Standing Next to You

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    the devil inside;

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    Il silenzio nell'abitacolo della macchina aveva creato un disagio senza precendenti. Con lo zaino stretto al petto, Mia rimase per qualche momento in silenzio, ferma a guardare la stradina vuota oltre il parabrezza aspettando chissà cosa. Annoverava quella serata, tra le peggiori che avesse mai passato, e a dirla tutta non sapeva nemmeno di chi fosse la colpa. Era colpa sua? Colpa di Raiden? Era colpa di entrambi, oppure le cose stavano semplicememte andado così? Non lo sapeva, ma di certo se stava per lasciare quell'abitacolo col cuore pesante e tanti non detti. « Allora - io vado. » Posò la mano sulla portiera, ma non la aprì quasi sperasse che qualcosa sarebbe accaduto. Che in fondo non si sarebbero lasciati così. « Mia.. aspetta. » Grazie al cielo. Seppur non lo diede a vedere, provò un senso di sollievo. Sperava in un certo qual modo in un a presto meno conflittuale. Qualcosa che le lasciasse qualche certezza. Su di lui, su di loro. Sperava che in un modo o nell'altro potessero aggiustare quel completo fallimento. « Mi dispiace. Sono stato brusco.. prima. Non volevo ferirti. Sono stato stupido e ho pensato che quando ci saremmo rivisti sarebbe stato tutto come prima. Ma non lo è. Non poteva esserlo. Però ti amo. Ti amo tantissimo. Sempre. » I think about you everyday and it hurts so much knowing I'll get back to an empty house. It's so fucking lonely without you. I don't like the way it affects me. And now it's affecting you too. I'll get out of this mess. I promise you. I don't care what it takes, I'll find a way out and be the man you deserve. « Non posso chiederti di non essere arrabbiata con me, ma per piacere.. credimi anche stavolta. » Tutto il suo discorso, Mia lo ascoltò a sguardo basso, fissando la mano di lui stretta nella propria. A quel punto faceva fatica, non tanto a credergli, quanto a pensare che Raiden fosse al sicuro. Il suo cambiamento era evidente, e per quanto volesse credere che il problema fosse solo la frustrazione legata alla lontananza dalla sua famiglia, temeva che ci fosse dell'altro. Dopo qualche istante, alzò tuttavia lo sguardo nel suo annuendo, senza dire assolutamente nulla. Non sapeva cosa dirgli, e a dirla tutta, a quel punto aveva paura di rovinare tutto ulteriormente. E poi di colpo sentì le labbra del moro sulle proprie. Un bacio al quale rispose inizialmente con timidezza e un filo di timore. Era evidente si sentisse come se avesse passato il segno; non voleva farlo ancora, far sentire Raiden come se lo stesse costringendo a fare qualcosa che non voleva. Eppure, di fronte al trasporto di lui si sentì stranamente confusa. Fisicamente ci mise trasporto accogliendolo con tutta se stessa, lasciando che la sua lingua accarezzasse la propria, ma non tentò certo di spingersi oltre. In altre circostanze lo avrebbe fatto, nonostante il luogo pubblico, nonostante lo stretto abitacolo della macchina. Ma in quel momento, inibita dalla reazione precedente di lui, provò un senso di imbarazzo e difficoltà tale per cui, quando dopo diverso tempo, fu lui a staccarsi, Mia abbassò lo sguardo colta da un profondo senso di frustrazione e impotenza. Avrebbe voluto parlarci, chiedergli tante cose; voleva persino spiegarsi, tentare di fargli capire che i sentimenti che provava per lui erano ben al di fuori della sfera della commiserazione. Ma non ne ebbe il coraggio, forse perché l'idea di lasciare la macchina con l'umore ancora più pesante la devastava. Così, posò un leggero bacio sulle labbra di lui accarezzandogli la guancia con un'espressione a dir poco dilaniata prima di aprire la portiera. « Fatti sentire, mi raccomando. » Lo guardò per un'ultima volta sporgendosi a dargli un'altro bacio veloce, una tentazione a cui non resistette. « Fai attenzione, amore mio. » E così dicendo si costrinse a lasciare la macchina velocemente prima di rendere quella separazione impossibile. Sbattè la portiera alle proprie spalle con sin troppo vigore, per poi spostarsi sul marciapiede dalla parte del guidatore rivolgendogli un tiepido sorriso. Guardarlo così, intento ad andarsene su quell'auto scaccia per andare chissà dove le spezzava il cuore. Si costrinse tuttavia ad affondare le mani nelle tasche dalla pesante felpa, remando dritta sulle stradine buie, evitando le arterie principali. Alla fine aveva deciso di farsela a piedi. Le ci sarebbe voluta più di un'ora per rientrare ma aveva bisogno di schiarirsi le idee. Ad un certo punto si era fermata davanti a un forno notturno dove aveva comprato alcuni cornetti e dolciumi per lei e Ronnie, abbondando anche per portare qualcosa a Delilah e alla piccola. Una camminata che la porta più e più volte ad aggrotare la fronte consumando più sigarette di quante si può permettere - quello era il pacco di emergenza, da usare solo in casi di assoluta necessità. Ma forse tornare a casa coi polmoni colmi di catarro era il meno, quando catarro era la sua mente e la sua anima. Che stronzo. Prima mi tratta male e poi mi limona. Ma io che devo capire? Niente. Non capiva niente. E più ci pensava, più pensieri nefasti si attorcigliavano nella sua mente. Forse non gli piaccio più. Magari si è reso conto che sta meglio senza di me. La distanza fa tanto. Il peggio era combattere con la vergogna di sentirsi una persona pessima. Le aveva fatto pesare l'aver fatto il primo passo e ora, Mia, si sentiva più che mai regredita a una forma di timidezza primordiale. Avrebbe avuto ancora il coraggio di approcciare? Si ma comunque non è giusto. È lui che ha cominciato coi codini e le carezzine. Cioè mi ha proprio mandato segnali. Erano segnali no? Ora sta a vedere che sono solo io a pensarci. Seduta su un marciapiede al confine con il ghetto, Mia aveva aspettato l'alba scofanandosi nervosamente diversi cornetti, colta da una vergogna che sembrava impedirle persino di tornare a casa. Sai che bello tornare dopo aver fatto tutta la ganza perché vedevo Raiden.

    Seppur si fossero detti di farsi sentire, per diversi giorni consecutivi, c'era stato un profondo imbarazzo da parte sua. Dopo quella notte, l'umore di Mia era sceso sotto i piedi. Così la sera dopo si era presentata al Pulse, offrendosi volontaria per combattere con chiunque fosse presente. Altrettanto era successo la sera seguente e quella dopo ancora e ancora così per una settimana, finché il sabato seguente era tornata a casa con un occhio nero, due costole rotte e graffio di tutto rispetto sulla coscia destra. Rifiutato l'invito a cena col proprietario de La Mano Monca, la vita di Mia non era diventata più semplice. In una decina di giorni aveva fatto a malapena il doppio dei soldi che avrebbe fatto in una serata sola. Aveva voglia di menare, e questo faceva. Nessuno sconto, nessuna gara truccata. Al pari di tanti altri, saliva sul ring e tirava calci e pugni finché non vinceva o perdeva. Quando andava bene, qualcuno tra i loro che puntava su di lei si divideva il bottino, quando andava male, tornava a bordo ring con la coda tra le gambe. Poco male, funzionava comunque, anche senza pagarla. Gli spettatori la adoravano. E più si dimenava nella morsa di quel malaffare, più i soldi circolavano, ma non nelle sue tasche. Fu la sera in cui Mia e Ronnie vennero sorprese sul pianerottolo a notte fonda da Delilah, che la prima crepa in quel piano si presentò. « Ahia! » Teneva premuta sull'occhio una busta di fagiolini congelati mentre Delilah stava facendo del suo meglio per ricucire lo squarcio che la veela con cui aveva combattuto le aveva procurato. La stronza si era trasformata, e seppur le regole non lo ammettessero nessuno aveva pensato di fermare il combattimento. « Quindi è questo quello che fai quando esci? » Mia la osservò con un'espressione torva. Come faceva a saperlo? Ma forse dovrei chiedermi come farebbe Delilah a non saperlo. Delilah sa tutto. « Beh sai, non ho i soldi per andare dallo psicologo. Questa è l'unica terapia che posso permettermi. » Fortunatamente aveva lasciato Haru con Eriko; una decisione che quella sera si era dimostrata più che saggia alla luce dei dolori che stava provando. « Io neanche ci provo più. Non ascolta. » Che nessuna delle due approvasse era evidente. Ma Mia, a quel punto non era nemmeno certa di andarci per i soldi. Aveva semplicemente bisogno di sfogare tutte quelle sensazioni negative. La frustrazione, la mancanza, la solitudine. « Va beh dai raga, qui ognuno fa quello che può. Sono bei soldi. » E questo, sia Ronnie e Delilah lo sapevano bene. « C'è però una certa differenza tra il rischiere di farsi corcare perché hai venduto alla persona sbagliata e andare a farsi corcare a prescindere. » Delilah annuì concordando con la giovane Rigby. E non c'erano dubbi. « La sa Raiden questa cosa? » Mia sgranò gli occhi, voltandosi con una certa urgenza in direzione di Ronnie. Era l'unica persona a cui aveva detto di vedere Raiden ed era l'unica che la copriva in caso di necessità. « Guarda che Jeff me l'ha detto che vi siete visti. » In quel momento Mia sembrò perdere ogni forma di controllo. Le mani presero a tremare di colpo, colta da una forma di terrore senza precedenti. « Mi dici come fate? » [...] Era stato così che aveva appreso che c'erano vie alternative al contatto lycan. Due amanti che si vogliono bene non possono essere separati nemmeno da una taglia e l'avidità di qualche ghermidore. Jeff e Delilah si erano sentiti ogni domenica da quando il ragazzo era tornato a Londra dalla stessa cabina telefonica. Un piano concordato da prima che il giovane avesse lasciato il quartiere warlock. Lei arrivava per prima e aspettava finché non fosse Jeff a chiamarla. Non si erano mai visti, ma avevano sempre parlato, e così aveva anche iniziato a capire dove la ragazza andasse ogni domenica. Dovevo immaginare che non andavi davvero in chiesa. Ma con Delilah non si poteva mai sapere, e anche la possibilità che avesse ritrovato il cammino spirituale non era da escludersi. Così, non avendo un piano specifico, l'unica cosa che le era venuta in mente era accompagnarla. Avevano cercato un motel nella parte opposta della città rispetto a quella in cui lei e Raiden si erano visti, e si erano recate lì, dopo essersi dati appuntamento sempre telefonico. Sempre di domenica. Mia aveva indossato un grande paio di occhiali scuri per nascondere il livido che si era procurata qualche giorno prima e così l'aveva accompagnata, questa volta affittando una macchina che le era costata un occhio della testa. La zona che avevano scelto, tuttavia, era poco fornita di mezzi, e alla luce del sole era meglio spostarsi su un mezzo proprio, piuttosto che rischiare di essere seguite a piedi. Delilah gli era saltato al collo non appena l'aveva visto sul ciglio della porta della stanza lercia. E Mia, scesa dalla macchina piuttosto svogliatamente, si era accesa un sigaretta alzando una mano poco energicamente. « È bello rivederti, Mia. » « Ciao Jeff! » Vaffanculo, Jeff. Tu e quella tua boccaccia. Sapeva che se anche avesse negato di aver visto Raiden, Delilah non avrebbe accettato un no come risposta, e quindi eccola lì, a fare da palo mentre loro scopano. Un lusso che non tocca a tutti quanti. « Tutto bene? » Evidentemente, anche lui doveva trovare strano quel paio di occhiali poco sobrio, non a caso la osservò un po' lungamente, prima di tornare ad abbracciare e riempire di baci la sua amata. « Vi aspetto qui. Il tempo scorre. » Disse solo prima di trascinarsi i piedi verso il piccolo baretto adiacente al motel. Prese un birra e delle patatine rimanendo lì a fissare una vecchia rivista che aveva sottratto alla reception. Un lungo e agoniante listone di casa in affitto nel ridente centro della città, dove un monolocale ammuffito costava più di quanto avrebbe guadagnato in un anni di botte sul ring del Pulse. Quel giorno aveva l'umore sotto i piedi, tant'è che per sentirsi un po' meglio con se stessa aveva aperto il contatto con Meredith giù alla riserva, lamentandosi di ogni cosa possibile e immaginabile, evitando in tutte le maniere possibili di parlare di Raiden. « ..in tanto fa freddo. Ed è umido. Lo sai che io e Ronnie ripuliamo quelle cazzo di pareti ogni settimana? Di questo passo Haru si becca l'asma. Stiamo là da - boh? Quant'è? Sei settimane.. e già si è beccato il raffreddore. Ha avuto la tosse per non so quanto. E poi la gente è una merda. Jerome minimo fabbrica bombe nello scantinato di casa sua e.. » E via così per mezz'ora tirata, lamentandosi di quanto fossero care le cose, di quanto facesse schifo la gente, di quanto odiasse i vecchi del Pulse, e anche i giovani del Pulse, e la gente che menava, e la gente che la pagava, ma soprattutto la gente che non la pagava abbastanza. Il tutto finché non fu l'ora di tornare accanto alla macchina, in attesa che i due uscissero dal loro covo d'amore. Non ci voleva certo una laurea in criminologia per constatare che i due erano stati bene. Stretti uno affianco dell'altro, uscirono dalla stanza con un'espressione serena, seppur colma di una profonda amarezza. Mia non poté fare a meno di provare una punta di invidia. Anche Jeff era cambiato. Sembrava decisamente più imponente rispetto a Delilah. Provò con tutta se stessa di dare loro un po' di privacy, seppur la tentazione di guardare era tanta. Jeff e Delilah reggevano bene tanto la separazione quanto il passare del tempo. Certo che li prendiamo tanto per il culo, ma alla fine sono i più solidi di tutti. Una cosa che avrebbe voluto dire anche su stessa e Raiden, ma di cui non aveva più alcuna certezza. « Grazie Mia. Grazie davvero. » Mia abbozzò un leggero sorriso stringendosi nelle spalle prima di scartare una barretta proteica addentandola con noncuranza. « Vuoi che dica qualcosa a Raiden? » A quel punto si chiese se la stesse prendendo in giro. Oddio e se sapesse? Raiden gliel'ha detto? « No. Perché? Raiden ti ha detto qualcosa? » « No. » Ma Jeff osservò Delilah con la coda dell'occhio, mentre la ragazza sgranava appena gli occhi. « No.. Era così - non so.. » Certo che sei grande e grosso ma resti comunque tonto. In tutta risposta, Mia si tolse gli occhiali da sole guardandolo dritto negli occhi. Non ke sfuggì il leggero sussulto di Jeff nel vedere quel livido, ma Mia non fece caso alla reazione di lui. « Jeff, io e te non ci siamo visti, capito? Altrimenti la prossima volta torni a farti le seghe al telefono. O ti fai da palo da solo. » In verità, Mia aveva acconsentito perché immaginava Jeff fosse un pesce davvero piccolo. I suoi manifesti quasi non si vedevano nella Londra magica. Non era una priorità e di certo se l'avessero preso probabilmente sarebbe uscito dopo qualche anno per buona condotta. In fondo li capiva. Vedersi così, avere la possibilità di aspirare ancora ad essere una famiglia, era meglio che restarsene ad Azakaban in ogni caso. Ciò che non capisco è perché avete la bocca così grande. Cioè parlate dei cazzi vostri. Non so. Fatevi le chattine erotiche. Avete anche tempo di parlare dei cazzi degli altri? Forse avrebbe accusato meglio il colpo se solo lei e Raiden non fossero in una posizione davvero scomoda. « Chiaro. Ok. Messaggio ricevuto. » Bene. E così diede spazio ai due per salutarsi salendo al volante in attesa che altrettanto facesse Delilah.

    « Guido io. » Non si era fatta poi tanti problemi a passarle le chiavi dell'auto e sedersi sul sedile del passeggero. Non amava il traffico londinese e a dirla tutta a quell'ora avrebbe preferito girarsi su un fianco e appisolarsi un po' finché non fossero arrivate ad Iron Garden. Delilah però aveva piani diversi, poiché, non appena Jeff uscì dal parcheggio, la ragazza prese la stessa direzione, ignorando il fatto che si trattasse della direzione opposta rispetto a quella da cui erano arrivate. « Hai sbagliato strada. Da qui si va verso ovest. » « Zitta. Lo so. Lo sto seguendo. » Di colpo Mia ebbe un colpo al cuore. Fu piuttosto chiaro cosa Delilah stesse facendo. E allora Mia si tolse gli occhiali da sole, ricercando lo sguardo della mora. « Lilah. No. Torna indietro. » « No, Mia. Non se ne parla. Non so in cosa si sono cacciati, ma io non ho mai visto Jeff piangere. È sconvolto. Se è nei guai - più grossi del Ministero, non esiste che lo lascio da solo. » Mia era sconvolta. Senza parole. La determinazione di Delilah nel far saltare ogni cosa era di una stupidità impressionante. « Delilah. Noi. Non possiamo conoscere la loro posizione. » « È questo quello che ti ha detto Raiden? Se è tutto apposto useremo una pozione obliviante. Ronnie le sa fare. Compriamo gli ingredienti al mercato nero. Ma io devo sapere, Mia. Devo sapere che sta bene. » Ci stai mettendo in grossi guai. « Fammi scendere. Non ci vengo. Non ci vengo - » Stava combattendo contro quella possibilità sull'orlo delle lacrime, colta da una sensazione di panico senza precedenti. « Hanno bisogno di aiuto, Mia. Sono in un brutto posto. Mi ha detto che sono al sicuro. Nessuno li troverà, ma fanno cose orribili. E - Jeff - è preoccupato..per se stesso, per Raiden. Dice che non sta per niente bene per niente. E nemmeno lui sta bene, Mia! Lo hai visto?? È tutto strano. È spaventato. Trema come una foglia. Prende - prende delle cazzo di pasticche. Ansiolitici. Jeff non ha mai preso neanche un antidolorifico in vita sua. » Più Delilah le parlava di quella situazione, più Mia era confusa. Si era spesso chiesta come Raiden avesse fatto a tornare a Londra. Si era immaginata potesse essersi unito a qualche banda, ma nell'immaginario di Mia, una banda aveva un che di romantico e in effetti, alla luce di ciò non capiva per quale ragione il giovane non avesse deciso di riprenderli con sé. Le bande hanno un fortissimo codice d'onore. Si, è pericoloso, ma sono veri fratelli. Ma forse, Mia aveva visto troppe repliche di Sons of Anarchy. Più le parlava di quella situazione, dell'ansia di Jeff, del pianto disperato a cui si era abbandonato, delle terribili condizioni in cui viveva, più Mia stava iniziando a provare un forte senso di ansia. I'll get out of this mess. I promise you. Quando le aveva parlato di quel casino, Mia si era immaginata parlasse della condizione da ricercato. Ma ora, stava iniziando a pensare che si trattasse di qualcos'altro. Raiden era profondamente cambiato; era nervoso, spazientito. Aveva trovato quanto mai crudele il modo in cui si era comportato durante il loro primo incontro. Gettò lo sguardo fuori dalla finestra, portandosi le ginocchia al petto. Aveva paura di scoprire la verità, tanto quanto aveva paura di vivere ancora nella menzogna. « A me Raiden non ha detto niente. Non mi parla - » « Jeff mi ha detto che dormono poco e mangiano malissimo. » Mia annuì sentendosi una forte morsa allo stomaco, e così, quasi senza accorgersene, decise solo di guardare dall'altra parte acconsentendo tacitamente a non ostacolare Delilah. Di certo non si sarebbe aspettata di ritrovarsi nella zona industriale a ovest della città. Tra capannoni e vecchie fabbriche, giunsero di fronte a un vecchio edificio scaccio. Un vespaio di finestrelle sporche di fronte al quale Jeff parcheggiò la propria auto, salendo di sopra. Niente di particolare. « Ok. Ora possiamo andare. » Ovviamente, convincere Delilah di dover andare fu complicatissimo, come complicatissimo fu toglierle le chiavi di mano e mettersi al volante per riportarla ad Iron Garden. A quel punto la ragazza aveva cominciato a piangere, convinta che Jeff vivesse una vita orribile, probabilmente in un covo di drogatelli e malfamati. Non si era risparmiata una lunghissima storia sulle ragioni per cui il marito fosse così ansioso. Doveva condurre una vita terribile, mentre lei dal canto suo se ne stava bella comoda nel ghetto, nel suo bello scantinato comodo con tre pasti al giorno. Sapeva che la storia non sarebbe finita lì, ma per il momento, convinta che la poca autonomia di Delilah le avrebbe impedito di fare l'avventata si disse di aver guadagnato un po' di tempo. Tempo che, tuttavia, Mia non si concesse a sua volta. Riportata la giovane al ghetto, aveva passato un po' di tempo con Haru. Lo aveva portato al parco, aveva dato da mangiare ai suoi animali domestici e aveva portato il piccolo da Eriko, la quale, aveva accettato di tenere il bambino per la nottata, come succedeva diverse volte nell'ultimo periodo. Non le aveva dato spiegazioni, né la cognata gliene aveva chieste. Di quei tempi, nessuna delle due chiedeva niente. Seppur Mia non avesse capito con esattezza cose Eriko stesse facendo, a quel punto immaginava di non avere nemmeno il diritto di chiedere spiegazioni. Si erano salutate così, con un Haru felice di rivedere la zia, ma pur sempre piangente per separarsi dalla mamma. In cuor suo, però, per una volta credeva di farlo per una buona ragione. Per quanto volesse pensare che il problema di Jeff, Raiden e Hiroshi fosse il fatto che vivessero in un posto di merda, le parole di Delilah l'avevano fatta pensare. Così aveva atteso lo scattare del coprifuoco e il diradarsi delle guardie nei soliti punti da cui chi di dovere usciva per condurre affari loschi, per superare le recinzioni del ghetto e mettersi al volante. Si era assicurata che nessuno la seguisse camminando per diversi isolati fino alla macchina per poi mettersi in moto. Seguì un percorso alternativo, girando in tondo per diverse volte, utilizzando stradine anguste a senso unico, mettendoci più del dovuto fino ad arrivare nella zona industriale. Il palazzo in cui Jeff era entrato era ora completamente buio. Nessuno movimento se non per alcune ragazze dai vestiti appariscenti che uscirono poco dopo aver spento il motore della macchina. Sarebbe rimasta lì ad attendere solo, dall'interno dell'edifico non fosse uscito proprio allora Hiroshi. « Su. Poche cazzate. È già tardi. » Le ragazze ridevano. « Suuuuu! Guastafesteeeeeeee! Abbiamo dormito pochissimooooo. » Rimase sugli attenti per diverso tempo, finché non li vide svoltare lungo una strada che portava a un grosso capannone apparentemente avvolto nell'oscurità. Le bastò tendere l'orecchio e avvicinarsi, seguendo la stessa strada lungo la quale li aveva sparire per percepire i forti bassi di una musica assordante. Oltre la recinzione, tanti gruppi di persone, per lo più uomini. Diversi giovani passavano bustine ai diversi visitatori, mentre molti di loro si facevano strada verso quello che comprese ben presto fosse un vero e proprio locale. Un locale a luci rosse. Non le ci volle molto per individuare poco oltre l'entrata il cognato. Stava spingendo le ragazze oltre una porta - vietato l'accesso ai non addetti - prima di avanzare nel locale. Mia lo seguì. Le bastò varcare la soglia di quella vecchia porta metallica e addentrarsi lungo lo stretto cunicolo per rendersi conto di trovarsi in un posto davvero allineante. Oltre le porte interne c'era un enorme; su diverse piattaforme e in vere e proprio gabbie, ragazze di ogni età ballavano per gli spettatori al di sotto pronti a gettare loro bancone pesanti pur di vedere un lembo di pelle. Dove era finita? Poteva essere davvero trovarsi lì?
    « Cosa ti do? » Posati i gomiti sul bancone, rimase un po' a pensare prima di borbottare un veloce rum e cola. La barista le fece l'occhiolino preparandole l'ordinazione senza fare alcuna domanda. Mia, nel mentre continuò a guardarsi intorno completamente spaesata, senza sapere bene se pensare di essere capitata nel posto giusto. Camminava lungo quel corridoio mentale di porte, persone, legami, senza avere il coraggio di bussare alla sua porta. « A te. » Guardò il contenuto del bicchiere, abbozzando un sorriso tiepido. Poi alla fine, decise di sospirare svuotando metà del bicchiere. Era già lì. Doveva sapere. Bussò. Bussò con una tale veemenza, da essere difficile da ignorare. Era lì. Da qualche parte. Poteva percepirlo. Vagamente, ma era inequivocabilmente lui. Apri cazzo, apri! Aveva premuto con una tale pressione sulla volontà di lui, che alla fine si ritrovò scaraventata su un corridoio dalle luci stroboscopiche. « Hanno detto che avete anche - qualcosa per tirarsi su. » Una bustina compare dalla tasca di lui in cambio di qualche banconota da cento. « Grazie bello. » Le urla su quel corridoio sono inconfondibili. E lei se ne sta lì, mentre lo conosciuto, un uomo sulla cinquantina, avvolge il braccio attorno alle spalle di una ragazza che potrà a vere si e no l'età di Mia. « Come mai da queste parti? » Viene scaraventata nuovamente nella sala principale. Non capisce se è stata lei o lui ad aver interrotto il contatto. Certo è che sente un forte giramento di testa. « Uhm.. non lo so. » Asserisce piano, tant'è che la ragazza non riesce a sentirla. « Non hai l'aspetto di una interessata allo show. Sei nei guai o cerchi roba? » Chiede allora la bionda gettandole uno sguardo eloquente. « No, no, ero.. solo di passaggio. » Asserisce di scatto. Ha la bocca impastata. Vorrebbe solo uscire da lì dentro. « Non è una buona serata eh. Siamo senza guardie. Se devi chiedere qualcosa sono tutti da un'altra parte. Magari se devi parlare con qualcuno - nooooo, aspetta. Non sarai una delle nuove.. » Di scatto, la barista scocca le dita in direzione di un tipo che la raggiunge al istante. « Bill! Senti un po' questa! Le nuove non dovevano arrivare la prossima settimana? » Quello col nome di Bill si sporse per guardarla, poi scosse la testa. « Non è nostra. Senti Jill se devi rompermi le palle, almeno non importunare i clienti. Scusala eh, si è fatta una pera di troppo. » Pausa. « Ne vuoi un po' anche tu? » Mia tentò rimanere il più calma possibile. « Già fatto. » « Peccato, ti avrei fatto uno sconto. Sei molto carina. » Forse era meglio tenermi il livido. Almeno avevo un aspetto più da dura. « Sarà per la prossima. » Una frase veloce che asserì non appena lo individuò in mezzo alla folla. Vederlo lì in carne ed ossa confermava le sue peggiori paure. Quel posto, quelle persone, tutto - urlava guai in tutto e per tutto. E così, svuotò il bicchiere, per poi rivolgergli le spalle contrariata chiedendo un secondo giro. « Fallo bello alcolico mi raccomando. Ne avrò bisogno. Da qui dentro esco a quattro zampe. » La ragazza scoppiò a ridere, rivolgendo uno sguardo eloquente a Raiden, non appena fu abbastanza vicino. « Attenta a quel che desideri, tesoro. Non lo direi a voce troppo alta fossi in te. » Pausa. « Tu vuoi qualcosa? Serata pesante? Dai che hai quasi finito. Io ho il turno fino alle quattro. Stasera mi sparo. » Si parlavano con una certa confidenza - amichevole cortesia, ovviamente. Un qualcosa che portò Mia a osservare Raiden con la coda dell'occhio. « Mi devi dire qualcosa? » Asserì di colpo portandosi il bicchiere alle labbra. « Lo sconto di benvenuto me l'hanno già offerto, arrivi tardi eh. Giusto per essere chiari. »



