It's not the same as it was

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    Per quanto non amasse quegli incontri con lo psicologo, Neal non poteva fare a meno di ammettere - almeno a se stesso - che fossero necessari. I genitori avevano scelto di affidarlo ad un professionista privato che operava ad Hogsmeade, convinti che il servizio sarebbe stato migliore e più proficuo rispetto a quello offerto gratuitamente dal castello. In effetti si stava trovando piuttosto bene: l'uomo che lo seguiva era abbastanza giovane e aveva dei modi di fare estremamente affabili che riuscivano a farlo aprire anche su questioni che non aveva mai veramente considerato importanti o su cui si era sentito in imbarazzo a soffermarsi troppo. Stavano intraprendendo un bel percorso, ma chiaramente Neal non se la sarebbe sentita di rivelare ai propri amici la meta di quelle uscite pomeridiane che compiva puntualmente una volta a settimana. Nonostante ciò, tuttavia, i suoi compagni di stanza e chi gli era più vicino doveva aver capito cosa bollisse in pentola; d'altronde il comportamento di Neal negli ultimi mesi era stato estremamente altalenante, e non era raro che alla menzione di qualche fatto recente gli occhi del Corvonero rivelassero un totale vuoto di memoria. Quei vuoti erano stati l'oggetto principale delle sedute con il Dottor Ferguson, il quale aveva cercato in maniera delicata di comprenderne i meccanismi responsabili e instradare Neal verso un percorso più salutare di coping con i traumi subiti e con i sentimenti di ansia che provava. « Quindi alla fine non le hai risposto? » Il moro scosse piano il capo, mordendosi l'interno del labbro inferiore mentre si tormentava le dita intrecciate sull'addome. « Mh ci ho provato. Cioè, ho scritto diverse volte il messaggio, ma alla fine ho cancellato tutto perché mi sembrava sempre stupido e dopo un po' era passato troppo tempo quindi non avrebbe avuto senso rispondere. » Quel giorno erano arrivati a toccare il tasto Alena - un tasto particolarmente dolente per il giovane Thorne. Quando aveva ricevuto i messaggi di lei all'indomani dell'attacco si era sentito incredibilmente felice, poi quella felicità era svanita nel giro di poco, con la risposta seguente della concasata. "Non preoccuparti non c'è bisogno di fare scenate, sei già stato molto chiaro con me. Faccina sorridente passivo-aggressiva". Aveva riletto mille volte quel messaggio e ci si era arrovellato il cervello sopra così tanto da arrivare a produrre gli scenari più assurdamente fantasiosi. Cosa le aveva fatto? Perché Alena ce l'aveva con lui quando non lo aveva mai nemmeno calcolato? « E dopo quei messaggi avete parlato? Vi siete visti? » « Non proprio. La incrocio tutti i giorni perché siamo nella stessa casata, ma non abbiamo parlato. In realtà nemmeno ci salutiamo e ho avuto un po' l'impressione che mi stia evitando di proposito - rispetto a come era prima. » Prima non mi cagava e basta, simple as that. « Beh.. non sei anche solo curioso di sapere per quale motivo si sta comportando così? In fondo non è detto che sia un vuoto di memoria. Potresti semplicemente aver fatto qualcosa che l'ha ferita senza rendertene conto; e avere questo confronto potrebbe rivelarsi un'occasione per crescere e imparare. Rimandando non fai altro che ingigantire le cose - ed è lì che diventano davvero irrimediabili. » Annuì piano. Sulla carta sapeva che il Dottor Ferguson avesse ragione, e il modo tranquillo in cui gli esponeva quei concetti faceva sembrare tutto facile come bere un bicchier d'acqua. Ma se fosse stato così, Neal probabilmente lo avrebbe già fatto. La verità era che quando vedeva Alena si bloccava: ogni ragionamento lucido che riusciva a produrre in separata sede veniva improvvisamente spazzato via da un senso di panico che lo portava soltanto a comportarsi come uno stupido, blaterando cose senza significato per cui in seguito provava profondo imbarazzo. Nel maniacale tentativo di apparire naturale e nonchalant ai suoi occhi finiva solo per dare l'idea esattamente opposta. Quel suo tentennamento, probabilmente glielo si poteva leggere in faccia. « Facciamo così. Non pensare al fatto che questo sia un confronto con la ragazza che ti piace. Vedilo più come.. un esercizio. Nella vita ti capiterà tante volte di dover affrontare conversazioni spinose con altre persone. Immagino che alla tua età, già sia successo. Magari con un amico o un parente. Prova a pensare a quei momenti, a come hai superato l'ostacolo che avevi di fronte e a come quell'esperienza abbia influito su di te e sul rapporto con quelle persone. Vedrai che questa riflessione ti aiuterà a vedere questa specifica situazione in una prospettiva diversa. »
