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    And I was catching my breath
    staring out an open window, catching my death
    and I couldn't be sure, I had a feeling so peculiar
    that this pain would be for evermore


    Parlare con Fitzwilliam l'aveva tranquillizzata. Alena faceva ancora fatica a comprendere ciò che era successo quella mattina, ma l'idea di rivedere dei volti familiari la faceva già stare meglio. Avanzò per il vialetto, il corpicino esile stretto in un cappotto di qualche taglia più grande che le aveva prestato uno dei warlock, affinché non soffrisse troppo il freddo di ottobre inoltrato. Non era riuscita a portare nulla con sé, se non il proprio cellulare ed i vestiti che indossava quella mattina. Quando riconobbe la figura di Otis, presso l'entrata dell'edificio a cui era stata assegnata, i passi di Alena accelerarono, e si ritrovò ad attraversare lo spazio che li divideva quasi di corsa. Non appena gli fu vicino, le fu quasi naturale sollevarsi sulle punte per stringerlo in un abbraccio: affondò il viso nel giubbotto di lui, godendo per qualche istante di quel calore umano che, per quanto non propriamente familiare (mai si era avvicinata tanto ad Otis se non per strappargli la penna di mano in redazione), lo era più di qualunque cosa la ragazza avesse sperimentato in quella giornata. « Sono contenta che stai bene » disse, sciogliendo quell'abbraccio, non senza un filo d'imbarazzo. « Mi dispiace per Inverness. Ci... mhm, ci sono state tante vittime? » Che domanda orribile da fare. Cosa si diceva in questi casi? Esisteva un'etichetta su come consolare una persona che ha appena perso la casa, e con essa tutto il proprio passato? Fortunatamente la vista di Veronica, in fondo alla strada, li distrasse da quel momento. « C'è Ronnie lì! Ronnie! » Le corse incontro, per stringere anche lei in un abbraccio. « Sei tutta intera? Quando sei arrivata? Hai notizie di Nessie? »
     
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    Aveva aspettato ai varchi per ore. Lei e suo fratello minore erano rimasti con gli occhi puntati sul portale fin quando la piazza non si era svuotata, lasciando loro e pochi altri a fare i conti con dubbi a cui non erano certi di volere una risposta. I Rigby? Arlo Rigby? Vanessa Diaz? Jonas Rigby? Avevano chiesto più o meno a chiunque, tra chi faceva le liste dei superstiti e chi tornava angosciato e malconcio dai luoghi colpiti. La maggior parte non aveva saputo rispondere, ma alla fine delle notizie le avevano trovate. Carl O'Connell era amico della loro famiglia da che Veronica ne aveva memoria: vivevano nello stesso quartiere e per lei e i suoi fratelli era sempre stato considerato una sorta di zio. Zio Carl: così lo chiamavano, appunto. « Quei maiali li hanno presi. Ho provato a portare via Jonas, ma quando ha visto i vostri genitori si è lanciato come un pazzo. Non è arrivato nemmeno a toccarli, gli auror. Lo hanno schiantato a metà strada. » « Nessuno l'ha aiutato? Cazzo, lo conoscete! Dovevate dargli una botta in testa e caricarlo su un fottutissimo ippogrifo. » Carl sapeva che quella rabbia non fosse diretta a lui nello specifico. Come altro poteva reagire Veronica? Nel rendersi conto che la sua intera famiglia fosse stata arrestata insieme all'uomo a cui avevano giurato fedeltà anni addietro, come poteva reagire se non maledicendo anche la terra che calpestavano? « Non sono gli unici ad essere stati presi, Ronnie. » « E questo dovrebbe consolarmi? » Gli occhi della Grifondoro rimanevano puntati sul viso dell'uomo, rossi di lacrime e rabbia. Lui, in risposta, sospirò. « Avevamo già perso. Non c'era nulla da fare. » Sì, ma c'è chi ha perso più di altri. Forse era egoistico da parte sua pensarla così, forse era ingiusto, ma non riusciva a guardare in faccia quelle persone che si ricongiungevano ai propri familiari, abbracciandoli e dirigendosi verso le abitazioni a loro assegnate. Nella tragedia, loro potevano quantomeno trovare consolazione nel fatto di essere uniti. Veronica ed Evan, invece, non potevano. Loro se ne erano solo potuti andare a testa bassa, costringendosi a buttare giù qualche pezzo di pane, seduti a terra nel monolocale spoglio che gli era stato prestato. Era già piuttosto tardi e il vociare nel quartiere si era lentamente attenuato nel silenzio, ma era certa che nessuno stesse dormendo - nessuno ci sarebbe riuscito, probabilmente. « Mi ha scritto Otis. Vado a vedere come sta. Se vuoi venire anche tu.. » lasciò la frase incompiuta, sollevando meccanicamente gli angoli delle labbra. Di solito non includeva mai il fratellino nei suoi programmi, in primis perché aveva solo dodici anni, ma quella volta era diverso e non se la sarebbe sentita di lasciarlo da solo a fare i conti con quella giornata. « Mh sì. Se a te va bene. » Annuì, alzandosi a fatica da terra per raccogliere la giacca a vento dall'appendiabiti sbilenco e lanciare l'altra al fratello. Un cenno del capo ed erano fuori, diretti verso il punto che Otis aveva indicato.
