In nome del padre

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    « Nonna, io lascerei perdere. Mi sa che questo Dio ha cose più importanti da fare che non stare a sentire te ed i tuoi rosari. » Asserì improvvisamente Sol, guardando in faccia il piccolo sciame di parenti che si era raccolto nella dimora provvisoria che era stata loro offerta dagli warlock a seguito dell'evacuazione. Era una casa piuttosto piccola e trasandata, evidente che non ci abitasse nessuno da diverso tempo. Odorava di chiuso, e c'era uno spesso strato di polvere sui mobili. Alcuni di questi, per la verità, erano ancora coperti da grossi drappi di stoffa. Probabilmente ci sarebbe voluta una gran bella pulita, ed in un momento diverso, lo sentiva nel cuore, sua madre sarebbe stata la prima ad attivarsi per rimetterla a lucido. In un momento diverso. Uno in cui Inverness non fosse crollata su se stessa; uno in cui i lycan non fossero stati costretti a scapparsene con la coda tra le gambe, non potendo far altro che incassare quel colpo fatale. Non fosse stato per gli warlock ed i loro portali, non fosse stato per l'aiuto che quella gente aveva loro offerto, non avrebbero potuto nemmeno quello. Non avrebbero avuto altra scelta che non consegnarsi agli Auror. Forse i più temerari sarebbero anche scappati, ma quanto a lungo sarebbero riusciti a seminare una forza nemica che, e questo non era un mistero per nessuno, gli era numericamente superiore? Qualche settimana? Giorno? Qualche ora? Forse saremmo finiti tutti come quei poveri stronzi arrestati. Come papà. O peggio - come lo zio Sal. Ed era stato questo, ciò che la più piccola delle Delgado aveva interrotto in modo così brusco. Il rosario di rito della matriarca della famiglia. La donna tutta d'un pezzo che sembrava rispondere a tutto con la preghiera. Un'abitudine così dura a scomparire da non venire alterata nemmeno di fronte alla morte di uno dei membri, e all'arresto di una buona metà della sua famiglia. Un'abitudine sulla quale la serpeverde aveva più volte bonariamente ironizzato, che spesso aveva trovato un tratto caricaturale e nulla più, ma che in quel momento la faceva imbestialire. Cosa preghi? Pensi riporterà indietro zio Sal? Rimetterà in piedi Inverness? Farà cambiare idea agli Auror sugli arresti? Di certo non riporterà indietro papà, stanne sicura - anche se preghi fino all'anno prossimo. Era furiosa, Sol. Non avrebbe nemmeno saputo dire verso chi la provasse, quella furia - se nei confronti dell'ostinazione di nonna Dolores ad appellarsi a quel Dio che sembrava non darle retta; se verso quello stesso Dio che da loro sembrava pretendere e basta; se con Darius che aveva fatto uso del contatto per urlarle contro invece di permetterle di provare ad aiutarlo. Io quegli stronzi maledetti li avrei fatti a pezzi. Non avevi alcun diritto di urlarmi contro. Non avevi alcun diritto di mandarmi via. Eppure l'aveva fatto; l'aveva mandata via nel modo più aggressivo possibile mentre gli Auror lo trascinavano chissà dove. L'aveva costretta a darsela a gambe, nella piena consapevolezza di aver abbandonato nientemeno che suo padre nelle grinfie di quegli infami. A seguito delle sue parole, comunque, sentì lo sguardo pesante di sua madre - seduta ai piedi di Dolores, sul pavimento polveroso - posarsi su di lei. « Isabel, per favore. Non è il momento di - » Sol serrò la mascella mentre lanciava alla madre uno sguardo di sfida. Sottile ed affilato.
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    « Davvero? » Le chiese sprezzante, saltando giù dal vecchio mobile sul quale si era appollaiata e portandolo a scricchiolare in maniera sinistra. « Perché, tu pensi che questa cosa » Indicò con scherno il piccolo altare improvvisato, su un tavolino da caffè nientemeno « ci sarà di una qualsiasi utilità? Che - non lo so - ci ridarà un tetto sopra la testa, rimetterà in piedi Inverness? Resusciterà zio Sal? » Le sopracciglia teatralmente inarcate e le braccia incrociate al petto, erano segno del fatto che Sol non soltanto non avesse finito le cose da dire, ma che non avrebbe realmente ascoltato o accettato repliche. « Cazzo, nonna - c'avrai il contatto VIP con l'Altissimo! Però a questo punto lo sai che ti dico? » A quel punto anche un'irritata Dolores le stava prestando attenzione. « Magari fagli sapere che ci dovrebbe trattare meglio. Mano di Dio di qua, Mano di Dio di là - e poi siamo un branco di sfollati. Letteralmente sfollati. Boh, digli tra le righe che anche la cosa in Giappone è stata un po' too much, che ne so. E il lockdown, quello anche è stato un po' di cattivo gusto. Boh, sarebbe anche carino farglielo capire, che forse ci sta pure dare la carota, oltre il bastone, no? Che Dio è uno che tratta la gente così? » Senza che nemmeno se ne fosse accorta aveva cominciato a tremare visibilmente, un sintomo di quella frustrazione troppo grande per un corpicino così esile. « Ah, e aggiungici che tua nipote si è rotta il cazzo. Diglielo proprio, tu che a quanto pare sei in confidenza - amio, Sol si è rotta i coglioni. E non parafrasare, che magari non capisce la gravità della situazione. » Il respiro pesante e gli occhi velati di lacrime, Sol scollò finalmente