     
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    Ogni qualvolta entrasse nella palestra del locale la sua mente non poteva fare a meno di correre ai tempi di Iwo Jima. Per quanto diversi fossero i due ambienti a livello visivo, ciò che trovavi era sempre la stessa storia: nessuno parlava, nessuno si guardava. Entravi, ti allenavi a volte anche per ore e ore, poi uscivi e tornavi a fare le tue cose. Non c'era cameratismo, non c'era l'atmosfera distesa e amichevole che di solito si trovava in quegli ambienti, e non c'era musica in sottofondo se non quella dei bassi ovattati che provenivano dal piano inferiore. In un luogo del genere era difficile distinguere il giorno dalla notte o avere anche solo una vaga scansione del tempo: era costantemente buio (fatta eccezione per i neon colorati che sfrigolavano lugubri), le pochissime finestre che decoravano sparute stanze erano oscurate e sbarrate, e nella sala principale riecheggiava ventiquattro ore su ventiquattro musica techno assordante. Se gli ospiti che andavano lì per una serata lo facevano per alienarsi dalle loro vite mediocri, c'era solo da immaginare quale effetto potesse avere quel posto su chi ci passava tutta la giornata. La maggior parte di loro avevano gli occhi segnati da pesanti occhiaie violacee, e quando uscivano sentivano il bisogno di pararsi le iridi sensibili con degli occhiali da sole persino quando il cielo inglese era più plumbeo del solito. Lavorare al Kitten Garden era a tutti gli effetti come entrare a far parte di un altro universo, uno in cui il tempo scorreva diversamente, e le stesse norme e leggi che governavano la vita normale non potevano essere applicate. Quel pomeriggio (che fosse presto o tardi, Raiden non avrebbe saputo dirlo) erano in pochi nella palestra - quattro o cinque anime in totale, tra cui anche Jeff. Ci aveva parlato poco quei giorni, non per chissà quale ragione, ma perché semplicemente nessuno dei due sembrava particolarmente invogliato a chiacchierare. Quando era entrato, Raiden lo aveva solo salutato con un cenno del mento, tornando poi ad allenare braccia e gambe sul macchinario che occupava ormai da svariati minuti, mentre l'amico si dirigeva verso i pesi. Jeff non era mai stato il tipo da amare la palestra, ma ultimamente ci andava anche più spesso del necessario, forse perché gli dava una valvola di sfogo. Anche per Raiden, in parte, era così; quando si allenava non doveva pensare a nulla se non alle serie di esercizi, a come ottimizzare l'allenamento, alle parti del corpo su cui concentrarsi di più e così via. Gli dava un po' di tregua da tutto il resto, e col tempo era arrivato a vedere quella stanza sporca e fatiscente come una sorta di rifugio sicuro. Illusione che sarebbe stata spezzata piuttosto alla svelta. Quando la porta si aprì di colpo, rivelando la figura di quell'uomo che ogni anima al Kitten Garden aveva imparato a temere, tutti i presenti lasciarono immediatamente qualunque cosa stessero facendo, alzandosi all'unisono per piegarsi in un inchino. Gesto, quello, a cui il capo rispose con un cenno sbrigativo della mano. « Tornate pure a fare quello che stavate facendo. Cercavo solo.. » Come un professore che sa esattamente chi interrogherà quel giorno, ma che fa comunque scorrere l'indice sul registro per puro gusto sadico, l'uomo guardò uno alla volta ciascuno dei presenti, fermandosi poi con un sorriso sornione su Raiden. « ..te. » Il gusto con cui scandì quella minuscola parola non preannunciava nulla di buono, e tutti nella stanza potevano percepirlo - tanto dal tono della sua voce, quanto dalla lentezza dei passi che risuonavano sul pavimento freddo come campane a morto mentre si avvicinava a Raiden, fermandosi abbastanza vicino da dargli modo di sentire nella gola quella ripugnante acqua di colonia che metteva sempre. Avrebbe voluto vomitare. « Mi è stato riferito che qualcuno qui dentro ha proprio un cuore d'oro. » Fece una pausa, scoprendo i denti innaturalmente bianchi, tanto bianchi da brillare come avorio sotto i neon. « Oppure vuole prendersi ciò che mi appartiene. » Raiden non disse nulla, rimanendo con lo sguardo vuoto fisso negli occhi del capo, incerto riguardo ciò a cui potesse riferirsi. « Ti sei avvicinato molto alla mia Honey, vero? » « Siamo solo amici, signore. » Pensò che fosse quello il problema: che il tempo passato insieme alla giovane fosse arrivato alle sue orecchie e lo avesse insospettito, ma a riguardo non aveva nulla da nascondere. « Mh certo. L'amicizia è una cosa bellissima. L'amicizia si basa sulla fiducia, e sulla fedeltà. Tu a chi sei più fedele, Raiden - a me o a lei? » La risposta nella testa del giapponese era ovvia, ma non poteva pronunciarla. « Al capo. » Rise, l'uomo, annuendo piano. « Strano, perché pensavo fosse proprio così. Poi un uccellino mi ha detto che la scorsa settimana l'hai nascosta proprio tu, quando è arrivato il mio collega. E tutti sanno che vuole solo ed esclusivamente lei. Quindi mi sono chiesto come mai un sottoposto così fedele come te abbia pensato che fosse una buona idea provare a incularmi. » Non appena finì di proferire quelle parole con tono quasi gentile e soffuso, il suo temperamento cambiò di colpo. Strinse le dita sulla stoffa della sua tshirt, strattonandolo con forza per spingerlo al centro della stanza. « Signore.. » « Togliti la maglietta. » Obbedì, senza pensarci due volte, ma sentendo già la vergogna di quegli sguardi che sapeva di avere addosso. « A terra. Flessioni. E non smettere finché non te lo dico io. » Nella sua ingenuità, Raiden credette di averla passata liscia. In fin dei conti fare flessioni fino a svenire non era nemmeno la peggiore delle punizioni che gli erano state impartite a Iwo Jima. Eppure sotto sotto, all'altezza dello stomaco stretto in una morsa d'acciaio, Raiden se lo sentiva che quella fosse solo la punta dell'iceberg, che ci fosse dell'altro. Doveva esserci dell'altro. E per un po' quel pensiero rimase solo un terrore subconscio, un'agonizzante aspettativa di qualcosa che non sapevi se o come si sarebbe realizzato. Ma dopo un po' cominciò a comprendere; lo capì dai suoni che sentiva sopra di sé, dal tono di voce con cui lo incoraggiava a continuare tramite gli epiteti più degradanti, e lo capì anche dal completo silenzio dei presenti. Non solo non fiatavano, ma non muovevano un muscolo, come se farlo potesse mettere anche loro, al suo posto. E infine la certezza arrivò quando i versi quasi rantolanti dell'uomo si fecero più intensi, seguiti immediatamente dalla netta sensazione di quella sostanza bagnata che gli veniva riversata sulla schiena. Non fece nemmeno in tempo a provare disgusto, a realizzare quanto violato si sentisse, che le dita del capo si strinsero sui suoi capelli, tirandoli con forza per costringerlo in ginocchio e ficcargli in bocca due dita bagnate dagli umori rimasti sulla sua mano. Il sapore salino venne sparso su tutta la lunghezza della sua lingua e ogni angolo della bocca. Provò a divincolarsi in un moto disperato, ma l'uomo non fece altro che ridere, stringendogli la mascella con la mano libera al punto da fargli male. « Voglio che questo serva a ricordarti che fuori dal mio locale puoi giocare a fare il duro quanto ti pare, ma qui dentro sei una delle mie puttane tanto quanto lo è Honey. E vale anche per i tuoi colleghi. È chiaro? » Fece una pausa, attendendo una risposta che non arrivò. E nel non sentirla né vederla, premette le dita sul fondo della sua gola fino a scatenargli un conato vuoto di riflesso. A quel punto gli occhi di Raiden, arrossati e liquidi dal dolore, si puntarono in quelli dell'uomo con tutto l'odio che aveva in corpo. Un odio viscerale, così profondo da rivelare parti di sé che nemmeno sapeva esistessero. Avrebbe voluto morderle, quelle dita - morderle con così tanta forza da staccarle di netto solo per poi avventarsi su di lui e ucciderlo a mani nude, nella più bestiale delle maniere. Ma tutto ciò che riuscì a fare fu annuire. That's my good boy. Estrasse di colpo le dita dalla sua bocca, assestandogli uno schiaffo in piena faccia il cui schiocco risuonò in stereo con una risata grottesca, seguita dal rumore della zip e della cintura che si richiudevano, e poi dai passi che si allontanavano oltre la porte. Per tutto quel tempo Raiden rimase fermo, in ginocchio in mezzo alla stanza, con gli occhi rossi fuori dalle orbite fissi sul pavimento di fronte a sé, lì dove prima c'erano stati i piedi del capo. Tremava, impercettibilmente, appena visibile. Tremava dalla rabbia, dall'umiliazione, dal disgusto, dalla paura. Non sapeva se i colleghi lo stessero ancora guardando, né voleva saperlo: i loro sguardi lo avrebbero solo fatto sentire più sporco di quanto già non si sentisse. Non avrebbe nemmeno saputo dire quanto tempo di preciso passò in quella posizione; ad un certo punto, semplicemente, poggiò prima un piede a terra e poi l'altro, raccogliendo la maglietta e alzandosi con una lentezza innaturalmente calma per ciò che era appena accaduto. Come se nulla fosse, tirò verso l'uscita, senza guardare né salutare nessuno. « È il cartellino giallo. » Si fermò, senza voltarsi. La voce di Kento sembrava titubante, ma evidentemente lesse quel suo fermarsi come un via libera per proseguire. « Lo fa quando sgravi la prima volta. La seconda è a porte chiuse, da quel che so. Quindi ecco.. stai in campana. » Non disse nulla. Capito che Kento non avesse altro da dire se non quelle parole che forse volevano rassicurarlo, ma che di rassicurante avevano poco o nulla, aprì con una manata la porta della palestra, uscendo per tirare dritto verso gli spogliatoi. Lontano dagli occhi dei colleghi, il passo di Raiden si fece più veloce, i suoi movimenti più meccanici e a scatti. Raggiunse una delle tazze appena in tempo per riversare all'interno di quel cesso lercio tutto ciò che aveva nello stomaco. Conati continui, così forti da lasciarlo debilitato mentre le lacrime scorrevano a rigargli la guance e appannargli la visuale. Era come se il suo corpo stesse rigettando di riflesso quell'intrusione, quella violenza di cui riusciva a sentire il sapore anche nelle viscere. Quando riuscì a rimettersi in piedi traballante si tolse tutti i vestiti come se fossero impestati dalla lebbra, gettandosi sotto il getto gelido di una delle docce e cominciando a pulirsi con movimenti ossessivi, talmente forti e ripetuti da graffiarsi la pelle mentre quei singhiozzi continuavano incontrollati a scuoterlo. Più puliva, più rossa si faceva la sua pelle, più sentiva il controllo sfuggirgli da sotto le dita, fin quando una serie di forti scoppi non tuonò all'unisono nella stanza, facendo esplodere ogni singola tubatura: docce, gabinetti, lavandini. Un chaos che solo un episodio di magia accidentale, di una portata molto più potente rispetto a quella tipica infantile, poteva produrre. Come risvegliato dalla trance, gli occhi di Raiden si asciugarono velocemente, i singhiozzi si interruppero e la sua espressione mutò velocemente dalla disperazione al vuoto totale. Devo rimettere a posto.

    Immaginava che essere messo di guardia ai privé fosse il contrappasso per ciò che aveva fatto. Cerchi di fare il principe azzurro con le puttane e quindi vieni messo nel punto in cui sei costretto ad assistere alla loro sfilata insieme a tutti gli uomini a cui dovranno prestare i loro servizi. Aveva qualcosa di tragicamente poetico, ma per quanto il capo potesse pensare che fosse una decisione sadica, la realtà era che a Raiden non importava nulla. Aveva aiutato Honey perché le voleva bene, perché era l'unica persona lì dentro che lo trattava come un essere umano, ma non per altro. Lo aveva pregato di darle una mano a nascondersi quando quel tipo si era presentato, perché a detta sua aveva tendenze piuttosto violente e pure delle preoccupanti bolle sui genitali. Non se l'era sentita di dirle di no, e forse non glielo avrebbe detto nemmeno se la ragione fosse stata semplicemente una volontà contraria. Delle altre, però, non gli interessava. Gli dispiaceva, ma non gli interessava. Il capo lo aveva reso ben chiaro, d'altronde: lì dentro, erano tutte puttane di qualcuno - sue, nello specifico. Quella sera era particolarmente movimentata, quindi erano in più a controllare il via vai di gente verso i salottini privati. Raiden faceva il proprio lavoro senza battere ciglio, controllando che i pagamenti fossero stati effettuati e che tutto procedesse in ordine. Nulla di speciale finché non sentì una presenza piuttosto specifica premere contro la sua sfera emotiva. Cercò di ignorarla, opponendosi per non lasciarla entrare, ma l'insistenza di Mia fu talmente forte e spasmodica da sfondare quelle difese, gettandola per qualche istante nella scena che si stava svolgendo. « Hanno detto che avete anche - qualcosa per tirarsi su. » Annuì, tirando fuori dalla tasca dei pantaloni una bustina di pilloline azzurre. « Grazie bello. » Incurvò le labbra in un sorriso morto, intascando il pagamento prima di lasciar passare i due. Ma non appena furono oltre, si rivolse immediatamente ad un collega poco distante. « Vado in pausa. » Raiden le pause non le prendeva mai, dunque questo annuì e basta, spostandosi al suo posto mentre lui, dal canto suo, si dirigeva a passo svelto verso la sala principale. Mia era lì. Non solo l'aveva percepita, ma aveva potuto vederla al bancone del bar. Non sapeva come avesse fatto a trovarlo, ma di certo non era un caso, e questo era semplicemente inaccettabile. Con lo sguardo scuro fisso sulla sua meta, Raiden si faceva spazio tra i corpi che si muovevano scoordinatamente sulla pista, in balia di una trance generata da quel misto di bassi ripetitivi, luci pulsanti e droghe. Un lago denso che tuttavia non opponeva resistenza, e tra cui farsi largo risultava tanto faticoso quanto paradossalmente semplice. Raggiunto il bancone non si mise a sedere, piantandosi piuttosto accanto a Mia, con lo sguardo fisso su di lei quasi a volerle perforare il cranio solo guardandola. « Tu vuoi qualcosa? Serata pesante? Dai che hai quasi finito. Io ho il turno fino alle quattro. Stasera mi sparo. » « Nulla. » Non aveva mai preso niente lì dentro: tutti sapevano quanto poco saggio fosse. « Mi devi dire qualcosa? Lo sconto di benvenuto me l'hanno già offerto, arrivi tardi eh. Giusto per essere chiari. » Non avrebbe saputo esprimere a parole quanto fosse arrabbiato, e se per un momento aveva sperato che Mia fosse quantomeno consapevole di aver superato i limiti del loro accordo, quel modo supponente di parlargli non fece altro che irritarlo di più. Con un gesto brusco le strappò il bicchiere dalle mani, allungando il braccio oltre il bancone per vuotarne il contenuto nel lavandino. Non aveva bisogno di dirle che l'aveva fatta grossa per farle capire che l'aveva fatta grossa. E infatti, senza troppe mezze misure, se la caricò in spalla di peso. « Woo la conosci? » « Sì. È qui per piantare grane e mi ha trovato nella serata sbagliata. » Rispose sbrigativo, prima di tirare dritto verso la direzione opposta da cui era arrivato, quella che portava ad una delle uscite secondarie riservate agli addetti, poco distante dal bar. Aprì la porta con un calcio, lasciandola sbattere alle sue spalle mentre il freddo della notte inglese lo investiva in maniera che, date le circostanze, avrebbe ritenuto piacevole. Quantomeno era aria fresca. Solo allora la
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    lasciò giù, attuando comunque poco garbo. « Una cosa ti avevo chiesto, Mia. Una. » Non le diede nemmeno tempo di infilare una parola o fare qualunque cosa. Era talmente furioso che il lusso di prendere quella discussione con calma e ponderare le parole non glielo avrebbe riservato. « Farti la tua vitina del cazzo al sicuro nel ghetto insieme ad Haru senza mettere il naso nella mia. Non era difficile, non c'era nulla di complesso. » Sibilò quelle parole tra i denti, con molto più veleno di quanto ne avesse mai rivolto a lei. Di discussioni ne avevano avute, in passato, ma Raiden non le si era mai rivolto in maniera cattiva e, se possibile, aveva sempre cercato di moderare tanto i termini quanto i toni. « E avrei forse perdonato uno scivolone di stupidità, un sincero - per quanto idiota - "mi mancavi, volevo vederti, volevo sapere dove sei". Ma tu non sei qui per questo, vero? » Assottigliò gli occhi, fissandola scuro in viso dalla rabbia. Dal modo in cui gli si era rivolta al bar, era piuttosto chiaro che il movente principale di Mia non fosse la mancanza o il desiderio di passare del tempo con lui. « Noo, tu volevi solo sapere, non è così? Sbattendotene altamente del pericolo in cui mi metti - perché tanto che della tua di salvaguardia non te ne freghi un cazzo l'ho sempre saputo. E adesso che sai dove mi trovo, mi chiedo cosa di preciso te ne voglia fare di questa informazione. Mh? Passare qui per caso quando ti pare? Sperando magari che a un auror non venga in mente di cacciarti in gola un veritaserum, immagino. » Sbottò una risata amara, un singolo suono, privo di alcuna gioia o divertimento. « Oppure vuoi spararti un oblivion in faccia ogni volta che non riesci a resistere alla tua fottutissima curiosità? Cazzo un piano che non fa una piega, fattelo dire. » Sbuffò dalle narici, scuotendo incredulo il capo mentre si passava una mano tra i ciuffi disordinati che sfuggivano dalla crocchia per cadergli sul viso. Cazzo, lo sapevo che non sapessi stare troppo al tuo posto, ma questo è proprio passare il segno. « Fammi il piacere, Mia, vattene. Non voglio nemmeno sentire la scusa idiota che hai intenzione di propinarmi. Non voglio parlare. Vattene e basta. »

     
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    Non lo aveva mai visto così arrabbiato. La bruschezza con cui Raiden le strappò il bicchiere di mano la lasciò a dir poco interdetta. Corrugò la fronte e lo osservò con un'espressione contrariata. Era visibilmente stanco. Riusciva ad accorgersene dalle occhiaie che contornavano i suoi profondi occhi scuri leggermente arrossati. Si sentì visibilmente in colpa nell'averlo colto con le mani nel sacco. Ma cosa altro avrebbe potuto fare? Di certo i racconti di Delilah erano tutto fuorché rassicuranti. Certo, l'amica poteva aver esagerato, ma a dirla tutta, sin da quando aveva visto quella palazzina stipata in mezzo a tante altre, nel grigiore di un'area morta, tra senzatetto e malfamati ad ogni angolo di strada, un senso di apprensione aveva cominciato a premere alla bocca dello stomaco. Non immaginava che Raiden potesse vivere in una regia, né che facesse cose del tutto oneste. D'altronde chi era lei per giudicarlo allo stato attuale? Scandiva le giornate tra un antidolorifico e un altro, tentando di non pensare alle ferite che si procurava ogni qual volta andasse a disintegrare la propria anima per un tozzo di pane. Si diceva però che era una sua scelta, che tutto sommato poteva tornare in un letto abbastanza pulito; non faceva del male a nessuno se non a se stessa e a chi come lei decideva di salire su quel ring per dare spettacolo. Era un'orribile macchina di soldi, fatta di contraddizioni. Si faceva schifo, ma quanto meno poteva respirare. Era convinta che nulla di quel posto poteva scalfirla; poteva affrontarlo. Finché poteva evitare le molestie dirette, finché poteva sottrarsi alla punizione corporale, essere un oggetto era sì degradante e svilente, ma poteva affrontarlo. Non poteva quindi biasimare, non perché vendeva droga o perché lavorasse in quel posto. Raiden, al pari di Mia faceva quello che poteva. Aveva tuttavia l'impressione che quello fosse un livello più profondo. Che quella gente, a differenza dei maghi, erano completamente sottratti a qualunque controllo. Il Pulse si trovava nel cuore pulsante del Mondo Magico. Uomini rispettabili vi accendevano per umiliare quelli che erano diventati a tutti gli effetti i reietti della società, poco più che bestie. Ma le bestie avevano ufficialmente ancora una dignità. Vivevano recitante ma venivano ancora nutrite, potevano esistere. Forse se qualcuno fosse sparito nessuno se ne sarebbe accorto, ma sarebbe stato comunque un problema. Lì chi vedeva? Cosa vedeva? E cosa non vedevano? Chi era quella gente nelle mani di cui si era messo? Ne valeva davvero la pena? C'era poi nella mente di lei un pensiero più irrazionale. Un qualcosa che non poteva controllare. Una cieca forma di gelosia viscerale che l'aveva pervasa sin da quando l'aveva messo lungo quei corridoi. Ma se anche avesse voluto dire qualcosa, mostrare tutte le emozioni contrastanti che quella scoperta aveva fatto riemergere. Non ne ebbe il tempo. « Woo la conosci? » « Sì. È qui per piantare grane e mi ha trovato nella serata sbagliata. » Non appena se la carico in spalla Mia prese a dimensarsi tentando di sottrarsi alla salda presa di lui. « Mettimi giù! LASCIAMI!! » Era mortificante essere trattata così. Caricata come una piuma e portata controvolontà fuori da quel luogo. Non ci voleva stare in ogni caso, ma il solo fatto che la stesse trattando così bastava affinché volesse fare l'esatto contrario. Non appena l'aria gelida la investì, Mia si divincolò ancora una volta facendo qualche passo indietro non appena la lasciò andare. « Una cosa ti avevo chiesto, Mia. Una. Farti la tua vitina del cazzo al sicuro nel ghetto insieme ad Haru senza mettere il naso nella mia. Non era difficile, non c'era nulla di complesso. » La mia vitina del cazzo? Quelle parole la lasciarono a dir poco sotto shock. Sgranò gli occhi e lo osservò esterrefatto, confusa da quel comportamento come mai prima di allora. « E avrei forse perdonato uno scivolone di stupidità, un sincero - per quanto idiota - "mi mancavi, volevo vederti, volevo sapere dove sei". Ma tu non sei qui per questo, vero? » Incrociò le braccia al petto annuendo tra se e se con palese nervosismo. « Ah quindi il problema è questo. Assurdo! » Il problema è che non ti ho fatto le carezzine. Assurdo, cazzo. Ti becco in mezzo a un bordello e ti devo dire "bravo". « Noo, tu volevi solo sapere, non è così? Sbattendotene altamente del pericolo in cui mi metti - perché tanto che della tua di salvaguardia non te ne freghi un cazzo l'ho sempre saputo. E adesso che sai dove mi trovo, mi chiedo cosa di preciso te ne voglia fare di questa informazione. Mh? Passare qui per caso quando ti pare? Sperando magari che a un auror non venga in mente di cacciarti in gola un veritaserum, immagino. » Scuoteva la testa osservandolo incredula. « Ma che cazzo dici! Ascoltati mentre parli! Non ci posso credere! » Gli parlava sopra, ascoltando solo in parte quello che stava dicendo. Stai palesemente delirando. « E adesso che sai dove mi trovo, mi chiedo cosa di preciso te ne voglia fare di questa informazione. Mh? Passare qui per caso quando ti pare? Sperando magari che a un auror non venga in mente di cacciarti in gola un veritaserum, immagino. Oppure vuoi spararti un oblivion in faccia ogni volta che non riesci a resistere alla tua fottutissima curiosità? Cazzo un piano che non fa una piega, fattelo dire. » Deglutì mordendosi il labbro inferiore, frustrata. Era ingiusto da parte di Raiden comportarsi così, parlarle in quella maniera, trattarla come se quella fosse la sua vita e non la riguardasse affatto. Che male c'è nel peroccuparsi? Nel non voler lasciarti da solo? Perchè mi respingi così? « Fammi il piacere, Mia, vattene. Non voglio nemmeno sentire la scusa idiota che hai intenzione di propinarmi. Non voglio parlare. Vattene e basta. » Sarebbe stato molto facile piegare il capo, abbassare lo sguardo, annuire e girare i tacchi. Lo aveva fatto spesso, Mia, pensando che in questo modo, dandogli la libertà di tornare sui propri passi, Raiden avrebbe scelto di spontanea volontà di riconsiderare le proprie posizioni. C'erano stati alti momenti in cui le paturnie dei due erano risultati un impedimento nel rimanere sulla stessa pagina, ma i due avevano trovato sempre modo di darsi spazio pur restando l'una accanto dell'altro. E ora? Se me ne vado tornerai? Il modo in cui le si era rivolto le faceva pensare che, tornato in sé si sarebbe vergognato non poco dei suoi modi e toni. Perché tu non sei così. Non lo era; non lo era davvero, e per quanto ogni segnale a partire dall'ultimo incontro le lasciava intendere che Raiden avrebbe continuato a sfogare le sue frustrazioni su di lei, non poteva certo ignorare che il suo uomo non era mai stato così con lei. C'era qualcosa in quel posto, nella situazione in cui era stato rigettato sin dal giorno in cui era stato invitato a lasciare il quartiere warlock, che stava lasciando un profondo segno su di lui. Se ti lascio ora, cadi. Perché anche i più temerari hanno bisogno di aiuto. Anche tu hai bisogno di una roccia. Tu lo sei stato per me un sacco di volte.
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    « No. » Disse di colpo, sollevando il mento con aria da sfida. La fronte corrucciata, le labbra strette in un'espressione di temeraria testardaggine. « Puoi trattarmi di merda quanto ti pare, ma non ne ne vado. » Avanzò di un passo bella sua direzione osservandolo con attenzione. Per quanto arrabbiata e mortificata dal comportamento di lui, Mia era sinceramente preoccupata, ed era evidente dal modo in cui lo osservava, in un certo qual modo allarmata dalla piega che aveva preso la loro vita. « È la nostra vita - LA NOSTRA - non la tua o la mia.. vitina del cazzo. » Deglutì stringendo I denti. Le aveva fatto male, ed era evidente, ma a maggior ragione, vista la sua ostinazione nel tenerla alla larga, Mia si sentiva ancora più determinata nel non lasciarlo da solo. « Non mi serve alcuna scusa per essere qui. E non mi scuserò - men che meno mi sentirò in colpa. » Scandiva ogni parola con estrema attenzione ad accertarsi che la recepisse forte e chiaro. Alzò lo sguardo verso l'alto scuotendo la testa. « Volevo solo sapere? Solo sapere.. » Era divertente il modo in cui Raiden tentava di accusarla di quell'intrusione come se fosse una ficcanaso qualunque. « Sono preoccupata. Molto. Posso? » Gli rigettava quelle parole con un'apparente calma che non aveva; leggere finte nelle tempie la portavano a contorcere appena il viso in piccoli spasmi di palese fastidio. Era evidente che lo fosse - preoccupata - soprattutto dal modo in cui la sua voce cedette nel confessarglielo. Tentava di rimanere ferma sulle sue posizioni, ma ad ogni parola aveva solo voglia di gettarsi tra le sue braccia e implorarlo di andare via di lì. Di fronte alle parole di lui, così insolite, persino la cieca e irrazionale gelosia aveva lasciato spazio a sentimenti differenti. A una forma di paura spasmodica all'idea di permettergli di rimanere ancora lì da solo, mentre Jeff piange disperato tra le braccia della moglie ammettendo di non riuscire a farcela. A fare cosa? Cos'è questo posto? « Tu sai dove sono, sai cosa faccio, sai dove correre se qualcosa non va. Vuoi forse dirmi che non lo faresti? Che se domani, aprendo il giornale, scoprissi che Iron Garden è compromessa, lasceresti me e Haru là? » No. Non lo faresti. Ne era così certa, aveva una tale fiducia in lui, da non avere alcun dubbio su cosa Raiden avrebbe fatto in una situazione al limite. « Io non so niente. Un cazzo, Raiden. Tu non mi dici niente! E potrai pure nasconderti dietro alla scusa della sicurezza, ma se ti ho trovato io, ti può trovare chiunque. Perché - SORPRESA - non tutti hanno questa stupida, stupidissima, testardaggine di voler fare tutto da soli ficcandosi nella merda fino al collo. » Sospira pesantemente mentre la voce le si spezza nuovamente su quelle ultime parole. « Se domani finissi in fosso, io lo saprei solo perché la tua scomparsa mi spezzerebbe completamente. E da quel che vedo, è plausibile! Cazzo è plausibilissimo! » Ne era certa. Il loro legame, seppur affievolito dalla sua ostinazione di tenerla fuori, non era mai del tutto assente. Riuscivano a percepirsi, a fiutarsi senza sentire l'odore dell'altro. Era stranissimo, eppure al contempo così simbiotico da darle la certezza che semmai a Raiden fosse successo qualcosa l'avrebbe completamente distrutta. Ed era già così; ad ogni incontro, ogni contatto, di persona o tramite il legame, Mia percepiva un malessere talmente profondo e disturbante, da non riuscire a fare a meno di pensare che ci fosse di più rispetto all'idea di vivere separati. Il più delle volte lo ignorava. Lo vedeva e si tranquillizzava, ma la verità è che tentava di non pensarci più di tanta per paura che anche lui potesse percepire qualcosa. Nemmeno Mia voleva domande, anche lei aveva paura di farlo preoccupare, di mostrargli cosa stava accadendo nella sua vita. Se ne vergognava. Però tu sai. Sai dove mi trovo. Sai che non sono da sola. Io non sapevo niente. E seppur Hiroshi e Jeff non starebbero fermi e zitti qualora succedesse qualcosa, io non ho alcuna certezza su cosa potrebbero o non potrebbero fare. « Sono preoccupata. Non è la tua vita! Tu sei la mia vita! » Glielo sbraitò contro con una testardaggine incontrollabile. Irrazionale. Avrebbe puntato i piedi e l'avrebbe seguito come un cagnolino anche se avesse continuato a sbraitarle contro. « Quindi trattami pure di merda quanto ti pare, respingimi; me ne andrò comunque quando e se avrò voglia. Non ti sta bene? Allora puoi pure lasciarmi da sola. » Provaci. Voglio proprio vedere se ci riesci. A meno che non vuoi davvero dimostrarmi che per tutto questo tempo mi hai tenuta alla larga per altri motivi. Compie una leggera pausa tirando su col naso. « Ho deciso che gestirò la mia vitina - di me-merda come cazzo mi pare, perché tu - Raiden - con questo atteggiamento mi hai proprio rotto! » Faceva fatica a respirare, a tratti si sentiva girare la testa, e tremava. Tremava di rabbia e di frustrazione. Di scatto abbassò lo sguardo mordendosi l'interno delle guance prima di scoccare la lingua contro il palato. Solo dopo qualche istante riprende, questa volta con un tono più sconfitto e morbido. « Mi mancavi, e volevo vederti. Ma non volevo sapere dove sei. Volevo - io voglio ..essere dove sei tu. Aiutarti! Esserci - cazzo! Non siamo due estranei. » Non ti ho lasciato andare per trovarti in un cazzo di merdaio grosso quanto Azkaban. « Perché mi respingi? Perché mi rifiuti? Davvero è così difficile da capire che non posso - non riesco - a guardare dall'altra parte? A lasciarti da solo.. Perché non puoi semplicemente capire che non ce la faccio? » Io e te siamo sposati anche quando le cose vanno di merda. E non è che devi essere Jeff. Ma cazzo se ho invidiato Delilah l'altro giorno. Almeno non si sente pazza. Almeno sa che lui ha bisogno di aiuto. Sa che questa sistemazione non è sostenibile. « Non me ne vado. » E qualunque cosa Raiden avesse deciso di fare, Mia avrebbe dato seguito a quella presa di posizione alla lettera. Seguendola come un cagnolino ovunque andasse, finché non avesse deciso di parlarle. Di farle capire quali scelte avesse fatto, e perché Jeff è così preoccupato.



