there's a firefly loose tonight

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    Avevano parcheggiato la macchina dentro al casolare. Era un vecchio magazzino abbandonato dai tetti alti sostenuti da grandi arcate, e dalle enormi vetrate, ormai annerite dalla polvere e dal tempo. Una di queste vetrate era completamente divelta, probabilmente da qualche gruppo di vandali che si erano trovati di passaggio, i cocci delle finestre ancora sparsi sul pavimento interno. Era stato proprio grazie a quella grande apertura che erano riuscite a guidare il maggiolino volante all'interno dell'edificio, e parcheggiarlo in un angolo, lontano da occhi indiscreti. « Qui dovrebbe andare bene. » Una routine già ben collaudata da un paio di giorni: guidavano quasi per tutto il giorno, si fermavano solo verso sera in un luogo che pareva loro sicuro, trovavano una sistemazione decente per l'automobile e poi partivano gli incantesimi di protezione di routine; infine, se si trovavano all'aperto, montavano la tenda. Quella sera, ben protetette per una volta dalle mura alte del magazzino, si preoccuparono solo di accendere un piccolo fuoco controllato per riscaldarsi. « Ho visto che c'è una bottega babbana qui vicino. Vado a recuperare qualcosa per cena. » Anche quello faceva parte della routine. Malia faceva in modo di allontanarsi almeno un'oretta al giorno, un po' per recuperare quanto di necessario, un po' per concedere qualche attimo di solitudine alla sua compagna di viaggio. Aveva trascorso con la Morgerstern abbastanza tempo da poter riconoscere i suoi segnali quasi senza sforzarsi, e in quei giorni era chiaro che necessitasse del tempo per sé.
    Quanto era successo appena qualche giorno prima doveva ancora essere digerito a pieno dai loro corpi e dalle loro menti: e nonostante le due ex Grifondoro non fossero assolutamente estranee alle catastrofi e ad altri avvenimenti sciagurati di ogni tipo, la caduta di Inverness e la morte di Harry Potter avevano un sapore completamente diverso. Erano avvolti da un'aura quasi solenne, come se dovessero sancire la fine di un'era. C'era un che di definitivo in ciò che era successo, Malia non avrebbe saputo spiegarlo altrimenti. Se in altri casi avevano sempre cercato una via di fuga, un modo per reagire, ora le due ragazze parevano sospese in un'altra dimensione, inghiottite dai boschi britannici e celate dal mondo che conoscevano. Erano scappate, semplicemente. Avevano preso quella decisione con la spontaneità tipica dei loro caratteri, ma con un peso non indifferente sul cuore. Malia non ricordava nemmeno più di chi fosse stata l'idea - semplicemente, nel giro di un'ora avevano raccolto tutti i loro averi ed erano salite a bordo del loro maggiolino giallo, lo stesso che era stato custode ricordi ben più felici, appena qualche anno prima. Smaterializzarsi di volta in volta sarebbe stato di certo più agevole, ma sarebbero dovute rimanere all'interno dei confini britannici, e avevano concordato che la macchina dava loro più opportunità qualora avessero deciso di cambiare paese, così da non doversi affidare a Passaporte illegali. « Potremmo andarcene in Francia. O in Scandinavia, meglio ancora. Secondo me la macchina le regge tranquillamente tre ore di volo fino a Oslo. Una volta lì, chi vuoi che ci cerchi più? » aveva proposto la Stone appena la sera prima, gli occhi scuri illuminati da una luce nuova, quasi fosse appena stata folgorata dall'idea del secolo. Quando aveva visto le liste dei ricercati dal Ministero Inglese, Malia non aveva avuto bisogno di riflettere più di un istante su dove avrebbe voluto essere. Si era sorpresa di non trovare il proprio nome insieme a quelli dei propri amici, ma decise di interpretarlo come un piccolo vantaggio a suo favore: lei aveva quanto meno la possibilità di esporsi un po' di più, con i dovuti rischi, certo, ma con meno preoccupazioni rispetto a chi aveva sulla propria testa una taglia da quindicimila galeoni. Che sarebbe stata al fianco di Tris, però, quella le pareva una certezza. Riusciva a vederlo in maniera quasi nitida, il loro futuro in fuga: sarebbe stato nuovo, diverso, senza dubbio pieno di insidie, ma era esattamente dove voleva essere.
    La bottega che aveva raggiunto in fondo alla strada era grande pochi metri quadri: riuscì a recuperare due tramezzini - congelati da un banco frigo che ronzava in continuazione ed evidentemente non faceva bene il proprio lavoro - e un paio di bottigliette d'acqua. Una volta alla cassa, aggiunse al conto sul bancone anche un mazzo di carte, improvvisamente tentata da quel ricordo di normalità. Forse non avrebbe dovuto spendere così poco attentamente il loro denaro, ma una sterlina le sembrava un prezzo più che ragionevole, specie considerato il valore che un po' di svago avrebbe avuto per lei e Tris. Quando porse alla negoziante la banconota da dieci, tuttavia, non poté fare a meno di chiedersi quanto ancora sarebbero potute andare avanti prima di dover fare un prelievo da qualche parte - e quindi rendersi rintracciabili. La Gringott era inarrivabile, ma nemmeno le banche babbane erano poi così sicure, considerati i buoni rapporti tra l'intelligence babbana e gli auror. Presto anche quello sarebbe diventato un problema.