lo sguardo dall'anziana per passarlo sui parenti più grandi. « E voi che le date corda invece di fare qualcosa di socialmente utile, siete anche più ridicoli. Io vado di sopra. Venite a cercarmi solo se avete notizie di Mariano, altrimenti non vi disturbate. » Aveva la voce rotta dal pianto imminente, ma si diresse comunque al piano di sopra. Entrò in una stanza a caso - la prima capitatale a tiro in realtà - e si sbatté la porta alle spalle con violenza per gettarsi sul letto ed abbracciare il cuscino. Si arrabbieranno con me? Non me ne frega niente. Parola mia - sono pazzi. C'è Mariano che non si trova, il padre di Lola e papà che sono stati portati via, zio Sal morto, e loro pensano ad assecondare i deliri di una vecchia. Probabilmente finiremo pure ricercati, e loro pensano a pregare. Sono fuori! E, in linea con la rabbia che provava, scoppiò semplicemente a piangere. Si sentiva in colpa, Sol. Per tutto quanto. Per non aver fatto di più per Inverness, per non esserci rimasta quando questa era crollata; per non aver disobbedito a Darius e non aver nemmeno tentato di strapparlo alle grinfie delle forze dell'ordine; per non essersi precipitata ad Hogwarts per andare a prendere suo fratello per la collottola e riportarlo in salvo. Mi sento pure in colpa per non aver trovato il mio Sin Eater. Magari è morto pure lui. Oppure è una di quelle merde che hanno portato via papà, chissà. Mai come quel giorno però ne sentiva la mancanza; egoisticamente, desiderava avere accanto qquel qualcuno che le fosse legato in maniera indissolubile, sì, ma in maniera diversa dal semplice legame di sangue. Qualcuno con cui semplicemente poter piangere. E invece, pensa te, il Dio di misericordia mi ha tolto anche quello.
    Quando sentì la porta scricchiolare ed aprirsi, sulle prime non reagì nemmeno. Solo quando si rese conto che fosse stata delicatamente richiusa emise un burbero: « Ho detto di venirmi a cercare solo per Mariano. » Rimarcò, la voce impastata di pianto. « Non mi interessano le ramanzine. E non chiederò scusa alla nonna. » Tirò su col naso, rompendo forse un po' la magia di quell'affermazione. Ma non le importava. Non le importava niente di nessuno. E, testarda, non si voltò nemmeno a controllare di chi, tra i Delgado, potesse trattarsi.


    Edited by peccadillo! - 9/10/2023, 18:51
     
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    Le poche ore trascorse tra il crollo di Inverness ed il loro arrivo nel quartiere warlock erano trascorse con una lentezza spaventosa e, al contempo, cariche di fermento ed inquietudine. O, per lo meno, così era parso a Lola mentre, salita al piano superiore della casetta che era stata loro assegnata, aveva iniziato a sistemare le camere, eliminando i teli che ricoprivano il mobilio e rifacendo i letti con lenzuola pulite. Darsi da fare non le dispiaceva ma, in verità, aveva compiuto quei gesti in modo meccanico, quasi guidata da una volontà esterna; la sua mente era ancora ferma a qualche ora prima, il rumore della battaglia che le esplodeva nelle tempie, i residui di adrenalina che le scorrevano nelle vene, l’odore della polvere e – soprattutto – la puzza di bruciato che aveva invaso l’aria dopo l’esplosione della vecchia armeria. Tutto era così lontano e intangibile, che si sentiva bloccata nel tempo, sospesa in uno stato in cui, probabilmente, non aveva ancora pienamente realizzato quanto era accaduto. Eppure è reale, lo so che è reale. Inverness è persa, non esiste più. La bruciatura che aveva sull’avambraccio glielo ricordava con un dolore pulsante. Aveva rifiutato consapevolmente qualunque pozione antidolorifica; il dolore l’aiutava a rimanere concentrata, aggrappata alla realtà. Tutto sommato era stata anche fortunata: l’esplosione era stata abbastanza forte da spazzare via un gruppo intero di Auror e, contusioni a parte, Lola se l’era cavata con poco. Si sedette sul bordo del letto, soffocando un sospiro. Persino da lì riusciva a udire il pianto di sua madre, ritiratasi in una stanza vuota al piano di sotto. Angelìca Delgado era sempre stata una donna forte, paziente ma con un’indole di ferro. Non poteva essere diversamente, dopo aver messo al mondo e cresciuto sette figli. In vita sua, Lola ricordava di averla udita piangere solo una volta prima di allora: la notte del genocidio in Giappone, quando migliaia dei loro simili erano stati brutalmente massacrati. La sofferenza di sua madre era palpabile; non solo aveva dovuto affrontare la doppia tragedia dell'arresto di Manuel e Darius, ma anche la morte di Salvador. In quel momento, Lola non poteva fare altro che sentirsi impotente, a tratti persino inadeguata. Avrebbe voluto trovare una soluzione, fare qualcosa – qualsiasi cosa – per aiutare. Invece, non vi era nulla che potesse fare. Zio Sal è morto, papà e Darius saranno ad Akzaban ormai e Mariano è disperso chissà dove. E l’unica cosa che possiamo fare è aspettare. La rabbia che ribolliva sul profondo, nascosta sotto una maschera di inerzia, prese improvvisamente il sopravvento. In un moto di frustrazione, Lola lanciò il cuscino contro uno dei mobili, colpendo uno specchio appeso alla parete e rovesciandolo a terra, mandandolo in mille