    Ci aveva riflettuto. Non si poteva dire che Cornelius non si impegnasse quando si trattava di quelle sedute. Tornato in stanza, infatti, aveva aperto il quaderno dedicato al proprio percorso con il Dottor Ferguson, intingendo la piuma nell'inchiostro e iniziando a buttare giù in maniera precisa tutti gli episodi che gli venivano in mente. Aveva notato che prendere quegli spunti come una sorta di compiti scolastici lo aiutava, e che mettere i propri pensieri per iscritto gli rendesse più semplice comprenderli. Non era bravo a parlare, e spesso faceva giri troppo arzigogolati per arrivare al succo delle questioni, ma quando scriveva riusciva a dare un ordine logico a tutto e vedere anche cose che non aveva considerato in precedenza. Così, anche in quel caso, si era dedicato alla riflessione secondo quel confortante approccio accademico, prendendosi diversi giorni per stilare una lista delle proprie esperienze e del modo in cui sentiva lo avessero cambiato. Non poteva dire che questo esercizio facesse sembrare più semplice un confronto con Alena, ma di certo era stato sufficiente a convincerlo di quanto fosse necessario per la propria pace mentale. Anche perché tra poco riprenderanno gli incontri del giornalino e voglio essere professionale. Otis ha fatto un lavoro enorme e non sarebbe giusto creare un clima di imbarazzo nella redazione. Così una sera decise di prendere la palla al balzo. Era venerdì e il giorno dopo non avrebbero avuto lezione, il che portava molti studenti ad intrattenersi più a lungo nella sala comune. Di norma Cornelius preferiva tornare in stanza e giocare a qualche gioco da tavolo insieme ai propri amici, ma quella sera decise di rimanere anche lui negli spazi comuni, adocchiando di tanto in tanto le poltroncine su cui Alena sedeva assieme ad un'altra compagna. Troppo timoroso di avvicinarsi al duo tutto al femminile, Cornelius attendeva che l'altra se ne andasse, o quando meno che si creasse l'opportunità per prendere Alena in disparte senza esporsi al ridicolo. Gli fu subito chiaro quanto vaneggiante fosse quel desiderio. Ma perché girano sempre in branco? Diamine non si staccano un secondo! Persino quando le sue orecchie si drizzarono alla menzione di andare in bagno, le sue speranze vennero subito infrante nel vedere Alena alzarsi insieme all'altra per accompagnarla. Ma poi che dovranno mai fare in bagno insieme? Aveva ormai perso quasi tutte le speranze quando un dio di nome Travis Coleman non decise di tendergli una mano dal cielo. Travis era popolare, era il capitano della squadra di quidditch, e più o meno qualunque ragazza avrebbe fatto carte false per avere due minuti del suo tempo. Quei due minuti, a quanto pareva, Travis aveva deciso di regalarli proprio all'amica di Alena, a cui si era avvicinato per dirle qualcosa all'orecchio che l'aveva fatta ridere. Dio quanto è figo. La fa sembrare così facile. Ciò che i bisogni fisiologici non riuscivano a dividere, Travis invece sì, e
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    Cornelius guardò la ragazza allontanarsi insieme a lui con un misto di ammirazione e sconcerto negli occhi - come se avesse assistito alla scena di Eric Donovan che miracolava la vecchia cieca al Ministero. Deciso a non perdere l'opportunità di quel segnale divino, il giovane Thorne chiuse velocemente il grosso tomo che stava per lo più fingendo di leggere, alzandosi lesto dalla poltroncina vicino al camino per raggiungere Alena prima che una qualche altra amica assegnata d'ufficio si materializzasse al posto di quella appena partita. « Hey.. » proferì a voce piuttosto bassa, sollevando gli angoli delle labbra in un sorriso che sperava dissimulasse un po' l'imbarazzo evidente dal leggero tremore delle mani. « Posso sedermi? » Le indicò con gli occhi la poltroncina vuota, tamburellando le dita sulla copertina del tomo che teneva ancora stretto. Starsene lì impalato non gli piaceva, ma non voleva nemmeno prendere posto come se nulla fosse e cominciare a parlare a raffica. Si schiarì dunque la gola, tentando di introdurre la situazione senza dare per scontato che lei fosse disposta ad ascoltare un monologo. « Mh.. volevo solo rubarti un paio di minuti per.. beh, innanzitutto per scusarmi per non averti risposto al messaggio. In realtà non so se volevi che ti rispondessi, ma è stato comunque maleducato da parte mia. » Ok, e una è fatta. Stiamo procedendo secondo la tabella di marcia. « E poi volevo chiarire con te. Perché mi sembra di aver percepito del malumore da parte tua - nei miei confronti. E non so se hai voglia di parlarne, ma mi piacerebbe avere l'opportunità di scusarmi e capire dove ho sbagliato, se ho fatto qualcosa che ti ha offesa. » Preciso. Preciso e chiaro. Il Dottor Ferguson ne sarebbe fierissimo. « Tutto qui. » Accennò un piccolo sorriso, sperando di essere stato sufficientemente convincente da aprire perlomeno uno spiraglio nella corazza di Alena.