    « Tonno e maionese, e sei pregata di non lamentarti perché l'alternativa era gamberetti e salsa rosa. » Rabbrividì al solo pensiero di quel gusto, mentre, di ritorno dalla sua escursione, si accomodava accanto a Tris. In un angolo rintanato del casolare, avevano creato una specie di piccolo giaciglio di fortuna fatto di coperte, cuscini e qualche giubotto: le poche cose che erano riuscite a portare. Frugò nella busta di plastica, per poi porgere uno dei due sandwich all'amica, e prenderne uno per sé. Lo addentò con ben poco appetito: il pane congelato sotto ai denti toglieva qualsiasi tipo di sapore che il condimento intendeva conferire alla pietanza. Mentre masticava, studiò di sottecchi l'espressione di Beatrice: a volte la sua migliore amica sapeva essere più che criptica, ma mai lo era stata come in quei giorni. Di tanto in tanto Malia sentiva il bisogno di controllare che tutto andasse bene, ma poi, prima di parlare, si ricordava che era perfettamente inutile: cosa avrebbe potuto risponderle Tris? Esisteva qualcosa, in quel momento nelle loro vite, che non andasse male? Finì il proprio sandwich in silenzio, e gettò poi la carta con noncuranza in un angolino. Quel posto era già pieno di spazzatura. « Mhm, ti va se facciamo una partita? » mentre parlava, tirò fuori dalla tasca del giubotto il mazzo di carte che aveva acquistato e lo sottopose alla sua attenzione. « È un gioco babbano, non so se lo conosci. Si chiama Uno. Ma le regole sono davvero una stronzata, s'impara subito te lo assicuro. » E prima ancora che la mora potesse risponderle, Malia stava già dividendo le carte tra loro. « Praticamente l'obiettivo è disfarti di tutte le carte. Puoi buttarne giù solo se hai lo stesso colore o lo stesso numero di quella che c'è per terra. Poi ci sono i blocchi e i cambi giro, ma va beh, quelli li vediamo man mano che capitano. Facciamo un giro di prova, dai. »

     
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    « Potremmo andarcene in Francia. O in Scandinavia, meglio ancora. Secondo me la macchina le regge tranquillamente tre ore di volo fino a Oslo. Una volta lì, chi vuoi che ci cerchi più? » Si era chiesta diverse volte in quei giorni circa le intenzioni di Malia. A dirla tutta più e più volte aveva tentato di trovare una ragionevole motivazione per cui avesse acconsentito alla stupida idea di partire insieme. Forse per un istante Tris si era sentita di nuovo quella tenera adolescente, un po' ingenua e sopra le righe, che poteva ancora permettersi di sedersi su una panchina nel centro di Hogsmeade dopo il coprifuoco e bere limoncello in compagnia della migliore amica. O forse, ancora più plausibile, l'idea di restare sola la terrorizzava. Anche Tris aveva paura. Seppur dell'immagine della donna di ghiaccio vissuta ne avesse fatto una dichiarazione di intenti, aveva pur sempre ventitré anni, aveva lasciato due bambini di appena un anno e sei mesi e si appropinquava ad iniziare una vita che non era certa di quanto sarebbe durata. Cosa avrebbero detto Sebastian ed Elizabeth di lei? L' avrebbero odiata? Biasimata? Sarebbe mai arrivato il giorno in cui sarebbero stati una famiglia? Non lo sapeva. A quel punto non sapeva niente. Tanto è vero che non sapeva neanche perché non avesse ancora allontanato Malia. La verità era che non erano così vicine da anni e tutto ciò portava non poca nostalgia. Che per Malia fosse pericoloso, tuttavia, Tris lo sapeva anche troppo bene. Non tutti i giorni il Ministero prometteva quindici mila pezzi d'oro per qualche informazione. Era stupido continuare su quella scia tanto quanto era egoistico non lasciarla andare. Ho ragione di pensare che tu non ti schioderai mai a meno che non sia io a chiedertelo. Però è bello. È bello non sentirsi completamente soli. Avere qualcuno su cui contare. Qualcuno con cui parlare. Prima o poi avrebbe dovuto decidersi di parlargliene. I giorni passavano e anche continuare quelle villeggiature dentro i confini del paese era sempre più pericoloso. Su una cosa non poteva dare torto a Malia: Tris non poteva rimanere ancora a lungo da quelle parti. Doveva allontanarsene. Far disperdere le proprie tracce. Un giorno tornerò però. Qui c'è tutta la mia vita. E nonostante si sentisse triste e sconfitta, nonostante non avesse più una cosa, né sapeva su chi ancora contare, non era certa di voler gettare ancora la spugna. In un mondo ideale Beatrice Morgenstern avrebbe avuto ancora le forze per lottare; avrebbe trovato un posto in cui rimettere radici. Una nuova Inverness. Una nuova casa. Per se stessa e per la sua famiglia. Per i suoi amici. Per tutte quelle persone che in un modo o nell'altro erano state lese da quanto accaduto nei giorni passati. Non se la sentiva però, e a dirla tutta, un senso di insicurezza e di intrinseco terrore la portava a pensare che avrebbe rovinato ancora una volta tutto. Forse era più semplice non fare niente, affondare. Forse il mondo stava meglio senza di lei. Forse le cose dovevano semplicemente andare così.