pezzi. Fanculo. Fanculo a tutti. Si morse l’interno della guancia per soffocare un grido, fino a quando il sapore del sangue non le invase la bocca. Avrebbe voluto urlare, distruggere tutto ciò che la circondava fino a quando ogni briciolo di energia l’avesse abbandonata. Ma non è il momento. Non posso fare un’altra delle mie cazzate. Non ora. Contò mentalmente fino a cento, avvertendo il proprio battito cardiaco rallentare lentamente. Era consapevole che chiunque in quella casa fosse in grado di sentirla, così come lei riusciva ad udire le preghiere di nonna Dolores. Strizzò gli occhi, infastidita. Ora più che mai, le sue suppliche sembravano inutili di fronte alla tragedia che li aveva colpiti. « Nonna, io lascerei perdere. Mi sa che questo Dio ha cose più importanti da fare che non stare a sentire te ed i tuoi rosari. » Nonostante la distanza, la voce di Sol le giunse chiara e carica di sarcasmo. Lola si morse il labbro inferiore, in attesa. Conosceva Sol abbastanza bene da riconoscere il punto di rottura e, in un certo senso, non poteva che essere d’accordo. Rimase seduta sul letto per tutto il tempo, avvertendo parte della sua frustrazione legarsi alle parole della nipote, scorrere impetuosamente attraverse le vene, concentrarsi nell’aria come una nube invisibile ma altamente tossica. Si portò le mani al viso, facendo pressione sulle tempie. Sol aveva sempre avuto un temperamento infuocato, ma quella discussione sembrava più intensa del solito. Le sue parole erano cariche di rabbia e dolore, taglienti come lame affilate, tanto che Lola poteva percepire la sua rabbia e frustrazione come propria. Quando Sol salì al piano di sopra, Lola seguì con lo sguardo i suoi movimenti al di là della parete, guidata dal rumore deciso dei suoi passi, fino a quando non udì la porte della stanza accanto richiudersi violentamente. Sospirò, di nuovo, osservando le mani che aveva lasciato ricadere in grembo; aveva la gola chiusa da un nodo doloroso, bruciante. Perchè deve sempre essere tutto così difficile? Perchè non possiamo avere una vita normale, per una volta? Dopo qualche minuto, si sollevò lentamente dal materasso e scese di sotto. Nella cucina, diverse teste si voltarono nella sua direzione. In un angolo, Dolores aveva gli occhi colmi di lacrime, le mani strette attorno al crocifisso come se fosse la loro unica ancora di salvezza. « Non diceva davvero, nonna. È solo spaventata. » Lo siamo tutti. E a ragione. « Andrà tutto bene. » O forse no. Perchè al momento non va bene un cazzo. Non abbiamo una casa, dobbiamo organizzare un funerale e ci sono dei dispersi. Ma è quello che si dice in questi casi, no? « Credo che un thé le farà bene. Glielo porto io. » Accennò ad un leggero sorriso in direzione del resto dei parenti, mentre Dolores si apprestava a riempire una teiera con mano tremante. « Ho finito di preparare le camere. Più tardi vado al mercato a comprare qualcosa per la cena. Fatemi sapere se vi serve qualcosa di specifico. » Non era da lei essere tanto servizievole; in genere si lamentava dei compiti che le venivano affibiati o li accettava in maniera melodrammatica ma, in quel momento, tutto ciò che voleva era mantenersi impegnata. Recuperò la teiera, due tazze e una manciata di biscotti e risalì al piano di sopra. Non si preoccupò di bussare, aprendo la porta con l’aiuto del gomito. La richiuse delicatamente dietro di sè con un leggero colpetto del piede, prima di voltarsi a guardare Sol, di spalle, sdraiata sul letto. Era uno spettacolo talmente adolescenziale che, in un contesto differente, Lola sarebbe scoppiata a ridere. « Ho detto di venirmi a cercare solo per Mariano. » In silenzio, Lola avanzò sino ad appoggiare il vassoio sul tavolino vicino alla finestra. « Non mi interessano le ramanzine. E non chiederò scusa alla nonna. » Versò lentamente del thé bollente in entrambe le tazze e si accomodò sul bordo del letto. « In questo caso sei stata fortunata, sono l’ultima persona che potrebbe farti una ramanzina. » Si strinse nelle spalle, sebbene l’altra non potesse vederla. « E ad essere sincera non hai tutti i torti, anche se avresti potuto essere un tantino più delicata. Ma concordo con te, in questa situazione di merda c’è poco che le preghiere possano fare. » Nessuno ci tirerà fuori da questo casino se non noi stessi. « Non abbiamo più una casa, metà della famiglia è dispersa o in carcere e siamo ufficialmente dei reietti. Un vero schifo. » Portò la tazza di thé alle labbra e vi soffiò sopra, prendendone un piccolo sorso. « Ma urlare addosso a nonna non ti farà sentire meglio. Può darti un po’ di sollievo per il momento, ma finirai per sentirti peggio. Lo so per esperienza. » Con un rapido incantesimo, la tazza destinata a Sol si sollevò nell’aria, avvicinandosi alla ragazza. « Ma so anche come ti senti ora. Arrabbiata, frustrata, impotente. È lo stesso per me. Ne hai tutte le ragioni, ma fa schifo sentirsi così. » Soprattutto da soli. « Perciò, se vuoi parlarne, sono qui. » Si strinse nelle spalle, appoggiando la schiena contro il muro. Quell’intera situazione che andava ben oltre le sue abilità di gestione delle emozioni, ma ciò non significava che si sarebbe arresa senza nemmeno tentare.
