United in Grief

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    Seminterrato dell'Orion Club, Londra
    14 ottobre, ore 12:56

    Grazie a Dio non hanno chiuso il camino della cantina. In tutta quell'infinita serie di assurdità e paradossi capitata nel giro di poche ore, Thomas Montgomery non avrebbe saputo dichiarare con lucidità se il bilancio tra fortune e sfighe avvantaggiasse le une o gli altri. Per ogni momento di gloriosa vittoria, ce n'era stato un altro di angosciante terrore. In una frase: «Che cazzo è successo», come infatti bofonchiò Tom, appena messo il piede fuori dal gigantesco camino di pietra scura che li aveva salvati da un atrio del Ministero che non scoppiava di giornalisti, avventori e fanatici dai tempi dell'attentato a Scrimgeour, un anno prima che Tom nascesse. Si ripulì della polvere che lo ricopriva da capo a piede, e passò le mani tra i capelli a spazzola, una nuvola grigia di metropolvere che gli si generava attorno. Nate, Freya, Fitz e Mun li avevano preceduti, mentre Percy sarebbe stato di lì a poco; l'aveva spinto nel camino appena si era creata un'apertura nella calca, senza neanche aver bisogno di suggerirgli il nome di quel luogo d'incontro. «Bene, mi fa piacere notare che dare per scontato che tutti sapessimo verso dove viaggiare non sia stata un'azzardata» fece poi, sinceramente sollevato che ce l'avessero fatta tutti e cinque. Tornò con lo sguardo su Amunet, finalmente rientrata nelle proprie sembianze; aveva capito che si trattasse di lei soltanto quando Nate le aveva allungato la propria sciarpa, e anche allora gli ci era voluto qualche momento, come sempre uno degli ultimi a capire quel genere di cose. Per quanto fossero accomunati da un certo livello di sottigliezza, Mun, Percy e Nate erano sempre stati più abili di lui nell'intendersi senza bisogno di parlare, intuitivi ad un livello quasi inquietante, tra di loro, e spesso Thomas li aveva colti a scambiarsi sguardi complici che lui, invece, aveva colto soltanto dopo un po', con leggero ritardo rispetto a loro tre; aveva perfettamente senso che se qualcuno fosse riuscito a farlo sfuggire dalle grinfie dei giornalisti e dai seguaci assatanati di quello che, a quanto pareva, rivestiva il ruolo del Messia, qualunque cosa significasse, allora quel qualcuno sarebbe stato uno a caso tra Percy, Nate, o Mun. Ma quella volta c'era stata anche Freya, forse l'unica persona capace di parlargli, fargli capire, agire con lui, non nonostante lui, non tramite lui.
    Nello scantinato dell'Orion Club non c'era mai nessuno anche quando non stava scoppiando l'Apocalisse nel resto della città – e plausibilmente anche fuori di lì. L'ubicazione di quel camino specifico, poi, era noto soltanto a pochissime persone all'interno del country club, per lo più utilizzato da soci dell'Astra o ex membri del Clavis Aurea per potersi riunire indisturbati; ne esistevano altre, di stanze nel genere, la struttura architettonica dell'Orion
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    probabilmente più labirintica di quanto non desse a vedere da fuori, come una Versailles inglese. Erano al sicuro. Percy non tardò a raggiungerli, e tutti loro lo accolsero nel silenzio della cantina, intermezzato soltanto dal rumore di un rubinetto gocciolante, o forse una botte che perdeva. Al centro della stanza, fresca e umida, un grosso tavolo da biliardo in mogano occupava parecchio spazio, illuminato da un lampadario a olio spento. Nella penombra, Tom passò in rassegna i volti di ciascuno di loro, chi poggiato al muro, chi al tavolo da biliardo, chi seduto sulle poltrone di pelle di fronte al camino, le fiamme smeraldo che si erano dissipate in un fuoco cremisi, le cui sfumature coloravano loro il volto. «È bello rivedervi.» Mormorò, deglutendo, un insopportabile groppo alla gola che insisteva, caparbio, e non riusciva a mandare giù. Tutte quelle persone erano state tutto il suo mondo, un tempo. Qualcuno, tra loro, l'aveva ritenuto responsabile – e forse lo faceva ancora – di un crimine che non aveva commesso. Niente sarebbe stato più come prima, e a Thomas andava bene così. «Peccato per le circostanze, o forse no, visto come sono andate le cose per me, non ho ancora capito come dovrei sentirmi.» Aggrottò la fronte, tirando su col naso. «Che cazzo è successo?» Ripetè, stavolta non tra sé e sé, lasciandosi cadere sul grosso divano, incredulo che fosse davvero lì, che quel divano fosse davvero sotto di lui, e che avvertisse il calore del fuoco sulla pelle, e l'odore acre del vino e dell'aceto, e nessuna catena a stringergli i polsi. Non aveva niente, nessuna certezza, soltanto quelle percezioni, e per questo era più ricco di quanto non fosse mai stato. Rimase così per qualche secondo, sdraiato, una gamba a penzolare dal divano, e si prese il viso tra le mani.