    Giunte nel nuovo avamposto, una vecchio magazzino abbandonato da qualche parte a nord del paese, avevano sistemato le poche cose che portavano con loro, per poi darsi un po' di spazio a vicenda. Mentre Malia procurava loro qualcosa da mettere sotto i denti, Tris si era assicurata che le protezioni avrebbero retto, mettendo poi una mappa sul cofano della macchina che studiò ossessivamente. Dove andare? Quale sarebbe stata la prossima meta? Forse la Scandinavia era davvero la migliore delle soluzioni. A breve termine, gli avamposti della zona le avrebbero dato modo di dormire in un letto e avere un tetto sotto la testa. Non poteva fermarsi a lungo, ma quanto meno, per un po', avrebbe visto qualche volto amico, il che non era affatto scontato di quei tempi. A forza di calcolare chirurgicamente tutte le future mosse, non si rese neanche conto del fatto che il sole stava lentamente tramontando. Un grande cerchio arancione su una linea dell'orizzonte resa irregolare solo da alcune collinette in lontananza. Si scostò dal cofano della macchina, misurando con grandi passi lo stanzone in cui si trovava, dirigendosi con fare pensieroso verso una delle vetrate sporche, aprendola con un pesate rumore metallico, per osservare il mondo al di fuori di quella mastodontica struttura fatiscente. C'era ancora bellezza nel mondo; quel tramonto ne era la riprova. E così, rimase lì, inerme, a osservare quello spettacolo della natura con fare pensieroso. Ogni qual volta volesse gettare la spugna qualcosa di incredibilmente inaspettato le ricordava che c'erano ancora ragioni per cui riaprire gli occhi e superare le giornate. Un'alba, un tramonto, un abbraccio, l'affetto di un'anima affine. Avrebbe voluto avere un taccuino su cui tratteggiare quella bellezza. Catturarla per i giorni in cui le sarebbe sembrato che non c'era ragione alcuna per cui alzarsi e ripartire da capo. « Tonno e maionese, e sei pregata di non lamentarti perché l'alternativa era gamberetti e salsa rosa. » Ecco. A proposito di cose per cui non vale la pena alzarsi. Una delle cose peggiori di quella vita era il cibo. Per Malia e Tris poi, che amavano il cibo spazzatura ma solo di un certo livello - quello bello unto e scottante, appena uscito da una friggitrice che non vedeva detersivo da almeno un decennio - quel tipo di cene era a dir poco un offesa per la dignità della persona. « Uhm! Il mio preferito. » Asserì ironica mentre si lasciava alle spalle il sole calante per sedersi a terra di fronte al fuocherello che avevano accesso accanto all'amica. Lapidaria, non tentò nemmeno di nascondere la mancanza di entusiasmo nei confronti di quella cena. In fondo era stata una decisione congiunta quella di risparmiare il più possibile. « Mhm, ti va se facciamo una partita? È un gioco babbano, non so se lo conosci. Si chiama Uno. Ma le regole sono davvero una stronzata, s'impara subito te lo assicuro. Praticamente l'obiettivo è disfarti di tutte le carte. Puoi buttarne giù solo se hai lo stesso colore o lo stesso numero di quella che c'è per terra. Poi ci sono i blocchi e i cambi giro, ma va beh, quelli li vediamo man mano che capitano. Facciamo un giro di prova, dai. » Prese tra le mani la scatolina rigirandosela tra le mani, per leggere velocemente le istruzioni. « Fai le carte. » Osservò la migliore amica mentre addentava il proprio tramezzino, storcendo il naso. Sono diventata proprio una viziata. Ed effettivamente dai tempi in cui mangiava porridge tutti i giorni nel Monastero di Tatev, di tempo ne era passato. Ora, quel pane spugnoso e leggermente secco che si appiccicava al palato le sembrava una grandissima schifezza. « Cosa non darei per una birra. Forse dovremmo prendere qualche lavoro. Non mi dispiacerebbe una cena normale. » Asserì pensierosa, mentre prendeva le proprie carte buttando giù un quattro giallo sopra uno bluo. « Così? » Chiese conferma diverse volte mentre andavano avanti nel gioco estraendo e buttando giù carte su carte un po' distratte. Per un po' lo fecero in silenzio. C'era troppo silenzio tra le due. Non che non avessero di che parlare; ma era evidente che per entrambe era un po' difficile iniziare un discorso serio senza risultare insensibili. Così, ad un certo punto chiusa la prima partita e completato il pasto frugale, Tris prese il mazzo e iniziò a mischiarlo.