     
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    « In questo caso sei stata fortunata, sono l’ultima persona che potrebbe farti una ramanzina. » Seppure avesse riconosciuto istantaneamente la voce di Lola, la bionda non reagì immediatamente alla sua presenza. Si sentiva stanca. Spossata. Come se la scenetta avvenuta pochi minuti addietro al piano di sotto l'avesse prosciugata definitivamente delle già esigue forze che le erano rimaste a seguito della battaglia. Emise invece un lungo sospiro frustrato. Era ancora piuttosto arrabbiata, Sol, ed era troppo complesso risalire alla causa prima di quell'irritazione. Molto più semplice, invece, era pensare a quanto quella casa fosse soffocante — di quanto avrebbe preferito essere in grado di riavvolgere il tempo e tornare ad Inverness. Era anche più semplice prendersela con Dolores, in fondo era stata la bisnonna a rappresentare la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. Non riusciva proprio a far pace con l'assurdità di quell'episodio, a togliersi dalla testa, arrabbiata com'era, che l'intera famiglia si fosse raccolta attorno alla vecchia anziché pensare a fare qualcosa di realmente utile. Non avrebbe nemmeno saputo dire perché la cosa la facesse imbestialire a quei livelli, ma più ci pensava e più la rabbia tornava a farle ribollire il sangue con prepotenza. Si tirò pigramente a sedere senza ancora sollevare lo sguardo. Non era ancora sufficientemente composta. Non era pronta. Non sapeva nemmeno se fosse contenta che Lola si fosse presentata lì o se voleva ancora starsene per conto proprio per metabolizzare. Sapeva solo di sentirsi come una sorta di bomba ad orologeria pronta a detonare in qualunque momento. « E ad essere sincera non hai tutti i torti, anche se avresti potuto essere un tantino più delicata. Ma concordo con te, in questa situazione di merda c’è poco che le preghiere possano fare. Non abbiamo più una casa, metà della famiglia è dispersa o in carcere e siamo ufficialmente dei reietti. Un vero schifo.» Fu solo a quelle parole che sollevò con lentezza le iridi alla ricerca di quelle della controparte, liberando l'ennesimo sospiro infastidito.
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    « Se ho ragione io perché dovevo essere delicata? » Una domanda che aveva del tagliente, forse, ma che era uno specchio perfetto di quanto ipocrita trovasse tutta quella situazione. Ed infatti continuò: « Il suo dolore vale per caso più del mio? O è una questione di diritto di anzianità, per cui io devo soltanto incassare e stare zitta? Perdonami, ma mi sembra un tantinino ridicolo che alla luce di tutto devo stare lì a pensare a come si sente lei. » Il pensiero tornò alla situazione dei reciproci padri. Allo zio morto. A Mariano che non erano riusciti a trovare. « Mi sono fatta andare bene le messe la domenica. Mi sono fatta andare bene quelle prima di ogni festività. Ma no, non mi va bene che sia il suo primo pensiero in questa situazione, né mi va bene non poter dire che sia una cazzata se è quello che penso. » Si strinse nelle spalle come a dire che avesse detto il suo. Se da un lato non ce l'aveva con Lola, era anche convinta di non essere nel torto. In più, mai come in quel momento, dove la religiosità della sua famiglia le pareva più d'intralcio che d'aiuto, sentiva che quei modi di fare le stessero quantomai stretti. Sol, d'altronde, non era nemmeno lontanamente altruista quanto Lola. Né si era mai fatta andare bene qualcosa che non la convincesse per quieto vivere, soprattutto se non ne traeva alcun beneficio. Ho tollerato tutte le sue stronzate finora perché non volevo litigare con papà. Ma non mi sembra che sia nei paraggi adesso. E forse il suo vero problema era proprio quello. Non tanto il comportamento della bisnonna di per sé, quanto inserito nel contesto in cui si trovavano. Le sembrava un distogliere lo sguardo dal problema principale, nonché una maniera elaborata per cercare un sollievo che non meritavano. Un morto, uno scomparso e due arrestati e di sotto stanno a pregare. Fantascienza! La più piccola dei Delgado non solo non sopportava l'inazione, per quanto sentiva, in cuor suo, che nessuno di loro meritasse di cercare sollievo in quel momento. In un moto maledettamente egoistico, voleva che tutti si sentissero dilaniati tanto quanto lei. Dovremmo star rivoltando tutto per cercare almeno Mariano... Quel pensiero era talmente totalizzante che le parole della mora le giunsero come ovattate, distanti anni luce. « Ma urlare addosso a nonna non ti farà sentire meglio. Può darti un po’ di sollievo per il momento, ma finirai per sentirti peggio. Lo so per esperienza. » Non si rese conto di aver abbassato lo sguardo finché non si trovò a farlo saettare in quello di Lola. Un momento di silenzio. « Non mi farà sentire peggio, tranquilla. » Le rispose lapidaria. « Prima di tutto perché penso le cose che ho detto dalla prima all'ultima. E poi perché se anche non so che altro dovrebbe succedere perché possa sentirmi peggio di così, dubito che, qualunque cosa sia, possa avere a che fare con Dolores. » Lo so benissimo cosa