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    Li aveva individuati già da lontano, facilitata dal fatto che le stradine del quartiere fossero per lo più vuote, con tutte le luci delle abitazioni accese. Otis e Alena erano lì, di fronte all'entrata di una palazzina, e per la prima volta in quella giornata Ronnie provò un piccolo senso di sollievo nel vedere facce amiche. « C'è Ronnie lì! Ronnie! » Non poteva dire di avere un vero e proprio rapporto con la Gauthier, ma in quel momento il suo abbraccio non fu né fuori luogo né sgradito. La strinse leggermente, sollevando gli angoli delle labbra in un tenue sorriso stanco. « Sei tutta intera? Quando sei arrivata? Hai notizie di Nessie? » « Verso l'ora di pranzo. Io, Nessie e Ava ce ne siamo andate da Hogwarts poco dopo la fine dell'eclissi. Stanno bene. Sono anche loro da queste parti. » spiegò, mentre percorrevano il pezzo di strada che le separava dal punto in cui si trovava Otis. Quando si trovò di fronte a lui, le parole sembrarono per un istante morirle in bocca, sulle labbra increspate da quello stesso sorriso meccanico che si era sforzata di tenere in ogni interazione. Avrebbe voluto chiedergli tante cose, in primis come stava, dove si trovava sua madre, se si fosse fatto male o altro. Ma tutto ciò che riuscì a fare fu tirarlo in un abbraccio, stringendogli le braccia al collo in silenzio. Una posizione in cui rimase per diversi istanti, prima di staccarsi pian piano e tirare su col naso, indicando il fratello con un cenno. « Otis, tu lo conosci già. Alena, questo è Evan, mio fratello. Forse vi siete incrociati a scuola. » Il ragazzino salutò i due con un cenno, non timido, ma decisamente poco loquace rispetto ai suoi standard. « Ho visto anche Emi, ad Hogwarts. Credo sia stato uno dei primi ad essere portato via. Voi lo avete sentito? »


     
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    Aveva lasciato un po' di spazio a Raiden in compagnia di Eriko e Hiroshi. Con la scusa di portare fuori la spazzatura, aveva quindi deciso di approfittarne per fare due passi e andare incontro ai suoi amici. Una breve passeggiata le avrebbe fatto solo bene. E poi, voleva passare in infermeria per accertarsi delle condizioni di Logan. Poco male. Medicato a dovere, il fratello maggiore era crollato in un profondo sonno dal quale non ebbe il cuore di risvegliarlo. Così, se ne era andata, non certo senza provare un certo senso di amarezza nei confronti della sua attuale situazione. Con un piede rotto, sarebbe rimasto fuori combattimento per diverso tempo. Anche Bartosz sembrava stare meglio. Certo, la botta alla testa continuava a far preoccupare i guaritori, ma quanto meno era stato sufficientemente fortunato da poter vedere ancora un nuovo giorno da uomo libero. Non a tutti era stata data la stessa possibilità. Così alla fine li aveva trovati. Si erano radunati non molto lontano da casa sua, e quindi, a piccoli passi un po' lenti e trascinati, alla fine si era avvicinata. « Mia! » Pur non staccandosi dal fianco della sorella, il giovane Evan l'aveva salutata con la manina suscitandole un piccolo sorriso tenere. Seppur non fosse stata una sua diretta istruttrice, Mia aveva assistito ad alcune delle lezioni di combattimento nelle prime settimane a Hogwarts, alle quali anche lui aveva partecipato. « Ciao ometto. » Stirò un leggero sorriso agli altri, accarezzando appena il braccio di Ronnie. Ovviamente sapeva già; le notizie sugli arresti erano state le prime a girare in lungo e in largo. In merito non sapeva cosa dire, e in un certo qual modo, pur non essendo presente, prova un senso di responsabilità rispetto alla possibilità di aver potuto impedire che Ronnie si trovasse in quella situazione. Poggiò la spalla al muro del palazzo di fronte al quale si erano fermati e volse lo sguardo verso l'alto. « Lo so.. abbiamo detto di vederci da me, ma avevo bisogno di prendere una boccata d'aria.. » E accertarmi che nessuno è ancora morto in infermeria. « Questi palazzi sono molti stretti.. » Asserì pensierosa mentre misurava in altezza la palazzina di fronte alla quale si trovava. « E gli warlock hanno delle abitazioni molto piccole. Il nostro palazzo pare lo studentato di Hogsmeade.. ma con cucina indipendente. Fa ridere perché al settimo io non vedevo l'ora di andare allo studentato.. » Parlava a vanvera, Mia, forse giusto per parlare. Forse giusto per dire qualcosa, senza dover necessariamente parare di morti, macerie, distruzione. « È assurdo. Negli ultimi mesi non siamo riusciti a beccarci mai. Tra chi lavorava, chi è partito, chi proprio non aveva voglia.. » Abbassò lo sguardo stringendosi nelle spalle. « La prossima volta cerchiamo di trovare una ricorrenza più blanda rispetto alla fine del mondo, che dite? Non è che avevo tutta questa voglia di ribeccarvi nelle vesti di una senzatetto. » Non stava nemmeno cercando di sdrammatizzare. Era semplicemente così. Molti di loro avevano perso tutto o quasi tutto. « È proprio assurdo.. un po' tutto. »

     