    Edited by roman candle - 15/10/2023, 11:04
     
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    Lo scantinato dell'Orion era esattamente come l'avevano lasciato. Nate e Amunet furono i primi ad arrivare, seguiti subito dopo da Fitz e Freya. Una volta ripulito dalla polvere del viaggio con un colpo di bacchetta, Nate sentì il bisogno di sedersi. Con una calma che ben poco si addiceva al caos del momento, si lasciò cadere su una poltrona, senza però poggiare le spalle allo schienale, come a voler rimanere all'erta. Le mani congiunte sotto al mento, gli occhi ancora spalancati per l'incredulità rispetto a ciò che aveva appena visto, faticava a concentrarsi su un singolo elemento da analizzare, perché tutti gli altri si accavallavano nella sua mente in un gran vortice di confusione. Harry Potter morto. Inverness caduta. Hogwarts sotto assedio. Eric Donovan risorto, che guariva i malati. Thomas liberato. Il Prescelto. « Che cazzo è successo. » Thomas, come sempre in certe occasioni, dava voce ai pensieri di tutti. Lo guardò fare ingresso nello scantinato, al seguito di Percy, e non poté fare a meno di scuotere leggermente il capo. Ripensava a tutti gli incontri avuti con i suoi avvocati, nei mesi precedenti, a tutte le visite in carcere, ai progetti più disparati per cercare nuovi testimoni per il processo... E adesso era lì, a piede libero. In meno di due secondi. « Bene, mi fa piacere notare che dare per scontato che tutti sapessimo verso dove viaggiare non sia stata un'azzardata » Una battuta, quella dell'ex Serpeverde, che in un altro momento l'avrebbe fatto sbuffare in una risata leggera, ma che ora appariva quasi fuori luogo. A quel punto il salone cadde nel silenzio per alcuni momenti. I sei ragazzi rimasero fermi ai loro posti, immersi in quella quiete apparente, l'uno a scrutare nei volti degli altri; si indagavano reciprocamente, i volti un misto di curiosità, preoccupazione, allarme. Alcune di quelle persone - le stesse che fino a pochi anni prima si sarebbero dette inseparabili - non si trovavano nella stessa stanza da anni. L'aria era carica di domande e confusione, e forse anche una punta di panico: ma come prima di ogni tempesta, tutto tacque, mentre ognuno di loro elaborava la propria parte.
    Con il corpo leggermente spostato in avanti, i gomiti puntellati sulle ginocchia ed il volto ancora sorretto dalle mani giunte, Nate passò in rassegna i loro volti ad uno ad uno, come se in quelle espressioni volesse provare a leggere tutto ciò che non capiva. Thomas, col suo solito sorrisetto beffardo, che si era appena guadagnato lo status di uomo libero in circostanze quanto mai folli. Freya, che solo da poco era tornata a far parte della sua vita, e le cui intenzioni (e coinvolgimento in determinate vicende) gli erano ancora ignoti. Fitz, che ormai aveva fatto del suo essere criptico un biglietto da visita. Amunet, ormai nota Ribelle, che per qualche ragione a lui ignota aveva deciso di farsi un viaggetto proprio nell'atrio del Ministero, in una specie di missione suicida. E infine Percy, per il quale la vicinanza con Amunet parlava più di ogni altra cosa. Era circondato da sconosciuti.
    Fu Thomas a rompere nuovamente il ghiaccio, dopo il silenzio. « È bello rivedervi. » E in che circostanze, pensò Nate sarcastico, fra sé e sé. « Peccato per le circostanze, o forse no, visto come sono andate le cose per me, non ho ancora capito come dovrei sentirmi. » Nate assottigliò lo sguardo. « Che cazzo è successo? » Era bello, rivedere Thomas. Più volte aveva assaporato, quasi sognando ad occhi aperti, il senso di soddisfazione che avrebbe provato quando - ne era certo - sarebbe riuscito a tirarlo fuori da Azkaban. Ora, per quanto avrebbe ardentemente voluto provare quelle emozioni, l'unica sensazione che lo governava era la confusione. « Perché non ce lo dici tu, Tom? » rimbeccò sarcastico, seppur con tono leggermente provocatorio, inclinando leggermente il capo. Non voleva cominciare a puntare il dito contro nessuno - anche perché quale sarebbe stata l'accusa? Non aveva nemmeno compreso cosa era accaduto - eppure era impossibile non notare come Thomas fosse stato tra i protagonisti degli eventi di quella mattina. Era quasi naturale pensare che ne sapesse più degli altri.
    Nate cercò tuttavia di mettere ordine a quel marasma nella sua testa, partendo dalla questione che gli pareva più imminente - almeno sul piano pratico. I suoi occhi chiari si posarono naturalmente su Percy e Amunet, vicini dall'altro capo della stanza. « Non posso garantire per gli altri, ma per quel che mi riguarda, non ho intenzione di parlare. » Fare la spia al Ministero rispetto alle azioni dei due non era nei suoi interessi primari.
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    D'altronde, a conti fatti, non lo era nemmeno proteggerli: e Nate sapeva quanto poco potesse valere una promessa che usciva dalle sue labbra per Percy e Mun - e vice versa. Sperava, tuttavia, che a parlare per lui fossero state le sue azioni al Ministero. « Siete pregati comunque di non provare a obliviare. » Sapeva perfettamente come andavano queste cose. Se la rete di segretezza dei Ribelli reggeva ancora perfettamente, era perché dovevano essere meticolosi e avversi a rischi di un certo tipo. L'aver visto Amunet lì - e per giunta in compagnia di Percy - doveva avere un peso importante, ne era certo. « Io penso che nessuno qui dentro abbia voglia di prendere le bacchette. Su questo siamo tutti d'accordo, no? » Si voltò verso gli altri presenti, in cerca di conferma. Sperava di stabilire quanto meno una tregua momentanea, per allentare la tensione. Tornò poi a guardare Percy e Mun. « Che cos'è successo a Inverness e Hogsmeade? » Una curiosità che non riusciva a tenere per sé, e che non poteva non porre alle uniche due persone che, in quella stanza, avessero contezza dei fatti. « Domani sarà comunque su tutti i giornali. Non può non essere legato a quello che abbiamo appena visto. » E che evidentemente siamo ancora tutti incapaci di elaborare.
     
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