It's not the same as it was

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  1. thursday's child
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    the innocent can never last

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    Corvonero
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    Per quanto non amasse quegli incontri con lo psicologo, Neal non poteva fare a meno di ammettere - almeno a se stesso - che fossero necessari. I genitori avevano scelto di affidarlo ad un professionista privato che operava ad Hogsmeade, convinti che il servizio sarebbe stato migliore e più proficuo rispetto a quello offerto gratuitamente dal castello. In effetti si stava trovando piuttosto bene: l'uomo che lo seguiva era abbastanza giovane e aveva dei modi di fare estremamente affabili che riuscivano a farlo aprire anche su questioni che non aveva mai veramente considerato importanti o su cui si era sentito in imbarazzo a soffermarsi troppo. Stavano intraprendendo un bel percorso, ma chiaramente Neal non se la sarebbe sentita di rivelare ai propri amici la meta di quelle uscite pomeridiane che compiva puntualmente una volta a settimana. Nonostante ciò, tuttavia, i suoi compagni di stanza e chi gli era più vicino doveva aver capito cosa bollisse in pentola; d'altronde il comportamento di Neal negli ultimi mesi era stato estremamente altalenante, e non era raro che alla menzione di qualche fatto recente gli occhi del Corvonero rivelassero un totale vuoto di memoria. Quei vuoti erano stati l'oggetto principale delle sedute con il Dottor Ferguson, il quale aveva cercato in maniera delicata di comprenderne i meccanismi responsabili e instradare Neal verso un percorso più salutare di coping con i traumi subiti e con i sentimenti di ansia che provava. « Quindi alla fine non le hai risposto? » Il moro scosse piano il capo, mordendosi l'interno del labbro inferiore mentre si tormentava le dita intrecciate sull'addome. « Mh ci ho provato. Cioè, ho scritto diverse volte il messaggio, ma alla fine ho cancellato tutto perché mi sembrava sempre stupido e dopo un po' era passato troppo tempo quindi non avrebbe avuto senso rispondere. » Quel giorno erano arrivati a toccare il tasto Alena - un tasto particolarmente dolente per il giovane Thorne. Quando aveva ricevuto i messaggi di lei all'indomani dell'attacco si era sentito incredibilmente felice, poi quella felicità era svanita nel giro di poco, con la risposta seguente della concasata. "Non preoccuparti non c'è bisogno di fare scenate, sei già stato molto chiaro con me. Faccina sorridente passivo-aggressiva". Aveva riletto mille volte quel messaggio e ci si era arrovellato il cervello sopra così tanto da arrivare a produrre gli scenari più assurdamente fantasiosi. Cosa le aveva fatto? Perché Alena ce l'aveva con lui quando non lo aveva mai nemmeno calcolato? « E dopo quei messaggi avete parlato? Vi siete visti? » « Non proprio. La incrocio tutti i giorni perché siamo nella stessa casata, ma non abbiamo parlato. In realtà nemmeno ci salutiamo e ho avuto un po' l'impressione che mi stia evitando di proposito - rispetto a come era prima. » Prima non mi cagava e basta, simple as that. « Beh.. non sei anche solo curioso di sapere per quale motivo si sta comportando così? In fondo non è detto che sia un vuoto di memoria. Potresti semplicemente aver fatto qualcosa che l'ha ferita senza rendertene conto; e avere questo confronto potrebbe rivelarsi un'occasione per crescere e imparare. Rimandando non fai altro che ingigantire le cose - ed è lì che diventano davvero irrimediabili. » Annuì piano. Sulla carta sapeva che il Dottor Ferguson avesse ragione, e il modo tranquillo in cui gli esponeva quei concetti faceva sembrare tutto facile come bere un bicchier d'acqua. Ma se fosse stato così, Neal probabilmente lo avrebbe già fatto. La verità era che quando vedeva Alena si bloccava: ogni ragionamento lucido che riusciva a produrre in separata sede veniva improvvisamente spazzato via da un senso di panico che lo portava soltanto a comportarsi come uno stupido, blaterando cose senza significato per cui in seguito provava profondo imbarazzo. Nel maniacale tentativo di apparire naturale e nonchalant ai suoi occhi finiva solo per dare l'idea esattamente opposta. Quel suo tentennamento, probabilmente glielo si poteva leggere in faccia. « Facciamo così. Non pensare al fatto che questo sia un confronto con la ragazza che ti piace. Vedilo più come.. un esercizio. Nella vita ti capiterà tante volte di dover affrontare conversazioni spinose con altre persone. Immagino che alla tua età, già sia successo. Magari con un amico o un parente. Prova a pensare a quei momenti, a come hai superato l'ostacolo che avevi di fronte e a come quell'esperienza abbia influito su di te e sul rapporto con quelle persone. Vedrai che questa riflessione ti aiuterà a vedere questa specifica situazione in una prospettiva diversa. »
