Erano passati solo pochi giorni da quello che la stampa internazionale aveva definito come un evento di portata epocale, se non addirittura irripetibile nella storia del mondo magico. L'uscita di Eric Donovan dal velo della morte aveva indubbiamente cambiato tutto, tanto che anche la caduta di Inverness e il conseguente riappropriarsi dei territori scozzesi da parte del governo sembravano essere in qualche modo passati in secondo piano rispetto a quello che molti chiamavano
il Messia. Eppure, per quanto assurdamente nuovo fosse ciò che stavano vivendo, la vita di tutti - o quasi - era tornata a scorrere sin da subito come se nulla fosse accaduto.
"La guerra è finita": queste erano le parole che si leggevano ovunque e che il popolo ripeteva come un mantra, consolidando ancor più come realtà ciò che a lungo era stato poco più di una speranza o un miraggio. Era finita davvero? Si era davvero chiuso così quel capitolo durato anni?
Sembra quasi deludente. Un finale anticlimatico. Tutto questo sbattersi vede la sua conclusione con un morto che cammina e una città distrutta. Forse avrebbe solo dovuto essere felice, rallegrarsi come tutti gli altri e stappare una bottiglia di champagne in onore di quella nuova era di pace e prosperità. La verità, tuttavia, era che a Seojoon per lo più non interessava, e che al contempo, in fondo al cuore, da qualche parte, sentiva un retrogusto amaro che non sapeva del tutto spiegarsi in termini logici. Quella doveva essere la situazione ideale per uno come lui, ma per qualche ragione non si sentiva vittorioso, e questo era un sentimento che lui per primo non capiva. Forse, addirittura, era l'unico a provarlo, visto che suo padre sembrava in visibilio per la fine di quel conflitto che aveva solo messo i bastoni tra le ruote ai loro affari. All'indomani dell'accaduto si era presentato in Inghilterra per mettere subito il punto, stabilendo la strategia che avrebbero dovuto seguire come famiglia e i futuri passi da intraprendere. Al suo solito, Seojoon non aveva ribattuto, pronto a fare qualunque cosa il padre gli chiedesse pur di portare avanti gli interessi dei Moon. Non si era dunque stupito quando tra le varie richieste era comparso anche il matrimonio. Seojoon sapeva di essere stato promesso già da tanto tempo, e la cosa non lo disturbava (nei loro ambienti era piuttosto naturale); ormai era grande, e per gli standard della società coreana cominciava a sembrare strano che non si fosse ancora accasato. Quello era il momento migliore: con la fine del conflitto e la conseguente ripresa dell'economia che ne sarebbe derivata, mettere finalmente a posto quel tassello era non solo la cosa più logica, ma anche la mossa più conveniente per tutti i coinvolti. Così, senza scomporsi di una virgola, si era fatto lasciare dal padre le informazioni riguardo la ragazza che era stata scelta per lui, passando qualche giorno a fare ricerche piuttosto sommarie su di lei (quanto bastava a sapere chi si sarebbe trovato di fronte). E alla fine, appurato che non fosse l'ultima delle poveracce o non avesse chissà quali scheletri nell'armadio (almeno non facilmente scovabili), decise di farsi avanti e scriverle un gufo per invitarla formalmente a cena. Supponeva che anche lei fosse al corrente della situazione e che quell'invito non l'avrebbe stupita, ma per non sembrare troppo brusco decise comunque di non utilizzare la parola
appuntamento all'interno della sua missiva. D'altronde, se non era una sprovveduta, avrebbe capito da sé il senso di quell'incontro.