     
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    hello, mr. "perfectly fine"
    how's your heart after breaking mine?
    mr. "always at the right place at the right time", baby
    hello mr. "casually cruel"
    mr. "everything revolves around you"
    I've been ms. "misery" since your goodbye
    and you're mr. "perfectly fine".


    « Alena, mi raccomando non ti girare, ma c'è Cornelius Thorne che ti guarda. » Alena si girò. « Oddio, dove?! » Prima ancora che Kamala potesse risponderle, la giovane Caposcuola aveva individuato gli occhi azzurri del concasata, rivolti esattamente nella loro direzione. Fu un attimo: non appena i loro sguardi si incrociarono, Alena passò oltre, fingendo di stare guardando qualcosa oltre le spalle di lui. « Ti avevo detto di non guardare! » si lamentò la sua compagna, quando Alena tornò a posare su di lei i suoi occhi nocciola. La Corvonero si strinse nelle spalle, prima di prendere un sorso dalla propria tisana. « Figurati, neanche gliel'ho fatto capire che stavo guardando lui. C'è un sacco di gente stasera. » La Sala Comune Corvonero in effetti quella sera era particolarmente gremita: tra chi chiacchierava di fronte al camino, gruppi che giocavano a scacchi o gobbiglie, e chi leggeva in un angolo, Alena e Kamala avevano quasi avuto difficoltà nel trovare un posto a sedere quando erano arrivate. Un sacco di gente che meriterebbe di più le mie attenzioni, si ritrovò a pensare la giovane, con una punta di rassegnazione. Erano passati mesi dall'interazione che aveva avuto con Cornelius al ballo, e per qualche ragione le parole di lui non avevano fatto altro che risuonarle nella testa come un mantra. Si sentiva una stupida per questa sua debolezza, ma i suoi pensieri, alla sera, non potevano fare a meno di virare in quella direzione; e così si ritrovava spesso, avvolta dal caldo delle sue coperte, a rivivere come in un filmino tutte le sensazioni che aveva provato in quella serata di giugno, e come quegli occhi di ghiaccio l'avevano fatta sentire non voluta, o, peggio ancora, rifiutata. Le lacrime allora affioravano puntualmente, e si addormentava così, con un enorme groppo in gola e il tormento costante di aver rovinato tutto con le sue stesse mani. Definire precisamente cosa aveva rovinato, beh, quello era un esercizio ben più complesso per la sua mente. « Io non capisco » fece Kamala dopo qualche secondo, interrompendo il flusso dei suoi pensieri. « Fino a marzo lui ti sbavava dietro e tu non ne volevi sapere, perché dicevi che era sfigato. Ora che ha smesso di calcolarti, all'improvviso ti piace? » Kamala ridacchiò, rivolgendole il tipico sguardo di chi è convinto di aver capito più cose del proprio interlocutore. E in effetti Kamala era qualche anno più grande di lei, e si approcciava a questo genere di questioni con occhio più maturo. « No che non mi piace! » squittì Alena, ancorando di più le dita alla tazza di ceramica che aveva tra le mani. « No, lui è uno stupido, non mi merita, e io valgo più di così. Merito qualcuno che mi tratti da principessa. » ripeté, convinta, quelle stesse parole che le aveva suggerito la sua influencer preferita, Hestia Lennox, quando, in un suo box domande su wiztagram, Alena si era confidata raccontando tutta la vicenda di Cornelius. "Ricordati queste parole e ripetile ogni mattina allo specchio. Devi manifestare il ragazzo giusto per te" aveva detto l'influencer nella sua storia. E Alena ci provava davvero, a credere a quelle parole, ripetendosele più volte nell'arco della giornata, ma era tutto inutile: ogni qualvolta Cornelius la guardava, il cuore della giovane perdeva un battito.
