito. Lo so che non lo vuoi; ma so anche che indipendentemente da cosa vuoi, saresti pronto a sacrificare completamente te stesso pur di fare ciò che secondo te è giusto. Ma non è giusto. Così non è giusto in ogni caso. « Sono la stessa cazzo di persona che voleva sposarti una seconda volta e avere altri bambini insieme. L'unico motivo per cui ti ho chiesto di non insistere è perché mi fa male essere quello che parla del futuro che ci aspetta, quando è chiaro anche a un idiota che questo futuro non include me. » Non era in grado di ascoltarlo - la sconfitta nel tono di lui richiamava la frustrazione nel tono di lei. « Non è vero! » Un tono acuto, basso eppure viscerale, come se volesse rigettargli addosso tutta l'ostinazione di cui era capace. Una vita senza Raiden, Mia non la immaginava; poteva farcela, ma non la voleva e non gli avrebbe permesso di vederla così. « Te lo chiedo ancora. Come cortesia. Per me. Mi rimangono poche ore insieme a voi e non voglio passarle a litigare. Per piacere. » Le dita tremanti di lui strette attorno ai polsi di lei, mentre si guardavano come se quello fosse già un addio. E seppur Raiden tentasse di reprimere le proprie lacrime, Mia piangeva comunque per entrambi. Roteò appena i polsi per sciogliere la presa di lui. Lui osservò per qualche istante con mani sospese a mezza aria. Sospirò, quasi come se avesse paura di toccarlo, come se qualunque cosa avrebbe potuto peggiorare la situazione. Succedeva spesso; anche Mia e Raiden soffrivano di incomprensioni, specialmente in momenti di crisi. I due avevano approcci diversi, ragionavano in maniera diversa, e a volte quelle diversità peggioravano le loro discussioni. In quel momento Mia voleva tutto tranne dare spazio a incomprensioni tra loro. « Tu cosa faresti al mio posto? » Una domanda, quella, che poteva essere facilmente rispedita al mittente. Non era una situazione semplice. Forse Mia era un'illusa, ingenua a pensare che potesse avere comunque la sua vita, quella che aveva sognato, quella che aveva progettato assieme a Raiden. Ma io non ho neanche vent'anni e ho perso così tanto. Dovrei essere abituata a perdere - la sconfitta mi appartiene; sono proprio una cazzo di sfigata. Sono abituata a rimanere ferma con un pugno di macerie tra le mani. Conto i granelli e spero che in qualche modo la polvere si trasformi in oro. Per un po' era stato così; insieme, Mia e Raiden avevano trasformato ogni cosa che hanno toccato in qualcosa di prezioso. Hanno fatto proprie le avversità e ne sono usciti più forti. Non voleva che fosse diverso questa volta. Tu cosa faresti? Mi lasceresti andare senza lottare? Accetteresti la mia decisione? Certo che no. Non mi daresti alcuna scelta. Troveresti comunque un modo per sacrificarti. « Non è giusto! Non è giusto, Raiden.. » Protestava, senza veramente protestare, osservandolo in una muta preghiera, mentre ricongiungeva con gentilezza i palmi al volto di lui. « Ascoltami bene: il mio futuro include solo te. » Pausa. « Dì quello che ti pare, ma io non mi arrendo. Non m'interessa cosa mi costerà o cosa dovrò fare, ma io non rinuncerò al nostro futuro e alla nostra famiglia, capito? » Gli carezzò dolcemente i capelli stirando un leggero sorriso colmo di amarezza. You never gave up on me. Not even when I was lost, and childish - not even once! You were always there for me.. Altre lacrime caddero sul volto pallido di lei; stanca e sconfitta, non riusciva a smettere. « Non credo che tu voglia farti pregare. Però credo che tu sia abbastanza illuso da sacrificare tutto per qualcosa che non sappiamo nemmeno esista. » Si strinse nelle spalle scuotendo la testa. « Credi che andrà meglio? Sei sicuro al cento per cento che nel posto in cui ci mandano andrà tutto bene? » Forse allo stato attuale. Ma per quanto? Quanto prima che il prossimo incidente porti l'odio e la reticenza dei maghi a un livello successivo? Stanno solo aspettando ulteriori motivi per inasprire le regole. Nessuno può essere così ingenuo da pensare che dopo ciò che rappresentava Inverness, i suoi abitanti verranno lasciati a piede libero per Londra. Erano passati pochi giorni, eppure, già molti governi magici avevano espresso la propria solidarietà al Ministero della Magia Inglese. La situazione stava precipitando di ora in ora. Di giorno in giorno. I won't fight you. It would be useless anyway. You made up your mind already. But I won't lay down either, because I'm almost sure people like us.. we aren't safe anywhere anymore. Abbassò lo sguardo sconfitta. « Se credi che questa è la decisione migliore, non approvo, e non mi piace, ma.. non poso fare nulla vero? » Con grandi occhi colmi lo osservò colpita dalla realizzazione che se ne sarebbe andato. Di lì a poche ore quel monolocale sarebbe stato vuoto, privo della sua voce, dei suoi passi, della sua risata. Non ci sarebbe più stato il suo braccio ad avvolgerle la vita la mattina, o il suo respiro pesante a scaldarle la nuca durante la notte. Le mancava già; vivere con Raiden aveva la stessa valenza del respirare. Biologicamente non era in grado di funzionare correttamente senza di lui.
