It's not the same as it was

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  1. wonderstruck‚
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    Corvonero
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    you paint me a blue sky
    and go back and turn it to rain
    and I lived in your chess game
    but you changed the rules everyday
    wondering which version of you I might get on the phone, tonight.


    « Aggredirti verbalmente? » A quel tono interrogativo, quasi incredulo, Alena retrocesse con il busto, come colta in flagrante. Forse aveva utilizzato delle parole troppo forti: forse quello che Cornelius le aveva detto la sera del ballo era da reputarsi normale, una conversazione tranquilla tra due coetanei. Forse stava esagerando. Non sei mia madre, non sei la mia ragazza, non sei nemmeno una mia amica. Quindi non capisco perché non mi lasci stare, cazzo! Quelle parole le rimbombavano ancora in testa. Checché ne volesse dire Cornelius, lei così si era sentita: aggredita. « Sì » disse allora, malgrado i tentennamenti, dopo un sospiro profondo. Decise che avrebbe difeso quella posizione fino alla morte. « Mi hai detto che non ti piaccio, che non sono la tua ragazza, e che non mi vuoi neanche come amica, e che avrei dovuto lasciarti stare. Se non è un'aggressione questa, dimmi tu cos'è! » Un colpo di coraggio la convinse a rincarare la dose, allargando poi le braccia con fare eloquente. È giusto che ti sia offesa. Non stai esagerando. È stato cattivo. Non te lo sei immaginato. Ricercò le immagini di quella serata tra i suoi ricordi: lo sguardo sprezzante di lui, la sufficienza con cui l'aveva allontanata. Aveva bisogno di credere fermamente perché, ora lo sapeva, sarebbe arrivata l'ondata di sminuimento e manipolazione. Si mise a sedere ben diritta, pronta alla battaglia.
    Al contrario, però, la reazione di chi aveva davanti fu del tutto inaspettata: Cornelius prese a balbettare, evidentemente a corto di parole. « ...non volevo. Cioè, non capisco. Mi dispiace, davvero. Non voglio- invalidare i tuoi sentimenti. » Alena rimase ferma a guardarlo, incuriosita. Voleva concedergli il beneficio del dubbio. Però? « Però davvero.. mh, non so come spiegarlo. Cioè io non ricordo questa cosa. » Si sporse in avanti, a quel punto, la fronte aggrottata e le labbra leggermente dischiuse per la sorpresa. « In che senso non ti ricordi? » ripeté, incredula, ma prima che potesse mettersi ad elencare nuovamente a memoria tutte le cose che le aveva detto quella sera, il Corvonero riprese la parola. « Non ti sto dando della bugiarda, eh. Ci credo, davvero. Insomma, sicuramente hai ragione perché non avresti motivo di dirmi una cosa non vera, no? Però ecco, sì, cioè io proprio non lo ricordo. » Lo fissava, sempre più confusa. E quindi, che vuoi dire? « Mh.. ho ricordi un po' sfocati di quella sera. Non so. Non mi sentivo bene. Sono stati dei mesi strani e credo di essermi comportato male con diverse persone senza rendermene del tutto conto. So che non ha molto senso, ma - mh.. come dire? - ci sto lavorando, ecco. Quindi sono venuto a chiederti scusa anche per questo, perché voglio rimediare e ci tengo, anche se non abbiamo mai avuto un vero e proprio rapporto. Cioè, immagino che a questo punto fosse questo il motivo della tua ostilità. Quindi ecco, grazie per avermelo detto perché almeno ho capito. Però non è vero che non voglio che tu mi stia intorno e mi importuni. Importunami! No! Cioè volevo dire che non disturbi mai, e anzi, mi fa piacere se siamo amici. » Sospirò, sempre più confusa. Perché era all'improvviso così gentile? Si sentì disorientata da quel cambio di atteggiamento, una parte di lei che già dall'inizio della conversazione era pronta a fronteggiare un Cornelius più ostile, cupo, come l'aveva conosciuto negli ultimi mesi. « Quindi sì, ecco, non posso chiederti di essere comprensiva perché non è che mi devi nulla - specialmente se ti ho trattata male. Però mi dispiace sul serio e se mi dessi l'opportunità di riparare, vorrei davvero farlo. » Ripensava alla rabbia che aveva visto negli occhi di lui quella sera e che, per qualche ragione, ora non trovava più.
    Ora gli occhi di Cornelius erano tentennanti, sostenevano il suo sguardo solo a tratti, vagavano nella stanza come in cerca di appiglio, mentre il suo corpo si muoveva nervosamente. Non si reputava molto brava ad interpretare queste cose, eppure le sembrava evidente quanto in quel momento Cornelius fosse incerto. E quell'atteggiamento era così tanto in conflitto con il Cornelius che aveva visto alla festa, da farle girare la testa. Come poteva una persona tanto dolce, tanto accorta, averle detto quelle cattiverie? E come poteva una persona così spregevole parlarle ora con quel garbo, quel rispetto? Era tutta una recita, la sua?