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    « Comunque guarda che possiamo parlare dell'elefante nella stanza. » Ce ne sono diversi. C'è solo l'imbarazzo della scelta. « Inverness è persa, metà dei nostri amici e conoscenti sono in fuga, e l'altra metà è agli arresti. Ma soprattutto, il nostro vecchio caro amico - Eric Donovan - è risorto dal regno dei morti lo stesso giorno in cui le nostre vite sono state completamente rovinate. » Ne parlava come se stesse facendo una lista della spesa. A quel punto le restava solo il sarcasmo. D'altronde come altro poteva affrontare quella situazione senza impazzire. « Aggiungiamoci anche che ora è un cazzo di santone, tutti si inchinano al suo cospetto, il Ministero ha messo al bando le creature magiche e i sospetti dissidenti e - » Sospirò mentre le passava le carte. « - non lo so. » Si strinse nelle spalle. « Forse questa crisi ha bisogno di quello che facciamo durante ogni crisi. Ci tagliamo i capelli. Ce li tingiamo. Andiamo a bere. Rintracciamo un po' di erba. E poi boh.. ci uniamo a una banda di motociclisti che salvano i gattini dagli alberi - l'ho vista su Tik Tok questa cosa. » Anche io guardo Tik Tok tu pensa.A Tris restava solo parlare a vanvera - e pensare a Tik Tok. Non aveva la più pallida idea di cosa dovesse fare. Era completamente persa. Non a caso, a metà di quel ragionamento, si fermò sospirando, mentre buttava distrattamente qualche altra carta a terra. « Non so cosa devo fare, Mals. Non tanto per me. Cioè - a questo punto non me frega.. voglio dire, se è andata così, ho sbagliato. » Ho sbagliato e a questo punto posso solo assumermene le responsabilità. « La gente che sta in giro.. che è chiusa chissà dove.. tutti quelli che sono finiti in quel quartiere.. io mi sono responsabile. Soffrono. » Pausa. « Non se lo meritano. »

     
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    « Cosa non darei per una birra. Forse dovremmo prendere qualche lavoro. Non mi dispiacerebbe una cena normale. » Malia annuì, suo malgrado. Per quanto si stessero impegnando a non saltare i pasti e mantenere uno stile di vita quanto meno simile alla normalità, con una specie di routine prestabilita, in condizioni del genere era molto facile lasciarsi andare. « Sono d'accordo. Possiamo cercare qualcosa nelle campagne qui vicino, quando atterravamo ho visto che ci sono dei paesini babbani abbastanza desolati. » Chiaramente, alle comunità magiche loro due non potevano avvicinarsi: avrebbero destato troppi sospetti, e i loro volti non erano certo sconosciuti al mago medio, per quanto ai margini della società. « Userei comunque la Polisucco per stare sicure. Basterebbe un posto da cameriere, o che ne so. » Si strinse nelle spalle, prima di gettare un paio di carte colorate sul mazzo centrale, una dietro l'altra. « UNO! » Quella partita non fu divertente come avrebbe sperato: andavano avanti quasi meccanicamente, in silenzio, ognuna immersa nei propri pensieri, e nemmeno regalare all'amica qualche carta +4 sembrava provocare chissà quale gioia in Malia. Alla fine, qualche minuto più tardi, fu proprio Beatrice a rompere il silenzio, dando voce ai pensieri di entrambe: « Comunque guarda che possiamo parlare dell'elefante nella stanza. » La mora levò il capo, posando finalmente gli occhi nocciola sulla figura di Tris. Beh, quale dei tanti elefanti?, sembrava volerle chiedere con lo sguardo, con una punta di ironia. « Inverness è persa, metà dei nostri amici e conoscenti sono in fuga, e l'altra metà è agli arresti. Ma soprattutto, il nostro vecchio caro amico - Eric Donovan - è risorto dal regno dei morti lo stesso giorno in cui le nostre vite sono state completamente rovinate. » Beh, allora tutto. Con un sospiro pesante, Malia portò le ginocchia al petto, per poi cingere con le braccia le proprie caviglie. « Aggiungiamoci anche che ora è un cazzo di santone, tutti si inchinano al suo