     
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    « No. Puoi trattarmi di merda quanto ti pare, ma non ne ne vado. » Alzò gli occhi al cielo, visibilmente frustrato e innervosito dall'ostinazione di Mia. Sperava che parlandole in modo schietto e brusco la questione si sarebbe risolta velocemente, e che la moglie avrebbe girato i tacchi, ma evidentemente non era intenzionata a farlo. Il problema, però, era che Raiden non poteva permettersi di stare lì a discutere con lei, specialmente dopo quanto accaduto qualche giorno prima. « È la nostra vita - LA NOSTRA - non la tua o la mia.. vitina del cazzo. Non mi serve alcuna scusa per essere qui. E non mi scuserò - men che meno mi sentirò in colpa. » Sospirò esasperato, passandosi stancamente una mano tra i capelli. « Mia tu non sai di cosa parli. Vai a casa per piacere. » « Volevo solo sapere? Solo sapere.. Sono preoccupata. Molto. Posso? Tu sai dove sono, sai cosa faccio, sai dove correre se qualcosa non va. Vuoi forse dirmi che non lo faresti? Che se domani, aprendo il giornale, scoprissi che Iron Garden è compromessa, lasceresti me e Haru là? » Scosse il capo vigorosamente, come a segnalare il proprio rifiuto verso quel paragone prima ancora di aprire bocca. « Non è la stessa cosa e lo sai bene. » No, non lo era. Perché Raiden, a differenza sua, era ricercato, e qualunque informazione lo riguardasse faceva acqua alla gola sia al Ministero sia agli sciacalli che speravano di arricchirsi sulla sua pelle. Nessuno poteva garantirgli che le indagini sarebbero state svolte in maniera etica, né tanto meno che Mia non sarebbe stata presa di mira da chi avrebbe fatto qualunque cosa per una sacca di galeoni - e questo comportava dei naturali limiti sia ai contatti che potevano avere, sia alle informazioni che era bene lei avesse. Ma questo era un discorso che avevano già affrontato. Eppure non mi pare ti sia entrato in testa. « Io non so niente. Un cazzo, Raiden. Tu non mi dici niente! E potrai pure nasconderti dietro alla scusa della sicurezza, ma se ti ho trovato io, ti può trovare chiunque. Perché - SORPRESA - non tutti hanno questa stupida, stupidissima, testardaggine di voler fare tutto da soli ficcandosi nella merda fino al collo. » A quel punto Raiden non era solo arrabbiato, ma apertamente scocciato. Ragionare con Mia era impossibile, specialmente quando si ostinava a vedere solo il proprio orticello e il proprio punto di vista, approcciandosi in maniera sin troppo emotiva a qualcosa che invece doveva richiedere un lucido e freddo distacco. Ma forse ho sbagliato io. Forse dovevo rendermi introvabile anche da te. Dovevo sparire completamente, restare in un altro paese, essere un vero e proprio fantasma. Così magari saresti stata in grado di gestire le cose, perché banalmente non avresti avuto la scelta di fare altrimenti. E invece Raiden si era fidato, dandole quella libertà e quella scelta nella speranza che lei ne facesse buon uso, comprendendo che il rischio corso nel tornare a vivere a Londra dovesse essere protetto dalla sua stabilità. « Se domani finissi in fosso, io lo saprei solo perché la tua scomparsa mi spezzerebbe completamente. E da quel che vedo, è plausibile! Cazzo è plausibilissimo! Sono preoccupata. Non è la tua vita! Tu sei la mia vita! » Era da ipocriti condannare Mia per quella sua preoccupazione quando, a parti inverse, Raiden non avrebbe fatto nulla di diverso, ma non riusciva comunque a non pensare a quanto pericolosa fosse la situazione in cui si trovavano. « Quindi trattami pure di merda quanto ti pare, respingimi; me ne andrò comunque quando e se avrò voglia. Non ti sta bene? Allora puoi pure lasciarmi da sola. Ho deciso che gestirò la mia vitina - di me-merda come cazzo mi pare, perché tu - Raiden - con questo atteggiamento mi hai proprio rotto! » Parlare con Mia era come giocare a tennis con un muro: qualunque argomentazione rimbalzava all'indietro, senza risultato. Ed era frustrante, specialmente in un momento come quello, quando anche un secondo di troppo poteva risultare decisivo e una mossa sbagliata fatale. « Non hai un coprifuoco da rispettare, Mia? Come cazzo fai ad essere qui? Come puoi permetterti di rimanere quanto ti pare? Da quel che so io ci stanno regole molto precise ad Iron Garden. » Ma tu mi sembri un po' troppo tranquilla a riguardo, visto che ti preoccupi solo di cosa faccio. La scrutò inquisitorio, con gli occhi ridotti a due fessure, decisamente alterato da tutta quella situazione. Non sapeva che metodi avesse trovato Mia per sgattaiolare fuori, ma qualunque fossero non facevano altro che aggiungersi alla lista di rischi che stava correndo e di pericoli ai quali lo stava esponendo. Il giapponese non sembrava nemmeno registrare l'evidente difficoltà della moglie, il disagio che sentiva addosso, la preoccupazione e la volontà di saperlo al sicuro; tutto ciò che vedeva erano le problematiche che quell'incursione poneva. « Mi mancavi, e volevo vederti. Ma non volevo sapere dove sei. Volevo - io voglio ..essere dove sei tu. Aiutarti! Esserci - cazzo! Non siamo due estranei. » Alzò gli occhi al cielo, sbottando una risata amara e frustrata in un singolo suono, mentre le mani raggiungevano il viso in un moto esasperato. Non ho tempo per questo. Non ho tempo per ripetere tutti i motivi per cui dobbiamo vivere separati. No, non lo aveva. Più Mia parlava, più le lancette correvano, rendendo quella pausa dal lavoro più lunga di quanto fosse lecito e, di conseguenza, anche più rischiosa. « Perché mi respingi? Perché mi rifiuti? Davvero è così difficile da capire che non posso - non riesco - a guardare dall'altra parte? A lasciarti da solo.. Perché non puoi semplicemente capire che non ce la faccio? » « PERCHÉ AVEVAMO UN ACCORDO, MIA, CAZZO! » sbottò alterato, praticamente urlandole in faccia. « Era davvero chiedere troppo? Era così difficile fare la tua cazzo di parte? Parli come se io avessi deciso dal giorno alla notte di andare a vivere per conto mio, così, perché mi andava. Quando ti entrerà in quella cazzo di testa che hai delle responsabilità? Che le tue preoccupazioni e il tuo fare come ti pare potrebbero molto plausibilmente costarmi un biglietto di sola andata per Azkaban? » Rise, di una risata esterrefatta, quasi incredula. « Cazzo, potrebbero costarlo anche a te per favoreggiamento. Come fai ad essere così fottutamente stupida? » A quel punto Raiden non ci vedeva più, continuava a rigurgitarle addosso quelle parole, con toni molto più alti e scontrosi di quanto avesse mai fatto in precedenza con lei. Non gli interessa di risultare cattivo, di offenderla o di arrecarle un dispiacere, perché se quella era l'unica strada per farle rivedere le priorità, allora ne valeva la pena a prescindere. « Non me ne vado. » Ma sei seria? Per un istante rimase a fissarla in silenzio, come se si aspettasse di vedere quella sua volontà creparsi a sufficienza da farla desistere. Ma non successe. Devo avere a che fare con questo. Sul serio. Dopo tutti i cazzo di problemi, anche questo. Anche tu ti ci dovevi mettere. Nell'aria affilata di quella sera invernale, la risata incredula di Raiden risuonò prima bassa, accompagnata da un lento scuotimento del capo, poi un po' più forte, riecheggiando roca dalla gola. Un momento di ilarità che, tuttavia, non aveva davvero nulla di divertito o divertente, risuonando solo come gelida follia - il lampo prima del tuono. Il pugno di Raiden si abbatté con forza contro la porta antincendio, riecheggiando fragoroso nel silenzio della notte accompagnato solo dai bassi ovattati. Uno scoppio d'ira che si concluse con un sorriso quanto mai sardonico nella direzione di Mia. « Va bene. Da questa parte, vossignoria. » Con uno scatto della mano spalancò il portone, facendole cenno sarcasticamente galante di precederlo solo per poi tirarla dentro letteralmente per un braccio. Non gli interessava del suo disappunto, del suo disagio o del suo biasimo. Voleva rimanere? Di certo non poteva obbligarla ad andarsene, ma non poteva nemmeno lasciarla libera a gironzolare per quell'ambiente come se nulla fosse. E io non ho tempo di farti da babysitter per tuo capriccio. Mentre passavano velocemente ai lati della pista per raggiungere l'area dei privé, Raiden cercò Honey con lo sguardo, trovandola ad uno dei pali dell'ala laterale. « Dì a Honey di scendere e venire ai privé. » disse ad uno dei ragazzi appostati lì vicino, prima di proseguire verso la zona a cui puntava. Dietro il cordone di velluto rosso che separava il corridoio delle stanze dal resto del locale c'era un piccolo quadro da cui ciondolavano appese le vari chiavi degli scomparti. Ne scelse una a caso tra quelle libere, proseguendo poi dritto verso il numero indicato. Una volta aperta la porta, schiaffò la chiave nella mano di Mia, spingendola all'interno della stanza. « Hai un'ora pagata. Mentre finisco di lavorare, passa questo tempo a riflettere su tutte le cose che cento sterline potevano comprare ad Haru, invece di essere utilizzate per i tuoi capricci. » Si chiuse la porta alle spalle con forse troppo vigore, frugandosi nelle tasche per contare le banconote necessarie a pagare quel tempo mentre percorreva la strada all'indietro verso l'inizio del corridoio, dove Honey era già lì ad aspettarlo appollaiata sul banchetto dove tenevano il registro per gli appuntamenti e la cassa. « Dimmi che almeno questo ha sotto i sessant'anni. » Le stirò un sorriso veloce, di circostanza. « Oggi ti è andata bene. Guadagni facile. Vedilo come un favore che ci facciamo a vicenda. » Lo sguardo della giovane brillò incuriosito, mentre inclinava il capo di lato, fissandolo con espressione un po' confusa. Per non farsi sentire troppo dal collega, le fece cenno col dito di avvicinarsi, così da poterle parlare più vicino all'orecchio. « Nella stanza 6 c'è una ragazza. La conosco bene. Deve rimanere lì per un'ora, finché non finisco il turno. Non devi fare nulla, però ecco.. cerca di non sembrare sospetta, nel caso in cui controllassero le telecamere. E soprattutto non darle troppe informazioni su questo posto, su quello faccio o.. » « Tranquillo, ho afferrato. Ci penso io. » Il sorriso che rivolse fu più sincero questa volta. « Grazie. » Guarda te se devo fidarmi di più di una spogliarellista analfabeta minorenne che di mia moglie. « E di che? Sei più tu a farmi un piacere. Un'ora libera, pure pagata, è un lusso. »
    [..] Poco prima della fine del turno, Jeff era comparso con in mano un bicchiere di caffé, pronto a dargli il cambio. Lo aveva salutato con un cenno silenzioso del capo, come al suo solito, ma evidentemente doveva aver notato che qualcosa non quadrasse in Raiden, decisamente più scuro in volto rispetto al solito. « Serata dura? » « Lasciamo stare. Ho perso cento sterline per un'improvvisata di Mia. » Pensavo che a rompere i patti sarebbe stata Delilah, ma evidentemente guardavo la pagliuzza nel suo occhio senza vedere la trave in quello di mia moglie. « Mia? È qui? Ma è scema? » Sbuffò una risata amara dalle narici, intascando i soldi di un cliente prima di lasciarlo passare oltre il cordone. « Guarda, non ne parliamo. Sono nero. » Per un po' credette che il discorso si fosse esaurito lì, che non ci fosse altro da dire e che a Jeff interessasse solo relativamente della cosa. Eppure l'amico sembrava più nervoso di lui, così tanto che, dopo aver fatto avanti e indietro per un po', sbottò. « Senti mi dispiace. Non so perché sia venuta qui di preciso, ma è colpa mia. Me lo sento. Cioè, lo so. Oggi mi sono visto con Delilah e mi sono un po' sfogato, ma non ho detto niente, te lo giuro. Però non so cosa Delilah potrebbe averle messo in testa. E poi Mia sembrava proprio strana. Non so nemmeno come si sia fatta quell'occhio nero. » Il fiume di parole di Jeff lo investì come una doccia fredda, lasciandolo per diversi istanti insensibile, incapace di connettere tutte quelle informazioni nuove che non aveva idea di come processare. Cosa doveva pensare? Come doveva prenderla? « Quale occhio nero? » Gelato sul posto da quella semplice domanda, Jeff si ritrasse, facendo un passo indietro con sguardo confuso. « Non l'hai visto? Era grosso come una casa, dubito che sia scomparso nel giro di qualche ora. » Strinse i denti, Raiden, serrando la mascella, se possibile ancora più arrabbiato di quanto già non lo fosse in precedenza. « No, infatti. Ne dubito. » « Mi dispiace, davvero. Io non ne so nulla. Non so cosa abbiano fatto, te lo giuro. » « Ne parliamo domani, Jeff. » tagliò breve, secco, prima di dargli le spalle e rivolgersi al banchetto, sul cui tablet firmò la propria uscita, in preciso orario. Senza dire nient' altro lasciò la bustina di pillole sulla superficie di legno, evitando di rivolgersi a Jeff - a cui era destinata - prima di girare i tacchi e raggiungere la stanza in cui Mia e Honey erano ancora chiuse. Aprì la porta,
    facendo cenno col capo di uscire. « È finita l'ora. » Honey fu la prima ad uscire, salutandolo con un tiepido sorriso prima di tornare verso la pista. Al suo seguito, Mia uscì poco dopo. Non le disse nulla, limitandosi semplicemente ad uno sguardo glaciale prima di imboccare la direzione per l'uscita. Questa volta non la trascinò, ma sapeva di averla al seguito. Non diceva una parola, consapevole del fatto che tutto ciò che volesse dire non fosse pronunciabile lì dentro. Anche una volta usciti fuori non le rivolse parola, tirando dritto tra le stradine sporche della zona industriale fin quando non si sentì abbastanza distante da qualunque anima viva da poter svoltare nel primo vicoletto utile. Solo allora si voltò nella sua direzione, prendendole bruscamente la mascella tra le mani mentre sfoderava la bacchetta per puntargliela in viso. « Revelio. » Ed eccolo lì. Persino al buio il contorno viola che si espandeva intorno al suo occhio era ben visibile contro la pelle chiara. In cuor suo aveva sperato che Jeff avesse esagerato, che in realtà non si trattasse di nulla e che al massimo avrebbe trovato un qualche segno palesemente accidentale. Ma quello non era un livido qualunque, non era il frutto di un incontro troppo ravvicinato con uno spigolo o di una pallonata in faccia. Quello era il lascito di qualcuno. « Hai pure il coraggio di venire a fare la ramanzina a me. » Sbuffò una risata amara dalle narici, ma non c'era nulla da ridere. « Come te lo sai fatta, Mia? Mh? Come sei uscita da Iron Garden? Come hai aggirato il coprifuoco? » Una raffica di domande che arrivò tutta insieme, senza alcuna pausa intermedia. Con lo stesso vigore con cui le aveva afferrato il mento, intensificò la presa, muovendo un passo in avanti per farsi più vicino e puntare lo sguardo livido dritto negli occhi di lei. « Che c'è? Improvvisamente hai perso la parlantina? Pensavi di poterle fare solo tu, le domande? » Sei incredibile. Sei davvero incredibile. Nella situazione di merda in cui ci troviamo dovrei poter contare su di te, ma evidentemente sei un disastro su tutta la linea. Serrò la mascella, stringendo ulteriormente quella di Mia mentre si avvicinava al suo volto per sibilarle una minaccia a denti stretti. I swear to you, Mia, if you even think about giving me one of your half-assed bullshit excuses, I will obliviate the fuck out of you and go so far away from this God forsaken country that you won't even know how my name sounds anymore. And that's a fucking promise.

     
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    « Va bene. Da questa parte, vossignoria. » Non l'aveva presa bene. Non le parole di Raiden, non il modo in cui le parlava, né tanto meno la testardaggine nel non lasciarle alcuno spazio di compromesso. E di certo apprezzò ancora meno il modo in cui la tirò per un braccio all'interno del locale, stringendo i denti mentre tentava di divincolarsi con ostinazione. Se pensi che me ne andrò a capo chino, senza alcuna risposta, ti sbagli di grosso. All'interno del locale, seppur trascinata da Raiden senza alcuna esitazione, Mia ebbe comunque il tempo di guardarsi intorno. « Vuoi fare più piano, per piacere? » Una richiesta che gli fece senza alcuno spirito garbato. A quel punto della storia, era talmente arrabbiata, talmente contrariata nei confronti di Raiden, che non intendeva nemmeno provare a essere ragionevole. Distratta dalla visuale del palco, l'aria satura di fumo e oscenità per qualche istante nella sua testa si formarono tante, troppe idee. Domande. Quesiti a cui solo il diretto interessato avrebbe potuto darle risposta. « Hai un'ora pagata. Mentre finisco di lavorare, passa questo tempo a riflettere su tutte le cose che cento sterline potevano comprare ad Haru, invece di essere utilizzate per i tuoi capricci. » « Un'ora pagata di co- » Non ebbe il tempo di completare la domanda, perché Raiden le sbatte la porta del salottino in faccia lasciandola lì da sola. In assenza della musica assordante, provò un senso di panico, come se, rimasta finalmente da sola con i suoi pensieri stava finalmente iniziando a ragionare su quanto stava avvendendo quella sera. L'ho messo davvero in pericolo? Non dalla propria. Per quanto Mia potesse essere poco scrupolosa, era molto attenta nei suoi spostamenti dentro e fuori dal ghetto. Non faceva mai il passo più lungo della gamba. E poi, tocca dire che ormai a nessuno interessa cosa accade dentro il ghetto. Dicono che ci tengono confinati, ma la verità è che è tutto fumo negli occhi. Non sono di certo l'unica che esce. Probabile che ci lascino così liberi perché attendono il prossimo casus belli. Ce li vedo proprio. "Una creatura è scappata da Iron Garden e ha fatto danni. Tocca inasprire i controlli." Una cazzo di caccia alle streghe senza precedenti. Non aveva fatto nulla che altri non facessero. Persino gli interrogatori a cui veniva sottopposta erano spesso approssimativi. In cuor suo, Mia era convinta del fatto che nell'ottica del Ministero, catturare i ricercati non era una ancora una priorità. Se li catturano e facciamo i bravi, non c'è più nulla di cui temere. Nulla per cui vale la pena affidarsi alla salvezza del Messia. Si sa; la gente si affida al divino quando ha qualcosa per cui temere. E il caos di quei ratti di fogna alla ricerca dei fuggitivi fa molta gola. Un caos preannunciato nel momento in cui si condannano a morte decide di persone in favore di una giustizia dal basso. Una responsabilizzazione del popolo che passa attraverso la promessa di ingenti somme di denaro. [...] Gli occhi chiari di Mia si alzarono improvvisamente sussultando non appena vide la porta aprirsi. Nel salottino tutto velluto e luci soffuse fece la propria entrata una ragazza che lasciò la giovane Yagami a bocca aperta. La ragazza - forse bambina era il termine più appropriato - sembrava particolarmente entusiasta nel rimanere nel privé assieme a Mia, cosa che non si poteva di certo dire dell'ex Serpeverde. Ma tu guarda in cosa mi ha cacciata questo stronzo. Dire che fosse arrabbiata era poco. « Come ti chiami? Io sono Honey. » Nel osservarla salire sulla passerella al centro della stanza, girandovi attorno svogliatamente, con uno sguardo allietato, Mia si chiese come una bambina potesse essere finita in un posto del genere. Sembrava particolarmente a proprio agio in quel posto - non lo stesso si poteva dire sulla lycan, la quale, continuava a guardarsi intorno confusa, alla ricerca di risposte a domande che non aveva il coraggio di porre. « Sei la ragazza di Raiden? » Mia dal canto suo non sembrava altrettanto incline a parlare. Forse perché si sentiva a disagio nel vederla dimenarsi attorno al pallo, come se niente fosse. Svogliata sì, ma comunque intenta a fare quanto necessario, specialmente quando la moretta le indicò con un cenno impercettibile le due telecamere puntate su divanetti e sul palchetto. « Devi tentare di mostrarti almeno un po' interessata. Non si sa mai chi c'è dall'altra parte. » Pausa. « Non ci sentono. Ma potrebbero.. se non t'impegni. » Nel sentire quelle parole Mia corrugò appena la fronte puntando lo sguardo su di lei. Quando gli occhi delle due si incontrarono, Honey le sorrise calorosamente. « Quindi? Sei la sua ragazza? Avrebbe senso. Spiegherebbe perché Raiden non guarda nessuna qui dentro. Sei molto bella. Mi piacciono tantissimo i tuoi capelli. Vorrei tingerli anche io, però il Capo non me lo lascia fare. » Il Capo. Si innumidì le labbra e sospirò. « Si dai è palese. Sei la sua ragazza. » Non confermò né smentì. Posò i gomiti sulle proprie cosce tentando con tutta se stessa di concentrarsi sullo spettacolo seppure la sua mente fosse altrove. « Meredith. Mi chiamo Meredith. » A sguardo basso, intenta a osservare la moquette rosso fuoco, Mia annuì tra se e se. « Fico. Ti dispiace se mi tolgo le scarpe? Mi fanno malissimo i piedi. » Non stento a credere che sia così. « Fai come ti pare. Non devi chiedermi niente. » Honey annuì un po' pensierosa. Per un po' nessuna delle due disse niente. La moretta continuò a girare attorno al palo svogliatamente mentre Mia tentava con tutta se stessa di controllare l'istinto di uscire da lì dentro e andare a vomitare. Si sentiva la testa pesante, lo sguardo un po' appannato. Aveva sonno. Non stava abbastanza male da lasciarsi completamente andare, ma il suo stato psicofisico era in ogni caso provato. Così, estrasse una barretta dal proprio zainetto e la azzannò, gettandone una ai piedi della ragazza. « Quindi.. tu e Raiden lavorate insieme? » Faceva strano fare quel tipo di domande a una palese minorenne. « Mhhh, sì. Più o meno. Cioè io faccio questo. Raiden fa altro.. » Altro. « Però Raiden è mio amico. Lui e i suoi amici - quelli con cui è arrivato - sono tra i pochi a trattarmi bene. Di solito quando arrivano, quelli nuovi ci provano sempre.. sai almeno qualcosa. » Ne parla con una tale naturalezza di quelle cose, Honey. A Mia suscita un'estrema tenerezza, non a caso, quando scende dalla passerella per aprire la barretta, la giovane Yagami accenna appena un sorriso di incoraggiamento. « Raiden mi insegna a leggere. E stiamo facendo le operazioni. Se devo essere sincera, lo trovavo un po' strambo. Boh.. all'inizio non capivo neanche cosa uno come lui ci facesse qui. Gli altri non sono così.. » Si stringe nelle spalle mentre azzanna a sua volta la barretta annuendo soddisfatta. « Lui lavora solo. Lavora, lavora, lavora.. è proprio noioso. A volte riesce a stare zitto per ore senza dire nulla. Pare un cyborg. » Si. Sa proprio di Raiden. « Però a me sta molto simpatico. È bello avere un amico. » Honey ride stringendosi nelle spalle, mentre butta la cartuccia a terra e torna a girare attorno al palo più energicamente. « Posso chiederti una cosa? » « Dipende. » Ok. Ci provo. « Questo posto.. lui, sta bene qua? Cioè.. » Si pentì non appena glielo chiese. Si stava affidando a una bambino spogliarellista, nel chiedere se suo marito stesse bene in un posto che chiaramente non era adatto a lui. Alzò gli occhi cielo sentendosi apertamente in difficoltà di fronte a domande che forse a quel punto erano scontante. « ..non lo so nemmeno io cosa volevo chiederti. È che sono preoccupata. Lui non mi dice niente, e non so niente. E non lo vedo mai. E questo posto - non è niente di ciò che pensavo. E ora è cambiato e io.. mi sento tanto confusa, perché vorrei tanto.. esserci. Non so.. dargli una mano. » « Beh ma allora.. perché non ci vieni anche tu? Potremmo essere colleghe. Le altre sono un po' infami a volte, ma alla fine sono brave persone. E i tipi, i colleghi di Raiden, boh.. qualcuno fa schifo proprio, però alla fine sono apposto. L'unico problema sono i clienti. Quando ti va bene ti becchi gente tranquilla e pulita. Sei un po' così giusto quando magari ti arrivano i vecchi. Quelli chiedono sempre il pacchetto completo. Fanno proprio schifo, cazzo. E i tossici. Quelli proprio non si regolano. Però noi abbiamo i ragazzi anche per questo. Il Capo li manda in palestra un botto per essere certo che possono proteggerci. Infatti sono tutti dei bestioni.. » Honey storse il naso, portando Mia a chiedersi se la naturalezza con cui parlava di quelle cose era dovuta al suo non avere alcun termine di paragone con quello che c'era là fuori. Una vita normale. Era plausibile. Nonostante il trucco pesante, e i tacchi alti, Honey sembrava davvero piccola. Conosceva altro oltre a quel posto? Le informazioni che le stava dando, erano in ogni caso tristi. Capiva ora la trasformazione fisica di Raiden. Le risultava tuttavia in ogni caso innaturale. Il giovane Yagami era sempre stato un tipo molto atletico. Li fanno davvero solo lavorare di pesi o c'è anche altro sotto? Non pensava che Honey potesse saperne molto di ciò, ma nella testa di Mia, che di attività fisica era vissuta per tutta la vita, un'immagine quanto mai triste si profilò con precisione. Non si stupiva della voracità con cui aveva mangiato il suo cibo scadente. Di fronte a tutto ciò provò un infinito senso di tristezza. Ti sto lasciando davvero in mezzo a tutto questo da solo? Come cazzo faccio a dormire ancora sapendoti qua? « E poi c'è il Capo. Del Capo devi avere paura. Sempre.. » Nel dire quelle parole, Honey sembrò bloccarsi; lo sguardo vacuo sospeso nel vuoto oltre le spalle di Mia. Era spaventoso osservare quegli occhi. Dovevano aver visto molto più di quanto una ragazzina della sua età potesse sorreggere. « Però se sai fare i cocktail o altro, cercano ragazze anche per altri lavori. Qui trovi sempre un posto.. » Mia sospirò, abbassando lo sguardo. « Raiden non vuole. » Non so nemmeno se vuole ancora me. Nel restante tempo, Honey le chiese consigli sparsi, sbilanciandosi di tanto in tanto a lasciarle altri sprazzi di informazioni su quel posto. Seppur non avesse mai usato apertamente la parola, era evidentemente che si trattasse di criminalità organizzata. Honey aveva parlato di gente importante, ma anche di quanto amasse le caramelle frizzanti, di quanto volesse farsi crescere le unghie senza mangiucchiarsele e cose sparse circa la sua quotidianità. Sembrava molto determinata a imparare a leggere per poter smettere di sfogliare le riviste che passavano Kitten's Garden, e iniziare a leggerle anche. « Tu sai leggere? » Mia annuì. « Waaa che figo! Capisco perché sei la ragazza di Raiden. Sei intelligente come lui. Ti va di leggermelo? » Honey le aveva così passato un foglio di giornale che aveva nella tasca dei pantaloncini inguinali per poi sedersi mezza svestita ai suoi piedi ascoltando la lettura di quello che era un articolo sui nuovi trend del makeup.