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    Stava concludendo la telefonata con Émile quando era arrivato di fronte al portone dell'edificio in cui aveva ricevuto ospitalità Alena. Al piano di sotto sembrava un emporio o un bazar di qualche sorta, e al piano superiore doveva esserci l'abitazione, forse una sorta di pensione con il minimo indispensabile. Mentre schiacciava il pulsante rosso sul cellulare, pensò passivamente che era certo che nessuno di loro avrebbe chiuso occhio, per quella notte. Probabilmente gli ci sarebbe voluta una settimana per liberarsi di tutta l'adrenalina che aveva in corpo. Vide arrivare Alena, avvolta in un cappotto gigantesco che le arrivava oltre le caviglie, e provò un moto di compassione che difficilmente avrebbe pensato di riuscire a sentire nei confronti di quella noiosa e fastidiosa Alena Gauthier. Infilò il cellulare nella tasca posteriore del pantalone di velluto, alzando una mano per salutarla, e quando lei gli si avvicinò, Otis svettando su di lei per quei venti centimetri che li separavano, fu automatico avvolgerla in un abbraccio silenzioso, il primo e forse l'ultimo che si sarebbero mai scambiati, la testa di lei che gli arrivava più o meno allo sterno. Erano da soli, non avevano che l'un l'altro. «Dài, che mi strozzi» disse naturalmente lui, comunque poco amante del contatto fisico. «Sono contenta che stai bene» lo ignorò lei. «Anche io» fece, sorridendole sincero. «Non si conosce il numero di vittime, ancora. La maggior parte erano del Corpo di sicurezza, ma ci sono stati anche tantissimi civili...» Non gli andava di parlarne o di pensarci, così cercò disperatamente un diversivo, qualcos'altro da dire, chinando la testa e prendendo a far rotolare un sassolino con la punta del piede. «C'è Ronnie lì! Ronnie!» La vide raggiungerli e non riuscì a trattenere le lacrime, a quel punto. Le leggeva la stanchezza addosso, l'aveva intravista accanto al portale, dove si era trattenuto anche lui prima che la Stone lo intimasse di spostarsi da lì, perché era troppo pericoloso. Non sapeva se fosse riuscita a ricongiungersi con la propria famiglia, ed ebbe paura a chiederlo, ma quando la rivide pensò che era quello che Ronnie faceva sempre e che faceva meglio di chiunque altro, sopravvivere. Ingoiò il groppo in gola, ricacciò indietro le lacrime, stropicciandosi gli occhi con il palmo della mano: l'ultima cosa che le serviva era un piagnisteo, lo sapeva. Si lasciò tirare in un abbraccio difficilissimo, per uno che aveva trascorso il giorno intero a piangere e che avrebbe potuto ricominciare in qualunque momento, ma strinse a sé la migliore amica, una mano a tenerle la testa e ad accarezzarle i capelli. «Menomale che stai bene» mormorò, faticando a lasciarla andare. Poi, mentre Veronica presentava Evan ad Alena, Otis gli rivolse un cenno con il mento, e un occhiolino complice. «Grazie per avercela riportata sana e salva» fece, dandogli una pacca leggera sulla spalla. «Sì, l'ho sentito al telefono giusto adesso... Sta da mia zia Betty, mi sa. Si è ritrovato al Ministero, mi ha raccontato delle cose allucinanti...» «Mia!» La voce di Evan lo interruppe, portando lui e l'intero gruppetto a rivolgere il viso indietro, dov'era rivolto il piccolo Rigby. Anche lei appariva provata, come tutti loro, chiaramente, ma Otis provò sollievo, o qualcosa che ci andava molto vicino, nel vederli tutti in piedi, tutti sani e salvi, anche se avevano perso tutto, e non c'era certezza del loro futuro. La ascoltò parlottare a vanvera, come faceva tipicamente Mia quando c'era qualcosa a preoccuparla di cui non le andava di parlare. E così non ne parlò, Otis, limitandosi a passarle un braccio attorno alle spalle, un linguaggio d'affetto che gli piaceva meno di quello verbale e in cui era ben più goffo, ma che era l'unico possibile, al momento attuale. Inclinò la testa contro la sua, e rimase così per qualche secondo. Coraggio. «Assurdo è l'eufemismo dell'anno. Niente ha senso – l'unico modo per sopravvivere è smettere di fare domande oppure cominciare a drogarsi. Evan, copriti le orecchie» fece, sciogliendo la presa da Mia e infilandosi le mani nelle tasche. «Avete... Uhm... Sapete qualcosa dei funerali di Stato per Harry Potter? Io... Ci andrei. Penso che dovremmo farlo... Può essere pericoloso, secondo voi? Lasceranno almeno che gli si dica addio?» Fece, a voce più bassa, corrugando la fronte.