cospetto, il Ministero ha messo al bando le creature magiche e i sospetti dissidenti e - » « E Harry Potter è morto » aggiunse, atona, a quell'elenco di tragedie che negli ultimi giorni le avevano colpite, quel dettaglio che, in mezzo a quelle altre catastrofi, si finiva pure per tralasciare. Chissà se ci sarà un funerale. Chissà come stanno James, Albus e Lily. E Ginny... Scosse piano il capo, come a voler rinsavire da quei pensieri. Prese le carte dalle mani di Tris e le dispose di fronte a sé a mo' di ventaglio, senza tuttavia studiarle a dovere. « - non lo so. Forse questa crisi ha bisogno di quello che facciamo durante ogni crisi. Ci tagliamo i capelli. Ce li tingiamo. Andiamo a bere. Rintracciamo un po' di erba. E poi boh.. ci uniamo a una banda di motociclisti che salvano i gattini dagli alberi - l'ho vista su Tik Tok questa cosa. » Rise di gusto, immaginandosi un futuro esattamente come Beatrice l'aveva appena descritto: un quadro a tratti ridicolo, a tratti invitante. « Perché no? Possiamo fare tutto quello che vogliamo. » A Malia era sempre piaciuto sognare in grande, anche quando era praticamente impossibile. Paradossalmente, continuava a pensare che quella loro nuova condizione le rendesse più libere di sempre - ora erano fuorilegge, dunque, a tutti gli effetti, fuori legge. Libere nel senso più puro del termine. « La gente che sta in giro.. che è chiusa chissà dove.. tutti quelli che sono finiti in quel quartiere.. io mi sono responsabile. Soffrono. Non se lo meritano. » Mescolando distrattamente le sue carte, teneva la testa bassa, gli occhi puntati su
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    un punto imprecisato di fronte a sé. Fu colpita dalla purezza di quelle osservazioni, dal loro peso morale. Sapeva che Beatrice avesse addosso un senso di colpa e di responsabilità di una portata difficile, se non impossibile da comprendere. « Tris, lo sai che non è colpa tua. » Per Malia era facile pronunciare quelle parole, perché vi credeva intensamente: ma riuscire a convincere dello stesso anche la sua migliore amica era un'altra storia. « Hai fatto di tutto, fino all'ultimo per evitare che le cose andassero così. » Ti abbiamo dovuta trascinare letteralmente di peso via da Inverness. « Lo sai di che è la colpa, invece? Di quelle merde che stanno al Ministero. Che sono capaci di scagliare un migliaio di fuochi fatui impazziti contro ragazzini e persone innocenti. Ecco chi è il vero responsabile di quello che è successo. » Sbuffò, lasciando andare con un gesto secco tutte le carte che aveva in mano sul pavimento. Aveva così tanta rabbia, in corpo. Non riusciva a credere che tutto fosse finito così, nel giro di una mattinata. Che le loro vite, e quelle di centinaia di altre persone, fossero andate distrutte in così poco, semplicemente perché qualcuno aveva deciso così al Ministero. « Io non lo so quando verrà il tempo della nostra rivincita. Ma sono sicura che ci sarà, Tris. Te lo assicuro. » Annuì, convinta. La Stone non era una donna di alta strategia: era il soldato perfetto, acuta in azione, versatile, capace di adattarsi alle esigenze del momento. Non era mai stata la testa, a guidarla, bensì l'istinto. E quella sensazione, la consapevolezza totale che il loro momento sarebbe arrivato, di nuovo, non la elaborò con la ragione. Lo sentiva nella pancia, sapeva che sarebbe successo perché era giusto così, perché se lo meritavano. « Nel frattempo, facciamolo davvero, quello che dici tu. Tagliamoci i capelli. Andiamo a bere. Scompariamo, Tris. Andiamocene via fino a quando non ci cercheranno più, perché avranno rinunciato. E poi... » Si strinse nelle spalle, allungandosi sul pavimento polveroso per recuperare le carte che aveva lasciato cadere, e sistemarle in un piccolo mazzo ordinato. « E poi mettiamo una bomba sotto la fontana del Ministero e li facciamo saltare tutti in aria. » Scherzò, dandole una gomitata leggera.