    tumblr_mviow0dZLk1qb9q7zo4_250
    Di colpo le lacrime sembrarono scendere nuovamente in maniera incontrollata, al punto che, in una reazione involontaria fece leva sulle sue ginocchia per alzarsi e salire a cavalcioni sulle sue gambe, abbracciandolo talmente stretto da desiderare quasi togliergli l'aria. Please don't give up on me, baby. I am asking this just once more. Please come back to me. Come back to us. Piangeva Mia, piangeva affondando il visto contro l'incavo del suo collo, aggrappandosi a lui come se ne andasse della propria vita. Promise me. Asserì di scatto ricercando il suo sguardo. Say it like you fucking mean it. Lo strattonò appena frustrata, assestandogli un colpo sul petto privo della solita delicatezza. I swear - if you don't keep up with all your fucking promises, I'll never speak to you again. Una minaccia un tempo sciocca, che ora invece assumeva un significato differente. Mia lo aveva spesso minacciato in quella maniera - non lo intendeva mai. E non lo pensava nemmeno ora. Lo sapeva lei e lo sapeva anche lui. Si prese qualche istante in cui non disse niente. Rimase solo lì; il respiro di lui a scaldarle il viso, i battiti cardiaci aumentati. Quella vicinanza le sarebbe mancata così tanto. « Quando ci siamo sposati, Matthew ha detto che avremmo avuto bisogno di questo soprattutto nella cattiva sorte. » Pausa. Non provare a tagliarmi fuori, Raiden. Sollevò una mano al proprio fianco, cercando il palmo di lui. Incollò il palmo e le dita alle sue, osservando quel contatto con un'espressione colma di amore e tenerezza, tempestata dal dolore di una separazione che già riusciva ad assaporare. Amara; straziante. « Io sono sua.. e lui è mio. Da questo giorno e per il resto dei miei giorni. » Una promessa così semplice, eppure così profonda. Sufficientemente viscerale da far tremare la sua famiglia. Non ci si sposava col vecchio rito a meno che non si intendesse restare insieme per il resto della propria vita. E seppur Mia e Raiden lo avessero fatto con leggerezza, ogni prova che la vita aveva messo loro davanti aveva solo rafforzato quella decisione. Per quanto difficili e apparentemente irreparabili le cose, Mia e Raiden sembravano tendere l'uno verso l'altro in maniera istintiva, come se ne andasse della propria vita. « Con questo bacio, impegno il mio amore. » A pochi centimetri dal volto di lui, Mia osservò le sue labbra colpita dal desiderio viscerale di dare seguito a quelle parole, quasi come se nient'altro avesse senso o potesse in qualche maniera avesse priorità. Kiss me. Pausa. Please. Un bacio come promessa. Era tutto ciò che voleva. Esserle permesso di amarlo nella cattiva sorte, nella stessa maniera in cui lo aveva amato nei loro giorni buoni, e forse anche di più. Kiss me and allow me to love you as always. Despite it all. Forever.





    Edited by « american beauty » - 7/10/2023, 09:46
     
    .
6 replies since 26/9/2023, 14:14   282 views
  Share  
.