    « È finita l'ora. » Trassalì mentre Honey, risistematasi i vestiti, si alzò in piedi gettando la braccia al collo di Mia cogliendola di sorpresa. « Grazie, Meredith! Ci vieni altre volte? » Non sapeva cosa avesse fatto per scaturire l'entusiasmo della mora. Per lo più, Mia era stata zitta ascoltandola. Per una volta, si era accorta che forse qualcun altro aveva bisogno di parlare più di lei. E così l'aveva lasciata parlare. Ogni tanto le faceva qualche domanda, ma Honey parlava a macchinetta anche senza il bisogno di Mia dicesse niente. Aveva proprio l'aria di una persona che nessuno ascoltava, ma che aveva davvero un sacco di cose da dire. « Vediamo. » Pausa. « Magari poi mi dici com'è andato con il trucco senza baking. » Una cosa di cui Mia non sapeva niente fino a mezz'ora fa. Così, gettato uno sguardo a Raiden, lo seguì in silenzio fuori dal locale e lungo le strade poco illuminate di quella vera e propria terra di mezzo. « Continuerai così? Trattamento del silenzio? Puoi dirmi almeno dove stiamo andando? » Lo seguiva a qualche passo di distanza seccata. Si sentiva come un cagnolino che andava al seguito di un padrone che non lo voleva più e ciò non faceva altro che innervosita ulteriormente. Nessuna risposta da parte di lui. Almeno finché, giunti in una zona solitaria, percepì le dita fredde di lui sul proprio volto seguite da un veloce fascio di luce che la colpì in pieno. « Revelio. » Istintivamente provò a divincolarsi. « Hai pure il coraggio di venire a fare la ramanzina a me. Come te lo sai fatta, Mia? Mh? Come sei uscita da Iron Garden? Come hai aggirato il coprifuoco? » La giovane Yagami deglutì spostando lo sguardo di lato mentre tentava di sottrarsi a quella presa. Si sentì colta con le mani nel casso, una sensazione che la portò a provare vergogna nei confronti delle sue stesse azioni. « Che c'è? Improvvisamente hai perso la parlantina? Pensavi di poterle fare solo tu, le domande? » Solo quando si fece più vicino, Mia riportò lo sguardo in quello di lui tentando di indietreggiare. Probabilmente avrebbe potuto sottrarsi a quella presa, ma una parte di sé non voleva. Forse voleva essere messa con le spalle al muro. Per tutto quel tempo si era raccontata che avesse bisogno del Pulse tanto quando il Pulse avesse bisogno di gente come lei. Ma nel profondo, sotto strati di necessità, scuse e traumi, di tristezza e frustrazione, la verità è che Mia voleva attirare la sua attenzione. Per ottenere cosa, era ancora poco chiaro. I swear to you, Mia, if you even think about giving me one of your half-assed bullshit excuses, I will obliviate the fuck out of you and go so far away from this God forsaken country that you won't even know how my name sounds anymore. And that's a fucking promise. Non stava prendendo bene quel muro eretto da Raiden, la sua testardaggine nell'ostinarsi a pensare solo ed esclusivamente a quanto fosse sbagliato che lei si trovasse lì. Hai ragione. Non dovrei esserci. È pericoloso. Ma sarà sempre pericoloso. Ogni informazione, ogni contatto, ogni parola. Non possiamo vivere così. Il fatto che Raiden non lo capisse, il fatto che continuasse a respingerla a prescindere la mortificava non poco. E così sollevò lo sguardo in quello di lui soffiando pesantemente. Per qualche istante rimase in silenzio ad osservarlo. Tra le pieghe di quello sguardo c'era ancora lui. Poteva percepirlo. E Mia lo amava; lo amava così tanto da non riuscire a smettere di tentare e ritentare. Strinse i denti e afferrò il polso in cui Teneva stretta la bacchetta, puntandosela al collo con uno sguardo duro e scontroso. « Sai una cosa, Raiden? Fallo. » La punta della bacchetta premeva contro la pelle di lei fino a farle male. « Obliviami. Se mi odi così tanto fallo! » Tremeva, Mia. Tremava dalla rabbia, e tremava dalla paura. Perché in fondo non poteva sapere cosa ci fosse nella mente di Raiden, se qualunque cosa stesse vivendo aveva offuscato talmente tanto il suo giudizio da non accorgersene neanche di star perdendo una parte di sé. Poteva solo fidarsi, sperare che che l'amasse ancora abbastanza da capire che respingerla in quella maniera non era la giusta soluzione. « Dimostrami che sei così fottutamente altruista, così giusto, così responsabile - così.. perfetto - da obliviarmi e mettermi sul primo taxi per Iron Garden. » Soffiava sul suo viso con una determinazione inaudita, gettandogli addosso tutte quelle parole reduci di tutta la rabbia e tutta la frustrazione che si sentiva addosso. Fuck you! I'm so sick of you trying to do fucking everything by yourself, because you're the perfect husband, and the perfect father, and the perfect brother, and friend, and soldier. Lasciò andare il polso di lui solo per puntare la direzione da cui erano arrivati, andandogli contro colta dalla necessità di sfogarsi per tutte quelle volte in cui aveva deciso di stare zitta, di non mortificarlo, di non dargli altre preoccupazioni. What do you think we're doing down there, huh? Do you think we plan pajama parties and sip tea at 5 o'clock? Do you think they even care about what we're doing? If I go out or I stay in? We could die in there and no one would fucking care. Gli gettava addosso tutte quelle parole senza alcuna possibilità di rispondere. My best friend is a dealer, my brother and your sister are doing God knows what around the ghetto, and fucking Delilah's selling pills. Do you really think that by keeping me away you're putting me up for something better than minors whoring around and fucking pigs for dinner? Try again! Tirò su col naso scuotendo la testa. Poi alzò lo sguardo verso l'alto scoccando la lingua contro il palato. « Non me ne sto le mani in mano mentre tu fai i doppi turni per portarmi gli alimenti una volta al mese, sperando che io faccia la principessa del ghetto con i soldi che tu ti sudi non dormendo e non mangiando. » Colta dalla rabbia lo spintonò senza riuscire a spostarlo più di tanto e andandogli piuttosti addosso ancora di più. Così innervosita, tentò di liberarsi dalla sua presa, colpendolo sul petto senza troppo vigore. Ad ogni colpo sembrava più frustrata, più arrabbiata. Con lui, con il mondo, con la situazione in cui erano costretti a vivere. « Quello stupido sei tu se pensi veramente che farò la bella statuina ad Iron Garden accettando passivamente tutto quanto. » Era estremamente mortificante rendersi conto che Raiden non le dava alcun credito, pensando davvero che sarebbe stata così idiota da uscire senza avere alcuna assicurazione. Certo, le cose ad Iron Garden potevano cambiare da un momento all'altro, ma al momento nessuno sembrava far davvero casa a chi entrava e chi usciva. E anche se così fosse, Mia prendeva tutte le precauzioni in quei casi. Non usava mai il suo nome, usava mezzi babbani, non portava mai la sua bacchetta o il cellulare con sé. Restava lontana da negozi e strade troppo trafficate e tentava di farsi vedere il meno possibile. A volte faceva giri larghi, e si spostava sempre nella maniera più ordinaria possibile, cercando di attirare il meno possibile l'attenzione su di sé. Si guardava sempre le spalle e si assicurava sempre di tenere i capelli troppo vividi su cui non aveva il minimo controllo nascosti sotto un cappuccio di un colore neutro. Magari non è sufficiente. Ma nulla sarà mai sufficiente. Abbassò lo sguardo corrugando la fronte. Più ci pensava a ciò che aveva visto, più si sentiva in colpa. Perché l'unica ragione per cui Raiden viveva sotto il naso del Ministero era perché Mia e Haru erano lì. « Quindi boh - fallo! Se non ti piacciono le mie risposte o come mi comporto, fai quello che ti pare, Raiden. Tanto fai sempre quello che ti pare. Se ti gira il cazzo di andare a combattere l'intero cazzo di Ministero da solo perché ti sei convinto che quella è la linea giusta, lo farai comunque e nessuno potrebbe impedirtelo, perché sei un cazzo di testardo. » Glielo disse sempre più sconfitta, perché ormai le sembrava sempre più evidente che lui non avrebbe fatto altro che rifiutarla. « Non ho una bacchetta per impedirtelo e non posso metterti KO. Sei più forte e più bravo di me. Quindi, fai come ti pare. » Sei sempre stato più bravo di me in tutto. « Non ho comunque voce in capitolo. » Un'ammissione che fece con una certa amarezza stringendosi nelle spalle mentre tornava a osservarlo fisso. « Però prima voglio che tu sappia che mi fai proprio incazzare. Così tanto da aver voglia di tirarti un pugno in faccia, cazzo! Perché vuoi sempre fare tutto da solo. Per te la squadra esiste solo quando bisogna dividersi le faccende di casa e decidere chi prende Haru all'asilo. » Pausa. « Sei così fottutamente ostinato da non voler accettare nemmeno il mio supporto morale. Figuriamoci altro! » Sorrise sarcastica alzando gli occhi al cielo. « Tu vuoi davvero che ti lasci da solo? Che non ci provi neanche? » Lo osservò con uno sguardo ostinato ma al contempo di muta preghiera. Bullshit. I don't believe you. I don't believe you came back to London, hiding in plain sight, just because this place is safe. I don't believe you're pushing me away because you're annoyed, or because you think I'm that stupid to put you in danger. Scoccò la lingua contro il palato facendo un'altro passo nella sua direzione. I don't believe you want me to stop fighting for you, because we both know that this is what we've always did. We fought and stayed together. Chiuse gli occhi, sospirando. I'm just asking you to talk with me. To stop pushing me away. Strinse i denti sollevando gli occhi nei suoi. Just ask me to do something for you other than go away. Something! Give me something! Ask me to stay for the night. Just once. Could you just let me feel less useless, instead of trying to make me feel like loving you and wanting to stay by your side is such a stupid thing?





    Edited by « american beauty » - 14/11/2023, 02:05
     
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    « Sai una cosa, Raiden? Fallo. Obliviami. Se mi odi così tanto fallo! » Serrò la mascella, fissandola dritta negli occhi quasi volesse incenerirla sul posto. Mia era sempre stata particolarmente testarda, ma mai al punto da correre rischi di quel genere. Ormai è una questione di principio per te, vero? Potrei chiederti qualunque cosa, potrei elencarti di nuovo tutte le motivazioni per cui ciò che hai fatto è totalmente fuori linea, e tu comunque continueresti come un disco rotto. Ormai ne era certo. Se nemmeno una cosa lineare come chiederle spiegazioni riguardo quel cerchio viola che aveva in faccia poteva farla desistere dall'atteggiamento sprezzante che stava tenendo, allora dubitava che qualunque altra cosa sarebbe riuscita nello stesso intento. « Ma ti senti? » digrignò tra i denti, visibilmente alterato. Se mi odi così tanto. Come se fosse quello il punto. Come se nulla di ciò che ti ho detto fosse giustificato se non da un qualche odio cieco e insensato nei tuoi confronti. Non aveva mai preso Mia a male parole, né le aveva mai dato epiteti negativi, ma quella sera non c'era alcun dubbio che Raiden pensasse esattamente ciò che le aveva detto: si stava comportando da stupida. « Dimostrami che sei così fottutamente altruista, così giusto, così responsabile - così.. perfetto - da obliviarmi e mettermi sul primo taxi per Iron Garden. » Fuck, I might! I'm so fucking sick of your bullshit, Mia! Le urlò quelle parole in faccia, come un cane rabbioso. La sua voce si mischiava a quella di Mia, in un accavallarsi di parole ed emozioni tanto forti quanto contrastanti. Fuck you! I'm so sick of you trying to do fucking everything by yourself, because you're the perfect husband, and the perfect father, and the perfect brother, and friend, and soldier. Per quanto quelle cose fossero vere, Raiden non riusciva a percepirle come un insulto. Fare tutto da solo, senza chiedere mai aiuto, era per lui un valore - qualcosa che gli era stato inculcato in questa maniera a suon di botte, prima da Hichiro, e in seguito dall'ambiente dell'esercito. Tentare di essere il padre perfetto, il soldato perfetto, il marito perfetto - anche quello per lui era un valore, forse irrealistico, ma non per questo meno nobile. Sapeva di adottare per se stesso uno standard molto più alto rispetto al metro di giudizio che usava per il prossimo, ma Raiden era fatto così, la cultura in cui era cresciuto era fatta così, e l'ambiente lavorativo in cui si era specializzato era sempre fatto così. Fare del suo meglio, arrivare anche a svenarsi pur di stare al passo con le aspettative sociali e con l'immagine ideale di sé, erano tutte cose che facevano parte della personalità di Raiden. « Non me ne sto le mani in mano mentre tu fai i doppi turni per portarmi gli alimenti una volta al mese, sperando che io faccia la principessa del ghetto con i soldi che tu ti sudi non dormendo e non mangiando. » « E invece è esattamente quello che dovresti fare, cazzo. » La voce di Raiden, sempre così bassa e pacata anche nei momenti di rabbia, quella sera risuonava invece tuonante, piena di una rabbia che il giovane Yagami aveva sentito fin troppe volte durante la propria adolescenza. Era la stessa voce di Hichiro quando le cose non andavano a modo suo, quando voleva sfogare le proprie frustrazioni su qualcuno e allora lo faceva su chi aveva a tiro e non poteva opporsi - ovvero la famiglia. Tutto, dal modo in cui le parlava alle movenze, urlava il nome di Hichiro, come se tutti quegli schiaffoni presi fossero finalmente arrivati a dare i loro frutti, rivelando quanto quegli abusi fossero tutt'ora marchiati a fuoco sulla pelle del giapponese. "Eppure alla fine muoio guardando negli occhi il risultato dei miei sforzi.": le ultime parole che Hichiro gli aveva rivolto prima di morire, chiedendogli retoricamente di chi fosse più figlio all'atto pratico - se di lui o del defunto Haru - sembravano col senno del poi quasi una profezia destinata inevitabilmente ad avverarsi. Non importava quanto Raiden si divincolasse, quanti giri facesse nel tentativo di allontanarsi dall'eredità del patrigno, lui era sempre lì, vivo tramite lui come un parassita. « Quello stupido sei tu se pensi veramente che farò la bella statuina ad Iron Garden accettando passivamente tutto quanto. » Si lasciava spintonare, senza frenarla veramente, ma rimanendo ben piantato coi piedi per terra mentre la rabbia gli ribolliva negli occhi e sotto la pelle. Non gli importava quanta frustrazione Mia volesse sfogare su di lui, perché era comunque certo di averne dentro quanto meno il doppio. Tu ti lamenti mentre hai un tetto sopra la testa, la possibilità di camminare a piede libero tra le persone a cui tieni e il privilegio di passare tutto il tempo che vuoi insieme a nostro figlio. Ti lamenti dell'umiltà in cui ti trovi a vivere e lavorare, recriminandomi il fatto di non capire. E hai ragione, non ti capisco. Non ti posso capire perché ciò che per te è degradante, per me sarebbe un lusso allo stato attuale. Ciò che a te manca è solo una frazione di quanto invece manca a me. Ciò che ti fa incazzare, per me è un inconveniente. « Quindi boh - fallo! Se non ti piacciono le mie risposte o come mi comporto, fai quello che ti pare, Raiden. Tanto fai sempre quello che ti pare. Se ti gira il cazzo di andare a combattere l'intero cazzo di Ministero da solo perché ti sei convinto che quella è la linea giusta, lo farai comunque e nessuno potrebbe impedirtelo, perché sei un cazzo di testardo. Non ho una bacchetta per impedirtelo e non posso metterti KO. Sei più forte e più bravo di me. Quindi, fai come ti pare. Non ho comunque voce in capitolo. » Sbottò in una risata amara. « Risposte? Quali, Mia? Sono nella stanza con noi, queste risposte che mi hai dato? » Perché a me pare di non averne ottenuta nemmeno mezza. Solo una serie di lamentele e accuse scollegate senza capo né coda, volte forse proprio a non darle, le risposte che ti ho chiesto. « Però prima voglio che tu sappia che mi fai proprio incazzare. Così tanto da aver voglia di tirarti un pugno in faccia, cazzo! Perché vuoi sempre fare tutto da solo. Per te la squadra esiste solo quando bisogna dividersi le faccende di casa e decidere chi prende Haru all'asilo. Sei così fottutamente ostinato da non voler accettare nemmeno il mio supporto morale. Figuriamoci altro! Tu vuoi davvero che ti lasci da solo? Che non ci provi neanche? » Bullshit. I don't believe you. Assottigliò le palpebre a due fessure, fissandola in silenzio mentre proseguiva nel suo soliloquio. Ormai Raiden aveva imparato quanto inutile fosse interromperla, e dunque aspettava - attendeva semplicemente il proprio turno per dire la propria, sapendo che sarebbe arrivato e che non si sarebbe risparmiato. Però era certo che Mia la percepisse, quella rabbia che provava - che riuscisse a sentire quanto le sue parole non facessero altro che gettare benzina sul fuoco. I don't believe you came back to London, hiding in plain sight, just because this place is safe. I don't believe you're pushing me away because you're annoyed, or because you think I'm that stupid to put you in danger. I don't believe you want me to stop fighting for you, because we both know that this is what we've always did. We fought and stayed together. I'm just asking you to talk with me. To stop pushing me away. Forse una parte di lui avrebbe voluto farlo - togliersi dalle spalle quel peso immenso che si ostinava a portare tutto da sé. Eppure la sola idea sembrava ripugnarlo, divenendo incontemplabile. A che pro? Cosa mai avrebbe potuto fare Mia? Nulla. Solo compatirlo, solo vederlo come un debole, come un uomo a metà. E allora forse preferiva la sua frustrazione, il suo odio e il suo biasimo. Preferiva essere un testardo da cui era impossibile cavare due parole di bocca che fossero vere e sentite. Perché l'alternativa era solo perdere ogni tipo di credibilità ai suoi occhi. Just ask me to do something for you other than go away. Something! Give me something! Ask me to stay for the night. Just once. Could you just let me feel less useless, instead of trying to make me feel like loving you and wanting to stay by your side is such a stupid thing? Rimase in silenzio, forse più a lungo del dovuto, fissandola senza proferire parola o muovere un muscolo mentre il vento fischiava fuori dal vicolo isolato. Da qualche parte dentro di sé poteva comprendere la disperazione di Mia, quel suo bisogno schiacciante di sentirsi utile, di non essere rifiutata nella semplice offerta di un aiuto. E forse sarebbe stato anche tentato di cedere, se non fosse stato per quella certezza granitica delle conseguenze. Raiden aveva sempre dubitato che qualcuno potesse amarlo incondizionatamente, nella buona e nella cattiva sorte, e Mia non era un'eccezione a questo suo modo di vedere le cose. Tu dici che lo faresti. E io ci credo, alla tua sincerità. Non è ciò che metto in dubbio perché so che sei certa. Ma lo sei adesso, finché hai ancora il ricordo di ciò che ti ho dato a cui aggrapparti. Ma quando avrai la prova che la realtà è ben diversa, lì le cose cambieranno. Nessuno ama davvero in maniera incondizionata. Sarebbe stupido farlo. Tutti abbiamo delle condizioni. Il problema è che tu non hai ancora scoperto i limiti delle tue. Fece un passo avanti, in silenzio, senza distogliere lo sguardo dal suo. Poi un altro e un altro ancora, portandola a indietreggiare sempre più fino a metterla letteralmente all'angolo, con le spalle al muro. « Chiedimi qualcosa, fammi sentire meno inutile.. » citò le sue parole, con un tono più basso rispetto a prima, ma non per questo meno duro. « ..eppure delle domande che ti ho fatto non hai risposto nemmeno ad una. » Sollevò un sopracciglio, misurandola dall'alto in basso con uno sguardo sprezzante che tornò inevitabilmente a puntarsi sul livido di lei. « Immagino che certi segreti abbiano più legittimità di altri. O forse è solo più semplice puntare il dito contro le mie mancanze per nascondere.. beh, qualunque cosa tu faccia e che evidentemente ci tieni tanto a non dire. » Mosse un altro passo in avanti, sigillando completamente il corpo di Mia tra il suo e il muro che aveva alle spalle. Persino nel gelo della notte inglese quella vicinanza era torrida, quasi asfissiante. How fucking ungrateful of you. Coming here, acting all high and mighty, complaining about your silly little life in the ghetto when you are, in fact, a fucking princess. Con uno scatto le dita di Raiden corsero nuovamente alla mascella di Mia, questa volta per tenerle il viso ben rivolto verso il proprio, come a volersi assicurare che il lo sguardo di lei non deviasse nemmeno per un secondo dal suo. And you have only me to thank for that. Because I'm stubborn enough to take all the burden, I'm "perfect" enough to pay the price of your freedom, I'm cold enough to reject my personal wishes in order to keep you safe - and, God!, you should just shut your fucking mouth and kiss my feet because I let you be safe. At least safe enough to have time to worry about how to run your fucking mouth and disrespect me. Lasciò bruscamente la presa sul suo mento, senza tuttavia scansare lo sguardo nemmeno di un millimetro dal volto di Mia. « Pensi che la vita nel ghetto sia dura? Che io sia uno stronzo a tenerti lontana dai cazzi miei? » Rise amaro, scuotendo il capo mentre un veloce sorriso sardonico compariva sul suo volto, scomparendo altrettanto presto. « Non reggeresti nemmeno cinque secondi qui. E me lo dimostra il fatto che tu abbia energie e possibilità per venire da me a fare capricci e sputare su delle libertà che io posso solo sognare, e di cui tu godi solo grazie a queste mie caratteristiche che a quanto pare odi così tanto. Non me lo hai mai chiesto, è vero, ma se non puoi essere grata, sii quanto meno rispettosa. » Inclinò il capo di lato, in un movimento rapido. So yeah, maybe I don't feel like talking or crying on your shoulder. Maybe I don't have much kindness left in me. So if you came here looking for that, if you think that by spending the night with me you'll find someone much different from the one that gave you that bruise, I have very bad news for you, Mia. Fece una pausa, fissandola con sguardo duro. I do not talk, I do not cry, and I'm definitely not kind.
     
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    Forse sono solo diventata una di quelle che devono salvarli a tutti i costi. Un cazzo di cliché. Forse era proprio così, o forse, peggio ancora, non era mai stata così diversa da ciò che diceva di mal sopportare. Più si ostinava a trovare un senso a quella maledetta situazione, a tentare di fare breccia nell'anima di Raiden, più si scontrata contro un muro che le appariva impossibile da scalare. Lottava con le unghie e coi denti a favore di qualcosa che pensava di conoscere, ma di cui ne riconosceva solo in parte i tratti fondanti. Raiden non era mai stato così; e seppur qualche rappresaglia di quella personalità evitante ed ermetica si fosse già presentata nel passato della loro relazione, Mia aveva sempre pensato di poter sfondare quel muro. Ingenuamente, anche quella volta ci aveva provato, ma il fatto che lui non le desse alcun appiglio, la disorientata oltremodo. La amava ancora? Voleva ancora stare con lei? Aveva ancora il desiderio di lottare per loro? Per ciò che erano? Di colpo qualcosa si mosse. Non il pendolo nei rapporti di forza in quella lita, bensì gli spazi. Un passo alla volta, Mia fu costretta a indietreggiare deglutendo. « Chiedimi qualcosa, fammi sentire meno inutile.. eppure delle domande che ti ho fatto non hai risposto nemmeno ad una. Immagino che certi segreti abbiano più legittimità di altri. O forse è solo più semplice puntare il dito contro le mie mancanze per nascondere.. beh, qualunque cosa tu faccia e che evidentemente ci tieni tanto a non dire. » Nella vicinanza tra il corpo di lui e il muro, Mia si sentì come soffocata da un'aria pesante. Strinse i denti tentando di combattere contro un istinto animale inconsolabile che avrebbe mettere fine a tutto semplicemente non parlando più. Forse procrastinando, o semplicemente ignorando. « Brucia uhm? » Imperterrita sollevò il mento nella sua direzione a mo di sfida. Brucia non sapere che cazzo sta combinando la persona che più di tutte vorresti al sicuro. « Come se ti fregasse davvero qualcosa.. » Un commento, quello, che portò parecchia amarezza. Non era più certa di cosa pensasse Raiden, e ad essere onesta non so nemmeno se voglio saperlo. Era frustrata, arrabbiata. Avrebbe voluto avere la forza di metterlo in discussione nella stessa maniera in cui lui metteva in discussione lei. How fucking ungrateful of you. Coming here, acting all high and mighty, complaining about your silly little life in the ghetto when you are, in fact, a fucking princess. Nel incatenare nuovamente la mascella di lei, Mia lo osservò con un'espressione combattuta. Ciò che sentiva, la voglia di saltargli al collo come una bestiolina ferita si mischiava a un sordido istinto animale. Voleva fargli male, almeno quanto lui ne faceva a lei. Ogni parola di Raiden riecheggiava dentro di lei come un tamburo. And you have only me to thank for that. Because I'm stubborn enough to take all the burden, I'm "perfect" enough to pay the price of your freedom, I'm cold enough to reject my personal wishes in order to keep you safe - and, God!, you should just shut your fucking mouth and kiss my feet because I let you be safe. At least safe enough to have time to worry about how to run your fucking mouth and disrespect me. Mia serrò la mascella, tentando di liberarsi dalla sua stretta, andandogli a sua volta incontro con un'espressione sarcastica. My hero. It's a shame I've never asked you to do shit. And honestly I think you're doing this for you and no one else. Non lo pensava davvero - forse sì, in una certa misura. La capacità di abnegazione di Raiden nei confronti della propria famiglia, di ciò in cui credeva, lo portava spesso a fare scelte non necessariamente condivisibili. Partiva da una base di ragione; Haru andava protetto. Ma il fatto che quella protezione dovesse estendersi anche a Mia, fino al punto in cui doveva sentirsi poco più che un'inetta la snervava enormemente.« Pensi che la vita nel ghetto sia dura? Che io sia uno stronzo a tenerti lontana dai cazzi miei? Non reggeresti nemmeno cinque secondi qui. E me lo dimostra il fatto che tu abbia energie e possibilità per venire da me a fare capricci e sputare su delle libertà che io posso solo sognare, e di cui tu godi solo grazie a queste mie caratteristiche che a quanto pare odi così tanto. Non me lo hai mai chiesto, è vero, ma se non puoi essere grata, sii quanto meno rispettosa. » So yeah, maybe I don't feel like talking or crying on your shoulder. Maybe I don't have much kindness left in me. So if you came here looking for that, if you think that by spending the night with me you'll find someone much different from the one that gave you that bruise, I have very bad news for you, Mia. I do not talk, I do not cry, and I'm definitely not kind. Quel fiume di parole la colpì in pieno portandola a deglutire. Dire che non si sentisse intimidita e sconfitta da tutto ciò che aveva sentito sarebbe stata una grossa menzogna. Raiden non le si era mai rivolto in quella maniera e, per quanto volesse credere alla favoletta del martire che si sacrifica per il bene della famiglia, scacciando la moglie colpendola dove fa più male, non riusciva a credere davvero che le stesse rivolgendo tutta quella rabbia per dare sfogo a una forma di sconfinato altruismo. Ciò che la feriva di più era la sua incapacità di sottrarsene, perché nonostante tutto in quell'involucro freddo, c'era ancora il suo uomo, il suo ragazzo, suo marito. Non si era scordata di ciò che padre Matthews aveva detto loro quando li aveva sposati. Il loro legame era forse l'unica cosa a cui a aggrapparsi, soprattutto in tempi bui. Ma forse non abbiamo bisogno di questo. Forse non abbiamo bisogno di parlare, o di piangere. Perché per quanto parlasse, Mia non diceva nulla; non aveva nulla da dire. Era spolpata, sconfitta, e frustrata e tutto quel parlare non faceva altro se non portarla a incartarsi. Non riusciva d'altro canto nemmeno chiedere nulla nemmeno a lui, perché in fondo che soluzione poteva mai avere Raiden alla disfatta di un'intera civiltà? Nessuna. E allora cosa restava loro se non la rabbia? Cosa potevano mai avere da condividire se non una serie di frustrazione che disinnescava ogni desiderio di compromesso, ogni motivazione di vero confronto. Per quanto dicesse di voler parlare, Mia non aveva nulla da dirgli. Poteva piangere, ma era consapevole del fatto che la tristezza non fosse il sentimento dominante che albergava nel cuore di lei. Nulla andava per il verso giusto; non nella vita di Raiden, e tanto meno in quella di Mia. E seppur si sentisse delegittimata e sentisse una forte amarezza nei confronti delle parole che le venivano rivolte, la verità è che nemmeno lei capiva le scelte di Raiden. Combattere una prigione con un'altra prigione, è veramente libertà? Perché se una cosa aveva capito, dai discorsi di Honey, ciò in cui si era cacciato il giovane Yagami, non era certo una situazione da cui era possibile uscire con una stretta di mano. Di gruppi del genere, Mia sentiva parlare in termini diversi. Da dove veniva lei si chiamavano cartelli. Avevano le mani in pasta dappertutto, e soprattutto, con persone del genere, per un tozzo di pane dai loro diritto di vita e di morte su di te. Non poteva immaginare cosa ciò all'atto pratico significasse, quali accordi avesse preso per rimanere a Londra senza sentirsi costantemente il fiato sul collo, ma di certo lui lì dentro non riscuoteva solo i soldi per spogliarelliste e droga.
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    Nel silenzio che seguì, Mia sembrò incapace di dire alcun che. Lo fissava con uno sguardo torvo, profondamente offesa da tutte le parole che le erano state rivolte, ma al contempo incapace di attaccarcisi al punto da girare i tacchi e andarsene. Probabilmente sarebbe stata la cosa più saggia. Andare via, ripensarci a mente fredda, tentare di parlarci in un momento più tranquillo. Si odiava per quella mancanza di autocontrollo, per il modo in cui, nonostante tutto, la sua indole graffiava su quella di lui facendosi spazio per aderire in una comunione fatta di rabbia, frustrazione e tristezza, di non detti. Nella voragine di quel contatto c'era dolore e privazione. Sentimenti scardinanti intensificati dal vissuto di entrambi in uno sconsolate tripudio di perdizione. Nel guardarlo, gli occhi di lei sembrarono brillare di un triste luccichio appena percettibile. Una pattina leggera eppure perfettamente distinguibile. Poi sospirò. Inibita dal loro ultimo incontro, eppure incapace di controllare quel desiderio, la voglia di scuoiarlo vivo, di aprirgli la testa solo per vedere cosa ci fosse dentro. Voleva insinuarsi sotto la sua pelle, respirare la sua aria, insinuarsi nella sua vita come un fungo tossico di cui è impossibile liberarsene. Tutto ciò che era certa Raiden non volesse, Mia lo voleva intensamente, solo per il gusto di non dargli alcuna soddisfazione, solo per attirare la sua attenzione, solo per tenerlo ancora un po' lì così. Good. 'Cause all you do is talking shit, and you're fucking annoying. Gli rigettò addosso quelle parole con sprezzo e un senso di sfida. Non le interessava se non volesse parlare. A quel punto era evidente Mia e Raiden avessero ristabilito una connessione attraverso la quale potevano comunicare diversamente. Quelle emozioni, non dicevano molto sulle ragioni effettive di quanto stava accadendo loro, ma erano talmente intense da non poter essere ignorante. Creavano una miscela micidiale, di fronte alla quale Mia nulla poté se non attirarlo appena a sé e mordergli senza alcuna delicatezza le labbra, un gesto talmente selvaggio e istintivo, da risultarle impossibile frenare quell'impulso improvviso. What, huh? Are you once again offended by my first move? Un secondo morso mentre intreccia le dita tra i suoi capelli tirandoli senza la solita delicatezza. Too bad, because I don't care. I don't feel like flattering your ego. Strattonò i suoi capelli quanto bastasse per farsi spazio ad accarezzare il suo collo con la punta della lingua a partire dal colletto della camicia e fino al mento. You don't need my kindness. You made yourself really clear. And I honestly don't want yours. Parole che pronunciò sprezzante. Sprezzante del pericolo. Premeva il piede sull'acceleratore accecata da una rabbia e una frustrazione che non le appartenevano completamente. Sapeva le loro emozioni fossero mischiate, poteva percepire quanto la carica emotiva di Raiden avesse un'influenza asfissiante su di lei. Strattonò appena la maglietta di lui portandolo ancora più vicino a sé. Il fruscio dei vestiti, soffiava sul suo viso osservandolo con occhi chiari, paradossalmente scuri come voragini senza fine. Il bacino prese a muoversi contro il suo mentre una mano raggiungeva il cavallo dei pantaloni constatando un'eccitazione già ovvia. Is this your new thing? Treat me like shit because I don't do what you want? Di colpo sospirò assottigliando appena lo sguardo mentre si muoveva al di sopra del tessuto dei pantaloni con lentezza e una pigrizia controllata che scardinava anche il proprio bassoventre. Poi, di colpo, si fermò spintonandolo appena rabbiosamente sollevando il mento a mo di sfida. I'm curious. Will you at least fuck me before I go home? Or is your punishment going to leave me wet and miserable once again? Pausa. Either ways I will spend the night with you, and you will have to live up with that, because I'm not going anywhere for tonight, and that's a promise. E non certo perché altrimenti sarebbe dovuta rimanere a dormire in macchina, ma anche perché a quel punto mantenere il punto e non schiodarsi finché non decideva che fosse il momento, era diventata una questione di principio.