     
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    « Tris, lo sai che non è colpa tua. » Nel sentire quelle parole, lo sguardo color nocciola della giovane Morgenstern si sollevò in direzione della migliore amica in un'espressione eloquente. Stentava a credere a quelle parole, seppur potesse percepire quanto la mora fosse sincera. Ma tu sei di parte. Non mi diresti mai qualcosa che potrebbe davvero ferirmi. Malia aveva messo diverse volte i propri sentimenti, i suoi desideri da parte per essere al fianco dei suoi amici. Era semplicemente fatta così. Della sua lealtà non aveva mai dubitato, né del fatto che potesse dire una cosa del genere. E' proprio da te prenderla così. Discolpare i tuoi cari. E seppure in altre circostanze anche Beatrice l'avrebbe pensata alla stessa maniera, nella situazione in cui si trovavano non poteva fare a meno di chiedersi come sarebbero state le cose se solo avesse deciso di prendere scelte diverse. « Hai fatto di tutto, fino all'ultimo per evitare che le cose andassero così. Lo sai di che è la colpa, invece? Di quelle merde che stanno al Ministero. Che sono capaci di scagliare un migliaio di fuochi fatui impazziti contro ragazzini e persone innocenti. Ecco chi è il vero responsabile di quello che è successo. » Ma non è stato abbastanza. Di non essere abbastanza, Tris aveva sempre avuto paura. Di prendersi responsabilità più grandi di quanto potesse reggere, di fare passi falsi, di tradire la fiducia delle persone che avevano risposto in lei tutta la loro vita. Come avrebbe spiegato a quelle persone che non avevano un piano B? Che Inverness era sempre stata la loro roccaforte non era certo una novità, né una sorpresa. E proprio per questo, ora più che mai, la giovane Morgenstern si sentiva smarrita. Scosse la testa, la lycan, e sospirò chiudendo gli occhi. Era difficile combattere contro le convinzioni della Stone; nella sua genuinità, riusciva a colpire nel profondo, perché in fondo, le sue parole erano tanto semplici quanto vere. « Si ma dovevamo prevederlo. Avrei dovuto pensarci. Dovevo immaginarlo.. » Deglutì. « Dovevamo stare più attenti, Malia. E invece.. ci siamo adagiati. » Ci siamo messi comodi. Abbiamo iniziato a pensare a qualcosa di più che alla lotta. Per un istante abbiamo davvero creduto che quelle terre sarebbero state la nostra culla, che quei ragazzi sarebbero rimasti sotto la nostra protezione. E che protezioni abbiamo dato loro nel momento del bisogno? Come abbiamo risposto? Non siamo stati in grado di fare niente. « Io non lo so quando verrà il tempo della nostra rivincita. Ma sono sicura che ci sarà, Tris. Te lo assicuro. Nel frattempo, facciamolo davvero, quello che dici tu. Tagliamoci i capelli. Andiamo a bere. Scompariamo, Tris. Andiamocene via fino a quando non ci cercheranno più, perché avranno rinunciato. E poi... E poi mettiamo una bomba sotto la fontana del Ministero e li facciamo saltare tutti in aria. » Di colpo, quelle parole le diedero la dimensione della convinzione di Malia rispetto alla sua intenzione di rimanere al suo fianco. Una determinazione, quella, che Tris non poteva permettere. Egoisticamente avrebbe voluto poter fare davvero tutte quelle cose assieme a lei. Scappare, perdersi, fare finta che ci fossero solo loro e nessuno a frenarle in alcun modo. Ma non è così. Non è così e io non posso ingannarmi per sempre. Non possiamo ingannarci a oltranza. E' sbagliato. Ed era soprattutto ingiusto nei confronti della giovane Stone. Tris aveva sopra la sua testa una taglia altissima; ciò rendeva la sua posizione non solo molto complessa, ma anche estremamente pericolosa. Se il Ministero era disposto a offrire una somma così alta per la sua cattura, non stentava a credere che sempre più maghi si sarebbero messi in moto per accaparrarsi quei soldi. Non si trattava di una somma piccola, bensì di una somma che poteva tranquillamente cambiare la vita a una persona. La gente si vende decisamente per meno, figuriamoci per quindicimila galeoni. Seppur non avesse voglia e l'idea di restare da sola le faceva venire la nausea, doveva affrontare in maniera seria quel discorso con l'amica.