     
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    Fu contenta di sapere che anche Nessie era al sicuro, da qualche parte. « Ciao Evan! Sì, ci conosciamo già. » Ridusse gli occhi ad una fessura, mentre salutava il fratello di Ronnie con un sorriso tirato. Evan era quello che per poco non le aveva stracciato il vestito camminandoci sopra al ballo di fine anno, ma decise che era il caso di dimenticare certi rancori, quanto meno in quella circostanza. Otis e Ronnie si stavano scambiando informazioni su altri conoscenti, quando lo sguardo di Evan si illuminò, individuata una figura alle loro spalle. « Mia! » Era Mia Yagami. Alena la conosceva soltanto di vista, in quanto amica di Nessie e studentessa del college. « È assurdo. Negli ultimi mesi non siamo riusciti a beccarci mai. Tra chi lavorava, chi è partito, chi proprio non aveva voglia... » Se ne restò in silenzio, le mani affondate nelle tasche mentre i tre parlavano, vagamente a disagio. Non riuscì a non notare come fossero tutti almeno una spanna più alti di lei, e come fossero così naturalmente in sintonia. Guardò Otis abbracciare casualmente Mia, e pensò che anche lei avrebbe voluto partecipare a quell'intimità, o poterla avere con qualcuno. Era sola, in un posto che non conosceva, e con persone che non conosceva davvero. E probabilmente era una palla al piede pure per loro. Incrociò le braccia al petto, lo sguardo perso in un punto in fondo alla strada buia, stringendosi di più in quel cappotto gigantesco. Si chiese chi avrebbe voluto accanto e scoprì che, oltre Fitz, nessuno della scuola rispondeva ai criteri di confidenza richiesti. Nessuno l'avrebbe abbracciata con quell'affetto che aveva dedicato Otis a Ronnie o a Mia. Nessuno l'avrebbe cercata per sapere se stava bene. Istintivamente, ripensò alle parole di Cornelius, pochi mesi prima. Non capisco perché non mi lasci stare, cazzo! Si voltò di scatto, dando le spalle agli altri, per asciugarsi rapidamente le lacrime che affiorarono. Fortunatamente i tre erano distratti dai loro discorsi. « Avete... Uhm... Sapete qualcosa dei funerali di Stato per Harry Potter? Io... Ci andrei. Penso che dovremmo farlo... Può essere pericoloso, secondo voi? Lasceranno almeno che gli si dica addio? » « Beh devono organizzare dei funerali di Stato, no? » fece Alena, tirando su col naso, desiderosa di mettere da parte quanto prima quel momento di debolezza. « È morta la persona che ha salvato il mondo magico, devono comunque dargli rispetto. Io l'ho visto per terra... E tutto per salvare Cornelius... » che, per inciso, siamo proprio sicuri che se lo meritasse? « Ho anche scritto un inizio di articolo sulla sua morte - una specie di necrologio. Sai, per il giornalino. » Le ultime parole le disse rivolta a Otis, mentre tirava fuori dalla tasca del cappotto un foglietto stropicciato e ripiegato più volte. Una parte di lei sapeva di star parlando a vanvera. Sapeva che il futuro del giornalino era ormai compromesso, così come quello di Hogwarts. Eppure quel pomeriggio scrivere quelle poche righe l'aveva fatta sentire meglio. « Poi te lo faccio leggere. » Sospirò, guardando poi Mia e Ronnie. « Cosa pensate succederà adesso? Ai Ribelli, intendo. » Aggrottò la fronte. « Se il Preside è stato arrestato, Inverness è crollata... Che succede ora? Che farà la Morgernstern? Troveranno un altro posto in cui stare? »
     
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    « Sì, l'ho sentito al telefono giusto adesso... Sta da mia zia Betty, mi sa. Si è ritrovato al Ministero, mi ha raccontato delle cose allucinanti... » Annuì piano, stirando un piccolo sorriso nel sentirsi rincuorata quanto meno su quel fronte. Avrebbe potuto scrivergli lei stessa per accertarsi che stesse bene, e forse anche gli amici lì presenti potevano biasimarla per non essersi fatta viva in seguito all'evacuazione, ma la verità era che Ronnie non aveva avuto testa per altro se non per la propria famiglia. Normalmente sarebbe stata la prima a scrivere a tutta la propria lista contatti, ma quel giorno.. semplicemente non era in lei, non del tutto. Rivolse un piccolo sorriso a Mia, salutandola con un fievole « Hey. » quando le si avvicinò. Sembrava tutta intera e, a giudicare dall'umore, non doveva essere accaduto nulla di particolarmente grave ai suoi affetti. Mentre l'amica parlava, forse più per riempire il vuoto interiore che altro, la Grifondoro si mise a sedere sui gradini antistanti l'ingresso della palazzina, appoggiando la tempia contro le sbarre di ferro che reggevano il corrimano. Ascoltava distrattamente ciò che gli amici dicevano, tra constatazioni sull'assurdità di ciò che stavano vivendo e il tema scottante dei funerali di Harry Potter. « È morta la persona che ha salvato il mondo magico, devono comunque dargli rispetto. » Io sul rispetto di questa gente non ci conterei troppo, visti i pregressi. Sarebbe stato semplice piangere Harry Potter da morto, parlando di quale grande uomo fosse stato e dell'enormità del vuoto che si lasciava alle spalle. Forse sarebbe stato anche particolarmente on brand per le alte cariche dello Stato. Si sa come vanno queste cose: ti sputano in faccia da vivo e poi ti fanno santo appena schiatti. « La cosa più rispettosa che possono fare è lasciare in pace quella povera famiglia. Soprattutto adesso. » Non conosceva bene nessuno dei Potter, ma se fosse stata al loro posto, la sola idea di vedere lo Stato appropriarsi anche dell'ultimo saluto al loro caro l'avrebbe fatta ribollire di rabbia. « Cosa pensate succederà adesso? Ai