     
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    Le aveva dato una scelta, pur nella rabbia del momento. Sapeva bene che ci fossero solo due modi in cui le cose sarebbero potute andare, e voleva che Mia ne fosse consapevole, visto quanto ostinatamente si impuntava a rimanere attaccata alla sua costola. Il loro primo incontro era andato diversamente: Raiden una scelta non gliel'aveva data, preferendo farla lui per entrambi nella certezza che qualunque cosa stesse dirottando i propri pensieri verso lidi insoliti per le loro dinamiche fosse dannosa. E forse lo era, forse Raiden aveva ragione a frenarsi. Certo, avrebbe potuto parlarne, ma questo non era da lui, e dunque la seconda opzione migliore era stata semplicemente mentire. L'aveva ingannata, sì, ma a detta sua lo aveva fatto per buona ragione: per non ritrovarsi a scaricare tutta la rabbia e la frustrazione su di lei. Eppure adesso non sembrava mostrarle la stessa misericordia, pur conservando un certo margine di controllo nel darle la possibilità di decidere da sé cosa volesse. Lo aveva fatto uscire dai gangheri - questa era la ragione di quel cambiamento. Era riuscita in ciò in cui normalmente non riusciva mai, ovvero farlo arrabbiare a tal punto da pensare che forse, quella protezione che così tanto teneva ad estenderle, dovesse in qualche modo venir meno. Magari così avrebbe capito. Magari sbattendoci i denti, vedendo la differenza tra ciò che otteneva comportandosi in maniera adeguata e ciò che invece raccoglieva quando andava sul piede di guerra, forse così avrebbe compreso che sfidare i suoi limiti non fosse una buona idea. All'atto pratico non poteva avere la certezza schiacciante di una reazione ostile da parte di Mia, ma pensava comunque che questo modo di agire le avrebbe fatto capire il concetto di conseguenze. Perché tu sei fatta così. Fai la voce grossa finché non arrivano le conseguenze. E appena ti viene a mancare il trattamento da principessa a cui forse sei un po' troppo abituata, improvvisamente ci ripensi. Forse Mia non se ne rendeva pienamente conto. Forse, nella sua ingenuità, era convinta che Raiden l'avrebbe sempre trattata coi guanti gialli a prescindere da quanto grossa l'avrebbe fatta, e che se pure non lo avesse fatto, un piccolo pianto sarebbe bastato per innescare la retromarcia. Good. 'Cause all you do is talking shit, and you're fucking annoying. Non gli diede nemmeno tempo di ribattere, avventandosi con foga sulle sue labbra come a volerle sbranare più che baciare. Qualcosa che, per qualche ragione, riuscì solo ad alimentare ulteriormente la rabbia di Raiden. Una rabbia che, tuttavia, esternò andandole in contro con il doppio della forza, stringendole i capelli tra le dita per obbligarla a sollevare il capo e offrirgli le sue labbra come un piatto da divorare. What, huh? Are you once again offended by my first move? Too bad, because I don't care. I don't feel like flattering your ego. Serrò la mascella, fissandola con gli occhi scuri colmi di una furia che avrebbe solo dovuto far suonare i campanelli d'allarme nella testa di Mia. No, non gli era piaciuta quella mossa. La leggeva solo come un'ulteriore mancanza di rispetto - un chiaro segnale del fatto che lei non avesse alcuna intenzione di dargli retta e che, di conseguenza, dovesse essere rimessa al proprio posto. You don't need my kindness. You made yourself really clear. And I honestly don't want yours. Il sangue nelle vene di Raiden pompava a mille, in un misto di arrabbiatura ed eccitazione che sembravano indistinguibili l'una dall'altra. Quando Mia iniziò a muovere il bacino contro il suo, una sorta di ringhio sfuggì dalle labbra del ragazzo, mischiandosi subito ad un'amara risata gutturale. Oh so that's what you actually came here for. Couldn't leave without getting stuffed first, right? Fucking slut. Le dita del giapponese si arpionarono sui suoi fianchi, strattonandola indelicatamente a sé per intensificare quel contatto con più vigore. Is this your new thing? Treat me like shit because I don't do what you want? E se fosse stato così? Se quello fosse stato semplicemente l'unico modo in cui, al momento, Raiden riusciva a concepire una dinamica intima? Lo avrebbe biasimato? Lo avrebbe odiato? Tutti dubbi a cui non aveva voluto risposta, durante il loro precedente incontro, preferendo vivere in una confortevole ignoranza. Everything except admitting that maybe it's just what you deserve, mh? La sfidò, ricevendo in cambio uno spintone che accolse con una risata bassa - un misto di rabbia e divertimento. Non poteva nascondere che gli piacesse. E Raiden sapeva quanto gli piacesse. Era un gioco a cui non era nuovo, sebbene con Mia fosse a tutti gli effetti la prima volta. C'era qualcosa di liberatorio nell'essere egoista, nel non doversi misurare con lo standard di perfezione a cui si sottoponeva continuamente. I'm curious. Will you at least fuck me before I go home? Or is your punishment going to leave me wet and miserable once again? Either ways I will spend the night with you, and you will have to live up with that, because I'm not going anywhere for tonight, and that's a promise. Strinse i denti, forzando sulle proprie labbra un sorriso che di gentile non aveva nulla, mentre gli occhi scuri come la pece rimanevano puntati in quelli di lei, come un animale pronto a scattare sulla preda da un momento all'altro. Quello sguardo sembrava mutamente avvisarla di fare attenzione a ciò che desiderava. Ma ormai aveva fatto la sua scelta, e se preferiva quella strada, rispetto alla pista più galante che Raiden le aveva riservato in precedenza, chi era lui per opporsi? Mosse due passi in avanti, lenti, riguadagnando il terreno perso poco prima, solo per avvicinare una mano al suo viso. Una carezza, forse troppo gentile per andare d'accordo con la luce sinistra che illuminava i suoi occhi. Il palmo si poggiò delicatamente sulla sua guancia, scendendo lunga la linea del suo collo e virando verso la nuca, dove le dita si intrecciarono ai suoi capelli come a voler massaggiare via la tensione che la logorava. Una gentilezza che tuttavia durò poco, spazzata presto via dalla forza con cui fece presa sulla base dei suoi capelli, tirando all'indietro con forza per scoprirle la gola. Non le diede nemmeno il tempo necessario a reagire, falciando entrambe le sue caviglie con un veloce sgambetto volto a farla cadere in ginocchio - la presa tra i suoi capelli come unico freno dal farla andare completamente a bocca in avanti. Non gli interessava quanto scomoda fosse quella disposizione, quanto le sue ginocchia potessero grattare contro l'asfalto o quanto degradante potesse essere trovarsi in un vicolo sì appartato ma pur sempre alla mercé di chiunque. Anzi, se possibile quell'ambiente era solo la ciliegina sulla torta dei suoi pensieri distorti. Senza troppi convenevoli si portò la mano libera alla cintura, slacciandola velocemente e facendo scendere la zip per liberare la propria intimità che non vedeva l'ora di uscire dalla stretta del cavallo. Non le chiese nemmeno di prepararsi per lui, preferendo forzare l'apertura delle sue labbra e inserirsi direttamente con un affondo che andò dritto alla gola. Un gemito roco riecheggiò dal profondo del suo torace, investendolo di un piacere malsano che lo attraversò in un brivido intenso. Allentò la stretta dai suoi capelli giusto per il tempo necessario a raccogliere entrambe le sue braccia, sollevandole sopra la sua testa e stringendole i polsi in una mano per attaccarli al muro in modo tale da immobilizzarla e renderle impossibile toccare tanto se stessa quanto lui. Solo allora la mano che le aveva retto il capo fino a quel momento tornò al proprio posto, in una stretta ancor più decisa volta a mantenere Mia nell'esatta posizione in cui voleva che fosse: con la testa ben alta per accogliere i suoi movimenti ed esporla al suo sguardo. See? Now you're useful. Parole che le rivolse con tono denigratorio, prima di incalzare il ritmo opprimente che portava la sua intimità a raschiare così a fondo da toglierle l'aria. Non era quello il normale modo di procedere di Raiden, che tendeva sempre a prendersi il proprio tempo, dando anche a lei modo di abituarsi a quell'intrusione. Adesso però non gli importava. Non gli interessava quanta difficoltà potessero crearle quei movimenti bruschi, né il luccichio involontario dei suoi occhi sembrava impietosirlo - anzi, semmai tutte queste cose non facevano altro che caricarlo ulteriormente. La fissava con gli occhi che brillavano di un desiderio così animalesco da lasciare atterriti, forse proprio in virtù del fatto che Raiden quel lato di sé non le aveva mai dato modo di vederlo. Fuck, you will hate to admit how much you're loving this, you dumb slut. Tutto il consueto copione che adottava di prassi non c'era più: non c'era la gentilezza, non c'era la gradualità e non c'erano nemmeno le richiesta di permesso. Non faceva altro che prendere ciò che voleva, beandosi della sua impotenza come di un nettare irresistibile. Vederla in quelle condizioni, completamente inerme, alla mercé di qualunque desiderio gli fosse saltato in mente, lo eccitava in una maniera che non riusciva a spiegare e di cui forse in quel momento aveva più bisogno di quanto fosse disposto ad ammettere. Quando l'apice si avvicinò, non la avvertì. Sapeva che potesse percepirlo, tanto dalla sua sfera emotiva quanto dai suoi gemiti, ma non le diede comunque modo di evadere nel momento in cui il climax si riversò potente e copioso nella sua gola. Così intenso da rimanerne assuefatto, ma incapace di distogliere lo sguardo dagli occhi di lei, quasi a voler riversarvi un ulteriore parte di sé, quella più sporca. Si diede giusto il tempo di far fluire via quel torpore, allentando la presa sia sui suoi capelli sia sui polsi ormai probabilmente lividi per la forza con cui erano stati tenuti fermi tutto il tempo. Mentre con una mano si riallacciava la zip e la cintura, con l'altra prese il mento di lei, obbligandola a guardarlo un po' più a lungo mentre una risata bassa abbandonava sardonicamente le sue labbra arricciate in un sorriso luciferino. Remember this when you feel like talking back to me is a good idea. You're my toy and I can do whatever the fuck I want with you. Il che, in un certo senso, era vero. Raiden era ben consapevole di quale fosse il limite che divideva l'uomo dall'animale, e anche quando più era accecato dal desiderio si curava sempre di non varcarlo. Era una questione di rispetto, sì, ma anche di responsabilità. Era più grande di lei, più forte di lei, e se avesse voluto avrebbe potuto farle più o meno qualunque cosa. Ma non voleva, né tanto meno voleva che lei lo percepisse come una minaccia. Eppure in quel momento sembrava provare un piacere intrinseco nel ricordarglielo - forse perché lo aveva sfidato un po' troppo, o forse perché sotto sotto sapeva che quell'imposizione non violava del tutto il suo consenso. Rimessosi in ordine, dunque, si allontanò da lei, dandole le spalle e incamminandosi verso l'uscita del vicolo mentre fischiettava e faceva allegramente roteare sull'indice le chiavi di casa - un movimento ben evidenziato che forse voleva farle capire di seguirlo. Poi si arrestò a metà strada, voltandosi a guardarla con un sorrisino leggero, quasi serafico. It's okay if you wanna play tough. But if you can't be nice and appreciative of anything I do for you, then I guess you don't need me after all. Fece una pausa, inarcando il sopracciglio sotto la luce fioca di un lampione distante. Big girls can take care of themselves, you know. Si strinse nelle spalle, angelico, girando nuovamente i tacchi per proseguire nella direzione di casa. Non disse nulla, non la invitò. Tutto ciò che fece fu fischiare alla stessa maniera con cui si richiamerebbe un cagnolino, battendosi piano la mano sul lato della coscia.

     
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    C'erano momenti in cui le posizioni di Mia e Raiden erano semplicemente inconciliabili. Entrambi testardi e incredibilmente ostinati nel pensare che la loro via e la loro linea di pensiero fosse migliore di quella dell'altro, tendenvano ad avere momenti in cui accettare la posizione dell'altro era davvero difficile. Il più delle volte trovavano un compromesso, e il loro amore supportava quelle scelte, rinnovando il loro impegno di voler rimanere insieme. Si impegnavano sempre, e cercavano una via per non distruggere quella che per entrambi era la cosa più pura e bella che fosse capitata ad entambi. I traumi del passato, i loro diversi vissuti, anche, banalmente il fatto che fossero frutto di culture e credenze così diverse, si mettevano spesso di traverso nella loro quiete, ma a dirla tutta Mia si diceva spesso che se le incomprensioni non fossero nate da quello, sarebbero nate comunque da altre ragioni, perché in fondo tutti vivono in un'ottica conservativa, e uscire dalla propria confort zone per dare spazio al prossimo è sempre complicato. Ed è proprio ciò che stava succedendo in quel momento. Né Mia, né Raiden sembravano voler scendere a compromessi. La ragazza era convinta che lasciarlo da solo significava darlo in pasto a lupi più grossi di lui, mentre Raiden, era determinato a raccontarsi di essere in grado di fare tutto da solo, e che anzi fosse auspicabile per assicurare la salvaguardia della propria famiglia. Due posizioni inconciliabili nel momento in cui entrambi fallivano a voler comprendere la posizione dell'altro, considerandola già in partenza sbagliata. Io, però, in tutta coscienza, come faccio a lasciartelo fare standomene con le mani in mano? Come faccio a fare la mia parte, se secondo te la mia parte è fare niente? Lo so che secondo te a me spetta proteggere Haru, e lo sto facendo. Ma chi protegge te? Chi si cura di te? Chi ti dà conforto? Anche solo un minimo di sollievo.. non è colpa tua se sei qui. Non hai scelto di fare questa vita. E non è giusto che questo sia un fardello che porti da solo. In cuor suo, Mia non voleva litigare, ma la foga con cui gli andava contro dimostrava solo il contrario. Forse era solo stanca, forse aveva bisogno di sfogare la sua frustrazione in qualche modo e Raiden era l'unico con cui prendersela. Anche solo perché le negava la possibilità di prendersi qualche libertà, o perché, ancora, l'aveva beccata con le mani nel barattolo della marmellata svelando il trucco dei suoi abili mascheramenti. Oh so that's what you actually came here for. Couldn't leave without getting stuffed first, right? Fucking slut. Mia lo guardava con la fronte corrugata, espressione di un palese disappunto che si mischiava, tuttavia, a un sordido piacere intrinseco. A Raiden aveva chiesto spesso di smettere di trattarla coi guanti di velluto, di mostrarle quella parte di lui che teneva sotto controllo forse per paura di essere giudicato. Eppure, non aveva immaginato questa svolta. Seppur vi avesse fantasticato, cercando di capire cosa potesse celarsi nell'abisso delle tante sfaccettature assunte dal marito, seppur si fosse chiesta che tipo di uomo fosse al di fuori della loro dinamica, contemplare quell'amplesso era stato più un fugace pensiero appena sfiorato, piuttosto che una tangibile fantasia. Quelle parole, per quanto denigratorie, la freddezza calcolata con cui le si rivolgeva, creava in lei un miscuglio di emozioni che tentava di rinnegare, forse per paura che dare sfogo a tutto ciò avrebbe davvero rovinato tutto quanto. Non voleva essere vista così, non da Raiden, né da nessuno. Ma lo voglio comunque. Lo volevo e dal modo in cui lo guardava, sembrava quasi rivendicarlo. Forse aveva bisogno di essere vista proprio così. Sporca, imperfetta, col volto segnato. Tutto il contrario della brava ragazza. E in fondo, quel livido era stato provocato da una reazione a catena legata proprio all'immagine della brava ragazza, pulitina, un po' sbadata, ignara delle avversità della vita. Forse quello non era il momento di essere così; non era certa nemmeno di poterselo permettere. Everything except admitting that maybe it's just what you deserve, mh? Lo allontanò. L'atto di sfida di lui la portò a cercare una leggera distanza nell'ammettere a voce alta di non aver intenzione di andare da nessuna parte nonostante tutto. E fu lì, nella risata di lui, nel modo in cui ascoltò pacatamente le sue ultime parole, che Mia iniziò a comprendere di varcare una soglia inesplorata. Forse voleva farlo, forse ne aveva bisogno, ma al contempo, sentiva l'irrefrenabile necessità di scappare per non rimanere scottata. Come quando ci si avvicina troppo a un'intensa fonte di calore e si è portati a ritirarsi. Nel riguardare il terreno perso, la carezza che Raidem posò sulla sua guancia, la portò a deglutire chiudendo gli occhi. La calma prima della tempesta. In quella tensione, Mia sembrò paralizzata al punto da non riuscire neanche a respirare. Le dita di lui tra i propri capelli la portarono a chiudere sospirare profodanemente, consapevole di essere schiava del suo volere. Le mancava così tanto il suo tocco, le sue attenzioni, la sensazione di sentirsi sua, di provare quel senso di appartenenza quasi simbiotico. Le mancava così tanto che avrebbe fatto qualunque cosa le avesse chiesto; sapeva fosse così. Non c'è cosa che non farei per te, e questo tu lo sai. Poteva leggerglielo negli occhi. Poi di colpo un mutamento improvviso. Le dita strette tra i capelli la portarono ringhiare appena, tentando di sottrarsi a quella stretta. Ma se anche avesse tentato di reagire non ne ebbe il tempo. Prima di rendersene conto era in ginocchio. La stretta sui suoi capelli faceva male, a tal punto che dovette aggrapparsi al suo busto per attutire almeno in parte la caduta. Provò un senso di improvviso panico nel sentire il suono della cintura slacciarsi, riuscendo già ad anticipare quanto stesse per accadere. Istintivamente lo sguardo corse alla propria sinistra verso la strada, per poi deglutire. Are you completly insane? You can't do - Ma per quanto tentasse di allontanarlo coi palmi, di colpo le parole di lei si spensero lasciando spazio a suoni indistinti che vennero amplificati dall'improvviso raschiare dell'intimità di lui contro la propria gola. Non ebbe il tempo di opporsi, né di fermarlo. Coi polsi incatenati sopra la testa poteva solo assistere inerme alla foga si lui. La prima emozione che la colpì fu la frustrazione. L'incapacità di toccarlo, di muoversi, la consapevolezza che ogni movimento avrebbe solo potuto farle più male. Una posizione così umiliante, resa ulteriormente degradante dall'ambiente e la posizione pressoché accessibile a chiunque passasse. Ci avrebbero fatto caso? Probabilmente no. Chissà quante se ne vedevano da quelle parti. Eppure, per Mia erano fonte di un'immensa vergogna che tinse le sue guance di un rosso intenso; teneva gli occhi chiusi nella speranza di scalfire quel bruciore e la lacrimazione che i movimenti di lui le provocavano, ma non riusciva comunque a distogliere lo sguardo da lui. Per quanto fosse proprio Raiden a infliggerle quella punizione, era anche la sua unica sicurezza. In quel luogo altro non aveva nessun altro, nessun altra certezza. Tossicchiava e respirava a fatica, ma nessuna di quelle cose sembrò frenarlo. See? Now you're useful. Sentire quelle parole, così come le successive, la portò a provare, se possibile, un senso di vergogna ancor più profondo. Fuck, you will hate to admit how much you're loving this, you dumb slut. E infatti lo odiava. Odiava le reazioni del proprio corpo a quelle circostanze, così come odiava la mancanza di tatto adottata da lui. Odiava tutto al punto da non riuscire a fare altro se non osservarlo con occhi colmi di lacrime, nella speranza che potesse concludere il prima possibile, per paura di essere beccati e nella consapevolezza che proprio ciò rendeva quella circostanza così eccitante. Quei momenti, a Mia piacevano tanto. Le piaceva lasciargli il timore, permettergli di dare sfogo ai suoi istinti, consapevole che l'avrebbe sempre tenuta in considerazione. Quello, del loro rapporto, le era sempre piaciuto. E allora perchè il fatto che non mi consideri proprio mi piace? Non voleva pensarci, non doveva pensarci. Ma se anche ci stesse provando, quei pensieri intrusivi c'era lo stesso. E così attese, contando mentalmente, sperando così di distrarsi. Dalla voglia di guardarlo, dalla tentazione di venire meno alle sue stesse parole abbandonandosi alla paura che provava nei confronti di quelle emozioni. Quando il suo apice giunse, Mia tentò con tutta se stessa di guardare da un'altra parte, convinta di aver bisogno di un momento. Non voleva guardarlo. Non voleva parlargli. Non voleva niente. Remember this when you feel like talking back to me is a good idea. You're my toy and I can do whatever the fuck I want with you. Col fiato corto e il desiderio di morire dalla vergogna, si passò la manica della giacca sulle labbra arricciando il naso. Scostò ancora una volta lo sguardo, convinta di non essere capace a guardarlo ancora. E in effetti sollevò lo sguardo nella sua direzione solo quando le diede le spalle. Si sentì uno schifo. Per ogni cosa. Per aver acconsentito e aver provato piacere in quella circostanza, per essere comunque intenzionata a seguirlo, pur sapendo che forse la cosa più saggia sarebbe stata quella di salire in macchina e andarsene. Per tutto. Ogni cosa. It's okay if you wanna play tough. But if you can't be nice and appreciative of anything I do for you, then I guess you don't need me after all. Big girls can take care of themselves, you know.
    Del fatto che le tremassero le gambe se ne accorse quando tentò di rimettersi in piedi. Ci mise più del dovuto a rimettere a fuoco il mondo, nonostante gli impliciti richiami di Raiden. Dilaniata da una nuova frontiera dell'imbarazzo e la consapevolezza di non voler tornare indietro, mise un passo avanti all'altro rimanendo a debita distanza dietro a lui, a capo chino, quasi sperasse che non le avrebbe rivolto la parola. Di certo Mia non lo fece, né durante il tragitto che li divideva dalla palazzina, né durante la risalita verso l'appartamento. Era un palazzo vecchio e sporco. Dall'interno degli appartamenti era possibile sentire di ogni. TV a tutto volume, liti, risate, rumore di vetri infranti. Un territorio dei dimenticati in cui ogni cosa, anche la più squallida, era possibile, nella completa ignoranza e dimenticanza del resto del mondo. Di quelle persone nessuno si curava. Lì regnava la legge della strada. All'ultimo piano, Raiden tirò lungo un corriodoio a luci intermittenti. Era più tranquillo, forse perché meno gente ci viveva, o forse perché erano tutti andati a dormire. Di fronte alla porta, la giovane si ravvivo i capelli il cui colore aveva assunto un colore rosso fuoco. Non se ne era accorta di quel cambiamento. Non cambiavano da molto tempo - perpetuamente incastrati nelle trame dei forti contrasti blu. E tentò di ignorarlo anche allora, appoggiando la spalla alla parete adiacente alla porta, sollevando per la prima volta lo sguardo nel suo. Solo per un istante. Una tentazione quella di cui si pentì immediatamente, spostando lo sguardo sulle piastrelle ingrigite sotto i propri piedi. Lungo quel tragitto si chiese tante volte se volesse davvero andare fino in fondo. Se quella fosse davvero una cosa che poteva mai desiderare. Perché lo voleva? Non ne era certa. A quel punto non era più certa di nulla se non del fatto che, forse, in quel modo avrebbe ristabilito un canale comunicativo con Raiden. C'erano tante cose che nel corso del tempo non erano stati in grado di dirsi. Ma quello, la loro intimità, era sempre stato nella loro relazione un canale privilegiato. Così sembra che risolviamo tutto col sesso. Non era proprio così ma, nonostante questo, era innegabile il fatto che in quelle circostanze Mia e Raiden esprimevano tanto cose altrimenti destinate a rimanere sepolte. Era corretto agire così? Non lo sapeva, ma in fondo che scelta aveva? Lasciarlo da solo? Venire meno a una promessa implicita che gli aveva fatto? Era confusa, scossa dalle fondamenta. E la cosa peggiore è che in quelle vesti, in quel dannato vicolo, si era comunque sentita davvero compiuta. Utile. in una maniera che non sapeva ancora spiegarsi e che forse non voleva proprio spiegarsi. Come se avesse ritrovato il proprio posto. Come se dopo tanto tempo fosse di nuovo parte di qualcosa. Parte di noi. Quando notte dopo notte sei una marionetta nelle mani del destino, di persone che ti dicono cosa fare e come farlo, quando vieni svenduta in brandelli per le fantasie di vere bestie, ti senti fottutamente bene nel sapere che puoi essere ancora artefice del tuo destino. Che puoi ancora decidere chi sei. E così, quando finalmente varcò la soglia dell'appartamento di Raiden, nonostante provasse un senso implicito di tensione, e nonostante non sapesse come rivogergli nuovamente la parola, prese a guardarsi attorno sollevata di provare un senso di protezione e intimità reso dalle mura lerce del posto in cui si trovavano. Era un appartamento modesto, decisamente più pulito del resto della palazzina, ma non per questo meno trasandato. Nel guardarsi attorno Mia provò un intrinseco senso di tristezza. Non immaginava certo una regia, ma faceva comunque male realizzare che era passato dalla bella casa che si erano costruiti insieme a quello squallido posto. Un luogo altro. Qualcosa a cui Mia e Raiden non appartenevano davvero. Per qualche istante ignorò la sua presenza. Si diresse a passo lento verso una delle finestre e la aprì, guardando fuori. All'angolo della strada due tossici discutevano animatamente farfugliando parole indistinte. Nel voltarsi nuovamente verso l'interno dell'unico ambiente che conteneva il piccolo salottino e un cuccinotto semiseparato in un angolo, si accorse della presenza di una bottiglia su una mensola. « Posso? » Aveva la voce rauca e necessitava davvero di bere qualcosa. Coraggio liquido. Attese tuttavia un suo cenno di assenso prima di spostarsi ad aprire l'unico mobiletto in cucina prendendo due bicchieri un po' sbeccati. Ne versò una bella quantità di quello che sembrava un whiskey scandentissimo, per poi dare gas al piano cottura per accendersi una sigaretta. Per quello non gli chiese permesso. Semmai, dopo aver bevuto qualche sorso da uno dei bicchieri ed essere rimasta pensosa in quel ambiente stretto per qualche istante, tornò con i due bicchieri tra le mani di fronte a lui porgendogliene uno, come se fosse a casa propria. Di certo non si sarebbe formalizzata.
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    Did you like it? Liberò il fumo dalle labbra non curandosi del fatto che lo avesse volontariamente diretto verso il volto di lui. Con occhi grandi, apparentemente innocui, innespressivi nella loro quiete, rimase a osservarlo per qualche istante. I just wanna hear it. Did you like it? Aveva bisogno di sentirselo dire. Non come un elogio; non voleva sapere se avesse fatto bene. Voleva semplicemente sentire quanto gli fosse piaciuto. Attese squadrandolo dalla testa ai piedi. Riusciva a percepire la tensione nell'aria. Quella calma solo apparente in netto contrasto col tumulto nell'anima di entrambi. Did you like making me your slut? Si erano rivolti parole sporche tante volte, ma mai avevano avuto un vero seguito. Tanto era colorito il loro linguaggio quanto poi era morbido il loro amarsi. Svuotò il proprio bicchiere per poi portarsi la sigaretta alle labbra ciccando dietro al bicchiere con estrema lentezza.You were right the other day. We can't keep things the way they were. E così, posato il bicchiere sul piccolo tavolino davanti al divanetto, si tolse la pesante felpa, lasciando scoperte le braccia ricoperte di graffi e lividi. Spostandosi nella stanza posò si posò la pistola che aveva appresso su una mensola affianco all'attaccappani sbilenco e sospirò. E quindi solo, solo allora tornò davanti a lui. I know you like me better when I'm good and nice. When I do what you want. But I can't be a good girl right now. Fu solo allora che tornò di fronte a lui. Questa volta però, mantenne lo sguardo basso, colmo di vergogna, di imbarazzo. Per un po' non disse niente. Lasciò solo che quelle parole si sedimentassero tra loro. Un'ammissione di cui forse aveva bisogno. I must be a big girl. Otherwise.. I won't survive. In quel discorso, quella era forse la parte più sincera, più nera. Una presa di posizione di fronte alla quale non sapeva come Raiden avrebbe reagito, ma della cui sincerità doveva essere consapevole. È la stessa cosa anche per te? Hai bisogno di questo per sopravvivere? Devi essere così per non soccombere? Non lo sapeva, Mia, ma poteva immaginarlo. E forse, se anche Raiden non avesse proferito parola sarebbe stata in grado di interpretare le sue emozioni. I know you will disagree, but I will keep coming for your punishments - for all of this - if that's the only way to feel like I'm still yours. Pausa. Like you're still.. my daddy. A quel punto alzò lo sguardo nel suo. La pressione nelle tempie si fece sempre più evidente così come il suo battito cardiaco. Avanzò nella sua direzione lentamente fino a poter percepire il suo respiro sul proprio viso. Il suo battito cardiaco. Il suo profumo. So go on. Lo spintonò con forza, avanzando a sua volta sollevando il mento a mo di sfida nel momento in cui la schiena di lui incontrò il muro alle proprie spalle. Percorse il suo torso con mentre affondava le unghie nel suo avambraccio. Be-fucking-ruthless. A qualche centimetro dal proprio viso scese fino alla cintura facendola scattare con movimenti veloci, per poi muovere la mano concitatamente sopra il tessuto del suo intimo. I'll take it like a big girl. E fu allora che si gettò famelicamente sulle sue sue labbra spingendolo violentemente contro la parete ogni qual volta volesse riguadagnare terreno, mantenedolo per quanto possibile lì, tra baci umidi e morsi che ben presto spostando la mano dal sul braccio tra i capelli stringendo senza remore le ciocche morbide beandosi del suo sapore, di quella brama senza precedenti scossa dalla mancanza, dalla rabbia e dalla frustrazione. Incapace di fermarsi da quella danza scardiante di lingue e morsi, cercava disperatamente di riapproriasi di sé e di quel noi che tanto le era mancato, e di cui aveva un bisogno debilitante.