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    « Mals.. » Inclinò la testa di lato e la osservò con un'espressione colma di amarezza. Poi di colpo, come dissuasa dalla sua stessa iniziativa, abbassò lo sguardo osservando il mazzo di carte abbandonato ormai in un angolo. « Malia - » Era bello dire il suo nome. Aveva imparato ad associarlo a quello di una sorella, una persona di cui volente o nolente non riusciva a scrollarsi di dosso. Malia era una parte imprescindibile di sé, e per lei avrebbe dato la propria vita. Non erano molti i momenti in cui pensava attivamente al tipo di affetto che provava nei confronti della giovane Stone, ma ogni qual volta ci pensasse, si accorgeva di quanto fosse stata fortunata a incontrarla e trovarsi in un periodo così fragile e caotico delle loro esistenze. « - non possiamo. » Pausa. « Adesso non possiamo. » Era come se avesse un macigno sullo stomaco, tant'è che quando risollevò lo sguardo per osservarla, gli occhi di lei erano lucidi. « Io voglio che tu resti Mals - ma non possiamo. » Tentò a stenti di trattenere le lacrime mentre rigettava quelle parole tutte d'un fiato. « Ascolta - ascoltami, ti prego. » Tirò su col naso e si fece più vicina, prendendo la mano di lei tra le proprie, osservandola con estrema attenzione. « Io vorrei tanto che tu rimanessi con me. E vorrei che ci tagliassimo i capelli e facessimo tutte quelle cose, ma non è possibile, Malia. Io non posso restare in Inghilterra per molto, e tu non puoi venire con me. » E' troppo pericoloso ed egoisticamente io non voglio che tu finisca sui manifesti. Non vogliono che scoprano che sei con me rendendoti una complice. « Non ha senso che tu finisca sui manifesti, e se sparisci dalla circolazione, prima o poi lo daranno per scontato. Peggio ancora, potrebbero scoprirlo e considerarti complice. » Si strinse nelle spalle e la osservò con infinito affetto, stirando un piccolo sorriso. « E anche se mi dici che a te non te ne frega niente.. a me invece sì - a me interessa. » Si morse l'interno delle guance cercando di rimanere il più possibilmente impassibile di fronte al desiderio di piangere. « Se non vuoi farlo per te, fallo per me: torna a Londra Malia. Lì c'è Percy, e Lizzie e Seb, e ci sono tanti nostri amici. Chi si trova nella mia condizione avrà bisogno di voi. E tu - Mals - sei sempre stata il cuore di queste cose. Metti le persone insieme.. ti interessi.. sei un'amica leale. Sei una di fiducia. » Di colpo si passò il dorso della mano sotto gli occhi. « Quelle persone hanno bisogno di Malia Stone e del suo limoncello molto più di quanto ne abbia bisogno io. » Scoppiò appena a ridere annuendo tra se e se. « Vorrei prestare loro la mia amica per un po'.. se ti va. Ma solo per un po', lo giuro, perché io tornerò, e si.. avremmo la nostra rivincita, e torneremmo a fare le feste coi popcorn e birra - e boh.. ti accoppieremmo finalmente a quel coglione di James Potter o a chi ti pare! » Continuò dipingendo un'immagine tanto idilliaca quanto normale. « Ma per farlo.. io devo sapere che sei al sicuro. Almeno per ora. Puoi fare questa cosa - per me? Senza odiarmi.. ti prego. » Puoi andartene senza renderla più difficile di quanto non lo sia già?


     
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    Mentre era impegnata nei suoi vaneggiamenti, Malia, aveva già la sensazione che le sue parole non stessero facendo più di tanto presa nell'amica, la quale teneva un'espressione assorta, come se non la stesse davvero sentendo. Ne fu certa solo quando Tris parlò. « Malia, non possiamo. Adesso non possiamo. » La Stone annuì lentamente. « Lo so che adesso non possiamo, però se noi- » tentò di ribattere, ma fu subito interrotta dall'amica. « Io voglio che tu resti Mals - ma non possiamo. » Strabuzzò gli occhi a quelle parole, recedendo leggermente con il busto, presa alla sprovvista. Io voglio che tu resti? « Che vuol dire? » Il tono della mora si fece subito inquisitorio, perché aveva abbastanza anni di esperienza nell'amicizia con Beatrice Morgernestern per prevedere esattamente cosa stesse per accadere. « Ascolta - ascoltami, ti prego. » Già scuoteva ripetutamente il capo, Malia, un respiro carico di rabbia che le gonfiava il petto, perché aveva già capito. « Io vorrei tanto che tu rimanessi con me. E vorrei che ci tagliassimo i capelli e facessimo tutte quelle cose, ma non è possibile, Malia. » Aveva smesso di ascoltarla. Si era alzata in piedi, incapace di stare ferma per molto ancora, e aveva cominciato a disegnare cerchi continui sul pavimento polveroso con i propri passi. « Non è giusto » mormorava, a bassa voce, interferendo con il monologo dell'amica. « Io non posso restare in Inghilterra per molto, e tu non puoi venire con me. » Fu lì che sentì le lacrime affiorare. E tu non puoi venire con me. La guardò, un misto di rabbia e delusione ben visibile nei suoi occhi nocciola. Avrebbe tanto voluto proteggere l'amica - che già si trovava in uno stato fragile - dalla propria reazione, ma era impossibile per lei reagire con freddezza a quell'imposizione. Non quando quella scelta si ripresentava alla sua porta per l'ennesima volta. Lo stai facendo di nuovo. Lo