    Ci aveva riflettuto. Non si poteva dire che Cornelius non si impegnasse quando si trattava di quelle sedute. Tornato in stanza, infatti, aveva aperto il quaderno dedicato al proprio percorso con il Dottor Ferguson, intingendo la piuma nell'inchiostro e iniziando a buttare giù in maniera precisa tutti gli episodi che gli venivano in mente. Aveva notato che prendere quegli spunti come una sorta di compiti scolastici lo aiutava, e che mettere i propri pensieri per iscritto gli rendesse più semplice comprenderli. Non era bravo a parlare, e spesso faceva giri troppo arzigogolati per arrivare al succo delle questioni, ma quando scriveva riusciva a dare un ordine logico a tutto e vedere anche cose che non aveva considerato in precedenza. Così, anche in quel caso, si era dedicato alla riflessione secondo quel confortante approccio accademico, prendendosi diversi giorni per stilare una lista delle proprie esperienze e del modo in cui sentiva lo avessero cambiato. Non poteva dire che questo esercizio facesse sembrare più semplice un confronto con Alena, ma di certo era stato sufficiente a convincerlo di quanto fosse necessario per la propria pace mentale. Anche perché tra poco riprenderanno gli incontri del giornalino e voglio essere professionale. Otis ha fatto un lavoro enorme e non sarebbe giusto creare un clima di imbarazzo nella redazione. Così una sera decise di prendere la palla al balzo. Era venerdì e il giorno dopo non avrebbero avuto lezione, il che portava molti studenti ad intrattenersi più a lungo nella sala comune. Di norma Cornelius preferiva tornare in stanza e giocare a qualche gioco da tavolo insieme ai propri amici, ma quella sera decise di rimanere anche lui negli spazi comuni, adocchiando di tanto in tanto le poltroncine su cui Alena sedeva assieme ad un'altra compagna. Troppo timoroso di avvicinarsi al duo tutto al femminile, Cornelius attendeva che l'altra se ne andasse, o quando meno che si creasse l'opportunità per prendere Alena in disparte senza esporsi al ridicolo. Gli fu subito chiaro quanto vaneggiante fosse quel desiderio. Ma perché girano sempre in branco? Diamine non si staccano un secondo! Persino quando le sue orecchie si drizzarono alla menzione di andare in bagno, le sue speranze vennero subito infrante nel vedere Alena alzarsi insieme all'altra per accompagnarla. Ma poi che dovranno mai fare in bagno insieme? Aveva ormai perso quasi tutte le speranze quando un dio di nome Travis Coleman non decise di tendergli una mano dal cielo. Travis era popolare, era il capitano della squadra di quidditch, e più o meno qualunque ragazza avrebbe fatto carte false per avere due minuti del suo tempo. Quei due minuti, a quanto pareva, Travis aveva deciso di regalarli proprio all'amica di Alena, a cui si era avvicinato per dirle qualcosa all'orecchio che l'aveva fatta ridere. Dio quanto è figo. La fa sembrare così facile. Ciò che i bisogni fisiologici non riuscivano a dividere, Travis invece sì, e
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    Cornelius guardò la ragazza allontanarsi insieme a lui con un misto di ammirazione e sconcerto negli occhi - come se avesse assistito alla scena di Eric Donovan che miracolava la vecchia cieca al Ministero. Deciso a non perdere l'opportunità di quel segnale divino, il giovane Thorne chiuse velocemente il grosso tomo che stava per lo più fingendo di leggere, alzandosi lesto dalla poltroncina vicino al camino per raggiungere Alena prima che una qualche altra amica assegnata d'ufficio si materializzasse al posto di quella appena partita. « Hey.. » proferì a voce piuttosto bassa, sollevando gli angoli delle labbra in un sorriso che sperava dissimulasse un po' l'imbarazzo evidente dal leggero tremore delle mani. « Posso sedermi? » Le indicò con gli occhi la poltroncina vuota, tamburellando le dita sulla copertina del tomo che teneva ancora stretto. Starsene lì impalato non gli piaceva, ma non voleva nemmeno prendere posto come se nulla fosse e cominciare a parlare a raffica. Si schiarì dunque la gola, tentando di introdurre la situazione senza dare per scontato che lei fosse disposta ad ascoltare un monologo. « Mh.. volevo solo rubarti un paio di minuti per.. beh, innanzitutto per scusarmi per non averti risposto al messaggio. In realtà non so se volevi che ti rispondessi, ma è stato comunque maleducato da parte mia. » Ok, e una è fatta. Stiamo procedendo secondo la tabella di marcia. « E poi volevo chiarire con te. Perché mi sembra di aver percepito del malumore da parte tua - nei miei confronti. E non so se hai voglia di parlarne, ma mi piacerebbe avere l'opportunità di scusarmi e capire dove ho sbagliato, se ho fatto qualcosa che ti ha offesa. » Preciso. Preciso e chiaro. Il Dottor Ferguson ne sarebbe fierissimo. « Tutto qui. » Accennò un piccolo sorriso, sperando di essere stato sufficientemente convincente da aprire perlomeno uno spiraglio nella corazza di Alena.


     
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