dovrebbe succedere per farmi sentire peggio. Ma non lo disse. Non si azzardò nemmeno a pensarlo, non nelle condizioni pessime in cui già si trovavano. Mariano sta bene. Lo troveranno. Probabilmente è in casa di qualche warlock. Nella peggiore delle ipotesi è a Hogwarts. Ma non gli è successo niente. Si trovò a serrare la mascella a quel mantra mentale mentre, inespressiva, si allungava in direzione della tazza che Lola le aveva portato. « Grazie. » Le fece un breve cenno, prima di fare un cauto sorso di the. Una bevanda il cui sapore non sentì quasi, ma il cui calore parve ridarle un minimo di senso della realtà. Ne bevve ancora un po' mentre l'ex tassorosso parlava: « Ma so anche come ti senti ora. Arrabbiata, frustrata, impotente. È lo stesso per me. Ne hai tutte le ragioni, ma fa schifo sentirsi così. Perciò, se vuoi parlarne, sono qui. » Voleva parlarne? Probabilmente no. Ne aveva bisogno, o aveva comunque bisogno di parlare di qualunque cosa con una persona che non fosse mentalmente proiettata alle stronzate del pleistocene? Sì. Un altro sorso. Poi si umettò le labbra e, senza distogliere lo sguardo dalla zia, prese a parlare: « Su questo hai ragione. Fa schifo. » Per quanto solitamente capace di articolare i propri pensieri, in quel momento Sol si trovava impossibilitata a farlo in una modo differente da quelle frasi minime e secche. Quasi l'enormità di quella situazione l'obbligasse ad affrontarla così — un boccone amaro alla volta. « Manuel e papà sono ad Azkaban. Lo zio è morto. Mariano non pervenuto. Inverness è stata distrutta. » Fece una cernita meccanica delle perdite che avevano subito. « I Minerva devono essersi ripresi Hogwarts, nullificando così tutti i nostri sforzi di questi mesi. » Ecco che, nel suo riassunto, cominciavano ad introdursi elementi nuovi. Dolorosi come spilli. « Se mio fratello è rimasto a scuola, come pensi tratteranno il figlio di un lycan avanzo di galera? » Quanto più fredda, sarcastica e disinteressata pareva la voce della bionda, tanto più evidente diventava che la sola idea la annichilisse. Mariano è pure un Tassorosso. Dorme ancora con la luce accesa e non dice nemmeno le parolacce. Sentì gli occhi pizzicare e, prontamente, si trovò a bere ancora, abbassando lo sguardo per evitare che Lola notasse il velo di lacrime. Interruppe il silenzio solo dopo diversi secondi. « Probabilmente finiremo ricercate anche noi. E qui non ci possiamo stare perché tutto molto bello, ma non credo che gli warlock si assumeranno il rischio di farci restare e mettersi nei casini. » Sollevò lo sguardo appesantito, rivolgendolo però oltre Lola. Non voleva guardarla. Forse aveva paura di ciò che avrebbe potuto vederci, negli occhi di lei. Si tormentava l'interno guancia coi denti, intanto, per sfogare almeno parzialmente quella frustrazione. « A quanto pare sul fatto che fossi una delinquente, Dolores non aveva tutti i torti. » Asserì con una certa amarezza, stirando le labbra in un sorriso privo di qualsivoglia sentimento. « Mi sento uno schifo, sì. E anche un po' presa per il culo. Sai, col fatto che Inverness non era il nemico numero uno, quando chi ora sta dall'altra parte ne aveva bisogno. » Pausa. Tornò a guardare Lola, sospirando. « Tu? »
     
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    Il sospiro frustrato che provenì da Sol, fu una risposta piuttosto sintetica e, al contempo, abbastanza eloquente. Suo malgrado, Lola sorrise appena – non era la risposta che avrebbe voluto se solo avesse potuto scegliere ma, se non altro, era un segnale di vita. Si limitò ad osservare la chioma bionda della nipote mentre si accomodava sul bordo del letto, stringendo le mani attorno alla ceramica, piacevolmente calda. Si concesse un sorso di thé, lasciandole il tempo necessario per pensare a una risposta o, se lo avesse desiderato, intimarle di andarsene. Dopotutto, Lola non aveva voglia di litigare – e, in un certo senso, riusciva a comprendere come Sol dovesse sentirsi più di chiunque altro. Anche lei si sentiva atterrita. Dolorante, a causa dei lividi e delle bruciature, sebbene ciò non fosse la parte più difficile o detestabile di quell’intera situazione. Più di tutto, persino più della paura che le congelava il sangue nelle vene quando pensava al futuro, Lola si sentiva inutile; inerme, della stessa stupida utilità di un soprammobile lasciato ad impolverire sulla mensola del camino. « Se ho ragione io perché dovevo essere delicata? » Lola appoggiò il capo contro il muro freddo, socchiudendo gli occhi per qualche istante. Infine, quando Sol ebbene finito di parlare, lo scosse appena, in segno di diniego. « No, non è una questione di anzianità - e nemmeno di chi stia soffrendo di più. Stiamo soffrendo tutti, mettersi a misurare il dolore altrui è impensabile. » Forse persino crudele, in un certo senso.