Ribelli, intendo. Se il Preside è stato arrestato, Inverness è crollata... Che succede ora? Che farà la Morgernstern? Troveranno un altro posto in cui stare? » Una domanda che, ovviamente, Ronnie si era trovata a porsi più volte nell'arco di quella giornata, temendo che la risposta più ovvia fosse anche quella che si sarebbe poi verificata nel pratico. Avrebbe forse voluto rispondere nella sua solita maniera mordace, mettendo in luce ciò che tutti sapevano sarebbe avvenuto, ma con il fratellino lì presente non poteva permetterselo. Che bene avrebbe fatto ad Evan sentire l'unica persona che gli era rimasta parlare di un vicolo cieco, dell'assenza di speranza e del fatto che la gente arrestata non avrebbe più visto la luce del sole per chissà quanto tempo?! Si morse dunque la lingua, tirando su col naso mentre scrollava le spalle. « Hanno la pellaccia dura. Sicuramente dopo questa roba non sarà semplice rialzarsi, ma sono convinta che lo faranno. Non è finita qui. » Ci credeva davvero? Forse non del tutto, ma una parte di lei voleva farlo. Voleva credere nel fatto che la sua famiglia non fosse finita dietro le sbarre per nulla, e che le persone per cui avevano combattuto avrebbero a propria volta combattuto per loro. Anche se noi siamo diversi. Non siamo quelli per cui la gente combatte, siamo le pedine. Non abbiamo un nome importante, un ruolo o un destino. Siamo soltanto i numeri che si leggono nei libri di storia - quelli che non ricorda nessuno. « E poi Inverness ha ancora il Giappone come alleato, no? » sollevò lo sguardo su Mia, cercando una conferma nei suoi occhi. « Forse punteranno lì per il momento. Almeno finché non si calmano un po' le acque. »


     
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    « Avete... Uhm... Sapete qualcosa dei funerali di Stato per Harry Potter? Io... Ci andrei. Penso che dovremmo farlo... Può essere pericoloso, secondo voi? Lasceranno almeno che gli si dica addio? » « Beh devono organizzare dei funerali di Stato, no? » A quel punto Mia non era più certa di niente. Seppur dei funerali fossero stati organizzati, in quali termini si sarebbero svolti? A quel punto non sapeva nemmeno quale fosse la loro posizione rispetto al Ministero. Siamo al sicuro fuori da queste mura? Oltre le protezioni del quartiere warlock? Cosa pensava la gente di loro e come li avrebbero accolti? Non lo sapeva; non aveva la più pallida idea di come sarebbero state le cose di lì a poco. « Se il Preside è stato arrestato, Inverness è crollata... Che succede ora? Che farà la Morgernstern? Troveranno un altro posto in cui stare? » Nell'udire le domande della giovane Gauthier, Mia sospirò e abbassò lo sguardo. Per quanto volesse sdrammatizzare, fare finta che una tragedia non si era consumata, non trovò una sola parola che potesse alleggerire la pesantezza di quelle domande. Erano le stesse che si ponevano tutti. Che cosa ne sarebbe stato di loro. « Hanno la pellaccia dura. Sicuramente dopo questa roba non sarà semplice rialzarsi, ma sono convinta che lo faranno. Non è finita qui. E poi Inverness ha ancora il Giappone come alleato, no? Forse punteranno lì per il momento. Almeno finché non si calmano un po' le acque. » Lo sguardo della giovane Yagami si posò sulla migliore amica osservandola con un misto di dolore e amarezza. Tu ci credi veramente? O lo dici tanto per dire. Capirei in entrambi i casi. Ma non sono così certa che questa volta è come le altre volte. Hanno ucciso il cuore di una civiltà; Inverness non era solo un cumulo di mattoni e strade serpeggianti. Era il cuore pulsante di tante comunità. « Non lo so.. » Asserì di scatto deglutendo. « Oggi.. è silenzio stampa. Nessuno dice niente. » La maggior parte dei lycan ha chiuso il contatto, oppure, ha deciso di limitarne la portata solo ai propri cari. Mia era stata tentata più volte di cercare qualcuno, di sentire se ci fosse qualche piano, se qualcuno avesse bisogno di qualcosa. Ma non c'era niente. Era come se tutti si fossero ritirati e chiusi in se stessi, forse per paura che il dolore degli altri avrebbe solo reso quella perdita ancor più insopportabile. « Magari è troppo presto, ma.. credo che questa volta è tutto diverso. Le forze sono allo stremo. Tanti - » Sono morti o sono stati arrestati. « - non ci sono più. E poi, questa cosa dei fuochi fatui taglia le gambe alla mia gente ovunque vada. » Si stringe nelle spalle rassegnata. « Credo che il Giappone ci sia ancora. Però, detto tra noi non so nemmeno in che modo. Non è che hanno proprio mandato uomini quando Hogwarts è stata presa. » Il Giappone si era ben guardato dal avere un coinvolgimento troppo evidente nella faccenda. Forse anche loro sapevano che sarebbe stata un'operazione fallimentare. O forse non lo era affatto, finché non sono stati utilizzati metodi tutto fuorché ortodossi. Certo, il governo giapponese aveva supportato Inverness con armi, supporto d'intelligence e risorse per la costituzione di un nuovo stato. Avevano supportato l'economia, fornito piani di edificazione e dispositivi atti a mantenere salde le barriere magiche, ma non si sono esposti in prima persona. Se qualche soldato lo ha fatto, è stata una scelta del tutto volontaria e non certo disposta dallo stato. « Voi cosa farete? » Chiese infine guardando i tre. « Tornerete a Hogwarts? » Pausa. « Io.. non so proprio cosa farò. Ho lasciato il college, ero una studentessa di me - pessima - e l'unico posto in cui ero ancora vagamente utile è crollato. » È come se mi avessero appena tagliato sia le braccia che le gambe.