     
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    Per un istante la sua mente sembrò disegnare un paragone tra quel momento e la prima notte che avevano trascorso insieme. C'era qualcosa di familiare, quasi ripetitivo, per quanto completamente diverse fossero le due situazioni. C'era lo stesso tragitto calcato con il non detto di un'aspettativa quasi soffocante; ma alle risate e alle chiacchiere di circostanza si era sostituito il silenzio tombale e la distanza a cui Mia seguiva i suoi passi invece di condividerli fianco a fianco. C'era lo stesso passaggio tra i volti estranei che abitavano la palazzina; ma ai saluti affettuosi e camerateschi si erano sostituiti sguardi vuoti ed evitanti, volti a tacere qualunque cosa avesse dirottato le loro vite al punto da farli finire lì. Gli schiamazzi giocosi e festanti si erano scambiati di posto con le urla, i rumori di cui non volevi veramente sapere la natura, lo stridore assordante di un televisore tenuto a volume troppo alto. Le brillanti luci che illuminavano a giorno i corridoi nuovi di zecco dello studentato erano adesso dei neon sfrigolanti e giallastri, che tenevano nella penombra uno squallore in cui nessuno voleva davvero vederci troppo a fondo i dettagli. Si erano fatti quelle rampe di scale senza condividere nulla se non il silenzio, e un'aspettativa che nessuno dei avrebbe saputo veramente misurare. E poi c'era il punto focale: la vergogna. Ricordava di averne provata, un pochino, nel presentare davanti a Mia quella stanza di studentato che era vivibile per una persona a malapena. Non era di certo una reggia, ma era pulita, e Raiden aveva fatto ciò che poteva per rendere quell'ambiente un po' più suo con i mezzi di cui disponeva. Di certo non ne andava fiero e non era il posto che desiderava dare come biglietto da visita ad una donna, ma era pur sempre accettabile nel contesto studentesco. Adesso, però, quella vergogna era più profonda, perché Raiden aveva effettivamente dato a Mia molto di più, in passato. La stanza dello studentato, seppur più piccola, sembrava una reggia a confronto di quel bilocale così decadente e sinistro. « Posso? » Gettata la giacca sul bracciolo del divano e lasciata la pistola sul tavolino, Raiden si voltò, adocchiando la bottiglia che Mia aveva preso in mano. Non le disse nulla, limitandosi ad un cenno del capo che voleva indicarle di procedere pure. Non era di certo geloso di quel whiskey così scadente. In condizioni normali sarebbe buono solo per sciacquarci i denti. Senza dire una parola, si appoggiò con la schiena al muro, a braccia conserte, mentre il suo sguardo seguiva come un avvoltoio ogni movimento di lei. Forse lo era: un avvoltoio affamato che volava in cerchio sopra la sua preda designata, aspettando un momento di sufficiente debolezza per gettarsi a picco su di lei e affondarvi gli artigli. D'altronde, in altre circostanze, l'avrebbe subito rimbeccata per essersi accesa una sigaretta dentro casa, mentre adesso le rivolgeva solo un'occhiata torva, con la mascella stretta. Lo infastidiva: l'odore, il gesto, il fatto che lei lo stesse facendo con palese sprezzo, tutto. Ma d'altronde che differenza faceva? Quelle pareti non sarebbero di certo diventate più bianche se l'avesse fermata. Did you like it? Sulle prime non rispose, limitandosi a fissarla, scuro in viso. I just wanna hear it. Did you like it? Did you like making me your slut? Si umettò le labbra. La mascella ancora stretta per il fastidio del fumo che gli aveva spudoratamente sbuffato in faccia. Yes. Una sola sillaba, che tuttavia scandì con decisione laconica, a denti stretti ma senza alcuna ombra di dubbio o ripensamento. Era giusto che fosse così? Che gli fosse piaciuto? Forse no, ma lo stato mentale in cui versava non gli permetteva di giudicare con totale lucidità le proprie azioni. E quindi le aveva dato quella conferma, sbattuta in faccia con la stessa insolenza con cui lei gli aveva sputato addosso il fumo della sigaretta. You were right the other day. We can't keep things the way they were. Gli occhi di Raiden seguivano con vigilanza predatoria ogni suo movimento, scandagliando anche il più millimetrico finché Mia non si tolse di dosso la felpa, rivelando le braccia segnate da lividi e graffi. Evidentemente l'occhio nero era in buona compagnia. Una visione triste, che portò lo sguardo di Raiden a percorrere quei segni con una patina di rabbia più malinconica. Chi ti ha fatto questo? E per un momento, come di automazione, la sua stessa mente si affrettò a dargli la risposta. Tu. Sei stato tu. Assurdo. Non la vedeva da giorni, non l'aveva mai toccata con un dito se non per farle una carezza. Prima di questa sera. Pensieri intrusivi che scivolavano tra le crepe della sua consapevolezza, insinuandosi in un animo già tormentato da troppi dubbi e sensi di colpa. Quell'occhio nero non era un caso isolato, non era un incidente né il frutto di una singola azzuffata, ma era piuttosto la punta di un iceberg che necessariamente doveva essere costituito da abusi molto più quotidiani. Non sapeva in cosa si fosse cacciata, chi le stesse facendo del male o perché, ma non poteva ignorare quella visuale. Non poteva nemmeno ignorare quella stretta claustrofobica alla bocca della stomaco che sembrava forzare l'apertura di una voragine ben più buia di quanto fosse mai stato disposto ad ammettere. Per quei brevi istanti, tanti pensieri si accavallarono nella testa di Raiden, tante immagini: ciò che aveva passato a Iwo Jima, ciò che subiva quotidianamente al Kitten Garden, le azioni spregevoli del suo capo, il pianto a dirotto in cui era scoppiato sotto la doccia degli spogliatoi e infine ciò che aveva fatto nel vicolo. Come da bambini, quando si infilano una dietro l'altra le perline nel filo di una collanina, anche quell'ultima perla prese il proprio posto; e tirato il filo per avvicinarle tutte, la triste collana di quell'esistenza così martoriata appariva in tutto il suo squallore di fronte ai suoi occhi. Era questo, ciò a cui la stava condannando? A quella stessa voragine nel quale lui era sprofondato di giorno in giorno, dal momento in cui suo padre era morto? Forse era questa la verità, forse era esattamente questo l'uomo che era. Non importava quanto ostinatamente si attaccasse al ricordo del padre, quanto volesse riempirsi la bocca del suo nome; lui aveva conosciuto la violenza molto più a lungo di quanto avesse conosciuto Haru Yagami. Illudersi che il secondo avesse più influenza su di lui sembrava adesso solo quello: un'illusione, un abile modo per ingannarsi a credere di essere un uomo migliore rispetto all'ambiente che lo aveva cresciuto. I know you like me better when I'm good and nice. When I do what you want. But I can't be a good girl right now. I must be a big girl. Otherwise.. I won't survive. Ricordava i momenti in cui era stato diverso, in cui Mia si era lasciata andare alla sua guida con cieca fedeltà, venendo ricambiata da amore incondizionato e gentilezza. Era stato lui a chiederle di farlo, a prometterle che quella fiducia non sarebbe stata tradita. Era stato lui a venderle l'idea che fosse possibile abbassare tutte le difese e lasciarlo entrare. E se ne era preso cura con dolcezza, pur non abbassando mai del tutto le proprie, di difese. Quei muri erano sempre rimasti pressoché intatti, persino quando lei aveva spalancato le porte dei propri. Si era detto che doveva essere forte, che non dovesse pesare su di lei, che ce l'avrebbe fatta, che ormai tutto quel dolore era alle spalle. Ma quanto c'era di verità e quanto, invece, di puro egoismo? Quanta incapacità di amare rivelavano, quelle sue scelte? I know you will disagree, but I will keep coming for your punishments - for all of this - if that's the only way to feel like I'm still yours. Like you're still.. my daddy. Quelle parole sembrarono spezzare qualcosa dentro di lui. Un colpo di frusta. Fu quello l'effetto con cui la consapevolezza lo colpì. Mia avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui, avrebbe accettato qualunque cosa, persino la più umiliante. Era un potere così immenso da avere su una persona, e quell'immensità di cui solo ora si rendeva pienamente conto, era soffocante. Era più grande di quanto si sentisse capace di maneggiare, almeno in quel momento. So go on. Si lasciò spintonare, senza battere ciglio o opporre resistenza, come catatonico. Be-fucking-ruthless. Chiuse gli occhi, cercando ancora una volta di allontanare il dolore che quelle parole gli creavano, mentre il sangue gli pulsava nelle tempie come un'emicrania lancinante. Il suo corpo rispondeva agli stimoli di lei, ma la sua mente sembrava altrove, vorticando in un claustrofobico senso di panico. I'll take it like a big girl. A occhi chiusi tutte quelle immagini erano più vivide. Tutta la violenza, l'umiliazione, il dolore - tutto quanto prendeva lo spazio centrale del palcoscenico in un carosello veloce e vertiginoso, ma spaventosamente chiaro. Quella dinastia di uomini di cui lui era solo l'ultimo rampollo - Hichiro, i suoi superiori nell'esercito, il suo capo - comparivano al suo fianco come protagonisti di una storia tanto tragica quanto disgustosa nella sua evidenza. L'istinto con cui rispondeva ai baci e ai morsi di lei si mischiava all'esperienza lancinante del rivivere ciascuno di quei singoli traumi, e di vedersi nell'atto di riversarli su di lei. Si sentiva così sporco, e allo stesso tempo così ripugnantemente fragile. Si odiava come mai si era odiato prima di allora, in una maniera così profonda e straziante da arrivare a produrre persino i pensieri più terribili ed estremi. Come lo scoppio di una diga, di colpo le sue guance si rigarono di fiumi di lacrime, così copiose e incontrollate da fargli cedere le gambe mentre scuoteva il capo a destra e sinistra in un loop meccanico. Scivolò a terra, la schiena ancora poggiata contro il muro mentre si portava le gambe al petto e nascondeva la testa tra le braccia, cercando in un tentativo disperato di precludere a Mia quella visuale così patetica. Forse voleva chiederle scusa. Nella sua testa quelle parole si ripetevano come un disco rotto, ma le sue labbra non riuscivano a pronunciarle, frenate forse dalla consapevolezza che nessun mi dispiace sarebbe mai stato sufficiente a riparare al danno fatto. That's not- Un pensiero che iniziò, ma non finì, sostituito da uno più forte che sputò a pieni polmoni. I'm fucking repulsive, Mia. What I did- Un altro pensiero sconnesso, che non terminò, interrotto dai singhiozzi. I promised I would never hurt, and I fucking raped you. I can't - I can't even be intimate with you anymore without hurting you. What kind of man does that? It's sick. I'm sick. Sì, lo era. Era malato, di una malattia invisibile, che nessun medico avrebbe potuto diagnosticare ad occhio nudo. E per tanto tempo Raiden si era voluto convincere che se non poteva fisicamente vederla, allora significava necessariamente che non esisteva. « Sono uguale a loro. Sono identico a Hichiro, al mio capo, a chiunque ti abbia ridotta così. Non sono un uomo. Sono un cazzo di animale. E tu sei una stupida a fidarti di me. » Fece una pausa, tentando disperatamente di prendere aria tra quei singhiozzi e quei respiri sempre più ravvicinati che facevano montare nel suo petto il senso di panico. « Me la merito questa vita. » Questa merda è il frutto esatto del mio lavoro. E hanno ragione a mettermi su quei manifesti. A mettermi quella taglia così alta. Perché sono un pericolo persino per le persone che mi stanno più a cuore. Scosse il capo con ancora più forza, senza riuscire a vedere davanti a sé per gli occhi appannati da quelle lacrime che gli bruciavano le guance di vergogna. I will end up hurting you again. I will hurt our son if you don't keep him away from me. I'll do to you everything that was done to me, everything that they're still doing to me - cause those are the only things I know. It's my only language. Si azzittò di colpo, affondando il viso sudato tra le mani. Le dita si tuffarono tra i capelli, stringendoli con forza. « Sto impazzendo. » Le sue parole erano un mero sussurro, appena udibile, come un pensiero ad alta voce - ma non per questo meno veritiere.

     
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    L'ammissione di Raiden rispetto al piacere che aveva provato in quel vicolo l'aveva portata a deglutire annuendo. Un nodo alla gola difficile da scacciare, perché in fondo, avrebbe tanto desiderato che Raiden potesse aggiungere qualcos'altro. In quel frangente aveva istintivamente abbassato la testa, mentre il senso di vergogna e imbarazzo risalivano a scombussolare il suo stomaco. In cuor suo sapeva che non erano così, che quello spingersi sempre di più al limite non era ciò che ricordava del loro rapporto. Mia e Raiden erano protettivi, estremamente attaccati all'altro e alla loro quotidianità. Erano divertenti. Sapevano ridere ed essere avventurosi. Custodivano il loro amore con cura ed estremo rispetto. Quella sera non poteva dire la stessa cosa; aveva continuato a insistere finché non aveva premuto ogni tasto nella speranza di ottenere una qualunque reazione. E continuava a farlo anche ora, spintonandolo, provocandolo, trattandolo con apparente quanto sconsiderata indifferenza cercando di scuotere dalle fondamenta quel suo controllo. La snervava, il controllo di Raiden. In quel senso di perfetto equilibrio, specialmente nei momenti di difficoltà, si sentiva inadeguata. Mi fai sentire inadeguata. Come se essere emotivi, dimostrare di tenerci, preoccuparsi, sia davvero una cosa negativa. Io sarò anche sconsiderata, ma almeno ci provo a chiedere aiuto. Come fai a chiedermi di accettare il tuo aiuto, di accettare che tu ci sia sempre, se io non posso esserci mai? Lo trovava ingiusto, ma nonostante ciò non riusciva a smettere di provarci; nella sua testa quello era pur sempre Raiden e per salvarlo, anche da se stesso, Mia era disposta a una sconfinata forma di abnegazione. E quindi lo baciava, percorrendo ogni centimetro e lembo di pelle che le sue dita potessero raggiungere, mordendo affannata, con la disperazione di una bestia avida, bramosa di mantenerlo concentrato su di sé in qualunque modo ne avesse bisogno. In cuor suo sapeva che di quello sfogo aveva bisogno tanto quanto ne aveva bisogno di lui. Sentiva la necessità di spogliarsi dalle vesti che le avevano cucito addosso. La bestiolina feroce ma tenera, che faceva tanta gola alle perversioni di uomini sporchi e malevoli, a chiunque tranne che a lui, tranne che al suo uomo. Poi, di colpo iniziò a provare un senso di nausea alla bocca dello stomaco. Disgusto, rabbia, tristezza, senso di colpa. Erano sue quelle emozioni? Non era certa. Non lo erano. Qualunque cosa ci fosse nell'animo di Raiden, aveva preso a ramificarsi nell'animo di lei in maniera talmente totalizzante da provocarle vere e proprie vertigini. Di colpo dovette aggrapparsi con entrambe le mani alle braccia di lui mentre i baci rallentavano e il battito cardiaco talmente incessante rendeva i suoi movimenti sempre più scoordinati. Panico. Ciò che provava era un misto di acuto dolore e senso di colpa che la portò a staccarsi all'improvviso. E poi tutto cambiò. Raiden scuoteva la testa in maniera scomposta con occhi colmi di lacrime sotto lo sguardo inerme di una Mia tremante. Completamente paralizzata, spaventata, scossa nel profondo da quell'immagine talmente nuova. Raggomitolato su se stesso, piangeva comunque un bambino, emettendo suoni indistinti che portarono Mia a indietreggiare respirando dalla bocca con grandi occhi colmi di una forma di panico incontro alla quale non era mai andata. Cosa ho fatto? Una colpa che si imputò automaticamente come se quella reazione fosse tutta colpa sua. « Raiden.. » Le tremavano le gambe. « ..scusami. Non volevo.. » Reduce dell'ultimo incontro e della sua reazione, il suo primo pensiero fu chiedersi cosa avesse sbagliato questa volta. That's not- I'm fucking repulsive, Mia. What I did- I promised I would never hurt, and I fucking raped you. I can't - I can't even be intimate with you anymore without hurting you. What kind of man does that? It's sick. I'm sick. Di fronte a quelle parole venne colpita da una profonda forma di tristezza. Fece un passo avanti e si piegò sulle ginocchia mortificata. Posò una mano sul ginocchio di lui mentre lacrime copiose minacciavano di sgorgare dai suoi occhi. Raiden, what are you talking about? You did not rape me. Di colpo si sentì estremamente in colpa, completamente dilaniata dalla possibilità che lui potesse pensarla così. « Sono uguale a loro. Sono identico a Hichiro, al mio capo, a chiunque ti abbia ridotta così. Non sono un uomo. Sono un cazzo di animale. E tu sei una stupida a fidarti di me. Me la merito questa vita. » « Raiden.. puoi ascoltarmi.. » ..per un secondo. Ma Raiden non la stava ascoltando. Era completamente bloccato nei suoi pensieri ossessivi, in quel loop senza fine in cui lo aveva visto entrare più e più volte. I will end up hurting you again. I will hurt our son if you don't keep him away from me. I'll do to you everything that was done to me, everything that they're still doing to me - cause those are the only things I know. It's my only language. « Non mi hai fatto male. » Cercava di dirgli quelle cose con pacata gentilezza. Mia non aveva mai visto Raiden così sconvolto. La sua connaturata tempra era venuta meno come un fiume in piena, come se tutto quel controllo, la freddezza e la calma di cui era contraddistinto fosse semplicemente svanita. « Sto impazzendo. » Non la stava ascoltando. Era come se non la sentisse neanche. E così ad un certo punto, presa dal panico e dalla disperazione di non avere la più pallida idea di cosa fare, di colpo afferrò i suoi polsi togliendogli la possibilità di nascondersi ulteriormente. « RAIDEN! ASCOLTAMI PER FAVORE! » For once, just for once could you please listen to me? Aveva alzato la voce senza neanche rendersi conto. Forse colta dal panico, forse semplicemente innervosita dal fatto che non riusciva mai a farsi ascoltare, a farsi capire. Mia aveva la cattiva abitudine di guardare a Raiden come a un individuo ermetico. Il più delle volte doveva cavargli le cose di bocca. Ma la verità è che lei dal canto suo ne diceva così tante perché temeva di dire davvero qualcosa di significativo. Temeva che semmai Raiden avesse davvero compreso troppo di ciò che le passava per la testa, l'avrebbe giudicata, forse addirittura non l'avrebbe più amata. Era più semplice lasciare il timone a lui, per poi lamentarsi di non essere stata capita o ascoltata. E ora si sentiva estremamente in colpa. Di colpo si sedette a terra facendosi spazio tra le sue gambe per farsi più vicina, finché non riuscì a circondare le guance di lui con entrambe le mani. Mani fredde contro guance bollenti. E quindi gli sollevò la testa per guardarlo. Why would you say that? Nel fargli quella domanda la sua voce si spezzò, dilaniata dalla possibilità di averlo messo nella condizione di pensare una simile cose. Stava piangendo a dirotto tanto quanto lui. Why would you think something like that, baby? Il senso di colpa che si insinuò nell'animo di lei era talmente opprimente che l'unica cosa che riuscì a fare fu gettargli le braccia al collo trascinandosi sempre più vicina finché non riuscì ad abbracciarlo affondando il viso nel collo di lui, scoppiando a piangere in maniera talmente incontrollata da non riuscire a fermarsi. I'm sorry. I'm so sorry I made you do this. I'm sorry a yelled. I'm not mad, I swear. I'm sorry - continuava a chiedergli scusa tra i singhiozzi mentre gli accarezzava i capelli passandoci le dita con gentilezza. Non fu certo per quanto tempo rimasero lì, ma per un po' non disse niente accarezzandogli solo la schiena mentre gli dava modo di sfogarsi lasciando che quel fiume di lacrime confluisse. Non lo forzò, non tentò di farlo parlare, l'unica cosa che fece fu stringerlo a sé sussurrandogli solo di tanto in tanto It's ok. Breathe. We'll be fine. Ancora e ancora. Un mantra che ad un certo punto non seppe nemmeno se stesse ripetendo a se stessa o a lui. Poteva immaginare che parlarci sul momento sarebbe stato inutile, e a dirla tutta, nemmeno Mia sapeva cosa dirgli. Così, l'unica cosa che poteva fare era dargli spazio per tornare in sé, per rimettere a fuoco la realtà.
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    Quando si staccò appena per tornare a guardarlo in viso era rosso come un peperone, ma al contempo stava tremando. Così, stampatogli un bacio sulla tempia, si allontanò quanto necessario per rimettersi in piedi sospirando profondamente. « Ti prendo una coperta. Dai, vieni. » Gli allungò la mano per aiutarlo a rimettersi in piedi e non si mosse finché non decise di fare altrettanto. Gli fece cenno di sedersi sul divano mentre con gambe ancora tremanti e un senso di completo smarrimento scompariva nella stanza adiacente aprendo le ante dell'unico armadio per trovare delle coperte. Trovò anche una felpa scura, che indossò quasi automaticamente, forse più per nascondere i lividi che altro e così tornò da lui posandogli il tessuto di lana sulle spalle. Per qualche istante si guardò attorno finché non individuò la sua giacca tastandola appena per constatare che ci aveva lasciato il cellulare all'interno. Un rapido tentativo di inserire il codice per constatare che non era cambiato. Non si soffermò su nulla nello specifico. Cercò solo la chat di Jeff per chiedergli quando si sarebbe liberato e se potesse reperirle poche semplici cose. Del té e qualcosa di caldo da mangiare. Ti do i soldi quando arrivi. Lo avrebbe trascinato fuori di lì ben volentieri, ma Raiden non sembrava nelle condizioni di fare alcun che. E così, dopo aver bloccato il cellulare, lo appoggiò sulla superficie sedendosi accanto a lui. Per un po' lo osservò solo. Voleva parlargli, ma era sinceramente terrorizzata dall'idea di dire o fare qualcosa di sbagliato. Raiden.. I don't know if you want to talk. Or even listen.. Si morse il labbro inferiore abbassando lo sguardo. Si sfregava nervosamente le mani. A quel punto però non sapeva che linea adottare. Ogni cosa fatta o detta da quando si erano ricongiunti era finita in un nulla di fatto. ..but I'm sorry. I didn't mean to hurt you. Gli fece cenno di aspettare chiudendo gli occhi per qualche istante mentre un groppo in gola sembrava frenare le sue parole prima che venissero alla luce. Thing is.. uhm.. Le tremava la voce. Era evidente che stesse facendo tanta fatica specialmente dal modo in cui si sfregava i palmi sulle cosce guardando in ogni direzione utile quasi come se fosse sull'orlo del tracollo. ..I liked it. E infatti provò un profondo senso di vergogna nel dirlo a voce alta, quasi come se avesse confessato di aver ammazzato qualcuno. I don't know what this says about me - what you think.. but - I wanted.. everything. Raiden non le aveva fatto del male, e forse se solo per una volta avesse smesso di fare la vittima colta impreparata nel bel mezzo del più grande casino di sempre, forse sarebbe stata in grado di spiegarsi. Forse sarebbe bastato solo essere sincera, o forse avrebbe solo creato più casini. Ma quale altra scelta aveva a questo punto? And I chose this too. The bruises.. the wounds.. Rimase in silenzio per qualche istante, quasi tentasse di assicurarsi che la stava ascoltando. Si vergognava di ciò che gli stava raccontando. Faceva un effetto se possibile ancora peggiore di quanto se lo fosse immaginata. Non si sarebbe stupita se a quel punto Raiden l'avesse buttata per davvero fuori di casa e non avrebbe più voluto vederla. When I'm not with you, most of the time my mind is nowhere. I just do stuff - but I am no one. And I hate myself. I wouldn't blame you if you hated me. Sollevò lo sguardo verso l'alto tirando su col naso. Si sentiva un completo casino. Sentiva di aver fatto un terribile casino. Di aver sbagliato proprio tutto. Your son is the only person that keeps me in check. He gaves me purpose, a schedule, something I can hold on to. Time to play, time to cuddle, time to go outside. Time to eat. To sleep. Time to smile.. Gli occhi di lei vennero di colpo velati da un mare di lacrime. I guess I just wanted you to put me in my place.. Cercò la sua mano per prenderla tra le sue portandola alle labbra. Poi prese ad accarezzargli le nocche scoppiando a piangere. L'immagine della propria mano in quella di lui, le fedi, il simbolo della loro unione, tutte quelle cose insieme, riportavano a gala tutta la tristezza che provava nell'essere in quella situazione. Please don't say you did those things to me, because I feel fucking despicable for how I acted. I am sorry I made you do something you didn't want to. I'm sorry I caused you this. I thought you needed this as much as me. Si spostò a sedere sul tavolino per guardarlo dritto in faccia. In un moto di estremo affetto gli passò entrambi i palmi sulle guance prima di spostargli una ciocca di capelli dietro l'orecchio. You didn't rape me. You - did - not. Glielo ripeté diverse volte con voce tremante, tra le lacrime. You just have to stop assuming things and talk with me instead of talking about me. I will do the same. I promise. I promise I will tell you everything. Inclinò la testa di lato per ricercare il suo sguardo. Quella situazione la stava semplicemente dilaniando. Erano completamente sottosopra, completamente privi di alcun senso di realtà. Tra loro solo tanti sensi di colpa e non detti. Segreti. Vergogna. Tristezza. We are miserable. You have to stop treating me like a baby and start seeing me as your fucking partner. I'm not your enemy Raiden. And I'm not made of glass. I won't break if you let me in. You won't break if you let me in. Strinse le guance di lui ancora di più, avvicinandosi ulteriormente sul limitare del tavolino. You can't keep me in a dimond castle right now. I won't let you keep me safe if you can't let me do the same. I can't, Raiden. I just can't. Gli diceva quelle cose in una muta preghiera, col cuore in mano, il contatto completamente aperto, non lasciandogli alcun spazio all'interpretazione. We had a good life together. And I need that back. I need you to let me fight for it, because it's ours. Just give me a chance, please. Let me stay by your side. Le lacrime scorrevano a fiume sulle guance di lei, in maniera incontrollata. Please, just talk to me, baby. I only have you. I can't leave you alone.



