People You Know

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    Betty osservava le sfere d'acciaio del pendolo oscillare ritmicamente, mentre la nuova responsabile del corso di medicina sfogliava il suo fascicolo. Dopo la caduta di Inverness c'erano stati parecchi cambiamenti nell'organico scolastico, parecchi nel senso di tutti. Con lo smantellamento del centro dei guaritori Betty si era ritrovata senza lavoro, ma come molti dei suoi colleghi era stata ricollocata presso il San Mungo; per rimpolpare le fila dei suoi medici. Prima di prendere servizio la dott.ssa Howard, referente del corso di medicina, avrebbe dovuto riesaminare il suo percorso e stabilire se fosse idonea o meno al nuovo ruolo. « Non c'è che dire signorina Branwell, un curriculum di tutto rispetto. » La donna aveva un aspetto austero, occhi piccoli, un naso aquilino e una figura estremamente sottile. Le mani affusolate, dalle lunga e magre dita, sfogliavano le pagine mentre leggeva con attenzione i dettagli del suo percorso scolastico. Ogni tanto di lasciava andare a qualche cenno di assenso o smorfia contrariata. « Tutti sembrano elogiare la sua compassione. Tendono a sottolineare più e più volte la sua dolcezza nel prendersi cura dei proprio pazienti e il rapporto unico che sviluppa con ognuno di loro. » Parole che sembravano intrise di un lieve rimprovero; quasi come se disapprovasse il suo comportamento. « Ho imparato a sfruttare l'empatia a mio vantaggio... » Sin dall'inizio del suo percorso le era stato fatto presente che la sua empatia poteva essere una debolezza e che la sofferenza l'avrebbe messa a dura prova. « Non teme di perdere la lucidità necessaria? Affezionarsi ai pazienti potrebbe offuscare il suo raziocinio e spingerla a cercare soluzione anche dove non ce ne sono. » Non era la prima volta che incontrava un medico con una visione della professione diametralmente opposta alla sua. Ognuno cercava di fare il proprio meglio e Betty aveva capito che per svolgere la professione al meglio doveva farsi carico delle loro paure e cercare di alleviare il loro dolore. « Non mi accanirei mai su un paziente sofferente , conosco i nostri limiti e so che non possiamo aiutare tutti...però quando non possiamo guarirli abbiamo il dovere di confortarli. » Una posizione che la ragazza non avrebbe mai rinnegato, anche a costo di inimicarsi qualcuno. La donna si tolse gli occhiali da vista, chiuse il suo fascicolo e la osservò in silenzio; quasi come se stesse cercando di dare un peso alle sue parole. « Sarò onesta con lei, non sono del tutto favorevole al suo rientro, nonostante gli elogi del suo fascicolo ha alle spalle una storia di instabilità psicologica e non penso che questa sia la carriera giusta per lei. » Mi scusi se dopo un lockdown e il ritrovamento di un cadavere ho avuto qualche problema a tornare alla normalità. Parole per cui Betty dovette mordersi la lingua, sembrava quasi vietato parlare degli orrori del passato o di ricordare a qualcuno la mortalità passata di del nuovo e riscoperto Messia. « Però ho ricevuto una lettera dal primario del reparto di pediatria che non vede l'ora di averla tra le sue fila e non posso fare a meno che dare la mia approvazione. » Un'approvazione forzata, come se non dipendesse da lei. Betty sospettava che ci fosse lo zampino dei suoi genitori; la loro influenza non era indifferente e nonostante le sue richieste di tenersi fuori non erano stato in grado di rispettare i suoi desideri. Un comportamento che non l'aveva di certo sorpresa, i suoi genitori erano campioni nell'ignorare i sui desideri. « Le auguro buona fortuna. » Un tono secco che la congedava senza troppo riserbo. Strinse la mano che la donna le aveva sporto per semplice dovere. Una falsa cordialità che le aveva lasciato l'amaro in bocca. Lasciò l'ufficio con un sospiro, sollevata di essersi sottratta a quel fuoco nemico; a tutti quei preconcetti che la dottoressa Howard le aveva cucito addosso senza nemmeno conoscerla veramente. Non si sarebbe lasciata dipingere dagli altri come una vittima; era stata una vittima ma aveva lavorato a lungo per uscirne e vedersi come una persona forte. Una consapevolezza che non avrebbe lasciato scalfire facilmente.
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    I corridoio del campus erano stati testimoni di questo suo cambiamento, l'avevano accolta quando era a pezzi e piano piano l'avevano vista trasformarsi in una persona completamente nuova. Aprì la porta della biblioteca e si lasciò abbracciare da quel silenzio assordante. Un silenzio ricco di bisbigli e del rumore di pagine sfogliate. Suoni per lei confortevoli. Avanzò tra gli scaffali, toccando con mano i libri che li riempivano. Molti studenti affollavano i banchi tra le fila di scaffali; chi da solo e chi organizzato in gruppi. Non poté fare a meno di pensare quanti di loro fossero ancora sconvolti dagli avvenimenti dell'ultimo periodo; quanti erano stati separati da amici e familiari. E' tra le ultime fila che scorse il voto famigliare di Cam. Non si stupì di trovarlo in un'area appartata, lontano dagli altri studenti e assorto nei propri pensieri mentre roteava una penna velocemente tra le dita. Avanzò silenziosa, quasi scivolando sul pavimento fino a raggiungerlo. Si sedette di fronte a lui, a gambe incrociate per terra con la schiena appoggiata agli scaffali dietro di sé. « Ehilà straniero... » Incrociò i suoi occhi azzurri e sorrise, non lo vedeva da prima della presa di Hogwarts e il trambusto che era seguito non aveva certamente aiutato le comunicazioni. Betty era rimasta per qualche giorno a Londra e aveva fatto rientro solo da un paio di giorni nella sua casetta nei pressi di Hogsmeade. « Come stai? » Voleva sapere come gli ultimi tumulti avevano cambiato la vita nei pressi di Hogwarts e nel campus.