    « ...Quindi, in sostanza, ora ti piace. » Alena sbuffò, posando la tisana sul tavolino di fronte a sé, per coprirsi il volto con le dita sottili, in preda alla vergogna. « No, è che - uff, non so come dire... » Era difficile spiegare (agli altri e a se stessa) le sensazioni che provava. Un osservatore esterno come Kamala avrebbe potuto testimoniare come ad Alena, di Cornelius Thorne - almeno fino all'inizio di quell'anno - non fosse mai importato granché. Alena in cuor suo aveva però sempre tenuto in grande considerazione le attenzioni che lui le rivolgeva: erano qualcosa in grado di farla sentire speciale, come se grazie a lui le fosse concesso stare su un piedistallo. Il tutto aveva però sempre riguardato soltanto lei: il suo ego, il suo essere desiderabile, la sua bellezza. Quando quella primavera Cornelius aveva scelto di non degnarla più di neanche un'occhiata, ecco, era stato proprio allora che lei l'aveva visto: aveva notato per la prima volta il suo sguardo misterioso, la sua andatura elegante, i suoi ricci morbidi ed i suoi lineamenti delicati. Era come se quella distanza che lui aveva deciso di mettere tra loro l'avesse aiutata a metterlo più a fuoco, a cogliere quanto di interessante ci fosse nella sua persona. E così in quei mesi aveva cominciato a osservarlo in silenzio, nella segreta speranza che le dedicasse anche un cenno fugace. In un momento non ben preciso tra la lezione di Storia della Magia in cui avevano condiviso il banco e il Ballo di fine anno, Alena aveva perso il controllo di quella faccenda. Detestava con tutta se stessa che lui avesse tutto questo potere su di lei, specie dopo i modi bruschi con cui l'aveva trattata la sera del ballo, ma non sapeva come riprenderne le redini. « È che prima mi veniva dietro, poi non mi ha calcolata più per mesi, ha detto che gli davo fastidio e non mi voleva intorno, e ora si comporta di nuovo come se non fosse successo niente! Mi confonde... » Sospirò profondamente, con tutta l'energia drammatica che solo una ragazzina di sedici anni in preda alle prime pene d'amore può avere. « Mi sta guardando ancora? » Kamala si sporse lentamente oltre la sua spalla, poi annuì. Alena si accarezzò la nuca, lì dove sentiva bruciare lo sguardo di Cornelius. Sentì il bisogno di passare una mano tra i lunghi capelli lisci e spostarli tutti su una spalla, in preda ad un moto di nervosismo - e anche un po' di narcisismo. Non poteva fare a meno di voler essere desiderabile, se sapeva di essere nel suo campo visivo. « Vieni, accompagnami in bagno! » la prese per mano e scattò all'impiedi, decisa a fare la classica ma calcolatissima sfilata di finta noncuranza proprio sotto gli occhi di Cornelius, con tanto di fianchi ancheggianti e swish di capelli. I suoi piani vennero però interrotti da niente meno che Travis Coleman, che si stagliò sulle due ragazze con il suo metro e ottantacinque di splendore. « Kamala, ti cercavo. » Travis e Kamala si frequentavano da qualche giorno, e quando Alena vide il ragazzo avvicinarsi all'orecchio di lei per sussurrarle qualcosa, sapeva già come sarebbe andata a finire. Alzò gli occhi al cielo, mentre udiva il risolino dell'amica. « Alena ti dispiace se noi ci facciamo due passi? Ci vediamo più tardi su in dormitorio, che dici? » La Corvonero annuì, sospirando, non potendo in realtà ribattere in alcun modo, e guardò i due dirigersi verso l'entrata della Sala Comune.

    mr. "never told you why"
    mr. "never had to see me cry"
    mr. "insincere apology so he doesn't look like the bad guy"


    Di ritorno alla propria postazione, sulla poltroncina accanto alla finestra, Alena era intenzionata a non pensare più alla faccenda Cornelius (il quale nel frattempo pareva intento a leggere un libro): avrebbe finito di bere la sua tisana di bubotubero, si sarebbe intrattenuta per una mezz'oretta sul proprio cellulare tra Wiztagram e WizTok, e poi sarebbe andata a dormire in camera propria. I suoi piani furono però presto interrotti da una voce. « Hey... Posso sedermi? » S'irrigidì. No. No, ti prego no. Prese un sorso dalla propria tisana, un po' per nascondere la propria espressione nell'enorme tazza, un po' perché all'improvviso sentiva di avere la gola secca. « Prego... » disse a Cornelius, accennando alla sedia accanto alla propria. « Mh.. volevo solo rubarti un paio di minuti per.. beh, innanzitutto per scusarmi per non averti risposto al messaggio. In realtà non so se volevi che ti rispondessi, ma è stato comunque maleducato da parte mia. » Aggrottò la fronte. Le stava davvero chiedendo scusa... per un messaggio? « E poi volevo chiarire con te. Perché mi sembra di aver percepito del malumore da parte tua - nei miei confronti. E non so se hai voglia di parlarne, ma mi piacerebbe avere l'opportunità di scusarmi e capire dove ho sbagliato, se ho fatto qualcosa che ti ha offesa. Tutto qui. »