state facendo di nuovo, tutti quanti voi. « Non ha senso che tu finisca sui manifesti, e se sparisci dalla circolazione, prima o poi lo daranno per scontato. Peggio ancora, potrebbero scoprirlo e considerarti complice. » Accigliò le sopracciglia, mentre l'ascoltava, evidentemente in disaccordo. « Non pensi che lo diano già per scontato? » rimbeccò, aprendo le braccia con quella veemenza che era tipica di quando era pronta ad avere uno scontro con il proprio interlocutore. « Non pensi che lo sappiano già che io sto con voi? Credi che avrei vita facile se me ne andassi in quel cazzo di ghetto insieme a tutti gli altri? Lo sanno tutti. Mi hanno già messo una taglia sulla testa dopo il Lockdown, credi si ricrederanno per dei tecnicismi? » Perché per lei di questo si trattava: era un tecnicismo che non avesse partecipato in prima persona all'assedio di Hogwarts - dovevano saperlo, o quanto meno sospettarlo, al Ministero, che si era unita di nuovo alle fila dei Ribelli appena un mese dopo l'accaduto. Il ragionamento di Tris ai suoi occhi non aveva senso. Non voleva che avesse senso. « E anche se mi dici che a te non te ne frega niente.. a me invece sì - a me interessa. » La fulminò con lo sguardo. « Perché devi sempre decidere tu per me? » soffiò, a mezza voce, ma anche questa sua provocazione venne ignorata. « Se non vuoi farlo per te, fallo per me: torna a Londra Malia. Lì c'è Percy, e Lizzie e Seb, e ci sono tanti nostri amici. Chi si trova nella mia condizione avrà bisogno di voi. E tu - Mals - sei sempre stata il cuore di queste cose. Metti le persone insieme.. ti interessi.. sei un'amica leale. Sei una di fiducia. » Ecco, lo sapevo che ci mettevi di mezzo i bambini. Alzò gli occhi al cielo, voleva trattenere il pianto, ma le fu impossibile controllare le lacrime copiose che presero a scivolare lungo le sue guance bianche. Con la punta dell'anfibio scuro diede un calcio vigoroso ad una pietruzza lì vicino, sollevando un polverone di polvere e cemento. « Mi stai lasciando di nuovo... » Singhiozzava, la rabbia che lentamente lasciava spazio alla realizzazione di quanto stava accadendo. Guardò Tris, dall'alto, e vide che anche lei piangeva. Perché deve sempre finire in questo modo? « Quelle persone hanno bisogno di Malia Stone e del suo limoncello molto più di quanto ne abbia bisogno io. Vorrei prestare loro la mia amica per un po'.. se ti va. Ma solo per un po', lo giuro, perché io tornerò, e si.. avremmo la nostra rivincita, e torneremmo a fare le feste coi popcorn e birra - e boh.. ti accoppieremmo finalmente a quel coglione di James Potter o a chi ti pare! » Sbuffò pesantemente, senza nascondere la punta di fastidio che provò nel sentir nominare l'ennesima persona che l'aveva messa da parte. Coi pugni chiusi infilati nelle tasche del giubotto pesante, avanzava in quello spazio ampio tirando calci talvolta a sassolini, talvolta all'aria. Era difficile tenere a bada la frustrazione di sentirsi sempre messa da parte dalle persone a cui teneva di più - anche se non era così realmente, anche se Tris ora stava agendo per proteggerla. In quel momento, le pareva di assistere all'eterno ritorno: Beatrice, Mun, i Potter, June continuavano a vivere e lei restava in panchina: era difficile non sentirsi abbandonata, per l'ennesima volta nella sua vita; costretta a ricominciare da capo in un posto nuovo, con persone che non conosceva, e tenere botta. Perché Malia tiene botta. Era questa la presunzione su di lei, che fosse fatta per tenere insieme le persone, creare gruppo, con la tenacia e la solarità che la contraddistinguevano - questo Tris aveva appena detto. E in effetti erano tutte cose vere, ma ciò non significava che non fosse stancante. Non voleva lamentarsi, Malia, voleva reagire a quel cambio di programma con dignità - perché in fondo, razionalmente, lo capiva; ma in un angolo, dentro di sé, percepì un nuovo crack per l'ennesima rottura forzata che era costretta a sopportare, l'ennesimo distacco ingiusto - l'ennesimo addio. L'ennesima volta in cui veniva lasciata indietro dalle sue persone: quelle con cui avrebbe davvero voluto stare, malgrado tutto, malgrado la sua socialità e la sua resilienza. Quelle erano le persone che avrebbe voluto accanto per il resto della vita, e che per l'ennesima volta scappavano via senza di lei. Sospirò pesantemente, chinando il capo, rallentando dapprima il ritmo dei propri passi, per poi arrestarsi completamente. « Ma per farlo.. io devo sapere che sei al sicuro. Almeno per ora. Puoi fare questa cosa - per me? Senza odiarmi.. ti prego. » « Va bene » rispose secca, quasi immediatamente, non perché ne avesse voglia, quanto più perché ormai aveva capito che fosse inevitabile. All'improvviso sentiva l'esigenza di tagliare corto. Era stanca degli addii, delle promesse di ritorno, dei prima o poi. Con il palmo della mano asciugò le guance bagnate, prima di tornare a guardare l'amica. Cercò di assumere il dovuto distacco, come a volersi preparare preventivamente. « Dimmi di chi mi posso fidare, lì nel ghetto » fu la sua ultima richiesta, fredda e pragmatica, in preludio al loro saluto.
     
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