    « Io... Io non capisco, Cornelius. Sono sincera. » Sospirò, lo sguardo basso, concentrato sulle pieghe perfettamente allineate della propria gonna plissettata di Corvonero, con cui giocherellava nervosamente. « Ti ringrazio ancora per le scuse, ma non capisco proprio come fai ad esserti dimenticato tutto tutto. È strano. » Mi ha appena chiesto scusa. Mi ha detto che vuole essere mio amico. Che vuole che lo importuni. Quelle erano le cose che più in quell'estate si era ritrovata a desiderare, quando aveva ripensato con amarezza a quella sera, a quanto lui l'avesse fatta sentire piccola con il proprio rifiuto. Era stato particolarmente subdolo perché, dopo averla riempita di attenzioni per mesi, all'improvviso le aveva tolto tutto, senza apparente motivo, rinnegandolo. E ora? Ora cosa significava quella richiesta di pace? « Però mi dispiace se sei stato male, in questi mesi. » L'aveva fatta sentire la più bella della scuola, la più desiderabile, e poi la più insignificante. Ora Alena Gauthier guardava Cornelius Thorne e provava una sola emozione: confusione. La sua, però, non era una confusione disinteressata, da farle fare spallucce ed andare avanti come se nulla fosse. Ciò che provava era qualcosa di quasi viscerale, era il bisogno impellente di scavare nella mente di chi aveva davanti, scoprire cosa si celasse dietro a quegli occhi cerulei. Quando mi hai mentito, Cornelius? Continuava a giocherellare con le pieghe della sua gonna, lo sguardo basso, assorto: ora era il suo turno essere nervosa. « In effetti ricordo che la sera della festa non avevi proprio una bella cera... Ci credo che stavi male... » Ci era dunque riuscito, Cornelius Thorne? L'aveva manipolata con successo? Alzò il capo, per guardarlo per la prima volta: detestava quasi che ora apparisse così innocente, detestava trovarsi a vedere sincerità in quegli occhi azzurri, così cristallini. Detestava che fossero bastate un paio di scuse da parte sua perché lei tornasse a guardarlo con aria sognante. « Però io come faccio a sapere che non stai mentendo? Che non me lo dici per lavarti la faccia? » Che ti fa davvero piacere passare del tempo con me? Picchiettò con le dita sul tavolo di fronte a sé, con fare pensieroso. Poi, in un impeto di sicurezza, o sfacciataggine, o chissà quale altra impertinenza adolescenziale la possedette in quel momento, recuperò il proprio taccuino che aveva lasciato chiuso in un angolo e lo sfogliò celermente, fino a raggiungere l'ultima pagina. Su questa prese a scrivere freneticamente, prima di strappare l'intera pagina e consegnarla nelle mani del ragazzo. Al centro del biglietto, la calligrafia ordinata di Alena recitava: "VUOI USCIRE CON ME?"; sotto, le due risposte: SI e NO, accompagnate dalle rispettive caselle, come nei bigliettini dell'asilo. Alena si era già premurata di fare una croce sulla casella del SI. La ragazza osservò la reazione di lui, prima di riprendere parola. « Fai conto che questo me l'hai dato tu, e che hai già la mia risposta. Puoi scegliere se usarlo adesso, o quando vuoi tu. Anche fra qualche mese. Vedilo come un buono uscita: se vorrai passare del tempo con me, non potrò esimermi, perché ti ho già detto di sì. » Gli rivolse un sorriso temerario, mentre accavallava le gambe e richiudeva il proprio taccuino, per riporlo sul tavolo. « Questo, però, non è ciò che serve a farti perdonare. Serve a me per capire se sei sincero. Se davvero ti fa piacere stare con me, come dici, avrai modo di dimostrarlo. » Altrimenti, saprò che queste erano delle scuse fini a se stesse. « Insomma, se ti fa piacere potrai usarlo quando vuoi. » In cuor suo, in realtà, gli stava lanciando un'opportunità ben evidente. Perché l'abbiamo capito tutti che non ci sai proprio fare, Cornelius. « Per farti perdonare, invece, potrebbero bastare i tuoi appunti di Storia della Magia. Non pensavo che fossi così bravo. » Si riferiva alla volta in cui si erano ritrovati a condividere il banco e un lavoro di gruppo, e aveva inaspettatamente scoperto la riflessività e la perspicacia nei ragionamenti del compagno, in merito agli avvenimenti di Storia della Magia. Era certa che i suoi appunti non fossero da meno. « Allora, che ne dici? Può andare? »
     
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