     
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    «La cosa più rispettosa che possono fare è lasciare in pace quella povera famiglia. Sopratutto adesso.» Otis annuì, sedendosi accanto a Ronnie, sui gradini. Con Stato Otis aveva pensato, in automatico, allo Stato di Inverness, quello che era stato casa sua da anni a quella parte – ma ora, forse, quella parola avrebbe avuto un altro significato per tutti loro: ci pensava per la prima volta adesso, ma forse, adesso, rimaneva soltanto lo Stato Inglese. Non ne esisteva più alternativa. Succedeva davvero così? Da un momento all'altro, dalla mattina alla sera, l'intera geopolitica di una nazione veniva rivoluzionata? «Ho anche scritto un inizio di articolo sulla sua morte – una specie di necrologio. Sai, per il giornalino. Poi te lo faccio leggere». Lui le rivolse un sorriso storto, sollevando un angolo della bocca, comprensivo. Lui e Alena, se ne rendeva conto sempre di più, avevano in comune più di quanto non piacesse loro ammettere, e più di quanto non si sarebbero confessati, ma Otis la capiva benissimo, quell'immediata chiamata all'azione come meccanismo di difesa, non perdere neanche un secondo di tempo a elaborare quanto successo e precipitarsi subito nel lavoro, qualunque forma avesse. Anche essere lì, chiedersi del futuro, fare considerazioni su tutti – la famiglia Potter, il defunto Prescelto, cosa ne sarebbe stato di Inverness, cosa avrebbe fatto Beatrice, serviva a cercare di dissipare una nebbia impossibile da attraversare, era un tentativo di fare chiarezza, recuperare le proprie coordinate spaziali e temporali, chiedersi insieme “dove siamo? E cosa ne sarà di noi?”, fare il punto, senza davvero farlo, senza davvero parlare della cosa più importante, e cioè di come si sentivano. Nessuno di loro avrebbe voluto farlo, e in fondo, Otis si chiese se ciascuno di loro non stesse segretamente sperando che nessuno dei presenti lo chiedesse, che nessuno direzionasse la loro attenzione al passato, a ciò che era appena successo, aiutandosi l'un l'altro a guardare soltanto avanti, cercare di prevedere cosa sarebbe potuto succedere per recuperare almeno un briciolo di quel controllo illusorio che si era rivelato per ciò che era, e cioè una chimera, proprio poche ore prima. Proviamo a credere di sapere che cosa stia per succedere, proviamo a dare un senso. Ascoltò i pronostici di tutti, rimanendo in silenzio, perché lui la loro chiarezza non riusciva neanche a fingere di averla: fino al giorno prima si sentiva così adulto, consapevole anche solo vagamente di quali fossero le prospettive future, quali gli schieramenti, quali gli amici e i nemici; e sebbene da fuori la situazione non fosse cambiata più di tanto, con Londra che ancora discriminava e attaccava la gente di Inverness, proprio come aveva fatto in passato, ciò che nessuno di loro stava ammettendo era che in gioco ci fossero chiaramente forze molto più grandi di un semplice mago, molto più grandi del Ministero, molto più oscure del Progetto Minerva. Una persona è tornata dalla morte. Non esiste più un punto di non ritorno. Più
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    cercava di rincorrere un quadro d'insieme che potesse dargli risposte sensate, più quelle sembravano sfuggirgli dalle dita. «Voi cosa farete? Tornerete a Hogwarts? Io.. non so proprio cosa farò. Ho lasciato il college, ero una studentessa di me - pessima - e l'unico posto in cui ero ancora vagamente utile è crollato.» «Non ho molte opzioni, credo che lo studio e la scuola possano essere le uniche cose a tenere ancora in piedi la mia salute mentale, in questo momento.» Esitò, incerto su cosa dire, per paura di aggravare lo stato di angoscia in cui tutti e cinque erano sprofondati, una bolla oscura che da fuori sembrava avvolgerli per intero. «Mia, io temo che a questo punto non sarà tanto il principio di utilità a determinare dove potremo e non potremo stare.» Deglutì, soppesando le proprie parole, rischiose perché infondate, ma sufficientemente supportate da dati di realtà da non poter essere taciute. «Io non so se avete seguito quanto ha scritto la Gazzetta, in questi ultimi mesi. Tutto punta verso una demonizzazione delle creature...» C'era una sola cosa di cui aveva cominciato ad avere sempre maggiore consapevolezza, ed era sicuro che per gli altri dovesse essere lo stesso, perché chiunque se ne sarebbe accorto: l'opinione pubblica inglese si era fatta sempre più discriminatoria nei confronti delle creature, sulla scia della cronaca nera degli ultimi mesi, culminando con la decisione di giustiziare quei vampiri. «Credo che per i lycan la situazione sia veramente pericolosa, al momento, ma non solo per loro. Se non c'è più uno Stato di Inverness non c'è più un posto che possa tutelarli, e se sono alla mercé di Londra allora non so cosa potrebbe essere di loro. Hanno giustiziato due vampiri per la prima volta da quanto? Decenni?» La sua voce si era fatta un sussurro, mentre dava voce a pensieri che, era certo, erano presenti già nelle menti di tutti loro – ma qualcuno doveva dirlo. «Vogliono le creature lontane dalla popolazione magica, e sinceramente ho paura di come cercheranno di allontanarle. L'unica opzione valida, secondo me, sarebbe quella di darsi alla macchia, ma anche quello non so quanto possa servire quando il nemico ha assi nella manica che vanno oltre qualunque immaginazione.» Non avrebbe detto altro, non davanti a Evan, ma sentiva il bisogno di tenere le ragazze al corrente di tutto, dare loro quante più coordinate possibile per provare a darsi una mano a capire, e non sapeva chi oltre a lui fosse al corrente della miracolosa resurrezione che aveva avuto luogo quella mattina. Mi dispiace essere il portatore di cattive notizie. Vorrei potervi dire che so che cosa succederà e che ho fiducia, ma non riesco più a sentirla, in questo momento. Siamo solo pedine, spostate da fili invisibili che ci guidano senza che possiamo opporvi resistenza.