     
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    dauntless

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    Non era mai stato capace di affrontare le proprie emozioni, nessuno glielo aveva mai insegnato; o se lo aveva fatto, quegli insegnamenti erano stati presto spazzati via da altri contrastanti e ben più forti. Lo spaventava. Sentirsi così vulnerabile, così schiavo di qualcosa che non riusciva a controllare e che non poteva combattere a mani nude - tutto ciò era terrificante per Raiden. E ancora più terrificante era l'idea di mostrarsi in quello stato di fronte a qualcun altro, addirittura di fronte alla persona che amava - quella ai cui occhi avrebbe voluto essere più impeccabile, più forte, più controllato, più uomo. Rannicchiato su se stesso a piangere per terra, Raiden si sentiva tutto tranne che uomo. Quei pensieri ossessivi continuavano a vorticare freneticamente nella sua testa, ulteriormente aggravati dal panico che sentiva nel mostrare tutta la propria debolezza a Mia, nella più patetica delle maniere. « RAIDEN! ASCOLTAMI PER FAVORE! » For once, just for once could you please listen to me? Non riuscì nemmeno ad opporsi quando Mia gli afferrò i polsi, privandolo di quell'ultimo e scarno scudo dalla vergogna. Un gesto che, se possibile, lo fece sentire ancora più nudo, ancora più insulso. Evitava il suo sguardo, scuotendo energicamente il capo come nel tentativo di negarle una visuale che ormai non poteva più realmente celarle. Il contatto con lei, sentirla più vicina, erano tutte cose a cui una parte di lui desiderava abbandonarsi totalmente, mentre l'altra si opponeva con ostinazione. Era un paradosso: sentirsi debole perché non riusciva ad accettare del tutto il suo conforto, e sentirsi altrettanto debole per il solo fatto di averne bisogno. Why would you say that? Why would you think something like that, baby? Riusciva a percepire la profonda tristezza nel suo tono di voce tanto quanto nel suo animo: un opprimente senso di colpa e di amarezza che si aggiungeva alle sue emozioni già caotiche. Piangeva, e Raiden non poteva far altro che maledirsi ancor di più per averle fatto questo - per averla provata a sentirsi così colpevole nel momento in cui l'unica persona da biasimare era proprio lui. I'm sorry. I'm so sorry I made you do this. I'm sorry I yelled. I'm not mad, I swear. I'm sorry. It's ok. Breathe. We'll be fine. Avrebbe voluto dirglielo, avrebbe voluto avere la compostezza necessaria a dirle che non era lei a dover chiedere scusa, che non era lei a doversi sentire in difetto, e che puntualmente era stato lui a rovinare tutto. Ma non ce la faceva. Non riusciva a smettere di annaspare contro i propri stessi singhiozzi, scottandosi le guance di quella vergogna che le sue labbra non riuscivano nemmeno a pronunciare. Tremava come una foglia tra le sue braccia, scosso da quei violenti brividi di panico e dallo sforzo fisico che il pianto a dirotto gravava sul suo corpo già stanco e debilitato. Non merito la tua dolcezza. Fu tutto ciò che riuscì a pensare quando le labbra di Mia si posarono delicate sulla sua tempia. « Ti prendo una coperta. Dai, vieni. » Ci mise un po' a decidere di alzarsi, gli occhi arrossati vacui e il volto cinereo come quello di uno spettro. Tremava ancora, non dal freddo, ma piuttosto dallo sforzo e dallo stato d'animo decisamente sconvolto in cui versava. Nemmeno ai tempi della guerra, quando tornava al villaggio dei lycan dopo una spedizione nell'upside down, Raiden era mai stato così. Forse perché quelle cose, per quanto terribili e senza precedenti, il giapponese aveva comunque degli strumenti per affrontarle. Adesso no. Adesso si sentiva solo in balia di qualcosa che non conosceva, e che lo spaventava molto più di quanto un demogorgone avrebbe potuto. Seduto sul divano in silenzio, con lo sguardo fisso in un punto imprecisato di fronte a sé, il pianto sembrava momentaneamente essersi interrotto. Non perché si sentisse meglio con se stesso, ma forse perché il suo corpo era semplicemente andato in standby. Sembrava vedere la propria intera vita di fronte a sé, come una mostra d'arte, solo che di bello vi era ben poco. Vedeva cosa l'avesse portato a quel punto, quanto dolore fosse stato costretto a sopportare, quanti abusi avesse spazzato sotto il tappeto convincendosi che in questa maniera avrebbe tolto loro il potere di ferirlo. Quante cose aveva sbagliato? Tante, forse quasi tutte. E quanto sarebbe stata diversa la sua vita se quelle che non poteva controllare non fossero mai accadute? Probabilmente sarebbe stata una persona completamente diversa. "Er ist so ein glückliches Kind": sua madre lo definiva così quando ne parlava con le amiche e i parenti al telefono, un bambino tanto felice. Lo era stato. Raiden ricordava sempre la sua infanzia con tanta nostalgia, come il momento in cui più si era sentito davvero felice. Cosa era cambiato? Forse era solo cresciuto, e ciò che provava era il naturale frutto dell'ingenuità progressivamente perduta. O forse avrebbe potuto essere anche un ragazzo felice e poi un uomo felice se la sua vita fosse stata diversa. Gli anni lo avevano fatto appassire sempre di più, rendendolo più serio, più silenzio, più freddo, più spigoloso. E poi aveva incontrato Mia, che era riuscita a farlo sentire nuovamente come quel bambino felice di cui aveva perso un po' la memoria. Tutto sembrava destinato a migliorare, a proiettarlo verso una vita con i suoi alti e bassi, sì, ma per lo più felice - fin quando non era giunta la notizia delle taglie. E lì era stato come nel gioco dell'oca, quando capiti su quella maledetta casella che ti obbliga a tornare all'inizio del percorso, perdendo tutti i progressi che ti avevano portato così vicino alla meta. Raiden.. I don't know if you want to talk. Or even listen.. but I'm sorry. I didn't mean to hurt you. Non sembrava essersi nemmeno accorto della coperta che gli era stata posata sopra o del fatto che Mia si fosse seduta accanto a lui. Solo le sue parole sembrarono riportarlo un po' alla realtà, nonostante lo sguardo rimanesse vacuo e fisso di fronte a sé. Thing is.. uhm.. I liked it. Non era certo di come interpretare quelle parole, se dar retta alla sfera emotiva di Mia e prenderle per vere, oppure cedere ancora alla follia dei propri pensieri ossessivi. I don't know what this says about me - what you think.. but - I wanted.. everything. Sospirò, forse il primo cenno di vita da quando si era seduto su quel divano. Forse, se avesse potuto, sarebbe tornato indietro. Avrebbe fatto tutto in maniera diversa, evitando di arrivare a quel punto, al dover parlare di qualcosa di reale. And I chose this too. The bruises.. the wounds.. Aggrottò leggermente la fronte, voltandosi solo a quelle parole. In che senso lo hai scelto? Non riusciva a produrre alcuno scenario realistico in cui quei lividi potessero essere frutto della volontà di Mia. Voleva colpevolizzarsene? Era questo il punto? Perché qualunque altra spiegazione sembrava solo illogica. Nessuna persona sana di mente ricercava volutamente quel dolore. Vero, Raiden? Ma lui, era chiaro, tanto sano di mente non lo era. When I'm not with you, most of the time my mind is nowhere. I just do stuff - but I am no one. And I hate myself. I wouldn't blame you if you hated me. I suoi occhi si riempirono di tristezza mentre il cuore gli si accartocciava nel petto a quelle parole. I could never hate you, Mia. There's nothing you can do that can bring me to hate you. Soffiò in un sospiro affranto, mentre scivolava più vicino a lei, portato solo da quelle parole a ricercare il contatto che aveva evitato fino a quel momento. Non c'era nulla di più straziante di pensare che lei potesse credere qualcosa del genere. I guess I just wanted you to put me in my place.. Vederla piangere gli spaccava il cuore, specialmente quando era chiaro che fosse proprio lui la causa del suo malessere. Ma cosa poteva fare? Non poteva starle vicino come avrebbe voluto, non poteva fingere che nulla fosse cambiato e non poteva nemmeno fare nulla per cambiare quelle circostanze che li obbligavano a stare
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    separati. I'm sorry. Proferì in un sussurro spezzato, abbassando lo sguardo sulle loro dita intrecciate, ben più ossute di quanto lo fossero in precedenza. Please don't say you did those things to me, because I feel fucking despicable for how I acted. I am sorry I made you do something you didn't want to. I'm sorry I caused you this. I thought you needed this as much as me. You didn't rape me. You - did - not. Scosse il capo con veemenza, tirando su col naso mentre sentiva gli occhi farsi più appannati di fronte all'evidenza di quanto la stesse ferendo e di quante maniere diverse avesse usato per farlo. I ruined everything. I always ruin everything, Mia. Il suo tono di voce era spezzato, appena un soffio roco che raschiava la propria uscita fuori dalla sua gola. You just have to stop assuming things and talk with me instead of talking about me. I will do the same. I promise. I promise I will tell you everything. We are miserable. You have to stop treating me like a baby and start seeing me as your fucking partner. I'm not your enemy Raiden. And I'm not made of glass. I won't break if you let me in. You won't break if you let me in. Continuava a scuotere il capo, incerto riguardo cosa quel movimento significasse nello specifico. Forse nulla, o forse troppe cose tutte insieme, intrecciate in un nodo difficile da sdipanare. Please, just talk to me, baby. I only have you. I can't leave you alone. Sulla carta sapeva che Mia avesse ragione - che quelle richieste fossero tutte giuste. Eppure per lui andarle incontro comportava uno sforzo enorme: significava farsi violenza al punto da mettere da parte tutte le convinzioni con cui era cresciuto, e tutte le massime secondo le quali viveva. Istintivamente si portò una mano al petto, trascinandosela trasversalmente sulla pelle in quel movimento tanto ossessivo quanto paradossalmente confortante. Aveva troppi pensieri nella testa, troppe cose da dire, troppe cose che non capiva o che non sapeva come esprimere. Aprì le labbra, tentando di dire qualcosa, ma non ne uscì alcun suono se non un singhiozzo frustrato, mentre alcune lacrime solitarie gli rigavano lente le guance. A quel punto si alzò di scatto, gettando di lato la coperta per fare il giro del divano e crollare seduto a terra; la nuca appoggiata contro il retro dello schienale e lo sguardo puntato sulla macchia giallastra sul muro di fronte a sé. Era l'unica maniera, ormai lo sapeva, dopo quella volta in Giappone. Se voleva dirle qualcosa, non poteva farlo con lei di fronte. Rimase comunque per un po' in silenzio, continuando a passarsi la mano sul petto con respiri profondi mentre tentava come poteva di escludere dalla propria mente il fatto che Mia fosse lì, a pochi passi, ad ascoltarlo, e che potesse giudicarlo. I feel like I don't know how to be intimate without hurting you anymore. Cominciò, deciso a partire dal punto che forse, nella sua prospettiva, era il più semplice. « È questo il motivo per cui ti ho scansata, la scorsa volta. Perché avevo paura di farti del male. E come un vigliacco ho trovato più facile dare la colpa a te. » Sospirò. But I wanted it. I wanted everything. I miss you. And I don't know what I was thinking tonight, in that alley. I just.. Chiuse gli occhi, inspirando a fondo. ..I lost control. And for a moment I thought it was fine, but then you told me you would've done anything for me and the feeling of taking advantage of you - of forcing you into something you don't want -.. it made me spiral. Fece una pausa. Seeing those bruises.. hearing your words.. I was horrified. I felt disgusting. Un'altra pausa, questa volta più lunga. And I know why. La mano cominciò a premere con più forza sul petto, tremante nella consapevolezza che quella fosse la parte più difficile da affrontare. Ma poteva evitarla? Potevano avere un senso quelle parole se private di un contesto? Raiden sapeva benissimo quale fosse il problema, cosa fosse cambiato, perché non riuscisse più ad avere un'intimità normale con Mia. Because this type of abuse is way too close to what I'm dealing with. And it started since the night I set foot in that place. Il solo parlarne portava alla sua mente quei ricordi dolorosi e tutto il bagaglio emotivo che comportavano: la vergogna, la rabbia, il senso di impotenza, l'umiliazione. Tutto risaliva a galla, dilatandosi nel suo petto come un macigno opprimente. I wasn't.. raped. Aggiunse, come a volerla rassicurare, ma il filo di voce con cui proferì quelle parole era ben poco convincente, e l'intrinseco ma non detto lasciava comunque intendere la gravità della situazione. Una situazione che Raiden non aveva gli strumenti per affrontare, né le parole per descrivere. No, non lo ha fatto. Ancora. Ma conosco queste persone. È solo questione di tempo. « Lì dentro, siamo tutti una proprietà del capo. Dal primo all'ultimo. E a lui piace giocare con il cibo. Gli piace il potere. La paura. » La mia paura gli piace. È la cosa che ama di più. Perché conferma il potere. Se lo immaginava come un gatto che teneva ferma con gli artigli la coda di un topolino intento a scappare invano, fissandolo e godendo di quel suo panico finché non si sarebbe stancato e l'avrebbe finalmente mangiato. He told me what he wants to do to me. And though he didn't yet, he made sure I had a taste. Tirò su col naso, sentendosi gli occhi bruciare per quanto a lungo li stava tenendo spalancati senza battere ciglio. I've never felt more sick and disgusted. I scrubbed every fucking inch of my body. I probably still have scars on my back from how hard I scrubbed. But I still feel it. And I'm scared. Prese un lungo respiro, affondando le unghie nel petto. I'm scared he will eventually do it. I'm scared he got so deep under my skin that I'm gonna hurt you the same way. I'm scared you will look at me with the same disgust and fear I feel for him. Sentiva quella paura e quella rabbia mischiarsi dentro di sé, ribollire come una pozione in un calderone. Strinse i denti, serrando la mascella mentre quella rabbia scaricava la propria forza con un pugno laterale contro lo schienale del divano, facendolo sussultare. Sospirò, frustrato, passandosi le mani tra i capelli umidi di sudore. See? See what it does to me? That faggot got into my fucking head and I'm so fucking angry all the time.

     
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    Aveva capito che per Raiden fosse un momento catartico solo quando, fatto il giro del divano, si sedette a terra dall'altro lato. Non disse niente; abbassò solo lo sguardo sulle proprie mani tremanti, colta da un senso di panico che decise di chiudere fuori dalla sfera emotiva di lui. Per un po' chiuse tutto, forse per lasciargli spazio, o forse perché non voleva influenzarlo. Per Raiden, parlare non era mai stato facile, e forse a volte proprio quel loro contatto li portava a pensare che la comunicazione a parole non servisse. I feel like I don't know how to be intimate without hurting you anymore. E quindi ascoltò solo. Senza dire nulla. Si spostò sul divano in corrispondenza del posto in cui si trovava lui e rimase lì, ginocchia strette al petto, crogiolata nel caldo abbraccio della felpa di lui. Schiena contro schiena. Divisi solo da quel consuto divano che odorava di vecchio e di malsano. « È questo il motivo per cui ti ho scansata, la scorsa volta. Perché avevo paura di farti del male. E come un vigliacco ho trovato più facile dare la colpa a te. » But I wanted it. I wanted everything. I miss you. And I don't know what I was thinking tonight, in that alley. I just.. Mia annuiva. Un nodo alla gola pesante. Entrambi avevano perso il controllo. Per un istante non sembrava nemmeno stessero ragionando. Volevano solo essere, lì, nel momento. Di certo era stato così per lei. ..I lost control. And for a moment I thought it was fine, but then you told me you would've done anything for me and the feeling of taking advantage of you - of forcing you into something you don't want -.. it made me spiral. Seeing those bruises.. hearing your words.. I was horrified. I felt disgusting. Arricciò appena il naso Mia. Non aveva pensato gli avrebbe fatto quell'effetto. Semmai, aveva creduto che gli avrebbe fatto piacere, che nel gioco delle parti quella fosse la mossa giusta. In fondo era tornata a casa con lui a capo chino, senza discutere, senza dire assolutamente nulla, perché questo era ciò che si era sentita di fare. E poi lo aveva sfidato, ma nel farlo, aveva sentito comunque il bisogno di ricordargli che lei non si sarebbe sottratta. Forse aveva sbagliato. Forse aveva toccato il tasto sbagliato. And I know why. Per un istante Mia trattenne il respiro. Non era certa di voler sapere quale fosse il problema. Se lei o qualcosa di esterno. In ogni caso, era certa che la risposta non le sarebbe piaciuta. Ma possiamo allora evitare di parlarne per sempre? Possiamo, in tutta onestà, rimanere per sempre attaccati a questa forma di egoismo che ci corrode? Non aveva funzionato. Non funzionava mai. Mia e Raiden erano bravi quando tutto andava bene, ma non appena accadeva anche il minimo intoppo, non avevano le capacità necessarie per risolvere i conflitti se non ingoiando il rospo. C'era sempre un rinunciatario nelle loro discussioni. Ma non funzionava. E a lungo andare rendeva quella collaborazione sempre più complessa. Because this type of abuse is way too close to what I'm dealing with. And it started since the night I set foot in that place. Colpo al cuore. Per un istante si sentì come trascinata in una voragine. Di tutte le cose che avrebbe potuto dirle, quella era la più inaspettata. I wasn't.. raped. Le mani presero a tremarle e gli occhi si tinserò di colpo di una pattina brillante che la portò a chiuderli istintivamente per rimediare allo sguardo appannato. Si sentiva in colpa. Tanto in colpa. L'unica ragione per cui Raiden era lì era perché voleva stare vicino a loro. Avrebbe potuto essere ovunque, scappare lontano da quello schifoso paese, ma lui è qui. Per noi. L'idea che qualcuno potesse avergli fatto del male, che per tutto quel tempo aveva sofferto da solo, senza alcun conforto, la distrusse. Ma, nonostante il dolore lacerante che quelle parole scaturirono in lei, strinse i pugni e soffocò tutto. Lo lasciò parlare. Si costrinse a non dare sfogo a tutte quelle emozioni, a non interromperlo, a rispettare quello sfogo senza intromettersi. « Lì dentro, siamo tutti una proprietà del capo. Dal primo all'ultimo. E a lui piace giocare con il cibo. Gli piace il potere. La paura. » He told me what he wants to do to me. And though he didn't yet, he made sure I had a taste. Si poteva odiare una persona di cui non si ha cognizione? Qualcuno di cui non si sa niente? Un individuo che non si è nemmeno mai visto di persona? Mia lo odiava, in maniera talmente viscerale che avrebbe solo voluto uscire da quella porta e andare a fargli saltare il cervello in mille pezzi. No. Molto peggio. Deve soffrire. Tanto e a lungo. Da dove quelle immagini di pura crudeltà venissero, non lo sapeva nemmeno lei, ma quella figura, a cui non poteva dare un nome, né volto, subiva già nella sua mente le peggiori angherie possibili. I've never felt more sick and disgusted. I scrubbed every fucking inch of my body. I probably still have scars on my back from how hard I scrubbed. But I still feel it. And I'm scared. I'm scared he will eventually do it. I'm scared he got so deep under my skin that I'm gonna hurt you the same way. I'm scared you will look at me with the same disgust and fear I feel for him. Ciò che provava era puro disgusto. Ma non certo verso Raiden. Disgusto, odio e rabbia, e in effetti, quando Raiden colpì il divano, Mia non batté nemmeno ciglio, come se in un certo qual modo se lo aspettasse. Come se quel desiderio di rompere tutto fosse tanto di Raiden quanto proprio. Non si accorse nemmeno di quando il controllo sulla propria sfera emotiva aveva ripreso a riversarsi in quella loro unione. See? See what it does to me? That faggot got into my fucking head and I'm so fucking angry all the time. E come altro avrebbe dovuto sentirsi? Cosa altro avrebbe dovuto fare? Era l'unica reazione ed emozione umanamente accettabile. Raiden si sentiva in trappola; era evidente fosse così. Non poteva permettersi di lasciare quel posto o di comprometterlo, ma al contempo la sua permanenza lì lo corrodeva dall'interno. Mia, dal canto suo era confusa; le sue emozioni sembrarono prendere il sopravvento. Per un istante ebbe il desiderio di spaccare ogni cosa, sfogare quella frustrazione riducendo in un cumulo di cocci ogni angolo di quel dannato appartamento. Poi di colpo, strinse i pugni e inspirò a fondo. Una parte di sé voleva solo fare il giro del divano, sedersi al suo fianco e abbracciarlo. Ma la verità è che quella posizione, quel non guardarsi era anche troppo comodo. Era più semplice. Non guardarsi. Non lasciarsi guardare. E rimase lì, in silenzio, respirando a fondo finché non percepì i muscoli di Raiden andare verso una naturale distensione dovuta al silenzio. You're human, Raiden. Being angry is part of being human. Fece una piccola pausa tempo in cui scoccò la lingua contro il palato. I'm no shrink, but I've seen one enough to know that sometimes you just have to embrace it. Should you feel happy? You had no one.. E nel dire quelle parole la sua voce si spezzò appena. A tratti non era nemmeno certa di parlare con lui. Sapeva potesse ascoltarla, ma in un modo o nell'altro voleva chiudere fuori l'idea che lui fosse lì, seppur il dolore che provava era tutto rivolto a lui, alle immagini che quel racconto scaturivano nella sua testa. And that's why you can't turn everything off. People.. emotions.. Si strinse nelle spalle sospirando, prima di deglutire sollevando lo sguardo verso il soffitto. Let's talk. No apologies - no filters. Mia sapeva di averne bisogno. E forse, sperava che aprendosi a sua volta, sarebbe riuscita a rimettere in prospettiva la visione di Raiden.
    « Quando sono arrivata ad Iron Garden ero sola. Gli altri si sono presi il loro tempo, ma io ero troppo persa per pensare a qualunque cosa. Casa mia era piena di muffa, persino Kei stava di merda lì dentro. » Kei sta bene dappertutto finchè sta con noi. Ma lì stava di merda. Fece una piccola pausa tempo in cui tirò su col naso, stringendosi nelle spalle con noncuranza. Nel raccontargli quelle cose non provava nulla; erano ormai la sua quotidianità. « Dopo qualche giorno Haru si è preso il raffreddore. Però non voleva prendere quello schifo di pozioni che gli hanno dato lì dentro. Voleva il suo sciroppo. Era sempre arrabbiato e io non avevo proprio pazienza per i suoi capricci. » Corrugò lo sguardo provando un immenso senso di colpa nel raccontargli quelle cose, nel ricordarle. Mia non era stata al suo meglio in quei primi giorni. Sono stata una madre di merda. « Quel giorno gli ho urlato contro come una bestia, perché non mi ascoltava. Lui piangeva, e urlava ed io ero disperata. Volevo solo farlo smettere. » Haru non l'aveva presa bene. Per niente. Per un po' persino consolarlarlo era stato impossibile. Non voleva stare senza Mia, ma anche standoci sempre a contatto era sempre arrabbiato. Come se volesse punirla per qualcosa di cui nessuno aveva colpa. « L'ho odiato. Quel giorno l'ho odiato. E lui mi odiava di rimando. Quando si è addormentato ed io sono tornata in me mi sono sentita una merda. Sai - come quando proprio non riesci a trovarti una spiegazione del perché sei stato così. È solo un bambino.. è ovvio che fa i capricci. Tutti i bambini fanno i capricci. Ma io non lo sopportavo. » Al pensiero, qualcosa sembrò spezzarsi nel suo cuore. Non andava fiera di quell'episodio. C'erano giorni in cui il piccolo era davvero difficile. Giorni in cui Mia avrebbe solo voluto avere a disposizione un trucco magico per farlo addormentare. Ma Haru era ostinato, e quando sapeva che qualcosa non andasse mostrava tutto il suo disappunto. « E poi è arrivato il Pulse. In realtà uno degli Auror mi ha agganciato dopo il primo interrogatorio. Ora è tutto diverso. Le creature combattono per dare spettacolo. Mi hanno offerto una piccola percentuale sulle scommesse se avessi seguito le loro regole. Dovevo solo andare lì e fare qualcosa in cui so di essere abbastanza brava. » Combattere. It was easy. Sooooo easy. And they were loving it. I did love it as well. It was like fucking therapy for free. Deglutì stringendosi nelle spalle. But after a while they were loving it too much. So they started to show me how to go outside, how to elude the guards. And they made me loose so many fights. They started to tell me how much should I resist in there, who I should fight.. Spostò lo sguardo nella notte oltre la finestra. Ora sono la loro bestia, un cane da combattimento. Faccio quello che dicono e in cambio posso fare qualunque altra cosa. Più andava avanti nel racconto, più sentiva la pesantezza delle sue parole alla bocca dello stomaco. And it was still easy. I mean, I'm healing fast, I'm fast enough to stay away from really bad situations and yeah.. Solo quello. At the beginning I didn't realize why I was there. I mean yeah - they love seeing us fighting for their own pleasure. But then they put me in there with one of them. A wizard.Quello era stato l'unico incontro che aveva odiato. L'unico per cui si era sentita talmente uno schifo da volersi squoiare viva. They don't like seeing us fighting. They love seeing young girls beaten up to death. And if they can - if they pay enough, they can do it by themselves. Una verità dura, amara, tristissima che Mia aveva metabolizzato provandola sulla propria pelle. Non ne parlava con facilità. Semmai, il suo tono sembrava accusare tutta la pesantezza di ciò che stava dicendo. Of course not all fights are like that. But that's what they want. They don't tell you that, because you might talk too much and they can't afford a scandal. But it's just like that. Disgusto. Ecco cosa provava. Una montagna di disgusto verso se stessa e per ciò che era diventato il mondo in cui pensava di voler crescere suo figlio. « Dentro il ghetto non posso usare il mio cognome perché è su tutti i manifesti. Anche Eriko evita, perché non tutti gli abitanti sono amichevoli. Cercano di scoprire se sei un lycan, se sei un ribelle. Se sei tu la ragione per cui si trovano lì dentro. E fuori, il Pulse è paradossalmente l'unico posto in cui posso entrare liberamente. » Inspirò profondamente scuotendo la testa. I can't say no anymore. I'd be in trouble. All I can do is avoid those fights. The ones with the wizards. Of course they are paying me less since I'm backing out. But I'm doing enough to keep them happy. I put up a show, take my money and try to catch as much intel as I can of those people. Spesso c'erano Ministeriali, gente di un certo calibro. Tutti amavano vedere quei combattimenti. Tutti scommettevano. Un grande mondo sotterraneo di cui il Messia se ne fregava. E questa era la storia di come si era beccata un pugno in piena faccia. I'm doing enough to feed Haru, and the cats and the dog properly, I can rent a car and go - pretty munch everywhere until I'm not missing for too long. And I'm saving.. whatever I can. Just in case. Strinse i denti sorridendo amaramente tra se e se. And I can see all those son of a bitches as much as I like until I'll rip their eye balls out of their fucking skulls. Solo allora Mia diede dimostrazione di tutta la rabbia che provava nei confronti di quella situazione. La portata della violenza, dei pensieri nefasti che attraversavano la sua testa. Era tutto lì, stipato in quella stanza vuota e fredda. Un pozzo di emozioni negative. Di timori e ramarichi.
    « Lo so che non è ciò che volevi sentire.. » But sometimes you have to see the world for yourself to understand how fucking ugly it is. A quel punto, di colpo, Mia si alzò in piedi facendo a propria volta il giro del divano. Si sedette di fronte a lui con la schiena incollata contro il muro sollevando solo dopo qualche istante lo sguardo nel suo. Aveva pausa di cosa ci avrebbe visto. Aveva paura che sarebbe crollata. Che tutto ciò che aveva sentito l'avrebbe portata a rovinare tutto. Aveva paura che Raiden l'avrebbe giudicata. I am angry too. And now? It's even worse. I'd fucking kill them all for you and feel no remorse at all. Era sincera, e non stentava a credere che lo avrebbe fatto se solo ne avesse avuto l'occasione. Poi tornò in silenzio, a capo chino. Ma gli fece comunque cenno di aspettare. Di darle ancora qualche minuto. Aveva bisogno di togliersi qualche altro peso dal petto. I guess in that alley I just wanted to feel yours again. I wanted to remind myself how it feels to give away all the power and control knowing that I am still safe. That not everything has to be ugly. Incatenò il proprio sguardo a quello di lui trattenendo il sospiro. I wanted to feel yours. Just yours. Ammettere quanto avesse bisogno di quella reazione era un qualcosa che andava al di là delle sue capacità oratorie. Così, sperò solo che lui potesse crederle. Si fece appena avanti prendendo tra le proprie mani, la sua mano destra, la stessa con cui aveva colpito il divano precedentemente. La prese tra le proprie baciandone con gentilezza le nocche, prima di passare il palmo sulla sua guancia con estrema delicatezza. C'era amore e dedizione in quel suo sguardo, e una fiducia che non aveva margini. I can't take away what happened to you baby. I'd like to - I swear -, I'd give my life to make it go away, to see you happy. Si fece ancora più vicina carezzandogli ancora una volta le guance con gentilezza. But if you let me in, if you let me try, I swear I'll do my best to help you beat it. Until this madness goes away, we need to keep eachother sane, Raiden. But maybe we can't stay sane by desperatly trying to be like before. Pausa. Right now I can't be that little girl you like to spoil so much. Lo osservò con una certa eloquenza pur rivolgendogli un piccolo sorriso tenero. Capisci ora cosa intendo? Quando Mia gli aveva detto di non poter essere quella di prima, intendeva dire che quella ragazza sarebbe stata facilmente rimangiata da quel mondo. Non poteva permettersi di essere ingenua, di fidarsi, di vedere il buono e il bello nelle persone. You don't have to be afraid with me. I just want to embrace you. Accept you. And you didn't hurt me. I wanted everything we did.. it was different. But.. I liked it. Mia lo voleva. Forse non voleva sapere troppo approfonditamente per quali ragioni lo volesse così tanto, ma sentiva quasi di averne bisogno. Voleva forse semplicemente sapere chi fossero loro due, insieme, in quel mondo, in quell'era. Forse voleva solo che potessero esserci comunque nonostante non potessero permettersi di essere i soltini. I want you to be in control, to have power -.. over me.. over everything you want. And yes, I'd do anything you want, because I love you, and I trust you and.. Deglutì. All I ask is for you to let me - to give me permission.. - to fix this mess together. Pausa. Fix them - together Perché di una cosa era certa. Tutto il dolore dalla caduta di Inverness andava sistemato. E lei non intendeva starsene nelle retrovie. Non quando di mezzo c'era lui e le persone che più le stavano a cuore. Can you - have me - own.. me?