Come al suo solito, aveva organizzato il tutto nei minimi dettagli. Si sarebbero incontrati in un ristorante molto chic della Londra magica; per l'occasione aveva prenotato l'intero locale, così da garantirgli sufficiente privacy ed evitare eventuali disturbi da parte di altri ospiti. Aveva inoltre scelto personalmente il pianista che avrebbe suonato di sottofondo per la serata, vagliando ogni scelta di canzone. Si era assicurato che lo staff presente fosse impeccabile, che la decorazione dell'ambiente fosse sobria e di buon gusto e che il tavolo fosse apparecchiato secondo una perfezione millimetrica. Tutte cose che il suo assistente personale conosceva bene di lui: il disturbo di cui soffriva, per quanto mai diagnosticato, brillava in maniera piuttosto evidente in occasioni del genere. Il minimo errore o la più piccola imprecisione avrebbero costituito per lui la totale rovina. Tuttavia richieste del genere venivano sempre accolte, un po' per via del suo nome, e un po' perché Seojoon tendeva a pagare profumatamente per ciò che pretendeva. Così, una volta assicuratosi che tutto fosse perfetto, era passato a curarsi della propria di immagine, facendosi commissionare appositamente un nuovo completo e scegliendo con cura maniacale il mazzo di fiori da portare in regalo a Daehyun. Aveva scelto un bouquet che accostava gigli e tulipani in una scala cromatica dal bianco al rosa pallido, ritenendola la scelta più graziosa ed elegante per un primo appuntamento. Ovviamente, all'ora fissata per l'incontro, Seojoon si trovava già lì, di fronte all'entrata del ristorante, con i fiori in mano, in attesa dell'arrivo della ragazza. Oltre alle foto che aveva visto online e alle ricerche che aveva fatto non sapeva davvero cosa aspettarsi, ma era determinato a chiudere quel primo incontro con la certezza che ce ne sarebbe stato un secondo.
« Nervoso? » Lanciò un'occhiata di sbieco al proprio assistente, inarcando un sopracciglio come a sottolineare la stupidità di quella domanda. C'erano tante cose che infondevano nervosismo a Seojoon, ma di certo un appuntamento non ne faceva parte.
« Ok, riformulo. Aspettative? Dubbi? » Sospirò.
« Ha vissuto qui per diverso tempo. Quindi mi aspetto che abbia acquisito almeno in parte la mentalità aperta degli occidentali. » Cosa che, detta così, poteva sembrare positiva, ma in realtà per lui non lo era affatto. Trovava alquanto bizzarro se non addirittura snervante lo stile di vita occidentale. Non avevano un intrinseco senso del rispetto, del dovere e dell'abnegazione, ma facevano solo ciò che volevano senza una logica vera e propria.
« Beh, è pur sempre figlia di una buona famiglia. Le avranno messo un po' di buon senso in zucca. » Ancora una volta, Seojoon gli rivolse uno sguardo scettico.
« Hai incontrato mio fratello. Dovresti sapere che il nesso tra buona famiglia e buon senso non è così immediato. » « Touché. » Sorrise, lasciando che anche l'assistente si dileguasse, muovendosi verso il retro del ristorante insieme allo staff del luogo, così da poter coordinare dettagli ed eventuali problemi, lasciando al contempo la privacy necessaria ai due protagonisti. Quando finalmente Daehyun comparve nella sua visuale, il giovane Moon stese le labbra in un sorriso cordiale, rivolgendole un inchino di saluto.
« Daehyun-ssi, è un piacere. » disse con tono gentile, scegliendo come da prassi per un primo incontro di utilizzare il registro semi formale e l'onorifico attaccato al nome.
« Spero ti piacciano. Non conosco le tue preferenze in quanto a fiori, dunque sono andato a sentimento. » Le porse il mazzo, dandole il tempo di accettarlo prima di scansarsi dal passo e aprirle la porta, facendole cenno di entrare prima di lui.
« Prego. Immagino che avrai fame. » Inclinò il capo di lato, sorridendo.
« Avrei anticipato l'orario, ma purtroppo il lavoro mi tiene le mani piuttosto legate questi giorni. » E no, non si riferiva né agli affari di famiglia, né alle attività di cui era titolare, ma al ruolo che ricopriva al momento nell'intelligence. Era stato assegnato alla squadra che si occupava del reparto internazionale nella ricerca dei fuorilegge, dunque era solo naturale che quei giorni fossero piuttosto movimentati.
« Tu di cosa ti occupi? » le chiese dunque, cercando di passare la parola a lei per rompere un po' il ghiaccio mentre scostava la sedia dal tavolo per farla sedere.