    Restò a guardarlo in silenzio mentre parlava, in attesa che concludesse. Si morse il labbro inferiore, attenta a ponderare bene le parole. Per quanto quelle scuse la sorprendessero e non poco, cercò di ricordare a se stessa che la persona che aveva davanti era la stessa che al ballo le aveva detto che non voleva avere più niente a che fare con lei. Doveva essere calma e misurata, non poteva fare la figura della persona disperata. « Beh, grazie per le scuse, Cornelius. » Formale ed educata. « Non ci sono problemi per il messaggio. D'altronde se tu non volevi rispondermi, lo capisco. » Annuì. « E lo accetto » decise di precisare subito dopo. Pacata e concisa. « Per il resto... » Per il resto? Sospirò. Questa parte era più difficile. Tenne lo sguardo fisso sulla propria tazza mezza vuota, incapace di incontrare gli occhi di lui. « Nessun malumore, davvero. Anzi, probabilmente sono io che devo scusarmi con te - se sono stata troppo insistente alla festa di fine anno, ecco. Non volevo darti fastidio. » Si inumidì il labbro inferiore, spiando, appena per un istante, la reazione di lui. « Sei stato comunque molto chiaro con me - sul fatto che non vuoi che ti stia intorno e ti importuni più. Quindi ti prometto che non risuccederà più. » Annuì, decisa. Convinta e cazzuta. « Forse, però, avresti potuto essere più delicato. Forse io avrò anche sbagliato ma mi sono sentita trattata veramente male da te, Cornelius. » Ecco, sì, diciamo che qualche malumore forse, sotto sotto, c'è. « Poi, scusami se te lo dico, ma mi sembra un po' strano che prima mi ignori completamente, mi aggredisci verbalmente alla festa, e poi vieni a chiedermi scusa dopo mesi? Scusami ma veramente non ti capisco... »




     
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    Il silenzio che seguì alle sue parole lo fece immediatamente pentire di essersi avvicinato. Panico. Aveva detto qualcosa di sbagliato? Alena gli avrebbe riso in faccia? Si sentiva completamente privo di basi, come se fosse entrato nella tana del lupo senza sapere nemmeno cosa lo aspettasse. Forse avrei dovuto fare qualche ricerca prima, magari capire tramite altre persone quale fosse il problema. C'è un problema? Sì, quello deve esserci per forza - l'ha detto anche Otis. Ma non sapere cosa, nello specifico, lo tormentava. La fissava in attesa di una risposta, una qualunque, mentre le dita poggiate sulle ginocchia giocherellavano nervosamente tra loro. « Beh, grazie per le scuse, Cornelius. » Annuì, forse un po' troppo velocemente. Era un buon inizio. Almeno le scuse erano state accettate. Perché le hai accettate, vero? « Non ci sono problemi per il messaggio. D'altronde se tu non volevi rispondermi, lo capisco. E lo accetto. » Sgranò gli occhi come un cerbiatto in mezzo alla strada di fronte agli abbaglianti di una macchina che viaggiava a tutta velocità nella sua direzione, e improvvisamente quel movimento d'assenso del capo si tramutò in un più veloce movimento di diniego. « No non è- » cercò di infilare velocemente, senza tuttavia riuscire a completare la frase. « Per il resto... Nessun malumore, davvero. Anzi, probabilmente sono io che devo scusarmi con te - se sono stata troppo insistente alla festa di fine anno, ecco. Non volevo darti fastidio. » La rapidità con cui le espressioni sul suo viso mutavano ad ogni parola proferita da Alena era strabiliante. Prima il panico, poi la negazione, poi la confusione. Aggrottò la fronte, inclinando istintivamente il capo di lato in un'aria disorientata. Non la seguiva, non ci capiva nulla. Cosa aveva fatto alla festa di fine anno? Non ricordava bene le circostanze se non in maniera molto nebulosa. Ricordava di essersi sentito male, quello sì. Di certo non aveva bevuto - non aveva l'età giusta per farlo né le palle per violare le regole -, ma l'ambiente caotico, la convalescenza e il suo stato psicologico avevano creato un mix micidiale che lo aveva mandato in tilt. Delle specifiche aveva ben pochi ricordi. Tutto ciò che riusciva a mettere a fuoco erano per le più sensazioni. Claustrofobia, angoscia, tachicardia. Doveva aver avuto un attacco di panico. Tuttavia non ricordava di aver interagito con qualcuno e in quali termini. C'era andata di mezzo anche Alena? Ecco. Ho fatto una figura di merda. Non mi caga mai; l'unica volta in cui mi caga sto fuori come un terrazzo. « Sei stato comunque molto