     
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    Camden aveva accolto le ultime novità a Hogwarts con grande tranquillità. Nuovo preside, parti del castello che venivano ricostruite, ribelli che fuggivano il prima possibile da Hogsmeade. Riteneva che quello fosse un normale corso storico: era più che altro fastidioso che a essere oggetto di contesa tra Ministero e Ribelli fosse una scuola, con ragazzi e bambini al loro interno. Non lo riteneva particolarmente etico. Ma la guerra è guerra.
    Delle faccende politiche tra stati auto-proclamati e Ministero della Magia, in fondo, gli era sempre importato poco: si era unito ai Ribelli più per convenienza, e, certo, anche un po' perché apprezzava le loro modalità sovversive, ma non si era mai interessato davvero alla causa. Qualcosa che, al contrario, aveva del tutto catturato la sua attenzione nelle ultime giornate era quanto accaduto al Ministero durante l'eclissi solare: la resurrezione (niente meno) di Eric Donovan. Sin da quando aveva visto il primo titolo sulla Gazzetta, aveva consumato ogni informazione sull'argomento con ingordigia, senza poterne fare a meno. Quando il Messia - così qualcuno lo chiamava - si era presentato alle porte di Hogwarts per dare supporto agli sfollati e ai sopravvissuti alla battaglia, Camden si era recato sul posto con una frenesia che non gli apparteneva, e aveva osservato l'uomo (cos'era, poi? Un uomo? Un fantasma? Una proiezione?) da lontano, affascinato. Non riusciva a credere ai suoi occhi: se davvero qualcosa di morto era tornato in vita, per la prima volta nella storia magica - Harry Potter, a suo dire, non contava: lui era semplicemente non-morto di fronte all'Anatema Che Uccide. Due volte su tre - allora questo aveva implicazioni incredibili per il mondo della Trasfigurazione, della Necromanzia e delle Arti Oscure. Le possibilità erano infinite.
    Quella faccenda l'aveva inghiottito in un vortice travolgente, tanto da costringerlo a rimanere in piedi fino a notte fonda, a leggere un articolo dopo l'altro, a scavare nel passato di Donovan alla ricerca di qualche indizio che avrebbe potuto anticipare quegli eventi, a imparare tutto ciò che poteva sulla materia. Quel pomeriggio, era completamente assorto nella lettura di un interessante tomo di Necromanzia, seduto a gambe incrociate sul pavimento della biblioteca, le spalle appoggiate ad uno degli antichi scaffali. Si accorse di avere compagnia soltanto quando una nuova figura entrò nel suo campo visivo e, sollevando lo sguardo, incontrò quello di Betty Branwell. « Ehilà straniero... » Strinse le labbra, in una specie di sorriso storto, e le rivolse un cenno del capo, a mo' di saluto. « Ehilà » ripeté, ermetico, continuando a giocherellare con la penna che teneva in equilibrio tra le dita della mano destra. Era una specie di antistress che lo aiutava a concentrarsi.
    « Come stai? » Cam si strinse nelle spalle, posando lo sguardo negli occhi chiari di lei. « Seduto. » Accompagnò quell'affermazione con una piccola smorfia divertita, un angolo delle labbra piegato leggermente all'insù. Fece poi spallucce. « Sto facendo una lettura interessante » si ritrovò a dire, sollevando il libro dalle proprie ginocchia per mostrarne la copertina alla ragazza, affinché vedesse il titolo: "Confini Trascendentali: Il Richiamo dai Regni dell'Ombra". Assottigliò lo sguardo, colto improvvisamente da un pensiero inaspettato. « Tu eri al Ministero, il giorno dell'Eclissi, non è vero? Ho sentito dire così. » Studiò l'espressione della ragazza, come se dai suoi occhi soltanto potesse già capire quali fossero i suoi pensieri. La Legilimanzia era senza dubbio un'altra arte che avrebbe voluto padroneggiare. « L'hai visto? Lui? » Il Prescelto. Il Messia. Quello di cui tutti parlano. Gli occhi di Camden, che di solito erano spenti o distratti, parevano ora rinvigoriti da una luce nuova, piena d'euforia e anticipazione. « Com'era? »
     
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