« Ma è anche vero che ciascuno si aggrappa a quello che può, in questo momento. La reazione di nonna può farti incazzare o sembrarti ipocrita – e non sto dicendo che non lo sia – ma se é quello di cui ha bisogno per andare avanti, così sia. » Si strinse nelle spalle, afrettandosi a rirprendere prima che Sol potesse fraintendere le sue parole. « Non sto dicendo che devi fartelo piacere o che devi sentirti obbligata a partecipare – semplicemente ricordati che anche lei ha perso qualcuno. » Prima il marito, poi il figlio, ora persino i nipoti. Per quanto Lola amasse prenderla in giro e farsi gioco delle credenze religiose con cui sembrava condurre ogni secondo della sua esistenza, la vita di Dolores non era certo stata semplice. « Forse ha bisogno di questo. Di credere in qualcosa di più grande, in una ragione incomprensibile per cui non facciamo altro che ritrovarci a soffrire. Forse è il suo modo di stringere i denti, di continuare a lottare nonostante tutto il dolore. » Perché gira che ti rigira, ci ritroviamo sempre in questo schifo. Merda su merda. Nient’altro. Si passò la mano fasciata sul viso, sentendosi improvvisamente stanca. La testa le scoppiava e, nonostante la doccia e gli abiti puliti, l’odore di bruciato sembrava aver permeato ogni centimetro del suo corpo, cementandosi nelle narici. Le dava il voltastomaco. Prese un altro sorso di thé, nel tentativo di ripulirsi la bocca. « Non mi farà sentire peggio, tranquilla. Prima di tutto perché penso le cose che ho detto dalla prima all'ultima. E poi perché se anche non so che altro dovrebbe succedere perché possa sentirmi peggio di così, dubito che, qualunque cosa sia, possa avere a che fare con Dolores. » La Tassorosso si strinse nelle spalle, lasciando così cadere la questione. Come preferisci. Non era certo sua intenzione affondare il coltello nella piaga. Al contrario. « Su questo hai ragione. Fa schifo. » Annuì sommessamente, dondolando un piede al di fuori del letto. Avrebbe voluto riassumere la loro situazione in un altro modo, eppure quelle due semplici parole erano perfette. « Manuel e papà sono ad Azkaban. Lo zio è morto. Mariano non pervenuto. Inverness è stata distrutta. » Un sospiro lento, quasi doloroso, le sollevò il petto mentre ascoltava le parole di Sol. A dispetto della calma apparente che si era momentaneamente impossessata di lei, Lola era conscia – lucidamente consapevole – di non aver ancora pieanamente realizzato ciò che era accaduto. A tratti, aveva la sensazione di trovarsi in un sogno, incastrata in un incubo da cui si sarebbe risvegliata – prima o poi. Eppure, era conscia che fosse reale. Lo sapeva. Aveva assistito in prima persona al crollo di Inverness, all’arresto dei suoi familiari – al dolore e alla disperazione nel momento in cui, ricongiuntasi a coloro che erano riusciti a mettersi in salvo attraverso i portali, avevano contato i caduti, i dispersi, e coloro il cui fato era nelle mani dello Stato Inglese. « Se mio fratello è rimasto a scuola, come pensi tratteranno il figlio di un lycan avanzo di galera? » Gli occhi chiari sattearono in direzione di quelli cerulei della nipote. La fissò per qualche istante, senza dire una parola. Sapevano entrambe che era un punto di domanda pericoloso, un dubbio che poteva insinuarsi nella loro mente, alimentare al contempo false speranze ed i peggiori scenari. Deglutì, tentando di misurare le parole e mettere ordine nei propri pensieri. « Vorrei dirti che andrà tutto bene. Lo vorrei davvero, ma… » Si inumidì le labbra. « sappiamo entrambe che sarebbe una bugia. Però lo spero. E so che Mariano non è stupido. È un ragazzino, ma sa come comportarsi in caso di pericolo, cosa fare per restare al sicuro. » Accennò ad un sorriso, malinconico. « Ti ricordi quella volta che abbiamo giocato a nascondino ed è rimasto chiuso nella credenza così a lungo che ce ne siamo dimenticate? Si è letteralmente addormentato lì dentro, ci è rimasto per una notte intera! Tuo padre ci avrebbe ucciso se avesse scoperto che lo avevamo perso. » Le sfuggì una risata, bassa, mista di ilarità e inquietudine. « Avrà trovato un rifugio. Tornerà a casa. » Deve tornare. Abbiamo perso già troppe persone. Non sapeva se lo stava dicendo per rincuorare Sol o sè stessa; probabilmente, entrambe le cose. Aveva bisogno di aggrapparsi a qualcosa, un pensiero positivo, un barlume di normalità. « Probabilmente finiremo ricercate anche noi. E qui non ci possiamo stare perché tutto molto bello, ma non credo che gli warlock si assumeranno il rischio di farci restare e mettersi nei casini. » Si mordicchiò il labbro inferiore, passando con insistenza la lingua in un punto in cui la pelle sottile era stata lacerata, sostituita da una piccola ferita. La prospettiva che si stagliava dinanzi a loro non era certo rosea. Aveva sentito gli adulti parlarne brevemente, al piano di sotto. Sapeva che vi erano diverse opzioni che stavano discutendo, soprattutto per proteggere i più piccoli e, per il momento, la più concreta era quella di rientrare in Spagna – scappare dal Regno Unito come esiliati o, peggio, veri e propri criminali. Sapeva che probabilmente era la scelta migliore – quella più logica e sensata – eppure qualcosa in quell’idea la infastidiva. Non dovremmo essere costretti a scappare con la coda tra le gambe, a fuggire come se avessimo commesso qualche tipo di crimine indicibile. Non siamo noi i mostri. Non siamo stati noi ad