     
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    You're human, Raiden. Being angry is part of being human. I'm no shrink, but I've seen one enough to know that sometimes you just have to embrace it. Should you feel happy? You had no one.. And that's why you can't turn everything off. People.. emotions.. Sulla carta, sapeva che Mia avesse ragione. Ma era più complesso di così. Raiden spesso sentiva quasi come se non avesse il diritto di essere umano, o quanto meno non in senso indulgente. Perdonava e comprendeva gli errori e le mancanze altrui, ma non i propri. Sapeva che tutti avessero dei limiti, ma si sentiva comunque a disagio ad ammettere di averne a sua volta. Let's talk. No apologies - no filters. Prese un lungo respiro, incerto riguardo quella richiesta. Non sapeva quanto ne sarebbe stato capace, se la sua mente fosse in grado di produrre ulteriori parole per affrontare quegli argomenti, ma non voleva deluderla. D'altronde le aveva fatto delle promesse ben specifiche, a suo tempo, e per quanto difficile fosse mantenerle quando tutto intorno a sé e dentro di sé sembrava crollare, voleva comunque portarle a termine. Quanto meno per non perdere anche l'unico brandello di considerazione di sé che gli era rimasto. « Quando sono arrivata ad Iron Garden ero sola. Gli altri si sono presi il loro tempo, ma io ero troppo persa per pensare a qualunque cosa. Casa mia era piena di muffa, persino Kei stava di merda lì dentro. Dopo qualche giorno Haru si è preso il raffreddore. Però non voleva prendere quello schifo di pozioni che gli hanno dato lì dentro. Voleva il suo sciroppo. Era sempre arrabbiato e io non avevo proprio pazienza per i suoi capricci. Quel giorno gli ho urlato contro come una bestia, perché non mi ascoltava. Lui piangeva, e urlava ed io ero disperata. Volevo solo farlo smettere. » Non disse nulla. La ascoltava e basta, in silenzio, con le gambe stese sul pavimento e la nuca appoggiata al divano mentre gli occhi si perdevano tristi sul muro spoglio di fronte a sé. Non la giudicava. Non l'avrebbe mai giudicata perché poteva solo immaginare la difficoltà di crescere un bambino potendo contare quasi esclusivamente sulle proprie sole forze. La sola idea lo faceva star male, velando i suoi occhi di una patina triste e colpevole. Sapeva di essersi allontanato per proteggerli, per permettere loro di vivere una vita quanto più possibilmente normale, ma non poteva ignorare il dolore che quella lontananza causava - evidentemente non solo per sé. « L'ho odiato. Quel giorno l'ho odiato. E lui mi odiava di rimando. Quando si è addormentato ed io sono tornata in me mi sono sentita una merda. Sai - come quando proprio non riesci a trovarti una spiegazione del perché sei stato così. È solo un bambino.. è ovvio che fa i capricci. Tutti i bambini fanno i capricci. Ma io non lo sopportavo. » Non c'era modo di vincere: non poteva ricongiungersi a loro nel ghetto, non poteva mettere la loro incolumità a repentaglio con una vita da ricercati e non poteva nemmeno fare nulla per mettere un punto di fine a tutta quella situazione. Poteva solo star lì, impotente, ad osservare la sofferenza delle persone che più amava al mondo. « E poi è arrivato il Pulse. In realtà uno degli Auror mi ha agganciato dopo il primo interrogatorio. Ora è tutto diverso. Le creature combattono per dare spettacolo. Mi hanno offerto una piccola percentuale sulle scommesse se avessi seguito le loro regole. Dovevo solo andare lì e fare qualcosa in cui so di essere abbastanza brava. » It was easy. Sooooo easy. And they were loving it. I did love it as well. It was like fucking therapy for free. But after a while they were loving it too much. So they started to show me how to go outside, how to elude the guards. And they made me loose so many fights. They started to tell me how much should I resist in there, who I should fight.. Raiden aveva affrontato molte lotte e umiliazioni nella vita, ma la notizia che Mia potesse sottoporsi a quella stessa mortificazione per denaro lo colpì come una lama affilata nel cuore. La rabbia pulsava nelle sue vene, un fuoco interiore alimentato dalla preoccupazione e da una frustrazione che si accompagnava al senso di fallimento. Teneva la mascella serrata e i pugni stretti, il respiro irregolare, mentre cercava di affrontare la tempesta che si stava scatenando nella sua mente. Mentre Mia parlava, le immagini fittizie di quegli incontri clandestini danzavano davanti ai suoi occhi come ombre oscure. Vedeva sua moglie, la donna che amava, calarsi in un mondo crudele e violento solo per sbarcare il lunario e prendersi cura del loro bambino. E nel vedere lei, la sua dolce metà, esporre la sua dignità a una folla assetata di sangue e denaro, il suo cuore si spezzava. Una rabbia cieca, la sua, che prendeva tante direzioni diverse; principalmente verso coloro che sfruttavano la disperazione altrui, costringendo le persone ad abbassarsi a combattere per la loro sopravvivenza. Ma, in un angolo remoto del suo cuore tormentato, provava anche rabbia nei confronti di Mia. Una rabbia alimentata dalla frustrazione di non essere stato in grado di proteggerla, dalla sensazione di impotenza di non essere stato lì quando aveva più bisogno di lui. Tuttavia, se la rabbia era il tuono, la tristezza era il temporale che si riversava su di lui. Una tristezza che si insinuava come un fiume freddo nella consapevolezza di essere stato proprio lui a portare la sua famiglia su quella strada difficile. « Dentro il ghetto non posso usare il mio cognome perché è su tutti i manifesti. Anche Eriko evita, perché non tutti
    gli abitanti sono amichevoli. Cercano di scoprire se sei un lycan, se sei un ribelle. Se sei tu la ragione per cui si trovano lì dentro. E fuori, il Pulse è paradossalmente l'unico posto in cui posso entrare liberamente. »
    Forse, a parti inverse, avrebbe fatto la stessa cosa. Sapeva per certo di essere disposto ad umiliarsi sino a quel punto pur di aiutare la propria famiglia. Ma che fosse lei a farlo, per Raiden era inaccettabile. Io ho scelto questa vita proprio per questa ragione. Perché voi non dovevate farla. E tu ti ci sei gettata lo stesso. « Lo so che non è ciò che volevi sentire.. » But sometimes you have to see the world for yourself to understand how fucking ugly it is. No, non lo era. Era tutto il contrario di ciò che voleva sentire, e forse era la spiegazione peggiore ai segni che aveva visto su di lei. D'altronde, il fatto che quel pericolo venisse volontariamente ricercato da lei non lo rendeva meno un pericolo, e di certo non lo rendeva neanche meno un abuso. Quando alzò lo sguardo sugli occhi di Mia, seduta di fronte a sé, non disse nulla, ma i suoi occhi dicevano a sufficienza: comunicavano tutto quel misto di rabbia, tristezza e frustrazione che si stringevano nel suo petto minacciando di esplodere. I am angry too. And now? It's even worse. I'd fucking kill them all for you and feel no remorse at all. I guess in that alley I just wanted to feel yours again. I wanted to remind myself how it feels to give away all the power and control knowing that I am still safe. That not everything has to be ugly. I wanted to feel yours. Just yours. Rimase in silenzio anche quando lei si avvicinò, prendendo la sua mano tra le proprie con gentilezza. Non poteva dire di non crederle, ma non poteva nemmeno ignorare le ragioni che l'avevano portata a quel punto. Banalmente, non poteva ignorare quella rabbia che sentiva. But if you let me in, if you let me try, I swear I'll do my best to help you beat it. Until this madness goes away, we need to keep eachother sane, Raiden. But maybe we can't stay sane by desperatly trying to be like before. Right now I can't be that little girl you like to spoil so much. E forse era esattamente questa la cosa che Raiden riusciva meno di tutte ad accettare: l'idea di non essere riuscito a proteggerla dallo schifo che c'era là fuori, di non aver potuto conservare quella parte così innocente di lei che tanto amava e gelosamente custodiva. Bruciava come uno schiaffo in piena faccia. You don't have to be afraid with me. I just want to embrace you. Accept you. And you didn't hurt me. I wanted everything we did.. it was different. But.. I liked it. I want you to be in control, to have power -.. over me.. over everything you want. And yes, I'd do anything you want, because I love you, and I trust you and.. All I ask is for you to let me - to give me permission.. - to fix this mess together. Fix them - together. Can you - have me - own.. me? La fissò per qualche istante in silenzio. Un silenzio gelido, in cui tutta la vulnerabilità che si era concesso di mostrarle prima sembrava come evaporata in favore di qualcosa di più importante, di più prioritario. D'altronde Raiden, per se stesso, non era mai la priorità. Nulla di ciò che gli capitava o di ciò che subiva poteva essere anche lontanamente paragonato al più piccolo malessere di Mia e Haru. Ok. Proferì dunque, con la stessa gravità di una sentenza. If I have your word that this is more than consent, but an actual wish, than I won't stop myself. But there will be some ground rules. Fece una pausa, cercando di trattenere il più possibile tutte quelle emozioni negative che sentiva opprimergli il petto. First of all, we need a safeword. Something that won't normally come up. Feel free to choose whichever you prefer and use it if you ever feel uncomfortable or if I'm hurting you too much. A quel punto prese un respiro più teso, serrando le labbra in una linea retta con una certa durezza che sembrava cozzare con la delicatezza con cui le accarezzava la mano. Second of all, you said it yourself: you would do whatever I want, right? E questo era il vero punto a cui Raiden desiderava arrivare sin dal momento in cui aveva aperto bocca in seguito alle parole di Mia. Then stop with that shit. Immediately. Era piuttosto chiaro, tanto dal suo tono quanto dal suo sguardo, che Raiden non potesse essere più serio di così. E infatti, velocemente, il moro si alzò in piedi, tirando su col naso per scacciare via quegli ultimi brandelli di vulnerabilità rimasti a segnargli il volto. « Non ho lasciato la famiglia per vederti finire in qualcosa del genere e non mi importa quanti benefici tu creda di ottenerne, non ne vale comunque la pena. Ti serve di più? Basta dirlo. Prenderò più turni, troverò il modo, ma non accetto che tu ti abbassi a questo livello. Non è solo questione di soldi, Mia. È la tua dignità, la tua sicurezza. » L'atmosfera nell'appartamento di periferia era densa di tensione mentre Raiden ne percorreva lo spazio a grandi falcate, con gli occhi che scrutavano la stanza quasi cercasse una soluzione in ogni angolo. Poi si fermò vicino alla finestra, appoggiandosi al quadro con la schiena e incrociando le braccia al petto mentre gli occhi neri di rabbia e frustrazione la fissavano come se volessero bruciare attraverso ogni scusa. « Pensi che questa sia la soluzione? Che buttarti in un ring a farti picchiare possa risolvere i nostri problemi? » Scosse il capo, sbuffando una risata amara dalle narici. And with those pigs watching, too. Non conosceva i loro volti o i loro nomi, ma li avrebbe volentieri strozzati uno ad uno. Magari, così, con qualcuno di meno candido di fronte a loro, avrebbero perso quel vizio. Let me understand. You can't be my little girl to spoil anymore, so instead you choose to be those fuckhead's toy? And you also tell yourself that it's your choice. Aggrottò la fronte, sollevando lo sguardo di lato mentre annuiva con fare estremamente accondiscendente. Interesting. Rimase per qualche istante in silenzio, continuando ad annuire piano tra sé e sé. Poi, di colpo, sbuffò un'altra risata, scuotendo il capo e battendo le mani insieme in un colpo. « Beh, grazie di avermi dato qualcosa su cui riflettere, Mia. » Sollevò le sopracciglia, come a sottolineare quanto eufemistica fosse quella definizione. « Facciamo così. Io le mie condizioni te le ho date. Adesso vado a farmi una doccia perché direi che ne ho proprio bisogno dopo questa, e tu nel frattempo ci pensi sopra. Magari facendo qualcosa da mangiare, mh? » Fece una pausa. « Sempre che non sia un'occupazione troppo da brava ragazza per i tuoi standard attuali. » Detto ciò, si staccò dal muro, tirando verso il bagno, di cui aprì la porta e accese la luce, solo per poi voltarsi di nuovo verso di lei. « Ah, un'altra cosa prima che mi dimentichi. Mentre ci pensi sopra, prima di darmi il tuo responso definitivo, tieni in considerazione che non ti consiglio di dirmi cazzate. » Le rivolse dunque un'occhiata eloquente, chiudendosi poi la porta alle spalle.

     
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    Ok. If I have your word that this is more than consent, but an actual wish, than I won't stop myself. But there will be some ground rules. First of all, we need a safeword. Something that won't normally come up. Feel free to choose whichever you prefer and use it if you ever feel uncomfortable or if I'm hurting you too much. Un roller-coaster; non avrebbe saputo definire diversamente quella nottata. L'umore di Raiden era infatti cambiato nuovamente, e seppur non si aspettasse un'accoglienza positiva di quel suo racconto, si era immaginata che confessargli il propri peccati avrebbe rimesso ordine nei suoi pensieri. Non so, tipo siamo sulla stessa barca. Mal comune mezzo gaudio. Arricciò appena il naso, concentrandosi sulla stretta della loro mani, alla gentilezza con cui le accarezzava il la mano, quasi come se volesse tenere ben presente quella gentile manifestazione di affetto. You have my word. Una frase frettolosa, detta sulla scia della foga di voler estirpare i suoi dubbi in merito a quanto era accaduto prima. In fondo lo pensava, ma non era certa di cosa tutto ciò avrebbe comportato o di quali sarebbero state le conseguenze di quel loro agire. Tuttavia, Mia, di una cosa era certa: si fidava di Raiden, e voleva davvero stare con lui. Era più di una necessità. Semplicemente non sapeva fare altrimenti. Second of all, you said it yourself: you would do whatever I want, right? Then stop with that shit. Immediately. Mia sospirò. Forse avrebbe dovuto immaginare che Raiden non le avrebbe chiesto nulla di diverso. Si era illusa, tuttavia, che alla luce della sua attuale situazione, avrebbe capito almeno in parte la posizione di Mia. « Raiden.. » Sospirò scuotendo la testa, ma venne interrotta prima che potesse aggiungere altro. « Non ho lasciato la famiglia per vederti finire in qualcosa del genere e non mi importa quanti benefici tu creda di ottenerne, non ne vale comunque la pena. Ti serve di più? Basta dirlo. Prenderò più turni, troverò il modo, ma non accetto che tu ti abbassi a questo livello. Non è solo questione di soldi, Mia. È la tua dignità, la tua sicurezza. » Nel vederlo abbandonare la propria postazione, alzò gli occhi al cielo incollando la schiena al muro sconsolata. « Esatto! È proprio questo il punto. Non è una questione di soldi. Non devi fare di più. » Nel dire quelle parole, si alzò a propria volta osservandolo con un'espressione contrariata. Era vero che i soldi fossero una discreta aggiunta alle scarse finanze che guadagnava, ma la verità era che tanti altri vantaggi superavano di gran lunga la presenza dei soldi. Certo, c'erano momenti in cui potevano fare la differenza, ma questa libertà non me la darà mai né il lavoro un serra, né le altre cose che faccio ad Iron Garden. Certo, lavorare per il Pulse non era certo l'unico modo per concedersi certe libertà, ma il prezzo che si pagava, dava a Mia una certezza in più rispetto ai suoi spostamenti. La teneva al sicuro da molte malelingue, e le permetteva di vivere una vita pressoché tranquilla tra quelle mura. « Pensi che questa sia la soluzione? Che buttarti in un ring a farti picchiare possa risolvere i nostri problemi? » And with those pigs watching, too. Istintivamente abbassò lo sguardo mordendosi il labbro inferiore colta da una forma di mortificante vergogna. Non le piaceva l'idea di pensare che Raiden poteva guardarla in quel modo, come se fosse diventata l'oggetto di qualcun altro. Let me understand. You can't be my little girl to spoil anymore, so instead you choose to be those fuckhead's toy? And you also tell yourself that it's your choice. Scosse la testa. « Non - io.. io.. non volevo - cioè.. » Non trovava le parole per esprimere ciò che pensava. Era come se ogni sua spiegazione non trovasse le giuste parole. Tutto ciò che avrebbe voluto dirgli, spiegare, sembrava morire sul nascere. E così deglutì incollando la schiena alla parete fredda continuando a scuotere la testa. Interesting. Le avrebbe detto cosa trovava così interessante? O divertente a quanto pare. « Beh, grazie di avermi dato qualcosa su cui riflettere, Mia. Facciamo così. Io le mie condizioni te le ho date. Adesso vado a farmi una doccia perché direi che ne ho proprio bisogno dopo questa, e tu nel frattempo ci pensi sopra. Magari facendo qualcosa da mangiare, mh? Sempre che non sia un'occupazione troppo da brava ragazza per i tuoi standard attuali. » Solo allora sollevò lo sguardo nel suo. Oh now you're gonna be a jerk about this? Like I found you working in a bakery and I'm the only one doing nasty stuff. Evidentemente, però, Raiden non aveva intenzione di dare troppo peso alle parole di Mia. Non a caso, nel dirigersi verso il bagno, parve ignorarla completamente. « Ah, un'altra cosa prima che mi dimentichi. Mentre ci pensi sopra, prima di darmi il tuo responso definitivo, tieni in considerazione che non ti consiglio di dirmi cazzate. » Il desiderio di replicare fu forte, ma non ne ebbe il tempo. Raiden la lasciò da sola nel salottino spoglio chiudendosi in bagno. Pochi istanti dopo sentì l'acqua scorrere con la stessa regolarità con cui i suoi pensieri ripresero a scorrere uno dietro all'altro. Era ingiusto chiederle di rinunciare al Pulse. Seppur sapesse di non trovarsi bene tra quelle mura, Mia sentiva di aver bisogno di quel posto. Voleva poter continuare a fare quelle cose; uscire di nascosto, poterlo vedere, sentirsi in un certo qual modo protetta dalla sua utilità alla causa del locale. Non ci pensava a cosa sarebbe successo dopo - quando, potenzialmente poteva non essere più utile, quando quel luogo e quelle persone sarebbero diventate troppo. Quando non avrebbe più avuto la forza di affrontare quelle umiliazioni, quei costanti giochi mentali, la vergogna di quella sua condizione. Constatava sul fatto che non sarebbe rimasta abbastanza a lungo da doverlo scoprire. E poi c'era tutto ciò che Raiden le aveva raccontato; a maggior ragione si sentiva in dovere di fare la propria parte per assicurarsi che potesse dargli supporto. È solo temporaneo. Tutto. Tocca solo stringere i denti. Rinunciare al Pulse significava vanificare tutti gli sforzi fin lì compiuti, e a cosa servivano tutte le richieste che gli aveva fatto, se persino lasciare il ghetto era significativamente più complicato? Avrebbe dovuto trovare altri modi, affidarsi a qualcun altro. Forse quelli del mercato nero. Scosse la testa prendendo le distanze dal muro per trascinarsi verso il piccolo cucinotto sovrappensiero. Aprì il frigo trovandoci poco e niente. Jeff non sarebbe arrivato in tempo e così, decise di preparare dei veloci french toast, senza farsi poi troppe domande in merito. Forse aveva fame, e in fondo, a Mia faceva davvero piacere dedicarsi a Raiden almeno un po'. Un tempo, i french toast erano un must dei giorni liberi. Unici momenti in cui la giovane gli imponeva di sonnecchiare fino a tardi e farsi preparare la colazione. C'erano tante cose che Mia e Raiden avevano fatto troppo poco. Tante cose di cui non se ne erano approfittati a sufficienza. Questo, oppure la mancanza di tutte quelle piccole cose la portava a rimpiangere anche le giornate più noiose. Soprattutto quelle noiose. Quelle in cui non avevano voglia di cucinare e svuotavano la dispensa di tutto il cibo spazzatura che avevano a disposizione, quelle in cui ordinavano qualcosa da asporto oppure andavano fuori cenando con qualcosa di altamente poco salutare. Le mancavano le giornate piovose, quelle pigre in cui se ne stavano sul divano abbracciati a guardare qualcosa di stupido oppure decidevano di pulire casa e risistemare qualcosa, solo perché avevano il tempo di dedicarsi a loro stessi e al loro spazio comune. Posò quindi su un piatto un po' sbeccato i semplicissimi toast, per poi dedicarsi a ripulire la cucina rimettendo tutto in ordine. Il fruscio dell'acqua nella doccia di sottofondo, mentre continuava ad ostinarsi su una macchiolina calcare nel lavandino giallognolo sbeccato in vari punti. E poi il silenzio. Nel voltarsi in direzione della porta del bagno, speculare rispetto al cucinotto Mia si ripulì velocemente le mani su uno strofinaccio osservandolo per qualche istante come se si aspettasse che sparisse oltre la porta della camera da letto per rivestirsi. Non successe; semmai avanzò nel salotto dandole modo di osservarlo in tutta la sua imponenza. Aveva già avuto modo di notare i visibili cambiamenti di Raiden, ma a pelle scoperta, la trasformazione era ancor più evidente. Non si accorse nemmeno di essere rimasta a fissarlo, appoggiata alla porticina della cucina con uno sguardo perso, finché non riprese contatto con gli occhi di lui. Istintivamente arrossì, come se fosse stata colta in un'azione illecita, troppo invasiva. Si schiarì la voce e sollevò lo sguardo solo dopo qualche istante.
    « Non c'era molto.. » Asserì di scatto cercando di sembrare il più naturale possibile, seppur il nervosismo di lei era evidente. Stava iniziando a prendere coscienza di tutta la tensione che quella sera aveva portato su di sé, l'attesa, le promesse.. il desiderio. « Ho fatto - ho fatto uhm.. dei french toast.. » Pausa. « Va bene? » Perché stesse continuando con quella sceneggiata, non lo sapeva nemmeno lei. Lo osservò per qualche istante prima di rivolgergli le spalle sospirando profondamente. Tornò poco dopo davanti a lui, posando il piatto sul tavolino, dandogli il tempo di decidere se aveva intenzione di provarli o meno. Per un po' non disse niente, osservando piuttosto con l'espressione di un avido animaletto qualche gocciolina che dai capelli di lui scorreva sui bicipiti e sul petto. Di tanto in tanto si innumidiva le labbra, massaggiandosi nervosamente il collo nel correre con lo sguardo un po' troppo in basso. Infine avanzò qualche passo frapponendosi tra il tavolino e il divano facendosi spazio tra le gambe di lui. Lasciò scorrere la zip della felpa gettandola alle proprio spalle, e posò prima un ginocchio e poi l'altro a terra. Our safeword is mango. Le sembrava adeguato visto che a Mia non era mai piaciuto particolarmente come frutto. E lì, posata una mano sulla sua caviglia per carezzargliela dolcemente, Mia sollevò lo sguardo in quello di lui. I want to negotiate. Nel dirlo, le dita di lei si spostarono più in alto scoprendo il suo ginocchio dal caldo abbraccio dell'asciugamano. Vi posò un bacio prima di tornare a osservarlo. You want me out of there? Fine. I'll do it. But it's not that easy. I can't just leave it. I'll figure something. La lingua di lei guizò fuori seguendo una scia precisa dal suo ginocchio verso l'interno coscia. I do want permission to do something else. I need to be able to go out of there, one way or another. Pausa. I need it. I need my way out. Because I want to see you. Arrivata all'atezza dell'inguine tornò a osservarlo con grandi occhi da cerbiatta. You can't keep me in that cage. That's off limits. Fu allora che scoprì il suo bacino inglobando come un animaletto affammato l'intimità di lui, sollevandosi quanto necessario per solleticarne il punto più sensibile nel chiaro intento di portare la sua eccitazione al massimo della sua portata. Indugiò su quel punto per un po' prima di fare leva sulle sue ginocchia per alzarsi e seguire con una scia di baci umidi la zona dell'inguine e risalire con morsi e carezze pesanti lungo il petto, risucchiando ogni gocciolina impressa sulla pelle di lui. Aveva un buon odore. Entrare nuovamente in contatto con la sua pelle aveva un effetto inebriante. Più si riappropriava di ogni centimetro, ogni lembo di pelle, più provava un senso di disperata ossessione nei confronti di qualcosa che sentiva le fosse stato sottratto. Don't leave me there. You can't keep me away. Please. Pretty, please. Nel dire quelle parole tornò a solleticare con labbra di velluto la sua sensibilità, quasi cercasse modi gentili e al contempo persuasivi per convincerlo di non vanificare tutti i suoi sforzi. It's not the money. I want you. I want to be with you. I want to help you. E continuava in quei movimenti sempre più incenssanti usando le piccole pause solo per implorarlo ancora e ancora di darle modo di esserci. I'll take good care of you, I promise. Deglutì posando nuovamente le labbra su di lui osservandolo con un'espressione speranzosa. Poi di colpo, dopo averne percorsa l'intera lunghezza, si staccò. Posò la guancia contro la coscia di lui stronfindola con affetto. Do you see fear or disgust Raiden? Una domanda che gli fece mentre continuava a osservarlo intensamente, posando di tanto in tanto qualche bacio sulla pelle di lui. Negli occhi di lei c'era ogni sentimento possibile, ma non certo paura nei suoi confronti, tanto meno disgusto. Non a caso nel dire quelle parole, le sue dita si spostarono sulla sua eccitazione salendo a cavalcioni sulle gambe di lui inglobando le sue labbra affammata di quel contatto debilitante. I can't leave it if I don't have any alternatives. But I'll deal with it, I promise. Parole che proferì tra baci e morsi, scossa da un desiderio talmente profondo, da non riuscire a fare altro se non confessare. Aveva bisogno di quel vantaggio anche più di quanto loro avevano bisogno di lei. E quella disperazione era evidente dal modo in cui lo baciava, dalla maniera in cui muoveva le dita su di lui, cercando di donargli quel piacere a lungo negato. What do I have to do for your to trust me? Just tell me!





     
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