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    chiaro con me - sul fatto che non vuoi che ti stia intorno e ti importuni più. Quindi ti prometto che non risuccederà più. Forse, però, avresti potuto essere più delicato. Forse io avrò anche sbagliato ma mi sono sentita trattata veramente male da te, Cornelius. »
    Se fosse stato un film, probabilmente le parole di Alena sarebbero state ripetute un paio di volte al rallentatore, con zoom intermittenti sulle labbra di lei e sugli occhi colmi d'orrore di lui. Di certo, nella testa di Cornelius, la scena fu più o meno così. Nella sua testa si affollavano mille pensieri e domande diversi, troppo velocemente per essere afferrati. Avrebbe voluto dire qualcosa - forse anche troppe cose tutte insieme - ma non riusciva a fare altro se non guardarla con un misto di orrore e confusione, boccheggiando muto. « Poi, scusami se te lo dico, ma mi sembra un po' strano che prima mi ignori completamente, mi aggredisci verbalmente alla festa, e poi vieni a chiedermi scusa dopo mesi? Scusami ma veramente non ti capisco... » Dov'era Travis Coleman? Cosa avrebbe fatto lui al suo posto? Di certo avrebbe saputo dire qualcosa di brillante per ribaltare la situazione. Ma lui non era Travis Coleman: era Cornelius Thorne e non ci sapeva fare con Alena, con le ragazze, o con le persone in generale. Aveva senso dirle che non fosse in sé quella sera? Ci avrebbe creduto? Sarebbe passato come ancora più sfigato di quanto già non fosse? Troppe domande. No, decisamente non ero pronto a fare questa cosa. Dentro di sé maledisse lo psicologo, come se fosse tutta colpa sua per quella Waterloo che si era rivelata la conversazione appena in atto. « Aggredirti verbalmente? » Fu tutto ciò che riuscì a dire, con tono stridulo di tre ottave superiore al normale, mentre percepiva la netta sensazione di una fitta intercostale e un senso di panico. Ecco. Adesso mi prende un infarto. Sono troppo giovane per avere un infarto! « Io-io.. » Balbettava come un idiota. E come un idiota si sentiva. Ma nonostante la sua testa gli stesse urlando in tutti i modi quanto ridicolo fosse, non riusciva comunque a frenarsi o richiamare a sé l'aplomb sufficiente a salvargli la faccia. « ..non volevo. Cioè, non capisco. Mi dispiace, davvero. Non voglio- » Prese un grosso respiro. « -invalidare i tuoi sentimenti. » Lo disse come se stesse ripetendo qualcosa di già studiato. Una frase che aveva sentito più volte dallo psicologo e che trovava particolarmente colta, oltre che calzante. « Però davvero.. mh, non so come spiegarlo. Cioè io non ricordo questa cosa. » Si arrestò, solo per poi affrettarsi a mettere le mani avanti. « Non ti sto dando della bugiarda, eh. Ci credo, davvero. Insomma, sicuramente hai ragione perché non avresti motivo di dirmi una cosa non vera, no? Però ecco, sì, cioè io proprio non lo ricordo. » Si sentiva incredibilmente stupido e non sapeva nemmeno quanto convincente potesse essere quella spiegazione che non spiegava assolutamente nulla. Nervosamente, si sistemò meglio a sedere sulla poltroncina, rigirandosi un paio di volte per trovare una posizione comoda quando il suo disagio era decisamente più interiore che fisico. « Mh.. ho ricordi un po' sfocati di quella sera. Non so. Non mi sentivo bene. Sono stati dei mesi strani e credo di essermi comportato male con diverse persone senza rendermene del tutto conto. So che non ha molto senso, ma - mh.. come dire? - ci sto lavorando, ecco. Quindi sono venuto a chiederti scusa anche per questo, perché voglio rimediare e ci tengo, anche se non abbiamo mai avuto un vero e proprio rapporto. » Le parole uscivano dalle sue labbra a macchinetta, precedendo i suoi stessi pensieri. Un gioco rischioso che non sapeva dove lo avrebbe portato e se gli avrebbe strappato dalla bocca frasi capaci di peggiorare ulteriormente la situazione, ma il panico sembrava aver fatto scattare in lui la modalità diarrea verbale. « Cioè, immagino che a questo punto fosse questo il motivo della tua ostilità. Quindi ecco, grazie per avermelo detto perché almeno ho capito. Però non è vero che non voglio che tu mi stia intorno e mi importuni. Importunami! No! Cioè volevo dire che non disturbi mai, e anzi, mi fa piacere se siamo amici. » Non è vero. Ma un passo alla volta. « Quindi sì, ecco, non posso chiederti di essere comprensiva perché non è che mi devi nulla - specialmente se ti ho trattata male. Però mi dispiace sul serio e se mi dessi l'opportunità di riparare, vorrei davvero farlo. » A quel punto si zittì di colpo, fissandola in religiosa attesa, con sguardo implorante.