attaccare senza motivo, mettendo in pericolo la vita di bambini ed innocenti. Non siamo stati noi a compiere un vero e proprio genocidio. « A quanto pare sul fatto che fossi una delinquente, Dolores non aveva tutti i torti. » Suo malgrado, Lola non riuscì a trattenere un sorriso. Su quello ci ha visto lungo. Per entrambe. « Mi sento uno schifo, sì. E anche un po' presa per il culo. Sai, col fatto che Inverness non era il nemico numero uno, quando chi ora sta dall'altra parte ne aveva bisogno. » Lola sollevò appena la tazza nella sua direzione, in un ironico brindisi. Amen to that. « Tu? » Prese l’ennesimo sorso di thé, allungando le gambe davanti a sè in un movimento pigro, quasi automatico. Da dove cominciare? « ‘Schifo’ esprime bene il concetto, ma in un certo senso è riduttivo. Capisci cosa intendo? » Sollevò appena un sopracciglio. « Mi sento… impotente. Come se, a prescindere da ciò che faccio, finiamo sempre per ritrovarci nella merda. Non importa quanto siamo corretti, quanto cerchiamo di essere inclusivi, di batterci per la pace, finiamo sempre per essere i cattivi della situazione – e se non i cattivi, di certo finiamo sempre per essere i perdenti. » D’un tratto, rifilò un pugno sul muro, in un gesto di pura frustrazione. « Sono stanca di perdere, Sol. Di cercare di adattarmi, di porgere l’altra guancia e farmi andare bene tutta l’umiliazione a cui ci sottopongono di continuo. » Come se dovessimo persino esserne grati. « E se devo essere considerata una criminale – una ricercata, persino – allora ben venga. Per lo meno non dovrò più mordermi la lingua, se mi scoprono. » Scosse il capo, con una risata cinica. « Perché se mi trovano – se mai dovrò finire ad Azkaban, o peggio – gli darò una buona ragione per spedirmici. A questo punto, voglio meritarmi una condanna fino alla fine. » Se si aspettano che mi arrenda senza lottare, si sbagliano di grosso. « Ormai ci hanno tolto tutto. Quello che non hanno
    capito è che coloro che non hanno più nulla da perdere diventano molto più pericolosi. »
    Sollevò il capo a guardare la nipote negli occhi, le iridi chiare illuminate da un bagliore quasi sinistro, insalubre. « Non importa se gli warlock non ci possono ospitare. Non ho comunque intenzione di restare qui. » Lo aveva già deciso, nello stesso momento in cui avevano ricevuto quell’abitazione temporanea. Non ci si vedeva in quel pittoresco quartiere, a nascondersi mentre parte della sua famiglia si trovava in prigione o sotto terra. « Voglio fare qualcosa, rendermi utile. Non so ancora cosa, ma non voglio rimanere con le mani in mano. » Si accomodò meglio sul letto, abbassando la voce per non farsi udire al piano di sotto. « Ci deve essere qualcosa che possiamo fare – o qualcuno a cui rivolgerci. Non credi? » Si inclinò leggermente verso Sol, cercando il suo sguardo.
     
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    « Vorrei dirti che andrà tutto bene. Lo vorrei davvero, ma… » Ma non ci credi nemmeno tu. E sei consapevole del fatto che probabilmente, con tutto il bene, ti ribalterei. « sappiamo entrambe che sarebbe una bugia. Però lo spero. E so che Mariano non è stupido. È un ragazzino, ma sa come comportarsi in caso di pericolo, cosa fare per restare al sicuro. » Gli occhi cerulei di Sol saettarono rapidi in quelli della zia. Diffidente, ecco cos'era. Non perché non credesse nelle intenzioni di Lola e, a ben guardare, neanche perché pensasse che l'altra non volesse credere davvero in quel che diceva. Ma lo sa davvero? Lo sa? Era un pensiero martellante ed ossessivo, quello, che aveva preso residenza nella sua testa e che non se ne sarebbe andato finché non ne avesse ricevuto conferma dal diretto interessato. Mariano. Suo fratello. Poteva anche essere un ragazzino sveglio, poteva anche avere qualcosa di simile ad un'idea sul comportamento da tenere in caso di pericolo, ma ce l'aveva davvero? No. Non lo sa. E non lo sapeva per il semplice motivo che Mariano Delgado non aveva mai dovuto affrontare il mondo da solo. Non uno così incattivito, uno che girava al contrario rispetto a com'era abituato, uno in cui la causa diretta del fatto che fosse in pericolo era la sua stessa famiglia. Per quanto non fosse cresciuto nella bambagia, per quanto potesse figurarsi all'incirca come girasse il mondo là fuori, la serpeverde dubitava che fosse pronto a quel battesimo di fuoco. Probabilmente perché nessuno lo era mai davvero. E perché Mariano, in fondo, aveva solo dodici anni. Più ci pensava e più le montavano dentro tutte quelle emozioni nere e viscose - la rabbia, la delusione, l'impotenza. L'impotenza, la fottuta impotenza, la parte peggiore di tutta quella storia. Penserà che l'abbiamo lasciato indietro? Ci odierà tutti per questo? Ed una piccola parte di lei, per un motivo a lei ignoto, sperò quasi che lo facesse. Per farsi la pellaccia dura, le spalle larghe. « Ti ricordi quella volta che abbiamo giocato a nascondino ed è rimasto chiuso nella credenza così a lungo che ce ne siamo dimenticate? Si è letteralmente addormentato lì dentro, ci è rimasto per una notte intera! Tuo padre ci avrebbe ucciso se