     
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    Per quanto sperasse diversamente, Alena non fu sorpresa nel notare il pessimismo dei pronostici dei ragazzi. Solo Veronica aveva mantenuto un approccio leggermente più positivo, ma i lunghi sospiri ne tradivano l'incertezza. Se il destino dei Ribelli non era ancora del tutto chiaro, era evidente per ora quanto meno che avevano subito una battuta d'arresto importante, come sottolineato da Mia. E che nelle vicende di oggi c'era qualcosa di diverso. Colpita da un'improvvisa folata gelida, Alena si strinse meglio nel proprio cappotto, assorta in un punto imprecisato. « Voi cosa farete? Tornerete a Hogwarts? Io.. non so proprio cosa farò. Ho lasciato il college, ero una studentessa di me - pessima - e l'unico posto in cui ero ancora vagamente utile è crollato. » Alena fece spallucce. Dire di non averci pensato sarebbe stata una bugia: al contrario, aveva trascorso tutto il pomeriggio con quel chiodo fisso in testa. Hogwarts riaprirà? Alla sua età, non aveva ancora avuto opportunità di conoscere altro se non il castello, che era diventata a tutti gli effetti la sua casa. L'idea di perdere quell'unica certezza era inconcepibile. « Io voglio tornare a Hogwarts » disse, sicura. E si sentiva sinceramente un'egoista a pensarlo, perché quella mattina erano morte persone a Hogwarts, altre erano rimaste ferite o arrestate... ma non faceva che pensare che quello era il suo anno. Era Caposcuola, stava finalmente emergendo tra i suoi compagni come riteneva di meritarsi. Un'osservazione sporca, quella, che s'intrufolava nella sua mente quasi a tradimento, e allora doveva cacciarla via come una ladra. Non puoi fare questi pensieri. Non oggi. Si perse allora ad ascoltare Otis, un sospiro sconsolato dopo l'altro. Si sentì terrorizzata e affascinata al contempo da quelle considerazioni: terrorizzata, banalmente, perché dipingevano un quadro del mondo magico spaventoso ma incredibilmente realistico, dati gli ultimi avvenimenti; e affascinata perché, checché lei stessa ne dicesse del Tassorosso, e a discapito della loro continua faida pubblica, Otis aveva un modo di leggere la realtà, studiando i giornali ed i fatti di cronaca, che era fastidiosamente al di sopra di qualunque abilità lei potesse riconoscersi. Non l'avrebbe mai ammesso ad alta voce, ma spesso si chiedeva se la bravura di Otis fosse provocata dallo scarto della loro differenza d'età o se, semplicemente, lui era naturalmente portato per qualcosa in cui Alena non sarebbe mai stata così brava. Lei, fino ad ora, della causa dei Ribelli aveva compreso molto poco: si era sforzata di leggere la Gazzetta, e i giornali del Gruppo Peverell, ma spesso s'imbatteva in un linguaggio troppo forbito per la sua giovane mente, e così le sue conoscenze rimanevano ad un livello fin troppo superficiale per i suoi gusti.