     
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    you paint me a blue sky
    and go back and turn it to rain
    and I lived in your chess game
    but you changed the rules everyday
    wondering which version of you I might get on the phone, tonight.


    « Aggredirti verbalmente? » A quel tono interrogativo, quasi incredulo, Alena retrocesse con il busto, come colta in flagrante. Forse aveva utilizzato delle parole troppo forti: forse quello che Cornelius le aveva detto la sera del ballo era da reputarsi normale, una conversazione tranquilla tra due coetanei. Forse stava esagerando. Non sei mia madre, non sei la mia ragazza, non sei nemmeno una mia amica. Quindi non capisco perché non mi lasci stare, cazzo! Quelle parole le rimbombavano ancora in testa. Checché ne volesse dire Cornelius, lei così si era sentita: aggredita. « Sì » disse allora, malgrado i tentennamenti, dopo un sospiro profondo. Decise che avrebbe difeso quella posizione fino alla morte. « Mi hai detto che non ti piaccio, che non sono la tua ragazza, e che non mi vuoi neanche come amica, e che avrei dovuto lasciarti stare. Se non è un'aggressione questa, dimmi tu cos'è! » Un colpo di coraggio la convinse a rincarare la dose, allargando poi le braccia con fare eloquente. È giusto che ti sia offesa. Non stai esagerando. È stato cattivo. Non te lo sei immaginato. Ricercò le immagini di quella serata tra i suoi ricordi: lo sguardo sprezzante di lui, la sufficienza con cui l'aveva allontanata. Aveva bisogno di credere fermamente perché, ora lo sapeva, sarebbe arrivata l'ondata di sminuimento e manipolazione. Si mise a sedere ben diritta, pronta alla battaglia.
    Al contrario, però, la reazione di chi aveva davanti fu del tutto inaspettata: Cornelius prese a balbettare, evidentemente a corto di parole. « ...non volevo. Cioè, non capisco. Mi dispiace, davvero. Non voglio- invalidare i tuoi sentimenti. » Alena rimase ferma a guardarlo, incuriosita. Voleva concedergli il beneficio del dubbio. Però? « Però davvero.. mh, non so come spiegarlo. Cioè io non ricordo questa cosa. » Si sporse in avanti, a quel punto, la fronte aggrottata e le labbra leggermente dischiuse per la sorpresa. « In che senso non ti ricordi? » ripeté, incredula, ma prima che potesse mettersi ad elencare nuovamente a memoria tutte le cose che le aveva detto quella sera, il Corvonero riprese la parola. « Non ti sto dando della bugiarda, eh. Ci credo, davvero. Insomma, sicuramente hai ragione perché non avresti motivo di dirmi una cosa non vera, no? Però ecco, sì, cioè io proprio non lo ricordo. » Lo fissava, sempre più confusa. E quindi, che vuoi dire? « Mh.. ho ricordi un po' sfocati di quella sera. Non so. Non mi sentivo bene. Sono stati dei mesi strani e credo di essermi comportato male con diverse persone senza rendermene del tutto conto. So che non ha molto senso, ma - mh.. come dire? - ci sto lavorando, ecco. Quindi sono venuto a chiederti scusa anche per questo, perché voglio rimediare e ci tengo, anche se non abbiamo mai avuto un vero e proprio rapporto. Cioè, immagino che a questo punto fosse questo il motivo della tua ostilità. Quindi ecco, grazie per avermelo detto perché almeno ho capito. Però non è vero che non voglio che tu mi stia intorno e mi importuni. Importunami! No! Cioè volevo dire che non disturbi mai, e anzi, mi fa piacere se siamo amici. » Sospirò, sempre più confusa. Perché era all'improvviso così gentile? Si sentì disorientata da quel cambio di atteggiamento, una parte di lei che già dall'inizio della conversazione era pronta a fronteggiare un Cornelius più ostile, cupo, come l'aveva conosciuto negli ultimi mesi. « Quindi sì, ecco, non posso chiederti di essere comprensiva perché non è che mi devi nulla - specialmente se ti ho trattata male. Però mi dispiace sul serio e se mi dessi l'opportunità di riparare, vorrei davvero farlo. » Ripensava alla rabbia che aveva visto negli occhi di lui quella sera e che, per qualche ragione, ora non trovava più.
    Ora gli occhi di Cornelius erano tentennanti, sostenevano il suo sguardo solo a tratti, vagavano nella stanza come in cerca di appiglio, mentre il suo corpo si muoveva nervosamente. Non si reputava molto brava ad interpretare queste cose, eppure le sembrava evidente quanto in quel momento Cornelius fosse incerto. E quell'atteggiamento era così tanto in conflitto con il Cornelius che aveva visto alla festa, da farle girare la testa. Come poteva una persona tanto dolce, tanto accorta, averle detto quelle cattiverie? E come poteva una persona così spregevole parlarle ora con quel garbo, quel rispetto? Era tutta una recita, la sua?