avesse scoperto che lo avevamo perso. Avrà trovato un rifugio. Tornerà a casa. » Sbuffò una risata vuota, Sol, addirittura un po' sinistra nel suo essere priva di qualsiasi sentimento. « Fortunatamente a questo giro abbiamo perso anche lui. Le vie del Signore sono davvero infinite. » Un commento piatto almeno tanto quanto lo era stato il sorriso che l'aveva preceduto. La lingua, a quanto pare, batte davvero sempre sul dente che duole. E suo padre era un'altra nota dolente. La bionda non sapeva se, in merito aa quanto accaduto, fosse più arrabbiata con lui o con se stessa. A ben vedere, forse neanche voleva scoprirlo. Era esattamente il genere di abisso, quello, dove era pericoloso affacciarsi. Abbassò lo sguardo sul liquido nella tazza semivuota, ma non disse altro. Respirava piano, pianissimo, quasi farlo con troppa verve potesse aprire un ulteriore varco per tutti quei sentimenti pericolosi, per tutta quell'ira ed il rancore. Non voleva prendersela con Lola; sapeva, in fondo al cuore, che l'altra stesse soltanto cercando di fare del suo meglio per consolarla. Erano nella stessa situazione, sulla stessa barca - come sempre. Eppure le era sempre stato difficile tenere a freno quella lingua biforcuta che si ritrovava in situazioni di stress così estremo, quasi avesse bisogno di prendersela con qualcosa, qualcuno, chiunque. Con gli anni aveva imparato a mitigare un minimo quella sua tendenza, certo, ma di fronte all'enormità della perdita che avevano collettivamente subito, le sembrava quasi di essere tornata sui suoi passi. Di non sapere minimamente come fare per contenere tutto quel veleno. Ed allora l'unica soluzione che potesse venirle in mente era quella di tacere, anche laddove il suo silenzio poteva essere frainteso; anche quando rischiava di risultare sgradevole. « ‘Schifo’ esprime bene il concetto, ma in un certo senso è riduttivo. Capisci cosa intendo? » Sospirò ed annuì. Lo capisco. A questo punto è accanimento. A questo punto la conclusione più logica è che all'uomo barbuto al piano di sopra stiamo davvero sul cazzo. Tuttavia non disse niente, lasciò che la tassorosso parlasse. Temeva di fare danni, forse. « Mi sento… impotente. Come se, a prescindere da ciò che faccio, finiamo sempre per ritrovarci nella merda. Non importa quanto siamo corretti, quanto cerchiamo di essere inclusivi, di batterci per la pace, finiamo sempre per essere i cattivi della situazione – e se non i cattivi, di certo finiamo sempre per essere i perdenti. E se devo essere considerata una criminale – una ricercata, persino – allora ben venga. Per lo meno non dovrò più mordermi la lingua, se mi scoprono. Perché se mi trovano – se mai dovrò finire ad Azkaban, o peggio – gli darò una buona ragione per spedirmici. A questo punto, voglio meritarmi una condanna fino alla fine. » Anche Lola doveva aver raggiunto il proprio punto di rottura. Il proprio limite. Per quanto la più piccola non fosse certamente un'effige di empatia in quel preciso momento, questo riusciva a percepirlo - quel malumore, quel dolore, irradiava dal corpo della mora come un'emanazione a sé. Emise un verso d'assenso, che poteva voler dire tutto e niente. E forse era proprio così: da un lato comprendeva il sentimento, dall'altro però non riusciva a capire pienamente dove la zia volesse andare a parare. Per questo, forse, lasciò che la castana continuasse. Per capire. « Ormai ci hanno tolto tutto. Quello che non hanno capito è che coloro che non hanno più nulla da perdere diventano molto più pericolosi. Voglio fare qualcosa, rendermi utile. Non so ancora cosa, ma non voglio rimanere con le mani in mano. Ci deve essere qualcosa che possiamo fare – o qualcuno a cui rivolgerci. Non credi? » La verde argento fece un altro lungo sorso di tè e poggiò la tazza sul piccolo comodino di fianco al letto, poi puntò gli occhi in quelli della propria controparte. « Il punto però è che non siamo solo persone che non hanno niente da perdere, Lols.» Le disse in un sospiro. « Sì, per carità - tutto molto poetico, e sarei la prima ad accodarmi nel qual caso qualcuno volesse mettere le bombe sotto al culo dei ministeriali. Però non posso fare a meno di chiedermi noi e quale esercito? Noi e quale base? Noi e quale piano? Senza Inverness, come minimo, ognuno farà cosa può; ognuno andrà dove può. » La voce ancora spenta, cercava di figurarsi quella possibilità. E se ci pensava, suo malgrado, la vedeva lontana. Forse persino irrealizzabile. Magari è il pessimismo. « Noi e quale forza d'animo? » L'ultima domanda fu solo un sussurro triste. Dilaniato. Abbiamo perso così tanta gente, così tanto - la Città Santa, cazzo - che non so bene quanto tempo ci vorrà per riassorbire la ferita. Il danno. « Secondo me, questa rivincita andrà parecchio per le lunghe. » Un'affermazione schietta e sincera. « Qualcosa va sicuramente fatto, hai ragione. Ma cosa? Da dove si ricomincia? » Un modo come un altro per domandarle implicitamente se avesse idee. E dio solo sapeva - se da qualche parte c'era ancora un dio, chiaro - quanto era aperta alle idee.
     
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