    « Dici... Dici quindi che le creature dovrebbero scappare? » domandò, timidamente, dopo qualche secondo di silenzio. Era questo davvero il fil rouge di tutto quel caos? Le creature magiche non andavano più bene al governo? Guardò Mia, spaventata. Lei era una lycan, lo sapeva. Era una delle tante persone che Fitz gli aveva indicato come protezione sicura nel caso di pericolo. Cosa succedeva, ora, se la sua protezione sicura non era più al sicuro? « Ma... Dove? Non possono fargli del male. I vampiri avevano ucciso delle persone, ma gli altri... Non hanno fatto niente! » protestò, come oltraggiata da quella ingiustizia gratuita. Il governo non poteva davvero fare una cosa del genere. Non ce n'era il motivo! Scosse piano il capo. « Non capisco... Non ha senso... » borbottava ancora, lo sguardo basso, quando le sue parole furono interrotte da un sonoro gorgoglìo. Spalancò gli occhi, colta in flagrante, portando entrambe le braccia a cingere il proprio stomaco, che aveva preso a brontolare senza sosta. « Scusate... È che, mhm... non mangio da stamattina... » Rossa come un peperone, rivolse uno sguardo di scuse prima a Mia, poi ad Otis, e infine a Ronnie ed Evan. « Magari avete voglia di trovare qualcosa da mangiare? »
     
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    « [..] Magari è troppo presto, ma.. credo che questa volta è tutto diverso. Le forze sono allo stremo. Tanti - non ci sono più. E poi, questa cosa dei fuochi fatui taglia le gambe alla mia gente ovunque vada. Credo che il Giappone ci sia ancora. Però, detto tra noi non so nemmeno in che modo. Non è che hanno proprio mandato uomini quando Hogwarts è stata presa. » Annuì piano. Dire come sarebbero andate le cose da lì in poi era un terno al lotto: troppe variabili per poter prevedere con una certa accuratezza i futuri sviluppi. L'unica cosa di cui era piuttosto certa era che nessuno, al di là del Giappone, li avrebbe appoggiati: questo lo avevano reso ben chiaro sin da quanto lo Stato di Inverness aveva preso il resto delle Highlands. « Voi cosa farete? » Eh bella domanda. Su due piedi, a poche ore di distanza da quella che era stata a tutti gli effetti una tragedia - o anche soltanto un drastico cambiamento - Veronica si ritrovava ancora una volta a chiedersi quale fosse la propria posizione nel mondo. Aveva sempre appoggiato i ribelli, e questo appoggio non sarebbe mai venuto meno, ma nel pratico non era nessuno e non aveva alcun ruolo al loro interno che potesse farle sperare di essere coinvolta negli ipotetici passi futuri. I suoi genitori avevano sempre fatto il possibile per tenerla distante da quelle situazioni, cercando di proteggerla da quella che era a tutti gli effetti una vita rischiosa. Probabilmente vorrebbero che tornassi al college e vivessi la mia vita come se nulla fosse. Ma come faccio? « Non ho molte opzioni, credo che lo studio e la scuola possano essere le uniche cose a tenere ancora in piedi la mia salute mentale, in questo momento. » « Io voglio tornare a Hogwarts. » Dal canto suo, Veronica rimase in silenzio, evitando di rispondere a quella domanda. Non voleva sbilanciarsi, non in quel momento, senza alcuna informazione o garanzia riguardo ciò che li attendeva. Piuttosto ascoltò un po' assente le parole di Otis, le più realistiche. Che per i lycan la vita non sarebbe stata facile, questo era ovvio, ma sperava in cuor suo che fatti come quelli del Giappone o norme oppressive sulla scia del governo Zabini non si sarebbero ripetuti. « Ma... Dove? Non possono fargli del male. I vampiri avevano ucciso delle persone, ma gli altri... Non hanno fatto niente! » Ridacchiò, forse un po' amara, mentre frugava nella tasca del giacchetto per estrarne il pacchetto mezzo accartocciato di sigarette e piazzarsene una decisamente malconcia tra le labbra. « Ma figurati se gliene frega qualcosa! » disse, dando un colpo alla punta della cicca con la bacchetta, sbuffando poi una nuvoletta fuori dalle labbra mentre allungava le gambe indolenzite sui gradini di fronte a sé. « Finché hanno qualcuno di facilmente identificabile a cui addossare le colpe di tutto, le persone sono contente. E magari alcuni diranno pure che è ingiusto, ma nel giro di due giorni torneranno a farsi i cazzi propri come sempre e preoccuparsi di chi sia la nuova fiamma del giocatore di quidditch X. » Scrollò le spalle. « È sempre andata così. Questa volta non sarà diverso. » L'indignazione di chi non si ritrova la casa distrutta e la vita capovolta, tendenzialmente ha breve durata. La puoi misurare con un fiammifero. « Non capisco... Non ha senso... » Prese un altro tiro, stringendosi nelle spalle. « Non deve averne, purché funzioni. » « Scusate... È che, mhm... non mangio da stamattina... Magari avete voglia di trovare qualcosa da mangiare? » Lanciò uno sguardo ad Evan, che sembrava completamente assorto nei propri pensieri. Non aveva infilato una mezza parola nel discorso - piuttosto strano per il suo carattere loquace, ma di certo non biasimale in una simile situazione. « Vuoi qualcosa? » gli chiese, dandogli un piccolo colpetto con la punta del piede. Solo allora sembrò ridestarsi, scuotendo piano il capo. « Sto a posto così. » La Rigby sospirò, prendendo un altro tiro prima di sollevarsi in piedi. « Noi abbiamo già mangiato, ma vi accompagniamo volentieri. » Si guardò un po' intorno, nella stradina deserta prettamente residenziale. « Solo.. mh.. io non conosco questo posto, quindi non saprei nemmeno dove andare. » Rivolse dunque un'occhiata a Mia e Otis. Non ne era totalmente certa, ma le sembrava di ricordare che per loro non fosse la prima volta da quelle parti. « Voi ci siete già stati? Sapete se c'è qualcosa nelle vicinanze? » In realtà non sapeva nemmeno se quella sera potessero esserci esercizi attivi. « Io non so nulla di qui o di questa gente. »


     
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