    « Io... Io non capisco, Cornelius. Sono sincera. » Sospirò, lo sguardo basso, concentrato sulle pieghe perfettamente allineate della propria gonna plissettata di Corvonero, con cui giocherellava nervosamente. « Ti ringrazio ancora per le scuse, ma non capisco proprio come fai ad esserti dimenticato tutto tutto. È strano. » Mi ha appena chiesto scusa. Mi ha detto che vuole essere mio amico. Che vuole che lo importuni. Quelle erano le cose che più in quell'estate si era ritrovata a desiderare, quando aveva ripensato con amarezza a quella sera, a quanto lui l'avesse fatta sentire piccola con il proprio rifiuto. Era stato particolarmente subdolo perché, dopo averla riempita di attenzioni per mesi, all'improvviso le aveva tolto tutto, senza apparente motivo, rinnegandolo. E ora? Ora cosa significava quella richiesta di pace? « Però mi dispiace se sei stato male, in questi mesi. » L'aveva fatta sentire la più bella della scuola, la più desiderabile, e poi la più insignificante. Ora Alena Gauthier guardava Cornelius Thorne e provava una sola emozione: confusione. La sua, però, non era una confusione disinteressata, da farle fare spallucce ed andare avanti come se nulla fosse. Ciò che provava era qualcosa di quasi viscerale, era il bisogno impellente di scavare nella mente di chi aveva davanti, scoprire cosa si celasse dietro a quegli occhi cerulei. Quando mi hai mentito, Cornelius? Continuava a giocherellare con le pieghe della sua gonna, lo sguardo basso, assorto: ora era il suo turno essere nervosa. « In effetti ricordo che la sera della festa non avevi proprio una bella cera... Ci credo che stavi male... » Ci era dunque riuscito, Cornelius Thorne? L'aveva manipolata con successo? Alzò il capo, per guardarlo per la prima volta: detestava quasi che ora apparisse così innocente, detestava trovarsi a vedere sincerità in quegli occhi azzurri, così cristallini. Detestava che fossero bastate un paio di scuse da parte sua perché lei tornasse a guardarlo con aria sognante. « Però io come faccio a sapere che non stai mentendo? Che non me lo dici per lavarti la faccia? » Che ti fa davvero piacere passare del tempo con me? Picchiettò con le dita sul tavolo di fronte a sé, con fare pensieroso. Poi, in un impeto di sicurezza, o sfacciataggine, o chissà quale altra impertinenza adolescenziale la possedette in quel momento, recuperò il proprio taccuino che aveva lasciato chiuso in un angolo e lo sfogliò celermente, fino a raggiungere l'ultima pagina. Su questa prese a scrivere freneticamente, prima di strappare l'intera pagina e consegnarla nelle mani del ragazzo. Al centro del biglietto, la calligrafia ordinata di Alena recitava: "VUOI USCIRE CON ME?"; sotto, le due risposte: SI e NO, accompagnate dalle rispettive caselle, come nei bigliettini dell'asilo. Alena si era già premurata di fare una croce sulla casella del SI. La ragazza osservò la reazione di lui, prima di riprendere parola. « Fai conto che questo me l'hai dato tu, e che hai già la mia risposta. Puoi scegliere se usarlo adesso, o quando vuoi tu. Anche fra qualche mese. Vedilo come un buono uscita: se vorrai passare del tempo con me, non potrò esimermi, perché ti ho già detto di sì. » Gli rivolse un sorriso temerario, mentre accavallava le gambe e richiudeva il proprio taccuino, per riporlo sul tavolo. « Questo, però, non è ciò che serve a farti perdonare. Serve a me per capire se sei sincero. Se davvero ti fa piacere stare con me, come dici, avrai modo di dimostrarlo. » Altrimenti, saprò che queste erano delle scuse fini a se stesse. « Insomma, se ti fa piacere potrai usarlo quando vuoi. » In cuor suo, in realtà, gli stava lanciando un'opportunità ben evidente. Perché l'abbiamo capito tutti che non ci sai proprio fare, Cornelius. « Per farti perdonare, invece, potrebbero bastare i tuoi appunti di Storia della Magia. Non pensavo che fossi così bravo. » Si riferiva alla volta in cui si erano ritrovati a condividere il banco e un lavoro di gruppo, e aveva inaspettatamente scoperto la riflessività e la perspicacia nei ragionamenti del compagno, in merito agli avvenimenti di Storia della Magia. Era certa che i suoi appunti non fossero da meno. « Allora, che ne dici? Può andare? »
     
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3 replies since 16/10/2023, 17:50   150 views
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